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BIBLIOGRAFIA :
Capitolo 12
Capitolo 8
Un estrusore monovite (Figura 1) è costituito da una vite che ruota, con accoppiamento molto
preciso, all’interno di un cilindro riscaldato. Tra il cilindro ed il nocciolo della vite si trova il
materiale da estrudere. Come già accennato, il materiale fuso viene quindi forzato ad uscire
attraverso una testa di estrusione. Nella zona iniziale il polimero solido è trasportato lungo il
cilindro e compresso. A causa delle forze d’attrito e del riscaldamento esterno, il polimero
fonde e, allo stato fuso, viene trasportato verso il foro d’uscita. È facile immaginare che, se il
materiale aderisce fortemente alla vite e scivola sulla superficie del cilindro, la quantità, di
materiale che esce dall’estrusore è nulla, dato che il materiale ruota con la vite senza essere
spinto in avanti. D’altra parte, per raggiungere la massima portata, il materiale deve scivolare
il più possibile sulla vite ed aderire al massimo sul cilindro. In questa condizione, infatti, il
materiale ruota ad una velocità inferiore a quella della vite e quindi viene spinto in avanti
dalle creste dei filetti. Il polimero, quindi, si sposta lungo la vite per trascinamento. Lungo la
1
Il termine fusione è proprio dei polimeri semicristallini, mentre nel caso di polimeri amorfi (in cui non
è presente una temperatura di fusione ma soltanto una temperatura di transizione vetrosa) è più
corretto parlare di plastificazione (rammollimento). Nel presente testo i termini fusione e plastificazione
verranno comunque usati come sinonimi, se non diversamente specificato.
vite si genera quindi un profilo di pressione crescente dalla tramoggia verso la filiera. Sotto la
tramoggia la pressione è uguale a quella atmosferica, cosi come all’uscita della filiera.
All’ingresso della filiera deve esserci invece la pressione necessaria per espellere il polimero
nelle date condizioni di temperatura e portata.
dove Sc e Sv sono le superfici di contatto (supposte uguali nel modello dei piatti paralleli) e µc
e µv sono i coefficienti di attrito polimero-cilindro e polimero-vite, rispettivamente.
! !
Possono distinguersi due casi:
1. µv > µc, e quindi Fv > Fc: il polimero aderisce alla vite, gira con questa e quindi non
avanza;
2. µv < µc, e quindi Fv < Fc: il polimero aderisce al cilindro e quindi si muove rispetto alla
vite con una velocità, che cresce al crescere del rapporto µv/µc.
Queste forze agiscono compattando il polimero solido, che contemporaneamente striscia sul
cilindro, con conseguente generazione di calore che spesso viene rilevata come un
surriscaldamento del cilindro (si intende per surriscaldamento il fatto che la temperatura
raggiunta a regime del cilindro supera la temperatura di lavoro impostata). In Figura 2 sono
riportate curve di efficienza di trasporto di solidi in funzione di µc. Le curve sono riferite alla
stessa pressione. Al crescere del valore di µc, cresce la portata, che invece decresce con il
coefficiente µv. Si nota che la dipendenza da µc è molto forte per bassi valori di questo
parametro, mentre diviene quasi insensibile a valori elevati.
Altri parametri importanti nell’ottimizzare la portata nella zona di alimentazione sono il
passo e l’inclinazione del filetto. La portata (Q) raggiunge un valore massimo per determinati
valori del passo e dell’inclinazione del filetto (angolo !). I valori di questi parametri
dipendono dai coefficienti d’attrito. In particolare, al crescere di µv cresce l’inclinazione
ottimale (Figura 3) e al crescere di µc, cresce il passo che massimizza la portata. Valori ottimali
dell’angolo di inclinazione sono generalmente compresi tra 15 e 25 gradi2.
Figura 2. Efficienza della sezione di trasporto di solidi (proporzionale alla portata) in funzione del
coefficiente di attrito polimero-cilindro (µc), per i coefficienti d’attrito polimero-vite (µv) indicati.
Figura 3. Portata della sezione di trasporto di solidi in funzione dell’angolo di inclinazione del filetto,
per i valori del coefficiente d’attrito polimero-vite (µv) indicati.
2
Una praticata soluzione tecnologica consiste nel progettare e costruire la vite in modo che il
suo passo sia uguale al suo diametro (diametro interno del cilindro). In tal caso ! = 17°40’.
di cilindro, il polimero comincia a fondere all’interfaccia col cilindro. Questa zona è
particolarmente importante per il buon funzionamento dell’estrusore in quanto alimenta
direttamente la successiva zona di trasporto del fuso, che è il cuore dell’estrusore.
Lo studio del meccanismo di fusione è stato condotto raffreddando rapidamente il polimero
fuso durante un’estrusione. Il polimero, estratto dai canali della vite nella zona in cui
comincia a fondere, mostra un sottile film liquido all’interfaccia col cilindro riscaldato, ben
distinto dal resto del materiale ancora in forma granulare. Il fronte di questo film non va
spostandosi parallelamente a se stesso verso il nocciolo della vite, ma forma una zona liquida
più profonda lungo il filetto posteriore (rispetto alla direzione di avanzamento del materiale)
che va assottigliandosi verso il filetto anteriore.
Una volta formatosi il film liquido, e quando il suo spessore supera quello compreso fra il
diametro interno del cilindro e la cresta del filetto, si genera una pressione data dalla
relazione:
6#V % & % f
"P =
sin $ % 3f % 3
+
e W
dove:
": viscosità del fluido;
!
!: inclinazione del filetto;
e: spessore del filetto;
w: ampiezza del canale in cui è contenuto il polimero;
#f: distanza cresta-cilindro (traferro, vedi Figura 12.4);
#: spessore del liquido;
V: la velocità tangenziale della vite alla parete del cilindro.
Appare chiaro che la pressione cresce notevolmente quando # > #f. Quando la pressione
raggiunge il valore necessario a deformare il letto di polimero solido, allora si formerà una
zona liquida (“tasca” o “pozzetto”) a partire dal filetto posteriore (vedi Figura 4a). All’interno
di questa tasca si verifica una rotazione del liquido che va a riscaldare il solido adiacente che
a sua volta fonde. Il processo procede fino a che tutto il solido è fuso. Questo meccanismo è
noto come plastificazione sul retro-filetto (“back-flight plastication”). In Figura 4b è mostrata una
sezione assiale della vite nella zona di plastificazione che mostra il materiale solido e il fuso
(in colore nero) in corrispondenza di sei passi successivi della vite.
La velocità di fusione, la velocità cioè con cui il fronte liquido si propaga verso il filetto
successivo, può essere valutata considerando il bilancio di massa e di calore all’interfaccia
liquido-solido. È opportuno scegliere un sistema di coordinate spaziali solidale con la vite,
rispetto al quale il cilindro ruota mentre la vite resta apparentemente ferma. Il bilancio di
massa è riconducibile alla relazione:
V
Vs " # s " X = " #l " $ Equazione 1
2
dove X è la larghezza del solido dentro il canale della vite, $s e $l sono le densità del solido e
del liquido, Vs è la velocità del solido e V quella lineare del cilindro nella direzione
!
perpendicolare al filetto, che è anche la velocità del liquido a contatto con il cilindro.
