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Scheda monografica di sintesi:

Produzione di energia da fonti assimilate

Cogenerazione

A cura di:

Via Mirasole 2/2 40124 Bologna (BO)


DESCRIZIONE GENERALE DELLA COGENERAZIONE (CHP)[1, 2, 3, 6]
Le fonti di energia si possono classificare in tre grandi tipologie:
fonti rinnovabili: sole, vento, energia idraulica, risorse geotermiche, maree, moto
ondoso, trasformazione dei rifiuti organici inorganici e dei prodotti vegetali;
fonti assimilate: energia prodotta in cogenerazione, calore di risulta, fumi di scarico ed
altre forme di energia recuperabile in processi ed impianti, scarti di lavorazione e/o
processi, fonti fossili prodotte esclusivamente da giacimenti minori isolati;
fonti convenzionali: combustibili fossili commerciali utilizzati in impianti di sola
produzione elettrica, altre fonti non incluse tra le rinnovabili o le assimilate.
A causa della necessità di ridurre i costi e le emissioni di inquinanti dell’aria, come i
gas serra, gli addetti del settore energetico stanno cercando soluzioni energetiche più
efficienti. Tra queste un’opzione è rappresentata dalla cogenerazione, nota anche come
CHP (Combined Heat and Power). Essa ha usufruito negli ultimi anni del notevole
miglioramento tecnologico ottenuto, che le ha consentito di incrementare la propria
efficienza: infatti le nuove generazioni di turbine, di fuel-cells e di motori sono il
risultato di una fattiva collaborazione sul piano della ricerca e dello sviluppo tra
governi e industrie; inoltre i materiali di ultima generazione e le tecniche di
progettazione al computer, hanno consentito di accrescere l’efficienza degli impianti e
di ridurre i costi e le emissioni degli agenti inquinanti.
Il CHP è una generazione sequenziale o simultanea di due diverse forme di energie
(meccanica e termica), partendo da una singola fonte energetica, attuata in un unico
sistema integrato. Di solito i sistemi CHP sono formati da un motore primario, un
generatore, un sistema di recupero termico e interconnessioni elettriche configurati in
un unico sistema integrato.
Il motore primario è un qualunque motore usato per convertire il combustibile in
energia meccanica, il generatore la converte in energia elettrica, mentre il sistema di
recupero termico raccoglie e converte l’energia contenuta negli scarichi del motore
primario, in energia termica utilizzabile. L’energia meccanica prodotta dal motore
primario è spesso utilizzata da un generatore di energia elettrica, ma potrebbe in
alternativa alimentare compressori, pompe e ventilatori. L’energia termica ottenuta dal
sistema di recupero termico può essere usata o direttamente in alcuni processi, o
indirettamente per produrre vapore, acqua calda, aria calda per l’essiccamento o acqua
fredda per processi di raffreddamento.
La figura 1 mostra il vantaggio dal punto di vista dell’efficienza di un impianto CHP
confrontato con un impianto tradizionale di energia elettrica e termica. Combinando la
generazione elettrica e termica in un unico processo, i sistemi CHP possono
raggiungere un’efficienza di produzione di energia elettrica che varia dal 50% al 70%,
a fronte di un’efficienza media del 33%, per il singolo impianto di energia elettrica.
Un sistema CHP con processi di produzione termici ed elettrici richiede il 35% in
meno di carburante rispetto alla configurazione separata di produzione di energia
elettrica e termica. Questa riduzione nel consumo di combustibile è la chiave dei
benefici ambientali legati agli impianti CHP, in quanto bruciando lo stesso tipo di
combustibile in modo più efficiente, si riducono le emissioni a parità di potenza in
output. Inoltre le attuali misure per il controllo dell’inquinamento non si basano, come
fa la cogenerazione, sulla prevenzione degli agenti inquinanti, ma si preoccupano
soprattutto di abbatterli con trattamenti sugli effluenti gassosi degli impianti, peraltro
molto costosi.
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Nella figura 2 vengono riportate le emissioni totali di carbonio negli USA, dovute alle
perdite irreversibili di energia, alla produzione di energia e alle altre attività industriali.
Si può notare che l’aliquota dovuta alle perdite di energia è molto consistente.

Fig. 1 Confronto tra un impianto CHP e due impianti che producono separatamente
energia elettrica e termica.

