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Cogenerazione
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Fig. 1 Confronto tra un impianto CHP e due impianti che producono separatamente
energia elettrica e termica.
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DEFINIZIONE DI EFFICIENZA[1, 6]
L’efficienza rappresenta il principale beneficio dei sistemi CHP rispetto agli altri
sistemi. Tuttavia l’efficienza può essere misurata ed espressa in svariati modi. Ciò
potrebbe essere causa di confronti errati e poco attendibili con gli altri impianti. Le
seguenti definizioni sono adottate dall’EPA e dai suoi membri.
L’efficienza di una generazione elettrica attuata in un singolo impianto è data dal
rapporto tra l’output elettrico netto e la quantità di combustibile consumato (efficienza
semplice). La quantità di calore è un altro parametro spesso usato per misurare
l’efficienza semplice degli impianti ed è definita come il rapporto tra i Btu di
combustibile consumati e i KWh prodotti. Tuttavia i sistemi CHP producono sia calore
che energia elettrica. Pertanto l’efficienza totale di un impianto di cogenerazione è
data dalla somma dell’output elettrico netto e termico diviso il combustibile
consumato dall’impianto CHP. Sia l’efficienza totale che quella semplice vengono
solitamente espresse in termini percentuali. Spesso l’efficienza totale viene usata nella
stima dell’efficienza degli impianti di cogenerazione, ma essa non riflette la qualità
dell’output elettrico vs output termico, vale a dire la possibilità di essere trasmessa per
lunghe distanze, di compiere diversi tipi di lavoro o di convertirsi in lavoro o in altre
forme di energia. L’EPA usa un’altra importante definizione di efficienza nota come
“efficacia nell’utilizzazione del combustibile”. Essa esprime l’efficienza di un
impianto di cogenerazione come il rapporto tra l’output elettrico netto e il consumo
netto di combustibile, il quale non tiene conto dell’aliquota di combustibile usata per
produrre energia termica utilizzabile. Il combustibile utilizzato per produrre energia
termica utilizzabile è calcolato assumendo un’efficienza specifica della caldaia
dell’80%. L’efficienza elettrica effettiva è riportata in forma decimale o percentuale e
il reciproco di questo rapporto, noto come quantità netta di calore, ha le dimensioni di
Btu/KWh. L’EPA ha scelto l’efficienza elettrica effettiva come misura dell’efficienza
degli impianti CHP, perché è in grado di valutare sia l’output elettrico, che quello
termico e inoltre rappresenta una misura specifica dell’efficienza nella generazione di
potenza attraverso il consumo incrementale di combustibile di un qualunque sistema
CHP.
STORIA[3]
Il concetto di cogenerazione ha una lunga storia. Gli ingegneri sono sempre stati
affascinati dalla notevole opportunità di aumentare l’efficienza combinando la
generazione dell’energia elettrica con i carichi termici degli stabilimenti e delle
abitazioni. L’interesse nei riguardi della cogenerazione è stato sempre fluttuante, a
causa delle mutevoli condizioni del mercato e delle politiche dei governi e il futuro è
tuttora nebuloso se non verranno cambiate le attuali scelte politiche in materia di
energia. La cogenerazione si è evoluta in modo diverso negli USA e in Europa.
All’inizio del secolo negli USA gli impianti CHP erano i più diffusi generatori di
energia elettrica. Non appena il costo e l’affidabilità dell’industria separata per la sola
produzione di energia elettrica raggiunsero un buon livello negli USA, furono
abbandonati i generatori in situ di energia elettrica a favore del più conveniente
acquisto dell’energia.
Nel 1978 la quota elettrica della cogenerazione era solo del 4%. Alla fine degli anni
settanta, con l’aumento vertiginoso dei prezzi dovuta alla crisi energetica (1973-1979),
ci fu un rinnovato interesse nei riguardi della cogenerazione: le industrie capirono di
poter diminuire il proprio fabbisogno energetico costruendo impianti CHP più grandi e
più ottimizzati negli outputs elettrico e termico. Tuttavia il mercato elettrico era
oramai così consolidato che molte industrie si rifiutarono di acquistare l’eccesso di
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fabbisogno energetico dagli impianti CHP, limitando il loro contributo alla sola
generazione di elettricità utilizzabile nello stesso sito in cui veniva prodotta.
