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LA SHOAH
TRA STORIOGRAFIA
E FILOSOFIA
a cura di Massimo Giuliani
ABSTRACT
The Shoah, namely the extermination of about six million European Jews by the Nazis or their collaborators, has been at the
core of the public debate in the Western world for the last few decades. Straddling the boundary between memory and
history, private tragedy and public conscience, the Shoah stands for the symbol of the barbarism occurred in the highly
civilised Christian Europe. The name Auschwitz will always evoke a warning against racist ideologies, anti-Semitic laws or
anti-Jewish hatred.
This supplement aims to set out the major interpretations of this event, the first two contributions favouring the historic
perspective and the last two favouring the philosophical and theological approach. It is not our intention, though, to
underestimate the importance and utility of other approaches. Case studies and historical investigation, philosophical
reflection and religious thought can help us better understand the Shoah as well as urge the ethical conscience of the young
generation to avert, partially or in toto, the recurrence of the horrors and errors of the twentieth century.
studi
LINEE INTERPRETATIVE
NELLA STORIA DELLA SHOAH
Gadi Luzzatto Voghera comprensibile passaggio socio-politico, che tuttavia stride
fortemente con l’idea dell’esercizio di una storiografia
L
a storiografia è stata considerata, assieme alla critica, ponendo lo storico nello scomodo ruolo di
memorialistica, lo strumento più appropriato sacerdote laico.
per trasmettere la conoscenza delle dinamiche È importante poter riconoscere e segnare i passaggi che
che hanno condotto allo sterminio degli ebrei hanno condotto a questa situazione, e lo si può fare
nel corso del secondo conflitto mondiale. Con il tempo ci ipotizzando un possibile percorso, scegliendo tuttavia di
si è tuttavia resi conto che l’evento – cui si è voluto dare il sacrificare (a malincuore) numerosi altri lavori e aspetti
nome di Olocausto (predominante nel mondo anche significativi del dibattito storiografico. In
anglosassone) o di Shoah (preferito in Europa particolare non potremo qui affrontare il ruolo della
continentale a partire dall’ultimo decennio) – si prestava Shoah nella storia dello stato d’Israele, le scelte della
a divenire terreno di indagine multidisciplinare: Chiesa di Pio XII nella condanna dello sterminio e
sociologi, antropologi, psicologi, giuristi accanto a filosofi, nell’opera di assistenza alle vittime, nonché l’importante
narratori, artisti e registi cinematografici e teatrali si sono e per certi versi inconcluso dibattito tedesco noto come
misurati cogliendo nel profondo la triste ma innegabile l’Historikerstreit.
potenzialità di un evento “indicibile” come quello
accaduto nel cuore dell’Europa settant’anni fa. IL 1961 È LA DATA DELLA SVOLTA
Il mestiere dello storico si è quindi dovuto confrontare
Se in precedenza le conoscenze e la riflessione sullo
nel tempo con questa straordinaria diffusione di studi
sterminio si limitavano ad alcune opere ampiamente
che hanno spinto all’estremo la necessità di un
retoriche e a rari sprazzi memorialistici generalmente
approccio comparativo. A questo si deve aggiungere il
poco noti al grande pubblico (si pensi alla scarsa fortuna
continuo svelarsi di nuove inedite fonti che anche a
letteraria di Se questo è un uomo di Primo Levi fino alla
distanza di decenni cambiano a volte in
maniera significativa le nozioni
fondamentali relative alla storia della
Shoah. In particolare, dopo la caduta del
muro di Berlino sono emerse
straordinarie documentazioni e fonti
primarie che hanno notevolmente
ampliato la possibilità di comprensione
dei meccanismi dello sterminio (con
buona pace della pseudo-storiografia
negazionista o riduzionista, per la cui
discussione si rimanda a Pierre Vidal
Naquet, Gli assassini della memoria, Viella,
Roma 2008). Rimane intatta la domanda
fondamentale: perché? Ma è questione
che esula dal dominio prettamente
storiografico.