Fig. 2 Emissioni di carbonio negli USA

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DEFINIZIONE DI EFFICIENZA[1, 6]
L’efficienza rappresenta il principale beneficio dei sistemi CHP rispetto agli altri
sistemi. Tuttavia l’efficienza può essere misurata ed espressa in svariati modi. Ciò
potrebbe essere causa di confronti errati e poco attendibili con gli altri impianti. Le
seguenti definizioni sono adottate dall’EPA e dai suoi membri.
L’efficienza di una generazione elettrica attuata in un singolo impianto è data dal
rapporto tra l’output elettrico netto e la quantità di combustibile consumato (efficienza
semplice). La quantità di calore è un altro parametro spesso usato per misurare
l’efficienza semplice degli impianti ed è definita come il rapporto tra i Btu di
combustibile consumati e i KWh prodotti. Tuttavia i sistemi CHP producono sia calore
che energia elettrica. Pertanto l’efficienza totale di un impianto di cogenerazione è
data dalla somma dell’output elettrico netto e termico diviso il combustibile
consumato dall’impianto CHP. Sia l’efficienza totale che quella semplice vengono
solitamente espresse in termini percentuali. Spesso l’efficienza totale viene usata nella
stima dell’efficienza degli impianti di cogenerazione, ma essa non riflette la qualità
dell’output elettrico vs output termico, vale a dire la possibilità di essere trasmessa per
lunghe distanze, di compiere diversi tipi di lavoro o di convertirsi in lavoro o in altre
forme di energia. L’EPA usa un’altra importante definizione di efficienza nota come
“efficacia nell’utilizzazione del combustibile”. Essa esprime l’efficienza di un
impianto di cogenerazione come il rapporto tra l’output elettrico netto e il consumo
netto di combustibile, il quale non tiene conto dell’aliquota di combustibile usata per
produrre energia termica utilizzabile. Il combustibile utilizzato per produrre energia
termica utilizzabile è calcolato assumendo un’efficienza specifica della caldaia
dell’80%. L’efficienza elettrica effettiva è riportata in forma decimale o percentuale e
il reciproco di questo rapporto, noto come quantità netta di calore, ha le dimensioni di
Btu/KWh. L’EPA ha scelto l’efficienza elettrica effettiva come misura dell’efficienza
degli impianti CHP, perché è in grado di valutare sia l’output elettrico, che quello
termico e inoltre rappresenta una misura specifica dell’efficienza nella generazione di
potenza attraverso il consumo incrementale di combustibile di un qualunque sistema
CHP.
STORIA[3]
Il concetto di cogenerazione ha una lunga storia. Gli ingegneri sono sempre stati
affascinati dalla notevole opportunità di aumentare l’efficienza combinando la
generazione dell’energia elettrica con i carichi termici degli stabilimenti e delle
abitazioni. L’interesse nei riguardi della cogenerazione è stato sempre fluttuante, a
causa delle mutevoli condizioni del mercato e delle politiche dei governi e il futuro è
tuttora nebuloso se non verranno cambiate le attuali scelte politiche in materia di
energia. La cogenerazione si è evoluta in modo diverso negli USA e in Europa.
All’inizio del secolo negli USA gli impianti CHP erano i più diffusi generatori di
energia elettrica. Non appena il costo e l’affidabilità dell’industria separata per la sola
produzione di energia elettrica raggiunsero un buon livello negli USA, furono
abbandonati i generatori in situ di energia elettrica a favore del più conveniente
acquisto dell’energia.
Nel 1978 la quota elettrica della cogenerazione era solo del 4%. Alla fine degli anni
settanta, con l’aumento vertiginoso dei prezzi dovuta alla crisi energetica (1973-1979),
ci fu un rinnovato interesse nei riguardi della cogenerazione: le industrie capirono di
poter diminuire il proprio fabbisogno energetico costruendo impianti CHP più grandi e
più ottimizzati negli outputs elettrico e termico. Tuttavia il mercato elettrico era
oramai così consolidato che molte industrie si rifiutarono di acquistare l’eccesso di
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fabbisogno energetico dagli impianti CHP, limitando il loro contributo alla sola
generazione di elettricità utilizzabile nello stesso sito in cui veniva prodotta.
Questa difficile situazione motivò la promulgazione nel 1978 del Public Utilities
Regulatory Policy Act (PURPA). Questo atto giocò un ruolo fondamentale
nell’espansione della cogenerazione nel mercato abbattendo molte barriere presenti
agli inizi degli anni ottanta. Dal momento che il PURPA dava ai produttori non
utilizzatori di vendere elettricità, molti produttori indipendenti trovarono il modo di
utilizzare parte della loro energia termica di scarto e di qualificarsi, in virtù del
PURPA, come “cogeneratori”. Questi sistemi CHP ottimizzati nell’ambito elettrico
sono denominati “cogeneratori non tradizionali”. Nel 1980 si registrò una rapida
crescita della capacità cogenerativa statunitense. La capacità installata aumentò da
meno di 10 Gwe nel 1980 a quasi 44 Gwe entro il 1993. Nella figura 3 è possibile
apprezzare tale incremento. La maggior parte di questa capacità fu installata nei grandi
stabilimenti industriali, come le industrie della pasta di cellulosa, della carta,
petrolifere e petrolchimiche, le quali fornire un notevole quantitativo di energia
termica da sfruttare nella produzione di elettricità.