Assumendo che la velocità del liquido vari linearmente tra V (a contatto con il cilindro) e 0 (a
contatto con la vite), nell’Equazione (1) essa viene espressa dal valore medio V/2.
Il bilancio di calore all’interfaccia è:
( k (T $ T ) 'V 2 +
Vs " # s " [c ps (Tm $ Ts ) + % ] = * l c m " - Equazione 2
) & 2& ,
dove % e cps sono rispettivamente il calore latente di fusione (per unità di massa) ed il calore
specifico, kl è la conduttività termica del liquido e Tc, Tm e Ts, sono rispettivamente le
!
temperature del cilindro, di fusione 3 e del solido. La fusione del polimero solido sarà quindi
tanto più veloce quanto maggiore è il termine di dissipazione viscosa, " !V2/2#, e di
conduzione, kl(Tc - Tm)/#.
La velocità di fusione può quindi essere aumentata usando:
• elevate temperature del cilindro;
• alte velocità di rotazione.
Al crescere di questi due parametri aumenta, però, la temperatura del fuso che, a causa del
calore generato dall’attrito viscoso, può raggiungere valori maggiori di quello stabilito.
Dal rapporto fra i due termini a destra dell’Equazione (2) si ottiene il numero di Brinkman,
indicato con il simbolo Br.
"V 2
Br = Equazione 3
k l (Tc # Tm )
Figura 5. Sezioni della vite di un estrusore (in alto) e del canale di estrusione (in basso) e definizione
dei parametri geometrici rilevanti.
L’ipotesi 2 equivale a dire che il flusso fra vite e cilindro può essere approssimato a quello fra
due piatti piani e paralleli. La portata volumetrica Q si ottiene integrando sulla sezione del
filetto perpendicolare all’asse z la componente della velocità lungo lo stesso asse:
h w
Q= # # v z " dx " dy Equazione 4
0 0
* $ #v ' $ #v '- #P * # 2 v x # v y # 2 v z -
2
$ #v '
",v x & x ) + v y & y ) + v z & z )/ = 0 + 1, 2 + 2 + 2 / Equazione 5
+ % #x ( % #y ( % #z (. #z ,+ #x #y #z /.
Il primo membro rappresenta le forze d’inerzia, che possono essere trascurate rispetto a
quelle viscose (secondo termine del secondo membro). Poiché vz è costante rispetto alla
!
coordinata z, l’Equazione (5) si riduce a:
1 #P # 2 v z # 2 v z
= +
" #z #x 2 #y 2
!
Se, infine, l’altezza del filetto è molto piccola rispetto alla sua larghezza (h << w), la variazione
di vz nel verso della larghezza è trascurabile rispetto a quella nel verso dell’altezza, ossia
" 2 vz " 2 vz
<<
"x 2 "y 2
Questo significa che vz può essere considerata costante nella direzione x, e l’equazione del
moto diventa:
!
1 #P # 2 v z
= Equazione 6
" #z #y 2
A regime il membro sinistro dell’Equazione (6) è costante, e quindi tale equazione ammette
come soluzione un polinomio del tipo:
!
vz = a " y 2 + b " y + c
in cui a, b e c sono costanti che devono essere determinate in base alle condizioni al contorno.
Dato che, nell’ipotesi fatta, la vite resta ferma mentre il cilindro ruota ed il polimero fuso
!
aderente alla vite si muove con la stessa velocità, vz(y=0) = 0 per cui ne consegue c = 0. Inoltre,
in base all’Equazione (6), deve essere:
1 #P
a=
2" #z
È poi facile constatare in Figura 5 che, quando y è uguale all’altezza h del filetto, ricordando
l’ipotesi per cui si trascura il flusso di materiale nella sezione compresa fra cresta del filetto e
!
cilindro, vale la relazione:
dove N indica il numero di giri del cilindro nell’unità di tempo, V la velocità tangenziale del
cilindro attorno all’asse della vite e Vz la velocità del cilindro parallela all’asse z. In queste
!
condizioni si ha:
Vz h $P
b= "
h 2# $z
e quindi:
!
Vz 1 #P 2
v z (y) =
h
y+
2" #z
(
y $ hy ) Equazione 8
Raccogliendo in un solo termine tutti i fattori geometrici, per una vite a passo costante si ha:
!
B
Q = A" N # %P Equazione 10
$
Il primo termine rappresenta la portata di trascinamento (Qd) che sposta il fuso polimerico
verso la fine della vite, mentre il secondo termine rappresenta la portata dovuta alla pressione
!
(Qp) che spinge il polimero in senso opposto al trascinamento. La portata netta del polimero
sarà ovviamente determinata dai valori Qd e Qp e sarà una frazione di quella che si avrebbe in
assenza di retroflusso dovuto alla pressione. Il profilo di velocità effettivo risulta funzione del
rapporto Qp/Qd (Figura 6).
Figura 6. Profili di velocità longitudinale del polimero fuso lungo l’asse y, calcolati secondo 1’eq. (8): a)
Qp/Qd = 1; b) Qp/Qd = 2/3; c) Qp/Qd = 1/3. Le curve tratteggiate sono calcolate secondo i termini
lineare e parabolico del secondo membro dell’Equazione (8).
1 #P # 2 v x # 2 v x
= + 2
" #x #x 2 #y
!
Poiché anche in questo caso le variazioni di velocità lungo x sono trascurabili rispetto a quelle
lungo y, cioè
si può scrivere:
!
1 #P # 2 v x
=
" #x #y 2
Con le condizioni al limite vx(y=0) = 0 e vx(y=h) = &'D'N sin! = Vx, il profilo di velocità risulta:
!
V 1 #P 2
v x (y) = x y +
h 2" #x
y $ hy( ) Equazione 11
Il profilo della velocità, trasversale è quindi simile a quello della velocità longitudinale, ed è
costituito da un termine lineare di trascinamento ed uno parabolico di pressione (Figura 7a).
Poiché il polimero fuso non può uscire lateralmente dal filetto (analogamente a quanto si
verifica nella direzione longitudinale quando l’estrusore è chiuso), la componente lungo
l’asse x causerà solo circolazione di materia all’interno del filetto stesso (Figura 7b), e quindi
la portata deve essere nulla:
h
# 0
v x " dy = 0
Si ottiene pertanto
!
"P V
= 6# 2x Equazione 12
"x h
!
Con tale relazione si calcola il profilo di velocità mostrato in Figura 7a.
