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FILOSOFIA QUANTISTICA e Spiritualità

La chiave per accedere ai segreti e all’essenza dell’essere. Di Ulrich Warnke


Traduzione a cura di Corrado S. Magro

Ulrich Warnke
Introduzione

Chi è Ulrich Warnke?

Concedendomi la licenza di definirlo un “genio”, qualcuno potrebbe storcere il naso. In realtà,


venendo a conoscenza del suo curriculum e prendendo atto del suo contributo alla ricerca
applicata nella biologia e nella fisica, l'attributo, che anche gli ambienti scientifici in cui opera
gli assegnano, calca in pieno per Warnke.

Domande provocatorie: Può un grande specialista essere un genio universale e può un genio
universale essere un grande specialista?

Alla prima parte la risposta è un NO secco e crudo che non ammette repliche mentre alla
seconda il SÌ è altrettanto fuori di dubbio. A chi tentenna, consigliamo di osservare, informarsi
sullo scibile, non solo teorico, in possesso di quei pochi che possono essere additati come geni
universali e che appunto per questo sono dei grandi generalisti.

Dottor Ulrich Warnke, classe 1945. Dottorati in Biologia, Fisica, Geografia e Pedagogia, docente
di Biomedicina, Biofisica, Medicina ambientale, Psicologia fisiologica, Psicosomatica, Biologia
preventiva e Bionica.

Dal 1969 ricerca e analisi degli effetti dei campi elettromagnetici e delle oscillazioni
elettromagnetiche, luce compresa, sugli organismi. Dirige dal 1989 il gruppo di lavoro di Tecnica
della Biomedicina. Pensionato dal 2010, Warnke, conferenziere e relatore richiesto e
apprezzato, siede nel consiglio superiore dell’Università di Saarland in Germania, ed è co-
fondatore della Società di Tecnica della Biologia e di Bionica.

Preambolo

In assenza di consapevolezza, intesa come l’Essere cosciente, (scriviamo a ragion veduta Essere
maiuscolo) secondo la definizione della Quantistica, ci troviamo di fronte al nulla. Tutto quello
che noi sappiamo dell’universo, tutto quello che lo rende certo, è strettamente legato alla
nostra consapevolezza. Senza di essa non c’è “Io”, non esiste un ambiente, la natura, il sole,
l’universo. Tutto quello di cui facciamo esperienza attraverso i nostri sensi, quello che viviamo
e che ricordiamo, viene creato dall’Essere cosciente, consapevole.

La coscienza soggettiva condiziona e guida la materia.

Questa è una delle più importanti cognizioni ricavata dalle ricerche di Fisica Quantistica. Di
conseguenza è errato mettere al bando dalle scienze naturali, informazione e coscienza
dell’Essere da un lato, spiritualità e anima dall’altro, considerandole ascientifiche.
Ponendo invece alla base delle nostre esperienze quotidiane i principi filosofici della fisica
quantistica, iniziamo a capire cosa in realtà determina l’essenza della vita. Potremo così attivare
le nostre incommensurabili capacità e creare, ottenere, quello di cui abbisogniamo oltre a
migliorare le condizioni di vita di questo pianeta.

Prefazione dell’autore

Chi ha permesso agli uccelli migratori di orientarsi durante un volo di migliaia di chilometri?
Come fanno alcune persone a presagire l’arrivo di una catastrofe naturale? Dove sono nascosti,
archiviati i nostri ricordi? Cos’è lo spirito, la materia e l’anima?

Tutte domande che mi pongo da quando ho iniziato a riflettere, e che da semplice interesse
sono diventate scopo e occupazione di tutta la mia vita. Assolto lo studio in Biologia, dopo il
dottorato ricevetti l’incarico di “Docente di Tematiche atipiche” in diretto rapporto con gli
aspetti vitali dell’essere. Le lezioni impartite e i seminari trattavano argomenti di Biofisica,
Biomedicina, Medicina ambientale, Bionica e Psicologia fisiologica.

Il mio gruppo di lavoro costruì sistemi per terapie non invasive applicate con successo nella
medicina. Ebbi così durante decenni il privilegio di potere spaziare, osservare “oltre il bordo del
piatto” delle singole discipline, come si suol dire, e sviluppare un processo interdisciplinare in
grado di evidenziare gli aspetti comuni presenti nella biologia, psicologia, fisica, medicina e
tecniche relative.

Privilegio che mi diede l’opportunità di applicare sugli organismi biologici in generale e in


particolare sull’essere umano, le cognizioni acquisite grazie a questo processo.

In ultima analisi la domanda era sempre la stessa: “Come siamo composti, come funzioniamo,
come facciamo a rimanere in buona salute e come riusciamo a influenzare i processi del nostro
organismo, adoperandoci con mezzi di lieve impatto?”

In quel periodo era normale considerare alla base della vita la Fisica Molecolare o Chimica. Tutti
i modelli vitali (fisiologici) erano costruiti su questa base, sulla quale troneggiava il
comportamento generale (la Psicologia). Ma in che modo riusciva l’organismo ad accaparrarsi
dei vantaggi decisivi per la sua stessa vita?

In questo contesto si collocava la domanda sul concorso, sulla cooperazione tra spirito e
materia, tra intelletto e materia. Come è possibile influenzare con la nostra volontà, principio
puramente intellettuale, la materia e muovere a piacere le nostre braccia o le nostre gambe?
Perché possiamo pronunciare parole e formulare frasi quando lo vogliamo? Dove sono nascosti
i nostri ricordi? Da dove sgorgano le nostre sensazioni? Perché tutti noi possediamo
un’inclinazione verso la spiritualità?

Le vecchie domande del passato erano rimaste ancora senza risposta e ad esse se ne
aggiungevano delle nuove. Anche queste ultime non trovavano risposta né presso me stesso né
tra tanti altri esperti di scienze naturali ben più quotati di me. Ci sono comunque sempre quelli
che non si pongono tali interrogativi e tengono per buono quanto è dato per scontato e quello
che è o misurabile o risultato di calcolo. Deduzione che a prima vista sembra metterci sul
sentiero meno faticoso, se non ci chiediamo cos’è in realtà la materia, cosa sono l’intelletto e lo
spirito o, in breve, fuori parentesi, qual è l’essenza della vita.

Mi fu subito chiaro che la Fisica molecolare, uno dei pilastri della mia ricerca scientifica, non era
in grado di fornirmi una risposta soddisfacente. Ci doveva essere qualcosa d’altro. Il compito di
riuscire a scoprire chi siamo veramente, e come noi possiamo diventare quello che siamo in
realtà, restava insoluto davanti a me.

Nel momento in cui lo scienziato naturale, partendo da quello che i Fisici quantistici hanno
recentemente scoperto, si mette alla ricerca di risposte alle domande più insistenti che la vita
pone, trovandone sempre di più, scopre anche che gl’individui di tutte le epoche e di tutte le
culture avevano accesso a conoscenze di cui noi oggi ci sforziamo di appropriaci con tanta
fatica.

Evidentemente il nostro modo di rappresentarci il sapere, la scienza come qualcosa di sicuro e


dimostrabile ci fa disprezzare le esperienze e le conoscenze dei nostri antenati. Abbiamo
osservato il mondo quali esseri aridi e “scientifici” fin quando non venne qualcuno meglio di noi
ad ammaestrarci.

Urich Warnke, aprile 2011

Consapevolezza:

Nel corso di questa lettura, incontreremo svariate volte questo termine. Che significato dargli
visto che si tratta di un termine che negli ultimi decenni ha varcato i limiti precedentemente
tracciati dalla psicologia? Per noi si tratta di consapevolezza quantistica e per evitare
interpretazioni ibride, riportiamo una nota tratta dall’articolo di Fabrizio Coppola:
“Consapevolezza": una proprietà del campo unificato” (1993) e che dice:

La "consapevolezza" non sarebbe il prodotto precario e quasi accidentale di un meccanismo


biologico complesso (sistema nervoso e cervello), ma sarebbe una proprietà fisica
fondamentale ed universale (presente a livello latente e primordiale nel "campo unificato” da
noi in questo testo chiamato “l’oceano di tutte le possibilità”). Il cervello avrebbe invece la
funzione di "evidenziare" ed "elaborare" questa straordinaria proprietà, così come un laser
evidenzia alcune proprietà latenti della luce che normalmente non vengono rivelate.

In sostanza la consapevolezza come intesa in questo trattato apre l’accesso all’universo dei
quanti a cui l’individuo, creatura e contemporaneamente creatore, appartiene.
Capitolo 1 - Scienza e Spiritualità sono
inconciliabili in assoluto?
“Chi di noi si occupa seriamente di scienza, arriva alla convinzione che nei principi che regolano
l’universo si manifesta la presenza di uno spirito immane e superiore all’uomo, davanti al quale
noi, in possesso di poteri molto modesti, dobbiamo umilmente fare un passo indietro”.
Albert Einstein

La scienza è basata su ipotesi e teorie nate dall’osservazione, dall’esperienze e dal credere. Da


ciò traggono origine modelli senza valore di verità. Nessuno è in grado di sapere quando un
modello scientifico rimane uno strumento sussidiario o quando esso descrive la realtà e sarà
parte di essa. Il modello è solo un esempio di dialogo tra l’intelletto, lo spirito e la natura ma
non spiega né lo spirito né tanto meno la natura. Per potere enunciare una teoria il problema
scelto viene posto dentro un frammento ben delimitato della natura che non coinvolge in alcun
modo la verità. La ricerca costruisce sempre ed esclusivamente modelli mentali dei processi
naturali.

1.1 L’uomo questo essere ancora misterioso

L’essere umano possiede enormi risorse mentali, che la più gran parte di noi non è in grado di
utilizzare, o nemmeno sa di avere.

Basterebbe che ci chiedessimo perché il nostro corpo funziona. Come arrivo a parlare o a
camminare? Oppure, prendiamo un esempio molto banale che riguarda il processo motorio
guidato dalla volontà. Mi dico: “Io voglio alzare il braccio destro”, e in effetti se al voglio segue
l’azione, l’organo materiale “braccio” si solleva vincendo la forza di gravità.

«Ma questo è ridicolmente semplice!» vi viene da dire spontaneamente trattandosi di un fatto


abitudinario. Ebbene, osserviamo in dettaglio la frase che inizia con «Io voglio…». Permettimi di
chiederti: «Chi è “io”? Chi o cosa è la “mia volontà”? Perché servendomi di un principio mentale,
accetto al mio volere, posso influenzare la materia “braccio”?», materia che ubbidisce
esattamente alla mia volontà eseguendo il movimento meccanico, premesso che il mio fisico
sia illeso?

Il primo interrogativo si lascia descrivere come segue: In ogni istante del giorno l’intelletto pilota
la materia del nostro corpo. Se così non fosse, come potremmo noi con la sola forza della
volontà - principio puramente intellettuale - parlare, camminare, eseguire tutte le nostre
attività motorie? Perché non abbiamo dato fino ad oggi una spiegazione a questo mistero?

L’affermazione di fondo di questo libro è volutamente provocatoria. Ne farò uso ripetutamente


nelle prossime pagine, a partire già da adesso:
In assenza di consapevolezza non esiste assolutamente nulla in questo mondo. Tutto quello che, senza
esclusione di sorta, conosciamo, ciò che lo costituisce, compreso tutto quello che immaginiamo, è
transitato esclusivamente attraverso la consapevolezza dell’essere.

In assenza di consapevolezza impossibile dimostrare l’esistenza del mondo e dell’universo. Laddove non
c’è consapevolezza non c’è nemmeno un “IO”, un ambiente, una natura, nessun sole, nessun cosmo.
Capovolgendo i termini risulta che la consapevolezza crea tutto, sia quello che esiste, quello che i nostri
sensi percepiscono, e sia il totale delle nostre esperienze e di quello che ricordiamo.

Noi non siamo nemmeno in grado di capire i veri prodigi. Il semplice fatto che tramite la nostra
consapevolezza, siamo in grado di pilotare il nostro corpo è un qualcosa che rasenta il prodigio.
Camminiamo, solleviamo, afferriamo solo e soltanto perché lo vogliamo. La nostra volontà ha il
potere di ottenerlo. La volontà però è un principio puramente informativo mentre camminare,
sollevare o afferrare sono funzioni che vengono accompagnate da un cambiamento della
materia che costituisce il nostro fisico: viene attivato il sistema nervoso e i tessuti muscolari si
accorciano. La mia volontà e i miei pensieri influenzano la materia. La domanda cruciale che
adesso si pone è: come e dove ha luogo la trasformazione dell’impulso mentale in grado di
gestire il puro condizionamento della materia? P. es., cosa succede quando io sollevo il braccio?
Cosa avviene nel momento in cui la volontà fa appello alla materia per eseguire qualcosa?

Ci troviamo evidentemente in presenza di informazioni che veicolano lo spirito e la materia.


Aiutandoci con un esempio proviamo a capire il ruolo delle informazioni sul piano quantistico.

Cosa provoca sulla materia un influsso sganciato dalla volontà (quindi informazione) quando io
sollevo il braccio?

 Per sollevare il braccio devo contrarre i muscoli.