A queste dinamiche si aggiunge la
centralità che lo sterminio degli ebrei ha
assunto nel tentativo di costruire una
memoria europea condivisa. Auschwitz è
divenuta, dopo l’istituzione della
Giornata della memoria il 27 gennaio
(anniversario della liberazione di quel
lager), luogo della costruzione di una Il banco degli imputati durante il processo di Norimberga, tenutosi dal 20 novembre 1945 al
nuova “religione civile”: un ulteriore 1° ottobre 1946 contro i gerarchi del nazismo.
metà degli anni Sessanta), nel 1961 si registrano due – unico caso in cui la civiltà
eventi significativi: la cattura di Adolf Eichmann e il suo europea tenta di eliminare in
processo in Israele, e la pubblicazione negli Stati Uniti modo largamente
del libro di Raul Hilberg, The Destruction of the European volontario una
Jews (prima traduzione italiana Einaudi, Torino 1995). Il parte
processo Eichmann provocò profondi mutamenti fondamentale
sull’immagine pubblica del “male assoluto”. La filosofa del proprio
Hanna Arendt seguì il dibattimento pubblicando una patrimonio umano e
riflessione fondamentale (Eichmann in Jerusalem: A Report culturale;
on the Banality of Evil [1963], tr it. La banalità del male, – unico caso in cui
Feltrinelli, Milano 1964) che poneva l’accento sulla l'intera macchina
normalità degli esecutori del più immane massacro militare e
prodotto nella storia. Un tema che proiettava la Shoah burocratica di uno
sulla coscienza collettiva, anche grazie alla trasmissione stato assume come fine
televisiva del processo: immagini di un uomo normale programmatico lo sterminio di
che descriveva nei minimi dettagli le modalità di un popolo;
trasferimento di esseri umani ai campi della morte – unico caso in cui la furia persecutoria di un uomo
asserendo di aver solo adempiuto a ordini superiori. Un (Hitler) si trasforma in azione messa in pratica da chi
percorso che rovescia le priorità della dinamica civile, riconosce in questo uomo il proprio leader;
assegnando una posizione di assoluto rilievo al coraggio – unico caso in cui un'intera generazione di un popolo,
della disobbedienza (Rony Brauman - Eyal Sivan, Adolf quello tedesco, partecipò in vari gradi e con minime
Eichmann, Einaudi, Torino 2003). Il lavoro di Raul eccezioni a un genocidio (sull’unicità della Shoah si veda
Hilberg amplia le prospettive di ricerca presentando una l’esaustiva discussione in Michele Sarfatti, La Shoah in
corposa documentazione elaborata nelle oltre 1200 Italia, Einaudi, Torino 2005).
pagine dell’opera. Da queste prendono corpo le linee
del dibattito che per diversi decenni ha appassionato gli IL TEMA DELLA RESPONSABILITÀ PERSONALE
storici contemporanei fra un’interpretazione La riflessione parte da lontano: si pensi alle numerose
“intenzionalista” e una “funzionalista”: la prima vede lo dichiarazioni di non responsabilità espresse dai gerarchi
sterminio degli ebrei come un evento premeditato e nazisti al processo di Norimberga e dallo stesso
compreso in origine nei programmi di Hitler. Già Eichmann. Tuttavia la questione si è progressivamente
ampiamente prospettato nel Mein Kampf, si concretizzò ampliata; gli esperimenti di psicologia sociale prodotti da
una volta che le condizioni lo permisero, e fu il frutto di Stanley Milgram nel 1961 (Obedience to Authority: An
una precisa volontà del Führer. I funzionalisti (fra i quali Experimental View, New York 1974) costituivano la base per
va ascritto lo stesso Hilberg, assieme al suo maggior aprire nuovi percorsi di ricerca che comprendevano le
epigono Christopher Browning) interpretano la riflessioni del sociologo Zygmunt Bauman, i lavori di
cosiddetta “soluzione finale” come un’azione intervenuta Christopher Browning sulla partecipazione di non
solo alla fine di un lungo processo lontano da ogni forma militari alla macchina dello sterminio e infine il grande e
di determinismo e sostanzialmente ideato dai ranghi inconcluso lavoro dedicato ai “Giusti delle nazioni”. Il
intermedi della gerarchia nazista. museo Yad Vashem di Gerusalemme, destinato a divenire
luogo della memoria nazionale dello stato d’Israele,
Dagli anni ’60 in avanti la storiografia ha continuamente apriva nel 1962 questo capitolo incaricando una
arricchito lo spettro di temi in discussione legati allo commissione di identificare coloro che –
sterminio degli ebrei. La riflessione andò volontariamente e a rischio della propria vita – erano
progressivamente toccando alcuni ambiti che – sebbene riusciti applicando la regola della disobbedienza a salvare
non circoscrivibili – ci aiutano a disegnare un percorso di anche solo una vita durante gli anni delle persecuzioni
ricerca. Innanzitutto la questione della cosiddetta (la letteratura sui Giusti è ampia e articolata, si veda il
“unicità” dello sterminio del popolo ebraico. Questo sito http://www.gariwo.net/). Bauman (Modernità e
paradigma venne sostenuto in vari e diversi modi. In Olocausto, il Mulino, Bologna 1992) da parte sua coglieva
breve possiamo così schematizzarli: il significato più profondo sul senso dei problemi relativi
– unico caso nella storia in cui una ideologia secolare, alla responsabilità individuale nel partecipare a un atto
l'antisemitismo, porta a progettare lo sterminio di un ingiusto come l’uccisione di civili a fronte di un ordine
intero popolo, azione che da allora viene chiamata superiore cui si può decidere di obiettare: «La novità più
"genocidio" (termine che in seguito ha assunto definite terribile rivelata dall’Olocausto e da ciò che si era
caratteristiche giuridiche, ma di cui spesso la retorica appreso sui suoi esecutori – egli scrive – non era
politica abusa); costituita dalla probabilità che qualcosa di simile potesse
essere fatto a noi, ma dall'idea che fossimo noi a poterlo fare». piuttosto ben documentata degli anni del
E. Browning (Uomini comuni, Einaudi, Torino 1995) dava concretezza fascismo che vedeva il suo epilogo nei
documentale a queste affermazioni studiando il comportamento dei tragici anni della persecuzione e della
membri del Polizei-Bataillon 101, perpetratori di stragi efferate deportazione.