Fig. 3 Incremento degli impianti di cogenerazione negli USA


Nonostante i paesi dell’Unione Europea generino circa la stessa quantità di energia
elettrica degli USA da impianti di cogenerazione (9%), il mercato della cogenerazione
si è rafforzato in molti paesi europei.
Il Regno Unito ha visto raddoppiare l’aliquota di energia elettrica prodotta da impianti
CHP nell’ultima decade e la potenza installata è salita a 3,7 GWe nel 1997 con
proiezioni di aumentare a 5 GWe entro il 2000. Analogamente la Danimarca e
l’Olanda hanno registrato un sensibile aumento dal 1980 producendo attualmente più
del 30% del loro fabbisogno elettrico da impianti di cogenerazione. La figura 4 mostra
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la percentuale di produzione nazionale con impianti CHP nel 1997 in molti paesi
europei e negli USA.

Fig. 4 Produzione di energia elettrica in Europa e negli USA (1997)

MERCATO E OSTACOLI[3]
Il mercato della cogenerazione è stato diviso per comodità in 3 categorie: impianti
industriali, sistemi del settore energetico, sistemi commerciali in piccola scala e
residenziali. Il settore industriale rappresenta la fetta più ampia dell’attuale potenza
installata negli USA ed è il segmento con il più ampio potenziale di crescita nel breve
periodo.
Sistemi di cogenerazione sono tipicamente presenti nell’industria della raffinazione
del petrolio, nell’industria petrolchimica ed in quella della carta. Questi impianti
hanno una potenza elettrica installata di oltre 50 MWe (spesso centinaia di MWe) e
una produzione di vapore stimata in centinaia di migliaia di pounds di vapore all’ora.
Alcuni impianti usano configurazioni di ciclo combinato che consentono loro la
vendita di energia: essi infatti appartengono a qualche produttore indipendente, che
cerca qualche cliente industriale per il vapore, e vende energia elettrica sul mercato su
vasta scala. Talvolta i clienti che comprano l’energia termica acquistano quote
dell’energia elettrica.
Gli impianti del settore energetico (DES) rappresentano un mercato in espansione per
la cogenerazione. Essi distribuiscono vapore, acqua calda o di raffreddamento da un
impianto centrale fino alle singole abitazioni attraverso un network di tubi. Inoltre
offrono servizi di condizionamento dell’aria, di riscaldamento domestico, di acqua
calda e di energia per processi industriali. I DES sono da considerare un importante
fetta di mercato perché aumentano in modo significativo la quantità di carichi termici
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potenzialmente generabili con la cogenerazione. Abitazioni, ospedali, università, uffici
pubblici, ristoranti e centri commerciali possono usufruire dei servizi offerti dai DES.
Esistono tuttavia una serie di ostacoli, che impediscono la completa diffusione della
cogenerazione. Essi sono:
Un sistema di permessi ambientali “site-by-site” complesso, costoso, incerto e che
prevede tempi lunghi;
L’attuale normativa non riconosce i giusti meriti all’efficienza e alle emissioni
inquinanti evitate legate all’uso della cogenerazione;
I programmi di ammortamento per gli investimenti della cogenerazione variano
facendo affidamento sulla proprietà dell’impianto e possono non riflettere l’effettiva
vita economica delle apparecchiature;
Il mercato non ha piena coscienza degli sviluppi tecnologici che hanno aumentato il
potenziale della cogenerazione.