 Per potere contrarre i muscoli, le membrane devono essere rese permeabili a minerali
specifici (sodio, potassio, event. cloriti) liberando un potenziale elettrico attivo.
 Affinché le membrane siano rese permeabili bisogna che tipi specifici di proteine/enzimi
ne aprano gli accessi.
 Affinché proteine/enzimi permettano l’accesso alle membrane, devono sostituire
forma/struttura/aspetto (configurazione) con forma/struttura/aspetto di tipo diverso
(conformazione).
 Per ottenere il mutamento delle proteine in una conformazione attiva devono agire
forze e tempi di esecuzione sulle coesioni molecolari di proteine/enzimi.
 Queste forze e questi tempi di esecuzione necessitano la modifica delle proprietà degli
spin (propagazione universale delle oscillazioni).
 Il cambiamento delle proprietà degli spin è possibile solo attraverso informazioni.
 Volontà/spirito/psiche/consapevolezza canalizzano queste informazioni.
 Il muscolo si contrae solo e soltanto quando tutte queste premesse sono soddisfatte.

Un principio mentale/spirituale, la mia volontà, genera l’effetto forza (causale) capace di agire
sulla coesione molecolare. Ma in effetti come può agire questa forza che sorge dallo spirito? In
che modo viene liberata?
Dietro ogni forza c’è indiscutibilmente energia. Da dove sgorga questa energia? Come può il mio
IO avvantaggiarsi di questa energia, come la può pilotare? A queste domande non abbiamo
ancora una risposta accettabile da dare ma, assieme ai fenomeni, disponiamo sia di modelli e
sia di indicazioni.

Il processo che durante lo svolgersi nello spazio e nel tempo agisce con la sua energia su una
costruzione molecolare, ottempera alle leggi della Fisica Quantistica.

È evidente che anche la consapevolezza modula le componenti spaziali e temporali di tali


strutture molecolari ottemperando alle leggi della Quantistica.

Scrutare le strutture e le funzioni degli organismi viventi, è compito della scienza naturale.
L’effetto di una “forza intellettuale“ sulla vita di questi organismi è stato fino ad oggi oggetto
d’indagine filosofica.

La fisica moderna constata ora che sul piano razionale della nostra vita avviene una transizione
fluida che esclude tassativamente una netta separazione tra le due discipline. Il campo di
attività dove esse s’intersecano viene ufficialmente definito con il termine Filosofia Quantistica
(Neuser e Neuser-von Oettingen 1997).

Informazione e consapevolezza soggettiva pilotano la materia.

Questa è stata una delle conoscenze più ricche di conseguenze risultata dalle ricerche della
fisica attuale. Nel momento che queste conoscenze in generale vengono applicate alla scienza
naturale, la conclusione è che commettiamo un errore quando scacciamo dalla medicina le
coppie gemelle, Informazione e Consapevolezza da un lato e Spiritualità e Intelletto da un altro
lato, perché ritenuta antiscientifica. Come mai, secondo l’OMS, la medicina dei popoli allo stato
naturale, registra ottimi risultati simili a quelli della medicina scolastica? Osiamo continuare a
impiegare placebo per attestare l’effetto dei prodotti farmaceutici anche quando ignoriamo
come agiscono e perché? Osiamo ignorare le innumerevoli pubblicazioni scientifiche su
fenomeni definiti Remote Viewing (“vedere da lontano la situazione”; Puthoff 1996) e i resoconti
scientifici sulle guarigioni a distanza? (vedi anche cap. 4).

1.2 La società schiava di dogmi e paradigmi

Quando esaminiamo la costruzione e la funzione dell’uomo, lo facciamo quasi sempre sotto


l’aspetto della Fisica Molecolare. Da essa, è possibile descrivere l’Anatomia/Morfologia che a sua
volta sta alla base della Fisiologia. Mano nella mano con la Fisiologia troviamo il
“Comportamento” che noi descriviamo con il termine Psiche. Quest’immagine dell’uomo viene
incorporata in una concezione del mondo più o meno meccanicistica che con la sua causalità,
fu sviluppata da Newton e viene rigorosamente considerata scientifica fino ad oggi. Si sorvola il
dato di fatto che questa concezione come anche quelle di altri concetti scientifici, sono dei
paradigmi. Ecco come Shimon Malin (Malin 2003) li definisce: “Il paradigma non è altro che
un’astrazione che la società ha fatto propria in una fase ben precisa della sua storia”, e con
questo è detto tutto. Noi facciamo nostra tale astrazione, la riteniamo verità assoluta e
procediamo con tutto quello che non armonizza con essa secondo il motto: quello che non può
essere, non può nemmeno esistere.

Si moltiplicano però gl’indizi che dimostrano che non abbiamo ben capito la vita e il mondo in
cui viviamo. La scienza naturale non si domanda al giorno d’oggi cosa in realtà costituisce
l’essere animato. Si prodiga a spiegarci che gli organismi viventi con l’aiuto di circuiti di
regolazione, funzionano come sistemi meccanici. È fuor di dubbio che la ricerca medico-
scientifica contemporanea esplora la vita umana su un piano unilaterale dove appare solo una
visione parziale di essa: la materia che costituisce il corpo, la sua forma e la sua funzione. Gli
apostoli del materialismo biologico considerano le persone assieme ad altri organismi viventi,
macchine genetiche. Nel frattempo ci rendiamo conto che questo punto di vista è fortemente
limitativo in un mondo dove la materia può diventare elemento creativo sotto la guida
dell’intelletto. Per forza di cose ne risulta che concetti come quello di realtà o verità, assumano
un significato completamente diverso. L’attuale cambio di paradigmi comporta una visione
totalmente diversa della persona umana e del suo ruolo nell’universo.

Questo riguarda naturalmente anche la medicina. Una nuova scienza medica è costretta ad
ampliare i propri orizzonti e la ricerca sugli aspetti biologici di un malattia deve coinvolgere lo
stato psichico del paziente, la sua personalità e il suo ambiente sociale. Malattia e guarigione
sono processi dentro i quali l’organismo si organizza da se stesso. Dato poi che tale autogestione
viene pilotata in modo significativo dall’intelletto, la malattia e la guarigione sono in prevalenza
fenomeni psichici. Ciò potrebbe essere anche la causa della propagazione epidemica dei
disturbi funzionali di carattere psicosomatico. Nel frattempo, dai rilevamenti e dagli studi
condotti dall’università di Dresden e dall’istituto Max Planck, un terzo degli individui della
Repubblica Federale Tedesca soffrirebbe di tali disturbi. Gli organizzatori del congresso sulle
malattie moderne professionali per la protezione antinfortunistica, che si è tenuto appunto al
Max Planck di Monaco nel 2001, stimarono i costi causati da stress mentale e sociale a 85
miliardi per l’economia nazionale e a 100 miliardi per lo stato. La corporazione medica ha ben
pochi mezzi e rimedi da contrapporre a questo fenomeno.

È evidente che per la Biologia e la Medicina è arrivato il momento di osservare attentamente i


risultati della Fisica moderna. Perché?

La medicina è una scienza naturale che trova sostegno in special modo nella Chimica, nella
Farmacologia e Biologia, e poiché la Quantistica gioca un ruolo primordiale in queste discipline,
essa dovrebbe anche fare parte della medicina. Ma proprio questo non arriva ad accedere alla
mente della più gran parte dei medici. Siamo dunque in presenza di un non-sapere
giustificabile. Agisce peraltro sfavorevolmente l’onnipresente dogmatismo di un preteso sapere
considerato sacrosanto e intoccabile, anche quando la visione abituale del mondo da tempo si
è rivelata errata ed è stata rivista alla base.

La scienza occidentale si frantuma in un’infinità di discipline e indirizzi che si addentrano in


campi specialistici sempre più ridimensionati e che vicendevolmente s’ignorano quasi del tutto.
Sarebbe un modo di procedere sensato se volessimo evidenziare il valore intrinseco da dare alla
ricerca, ma insensato quando la frammentazione è applicata agl’individui.

Ricapitolando:
In questo libro continueremo a constatare come l’istanza IO è sottoposta ai principi della Filosofia
Quantistica che:

o Applica le forze alle masse.


o Può agire su qualsiasi distanza.
o Non conosce né passato né futuro bensì il perpetuo presente.
o È una parte del campo energetico e informatico universale.
o È capace, per così dire di richiamare accadimenti attraverso la programmazione di questa
matrice universale.

La crescente specializzazione degli esperti e il loro impegno di scomporre il “sistema individuo”


in unità di funzionamento sempre più piccole e indipendenti l’una dall’altra non si sono rivelati
come l’ultima sorgente di saggezza. Ben al contrario, dal punto di vista della Filosofia
Quantistica l’organismo umano si presenta come un sistema di relazioni infinitamente
complesso che non si lascia in alcun caso scomporre in singoli sistemi chiusi in se stessi. Le
componenti di quello che avviene in esso non si lasciano separare dalla loro origine comune.

Siamo quindi di fronte a un dogma che sottolinea ripetutamente che in definitiva sulla base
della descrizione molecolare, il solo sapere scientifico possibile applicato all’individuo è quello
che divide il mondo in innumerevoli particelle che vengono osservate come conseguenze
causali che esistono però indipendentemente l’una dall’altra senza alcun rapporto visibile con
un tutto spirituale.

Una visione del mondo esclusivamente causale mira solo ad un adattamento tecnico-
commerciale dell’intera natura. Fino al giorno d’oggi anche per questo, è rara la presenza della
Quantistica nella Biologia Molecolare sebbene questa biologia si basi solo su di essa.

È proprio questa la ragione per cui il carattere olistico del mondo è stato fino ad ora ignorato. Il
timore di una intelligenza superiore creativa viene messo da parte per forza di cose e la
presenza di una componente spirituale in quello che accade viene contrastata. Il modo di
pensare così finalizzato viene assegnato, anche nell’evoluzione, a favore di un modo di pensare
puramente causale, conducendoci in un sentiero senza sbocco.

Il fisico Wolfgang Pauli ha già descritto nel 1954 questa deficienza in rapporto alla teoria
dell’evoluzione: «Tale modello di evoluzione è un tentativo che secondo le idee della seconda
metà del 19.simo secolo cerca di aggrapparsi teoricamente alla completa eliminazione di ogni
finalità che viene sostituita in qualche modo con l’introduzione del caso».
È evidente che non possedendo strumenti di misura che lo registrino, non siamo in grado di
dimostrare la legittimità del principio di spiritualità, possiamo però orientare la nostra
consapevolezza per allargare la nostra percezione.

Le scienze spirituali tradizionali hanno fatto uso della filosofia quantistica applicata per potere
desumere conoscenze concrete dall’immateriale. Ma in che modo possiamo cogliere queste
possibilità astratte? Una risposta con valore di attualità e di cui ci occuperemo più intensamente
nel capitolo 8, venne data nel 1930 dal matematico ceco Kurt Gödel:

1. In primo luogo dobbiamo isolare tutte le sensazioni rifugiandoci p. es. in un luogo


tranquillo e solitario. Naturalmente questa azione che non ha nulla di positivo, non è
sufficiente. È necessario impegnare attivamente il nostro spirito.
2. Permettere che la realtà giornaliera condizioni e limiti le possibilità, è un errore grave
che porterebbe esclusivamente alla rappresentazione di combinazioni e permuta di
oggetti fisici. Lo spirito è in grado di percepirne direttamente senza alcun limite.
3. Lo scopo che si prefigge tale modo di pensare assieme a tutte le filosofie, è la percezione
dell’Assoluto.

Alla domanda se Gödel credesse all’esistenza di un intelletto o di un tutto spirituale dietro le


molteplici manifestazioni e attività di questo mondo, Gödel rispose che l’intelletto esisteva
indipendentemente da ciò. Egli continuò dicendo di associarsi alla concezione di tutte le grandi
tradizioni mistiche che affermano che l’intelletto non è limitato dentro i confini del nostro
cervello ma esiste ovunque. (Schmieke 2009)

Nel frattempo ci sono stati molti scienziati di statura che ci hanno fornito argomenti ben
documentati che dimostrano come la saggezza tradizionale coincida perfettamente con la
fisica moderna. Ma dove attinsero i nostri antenati quello che noi oggi cerchiamo di acquisire
faticosamente con teorie ed esperimenti?

Molto probabilmente si tratta di conoscenze dall’osservazione e immersione profonda in noi


stessi. Al centro di questo processo introspettivo si pone l’esperienza unitaria che corrisponde
alla presa di coscienza di un “campo primitivo” omogeneo, non polarizzato che definisco
“L’oceano di tutte le possibilità”. Evidentemente è da questo campo primordiale che sono state
ricavate e sono da ricavare ancora molte conoscenze significative per ognuno di noi.

Può questo essere accettato dalla scienza?

Da decenni viene definito esattamente quello che chiamiamo scienza naturale e scienza
umanistica. Tra queste due discipline non c’è stato alcun dialogo. Tuttavia nel mondo intero gli
scienziati hanno riconosciuto nel frattempo l’errore di questa demarcazione. Eventi ed
esperienze indicano chiaramente che nei posti chiave del mondo atomare e subatomare, il
cosiddetto microcosmo o micromondo, scorrono insieme da un lato energia quale conseguenza
di una forza fisica e dall’altro informazione quale componente di un campo spirituale. Da questo
flusso comune viene generata l’energia che noi in ultima analisi sperimentiamo, viviamo come
“la vita” per antonomasia.
Una volta Werner Heisenberg (uno dei corifei della quantistica) disse: L’argomentazione che gli
organismi viventi sono spiegabili solo con le leggi della fisica e della chimica e che non esista
alcuna forza vitale, diverge dalla moderna teoria dei Quanti (Ludwig 1994).