durante l’estate 1942. Uomini che non appartenevano ad un reparto Era il 1961, e quindi si trattava in senso
ideologizzato o addestrato; uomini comuni, proiettati dalla realtà stretto di storia “contemporanea”.
cittadina alle operazioni degli Einsatzgruppen in Polonia e Lituania, a Tuttavia nelle ristampe successive De
uccidere inermi civili, donne, bambini ed anziani. Felice manteneva fermo l’impianto
cronologico dell’opera, compiendo
LA TESTIMONIANZA solamente alcuni aggiustamenti di
COME DOCUMENTO STORICO carattere bibliografico e sottolineando
La storiografia ha proseguito nel proporre nuove e interessanti
articolazioni. Negli ultimi decenni si è sempre più sviluppato un
importante e innovativo filone di ricerca legato alla grande ondata di L’antisemitismo di Stato in Italia (da La difesa della
testimonianze orali e scritte prodotte dai testimoni e superstiti dello razza, 1938).
sterminio dopo decenni di silenzio. A partire dagli anni ’70, infatti, la
società occidentale ha dimostrato sempre maggior disponibilità
all’ascolto, provocando l’apertura di un nuovo imponente fronte
documentale. Dopo la realizzazione del lungo documentario Shoah
realizzato dal regista Claude Lanzmann (1985) e fondato su
testimonianze dirette di popolazione civile residente nei luoghi dello
sterminio all’epoca del massacro, il valore della testimonianza come
documento storico ha progressivamente attivato importanti riflessioni
che riguardano sia la storia della Shoah, sia più in generale la
disciplina storica e il suo rapporto con le fonti orali e il loro possibile
utilizzo. Annette Wieviorka con il suo L’era del Testimone (Raffaello
Cortina, Milano, 1999) e David Bidussa con il recente Dopo l’ultimo
testimone (Einaudi, Torino, 2009) mettono sotto esame le difficoltà
del nesso necessario ma problematico fra Storia e Memoria,
soprattutto in relazione all’istituzionalizzazione di una memoria
“pubblica” carica di retorica e di momenti celebrativi che
apparentemente sminuiscono il ruolo stesso del testimone e della sua
parola. Una riflessione aperta, che invita la storiografia a confrontarsi
con l’imponente mole di documentazione raccolta negli ultimi anni
dai nuovi, numerosi musei dedicati allo sterminio del popolo ebraico
e soprattutto al progetto voluto dal regista Steven Spielberg con
l’istituzione della Shoah Foundation, che raccoglie nel mondo decine
di migliaia di testimonianze filmate.