"P
Q fil = k Equazione 14
#
dove k è una costante dipendente dalla geometria della testa (ad esempio, k = "!R4/8L per un
capillare cilindrico di raggio R e lunghezza L). Poiché la portata nel foro d’estrusione è uguale
!
a quella nell’estrusore (Qfil = Q), dal confronto tra le Equazioni (10) e (14) si ottiene:
k " A" N
Q= Equazione 15
k+B
Figura 8. Zone di un estrusore accoppiato con una filiera e profili di pressione e temperatura.
Le Equazioni (10) e (14) della portata nell’estrusore e nella filiera sono rappresentate
graficamente in Figura 9. Tali curve costituiscono le caratteristiche, rispettivamente, della vite e
della filiera.
Figura 9. Caratteristiche della vite e della filiera di un estrusore.
La portata nell’estrusore massima per (P = 0, dipende solo dal numero di giri (oltre che dalla
geometria della vite) e diminuisce linearmente, nell’ipotesi di fluido newtoniano e operazione
isoterma, al crescere della pressione. La portata nella filiera è, invece, nulla per valore zero
della pressione e, nelle stesse condizioni sopra citate, cresce linearmente con la pressione. Il
punto d’incontro delle due curve, Equazione (15), rappresenta il punto di lavoro
dell’estrusore completo e fornisce i valori di pressione e portata.
Si ha dunque una forte dipendenza dal diametro. La portata per retroflusso dipende invece
fortemente dall’altezza del filetto:
!
D # h3 &P
Qp " sin %
$ &z
Si ha quindi una notevole caduta di portata netta al crescere dell’altezza del filetto.
Una volta stabilita la geometria dell’estrusore e della filiera, per variare la portata si può
!
variare o il numero di giri, variando così la caratteristica della vite, o variare la temperatura,
agendo quindi sulla viscosità. L’effetto della variazione del numero di giri sulla portata è
schematizzato in Figura 10. La caratteristica della vite si innalza proporzionalmente a N e
l’intersezione con la caratteristica della filiera si sposta verso portate e pressioni più elevate.
L’effetto della temperatura è invece più complesso. Infatti, potendo variare la temperatura sia
nella zona finale dell’estrusore che nella filiera, si deve analizzare cosa succede alla portata ed
alla pressione al variare della temperatura in ogni singola zona. In Figura 11 sono riportate le
caratteristiche della vite e della filiera a due diverse temperature, T2 > T1.
Figura 10. Effetto della velocità di rotazione sulla caratteristica della vite.
Figura 11. Effetto della temperatura sulle caratteristiche della vite e della filiera: variazione del punto
di lavoro.
Potenza meccanica
La potenza assorbita durante l’avanzamento nella zona di pompaggio è data da:
% w
W˙ = $ $ ["
0 0
v (y) + " yz v z (y)] # dx # dz
yx x Equazione 16
!
dove )yz è lo sforzo di taglio lungo il piano yz ed è correlato alla velocità lungo z che fa
avanzare il fuso polimerico, mentre )yx è lo sforzo di taglio lungo il piano xy e nasce dalla
presenza della velocità vx che produce solo circolazione all’interno del filetto. Il limite
d’integrazione * indica la lunghezza totale del filetto percorso dal polimero fluido. I due
profili di velocità sono descritti dalle Equazioni (8) e (11). Il gradiente di velocità, "˙yz è
dunque:
#v z Vz 1 #P !
"˙yz = = + (2y % h) Equazione 17
#y h 2$ #z
Vx
" hx = 4# Equazione 21
h
Introducendo le Equazioni (20) e (21) nell’Equazione (16) e integrando per una vite con
caratteristiche geometriche costanti, si ha:
!
V2 & 6Q ) V2
W˙ = " z #w( 4 $ + + 4" x # w Equazione 22
h ' Vz % w % h * h
Dall’Equazione (22) si nota che ]a potenza assorbita nella sezione di pompaggio è una
funzione molto forte della velocità di rotazione della vite. La potenza assorbita nella zona di
!
trasporto dei solidi è in genere modesta rispetto alla potenza totale e poco influenzata dalle
variabili operative tranne che dalla velocità di rotazione alla quale può considerarsi
proporzionale. Poco si può invece dire sulla potenza assorbita dalla zona di fusione che è, del
resto, fortemente dipendente dalle condizioni operative.
" = K # $˙ n
+ # 2y & n .
v z = Vo 1" % (
+ $H' .
* -
Poichè n < 1, la portata diminuisce al crescere della pressione più di quanto previsto per un
fluido newtoniano. Deve inoltre essere tenuto presente che n va diminuendo con lo sforzo e
!
quindi con la pressione. Ciò implica che la diminuzione di Q è crescente con P.
Anche nella filiera il fuso può avere comportamento non newtoniano. Utilizzando ancora la
legge di potenza, la caratteristica della filiera, Equazione (14), può scriversi:
"P
Q fil = k1
#˙ n$1
!
e quindi:
1
Q = k "#P n
In Figura 12 sono rappresentate curve tipiche delle caratteristiche della vite e della filiera per
un fluido non newtoniano. A pari portata si avrà una pressione di testa minore e la pressione
!
crescerà meno rapidamente all’aumentare della portata.
Figura 12. Caratteristiche della vite e della filiera tipiche per fluidi non newtoniani.
Applicazioni dell’estrusione – Estrusione di tubi
Grandissime quantità di tubi (specie in polietilene e in polivinilcloruro) vengono prodotte per
usi edili e per il trasporto dell'acqua e del gas. L'impianto di produzione comprende, oltre
all'estrusore, una testa di estrusione, un sistema di calibrazione del diametro, un bagno di
raffreddamento, un dispositivo di traino e una sega automatica per tagliare il tubo in
spezzoni di lunghezza voluta.
Figura 13. Schema di una testa di estrusione a squadra per l’estrusione di tubi.
Figura 14. Schema di una testa di estrusione diritta (o longitudinale) per l’estrusione di tubi.
La testa può essere a squadra (Figura 13) oppure diritta (Figura 14). Sono rispettivamente
caratterizzate dal flusso di ingresso del fuso polimerico ortogonale a quello di uscita e dal
flusso che in entrata ed uscita ha la stessa direzione. La testa diritta presenta una migliore
simmetria di flusso ed è caratterizzata da un mandrino centrale necessario per formare il
canale di flusso, sostenuto da una piastra forata o da altri tipi di sostegno (razze). Tali
sostegni provocano nella sezione di scorrimento una divisione del flusso in correnti parziali
che si ricongiungono a valle, lasciando talvolta traccia della diversa storia termica e dinamica
(a causa dei diversi gradienti sperimentati) nei punti di riunione dei flussi. L'introduzione di
una zona di strozzatura, subito a valle del ricongiungimento delle linee di flusso,
riomogeneizza il materiale. All'uscita dalla filiera il tubo, che si trova allo stato fuso, deve
essere raffreddato immediatamente per impartirgli l'indeformabilità propria dello stato
solido. È necessario in tale fase garantire il raggiungimento delle dimensioni del diametro
voluto entro le tolleranze prescritte (calibrazione). Generalmente viene adottata la
calibrazione del solo diametro esterno del tubo. Il tubo di plastica, a tale scopo, viene fatto
aderire a un cilindro metallico di diametro preciso raffreddato ad acqua e tenuto a pressione
ridotta (calibratore). Il calibratore presenta numerosi fori all'interfaccia con il tubo da
calibrare (Figura 15) in modo da obbligarlo ad aderire per aspirazione.