L’influenza reciproca delle forze viene descritta attraverso i campi quantistici che sono
composti da particelle quantistiche che a loro volta sono composte da qubit o bit quantici. Essi
sono tutti presenti nella materia che percepiamo, che ha ricevuto la sua
forma/struttura/composizione attraverso la pura informazione quantistica. Tutte le
informazioni quantistiche sono contenute quali possibilità nel campo universale primordiale.

“Informazione quantistica equivale a sostanza di base; essa dimostra che la materia per
principio è della stessa sostanza dei nostri pensieri” (Thomas Görnitz 2007).

1.3 Scienza naturale avulsa dalla realtà?

È sempre più evidente che le scienze naturali che analizzano unicamente l’apparizione della
vita, non riescono a spiegare cosa sono in realtà gli esseri animati. La scienza dà per scontato
che le forme assunte dalla natura si siano a poco a poco sviluppate dalla polvere stellare. Gli
Amminoacidi, componenti di base di queste forme, sono stati e saranno sintetizzati in continuo
nell’universo. Essi sono dunque presenti anche nei meteoriti. Può questo principio spiegare la
nascita e lo sviluppo delle forme di vita?

La teoria di Darwin sull’apparizione di nuove specie, che in conseguenza della selezione naturale
si basa su mutamenti casuali, è unicamente un’idea speculativa non dimostrata nemmeno
lontanamente. La vita, quale struttura biologica e informazione, può autogenerarsi e continuare
a svilupparsi? Cosa vi si oppone?

Prendiamo ad esempio il flagello (organulo monomotore filiforme) quale forma di costruzione


molto diffusa. Esso è un motore rotante, una struttura estremamente complessa, con cui si
muove uno dei più piccoli esseri viventi. Il batterio Escherichia coli, possiede sei di questi motori
elettrici ultraminiaturizzati (lunghezza 30 nano oppure 0.00000003 mm) il cui rotore, statore
e supporto si trovano tra l’interno e l’esterno della membrana terminale del batterio.

La membrana interna è il dielettrico negativo interno di un condensatore con 0.2 Volt.


Attraverso il motore scorrono protoni H+ verso l’interno che sollecitano il motore con la loro
forza elettromotrice, facendolo arrivare fino a 100 giri al secondo, sia in senso orario e sia
antiorario.

È pensabile che una costruzione talmente intelligente sia dovuta alla pura mutazione casuale
del DNA con parecchie migliaia di nucleotidi? E dove si troverebbe uno stadio iniziale di questo
motore che secondo la tesi dovrebbe essere ottimizzato attraverso la selezione? Un motore
rotante che ancora non è in grado di girare non possiede in questo caso nessun valore selettivo.
Questi sei motori sono stati costruiti a che i colibatteri possano navigare verso la
concentrazione più elevata di sostanze alimentari e contemporaneamente allontanarsi
attivamente dalla concentrazione di sostanze a loro nocive.

Il principio del flusso dei protoni H+ attraverso una membrana viene sfruttato nella struttura dei
batteri anche per la costituzione di energia ATP (adenosina trifosfato) nelle cellule. Questi
batteri sono immigrati nelle nostre cellule con le quali vivono in simbiosi. Noi riceviamo da essi
energia in quanto essi estraggono, beccano i migliori elettroni dal nostro alimento e profittano
di una vita propria meglio protetta. Con l’aiuto dell’energia dell’ATP si sviluppa un motore
molecolare lineare che lavora in ogni singolo muscolo: una spinta da parte dell’ingranaggio ATP
alla proteina miosina, sposta la membrana di un centomillesimo di millimetro contro il cavo
della proteina Actina. Poiché il motore elabora continuamente ad alta velocità le stesse distanze
una dopo l’altra, la fibra muscolare si accorcia.

Una combinazione appropriata di sequenze di amminoacido per la formazione dei componenti


necessari al motore nata dal caso corrisponderebbe a 10-85 (alla meno 85.sima potenza), il che
vuol dire che sarebbe necessaria la quantità media di cellule di 1085 per ottenere una singola
combinazione indispensabile ad una mutazione. Anche se gli oceani della preistoria fossero
composti solo e soltanto di tali batteri necessiteremmo di un miliardo di anni per ottenerne
una quantità di 1045. Il totale della probabilità di questo evento è dunque: 10-85 x 1045 = 10-40.

Un’immagine di paragone per spiegare questo valore: la possibilità di trovare per caso uno spillo
di un millimetro cubo all’interno del pianeta terra ha una probabilità di 10-32, risultato che indica
chiaramente l’impossibilità che l’evento descritto possa riprodursi da solo.

Anche altre domande sulla pianificazione restano sospese in aria. Le singole parti devono essere
costruite prima e in modo da combaciare esattamente nelle loro molteplici combinazioni
(principio della costruzione modulare). Dove sono conservati i “manuali di fabbricazione”?

Al giorno d’oggi noi non conosciamo i meccanismi che conducono alla


forma/struttura/configurazione (formazione campione/fenotipo) di un essere vivente. Solo
informazioni disponibili possono entrare in combinazione. Ma da dove provengono?

Per quasi tutte le funzioni del nostro organismo sono necessarie proteine, in special modo
enzimi che sono anche delle proteine. Nel frattempo un numero considerevole di gruppi di
lavoro scientifico (Università di Princeton, Manchester, Adelaide) hanno scoperto che anche
fenomeni psichici quali: paura, gioia, amore ecc. influenzano sia la materia interna al nostro
organismo e sia quella all’esterno di esso. La Psiche è evidentemente capace di provocare la
formazione di enzimi che distribuiscono ormoni e neurotrasmettitori.

Gli enzimi sono biopolimeri, quindi costruzioni molecolari gigantesche. Ogni singolo
componente, ogni amminoacido deve essere trattenuto da esatti ponti di forze in un posto
preciso. Se la nostra Psiche modifica l’attività di un singolo enzima, modifica
contemporaneamente anche la costellazione di base all’interno dell’enzima. Essa modifica
quindi non soltanto il singolo enzima, che sarebbe inutile, bensì milioni di enzimi
contemporaneamente.
Questa modifica della struttura degli enzimi è basata sull’informazione, e la nostra
consapevolezza è una di queste informazioni in grado d’influenzare la materia in noi e fuori di
noi. L’informazione sorge quando le diamo significato e valore. Volontà ed emozione o
sensazione presuppongono che abbiamo interpretato una situazione e le abbiamo assegnato
valore e significato.

Oggi siamo in grado di manipolare il DNA e fargli produrre le proteine che vogliamo, ma
ignoriamo quale “animazione” viene assegnata alle stesse. Se osserviamo i complessi
meccanismi dello sviluppo e della crescita con la loro puntuale organizzazione che li vede
realizzare in momenti precisi, è da escludere che questo sia dovuto al caso (Zöller-Greer 2007).

Roger Penrose, fisico britannico di fama mondiale, calcola che i valori delle costanti
(matematiche) naturali originarie da incalcolabili possibilità sono stati posti esattamente a
(1010)123 (Penrose 1997).

Se i valori delle costanti deviassero dello 0,000000000001 per cento, la vita biologica così
come noi la percepiamo non avrebbe potuto avere luogo. Tuttavia anche con le costanti
naturali così come sono, non si è ancora sviluppata nessuna vita. E ammesso che per puro
concorso di diversi fattori casuali si sia sviluppata una forma di vita primitiva, consapevolezza e
intelligenza non sono ancora affatto disponibili.

Se la vita non può essere semplicemente ridotta alla componente fisica e chimica della materia,
tutti gli sforzi di ridurre il suo sviluppo esclusivamente a un’ovvia legge di natura sono impostati
erroneamente in anticipo. E ammesso che tale sviluppo sia avvenuto, la domanda: “da dove
traggono origine le leggi naturali?”, continuerebbe a restare inevasa.

1.4 Scienziati alla ricerca del senso della vita

Nel 19.simo secolo era possibile incontrare nelle Università scienziati che non solo si
confrontavano con l’indagine su singoli fenomeni, ma si ponevano anche domande sul senso
della vita, domande quindi di carattere spirituale e religioso. Hans-Peter Waldrich, nel suo libro
“Grenzgänger der Wissenschaft” (a parola: Frontalieri della ricerca) ci descrive alcuni di questi
scienziati universali che riunirono tutte le conoscenze acquisite nelle più diverse competenze,
sotto un’unica visione d’insieme. I brevi ritratti che seguono sono degli estratti del suo trattato.
Tutti questi ricercatori sono diventati famosi per la chiarezza del loro pensiero e alcune norme
presero il loro nome per cui la domanda sulla loro credibilità non si pone nemmeno
lontanamente.

Gustav Thedor Fechner (1801-1887)


Fisico, medico, psicologo e filosofo, fondatore della psicologia sperimentale tedesca, precursore
della neurologia. Rappresentante di una visione spirituale ancora attuale nell’epoca
materialistica contemporanea.

Titolare a 33 anni della cattedra di Fisica all’università di Lipsia, argomentò in modo plausibile
contro la concezione dello spirito quale prodotto del cervello. Era l’epoca in cui Karl Vogt aveva
promulgato il principio che i pensieri stavano al cervello come la bile al fegato o l’urina ai reni.

Anche Fechner all’inizio era dell’opinione che l’organismo si ammala per un difetto meccanico
dei suoi ingranaggi e guarisce quando gl’ingranaggi vengono riparati.

Gli aprì gli occhi l’incontro con Lorenz Oken (1779-1851), medico zoologo e filosofo docente a
Zurigo. Oken era dell’opinione che la natura fosse un prodotto dello spirito divino, e constatò
che la scienza non era in grado di riconoscere le vere relazioni nella natura, e che all’origine i
nostri antenati erano molto più vicini alla verità.

Spirito e consapevolezza non sono obiettivamente misurabili ma condizionano ogni istante


della nostra vita.

Fechner si chiese: “Dove si perdono in natura le linee di demarcazione che indicano dove
termina la consapevolezza e inizia la materia pura”?

La consapevolezza non può per così dire sorgere dal nulla improvvisamente, da cui l’argomento:
se tutti gli organismi hanno un’origine comune, anche la consapevolezza deve essere presente
nei germi primitivi della vita.

Hermann von Helmholtz, fisiologo e fisico di fama mondiale (vedi equazione di Helmholtz,
risonatore, induttore ecc. di…) insieme al medico e fisico Robert Meyer presentarono in
quell’epoca la legge della conservazione dell’energia: “L’energia non si può né distruggere, né
tantomeno creare” (vedi anche Lavoisier). Il risultato costrittivo è che tutte le forze naturali si
basano su un unico presupposto in un contesto universale.

Fechner si chiese ora come mai sotto l’aspetto fisico si dà per scontata la concatenazione di
tutte le cose e dall’altro lato viene del tutto negato lo spirito quale fattore di coesione.
Proclamare che spirito e consapevolezza siano stati partoriti in un certo qual modo dal nulla nel
cervello degl’individui, sarebbe tutt’altro che scientifico.

Egli scrisse: “La vita è generata dalla vita. l’animato solo dall’animato, lo spirito è creato solo
dallo spirito. La legge di conservazione dell’energia vale anche per lo spirito”.

La natura è una costruzione cosmica universale e le pietre di costruzione costituiscono una


unità spirituale-materiale. Tutta la natura deve essere considerata quale dominio/ricchezza
graduale dello spirito. L’uomo è posto sotto la cupola della consapevolezza universale che
contiene e memorizza la coscienza del totale degl’individui. Il salto più significativo della
consapevolezza, che unisce i singoli al tutto, e che comporta un salto dal mondo frammentato
dell’individuo a quello universale, Fechner lo individuò nel processo che dall’agonia porta alla
morte.

Fechner era dell’idea che l’individuo, unità di spirito e materia, non avrebbe potuto cadere
facilmente fuori da questa unità. L’individuo, secondo Fechner abbandona lo sgabuzzino per
accedere in un ambiente molto più vasto. Con la morte la sua coscienza si è estesa in una nuova
dimensione.

Fechner dice ancora: “L’aldilà non si trova in qualche parte in cielo, bensì è situato su un piano
evolutivo superiore del mondo terreno” (pag. 229). E ancora: “Come la vita del bruco e della
crisalide non sparisce quando viene fuori la farfalla, ma tramite la farfalla raggiunge una forma
superiore più libera” (pag. 196), così la distruzione del corpo con la morte apre l’accesso ad un
piano di sviluppo superiore. Anche il cervello si dissolve con la morte, ma da ciò, secondo
Fechner, viene fuori come da un seme una nuova vita nell’aldilà.

Fechner parte dal principio che l’IO cosciente costruisce su una struttura psichica complessa, di
cui il cervello rappresenta solo una parte. La coscienza però non è limitata solo agli individui,
esistono dunque altre strutture materiali diverse dal cervello quale requisito per una coscienza,
così come uno stesso identico tono può essere prodotto da strumenti o sorgenti totalmente
diversi.