studi
LE POLITICHE DELLA MEMORIA:
GIORNATA, MONUMENTI E MUSEI
DELLA SHOAH
Anna Foa Nel complesso percorso della memoria della Shoah, ciò
che si collega alle politiche delle memorie: gli
anniversari, i musei, i memoriali di ogni genere, ha
C
he la memoria della Shoah abbia avuto un
percorso stentato e fin tortuoso, prima di scansioni non sempre corrispondenti a quelle
diventare cardinale nella nostra storia e nella determinate dall’altro filone importante di costruzione
nostra cultura, è cosa ormai nota, dopo la gran della memoria di cui non ci occuperemo qui, e cioè gli
scritti di memorialistica vera e propria. Questo perchè,
mole di scritti e saggi che proprio da questo percorso
nonostante le strette connessioni, gli obiettivi e gli effetti
hanno preso lo spunto per riflettere sul carattere artificiale
della memorialistica, anche quando la pubblicazione la
di ogni memoria, tanto individuale che collettiva,
rende, appunto, “pubblica”, sono differenti da quelli
sull’esistenza di memorie contrapposte, sul buono o
delle ricorrenze istituzionalizzate o della sistemazione
cattivo uso della memoria. Proprio fondandosi su questo
museale, veri e propri momenti di costruzione e di
modello di costruzione memoriale, è data ormai per
coagulo della memoria, a cui si unisce, almeno per
acquisita tanto la funzione fondamentale della memoria
quanto riguarda i musei, la primaria funzione didattica: il
nella costruzione dell’identità del singolo e del gruppo
mostrare, l’insegnare, il trasmettere.
quanto la sostanziale legittimità del suo uso politico,
nazionale ed ideologico. Anche di questo uso, e delle GLI INIZI: LO YAD VASHEM DI GERUSALEMME
politiche della memoria che ne derivano, si fa ormai la Nel caso della Shoah, il bisogno di individuare ricorrenze
storia, nell’intento di coglierne, nel conflitto che e di crear monumenti e musei ha preceduto non solo
inevitabilmente contrappone le diverse memorie, gli
l’affollarsi dei testi di memorialistica, ma anche la
eventuali abusi, le imposizioni totalitarie, gli appiattimenti
consapevolezza di quanto ciò che si voleva celebrare
conformistici. Sempre tuttavia nella consapevolezza che
avesse un significato specifico, fosse un evento diverso da
l’uso della memoria non si può eliminare, che esso fa
quello della guerra in cui si collocava, e fin l’affermarsi di
parte della memoria stessa e del suo farsi.
un nome con cui designarlo. E non ci stupiamo quindi
che il primo impulso a costruire per la Shoah un
Nel Museo Yad Vashem di Gerusalemme la Hall of names conserva le
fotografie degli ebrei morti nei campi di sterminio e più di due milioni di monumento che ne trasmettesse la memoria sia venuto
pagine con loro brevi biografie. in terra d’Israele, e per di più in un momento in cui lo
sterminio degli ebrei d’Europa era lungi dall’essere
compiuto, anche se cominciava a prendere forma e
sostanza nell’immaginazione degli ebrei dell’Yishuv. Sono
i giorni che seguono la sconfitta di Rommel ad El-
Alamein, nel Sahara egiziano, nel novembre 1942,
sconfitta che salvò la Palestina dall’occupazione e i suoi
ebrei dal condividere la sorte degli ebrei d’Europa. Sono
anche i giorni in cui le notizie sullo sterminio in atto in
Europa, che fino a quel momento erano passate
attraverso la Resistenza polacca e poi attraverso Londra,
furono riferite di prima mano in Palestina da un gruppo
di ebrei palestinesi. La notizia fece grande scalpore
nell’Yishuv, tanto che Ben-Gurion rivolse a Churchill,
Roosevelt e Stalin numerosi appelli, tutti caduti nel vuoto,
perchè aprissero ai profughi le frontiere palestinesi. La
proposta di un Memoriale dedicato alla Shoah fu ripresa
dopo il 1948 e la costituzione dello Stato. Questa volta, il
memoriale della Shoah avrebbe dovuto mostrare al
mondo il legame esistente tra lo sterminio degli ebrei ombre, colori, dipendono così esiti culturali e politici
della Diaspora e la creazione dello Stato. Israele pretende non indifferenti, che ci ripropongono, all’interno della
ormai ad avere un ruolo centrale, se non esclusivo, nella storia della diaspora, i dilemmi che si trovarono di fronte
costruzione della memoria della Shoah, ed è anche i primi creatori dello Yad Vashem, quando cercarono di
questo il motivo per cui le proteste del governo israeliano esprimere nella loro narrativa il nesso tra la Shoah e il
riuscirono ad impedire la costruzione, proposta dagli sionismo o quello, altrettanto connotato
ebrei francesi, di un memoriale a Parigi. Sono questi i ideologicamente, tra la Shoah e l’eroismo, tutti problemi
primordi di quello che sarà poi, dopo una lunga e su cui ha scritto pagine importanti Tom Segev nel suo Il
complessa gestazione, edificato nel 1953 e settimo milione (Mondadori, Milano 2002).