TECNOLOGIE[1, 2, 4, 6]
Ci sono una varietà di tecnologie che possono essere applicate nella cogenerazione. In
molti casi la generazione di piccola potenza consiste di una macchina termica o un
motore primario che crea energia meccanica che a sua volta è sfruttata da un
generatore elettrico. Il calore di scarto del motore primario è recuperato per produrre
vapore o acqua calda con lo scopo di soddisfare le necessità on-site. I motori primari
includono motori alternativi, turbine a gas o a combustione, turbine a vapore,
microturbine e fuel cells. Questi motori primari usano come combustibili gas naturale,
carbone e olio combustibile, ma anche combustibili alternativi come legno, biomassa,
black liquor e gas di processo. Molti di questi motori alternativi sono comunemente in
uso oggi, alcuni stanno entrando nel mercato e altri saranno presto disponibili.
Esistono due principali tipi di concetti di cogenerazione: impianti "Topping Cycle" e
"Bottoming Cycle". Un impianto “Topping Cycle” genera elettricità o energia
meccanica. Gli impianti che generano elettricità possono anche utilizzarla per proprie
necessità e vendere la quantità in eccesso. Ci sono quattro tipi di sistemi di
cogenerazione “Topping Cycle”:
1. il primo brucia combustibile in una turbina a gas o in un motore Diesel per
produrre energia elettrica o meccanica. Gli scarti forniscono il calore del processo
o passano in una caldaia a recupero per creare il vapore necessario ad alimentare
una turbina a vapore secondaria. Questo viene denominato “combined-cycle
topping system”;
2. il secondo tipo brucia un qualunque tipo di combustibile per produrre vapore ad
alta pressione che successivamente passa attraverso una turbina a vapore che
produce energia. I gas di scarico servono a generare vapori di processo a bassa
pressione. Questo è un “steam-turbine topping system”.
3. il terzo tipo brucia combustibile come gas naturale, diesel, legno, carbone
gassificato o biogas. L’acqua calda proveniente dal circuito di raffreddamento del
motore fluisce in una caldaia a recupero, dove è convertita in vapore di processo o
acqua calda per riscaldare gli ambienti.
4. il quarto tipo è un “gas-turbine topping system”. Una turbina a gas naturale è
collegata ad un alternatore. Il gas di scarico fluisce in una caldaia a recupero che
produce vapore e calore per il processo.
Un impianto di cogenerazione “Topping Cycle” utilizza combustibile addizionale oltre
a quello necessario per la produzione manufatturiera, cosicchè vi è un costo associato
alla produzione di energia.

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Gli impianti “Bottoming Cycle” sono meno comuni dei “Topping Cycle”. Questi
impianti esistono nell’industria pesante come quella del vetro o dei metalli, dove
vengono impiegati forni ad alta temperatura. Una caldaia recupera il calore di scarto
dal processo manufatturiero e serve a produrre vapore che alimenta una turbina a
vapore, che a sua volta genera elettricità. Poichè il combustibile è bruciato nel
processo di produzione, non è richiesto altro combustibile per produrre elettricità.
Una tecnologia emergente che utilizza la cogenerazione è la fuel cell. Essa è
un’apparecchiatura che converte l’idrogeno in energia senza combustione, con un
processo esotermico di idrolisi inversa dell’acqua. Molte fuel cells usano gas naturale,
composto principalmente da metano, come fonte di idrogeno. La prima disponibilità
commerciale di fuel cells fu quella all’acido fosforico, che è stato sul mercato per
pochi anni. Altre fuel cells (carbonato fuso e ossido solido) sono agli ultimi stadi di
sviluppo. In particolare le fuel cells all’ossido solido potrebbero essere una potenziale
fonte di cogenerazione, a causa del calore ad alta temperatura sprigionato nelle loro
operazioni.
La cogenerazione ha oggi raggiunto ragguardevoli livelli di sofisticazione tecnologica:
è il caso dell’impianto situato nel campus di Busch della Rutgers University nel New
Brunswick N.J., costruito nel dicembre 1995, per affiancare un preesistente impianto
termico. L’impianto di cogenerazione produce oltre 13 milioni di watts di elettricità e
utilizza per produrla un carico termico pari a 150 milioni di Btu/h proveniente da tre
treni di turbine, che consente di mantenere 250.000 galloni di acqua ad una