Questa difficile situazione motivò la promulgazione nel 1978 del Public Utilities
Regulatory Policy Act (PURPA). Questo atto giocò un ruolo fondamentale
nell’espansione della cogenerazione nel mercato abbattendo molte barriere presenti
agli inizi degli anni ottanta. Dal momento che il PURPA dava ai produttori non
utilizzatori di vendere elettricità, molti produttori indipendenti trovarono il modo di
utilizzare parte della loro energia termica di scarto e di qualificarsi, in virtù del
PURPA, come “cogeneratori”. Questi sistemi CHP ottimizzati nell’ambito elettrico
sono denominati “cogeneratori non tradizionali”. Nel 1980 si registrò una rapida
crescita della capacità cogenerativa statunitense. La capacità installata aumentò da
meno di 10 Gwe nel 1980 a quasi 44 Gwe entro il 1993. Nella figura 3 è possibile
apprezzare tale incremento. La maggior parte di questa capacità fu installata nei grandi
stabilimenti industriali, come le industrie della pasta di cellulosa, della carta,
petrolifere e petrolchimiche, le quali fornire un notevole quantitativo di energia
termica da sfruttare nella produzione di elettricità.
MERCATO E OSTACOLI[3]
Il mercato della cogenerazione è stato diviso per comodità in 3 categorie: impianti
industriali, sistemi del settore energetico, sistemi commerciali in piccola scala e
residenziali. Il settore industriale rappresenta la fetta più ampia dell’attuale potenza
installata negli USA ed è il segmento con il più ampio potenziale di crescita nel breve
periodo.
Sistemi di cogenerazione sono tipicamente presenti nell’industria della raffinazione
del petrolio, nell’industria petrolchimica ed in quella della carta. Questi impianti
hanno una potenza elettrica installata di oltre 50 MWe (spesso centinaia di MWe) e
una produzione di vapore stimata in centinaia di migliaia di pounds di vapore all’ora.
Alcuni impianti usano configurazioni di ciclo combinato che consentono loro la
vendita di energia: essi infatti appartengono a qualche produttore indipendente, che
cerca qualche cliente industriale per il vapore, e vende energia elettrica sul mercato su
vasta scala. Talvolta i clienti che comprano l’energia termica acquistano quote
dell’energia elettrica.
Gli impianti del settore energetico (DES) rappresentano un mercato in espansione per
la cogenerazione. Essi distribuiscono vapore, acqua calda o di raffreddamento da un
impianto centrale fino alle singole abitazioni attraverso un network di tubi. Inoltre
offrono servizi di condizionamento dell’aria, di riscaldamento domestico, di acqua
calda e di energia per processi industriali. I DES sono da considerare un importante
fetta di mercato perché aumentano in modo significativo la quantità di carichi termici
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potenzialmente generabili con la cogenerazione. Abitazioni, ospedali, università, uffici
pubblici, ristoranti e centri commerciali possono usufruire dei servizi offerti dai DES.
Esistono tuttavia una serie di ostacoli, che impediscono la completa diffusione della
cogenerazione. Essi sono:
Un sistema di permessi ambientali “site-by-site” complesso, costoso, incerto e che
prevede tempi lunghi;
L’attuale normativa non riconosce i giusti meriti all’efficienza e alle emissioni
inquinanti evitate legate all’uso della cogenerazione;
I programmi di ammortamento per gli investimenti della cogenerazione variano
facendo affidamento sulla proprietà dell’impianto e possono non riflettere l’effettiva
vita economica delle apparecchiature;
Il mercato non ha piena coscienza degli sviluppi tecnologici che hanno aumentato il
potenziale della cogenerazione.
TECNOLOGIE[1, 2, 4, 6]
Ci sono una varietà di tecnologie che possono essere applicate nella cogenerazione. In
molti casi la generazione di piccola potenza consiste di una macchina termica o un
motore primario che crea energia meccanica che a sua volta è sfruttata da un
generatore elettrico. Il calore di scarto del motore primario è recuperato per produrre
vapore o acqua calda con lo scopo di soddisfare le necessità on-site. I motori primari
includono motori alternativi, turbine a gas o a combustione, turbine a vapore,
microturbine e fuel cells. Questi motori primari usano come combustibili gas naturale,
carbone e olio combustibile, ma anche combustibili alternativi come legno, biomassa,
black liquor e gas di processo. Molti di questi motori alternativi sono comunemente in
uso oggi, alcuni stanno entrando nel mercato e altri saranno presto disponibili.