I bruschi raffreddamenti e l'applicazione di uno stiro applicato a valle dell'impianto
influiscono sugli sforzi interni presenti nel manufatto a temperatura ambiente. È perciò
opportuno in certi casi eseguire un post-trattamento termico, per ridurre le tensioni interne.
Figura 16. Schemi di filiere per estrusione di lastre: a) testa con distributore rettilineo e b) testa con
distributore ad attaccapanni. 1,5: collo; 2,6: distributore; 3,9: barra; 4,10: labbro; 7: triangolo; 8:
collettore.
Le filiere sono progettate in modo da realizzare perdite di carico locali (cadute di pressione)
diverse nelle varie direzioni percorse dai filetti del polimero fuso. I filetti centrali del flusso
devono fare il minimo percorso per raggiungere le labbra della filiera all’uscita; devono
perciò incontrare resistenze addizionali imposte ben maggiori delle resistenze che devono
incontrare i filetti che, sempre partendo dal centro della filiera, raggiungono i punti periferici
laterali delle labbra attraverso i percorsi più lunghi.
Per la progettazione della forma geometrica della filiera si usano innanzitutto modelli
reologici che calcolano le sezioni di passaggio e gli spessori dei vari flussi elementari (filetti)
in modo da raggiungere resistenze tali che le velocità locali siano quelle desiderate.
La regolazione finale viene ottenuta con interventi meccanici e cioè con barre di regolazione
(Figura 16 – indici 3 e 9) che creano strozzature dei flussi elementari, comandate da viti di
scorrimento. Tolleranze molto ristrette dello spessore delle lastre possono essere ottenute con
labbra della filiera tenute a distanza molto ben regolabile. Un’ottima calibrazione dello
spessore e una superficie liscia della lastra prodotta possono essere ottenute mandano la
lastra estrusa direttamente tra i rulli di una calandra a valle, avente superficie cromata, detta
calandra lucidatrice. La distanza fra le labbra della filiera e l’asse che unisce i centri dei rulli
della calandra lucidatrice deve essere la minima possibile per evitare eccessivi raffreddamenti
dell’estruso. In tal modo gli sforzi indotti dalla calandratura rilassano immediatamente.
Lastre prive di tensioni interne vengono ottenute lasciando raffreddare lentamente la lastra e
limitando la velocità di traino che altrimenti potrebbe indurre stiramenti.
Figura 18. Andamento di alcune proprietà di film polimerici misurate nelle direzioni parallela ed
ortogonale allo stiro in funzione del rapporto di estensione (grado di orientamento).
I film orientati servono non solo per le migliori proprietà meccaniche ottenute nella direzione
di stiro, ma anche per impieghi particolari associati alla loro termoretraibilità (ad esempio
film di protezione di libri, stampe, oggetti vari, ecc.). Per avvolgere tali oggetti è sufficiente
riscaldare il film che li avvolge al di sopra della temperatura di retrazione (Tg per i polimeri
amorfi).
I film possono venire stirati anche in due direzioni ortogonali. In tal caso una delle più diffuse
tecnologie è quella della filmatura in bolla, i cui dettagli sono riportati nel seguente paragrafo.
In alternativa, per eseguire l'orientamento in due direzioni ortogonali di film piani ottenuti
per estrusione con filiera a testa piana, si può ricorrere allo stiro in due stadi. Nel primo
stadio il film viene allungato come di consueto in direzione longitudinale agendo sulla
velocità relativa dei rulli di trascinamento; nel secondo stadio il film viene afferrato sui bordi
da morsetti vincolati a due catene continue che si muovono nel senso longitudinale,
contemporaneamente allontanandosi dalla mezzeria del film (vedi Figura 19). Cosi il film
viene deformato nella direzione perpendicolare alla direzione dello stiro longitudinale già
subito. Le due operazioni di stiro possono essere eseguite contemporaneamente. Trattamenti
termici dei biorientati eseguiti impedendo con opportuni vincoli le altrimenti spontanee
contrazioni trasversali e longitudinali, stabilizzano la struttura biorientata.
Figura 19. Stiro trasversale di film prodotti per estrusione in testa piana.
Applicazioni dell’estrusione – Filmatura in bolla (“blowing extrusion”)
Il processo di produzione di film per soffiaggio (filmatura in bolla, “blowing extrusion”)
consiste nell’estrusione di un fuso polimerico attraverso un foro anulare. Il tubo viene
gonfiato per mezzo di aria soffiata all’interno e stirato lungo l’asse, secondo lo schema di
Figura 20.
Durante il processo il film si raffredda e solidifica, cosicché può essere piegato fra i rulli che lo
tirano. Il raffreddamento si effettua per convezione forzata soffiando aria attraverso un anello
posto al di sopra della filiera. In condizioni di regime stazionario la quantità di aria all’interno
della bolla è costante e piccole perdite sono compensate da aria che viene soffiata all’interno
in modo tale che resti costante la pressione.
A causa dello stiro in direzione longitudinale e del soffiaggio, il fuso polimerico è sottoposto
ad un flusso elongazionale biassale. La deformazione nelle due direzioni orienta quindi le
macromolecole sia nella direzione longitudinale che in quella circonferenziale. Queste due
azioni avvengono in una zona vicino alla testa dell’estrusore, mentre non c’è alcuna
deformazione al di sopra di una certa sezione, nota come linea di gelo, in cui avviene la
solidificazione del polimero. In questa zona la velocità del film varia passando da quella
d’estrusione (Ve) a quella di stiro (Vs), e il raggio del tubo passa da quello della filiera (Ro) a
quello finale del film (Rf). Si definiscono due rapporti:
- rapporto di stiro longitudinale (o in direzione della macchina):
Vs
DR =
Ve
- rapporto di soffio:
!
Rf
BUR =
Ro
La deformazione totale subita dal polimero è pari alla riduzione totale dello spessore da eo a
ef, ed è legata ai parametri precedenti dalla relazione:
!
eo
= DR " BUR
ef
I due rapporti sopra descritti determinano le deformazioni subite dal fuso polimerico e
quindi l’orientazione e le proprietà finali del film nelle due direzioni. Mentre per alcune
!
applicazioni è desiderabile ottenere proprietà migliori in una sola direzione, in altri casi è
necessario un giusto bilanciamento delle proprietà in ambedue le direzioni. Per ottenere ciò,
non è in genere sufficiente l’uguaglianza del rapporto di stiro e del rapporto di soffio.