completamente rifatto nel 2005 e che sarà destinato a
rappresentare tanto la memoria ufficiale della Shoah che IL MOMENTO DEL RICORDO
il nesso tra la Shoah e la costruzione dello Stato: lo Yad Tra gli strumenti memoriali, una funzione determinante
Vashem, sul Monte Herzl a Gerusalemme. è quella assunta dal tempo, dalla ricorrenza. Un
A partire dagli anni Novanta, i memoriali e i musei della momento collettivo dedicato alla memoria, che riunisca
Shoah si moltiplicano nella diaspora tanto europea che le memorie di tutti e le concentri, per un giorno, un’ora,
americana. È del 1993 l’importante e vastissimo Holocaust un minuto, sul ricordo dello sterminio. Il momento del
Memorial Museum di Washington, del 2000 l’Holocaust ricordo istituzionalizzato, codificato, condiviso. Ma quale
Exhibition di Londra, del 2005 il Mémorial de la Shoah di data, quale momento assumere a simbolo di un evento
Parigi e il Denmark di Berlino, del 2006, interamente così prolungato nel tempo e nello spazio? e ancora, cosa
rinnovata rispetto alla precede allestimento del 1992, la significare nella scelta, quale interpretazione dare cioè
Mostra Storica permanente di Wannsee, e questo per non dell’evento? Il bisogno di individuare una data in cui
citare che le istituzioni di rilevanza nazionale. Sono inoltre ricordare la Shoah si fa sentire in Israele subito dopo la
in fase di progettazione un grande Museo della Shoah a creazione dello Stato, ma deve passare attraverso dibattiti
Roma, e un Museo dell’ebraismo e della Shoah a Ferrara. e conflitti ideologici prima di dar vita, nel 1959, alla
ricorrenza dello Yom-ha-Shoah, fissata in aprile, in
genere una settimana dopo la Pasqua ebraica, in
LE SCELTE DEI MUSEI vicinanza quindi della data dell’insurrezione del ghetto
Nonostante la differenza tra lo scopo di perpetuare a fini
etici la memoria, principio ispiratore del memoriale, e
quella di documentare un percorso storico, principio
ispiratore del museo, i due obiettivi si mescolano e si
congiungono. Soprattutto nei progetti più recenti, si è
affermato l’obiettivo di ridare volto e nome alle vittime
più che di ricostruire la storia degli aggressori. Un
principio che passa attraverso l’identificazione, come a
Washington dove al visitatore viene consegnata
all’entrata una scheda biografica di una vittima della
Shoah, o come a Berlino dove invece una stanza intera è
dedicata alla lettura dei nomi di tre dei sei milioni di
vittime della Shoah (lettura che dura sei anni). Anche
Yad Vashem, nel suo nuovo allestimento, è volto più a
ricostruire il mondo delle vittime che le fasi
dell’aggressione. Questo obiettivo pone ai musei della
Shoah un problema metodologico non indifferente,
quello del rapporto tra la storia dello sterminio, che si fa
iniziare con l’avvento del nazismo nel 1933, e quella
della vita degli ebrei della diaspora, che ha
evidentemente tempi assai più lunghi. In linea di
massima, mentre i musei della Shoah tendono a
concentrare la narrativa sul periodo più recente, i musei
di storia degli ebrei tendono a portare la loro narrazione
fino alla Shoah. Anche qui numerosi sono i problemi
metodologici, in primis il rischio di mostrare nella
Shoah l’esito della lunga storia degli ebrei nella diaspora
e lo sbocco necessario dell’antisemitismo. Da scelte
strettamente museali, collocazione spaziale, luci ed
di Varsavia. A metà mattinata, in tutto il paese suonano le italiano sembra essersi spostato sulle modalità di una
sirene. Tutti si fermano, immobilizzandosi in narrativa museale della Shoah. Ma anche in questo settore
raccoglimento. Le bandiere calano a mezz’asta. Poi, la più “tecnico” e meglio delimitato, i dubbi derivano da
vita riprende. La commemorazione, voluta fortemente problemi più generali. Evento limite per eccellenza, la
dai governi laburisti che si ponevano come gli eredi Shoah è infatti irta di pericoli anche nella sua trasmissione.