Fechner era un precursore quando domandò e spiegò come si formano i ricordi, fenomeno
questo che ancora oggi impegna intensamente la scienza. Dove viene memorizzata
l’informazione? Quale meccanismo provvede che solo il mio IO è in grado di estrarre ricordi dalla
mia memoria cerebrale? L’IO, dice Fechner, può cancellare o evocare eventi a piacere, a secondo
se la mia coscienza si apre o chiude di fronte all’evento. John C. Eccles (premio Nobel australiano
1963 per la medicina e la fisica) si è confrontato più tardi con la stessa domanda ed è arrivato
alla conclusione che lo spirito usa il cervello come fosse un computer.

Secondo Fechner questo meccanismo è analogo alla transizione dalla vita terrena all’aldilà. Per
Fechner il cosmo è un insieme spirito-materia estremamente intelligente. Dal punto di vista di
questo sistema intelligente superiore, noi dopo la morte continuiamo a vivere quale ricordo di
una coscienza superiore. Il cosmo che in ultima analisi ha generato tutto, è da considerare come
la coscienza, il cervello universale. Lo spirito usa questo cervello, che fino al presente ha
contenuto ogni vita, per continuare a farla esistere nel ricordo. Il morto conserva il proprio IO,
la propria individualità, ma senza una forma corporea materiale.

La morte secondo Fechner (pag. 168) è la trasformazione in luce dell’intero edificio dello spirito.
Poiché il cosmo è vivo, egli tende a stabilizzarsi e presenta con le molteplici vite sempre nuovi
e più complessi fenomeni di ordine superiore in un continuo processo di sviluppo. Per Fechner
l’evoluzione è un sentiero di trasformazione che vede il disordine mutarsi in ordine, l’instabile
in stabile, il semplice in complesso.
Fechner morì il 18 novembre 1887 all’età di 87 anni. Nei suoi ultimi manoscritti si trovano frasi
come: Muoio con la convinzione che religione e scienza naturale si rappacificano, che il
pessimismo verrà contrastato e che al materialismo saranno sottratte le armi.

Karl Friedrich Zöllner (1834-1882)

Docente di astrofisica all’università di Lipsia. Famosa e geniale la sua “Fotometria generale del
cielo”. Costruttore di apparecchiature applicate all’astronomia come il fotometro e il
calorimetro astronomico, appartiene a quei fondatori della Metafisica scientifica che venne
contrassegnata da Max Dessoir nel 1898 come Parapsicologia.

Zöllner, con le sue esperienze nel campo del paranormale non poteva e non può ancora oggi
trovare posto dentro il paradigma secondo cui si suppone che la verità scientifica è raggiungibile
solo quando l’individuo si pone quale osservatore obiettivo e misurabile della natura. Secondo
la Fisica meccanica il cosmo e il mondo sono un sorta di macchinari. Chi non segue o non accetta
questa convinzione è da considerare insano di mente, ciarlatano o dilettante da mettere da
parte.

L’inglese Sir William Crookes corifeo e scettico molto discusso dell’epoca, diede a capire che
avrebbe allontanato in due settimane ogni velo sullo spiritismo rinascente. Beh da quel
momento la parapsicologia ha occupato tutto il resto della sua vita. Egli osservò fenomeni
paranormali e “forze psichiche” che non erano affatto compatibili con la scienza comune e
pubblicò i suoi risultati con la richiesta che i fatti devono essere accettati anche quando non
trovano posto nel quadro preconfezionato del mondo. Zöllner andò a trovare Crookes e fu
testimone del fenomeno Katie King. Katie King era uno spirito che oscillava tra l’aldilà e il
mondo terreno e che nel mondo terreno era visibile e materializzato. Il fine di Zöllner era di
comprendere, cogliere l’aldilà come realtà superiore.

Nel 1877 e 1878 Zöllner organizzò a Lipsia oltre 40 sedute spiritistiche in maggioranza nel
proprio appartamento e tra gli altri anche con la partecipazione del medium Henry Slade. A
queste sedute presero parte personalità di spicco quali: Alfred Russel Wallace, zoologo e
collaboratore di Darwin, il fisico docente Wilhelm Weber stretto collaboratore di Karl Friedrich
Gauss, il docente di matematica Schiebner. Furono osservati fenomeni inspiegabili attribuiti alle
anime di trapassati. Un’impostura, a detta di questi docenti esperienti e prevenuti, era esclusa
in assoluto. Una fisarmonica suonava per esempio nelle mani di Scheibner che toccava lo
strumento soltanto su un bordo, oggetti fluttuavano a mezz’aria senza che alcuno li toccasse,
veniva spruzzata acqua dall’alto, su una lavagna di ardesia ricoperta apparivano dei messaggi e
tutti potevano sentire e vedere come si formavano senza che qualcuno si adoperasse a farlo.
Inoltre sulla lavagna che era stata ricoperta di ruggine apparvero impronte di piedi.

Zöllner catalogò questi fenomeni designandoli come Fisica Trascendentale, e poiché non era
possibile dare alcuna spiegazione scientifica egli fu ritenuto pazzo, forsennato, accecato e i suoi
esperimenti qualificati stupidi, da caffè concerto e da baraccone. Nel 1880 il Senato accademico
dell’Università di Lipsia presentò ricorso presso il ministro della cultura che sollevò Zöllner dal
professorato. Prima che il provvedimento divenisse effettivo, Zöllner moriva all’età di soli 48
anni.

Hans Driesch (1867-1941)

Driesch era zoologo e filosofo e aveva studiato presso Ernst Haeckel libero pensatore, zoologo
e filosofo dell’Università di Jena.

Divenne portavoce del Vitalismo quando dalla domanda: “cos’è la vita?” riconobbe che
l’organismo non può assolutamente funzionare come una macchina. Nel 1926 ebbe la
presidenza della Society of Psychical Research fondata nel 1882 e che fra l’altro indagava su
fenomeni di chiaroveggenza, telepatia e telecinesi.

Driesch partiva dal presupposto dell’esistenza di un fattore trascendentale responsabile per la


costituzione degli organismi, che da Aristotele chiamò Entelechia e in collaborazione con
Thomas Mann lo ritenne all’origine dei fenomeni di telepatia. La sua premessa era che il
presunto paranormale fosse un fenomeno quotidiano senza il quale la vita rimane impossibile.
Driesch scrisse ben 289 tra libri e saggi su questa tematica senza che essa fosse in qualche modo
ripresa da nessun testo di studio.

Le sue domande di base erano:

Da dove provengono i piani di costruzione, l’energia e l’informazione che pilotano l’organismo?

Quale forza permette performance telecinetiche e telepatiche?

Quando l’embrione diventa individuo e questo individuo si organizza da sé, deve esserci
un’intelligenza centrale che gestisce tutte le attività e determina il momento in cui ogni cellula,
a diverse velocità, si divide o si diversifica, quando da una cellula staminale si sviluppa una
cellula muscolare o neurocita, o diventa cellula sanguigna.

Hans Peter Waldrich nel suo libro richiama l’attenzione sul fatto che per ogni singola cellula è
ovvio il momento quando il suo processo di crescita deve fermarsi perché ha raggiunto la sua
forma definitiva. Tra l’altro sembra che tutte le cellule siano in continuo contatto tra di loro,
cosa impressionante se si considera l’incredibile capacità di trasferimento dell’informazione per
un numero di cellule di 1012 con specializzazioni del tutto diverse.

Anch’io ho fatto notare più volte negli altri miei libri che gli atomi del nostro organismo, ad
eccezione di quelli del cuore, di quelli di alcuni nervi e del DNA, ogni sei anni circa permutano.
Eppure continuiamo a conoscere la persona di un tempo sebbene dopo questo periodo nessuna
delle sue molecole occupi il posto di prima. Noi crediamo sapere che tutto venga pilotato dal
DNA, pertanto sorge la domanda come una molecola può memorizzare e immagazzinare una
tale quantità di informazioni così complesse e metterle nuovamente a disposizione.
Anche se abbiamo decodificato materialmente il DNA non abbiamo alcuna conoscenza del
piano e dell’idea della costruzione dello stesso perché tale piano non è materiale bensì
intellettuale, spirituale e l’acido desossiribonucleico non può pensare.

Driesch contrassegnò questo principio spirituale o intellettuale insito in noi, col nome di
Entelechia. L’Entelechia non è una forza, non possiede quindi energia in senso fisico, bensì
informazione con coscienza e significato. Waldrich interpreta Driesch dicendo che abbia
postulato un campo di energia spirituale-mentale parallelo all’universo materiale, che in modo
ancora non chiaro è annodato con questo universo. In assenza di questa comunicazione da
campo a campo, sia la fisica e sia la biologia non hanno alcun senso e una scienza che non fa
propri questi fenomeni, rimane incompleta. Gli schemi di costruzione degli organismi sono
memorizzati nel campo dell’energia spirituale-mentale. Da qui trae origine l’informazione sulla
direzione e l’azione nel mondo materiale. L’aldilà è la vera realtà del mondo terreno.

Hans Driesch morì il 16 aprile del 1941.

Ludwig Wittgenstein (1889 1951)

Wittgenstein filosofo con contributi di valore nella logica, il linguaggio e la consapevolezza,


durante la sua vita fuggì il mondo accademico con le sue convenzioni e costrizioni. Abbandonò
dopo poco tempo la cattedra di Filosofia dell’Università di Cambridge ritenendo “l’assurda
posizione di un docente di filosofia quasi una sorta di sepoltura vivente”. Appena diciassettenne
si era recato in America, studiò dopo ingegneria meccanica per alcuni anni a Berlino iniziò poi
lo studio d’ingegneria all’Università di Manchester, si rivolse dopo alla matematica e voleva
diventare pilota di aerei. Passò molti mesi in clausura assoluta in una casamatta in Norvegia e si
decise infine per lo studio presso il filosofo Bertrand Russell nel famoso Trinity College di
Cambridge.

Tutti i moderni trattati di filosofia fanno oggi riferimento al genio Wittgenstein. Nel suo diario
scrisse frasi come: “Lo stimolo che ci spinge al mistico nasce dall’insoddisfazione causata dalla
scienza. Noi percepiamo che anche quando tutte le domande possibili abbiano avuto una
risposta scientifica, il nostro vero problema non è stato nemmeno sfiorato”. E più avanti: “la
soluzione del mistero della vita nello spazio e nel tempo si trova fuori dallo spazio e dal tempo”.
Capitolo 2 - Aspettativa e fede
Domanda: Cos’è la fede?

Budda rispose: «Lasciate fluire libere la vostra fede, la vostra fiducia e apritevi alla verità».

Nella tradizione buddista la fiducia nella fede (saddha) viene applicata conseguentemente per
reimpostare i legami con il nostro intimo e così richiamare a nuova vita verità sperimentabili.
La volontà è una delle parti che compongono la fede, l’altra parte ingloba emozioni e in
particolare sensazioni di fiducia come anche di certezza e di aspettativa. La speranza è piuttosto
una componente negativa della fede. Se io spero che avvenga qualcosa anche il mio corpo
inevitabilmente lo spera, ma la realtà rimane identica. Invece la fede profonda, solida e
incontestabile in qualcosa, è coscienza insita nel proprio corpo dove tutte le funzioni
dell’organismo sono indirizzate verso quel qualcosa.

Esempio: Se io al mattino esco dal letto, l’azione mi riesce perché io sono convinto che lo posso
fare. Proviamo il contrario: Se io sono irreversibilmente convinto che non posso alzarmi, non mi
alzerò.

La potenza della fede è quindi un’esperienza quotidiana, ma, e questo è molto importante, “È
l’esperienza il regolatore della fede!”, e l’esperienza si basa sulla consapevolezza. Generalmente
vengono distinti diversi generi di consapevolezza: della veglia, del sonno, del coma e dello stato
condizionato dalle droghe. Ma attenzione, a cambiare non è la consapevolezza che rimane
sempre identica. Quello che cambia è soprattutto la percezione, quel frammento di mondo che
può essere percepito, ed è questa percezione modificata di cui noi siamo consapevoli.

Osserviamo il ragionamento in dettaglio: quello a cui noi crediamo da svegli, viene bilanciato
dall’esperienza che per via dell’interazione tra energia ambientale e organismo materiale
abbiamo collezionato.

Esempio: Se io credo di essere un uccello e così potere volare, questo è incompatibile con lo
stato di veglia consapevole e quindi lo escludo. Ma se la mia percezione è deformata dall’azione
dell’LSD o di altre droghe, la compatibilità con l’esperienza dello stato di veglia può essere
annullata. È proprio per un effetto di neutralizzazione che gli sciamani sono spesso in pericolo
di vita abbisognando di esperienze che vanno ben oltre quello che lo stato di veglia consapevole
concede.

Ogni pensiero profondo è collegato automaticamente e strettamente alla sensazione di


accertamento valutativo, senza dovere intervenire con uno stato di consapevolezza per
pilotarlo. I pensieri profondi guidano le funzioni del nostro organismo. Ognuno di noi può
verificare su se stesso il potere di una forte visione reale. Prova a rappresentarti intensamente
che stai mordendo in un limone. Hai notato che la ghiandola salivare fa scorrere la saliva per
diluire l’acidità del limone?
Nel laboratorio del praticantato universitario si misurava la dimensione delle pupille con un
apparecchio a infrarossi. I praticanti vennero esortati a rappresentarsi una luce bianca,
penetrante, in grado di accecare. L’effetto istantaneo misurato fu una contrazione delle pupille,
sebbene la luminosità ambientale fosse rimasta invariata.