Forza longitudinale
La forza totale esercitata nella direzione longitudinale è somma di diversi contributi:
- peso del film;
- forza d’attrito fra film e sistema guidafilm (cilindri di guida);
- forza dovuta alla pressione interna;
- forza di stiro responsabile della deformazione biassiale.
La forza totale va decrescendo dai rulli verso il foro d’estrusione. Al di sotto del sistema
guidafilm, la forza d’attrito è nulla, mentre al foro di estrusione è nullo anche il peso. In una
qualunque posizione z (Figura 21), trascurando le forze d’attrito, si ha:
z dz
( )
F(z) = Fo + "#P r 2 $ Ro2 + 2"g '0 %e
cos&
Equazione 24
!
dove Fo è la forza di stiro al foro d’estrusione (praticamente trascurabile), il secondo termine
la forza dovuta alla pressione e l’ultimo termine il peso del film.
e quindi per l’equilibrio i due termini a destra delle Equazioni (24) e (25) sono tra loro uguali.
!
Lo sforzo ,m è tanto maggiore quanto più alta è la viscosità elongazionale del materiale.
Un’elevata viscosità elongazionale è dunque necessaria per questa operazione di
trasformazione.
"P # m # p
= + $ % & g & sin '
e Rm R p
Gli sforzi lungo la direzione meridiana e parallela e la componente della forza di gravità
bilanciano la pressione interna. All’altezza della linea di gelo la geometria del tubolare non
!
varia più, quindi Rp = Rf, ! = 0 e Rm # $.
Lo sforzo è quindi:
Rf
"p =
e
che è la classica formula dei recipienti in pressione. Lo sforzo cresce quindi al crescere del
raggio e al diminuire dello spessore. Siccome gli sforzi agenti sul film sono bilanciati solo
!
dalla viscosità del materiale, la filmabilità dei polimeri cresce con la loro viscosità
elongazionale.
In Figura 23 sono riportati i valori della resilienza per un film di polietilene a bassa densità in
funzione del rapporto DR/BUR, mantenendo costante il valore dello stiro longitudinale (al
crescere del valore dell’ascissa va diminuendo BUR). Si nota che il valore della resilienza
cresce al diminuire di BUR, e probabilmente il valore più elevato si osserverebbe quando
DR/BUR = -1, cioè quando le orientazioni nelle due direzioni sono bilanciate.
In Figura 24 è riportato il valore della resilienza in funzione dello stiro longitudinale
mantenendo costante il rapporto DR/BUR, e quindi al crescere di DR cresce anche BUR. In
questo caso la resilienza cresce con DR perchè contemporaneamente aumenta DR nella stessa
misura. In conclusione, l’aumento dello stiro migliora la resilienza perchè cresce
contemporaneamente il rapporto di soffio, essendo quindi il risultato finale un aumento
dell’orientazione in ambedue le direzioni.
Figura 23. Resilienza di un film in funzione del rapporto DR/BUR, a rapporto di stiro costante (i
valori sperimentali esatti di DR sono indicati).
L’aumento di portata e di temperatura del fuso danno luogo a due effetti negativi:
diminuendo lo stiro longitudinale e la viscosità, e quindi i tempi di rilassamento,
impediscono una efficace orientazione. Si ottengono quindi proprietà meccaniche più
scadenti in entrambe le direzioni. Per lo stesso motivo, al diminuire della velocità di
raffreddamento, si ottiene un peggioramento di tutte le proprietà meccaniche.
Tutti i parametri sopra analizzati danno luogo a variazioni della linea di gelo e della forma
della bolla. L’altezza della linea di gelo può essere definita come la distanza dalla filiera a cui
il fuso solidifica e la bolla assume le sue dimensioni finali. Tale valore è influenzato
essenzialmente da:
- portata del polimero fuso;
- temperatura del polimero fuso;
- velocità di raffreddamento.
Figura 24. Resilienza di un film in funzione del rapporto di stiro, a valore costante del rapporto
DR/BUR (DR/BUR = 1.9 ± 0.1).
Riempita la cavità, inizia la fase di mantenimento durante la quale il polimero viene tenuto
sotto pressione elevata. Ciò allo scopo di forzare in cavità altro materiale per compensare
l’aumento di densità, e quindi il ritiro del manufatto, connesso con la diminuzione di
temperatura e con la solidificazione, che avvengono sia durante la stessa fase di
mantenimento che successivamente.
Figura 28. Andamento schematico della pressione nella cavità durante le diverse fasi dello stampaggio.
La solidificazione del polimero al gate che, essendo la sezione di passaggio del materiale più
piccola avviene prima che nello stampo vero e proprio, dà inizio alla fase di raffreddamento.4
Infatti, dopo la chiusura del gate il polimero non può più entrare in cavità qualunque sia la
pressione esercitata nella camera di iniezione. Durante la fase di raffreddamento il manufatto
solidifica portandosi alla temperatura dello stampo. La diminuzione di temperatura (e
l’eventuale cristallizzazione nel caso di polimeri semicristallini) non è più compensata dal
flusso di mantenimento e quindi provoca una diminuzione di pressione a volume e densità
costanti. Un diagramma schematico dell’andamento della pressione in cavità è mostrato in
Figura 28. La pressione comincia a crescere dall’istante in cui il fuso raggiunge il sensore di
pressione piazzato nella cavità; completato il riempimento dello stampo5 la pressione cambia
4
In realtà il polimero fuso inizia a raffreddarsi non appena arriva a contatto con le pareti
dello stampo e quindi già nelle fasi di iniezione e di mantenimento.
5
Nella pratica il passaggio dalla fase di iniezione alla fase di mantenimento viene effettuato
leggermente prima che la cavità sia completamente riempita (circa 90-97% di riempimento)
per evitare eccessivi sbalzi di pressione in cavità.
rapidamente di livello perché inizia la fase di mantenimento; successivamente la pressione
subisce variazioni graduali connesse con il progressivo raffreddamento del polimero. Quando
si ha solidificazione al gate inizia la vera e propria fase di raffreddamento, durante la quale la
pressione decresce più rapidamente. Il passaggio alla fase di raffreddamento è tanto più
veloce quanto più sottile è il gate, ossia quanto più celere è la solidificazione del polimero al
suo interno. Il valore finale della pressione in cavità all’apertura dello stampo (pressione
residua, Pr) è determinato dalla massa di polimero presente in cavità al momento della
chiusura del gate.
Dopo il raffreddamento lo stampo viene appunto aperto ed il manufatto staccato dallo
stampo per mezzo di estrattori automatici.
Figura 29. Profilo della pressione nella zona successiva alla camera di iniezione valutato mediante i
trasduttori P1, P2, P3 e P4 indicati in Figura 27.