spirituali degli insorti del ghetto, voleva nella scelta della Essa porta alle estreme conseguenze la discrepanza tra
data connessa all’insurrezione del ghetto legare esigenza conoscitiva – conoscere quello che è stato,
simbolicamente la memoria dello sterminio a quella ricostruirlo, fissarlo in immagini e didascalie sulle pareti di
dell’eroismo ebraico, la stessa ideologia sottesa un museo – ed esigenza etica – sollecitare il ricordo per
inizialmente alla creazione dello Yad Vashem e alla sua evitare che l’evento si ripeta sotto qualsiasi forma. Dal
prima impostazione. Il conflitto politico che si aprì punto di vista conoscitivo, ciò che risalta è l’ineluttabilità
contrappose soprattutto la memoria laica della Shoah a della distruzione, la casualità della sopravvivenza. Ma dal
quella religiosa, che individuò altre date, legate alla punto di vista dell’insegnamento etico dobbiamo
tradizione ebraica medioevale e alla distruzione del insegnare soprattutto la responsabilità, la libertà delle
Tempio. Possiamo ricordare in questo contesto la scelte: spiegare che ogni gesto, sia pur piccolo, è
proposta di Menachem Begin, appena divenuto primo importante, serve, deve essere fatto. È ancora un altro
ministro, di scegliere per il giorno del ricordo il 9 di Av, problema che questa memoria ci pone: come guidare i
che cade tra luglio e agosto, il giorno di lutto giovani sulla via di una conoscenza profonda, interiore, che
tradizionale che commemora la caduta del secondo consenta anche la catarsi, il superamento dell’orrore fine a
Tempio e la cacciata degli ebrei dalla Spagna, e di se stesso? E come farlo, senza trasformare il nostro
unificare la memoria delle vittime della Shoah con quella insegnamento in un film a lieto fine, che addormenti le
delle vittime delle guerre per la creazione dello Stato. coscienze invece di risvegliarle? Tutti interrogativi che le
Proposta non accettata, ma significativa della politiche della memoria, anche nelle loro espressioni
conflittualità politica che stava dietro queste scelte. migliori, non riescono che a porre. Domande difficili,
Meno conflittuale, perché meno legata a scelte risposte ancora più difficili. Ma essenziali per il nostro
ideologiche così nette, la scelta della giornata europea futuro e per quello di coloro che verranno.
della memoria, fissata per il 27 gennaio, data della
liberazione da parte dell’Armata Rossa del campo di Anna Foa - Università «La Sapienza», Roma
Auschwitz, luogo simbolo della Shoah. In Italia, essa è
stata adottata nel 2000. Per un momento, si parlò di
preferire al 27 gennaio la data del 16 ottobre, in modo da
commemorare come evento simbolo la razzia nazista del
1943 a Roma, ma poi si preferì sottolineare il carattere
europeo della ricorrenza. Nel 2005, questa data è stata
ufficialmente adottata dall’ONU. In Israele, la data dello
Yom-ha-Shoah è rimasta invariata, anche se va crescendo
l’attenzione per la ricorrenza diasporica del 27 gennaio.
studi
L’IMPATTO DELLA SHOAH
SULLE TEOLOGIE CONTEMPORANEE
Claudia Milani misura avere avuto un valore sacrale. Per questa ragione, a
partire dagli anni Ottanta, si comincia ad utilizzare
l’espressione «Shoah», che significa «distruzione,
I
l discorso teologico sulla Shoah, ossia il discorso su
Dio di fronte ad Auschwitz e dopo Auschwitz, non catastrofe, disastro», senza alcun significato sacrale.
può essere condotto seriamente al di fuori del
confronto con la storia e la filosofia. Con la storia, TEOLOGIA CRISTIANA DELLA SHOAH
anzitutto, perché il primo insegnamento che per la Il tentativo di pensare la Shoah da un punto di vista
teologia scaturisce dalla tragica esperienza teologico è stato fatto, come è evidente, in modo diverso
dell’annientamento di sei milioni di ebrei è la necessità da ebrei e cristiani: i primi, trovandosi dalla parte delle
di confrontarsi con il dato storico. Come notava James vittime, hanno cercato soprattutto di elaborare una
Parkes, storico e teologo anglicano, negli anni Trenta, la teodicea, ossia una spiegazione e giustificazione
Shoah affonda le sue radici in un’idea distorta di cosa dell’esistenza di Dio di fronte al male assoluto. I cristiani,
siano l’ebraismo e gli ebrei: una falsa conoscenza storica per contro, trovandosi dalla parte dei persecutori o
genera dunque una teologia distorta. almeno di coloro che non hanno saputo impedire la
Non meno importante, come avremo modo di osservare, è catastrofe, hanno dovuto porre a tema la possibilità dello
il confronto con le idee filosofiche, perché di fronte a sterminio ebraico all’interno dell’Europa cristiana. Va
subito notato che, oltre ad avviare un ripensamento della
quello che Arthur Cohen ha definito «il tremendum del
teologia cristiana – almeno tra i pensatori più avvertiti –
nostro tempo»1, non solo le categorie teologiche, ma anche
la Shoah ha anche avuto la conseguenza di dar vita al
quelle filosofiche subiscono uno scossone ed un necessario
dialogo cristiano-ebraico, finalmente sentito come una
riassestamento. Lo sterminio di sei milioni di innocenti,
necessità da quei teologi e studiosi che hanno colto tutta
ingiustificato ed ingiustificabile, svela quindi l’insufficienza
la devastante portata teologica dello sterminio ebraico.