Esistono due principali tipi di concetti di cogenerazione: impianti "Topping Cycle" e
"Bottoming Cycle". Un impianto “Topping Cycle” genera elettricità o energia
meccanica. Gli impianti che generano elettricità possono anche utilizzarla per proprie
necessità e vendere la quantità in eccesso. Ci sono quattro tipi di sistemi di
cogenerazione “Topping Cycle”:
1. il primo brucia combustibile in una turbina a gas o in un motore Diesel per
produrre energia elettrica o meccanica. Gli scarti forniscono il calore del processo
o passano in una caldaia a recupero per creare il vapore necessario ad alimentare
una turbina a vapore secondaria. Questo viene denominato “combined-cycle
topping system”;
2. il secondo tipo brucia un qualunque tipo di combustibile per produrre vapore ad
alta pressione che successivamente passa attraverso una turbina a vapore che
produce energia. I gas di scarico servono a generare vapori di processo a bassa
pressione. Questo è un “steam-turbine topping system”.
3. il terzo tipo brucia combustibile come gas naturale, diesel, legno, carbone
gassificato o biogas. L’acqua calda proveniente dal circuito di raffreddamento del
motore fluisce in una caldaia a recupero, dove è convertita in vapore di processo o
acqua calda per riscaldare gli ambienti.
4. il quarto tipo è un “gas-turbine topping system”. Una turbina a gas naturale è
collegata ad un alternatore. Il gas di scarico fluisce in una caldaia a recupero che
produce vapore e calore per il processo.
Un impianto di cogenerazione “Topping Cycle” utilizza combustibile addizionale oltre
a quello necessario per la produzione manufatturiera, cosicchè vi è un costo associato
alla produzione di energia.
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Gli impianti “Bottoming Cycle” sono meno comuni dei “Topping Cycle”. Questi
impianti esistono nell’industria pesante come quella del vetro o dei metalli, dove
vengono impiegati forni ad alta temperatura. Una caldaia recupera il calore di scarto
dal processo manufatturiero e serve a produrre vapore che alimenta una turbina a
vapore, che a sua volta genera elettricità. Poichè il combustibile è bruciato nel
processo di produzione, non è richiesto altro combustibile per produrre elettricità.
Una tecnologia emergente che utilizza la cogenerazione è la fuel cell. Essa è
un’apparecchiatura che converte l’idrogeno in energia senza combustione, con un
processo esotermico di idrolisi inversa dell’acqua. Molte fuel cells usano gas naturale,
composto principalmente da metano, come fonte di idrogeno. La prima disponibilità
commerciale di fuel cells fu quella all’acido fosforico, che è stato sul mercato per
pochi anni. Altre fuel cells (carbonato fuso e ossido solido) sono agli ultimi stadi di
sviluppo. In particolare le fuel cells all’ossido solido potrebbero essere una potenziale
fonte di cogenerazione, a causa del calore ad alta temperatura sprigionato nelle loro
operazioni.
La cogenerazione ha oggi raggiunto ragguardevoli livelli di sofisticazione tecnologica:
è il caso dell’impianto situato nel campus di Busch della Rutgers University nel New
Brunswick N.J., costruito nel dicembre 1995, per affiancare un preesistente impianto
termico. L’impianto di cogenerazione produce oltre 13 milioni di watts di elettricità e
utilizza per produrla un carico termico pari a 150 milioni di Btu/h proveniente da tre
treni di turbine, che consente di mantenere 250.000 galloni di acqua ad una
temperatura di 370°F.
Uno dei sistemi più avanzati dal punto di vista tecnologico presente nell’impianto è
quello di deionizzazione dell’acqua. Infatti, al fine di limitare le emissioni di NOx
viene iniettata dell’acqua nella camera di combustione delle turbine ad una
temperatura inferiore a quella di combustione, provocando la sua immediata
evaporazione. Se l’acqua contiene impurezze, queste si depositeranno sulla superficie
interna della camera di combustione.
L’acqua erogata nelle nostre case contiene molti ioni soprattutto calcio, magnesio e
silicio i cui depositi provocano danni alle turbine. I sali di calcio e di magnesio
determinano la durezza delle acque, le quali per essere usate in specifici processi,
come quello in questione, devono essere addolcite. Pertanto l’acqua da inviare nella
camera di combustione viene preventivamente deionizzata.
Le fasi salienti della deionizzazione sono le seguenti: l’acqua viene filtrata in un letto
misto di sabbia e ghiaia seguito da un letto di carbonella. Questa filtrazione rimuove
dall’acqua la maggior parte delle particelle in sospensione e il cloro. Successivamente
l’acqua viene addolcita in serbatoi contenenti le zeoliti, le quali sono molto diffuse
nello scambio ionico.