6
Da Atti del XVI Convegno Scuola AIM su “Processi di trasformazione di polimeri
termoplastici: aspetti fondamentali e tecnologici”, Capitolo II
degli stampisti lasciare del metallo in eccedenza sulle facce critiche dello stampo in modo da
poter rifresare la cavità, dopo i tentativi iniziali, e correggere le dimensioni del prodotto
ottenuto.
L’introduzione di processori di controllo del processo consente ora di ottimizzare la
conduzione della fase di mantenimento della pressione in modo da controllare precisamente
il peso del pezzo stampato, ovvero le sue dimensioni finali. A tale scopo, nella fase di
mantenimento occorre diminuire la pressione sul materiale in modo opportuno, in rapporto
al decadimento della temperatura del pezzo nello stampo, fino a quando quest’ultima non ha
raggiunto un valore adeguato a consentire l’estrazione del pezzo. L’ideale è passare dallo
stato fuso (alta temperatura, alta pressione) allo stato solido (temperatura desiderata di
sformatura, pressione atmosferica) mantenendo il volume specifico ad un valore costante
(raffreddamento isocoro). In tal modo è garantita l’assenza di flussi di materiale tra la camera
di plastificazione e la cavità dello stampo durante il raffreddamento. Per ottenere questo
risultato è necessario conoscere il comportamento PVT del materiale.
Consideriamo per esempio il caso di un polimero termoplastico amorfo e assumiamo, per
semplificare l’esposizione, che sia sufficiente la descrizione del comportamento PVT del
polimero fornita dal “diagramma di stato” di Figura 31.
La prima cosa da fare è tracciare il cammino da seguire sul diagramma PVT. Il tratto I
corrisponde alla compressione relativa alla fase di iniezione del materiale nello stampo. Tale
fase, molto rapida, è praticamente isoterma, idealmente alla temperatura Tin della massa fusa
appena prima dell’iniezione. La compressione termina al valore prestabilito della pressione di
mantenimento nello stampo.
Figura 32. Variazioni di peso di una ventola di raffreddamento in PA66 al variare della temperatura
del fuso: a) senza “ottimizzazione PVT” e b) con “ottimizzazione PVT”.
Orientazione e morfologia
L’orientazione e la morfologia che si determinano nel manufatto sono legate alla conduzione
del processo ed alla geometria dello stampo. La morfologia di una particella solida di
polimero ottenuta per raffreddamento di un fuso in quiete dipende soltanto dalla velocità di
raffreddamento; l’orientazione e la morfologia di una particella solida di polimero ottenuta
per raffreddamento di un fuso che ha subito un flusso è legata alla velocità del
raffreddamento ed all’orientazione accumulata durante il flusso. Non sorprende, quindi, che
un manufatto polimerico prodotto per stampaggio ad iniezione non sia omogeneo, ma
l’orientazione e la morfologia varino notevolmente sia con la distanza dalla parete dello
stampo che, in maniera più graduale, da sezione a sezione nella direzione del flusso.
L’orientazione accumulata durante il flusso cresce con l’intensità del flusso ed è connessa sia
con gli sforzi di taglio che con quelli elongazionali. Gli sforzi di taglio sono massimi dove
massima è la variazione della componente principale della velocità, cioè all’interfaccia con la
parete solida; gli sforzi elongazionali insorgono ogni volta che una particella, lungo la sua
traiettoria, è assoggettata ad un allungamento oppure ad un accorciamento in una direzione
(un allungamento in una direzione è sempre compensato da un accorciamento in altre
direzioni). Gli sforzi elongazionali si generano quindi ogni volta che si ha, lungo la traiettoria,
una variazione della sezione disponibile al flusso. In particolare, si ha un accorciamento o una
elongazione (allungamento) degli elementi fluidi nella direzione del flusso quando la velocità
media in tale direzione subisce, rispettivamente, una diminuzione o un aumento, come ad
esempio al gate. Inoltre, anche sul fronte del fuso che avanza durante il riempimento dello
stampo si genera un flusso di tipo elongazionale (detto a fontana oppure a vulcano) che genera
un’orientazione delle particelle che si depositano sulle pareti dello stampo, come
schematizzato in Figura 33.
Si consideri ad esempio il riempimento di uno stampo a dimensioni prevalentemente
sviluppate in una sola direzione (asse x in Figura 33). Si osserva che a un generico tempo t il
fronte caldo del flusso ha raggiunto una certa posizione, mentre il materiale che si trova a
monte ha cominciato a raffreddarsi a partire dagli istanti pregressi, in cui esso è venuto zona
per zona a contatto con le pareti del canale. Si è così formato uno strato periferico solido
(detto “pelle”) di spessore non uniforme rastremato dall’ingresso sino al fronte del flusso e
tanto più spesso quanto minore è la distanza dall’ingresso e cioè quanto più lungo è stato il
tempo di contatto con le pareti. Il restringimento del canale riduce la sezione di passaggio del
fluido e provoca in una generica sezione un aumento della velocità media e una distribuzione
di velocità (Figura 33) che parte da zero al confine solido-liquido e resta quasi stazionario
appena al di là del confine solido-liquido (andando verso il centro del canale) a causa della
viscosità abbastanza elevata del fluido, data la relativaniente bassa temperatura. La velocità
passa poi attraverso un flesso e giunge a un massimo al centro del canale ove la temperatura
è alta (" bassa). Il gradiente di velocita dVx/dy tocca quindi un massimo nella zona che sta
appena al di qua dello strato solido: ivi le macromolecole subiscono il massimo sforzo di
deformazione al taglio e si orientano lungo l’asse x, mentre al centro del canale esse non si
orientano essendo minimo il gradiente di velocità e quindi minima la sollecitazione di taglio
ed anche essendo minima la viscosita (temperatura più elevata).
L’orientamento provocato da questi sforzi di taglio massimi permangono nel materiale solo
se il tempo del rilassamento che riporta le molecole allo stato di gomitolo è sufficientemente
lungo rispetto al tempo del raffreddamento. Un altro importante processo di orientamento è
quello generato sul fronte del flusso che si allarga e assume una superficie più grande rispetto
a quella della sezione del canale (flusso “a fontana”) (Figura 33). L'espansione superficiale
provoca un processo di elongazione delle macromolecole presenti nelle linee di corrente che,
arrivando al fronte, deviano verso le pareti. La Figura 33 mostra che le molecole non
orientate, in moto sulle linee di corrente che raggiungono la zona di espansione, vengono
orientate nella direzione y dai processi elongazionali subiti in superficie. Poiché però la forma
del fronte piega indietro per diventare tangente alle pareti gli elementi fluidi orientati
secondo l’asse y vengono disposti sulle pareti fredde con orientamento nella direzione x.
Figura 33. Schema di meccanismo di riempimento della cavità: il flusso a fontana sul fronte deposita
particelle orientate sulla parete.