delle categorie (storiche, filosofiche, ma anche teologiche)
Si è già detto della necessità, teorizzata ad esempio da
tradizionali e conduce a cercare categorie di pensiero
Parkes, di affrontare la questione teologica della Shoah a
nuove: come ha osservato Johann-Baptist Metz, occorre
partire dal dato storico, che non può essere in alcun
stare in guardia da quelle teologie che possono restare modo occultato o sminuito. Si è anche accennato alla
immutate prima e dopo Auschwitz. Nuovo dovrebbe essere posizione di Metz che, in alcuni saggi degli anni Settanta
anche il linguaggio con cui ci si riferisce a questo evento: e Ottanta2, afferma la necessità di ripensare tutta la
piuttosto che l’espressione «Olocausto», ancora tanto cara teologia cristiana di fronte ad Auschwitz, ossia di fronte
agli scrittori anglofoni, andrebbe preferita l’espressione al popolo ebraico sterminato: secondo il teologo
ebraica «Shoah», «distruzione, catastrofe». Olocausto è cattolico allievo di Karl Rahner, la Shoah non può essere
infatti un termine biblico che indica i sacrifici che venivano compresa in termini salvifici, essa può solo dimostrare la
offerti a Dio nel Tempio di Gerusalemme: si trattava di nostra insensibilità ed apatia e rappresenta la catastrofe
sacrifici animali in cui la bestia immolata doveva essere assoluta del senso. È grazie al confronto con lo sterminio
pura, senza difetto e venire consumata completamente dal nazista che Metz e altri insieme a lui cominceranno ad
fuoco; l’odore del sacrificio saliva (‘alah = «salire», in intuire che l’identità teologica cristiana può essere
ebraico) come profumo gradito a Dio. Se anche le vittime compresa pienamente solo confrontandosi con l’identità
dello sterminio nazista vennero condotte al macello senza ebraica: questo significa riscoprire la dimensione ebraica
macchia ed incolpevoli, se anche i loro corpi vennero presente all’interno della fede cristiana, ma anche e
completamente consumati nei forni crematori e salirono soprattutto riscoprire il perdurante valore teologico della
come fumo verso il cielo, è difficile pensare che tale fedeltà del popolo d’Israele all’alleanza mai revocata. È
sacrificio possa essere stato gradito a Dio, possa in qualche stato osservato da Rosemary Radford Ruether3 che
l’antigiudaismo cristiano ha costituito la base teologica
1. A.A. Cohen, The Tremendum. A Theological Interpretation of the Holocaust, dell’antisemitismo nazista: l’idea che gli ebrei siano stati
Crossroads Publishing Company, New York 1981.
2. Ripubblicati in J.-B. METZ, Jenseits bürgerlicher Religion. Reden über die Zukunft des rifiutati da Dio in quanto popolo deicida che non ha
Christentums, Matthias-Grünewald-Verlag, Meinz 1980, tr. it. Al di là della religione riconosciuto il messia, ha spianato la strada a secoli di
borghese. Discorsi sul futuro del cristianesimo, Queriniana, Brescia 19902. persecuzioni e pogrom, fino alla «soluzione finale»
3. R.R. Ruether, Faith and Fratricide. The Theological Roots of Anti-Semitism, Seabury
Press, New York 1974. progettata e parzialmente realizzata da Hitler. Se il
studi
L A FILOSOFIA DAVANTI ALLA SHOAH
TRA FALLIMENTO, MIOPIA E TIQQUN ‘OLAM
P
er riflettere sul modo in cui la Shoah è stata
percepita ed elaborata in ambito filosofico altri, a cominciare dagli allievi “ariani” di Heidegger,
contemporaneo (dove per filosofia si intende, in Sartre e Gadamer, oggi ossequiati non a torto come i
senso lato, ogni esercizio critico della ragione principali esponenti dei due maggiori movimenti
nei confronti della realtà) è senz’altro un buon punto di filosofici del ‘900: l’esistenzialismo e l’ermeneutica
partenza il volume di Enzo Traverso Auschwitz e gli filosofica (non va taciuto che il filosofo di Friburgo ebbe
intellettuali. La Shoah nella cultura del dopoguerra. Il volume anche eccellenti allievi ebrei, tra cui Hannah Arendt e
spiega i motivi per cui, nell’insieme e fatte pochissime Hans Jonas).