temperatura di 370°F.
Uno dei sistemi più avanzati dal punto di vista tecnologico presente nell’impianto è
quello di deionizzazione dell’acqua. Infatti, al fine di limitare le emissioni di NOx
viene iniettata dell’acqua nella camera di combustione delle turbine ad una
temperatura inferiore a quella di combustione, provocando la sua immediata
evaporazione. Se l’acqua contiene impurezze, queste si depositeranno sulla superficie
interna della camera di combustione.
L’acqua erogata nelle nostre case contiene molti ioni soprattutto calcio, magnesio e
silicio i cui depositi provocano danni alle turbine. I sali di calcio e di magnesio
determinano la durezza delle acque, le quali per essere usate in specifici processi,
come quello in questione, devono essere addolcite. Pertanto l’acqua da inviare nella
camera di combustione viene preventivamente deionizzata.
Le fasi salienti della deionizzazione sono le seguenti: l’acqua viene filtrata in un letto
misto di sabbia e ghiaia seguito da un letto di carbonella. Questa filtrazione rimuove
dall’acqua la maggior parte delle particelle in sospensione e il cloro. Successivamente
l’acqua viene addolcita in serbatoi contenenti le zeoliti, le quali sono molto diffuse
nello scambio ionico.
Le zeoliti sono silicati alluminiferi idrati microporosi con una struttura tridimensionale
a tetraedro del tipo TO4 dove T è l’atomo centrale e generalmente è un atomo di silicio
o di alluminio. Ogni atomo di ossigeno costituisce l’apice di due tetraedri adiacenti in
modo che il rapporto O/T sia sempre uguale a 2.
L’unità isolata SiO4 ha carica complessiva (-4), dato che la valenza del silicio è (+4) e
quella dell’ossigeno è (-2), mentre è elettricamente neutra se consideriamo la struttura
delle zeoliti, poiché ogni atomo di ossigeno è condiviso da due tetraedri adiacenti. Se
invece l’atomo di ossigeno è legato all’alluminio, si genera una carica negativa, dato
che l’alluminio ha valenza (+3). Tale carica negativa deve essere bilanciata da
controcationi che garantiscono l’elettroneutralità complessiva.
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Dunque la presenza dell’alluminio nella zeolite, le conferisce la proprietà di scambio
ionico, in quanto i controcationi della zeolite sono debolmente legati alla struttura
cristallina e possono essere scambiati con facilità con i cationi di calcio e magnesio
presenti nell’acqua. Lo scambio avviene a temperature moderate (tra 20 e 80°C) e in
tempi abbastanza rapidi (tra 5 e 30 minuti). Ovviamente le zeoliti dopo un certo
periodo di tempo devono essere rigenerate. Dopo l’addolcimento l’acqua entra in
un’unità di osmosi inversa.
L’osmosi è il passaggio di un liquido meno concentrato attraverso una membrana
semipermeabile verso un liquido più concentrato. La nostra pelle funge da membrana
semipermeabile e questo ruolo è evidente nei bagnanti che rimangono a lungo immersi
nell’acqua: infatti la nostra pelle cede fluidi all’acqua circostante, provocando
l’imprunimento della pelle.
L’osmosi inversa, attuata con una pompa centrifuga a dodici stadi, costringe l’acqua a
passare attraverso una membrana molto piccola purificandola anche delle sostanze
alcaline. Ciò determina un abbassamento del pH fino a valori acidi, provocando
potenzialmente problemi di corrosione dei metalli.
Per evitare questo rischio viene aggiunta della soda nell’acqua prima che attraversi la
membrana, mantenendo così il pH a livelli di sicurezza.
Infine l’acqua attraversa il letto di un demineralizzatore a scambio ionico simile a
quello zeolitico visto in precedenza per rimuovere gli eventuali cationi sfuggiti alla
membrana.
All’uscita del demineralizzatore viene effettuato un test di controllo finale sul sodio e
il silicio: infatti nel caso di inefficiente funzionamento del sistema di deionizzazione,
questi sarebbero i primi due cationi presenti nell’acqua (il silicio, tra l’altro, è molto
dannoso per gli iniettori di combustibile delle turbine). L’acqua a questo punto è
estremamente pura e raggiunge una resistività di 18 Mohm (basti pensare che l’acqua
pura ha una resistività di 20 Mohm, che è un livello irraggiungibile in termini pratici).
L’acqua può essere immagazzinata in un serbatoio e inviata nelle turbine a gas per
mezzo di pompe centrifughe con una prevalenza di 32 psig.