Un esperimento del gruppo di ricerca di Christopher Davoli e Richard Abrams dell’università di


Washington, apparso nell’aprile 2009 nella rivista Psychological Science, confermò la seguente
ipotesi: Rappresentarsi qualcosa e credervi intensamente basta affinché quello che si è
rappresentato divenga realtà. La rappresentazione concreta dell’adempimento di un compito
ha per effetto che esso venga assolto a fondo con successo. Chi non conosce il detto biblico: “la
fede può muovere le montagne?”, dove fede sta per immaginazione, visione mentale.

Che la realizzazione possa andare nella direzione sbagliata, è stato scoperto dagli scienziati della
North Carolina State University. A degli anziani oltre i 60 anni venne fatto fare un test di
memoria. Risultato: quelli che in qualche modo erano stati informati che le persone anziane
normalmente ottengono risultati scadenti, fornirono effettivamente risultati scadenti. Questo
effetto è stato constatato già più volte. Si parla in tal caso di profezia che si autorealizza.

La fede si compone della volontà di osservare esattamente una situazione specifica e della
sensazione di valutazione che viene data a tale situazione. È il corrispondente del “dare valore
e significato”. Se le situazioni vengono osservate positivamente si parla di Placebo, se
negativamente si parla di Nocebo, l’effetto opposto. L’effetto Nocebo sorge dal colore negativo
dato a immaginazioni e ad aspettative ed è in grado di causare disturbo funzionale, malattia e
qualche volta anche la morte.

È risaputo che la convinzione che l’ambiente ci possa causare delle malattie, convinzione che è
un fattore puramente psichico, può in realtà inficiare le funzioni del nostro organismo anche
quando non agisce su di noi alcun fattore ambientale nocivo.

Tra i cinesi è diffusa la credenza che il destino degl’individui viene stabilito dal suo anno di
nascita. Quando spunta un malanno con le caratteristiche specifiche di quelli elencati nell’anno
di nascita, esso viene sentito come destino. Proprio tale correlazione fu analizzata
scientificamente in America sugli immigrati cinesi e i loro discendenti (Phillips e Wagner 1993).
Paragonato con un gruppo di controllo non composto da cinesi, i discendenti dei cinesi America
legati alla tradizione morirono da 1,6 fino a 5 anni prima, affetti da tumori polmonari o
bronchiali, neuroplasie maligne, infarti cardiaci, enfisema o asma, quando uno di questi malanni
era associato al loro anno di nascita. E il decorso letale della malattia era tanto più breve quanto
più forte era l’identificazione con la tradizione.

Un altro caso venne descritto nel 2007 nella rivista specialistica General Hospital Psychiatry: Il
26enne D.A. con lo scopo di suicidarsi, perché abbandonato dalla sua ragazza, ingoiò 29 pastiglie
di antidepressivo. L’abbassamento repentino della pressione sanguigna, dovuto alla dose
eccessiva, che non fu possibile stabilizzare nemmeno in clinica, spaventò mortalmente D.A..
D.A. aveva ricevuto le pastiglie partecipando a un doppio studio cieco, per verificare l’effetto
placebo dell’antidepressivo. Quello che D. A, non sapeva, era che lui apparteneva al gruppo
placebo e che le sue pastiglie non contenevano alcun principio attivo.

McMahon in Psychological Medecine (1976), dimostrò che l’aspettativa di un evento temuto,


spesso aveva conseguenze per la persona in causa ben più gravi dell’evento. La paura della
morte uccide con la stessa precisione della ferita mortale inflitta con un’arma. La
rappresentazione viva e forte di malattia, febbre, paralisi o soffocamento è sufficiente a
richiamarne i rispettivi sintomi.

Già all’inizio del 1980 apparve una vasta bibliografia con oltre 1300 articoli scientifici sul potere
dello spirito sul sistema immunitario e neuroendocrino (Lock 1983).

Da questo momento fu chiaro che il sistema immunitario di una persona era in diretta relazione
con le sue emozioni. Immaginare di essere gravemente malato ha un effetto misurabile sulla
frequenza cardiaca, sulla tensione muscolare, e sulla resistenza elettrica cutanea. Le
rappresentazioni controllano e gestiscono i campi del sistema immunitario (Lichstein e Lipshitz
1982, Shaw 1940). La sensazione di sentirsi abbandonato può condurre alla morte a secondo
delle circostanze (Schneider e altri 1983). Questo effetto si lascia definire con “lo smarrirsi
d’animo”, sentirsi finito. Si cade prima in uno stato di profonda depressione, poi nell’apatia e
nella perdita di ogni stimolo o motivazione (Seligmann 1975).

Cardiologi di fama, dalle esperienze fatte evidenziano il potere della parola che a secondo del
suo valore e significato può annientare o guarire il paziente (Girstenbrey 1986).

Oggi è risaputo che la rappresentazione figurativa e intensa di un evento vissuto, va mano nella
mano con spiccati fenomeni fisiologici collaterali quasi fosse qualcosa di realmente presente.
Basta il pensiero intenso di partecipare ad una gara per attivare lo stimolo del tasso di
adrenalina e noradrenalina, del metabolismo, del tasso di potassio, della tensione muscolare,
del battito cardiaco, della grandezza delle pupille, della conducibilità cutanea e via dicendo.
Quanto detto era già noto nel 1929 quando Jacobsen trovò e dimostrò che già la visione
mentale dell’oscillazione della mazza da golf, libera un potenziale attivo nei muscoli
corrispondenti. Le prove eseguite sistematicamente riconfermarono senza ombra di dubbio
tale fenomeno (Shaw 1940).

Così come resta impossibile vivere la sessualità senza fantasia e senza rappresentarsela, lo
stesso possiamo dire delle paure. Capovolgendo i termini, quando arriviamo a rappresentarci
fenomeni che incutono paura, il nostro corpo è invaso da una sensazione di brivido (Lichstein
& Lipshitz 1982).

“Le immagini che ci rappresentiamo vengono trasferite nel loro corrispondente naturale, tali che la
morte temuta e prospettata da un medico di fiducia sulla base di una diagnosi è la stessa di quella di
un haitiano perseguitato dalla stregoneria (Achterberg 1987).”
Jeanne Achterberg, medico e psicologa, ci riferisce di una signora morta poche ore dopo che
l’analisi di un tessuto del seno confermava il sospetto di un tumore: “morte a causa di una
visione animata”. Questa donna aveva davanti agli occhi la propria madre che lei aveva assistito
per anni e spentasi lentamente tra sofferenze atroci proprio per un tumore al seno. Poteva così
dipingersi un quadro vivo di quello che l’attendeva. A seguito di ciò il suo organismo cessò di
funzionare.

Viene- anche riferito di casi totalmente opposti: perfino in presenza di situazioni disperate il
bubbone cancerogeno sparisce e i pazienti ritornano ad essere sani. Essi hanno interpretato e
fatto proprie, determinate asserzioni del medico, tanto che l’organismo ha allontanato tutto
quello che gli nuoce eliminando ogni ostacolo presente sulla via della guarigione.

Un gruppo di scienziati e di medici americani (Ira Collerain, Par Craig, Jeanne Achterberg e altri)
eseguì una ricerca sulle cause di morte di handicappati cerebrali. I risultati ottenuti
combaciavano con quelli ottenuti in Inghilterra, Grecia, Romania. Individui che non sono in
grado di capire cosa vuol dire la diagnosi di cancro, presentano un tasso di decessi di gran lunga
inferiore. Se tra la popolazione “normale” il tasso di mortalità è del 14 al 18 per cento in presenza
di queste diagnosi, quella dei gruppi degli handicappati si situa tra il 4 e il 7 per cento. Poiché
l’attività del sistema immunitario dipende significativamente dalle capacità cognitive, il detto
popolare: “quello che non so non mi tocca” si riveste di plausibilità.

Al giorno d’oggi si conoscono molte correlazioni tra la psiche e la scomparsa di cellule


cancerogene. Ben noto è il caso del signor Wright ammalato terminale di cancro, che in un
ospedale americano pretese che gl’inoculassero crebiozene, un nuovo farmaco ritenuto
miracoloso. Migliorò dopo pochi giorni sebbene lo stato di quei pazienti che non vi collegavano
nessun effetto terapeutico non mostrava miglioramenti. Il tumore del signor Wright invece
poco dopo l’inoculazione si ridusse della metà (come neve in una stufa furono i commenti
ufficiali). Una regressione talmente veloce e a fondo era impensabile anche dopo un
trattamento intensivo.

Il signor Wright lasciò la clinica praticamente guarito e se ne tornò a casa con l’aereo che lui
stesso pilotava. Più avanti, da una trasmissione televisiva apprese che il crebiozene era un
medicinale altamente contestato. La sua fede fu scossa e due mesi dopo, privo di speranza,
ricadde nello stato precedente. Poiché i medici erano convinti che ormai non c’era nulla da
perdere, almeno a parole gli inocularono una doppia dose di crebiozene. In realtà si trattava di
pura acqua distillata. E guarda caso, il signor Wrigt si riprese nuovamente. La seconda guarigione
era stata molto più drammatica della prima e il paziente veniva dimesso completamente
guarito. Senonché due mesi dopo, l’American Medical Association comunicava che le prove
eseguite in tutto il paese, dimostravano che la terapia con il crebiozene era del tutto inefficace
ed inutile. Pochi giorni dopo il signor Wright moriva (Achtergerb 1987). Questo esempio
dimostra chiaramente come l’effetto Placebo-Nocebo, allora ritenuto soltanto opinione di
esperti, può neutralizzarsi scambievolmente con risultati drammatici, come in questo ultimo
caso dove l’aspetto Nocebo ebbe la meglio.
I risultati della famosa ricerca Framington svelano che quelle donne che si autoconsideravano
a rischio, soffrirono di un infarto cardiaco quasi quattro volte più sovente, indipendentemente
dai comuni fattori di rischio. Il solo pensiero della predisposizione a infarto rappresenta quindi
un fattore di rischio accentuato (Voelker 1996). A questo proposito esistono molti esempi, dei
quali ne riportiamo uno a titolo rappresentativo.

A diversi asmatici venne detto che nell’aria che respiravano erano state aggiunte determinate
sostanze allergiche. In realtà si trattava della migliore aria di salina senz’alcuna sostanza nociva.
Quasi uno su due asmatici accusò problemi tipici respiratori e 14 persone dovettero essere
ricoverate in clinica. Gli attacchi si ridussero immediatamente dopo che la somministrazione
della stessa aria venne dichiarata adatta alla terapia.

Con l’aiuto d’iniezioni del tutto neutrali sulla base di sale di cucina, furono anche provocate
allergie con intensità a piacere, a secondo della suggestione più o meno forte esercitata dal
responsabile della ricerca sulle persone coinvolte e sulle loro aspettative. Soggetti disegnati
psicogeni, subirono perfino attacchi simili all’epilessia dopo che gli venne incollato sulla pelle
un cerotto intriso nominalmente con medicinali. Ben il 77 per cento degl’individui in esame,
con nessuna sostanza attiva nel cerotto subirono un attacco.

Sotto questo punto di vista, gli effetti collaterali riferiti al farmaco, rappresentano un vero
problema. Esantemi e disturbi. vegetativi accentuati si manifestarono pur sempre nel 20 per
cento dei soggetti di una ricerca che dovettero “immaginare” di avere preso un farmaco (il
tranquillizzante Menefesina) che causa questi effetti collaterali. Anche in questo caso era
manifesto l’effetto Nocebo. Ovviamente ciò non vuol dire che non esistano effetti collaterali
causati dai farmaci, ma sorge il sospetto che alcuni pazienti che vengono a conoscenza di tali
effetti, sviluppano una sensibilità accresciuta. Perfino nelle applicazioni di Chemioterapia il 30
per cento dei soggetti della ricerca furono vittime dell’effetto Nocebo. Gli caddero i capelli
anche in assenza di sostanze attive, credendo solo avere ricevuto un trattamento
chemioterapico.

Anche la perdita del partner accresce il sentimento di abbandono e quindi la mortalità. Esso è
causa di un aumento delle malattie cardiocircolatorie, aumento tanto importante quanto il
verificarsi dei tumori. L’indebolimento del sistema immunitario raggiunge la sua massima
evidenza dopo due a otto settimane dalla perdita.

Che ogni stato di stress causa cambiamenti dell’apoptosi, o morte cellulare programmata, è
ormai un dato di fatto. O l’apoptosi viene ridotta e allora i ripristini difettosi del DNA si
trasformano in cellule di sviluppo tumorali, oppure la morte cellulare supera la normalità. I
meccanismi sono: un tono del simpatico accentuato, aumento delle catecolamine (p.e.
adrenalina e noradrenalina), livello più elevato di glucocorticoidi, aumento della trasmissione
in relazione a neurotrasmettitori. Meccanismi secondari sono la riduzione del sonno REM con
conseguenze negative su molteplici funzioni. Anche la psiche si trova sotto pressione intensa.

Non è nemmeno necessario lasciarsi coinvolgere da particolari momenti di stress. Ogni


argomentazione, ogni vampata emotiva si riflette sulle funzioni del nostro organismo. Gli effetti
sono misurabili attraverso il riflesso psicogalvanico cutaneo che si basa sull’abbassamento della
resistenza delle membrane sudorifere (spesso confuso con la misura dei punti dell’agopuntura).