Non tutta l’orientazione generata dal flusso si ritrova nel solido, poiché essa tende a rilassarsi
nell’intervallo di tempo che intercorre tra l’esaurirsi del flusso che la genera e la
solidificazione del materiale, che congela l’orientazione residua. Per tale motivo l’orientazione
è molto elevata alla parete dello stampo, dove la solidificazione avviene in centesimi di
secondo, e minore nella zona centrale, dove il fuso ha di solito tempo sufficiente per rilassare
gli sforzi prima di solidificare. Ovviamente, se il manufatto è sottile conserva un’orientazione
significativa anche nella zona centrale. Inoltre va ricordato che, per i polimeri cristallizzabili,
l’orientazione nel fuso tende ad aumentare la velocità di cristallizzazione, quindi la velocità
di solidificazione, nelle sezioni ristrette. Un esempio della distribuzione di orientazione è
mostrato in Figura 34, nella quale è riportata, per una sbarretta ottenuta mediante stampaggio
a iniezione, la birifrangenza (cioè la differenza tra gli indici di rifrazione nella direzione ottica
principale e nella direzione a questa ortogonale) in funzione della distanza Y dall’asse. La
birifrangenza per un polimero amorfo è una misura dell’orientazione delle molecole. Essa è
elevata sulla parete (Y/b = 1), quindi subisce una diminuzione da attribuirsi alla riduzione
dell’orientazione elongazionale connessa con il flusso a fontana, aumenta nuovamente per
effetto del flusso di taglio, ed infine diminuisce per assumere valori molto bassi nella zona
centrale (Y/b = 0), dove il flusso genera sforzi minori. L’orientazione indotta da questi sforzi,
peraltro, ha più tempo a disposizione per rilassarsi significativamente prima che il materiale
solidifichi.
Figura 34. Birifrangenza in una bacchetta di raggio b ottenuta per stampaggio a iniezione.
Raffreddamento del materiale nello stampo e sforzi residui interni nei manufatti.
A titolo di esempio viene qui discussa, in modo qualitativo e semplificato, la formazione di
uno stato di sforzi residui presenti in una lastra piana dovuti a differenze locali di velocità di
raffreddamento.
In uno stampo atto a produrre una lastra piana, il passaggio dallo stato fuso allo stato solido
del polimero si verifica per prima cosa alla superficie che si trova a contatto con lo stampo che
viene permanentemente tenuta a bassa temperatura. Il materiale acquista qui un elevato
modulo elastico e il suo volume specifico locale si riduce. Se il materiale è cristallizzabile il
solido formatosi non ha spesso modo di cristallizzare (a causa della elevatissima velocità di
raffreddamento) e resta allo stato amorfo o comunque poco organizzato. In generale esso ha
una densità inferiore a quella ottenibile con un raffreddamento lento. Non nascono in questo
momento sforzi nel sistema perchè la fase liquida interna, adiacente al solido formatosi, ha
tempi di rilassamento e modulo elastico molto piccoli. Perciò il sistema è in grado di
compensare ogni differenza di deformazione senza che vengano generati sforzi all'interfaccia.
Secondo la legge di Fourier al procedere del tempo anche la parte del materiale liquido
adiacente al solido presente alla superficie (“pelle”) e posto verso il centro dello stampo,
giunge mano a mano alla temperatura di solidificazione. Tuttavia la sua contrazione
longitudinale è contrastata ora all'interfaccia con il solido dai vincoli posti dalle
macromolecole che sono interconnesse alle due fasi solida e liquida. Nasce una situazione in
cui lo strato interno si contrae longitudinalmente meno di quanto dovrebbe e risulta quindi
teso, mentre lo strato esterno risulta compresso. Una volta che il sistema si è completamente
solidificato, si verifica una distribuzione di sollecitazioni all’interno della sezione tale che la
risultante delle forze interne è nulla (sistema non caricato da forze esterne e in equilibrio). Si
ha cioè (all’interfaccia dei due strati, linea tratteggiata in Figura 35):
H /2
% $H /2
" # dy = 0
Dalla Figura 35 si può notare che la parte centrale è tesa mentre le due parti esterne sono
compresse. Lo stato di tensioni interne modifica il comportamento a rottura della lastra. Ad
esempio in un materiale fragile come il polistirene a comportamento di Hooke (, = E!-), la
!
frattura in una prova di flessione si verifica quando le fibre tese giacenti sulla superficie
esterna distante H/2 (ove H è lo spessore) dal piano centrale della lastra, raggiungono la
deformazione di rottura -R corrispondente alla sollecitazione di rottura ,R. Lo stato di
precompressione generato alla superficie dal raffreddamento non omogeneo fa sì che per
rompere le fibre di polimero tese poste a H/2 dal centro si debba ad esse applicare anzitutto
una sollecitazione di trazione uguale e contraria a quella di precompressione già presente, e
poi la sollecitazione di trazione ,R. La rottura a trazione, quindi, si verifica a una
sollecitazione più elevata di quella di una lastra normale non precompressa in superficie.
Figura 35. Distribuzione degli sforzi all’interno della sezione di un provino stampato ad iniezione.
Deformazioni congelate
Altri fattori si aggiungono al ritiro termico nel determinate la qualità e le proprietà di un
manufatto stampato a iniezione. Tra questi fattori è molto importante la presenza di
deformazioni residue (congelate). Esse sono dovute al fatto che la conformazione delle
macromolecole non è quella di equilibrio. Come già detto in precedenza, le macromolecole
infatti vengono orientate almeno in parte dal flusso. Cessata la “driving force” che produce,
durante il flusso, sia l’orientamento che l’estensione delle catene nella direzione di stiro, le
molecole dovrebbero tornare spontaneamente alla situazione di gomitolo statistico
(deformazione zero) se non intervenisse il rapido abbassamento della temperatura che porta
il tempo di rilassamento del processo di disorientamento a valori ben superiori a quello
proprio della temperatura di stampaggio. Le macromolecole restano quindi congelate nella
conformazione di non equilibrio e mantengono deformazioni residue che dipendono dalla
storia reologica e termica. Le deformazioni congelate sono in pratica permanenti alla
temperatura ambiente. L’orientamento residuo non è però uguale in tutte le zone del
manufatto. Ciò provoca in base al principio della congruenza delle deformazioni, la nascita di
sforzi interni nel materiale.
Per concludere, le proprietà meccaniche dei polimeri stampati a iniezione dipendono dagli
sforzi interni provocati da questa tecnologia e sono diverse dalle proprietà meccaniche
ottenute con provini stampati a compressione semplice. Perciò, per la valutazione dei
materiali, assieme alle proprieta meccaniche occorre sempre precisare la metodologia di
stampaggio dei provini.
Soffiaggio di corpi cavi
Il soffiaggio di corpi cavi (blow moulding) è un importante metodo di trasformazione dei
polimeri, usato per la produzione di manufatti cavi. In questo processo, un tubo di materiale
fuso o parison viene introdotto in uno stampo e fatto espandere mediante l’applicazione di
una pressione interna finchè esso non tocca le pareti dello stampo a contatto delle quali il
materiale plastico solidifica. Sebbene il blow moulding venga usato principalmente per la
produzione di bottiglie e flaconi, sono in continuo aumento gli articoli prodotti con questa
tecnica semplice e relativamente poco costosa, come ad esempio spoiler per automobili e
serbatoi per carburante.