COMBUSTIBILI UTILIZZATI NEGLI IMPIANTI CHP [6,9]


Prima di passare all’analisi dettagliata dell’argomento, è importante premettere che
teoricamente qualunque tipo di combustibile è utilizzabile negli impianti di
cogenerazione.
Nella pratica comune, i combustibili fossili, e in particolare il gas naturale per ragioni
economiche ed ambientali, rappresentano la classe dominante; tuttavia di recente
stanno trovando maggiore applicazione le biomasse, i RSU ed alcuni gas industriali.
Al momento, per esempio, in Turchia il GPL o la nafta sono utilizzati come
combustibili di riserva, nel caso in cui, per qualsiasi ragione, venga sospesa
l’erogazione del gas naturale.
Alcuni impianti sono progettati in modo tale da poter marciare con una doppia
alimentazione di combustibile. Ad esempio nel Regno Unito una pratica molto diffusa
consiste nel dotare l’impianto di combustori dual-fuels (bivalenti), vale a dire possono
utilizzare gas naturale oppure olio combustibile in modo indifferenziato ed
indipendente: in particolare il gas naturale è acquistato a prezzi vantaggiosi nei
momenti di bassa domanda ed è sostituito dall’olio combustibile nei momenti di picco
della domanda, nei quali l’erogazione viene temporaneamente sospesa.
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In alcuni casi gli addetti degli impianti CHP hanno la possibilità di operare su impianti
trivalenti o tetravalenti, scegliendo di alimentare le apparecchiature con il
combustibile più economico nelle varie fasi della giornata.
I fattori discriminanti nei riguardi della scelta dei combustibili sono:
n i potenziali incentivi statali legati al loro utilizzo
n la qualità.
Alcune nazioni offrono incentivi per l’utilizzo di combustibili di alta qualità, quali gas
naturale, biomassa o biogas. I combustibili di bassa qualità sono talvolta più
economici, ma prevedono costi aggiuntivi legati al ricevimento ed allo stoccaggio,
oltre ad essere spesso soggetti a limiti normativi più stringenti. Al contrario, i
combustibili di alta qualità sono più costosi, ma non prevedono costi aggiuntivi.
I combustibili possono essere classificati:
n in base allo stato fisico in solidi, liquidi e gassosi
n in base alle caratteristiche di provenienza in “commerciali” e “residui”.
Mentre la prima classificazione non necessita di particolari spiegazioni, la seconda
merita un approfondimento. Si definiscono combustibili “commerciali” i combustibili
fossili che sono soggetti ad estrazione, trattamento, raffinazione e commercializzazione
nei vari mercati mondiali. I “residui” sono i sottoprodotti, prodotti secondari o gli scarti
in uscita dai processi produttivi.
I combustibili da fonti rinnovabili non sono di norma commercializzati, ma sono
disponibili per l’acquisto solo in alcune specifiche località.
Tra i combustibili “commerciali” si annoverano:
1. carbone
2. oli combustibili pesanti ed extra pesanti
3. gasolio
4. GPL
5. nafta
6. gas naturale.
Tra i “residui” si annoverano:
1. combustibili solidi, come scarti provenienti dall’industria del legno, biomassa
da residui colturali e forestali, i pneumatici e i rifiuti domestici
2. combustibili liquidi come il “black liquor” estratto dalla polpa legnosa
3. combustibili gassosi come il biogas estratto dai digestori anaerobici di
materiale organico e i gas a valle dei processi produttivi (industria del ferro e
dell’acciaio, impianti chimici, raffinerie).