I medici che, impegnati nelle cure, non tengono conto né della psiche né dello spirito, praticano
una medicina non equilibrata. Anche “l’onnipotenza” di chi detta responsi e diagnosi necessita
un adattamento per evitare di stravolgere quelle informazioni efficienti e utili alla guarigione,
aprendo le porte alla malattia e in casi limiti alla morte già solo con il responso dato con la
diagnosi.

La manifestazione dell’effetto placebo o nocebo sull’organismo è ampiamente documentata.


La giusta rivendicazione della scienza medica suona pertanto come segue: Effetti placebo devono
essere ottimizzati per aiutare la guarigione.

Che su questo piano, in presenza di pazienti fiduciosi agisca più che il solo effetto placebo, lo
dimostra l’esempio seguente.

Herbert Benson, docente di medicina all’Università Harward ha dimostrazioni di guarigione


avvenute soltanto attraverso la fede. Egli le definisce autoguarigioni, ponendole nell’ambito di
una medicina moderna. Secondo natura, la guarigione è sempre un’autoguarigione. La medicina
può solo indurre e amplificare questo principio.

Negli USA il Therapeutic Touch, una forma standardizzata dell’imposizione delle mani, la cui
efficienza è stata dimostrata in diversi studi clinici in doppio cieco, è un metodo riconosciuto
che infermieri e infermiere possono applicare.

L’esperimento iniziale coinvolgeva 44 giovani in buona salute ai quali venne inferta una piccola
ferita con un bisturi. Le ferite erano tutte apportate sullo stesso punto e avevano tutte la stessa
grandezza e profondità. Sia ai soggetti che al medico che li trattava, venne detto che si voleva
esaminare la bioelettricità durante il processo di risanamento della ferita. I giovani dovevano
recarsi quotidianamente presso l’istituto dove gli sostituivano la fasciatura. Per questa
operazione dovevano infilare il braccio in un vano invisibile attraverso una parete preparata a
tale scopo.

In quel vano avveniva quanto segue: i 44 individui erano stati divisi in due gruppi selezionati
con metodo a caso. A un gruppo le infermiere applicavano l’imposizione ravvicinata delle mani
senza contatto fisico, all’altro gruppo no. L’esperimento durò 16 giorni, ogni giorno le ferite
venivano misurate e protocollate e i dati analizzati.

Il risultato non poteva essere più chiaro. La ferita degli appartenenti al gruppo non trattato con
l’imposizione delle mani, dopo otto giorni era in media 19,3 millimetri quadri, quella dell’altro
gruppo era di 3.9 millimetri quadri. Al 16.esimo giorno quella dei non trattati era circa 5.9
millimetri quadri e quella degli altri di appena 0,4 e completamente guarita su 13 persone di
questo gruppo, mentre non c’era stata alcuna guarigione tra gli appartenenti all’altro gruppo.
A questo punto dobbiamo renderci all’evidenza che c’è qualcosa che va oltre l’effetto placebo.
A dare più credibilità a questo risultato contribuì lo studio che Ted Kaptchuk dell’Harvard
Medical School eseguì su 80 pazienti: finti farmaci alleviano i disturbi da sindrome gastro
intestinale anche quando le persone in trattamento sanno che il farmaco non ha alcun effetto.
L’etichetta con la scritta “Placebo” a grossi caratteri, stava addirittura incollata sulle bottiglie
che contenevano la soluzione utilizzata per il trattamento. I disturbi gastro intestinali
diminuirono significativamente sul 59 per cento dei partecipanti consapevoli del trattamento
placebo e di solo il 35 per cento nel gruppo di controllo. L’effetto placebo era addirittura
paragonabile a quello del farmaco per il sindrome gastro intestinale. Sul perché e sul come
l’effetto placebo possa funzionare anche senza manovre di diversione, possiamo solo speculare.
I responsabili della ricerca conclusero che già il semplice rituale medico sia stato in grado di
provocare un miglioramento evidente.

Ci si può chiedere: effetto placebo e guarigione indotta, sono pianificabili? L’ottimizzazione


dell’effetto placebo a fini terapeutici sembra in ogni caso possibile. Tuttavia affinché la medicina
accetti l’applicazione di tali processi nella pratica quotidiana, bisogna che il meccanismo di base
gli venga spiegato e dimostrato scientificamente.

2.1 Come avviene la commutazione del processo spirituale in quello materiale?

Al problema di base non abbiamo dato ancora alcuna risposta: la mia volontà e le mie emozioni
sono processi puramente ideali. Essi influenzano però strutture materiali e quindi materia. Ma
dove risiede il meccanismo capace di renderli attivi? E come avviene questa commutazione?

I manuali ci dicono che le emozioni sono liberate dai neuroni e dai neurotrasmettitori. Questa
rappresentazione non è esaustiva perché lascia aperta la problematica iniziale. Il dilemma è
simile alla nota domanda se esisteva prima l’uovo o la gallina. In altre parole non sappiamo se
sono le emozioni a lasciare distribuire ormoni ai neurotrasmettitori o se è la distribuzione di
ormoni dai neuro trasmettitori a generare emozioni.

Se dunque sono le emozioni a provocare distribuzione di ormoni da parte dei


neurotrasmettitori, come è da pensare, rimane ancora la domanda: Chi ha causato le emozioni?
Dove risiede la sorgente delle emozioni?

Sappiamo bene che le sensazioni di base sono congenite e che esse sono quasi l’esperienza dei
nostri antenati. C’è da restare stupiti chiedendosi: come può essere innato qualcosa che viene
attivato mentalmente? Tutto il patrimonio congenito necessita il trasferimento d’informazioni.
Dov’è memorizzata questa informazione e come viene trasferita? La scienza spicciola
attribuisce al DNA l’istanza di memorizzare l’informazione, senonché il DNA della mia mano è
identico a quello dei miei piedi, del mio fegato, della mia saliva eccetera. Chi fornisce al DNA le
informazioni che gli permettono di costruire l’organo e mettere insieme le molecole?

Nessun individuo conosce una sola risposta accettabile ad una sola di queste domande e fin
quando la verità non è chiara sul tappeto, tutte le tesi sono valide se plausibili.
Si profila già adesso il paradosso seguente: Gl’individui critici appartenenti al mondo
occidentale marcatamente scientifico accettano una convinzione come valida solo se quello
che viene creduto viene anche dimostrato. D’altro canto per pilotare una convinzione valida,
rimane indispensabile la conoscenza del meccanismo che guida quello che avviene, in primo
luogo per ottimizzarlo e in secondo luogo per evitarlo nel caso si tratti per esempio di una
convinzione sviata in grado di causare perfino una psicosi.

2.2 Come funziona l’effetto Placebo-Nocebo?

Quest’effetto è la conseguenza della trasformazione in realtà nel nostro corpo dei nostri
pensieri impregnati di emozioni, ed è anche vero che qualcosa di simile è suscettibile di
apprendimento. Perfino tutto quello che vogliamo fare, è spiegabile ed imputabile a questo
effetto: IO voglio camminare, voglio andare in bicicletta, voglio guidare l’auto ecc., sono tutte
cose che dobbiamo imparare. La tendenza ad attivare il motorio è innata e ogni bambino
impara poi a proiettare su tale tendenza l’impiego di questo principio mentale, la volontà. Di
conseguenza, la volontà quindi può intervenire sulla materia (Rosso E. 2002).

Il training autogeno è uno degli aspetti di questo principio. Con l’esercizio e con
l’accoppiamento reattivo (feedback) del successo si sviluppa una sorta di risonanza. Il feedback
diventa effettivo quando il successo attraverso l’apprendimento o l’esercizio può essere
constatato sulla base dei cambiamenti percepiti nel nostro organismo e di conseguenza anche
nel nostro comportamento.

Se sulla base del pensiero viene registrato un successo supplementare, l’effetto viene
amplificato a dismisura ottenendo un sorta di altalena della risonanza che può provocare una
catastrofe in analogia alla risonanza meccanica (la risonanza è un fenomeno fisico che ha luogo
quando l’accoppiamento reattivo si sovrappone all’oscillazione del segnale d’ingresso sommandosi alla
sua energia e arrivando a causare la distruzione del sistema. In analogia, nel nostro organismo il
fenomeno si manifesta quando per esempio restiamo vittime del panico).

Risultato del training autogeno: Laddove i fini mentali sono controllabili è possibile apprendere
il loro influsso in caso di effetto positivo e a cui segue un automatismo agevolato. Il tempo di
apprendimento si situa tra un minimo di 14 giorni ma può richiedere anche qualche mese.

Ogni pensiero possiede due componenti: una prima, quella consapevole che mira sul traguardo,
lo riveste linguisticamente con parole e frasi, seguendo una logica determinata, e una seconda
di coloritura inconsapevole, non verbale, emozionale. Nella vita di tutti i giorni noi diamo agli
eventi scopo e significato, e proprio per questo gli eventi acquistano per noi importanza.

Sensazioni come la certezza, pilotano la materia, p.e. enzimi e ormoni, e dall’altro lato, enzimi
e ormoni pilotano emozioni. Diverse emozioni sono il risultato dell’elaborazione di segnali
campione che sorgono dai ricettori sensoriali. La qualità delle emozioni è collegata a scopo e
significato. Nessuna emozione può essere direttamente pilotata dalla volontà: “Adesso voglio
essere allegro”, non attacca senza una vera occasione o rappresentazione profonda per esserlo.
2.3 Aspettativa e fede innestano l’avvenimento reale

Il nostro cervello si suddivide in aree funzionali molto diverse l’una dall’altra. Noi ci limiteremo
a trattare solo quelle due che si riveleranno importanti per capire i meccanismi che
descriveremo più avanti.

Abbiamo da un lato un’area (la paleocorteccia) collegata all’evoluzione ancestrale che alberga
l’universo delle nostre emozioni e dei ricordi, il sistema limbico con le regioni dell’ippocampo
(apprendimento e memoria), l’amigdala (controllo delle emozioni ancestrali come la paura) e
la corteccia cingolata (per emozioni e memoria). Il sistema limbico serve da collegamento tra le
funzioni cognitive superiori e le reazioni emotive. Queste ultime sono caratterizzate dalla
difficoltà di poter essere neutralizzate attraverso la volontà.

Dall’altro lato abbiamo la parte più giovane del ceppo storico, la neocorteccia che svolge
molteplici compiti tra cui l’importante istanza di censore del sistema limbico.

Stimoli che alimentano la corteccia cerebrale generano una rappresentazione del mondo. Non
appena le informazioni dettagliate dalle aree associative sono integrate nella corteccia frontale,
vengono trasmesse al sistema limbico. L’accoppiamento reattivo alla corteccia cerebrale genera
una consapevolezza per sensazioni e stato d’animo che vengono assegnati all’informazione,
mentre canali che scendono verso l’ipotalamo e il tronco cerebrale avviano il comportamento
arbitrario e le reazioni inconsapevoli (sistema autonomo, endocrino, immune e nervoso-
autonomo). Gli stati d’animo sono stati emotivi di lunga durata.

Nessun organo del sensorio è in grado di percepire una sensazione. Non si può né vedere, né
ascoltare, oppure odorare. Ciononostante sono proprio le sensazioni i meccanismi più
importanti che regolano il nostro adattamento. La complessità di come noi veniamo pilotati da
sensazioni, o emozioni, ce la indica anche il riflesso definito psico-galvanico.

Esso viene provocato da un’inquietudine, un’emozione causata da qualcosa di penoso, simile a


ciò che ci fa arrossire. Negli USA questo riflesso sta alla base della macchina della verità. Il
processo fisiologico è il seguente: Gli ioni Na+ prodotti da enzimi ormonali attraversano le
membrane delle ghiandole sudorifere e attirano particelle idriche. Le particelle connesse agli
ioni generano una pressione eccessiva all’interno delle ghiandole sudorifere, pressione che le
stesse ghiandole eliminano estraendola. La superficie cutanea così inumidita ha un grado di
conducibilità elettrica più elevato. Questo grado di conducibilità può essere trasformato in
suoni o colori che testimoniano visualmente o acusticamente la commozione o il dispiacere del
soggetto.

Questo principio venne all’origine impiegato quale forma di comunicazione non verbale.
L’umidità delle ghiandole sudorifere contiene infatti feromone che inconsapevolmente
l’individuo assorbe dall’ambiente. L’organo che assolve a questa funzione è il vomero nasale che
si trova alla base della cavità nasale, all'interno del setto cartilagineo nella parete divisoria. Lo
stimolo assorbito va a collegarsi direttamente al sistema limbico e pilota le sensazioni di
identificazione con i nostri simili.
In presenza di una forte eccitazione del sistema limbico nella zona del lobo temporale
scaturisce una percezione molto speciale.

Quando questo scomparto cerebrale cade sotto la tempesta di un potenziale elettrico attivo,
quasi un attacco epilettico, l’individuo avverte una luce abbagliante che spesso collega ad una
visione trascendentale. Contemporaneamente sorgono forti sensazioni di unione con il cosmo,
di visione che ne illumina il funzionamento. L’essere è pervaso da un’immensa felicità e non
trova parole per descrivere quello che prova.

