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In generale, si afferma che «fra due variabili vi è un legame» quando le variazioni di una causano variazioni
dell’altra; in particolare:
• quando le due variabili possono essere associare da una legge del tipo: y = f(x) per cui si dice che a un valore di
x corrisponde uno e un solo valore di y; oppure
• quando le due variabili possono essere correlate in modo generico, nel senso che non esiste una vera e propria
legge, conosciuta e rigorosa, che le metta direttamente in relazione, ma è possibile tracciare una curva di
regressione che permette di evidenziare un legame più o meno forte fra loro.
Importante è quindi studiare la «qualità» e la «forza» della relazione che lega due variabili. In particolare, l’analisi
della correlazione consente di studiare il grado di associazione fra due variabili, mentre l’analisi della regressione
ci consentirà di stabilire quale relazione esiste fra esse.
• gli errori nella procedura sperimentale sono solo delle y, cioè nei valori misurati del segnale analitico
(ordinate); le concentrazioni standard x, preparate dall’analista, sono prive di errore;
• l’entità degli errori sulle y è indipendente dalla concentrazione di analita (omoschedasticità: la varianza delle
risposte misurate è costante in tutto l’intervallo di concentrazione);
• Gli errori sulle y sono indipendenti l’uno dall’altro, cioè l’errore commesso ad un livello di concentrazione non
influenza l’errore ad un livello di concentrazione diverso.
CORRELAZIONE
Quando due variabili non sono legate fra loro da una legge nota e studiata, ma mostrano, se riportate su un
diagramma cartesiano, un certo grado di associazione lineare o meno, è possibile quantificare l’intensità di tale
legame mediante un parametro elaborato da Pearson, detto coefficiente di correlazione (r) o (R) , che nel caso di
una correlazione lineare è dato da:
n-2 corrisponde al numero dei gradi di libertà della regressione lineare, dato dal fatto che una sola retta può essere
tracciata tra due punti. Da questo valore si calcola la deviazione standard della pendenza:
Il bianco del metodo e’ un campione contenente tutti i componenti eccetto l’analita e viene
sottoposto a tutti gli stadi della procedura analitica.
Il bianco ideale è costituito dalla stessa matrice in cui è contenuto l'analita di interesse.
Un bianco di riferimento dovrebbe riflettere tutte le operazioni a cui e’ soggetto l’analita in un
campione reale.
Grazie al bianco e’ possibile ottenere il segnale relativo alla concentrazione zero di analita.
Intervallo
dinamico
Intervallo di
linearita’
Risposta
0 C1 C2
Concentrazione
SENSIBILITA’
La sensibilita’ di un metodo indica quanto esso e’ sensibile ad una piccola variazione di concentrazione di
analita. Puo’ essere vista come la pendenza della curva di calibrazione. Nella figura il metodo che ha una
risposta lineare y = 2.5 x + 0.3 e’ 5 volte piu’ sensibile del metodo che mostra una risposta y = 0.5 x + 0.3.
A y = 2.5x + 0.3
risposta
y = 0.5 x + 0.3
C
concentrazione
Il limite di rivelabilità (LDR), o minima quantità rivelabile (in inglese limit of detection o LOD), è la
concentrazione di analita che produce un segnale significativamente diverso da quello del bianco
(soluzione in cui l'analita è virtualmente assente).
LDR è un segnale vicino a quello del bianco ma da esso significativamente differente, e quindi
assegnabile all'analita sulla base di un criterio specifico.
La definizione del LDR dipenderà dal criterio usato per accertarsi che il segnale sia
significativamente diverso da quello del bianco.
Quando un segnale è maggiore del limite di rilevabilità possiamo dire che l’analita è presente nel
campione, ma per stabilire il limite oltre il quale è legittimo eseguire misure quantitative è necessario
definire il limite di quantificazione (LDQ), in inglese limit of quantitation o LOQ.
Il limite di rilavabilità è strettamente correlato al rumore, ovvero alla variabilità della
misura, che può essere di natura sia strumentale (legato alla variabilità del sistema di
lettura del segnale) sia analitica (legata alla possibilità di commettere errori casuali).