VANTAGGI E SVANTAGGI DELLA COGENERAZIONE [2, 5, 7, 8]


Un impianto convenzionale di produzione di energia elettrica ha una efficienza di circa
il 35%, mentre il restante 65% viene disperso sotto forma di calore, con un impianto di
cogenerazione, invece, il calore prodotto dalla combustione non viene disperso, ma
recuperato per altri usi; l'efficienza media di una macchina di cogenerazione di piccola
potenza supera il 90%.
Gli aspetti più interessanti che rendono la cogenerazione una soluzione attraente sono:
1. la possibilità di ridurre i costi energetici ed in particolare quelli dell'energia
elettrica;
2. la possibilità di attuare un sostanziale risparmio energetico attraverso un uso
razionale della fonte primaria quando il calore recuperato è utilizzato in condizioni
prossime alle nominali; infatti, in una centrale di cogenerazione il calore di scarico
della macchina per la produzione di energia elettrica ha livelli termici elevati e di
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conseguenza può essere riutilizzato per la produzione di acqua calda, vapore
(teleriscaldamento, utilizzi in processi industriali, ecc.), direttamente (fumi
utilizzati per l'essiccamento), oppure per produrre una ulteriore quota di energia
elettrica (ciclo combinato). A parità di energia utile fornita all'utenza, in rapporto
ai sistemi tradizionali, si ha un risparmio di energia primaria nell'ordine del 40%;
3. la riduzione dell'impatto ambientale rispetto ai sistemi tradizionali; l'ambiente
viene beneficiato per una riduzione del 43% delle emissioni di CO2 in atmosfera
(mediamente un impianto di cogenerazione alimentato a metano permette per ogni
KWh prodotto un risparmio di CO2 pari a 450 g se confrontato con la produzione
separata di energia elettrica con una centrale termoelettrica ed energia termica con
caldaia convenzionale) e una riduzione dell'inquinamento termico (meno del 50%).
Bisogna però notare che nonostante il beneficio ambientale dovuto all’uso di
prodotti e calore di scarto, esiste un problema di inquinamento atmosferico ogni
qualvolta vengono usati negli impianti di CHP combustibili fossili o biomassa. Gli
inquinanti soggetti a maggiore restrizione sono i particolati, il diossido di zolfo
(SO2) e gli ossidi di azoto (NOX). La qualità dell’acqua, sebbene di minore
pertinenza può anch’ esso rappresentare un problema. I nuovi impianti di
cogenerazione sono soggetti alle restrizioni dell’EPA (Environmental Protection
Agency) per soddisfare i requisiti dei National Ambient Air Quality Standards
(NAAQS). Molti Stati hanno parametri più restrittivi dell’EPA. Ciò può
aumentare in modo significativo i costi degli impianti di cogenerazione ubicati in
aree urbane. Alcuni impianti di CHP, come quelli che usano motori Diesel, non
riescono a recuperare molto calore di scarto come invece accade per altri sistemi;
altri ancora non riescono ad utilizzare tutta l’energia termica prodotta a causa della
loro ubicazione: ciò li rende meno efficienti e i relativi benefici ambientali
vengono ridotti. Gli impatti ambientali dell’acqua e dell’aria sono problematiche
legate alla specificità del sito e dunque, apparecchiature speciali per il trattamento
dell’aria e dell’acqua aggiungono dei costi al progetto dell’impianto di CHP, a
meno che essi non siano previsti anche per l’impianto separato;
4. l'opportunità di realizzare una strategica copertura dei fabbisogni elettrici (e non
essere quindi soggetti agli eventuali black-out della rete);
5. l'opportunità di realizzare un impianto con interessanti tempi di rientro del
capitale investito, anche grazie alla normativa che consente una defiscalizzazione
del gas usato come input.
I vantaggi propriamente tecnici ed immediatamente conseguibili con l'installazione di
moduli di cogenerazione in ambito cittadino sono:
1. migliorare la distribuzione elettrica, in primo luogo per effetto di una più diffusa
ripartizione dei carichi;
2. migliorare le caratteristiche elettriche di alcune linee se i generatori elettrici
utilizzati sono di elevata qualità;
3. evitare un certo numero di cabine di trasformazione elettrica, riducendo le fonti di
inquinamento elettromagnetico in zone densamente abitate;
4. aumentare il grado di autonomia energetica in alcune tipologie di utenza che
necessitano di continuità energetica.
Non ci sono dubbi sui vantaggi, in termini di rendimento energetico, che la
cogenerazione ha rispetto alla produzione separata di energia elettrica e termica, ma a
fronte di tale vantaggio la cogenerazione presenta alcune limitazioni ed alcune
controindicazioni al suo impiego.
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Limitazioni: innanzitutto, il vantaggio della cogenerazione si presenta quando la
domanda di calore è a bassa temperatura, il connesso vantaggio energetico, infatti, è
tanto più grande quanto più bassa è tale temperatura, e praticamente svanisce a
temperature elevate. Dato che elettricità e calore sono praticamente non accumulabili,
la cogenerazione è proponibile quando le due domande sono temporanee.
Siccome le macchine con le quali si effettua la cogenerazione danno (ciascuna
secondo le sue caratteristiche) calore ed elettricità in dati rapporti, il vantaggio della
cogenerazione viene conseguito nella misura in cui la suddetta domanda di elettricità e
calore si manifesta in rapporti uguali ai predetti.
Dato che i vantaggi della cogenerazione sono originati da una produzione combinata, è
necessario che l'energia termica disponibile possa essere utilizzata nel ciclo produttivo
dello stabilimento in cui essa si colloca. Ciò comporta la localizzazione degli impianti
di cogenerazione in prossimità delle aree produttive senza la penalizzazione delle
perdite di trasporto dell'energia elettrica in rete, ponendo però dei limiti alle
dimensioni delle macchine utilizzate in quanto l'energia termica non può essere
trasportata a grandi distanze in modo economico.
Controindicazioni: la cogenerazione comporta un investimento supplementare non
indifferente, in molti casi anche un ulteriore supplemento per personale di
sorveglianza e per manutenzione. Questi oneri (che sono oneri fissi) devono essere
compensati dai vantaggi energetici (che sono vantaggi proporzionali alla produzione)
per cui è necessario, per la convenienza dell'operazione, che le domande energetiche si
presentino per un elevato numero di ore all'anno.
In pratica è impossibile, per lo meno in tutti i periodi di esercizio, che il rapporto fra
elettricità e calore richiesti coincida con il rapporto fra elettricità - calore erogati. È
inevitabile prevedere l'intervento di una fonte energetica convenzionale di integrazione
(prelievo di energia dalla rete e/o da una caldaia). Per le stesse ragioni in alcune
circostanze bisognerà rassegnarsi alla parziale utilizzazione della macchina di
cogenerazione, od al parziale recupero del calore disponibile.

CONFRONTO CON LE EROGAZIONI TRADIZIONALI [7]