Il processo
Nel processo di estrusione con soffiaggio il polimero fuso viene estruso sotto forma di tubo a
simmetria cilindrica, detto appunto parison, e scende all’interno di uno stampo aperto. Un
ugello di soffiaggio viene inserito nello stampo; attraverso questo ugello viene fatta entrare
dell’aria in pressione che causa l’espansione del parison e che successivamente lo raffredda a
contatto con le pareti dello stampo (generalmente raffreddato). A raffreddamento avvenuto,
lo stampo si apre, il pezzo viene espulso ed il processo riprende (vedi Figura 36). L’estrusione
con soffiaggio può essere effettuata principalmente in due modi a seconda delle dimensioni
del pezzo da costruire: continua o con accumulo.
Estrusione continua.
Durante l’estrusione continua, il parison viene formato da un estrusore la cui vite viene
disegnata in modo da assicurare un flusso continuo di materiale. L’estrusione avviene in
modo da produrre un flusso ininterrotto di materiale alla stessa velocità con cui il pezzo viene
formato, raffreddato ed espulso. Questo processo viene utilizzato per la produzione di
contenitori di dimensioni medio-piccole (vedi Figura 37).
Figura 37. Schema del processo di soffiaggio con estrusione continua (A: taglio del parison; B. parison;
C: cavità stampo; D: ugello di soffiaggio).
Dp
"D = Equazione 27
Do
hp
"H = Equazione 28
! ho
È anche possibile definire un rigonfiamento rapportato al peso, +w, che è il peso di una data
lunghezza del parison diviso per il peso della stessa lunghezza di un ipotetico parison avente
raggi interni ed esterni identici a quelli dell’ugello. Se la densità del materiale non varia
significativamente durante la formazione del parison, +w è uguale al rigonfiamento
rapportato all’area:
Ap
"w = " A = Equazione 29
Ao
Se lo spessore delle pareti del parison è piccolo rispetto al diametro, è possibile verificare che
+A può essere approssimato come:
!
!
Sia la qualità che il costo di un contenitore prodotto con la tecnologia dell’estrusione con
soffiaggio dipendono dall’entità dei vari rapporti di rigonfiamento. Infatti, se il rigonfiamento
del diametro è troppo basso, il pezzo prodotto può avere ad esempio, un’incompleta
formazione delle maniglie (se presenti) e può presentare delle asimmetrie. D’altro canto, per
rigonfiamenti del diametro troppo alti, il polimero fuso può rimanere intrappolato nello
stampo o si possono formare delle pieghe. Il rigonfiamento rapportato al peso determina il
peso della materia prima necessaria, e quindi il costo del pezzo prodotto: la situazione
ottimale è quella di avere il minor peso possibile del pezzo e contemporaneamente le
caratteristiche richieste di rigidità e di resistenza.
Oltre che dalla geometria dell’ugello, il rigonfiamento dipende dalla temperatura e dal
gradiente di velocità di estrusione, ma varia molto da un polimero all’altro: infatti, poichè il
rigonfiamento è una manifestazione della viscoelasticità del materiale, dipende dal tempo:
per esempio, per l’HDPE a 170°C, il 70-80% del rigonfiamento avviene durante i primi
secondi dopo che il fuso ha lasciato l’ugello e il rimanente durante un periodo di 2-3 minuti;
mentre per il polipropilene a 190°C solo il 50% del rigonfiamento ha luogo nei primi secondi,
per il raggiungimento del 100% occorrono più di 10 minuti.
Dal punto di vista della struttura macromolecolare, il rigonfiamento viene influenzato dalla
quantità e dalla distribuzione delle ramificazioni e dalla distribuzione dei pesi molecolari. Per
i polimeri lineari, generalmente una distribuzione dei pesi molecolari più larga genera un più
elevato rapporto di rigonfiamento.
! !
1 #x
"˙ = Equazione 31
x #t
Definendo
!
H o = x 2 (0) " x1 (0) Equazione 33
Nel caso della deformazione di taglio con gradiente di velocità "˙ , la posizione dei punti al
tempo t è data da:
!
Consideriamo il caso di due punti, separati dalla stessa distanza H, soggetti ad una
deformazione di taglio . ed elongazionale % rispettivamente con "˙ e "˙ uguali ad 1 s-1; dopo 1
!
secondo, la separazione dei due punti sarà 1 nel caso di deformazione di taglio e 2.72 per
deformazione elongazionale, mentre per "˙ e "˙ uguali a 10 s-1 la separazione dei due punti
sarà rispettivamente 10 e 22000.
! !
È chiaro che questa accelerazione maggiore rende la deformazione elongazionale molto più
! !
efficiente di quella di taglio nel produrre orientazione molecolare nel materiale fuso. Lo stiro
del parison può quindi causare grandi variazioni dello spessore e del diametro del parison, e
in casi estremi può anche provocare la rottura del parison stesso. Per un fluido viscoelastico
lineare lo stiro può essere tenuto sotto controllo semplicemente scegliendo un materiale con
una viscosità sufficientemente elevata. Ma, poichè i polimeri sono materiali non lineari, la
resistenza allo stiro non può essere correlata in modo semplice con la viscosità, e quindi non
ci sono ancora in letteratura dei modelli affidabili per prevedere l’allungamento del parison a
partire da proprietà reologiche ben definite.
Se si considerano gli effetti combinati dello stiro e del rigonfiamento del parison la situazione
risulta essere piuttosto complessa dal punto di vista reologico. In Figura 41 è rappresentato
l’andamento della lunghezza del parison in funzione del tempo per diversi casi. Il tratto
rettilineo della curva rappresenta il periodo dell’estrusione durante il quale si forma il
parison. Quando l’estrusione si ferma, la lunghezza dipende unicamente dal rigonfiamento e
dallo stiro.
La curva 1 rappresenta il caso in cui ci sia solo rigonfiamento, la curva 2 il caso del solo stiro.
La curva 3 rappresenta invece il caso reale in cui siano presenti entrambi i fenomeni.
L’allungamento del parison dovuto alla forza di gravità è una proprietà viscoelastica che
dipende dalla cedevolezza del fuso e dai tempi di rilassamento. Se il tempo di caduta del
parison è grande rispetto ai tempi di rilassamento del materiale, il meccanismo predominante
sarà lo scorrimento viscoso, mentre per tempi di rilassamento più brevi, prevarranno i
fenomeni di deformazione elastica. Per l’estrusione di parison molto lunghi, l’allungamento
del parison è un fenomeno di rilevante importanza: il tempo di caduta è simile ai tempi di
rilassamento del materiale, e quindi il contributo all’allungamento totale della viscosità è
maggiore di quello dell’elasticità.