Le zeoliti sono silicati alluminiferi idrati microporosi con una struttura tridimensionale
a tetraedro del tipo TO4 dove T è l’atomo centrale e generalmente è un atomo di silicio
o di alluminio. Ogni atomo di ossigeno costituisce l’apice di due tetraedri adiacenti in
modo che il rapporto O/T sia sempre uguale a 2.
L’unità isolata SiO4 ha carica complessiva (-4), dato che la valenza del silicio è (+4) e
quella dell’ossigeno è (-2), mentre è elettricamente neutra se consideriamo la struttura
delle zeoliti, poiché ogni atomo di ossigeno è condiviso da due tetraedri adiacenti. Se
invece l’atomo di ossigeno è legato all’alluminio, si genera una carica negativa, dato
che l’alluminio ha valenza (+3). Tale carica negativa deve essere bilanciata da
controcationi che garantiscono l’elettroneutralità complessiva.
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Dunque la presenza dell’alluminio nella zeolite, le conferisce la proprietà di scambio
ionico, in quanto i controcationi della zeolite sono debolmente legati alla struttura
cristallina e possono essere scambiati con facilità con i cationi di calcio e magnesio
presenti nell’acqua. Lo scambio avviene a temperature moderate (tra 20 e 80°C) e in
tempi abbastanza rapidi (tra 5 e 30 minuti). Ovviamente le zeoliti dopo un certo
periodo di tempo devono essere rigenerate. Dopo l’addolcimento l’acqua entra in
un’unità di osmosi inversa.
L’osmosi è il passaggio di un liquido meno concentrato attraverso una membrana
semipermeabile verso un liquido più concentrato. La nostra pelle funge da membrana
semipermeabile e questo ruolo è evidente nei bagnanti che rimangono a lungo immersi
nell’acqua: infatti la nostra pelle cede fluidi all’acqua circostante, provocando
l’imprunimento della pelle.
L’osmosi inversa, attuata con una pompa centrifuga a dodici stadi, costringe l’acqua a
passare attraverso una membrana molto piccola purificandola anche delle sostanze
alcaline. Ciò determina un abbassamento del pH fino a valori acidi, provocando
potenzialmente problemi di corrosione dei metalli.
Per evitare questo rischio viene aggiunta della soda nell’acqua prima che attraversi la
membrana, mantenendo così il pH a livelli di sicurezza.
Infine l’acqua attraversa il letto di un demineralizzatore a scambio ionico simile a
quello zeolitico visto in precedenza per rimuovere gli eventuali cationi sfuggiti alla
membrana.
All’uscita del demineralizzatore viene effettuato un test di controllo finale sul sodio e
il silicio: infatti nel caso di inefficiente funzionamento del sistema di deionizzazione,
questi sarebbero i primi due cationi presenti nell’acqua (il silicio, tra l’altro, è molto
dannoso per gli iniettori di combustibile delle turbine). L’acqua a questo punto è
estremamente pura e raggiunge una resistività di 18 Mohm (basti pensare che l’acqua
pura ha una resistività di 20 Mohm, che è un livello irraggiungibile in termini pratici).
L’acqua può essere immagazzinata in un serbatoio e inviata nelle turbine a gas per
mezzo di pompe centrifughe con una prevalenza di 32 psig.
variabili
Utenza energia elettrica e energia termica
Qe = Domanda di energia elettrica
Qt = Domanda di energia termica
Rd = Rapporto caratteristico = Qe/Qt
Impianto di produzione energia elettrica convenzionale
Qe = Energia elettrica prodotta
Qfe = Energia primaria introdotta
re = Rendimento elettrico = Qe/Qf
Generatore potenza termica convenzionale
Qt = Energia termica utile
Qft = Energia del combustibile
rt = Rendimento del generatore calore
Impianto di cogenerazione
Qec = Energia elettrica resa
Qtc = Energia termica resa
Qfc = Energia primaria introdotta
eff = L'efficienza elettrica = Qec/Qfc
Rc = Rapporto caratteristico = Qec/Qtc
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ipotizzando Rd = Rc = R si può scrivere:
L'efficienza totale del generatore Efftot , è riportata nella figura in funzione di R a vari
valori di Effe
FONTI E RIFERIMENTI
[1]: http://www.epa.gov/chp/index.htm
[2]: http://www.eren.doe.gov/
[3]: http://www.aceee.org
[4]: http://www.rci.rutgers.edu/~jonflrty/cogeneration.htm
[5]: http://www.cogena.it
[6]: energialab (ingg. Doria, Forni, Andretta, Puglioli)
[7]: http://www.engineering-associates.it/energy
[8]: http://www.pcg.it/comune-ariccia/settembre99/cogenerazione.html
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