In presenza di un bombardamento sincronizzato di neuroni sul lobo temporale (principio della


coerenza) viene attivato una sorta di modello creatore, artefice soprannaturale. La disciplina
che si occupa di studiare questo fenomeno ha preso il nome di Neuroteologia.

Il lobo temporale è in realtà una necessità cerebrale determinante. Esso è responsabile


dell’elaborazione del linguaggio, del riconoscimento degli oggetti, dei visi e dei concetti. Per
finire, il mondo di cui facciamo esperienza trova qui la sua coscienza e il suo significato. Esso
contiene in buona parte il sistema limbico già accennato con la coppia dell’amigdala dove
convergono i segnali che provengono da tutte le regioni cerebrali che elaborano sensazioni:
caldo, freddo, odori, suoni, immagini, contatti e tatto.

Quello che in special modo caratterizza questo centro di raccolta di stimoli ambientali è
l’accumulo di sensazioni, un processo unico nel suo genere. Il coordinamento delle sensazioni
che hanno avuto accesso in noi trasferisce il subcosciente nella condizione di proporre una
valutazione integrativa di questi campioni di energia. Sono essi dannosi? Mi sono utili? Adesso,
come devo reagire? Questo indica che le sensazioni, al di là di tutto, provocano subito un
pilotaggio automatico della materia pronta a reagire in presenza della situazione percepita.

Le amigdale tragittano agli ippocampi senza intoppi una nuova sollecitazione cruciale.
Nell’ippocampo viene scelto quello che può continuare a vivere nei ricordi e quello che deve
essere dimenticato. L’ippocampo contemporaneamente ordina gli avvenimenti in fasulli o
corretti e li cataloga in una sorta di cassetti. Proprio questo compito rischia di caricare oltre
misura l’ippocampo che, per rispettare fedelmente tale schema, paragona il nuovo che viene
percepito con quello che lo spirito si attendeva. Eventi improvvisi e astrusi, che non possono
appartenere al retroscena delle esperienze vissute fino al momento, vengono rifiutati. A meno
che il filtro dell’ippocampo non sia esattamente predisposto ad accettare l’impossibile, l’aldilà,
che è estraneo alla quotidianità.

Una tale predisposizione, non è prevista su larga scala per tutti gli individui e resta solo
prerogativa di alcuni “iniziati”. Il problema è che l’individuo, con filtri più ampi del normale
rischia di annegare in una fiumana d’informazioni ricevendone possibilmente danno. D’altro
canto un filtro limitato gli preclude la creatività condannandolo ad una vita piatta e noiosa.

Il principio di una vita nell’aldilà è più o meno attivo in noi tutti. Un sondaggio eseguito negli
USA presso diverse Università, portò alla luce che ben 40 per cento degli scienziati credono in
Dio e in una vita eterna dopo la morte, e sono convinti che le preghiere vengono ascoltate. In
Germania una persona su tre crede nella resurrezione e una persona su due all’angelo custode.

Con la meditazione possiamo, p.e., indurre consapevolmente lo stato particolare di esperienza


estraterrena. Tale stato può essere individuato fisiologicamente tramite misurazioni specifiche.
La frequenza respiratoria si abbassa, il consumo di ossigeno diminuisce fino al 30 per cento, la
resistenza elettrica cutanea aumenta rapidamente, lo stomaco rinuncia al suo ambiente acido
per la digestione e in contropartita è il sangue che diventa più acido e purificato attraverso i
reni.

Nel cervello, circa un minuto dopo l’inizio della meditazione, si possono misurare frequenze di
tipo Alfa e talvolta addirittura quelle più lente di tipo Theta, segno che i neuroni si sono uniti in
un fuoco coerente. Questo stato viene raggiunto raramente nella vita quotidiana e soprattutto
mai ad occhi aperti.

Con l’aiuto di un metodo infallibile, lo SPECT (Single Photon Emission Control Tomography) è
stato possibile dimostrare in modo chiaro una forte diminuzione dell’attività del metabolismo
nelle regione cerebrale parietale. Bisogna anche tenere conto che in questa regione sono
radunate tutte le informazioni corporali: posizioni dei muscoli, delle articolazioni, i segnali di
equilibrio, le impressioni ottiche, praticamente l’intero stato fisico. Quando questa regione
cerebrale viene meno irrorata di sangue, la percezione del proprio organismo impallidisce e
l’individuo si trasforma in puro spirito. Esattamente questo riferiscono i soggetti che ne fanno
la prova: non si sente più la forza di gravità, libero da ogni legame terrestre, svanire per così dire
nell’infinito.

Particolarmente affascinante sono quelle esperienze che in questo stato raggirano


l’autocensura dell’ippocampo. Ne segue l’apertura improvvisa di orizzonti di nuovi mondi che
prima si sono affacciati come fantasia e ora appaiono pienamente reali.

In questa eccezionale situazione il corpo libera droghe proprie che hanno lo stesso effetto degli
allucinogeni che permetterebbero di riprodurre tali situazioni se esse non fossero interdette
perché molto pericolose. Altri metodi che permettono di entrare in questo stato sono i ritmi
dei tamburi, riti di danza, digiuni, privazione di sonno o lampi di adrenalina. Nel pieno della
situazione si registra una maggiore sensibilità temporanea, un livello di attenzione più elevato,
qualche volta anche chiaroveggenza, previsioni e sempre nuove percezioni e sensazioni che
ricordano un Artefice onnisciente.

Evidentemente, questa capacità di allucinazione ha preso posto “deliberatamente” nell’essere


umano già all’origine della sua storia evolutiva. Effettivamente l’evoluzione ha costruito un
corpo che sottostà a norme naturali valide in generale, e nello stesso tempo dotato di uno
spirito che si sottrae a queste norme.
2.4 Alla ricerca di un mondo creativo diverso

Dopo avere fatto conoscenza più ravvicinata con queste due regioni cerebrali possiamo
spiegare il percorso funzionale della fede.

Una fede intensa vuol dire fisiologicamente:

1. Diminuzione dell’attività della corteccia cerebrale sinistra (= riduzione del raziocinio).


2. Elevata attività del sistema limbico (= alla mercé delle sensazioni).

Quando il sistema limbico è attivo, anche le regioni temporali lavorano più intensamente e il
mondo assume senso e significato. L’emisfero sinistro del cervello (centrato sul raziocinio e sulla
logica, analitico, lineare) viene frenato. Nello stesso momento diventa più attivo l’emisfero
destro (creazione, intuizione).

Come incide questa attività più intensa del sistema limbico sul nostro comportamento e sulla
nostra esperienza? Per rispondere a questo quesito ci rivolgiamo al meccanismo più intelligente
di cui la natura ci ha dotato.

Al centro degli avvenimenti ci sta la ghiandola pineale. Situata quasi al punto mediano del
cervello umano, produce alcune sostanze essenziali per il ritmo che regola il sonno e la veglia e
interferisce in modo massivo e manifesto sulla nostra vita interiore. Julius Axelrod scoprì nel
1972 che anche la DMT (dimetiltriptamina, un allucinogeno) del nostro corpo viene prodotta
dalla ghiandola pineale.

Riassunto dell’effetto della DMT:

1. Attività aumentata nel sistema limbico


2. Soppressione del filtro di determinate istanze del cervello
3. Leggera inibizione specialmente della regione sinistra della corteccia (logica e raziocinio)

Queste funzioni precedentemente elencate sono esattamente quelle che ci permettono la


descrizione fisiologica dello stato di fede intensiva. Con questo non c’è più nulla che ostacola
l’influenza dell’intelletto sulla materia. Come può la dimetiltriptamina pilotare il subconscio, il
conscio o consapevolezza e infine la materia?

La DMT si aggancia ai recettori della serotonina del sistema limbico e regola al di là anche i
recettori NMDA (N-Metil-d-Aspartato: canali cationici che vengono attivati dal glutammato e
bloccati dal magnesio). Serotonina è il termine volgare per 5-hidroxitripatmina (5-HT), una
molecola che agisce come sostanza veicolare e ormonale e che insieme all’ormone della
dopamina e della noradrenalina è responsabile delle nostre sensazioni di gioia e felicità.

La DMT è un agonista ed epigono della serotonina, che dopo avere agganciato uno dei sette
recettori secondari della serotonina, aumenta la quantità di quest’ultima nello spazio sinaptico.
Dopo la produzione e distribuzione di una elevata dose di DMT, gl’individui vivono esperienze
mistiche, hanno contatti telepatici con la realtà vivente e sono certi di possedere forze speciali
che agiscono sulla materia.

La produzione e distribuzione di DMT può essere appresa e rispettivamente condizionata.


Ambiente ed autosuggestione, rituali ed esercizi di yoga (in special modo yoga Kundalini) la
rafforzano. Ogni sogno (e ogni stato di coma) stimola la produzione e ripartizione di DMT. I
contenuti dei sogni sono possibili solo grazie alla DMT. Nel momento del trapasso la
distribuzione di DMT è particolarmente elevata. Il morituro ha delle percezioni paranormali,
accesso alle sfere divine, avverte la presenza di un angelo che lo assiste e prova la sensazione di
essere nella sua vera casa (Strassmann 2004).

Oltre che nel cervello umano, la DMT è contenuta in alcune piante quali ayahuasca o psychotria
viridis.

Per ragioni di sicurezza la produzione di DMT nell’individuo è collegata a delle condizioni. In


contemporanea con la DMT deve essere prodotta e distribuita dalla ghiandola pineale anche
un’ammina organica endogena chiamata beta-carboline che ha il compito di evitare che la DMT
venga subito distrutta dagli enzimi. Anche la beta-carboline è presente nelle piante come p.e.
nella Banisteriopsis caapi.

Se viene anche costituita una sostanza analoga alla chetamina che ha un effetto rilassante ed
anestetico, il contatto con un universo consapevole diverso è perfetto, con sogni lucidi,
esperienze extracorporali, sensazioni singolari e luminose. L’attività elevata del sistema limbico
accresce la creatività e l’intuizione nell’emisfero destro, mentre viene ridotta quella
dell’emisfero sinistro, analitica e accentrata sulla logica.

A causa dell’attenuazione dell’attività nella corteccia, vengono indeboliti rumori di sottofondo


e la coscienza può concentrarsi in pieno sull’altro universo. Se il sistema limbico è attivo, anche
le zone parietali temporali lavorano più intensamente e il mondo che ci circonda assume
significato e importanza più marcati. La sensazione di essere separato dal mondo sparisce, la
rappresentazione dell’IO perde la sua validità e noi ci sentiamo parenti, parti di una Entità
universale.

Trasportiamo dunque in noi uno stimolo dell’aldilà che non è artificioso o indotto dall’esterno,
bensì facente parte della nostra natura. Gli sciamani di tutte le culture c’informano che con i
loro rituali sono in grado di aumentare la produzione di DMT e che stimolano le loro visioni con
gli estratti di decotti di piante specifiche.

L’inibizione dell’attività del neocortex è in grado di elevare nel proprio organismo la quantità di
DMT in modo affidabile. Per la parziale depressione del sistema nervoso centrale, cioè la
riduzione parziale dell'attività dei neuroni del tratto cerebro-spinale dove sono localizzati i
centri che regolano le funzioni vitali attraverso per esempio iperventilazione o consumo
massivo di alcol, si può essere certi dell’erogazione più elevata di DMT endogena e di una
maggiore attività del sistema limbico.
In tale stato gl’individui percepiscono il mondo trascendentale come reale in assoluto.
Confrontati a questo fenomeno abbiamo solo due possibilità per spiegarcelo: o quello di cui
facciamo esperienza esiste di fatto in un universo parallelo che normalmente resta precluso ai
nostri sensi e alla nostre esperienze e si presenta solo quale allucinazione, o è pura allucinazione
la stessa esperienza vissuta.

Indipendentemente dalla soluzione di questa problematica possiamo riaffermare che


sensazioni e stati d’animo commutano la materia per farle produrre e liberare droghe
endogene. Queste droghe mettono in circuito sensazioni e stati d’animo più consistenti che in
cambio modificano la propria componente materiale e, come vedremo più avanti, amplificata
in una certa guisa, anche la materia all’esterno del corpo. Vengono così innescate e sono
spiegabili esperienze vicine al momento del trapasso, tunnel di luce, incontro con angeli e altro.
Questo però non vuol dire che esse siano prodotte dal cervello. È anche del tutto plausibile che
il cervello venga “truccato”, manomesso per ricevere a distanza campioni d’informazione
spirituale. Come noi già sappiamo, la semplice visione di qualcosa di reale, di qualcosa
rappresentata solo come tale, o vista in sogno, ha le stesse conseguenze per le funzioni della
materia che compone il corpo.

Quello che noi ancora non conosciamo, è in che modo emozioni e fede riescano a pilotare la
materia in dettaglio. Per questo adesso vogliamo mettere insieme tutti gli attori, tutti i tasselli
ed esaminare attentamente come essi funzionano.
Capitolo 3 - Materia, energia e vuoto nel corpo
umano
“Abitualmente noi rivolgiamo la nostra attenzione solo alla materia perché è ciò che possiamo
vedere e toccare. Molto più importanti sono però le interazioni dei quanti che tengono insieme
la materia e ne determinano la struttura”.