Nella progettazione di una centrale di cogenerazione occorre verificare la
competitività economica nei confronti delle erogazioni tradizionali.
Per quanto riguarda la produzione separata di energia, sappiamo che l'energia primaria
contenuta nelle fonti può solo parzialmente trasformarsi in energia elettrica; quindi
orientativamente poco più di un terzo del contenuto energetico del combustibile
bruciato viene trasformato in energia elettrica e poco meno di due terzi di tale
contenuto energetico viene smaltito come calore a basso contenuto entalpico.
Il parametro caratterizzante dell'impianto qui considerato è il rendimento elettrico, re
= energia elettrica prodotta / energia primaria introdotta.
Per quanto riguarda invece la produzione di energia termica, le necessità sono
soddisfatte riscaldando il fluido termovettore direttamente per mezzo di generatori di
calore alimentati a combustibile di vario tipo.
Questi generatori di calore hanno un rendimento (rth = energia termica utile/ energia
del combustibile) variabile a seconda del tipo, della taglia dell'esercizio, dello stato di
manutenzione ecc. Per avere un ordine di grandezza, diremo che dei generatori per la
produzione di acqua calda possono avere rendimenti tipici tra l'80% ed il 90% riferiti
al p.c.i. (potere calorifero inferiore).
Per un cogeneratore che produce sia l'energia elettrica che l'energia termica ad alto
contenuto entalpico, i parametri considerati sono i seguenti: l'efficienza elettrica (eff =
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energia elettrica resa / energia primaria introdotta ) e rapporto caratteristico Rc =
energia elettrica resa/energia termica resa.
Inoltre l'utenza termica e l'utenza elettrica hanno un rapporto caratteristico Rd definito
come il rapporto tra la domanda di energia elettrica e quella termica.
Definiti i parametri e gli indici energetici dei vari componenti possiamo procedere ad
un bilancio energetico.
Per il cogeneratore si possono seguire due approcci diversi: uno per soddisfare
l'esigenza di energia termica e l'altro per rispondere alla domanda di energia elettrica.
Tralasciando i passaggi matematici i risultati sono riportati nella tabella 2.

variabili
Utenza energia elettrica e energia termica
Qe = Domanda di energia elettrica
Qt = Domanda di energia termica
Rd = Rapporto caratteristico = Qe/Qt
Impianto di produzione energia elettrica convenzionale
Qe = Energia elettrica prodotta
Qfe = Energia primaria introdotta
re = Rendimento elettrico = Qe/Qf
Generatore potenza termica convenzionale
Qt = Energia termica utile
Qft = Energia del combustibile
rt = Rendimento del generatore calore
Impianto di cogenerazione
Qec = Energia elettrica resa
Qtc = Energia termica resa
Qfc = Energia primaria introdotta
eff = L'efficienza elettrica = Qec/Qfc
Rc = Rapporto caratteristico = Qec/Qtc

Risultati del bilancio energetico per erogazioni convenzionali e quello di


cogenerazione
Le conclusioni deducibili dalla tabella sono utili sia per un confronto (in termini di
efficienza totale) tra due tecnologie, sia per una analisi preliminare(in termini di
risparmio di combustibile) della convenienza di cogenerazione.
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Come abbiamo detto più sopra, il vantaggio della cogenerazione viene conseguito
nella misura in cui il rapporto Rd risulta uguale ad Rc. In termini di efficienza totale,

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ipotizzando Rd = Rc = R si può scrivere:

ovviamente all'aumentare di R, l'efficienza totale si avvicina all'efficienza di un


processo convenzionale.
La progettazione di un sistema di cogenerazione richiede la conoscenza del
comportamento dell'impianto nel suo ciclo termodinamico, in particolare il
comportamento di generatori di potenza in funzione delle variabili del sistema. Le
caratteristiche tipiche di un generatore di potenza possono essere elencate come segue:
Il rapporto caratteristico R = QE/QH
Efficienza *tot = (QE+QH)/QF
Gamma di potenza
La variabilità di R
Efficienza con carichi parziali
Flessibilità con tipi di alimentazione
Può essere opportuno dimostrare in linea teorica come i parametri suddetti
intervengano nella scelta di un generatore di potenza.
Consideriamo l'equazione con indici che si riferiscono al cogeneratore.

L'efficienza totale del generatore Efftot , è riportata nella figura in funzione di R a vari
valori di Effe

Per valori decrescenti di R, Efftot aumenta fino al valore unitario in corrispondenza di


un Rmin

questa equazione è applicabile a motori a combustione interna quali turbina a gas e


motori diesel o motori a combustione esterna, quando tutta l'energia termica, in
condizione ambiente, contenuta nei gas di scarico viene recuperata.
In molti casi, specialmente nel caso di combustione interna, non è possibile recuperare
la totalità di energia termica. Indicando con Efft l'efficienza di combustione e
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introducendola nella formula di cui sopra si ha: R'min = Effe./( Efft - Effe) dunque,
R'min è il valore minimo di R per un'assegnata Effe. Nella figura sono riportati linee
tratteggiate, per i valori di Effe =0.30 e Efft =0.85 (Rmin = 0.43 ,R'min = 0.545).

FONTI E RIFERIMENTI
[1]: http://www.epa.gov/chp/index.htm
[2]: http://www.eren.doe.gov/
[3]: http://www.aceee.org
[4]: http://www.rci.rutgers.edu/~jonflrty/cogeneration.htm
[5]: http://www.cogena.it
[6]: energialab (ingg. Doria, Forni, Andretta, Puglioli)
[7]: http://www.engineering-associates.it/energy
[8]: http://www.pcg.it/comune-ariccia/settembre99/cogenerazione.html

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