eccezioni, gli “intellettuali” e in particolare i filosofi, non Proprio a Jean-Paul Sartre Enzo Traverso ha dedicato
solo accademici, sono stati incapaci, durante la seconda un’analisi approfondita, stigmatizzando la sua “miopia”
guerra mondiale e subito dopo, di comprendere la dinanzi ad Auschwitz nonostante l’impegno a riflettere
sulla (allora cosiddetta) “questione ebraica”: «Nelle sue
portata e le implicazioni – anche filosofiche – di
Réflexions sur le question juive [1946] colpisce l’incapacità
quell’evento che da circa trent’anni chiamiamo con il
di pensare il genocidio, come pure il suo silenzio nei
termine ebraico di Shoah. Quando si parla di “Auschwitz
confronti dei reduci dei campi nazisti. Nel momento in
e la filosofia”, ossia si cerca di riflettere in profondità sul
cui incarnava idealtipicamente la figura dell’intellettuale,
senso di quell’evento, il nome che subito emerge e
Sartre indicava sì gli ebrei come le vittime dimenticate
assurge ad emblema del “tradimento dei chierici” è
nel clima dell’euforia patriottica, ma lo sterminio non
sempre (e spesso soltanto) quello di Martin Heidegger,
era mai posto al centro della sua analisi. Nel suo saggio,
certamente uno dei più influenti e fascinosi filosofi del le camere a gas sono appena citate e in modo del tutto
Novecento, che nell’anno dell’ascesa al potere di Hitler marginale. Poiché sarebbe assurdo accusarlo di aver
(1933) assunse la carica di rettore dell’università di volontariamente occultato il genocidio, il suo testo può
Friburgo e nei suoi discorsi espresse personale essere interpretato come un documento rivelatore
ammirazione per il Führer e piena sintonia con il dell’incapacità, da parte della cultura europea
nazismo. Ammirazione e sintonia che Heidegger non dell’immediato dopoguerra, di vedere Auschwitz come
ritrattò mai, neppure nei decenni del dopoguerra (morì una rottura di civiltà e di partire da questa constatazione
nel 1976) e neppure dinanzi agli ebrei che lo andavano a per cercarne le origini»3.
trovare attendendo da lui una parola in tal senso (è il Ecco la domanda di fondo: fu o non fu, Auschwitz, una
caso di Martin Buber e di Paul Celan). Per il filosofo di rottura di civiltà, una deflagrante implosione di tutto ciò
Essere e tempo, la Shoah non fu che una manifestazione che l’illuminismo aveva definito “civiltà europea”: gli
della tecnologia moderna ossia un aspetto, per quanto ideali di libertà e di eguaglianza per tutti i cittadini, il
valore della tolleranza religiosa, il controllo reciproco dei
Da sinistra: M. Horkheimer e Th.W. Adorno.
poteri per evitare gli abusi di assolutismo e totalitarismo,
ecc.? La barbarie, nome antico per l’ignoto veniva ora ri-
semantizzato come il contrario della civiltà, e divenne
l’unica categoria ritenuta adatta ad esprimere la misura
1. Sul caso Heidegger si vedano i due libri di Victor Farias, Heidegger e il nazismo
Bollati Boringhieri, Torino 1998 e L’eredità di Heidegger, Medusa, Milano 2008;
Marlène Zarader, Heidegger e l’eredità ebraica, Vita e Pensiero, Milano 1995; e il più
recente Emmanuel Faye, Heidegger: l’introduction du nazisme dans la philosophie,
Albin Michel, Paris 2005.
2. Sull’adesione di Schmitt all’ideologia nazista si veda: Yves Charles Zarka, Un
dettaglio nazi nel pensiero di Carl Schmitt, Il Melangolo, Genova 2005; Carlo
Angelino, Carl Schmitt sommo giurista del Führer. Testi antisemiti (1933-1936), Genova,
Il Melangolo, 2006; George Schwab, Carl Schmitt: The Challenge of the Exception,
Bunker & Humbolt, Berlino 1970.
3. E. Traverso, Auschwitz e gli intellettuali, il Mulino, Bologna 2004, p.20.