Carlo Rubbia, premio Nobel 1984 per la fisica

Quando gli esempi quotidiani dicono con chiarezza che la nostra fede e la nostra aspettativa
possono guidare le funzioni del nostro corpo in ogni direzione, è giusto cercare di sapere come
questo avviene. Se abbiamo capito il meccanismo, non ci serve solo lasciare pilotare le funzioni
che riguardano salute e benessere del nostro organismo, per così dire, automaticamente da un
potere sconosciuto, bensì dovremmo potere arrivare a tale effetto anche tramite la nostra
volontà. Una visione assolutamente splendida.

In questo capitolo vogliamo in primo luogo elencare tutte le componenti che giocano un ruolo
importante dentro tale meccanismo.

3.1 Il corpo e la sua materia? Cos'è?

Senza ombra di dubbio noi siamo materia. Ma cos’è in realtà questa materia? Vedremo subito
che la materia è una costruzione abbastanza complessa. Tutta la materia si compone di masse
e di spazio tra le masse. Gli elementi di base di queste masse sono i nuclei degli atomi e gli
elettroni. Per la forza di gravità, percepiamo queste masse come peso. Le masse però, contro
ogni percezione sensoriale, non sono qualcosa di solido e coeso in assoluto, bensì vortici di
energia.

Una massa si connette con un’altra massa attraverso ponti di forza. Il nucleo dell’atomo si
connette così con l’elettrone per formare un atomo e gli atomi che si interconnettono danno
luogo alla costruzione delle molecole. Questi ponti di forza sono di natura elettrostatica ed
elettromagnetica e come tali sempre legati ad una massa. Nello spazio privo di massa, che per
definizione noi chiamiamo vuoto, non agiscono forze. Poiché lo spazio privo di massa non
contiene forze, esso non conosce limiti né ostacoli alla propagazione della luce e alla sua
velocità. La formula che definisce la velocità della luce è 1/√εμ, dove la forza magnetica della
permeabilità μ, e quella elettrica della permettività ε, sono interconnesse. Secondo la fisica
quantistica, queste forze non esistono nel vuoto dove sono uguali a zero per cui la velocità di
propagazione della luce diventa infinitamente grande. Velocità infinitamente grande equivale
però a stasi. Riuscite ad immaginare una grandezza che gira attorno alla terra ad una velocità
infinita? Riuscendovi vi renderete conto che essa è già qui, da dove era partita. Sembra essere
rimasta sempre allo stesso posto. Essa “è” sempre qui.
Probabilmente rimarrete di stucco e non dimenticherete mai il contenuto della prossima
constatazione se ne venite a conoscenza per la prima volta. Tutta la materia e in particolare il
corpo umano è composto al 99,999999999 per cento del suo volume da un “vuoto” privo di
massa! Se fosse possibile eliminare questo vuoto di noi resterebbe appena una grandezza di 20
μm. Per vedere il nostro corpo sarebbe necessario il microscopio.

L’incredibile è che ciò a cui noi tutti facciamo riferimento nella nostra vita sono le masse del
nostro fisico. Ci identifichiamo addirittura con esse, quando in realtà, quantitativamente, sono
un “nulla”. Le masse fanno lo 0,000000001 per cento del volume del nostro corpo. Ne avanza
qualcosa dopo la morte ma perdono sempre più le loro forze di coesione fin quando non
ritornano allo stadio iniziale: polvere di stelle, elettroni liberi e atomi.

Ma per quale ragione durante la nostra vita intera prestiamo attenzione quasi esclusivamente
alla massa della materia? Si tratta di una conseguenza dei nostri sensi che sono anche
costruzioni di masse; intuiamo l’ambiente esterno ed interno al nostro corpo con l’aiuto delle
forze che sgorgano da queste masse sensoriali, assieme agli operatori delle evoluzioni
temporali. Misuriamo per così dire le energie che ci circondano, e che sono insite in noi,
attraverso le forze che agiscono sulle masse. Guardiamo ora con più attenzione questo
principio.

La domanda impellente che ognuno di noi si pone, è: Se noi siamo quasi totalmente composti
da una massa con dimensione vicino allo zero, cosa ci sta d’importante all’interno di essa? Gli
organismi dotati d’intelligenza e di funzioni di sopravvivenza devono avere in qualche posto un
omologo, una rappresentanza? In effetti essi l’hanno. Lo spazio privo di masse o meglio, lo
spazio tra le masse, contiene esclusivamente energie potenziali e informazioni. Potenzialità e
informazioni sono probabilità e come tali sono virtuali. Non è poi detto che un potenziale debba
sboccare immediatamente in un rendimento, esso resta a priori solo una possibilità di
rendimento. Un potenziale non occupa spazio, non ha inizio né fine, quindi rimane fuori dal
tempo. L’azione risolutiva consiste nel commutare in realtà queste probabilità per poterle
rendere operative.

Cerchiamo di osservare ancora una volta l’immagine reale del nostro corpo sotto l’aspetto fisico
quantistico. Le masse, cioè i nuclei degli atomi e degli elettroni, con l’aiuto delle forze che ne
derivano si uniscono insieme e formano la materia. La materia assume forme e aspetti che
possono occupare un volume relativamente grande. Il volume, delimitato dall’ambiente che lo
circonda, l’atmosfera terrestre nel nostro caso, è composto quasi esclusivamente di energia e
informazione. Il volume può formarsi solo perché le forze tra le masse vengono “quasi”, attenti
al “quasi”, fornite attraverso il vuoto.

Senonché nel vuoto non possono esserci delle forze. Esse si manifestano sempre in primo luogo
nelle masse e il vuoto per definizione è esente da ogni massa. Sembra mordersi la coda. Allora
come può consolidarsi la costruzione nonostante tutto? In realtà tutti noi siamo delle strutture
relativamente solide, resistiamo all’azione di tante forze che agiscono su di noi, e con l’aiuto di
scheletro e muscoli siamo in grado di sollevare oggetti anche pesanti. Ebbene questo può
avvenire perché all’interno del vuoto, esente di materia, può essere attivata l’informazione
(soggetto immateriale) responsabile delle forze che sgorgano dalle masse.

Quando due masse corrispondono l’una con l’altra, nel rumore (il “noise") virtuale
dell’informazione, a cui assegno il nome di “oceano di tutte le possibilità”, o soffio di tutte le
possibilità immaginabili, viene definita un’unica proprietà, o un’unica proprietà campione, che
permette all’informazione di base un’azione di forza tra le masse. L’interessante è che tutta la
nostra percezione consapevole può esattamente modificare questa informazione per mezzo
della propria energia.

Da questo momento quando parliamo di materia intendiamo sempre la fusione di masse


all’interno di un “pieno” senz’alcuna massa, e universalmente diffuso, che possiamo chiamare
“Campo Universale”, “Campo del punto Zero”, Campo “Psi” oppure “Oceano delle infinite
possibilità”.

3.2 L'organismo quale sistema quantistico

La più gran parte dei fisici sono d’accordo con l’enunciato di John Weehler, uno tra i più grandi
quantistici: ”Il mondo è un mondo di quanti e ogni sistema è indubbiamente un sistema
quantistico”.

Nel mondo dei quanti vigono proprietà e principi inconsueti per noi, individui che ci muoviamo
in un mondo di macrostrutture. Ci permettiamo qui di richiamare l’attenzione su alcuni estratti
per l’interpretazione del principio di Copenaghen della fisica quantistica che porta l’impronta
determinante di Niels Bohr e di Werner Heisenberg.

I sistemi quantistici sono privi di proprietà fisse prima della loro osservazione e misurazione,
operazione questa da considerare come una sorta di risonanza molto particolare. Essi, i sistemi,
sono solo particelle virtuali di probabilità di una funzione oscillante. Nessuna particella
quantistica prima di essere misurata possiede proprietà quali p. es. uno spin.

Soltanto gli elettroni ai quali si assegna senso e valore e quindi una funzione, si rivelano sorgenti
di carica e informazione per forza e tempo. Di conseguenza la funzione oscillante delle proprietà
degli elettroni si collassa (decoerenza per osservazione) e il collasso dell’oscillazione è proprio
il passaggio dalla sfera potenziale a quella reale.

Diamo ancora uno sguardo d’insieme sulla cascata delle attività quantistiche:

 Possibilità inerenti a energia e informazione quali funzioni di onda (coerenza), diventano


campi quantistici dopo la decoerenza.
 Campi quantistici influenzano reciprocamente le masse.
 I campi quantistici sono composti da particelle quantistiche.
 Le particelle quantistiche sono composte da Bit quantici (Qubits)
 Qubits stanno alle basi della materia e dei nostri pensieri.
 Materia è quindi per principio della stessa sostanza dei nostri pensieri (Görnitz 2007).

Per tutte le funzioni quantiche necessitiamo consapevolezza, perché senza consapevolezza, da


quanto detto nel primo capitolo, per noi non esiste nulla di concreto. Questo concetto viene
spiegato meglio nel capitolo seguente.

Il collasso delle oscillazioni necessario a questo scopo è il modo che permette di comunicare tra
la conoscenza universale e quella individuale. Il sapere, la conoscenza si orienta verso una realtà
comune a tutti.

Fanno parte di ciò beninteso anche sistemi viventi come l’individuo. Paul Davies, fisico di
statura eccelsa più volte premiato e profondo conoscitore in materia, constata che il miracolo
della vita si basa sull’effetto singolare del mondo dei quanti. Secondo Davies, delle cellule
viventi si potrebbe senz’altro dire che sono elaborazioni d’informazioni quantistiche
amplificate (Davies 2004, pag. 28). Nelle cellule, sempre secondo lui, possono giocare un ruolo
anche altri fenomeni del mondo quantistico, come p. es. l’effetto tunnel o il condensato Bose-
Einstein. Varrebbe la pena di ricercare se le cellule abbiano trovato un modo, una via che
permetta di frenare la decoerenza (il sorpasso del confine tra probabilità ed evento concreto, o
in altre parole tra il mondo dei quanti e la vita di ogni giorno). Poiché un atomo isolato nel suo
stato di probabilità ubbidisce alle leggi del mondo dei quanti e finisce di essere tale quando
troppe influenze agiscono dall’esterno sul suo stato, Davies ritiene possibile che le cellule
abbiano trovato una via che permette di evitare parzialmente la decoerenza.

È proprio questo il problema sul quale lavorano anche quelli che sviluppano il calcolatore
quantistico.

Secondo Werner Heisenberger le unità materiali le più piccole (quelle alla base) non sono
proprio oggetti fisici nel significato comune, bensì forme, strutture o, in senso platonico, idee
sulle quali possiamo esprimerci inequivocabilmente tramite il linguaggio matematico (Wilber
1984, pag., 51). Restiamo quindi convinti che, come la materia, gli organismi sono sempre
costituiti soltanto da atomi. Gli atomi a loro volta sono costituiti da masse: nuclei ed elettroni,
pura polvere stellare. I nuclei degli atomi e gli elettroni di un individuo hanno già reso servizio
nell’organismo di altri individui, di animali e di piante ed erano già presenti, immortali e in altre
galassie. Gli elettroni sono immortali e i protoni hanno una vita stimata ad anni 1080 (alla
80esima potenza) che per noi si avvicina all’infinito.

I nuovi gnostici di Princeton e Pasadena hanno applicato calcoli scientifici paradossali su queste
grosse cifre. Uno di essi ha espresso quanto segue:

Nel 44 prima di Cristo, quando Cesare scendendo dalle scale del Campidoglio venne assassinato,
nel momento della morte emise un ultimo respiro. Per l’ultima volta espulse dai polmoni circa
un litro di aria. Questo litro di aria si divise nel tempo in parti uguali nello strato che circonda il
nostro pianeta a circa 100 km di altezza. Ne segue che noi ad ogni ciclo respiratorio, inaliamo
25 a 50 elettroni che Cesare espirò allora.
Calcoli simili sono stati eseguiti da Charon, già fisico all’Università di Parigi, sugli elettroni del
DNA che, al contrario degli altri atomi del nostro organismo, non vengono sostituiti mai durante
la nostra vita.

Il DNA di una singola cellula pesa circa 1 (uno) microgrammo, e contiene circa 100 milioni di
elettroni. Essi, qualche anno dopo la nostra morte si distribuiranno in modo uniforme in uno
strato atmosferico a circa 100 km di altezza e in ogni centimetro cubo di questo strato di aria
saranno contenuti alcuni di quegli elettroni che hanno ottemperato alle loro funzioni nel nostro
DNA: “Chi vivrà dopo di noi ad ogni ciclo respiratorio inalerà alcuni dei nostri elettroni (del DNA)
e questo durante la durata di vita del pianeta terra”, (Charon 1981).

Bisogna rendersi conto che questa polvere di stelle viene elaborata in costruzioni spazio-
temporali negli organismi. Noi non sappiamo ancora “chi” costruisce ma possiamo
plausibilmente postulare: “Organismi e quindi anche l’essere umano, sono costruzioni spazio-
temporali materiali che sottostanno ai principi della fisica quantistica”.

Queste costruzioni “nuotano” in un mare di energia virtuale e d’informazioni potenziali e


possono “innestare la realtà” sulla base dei principi della filosofia quantistica. Il concetto di
filosofia quantistica dice che al centro degli eventi ci sta la consapevolezza, aspetto che
tratteremo da vicino nel prossimo capitolo.

L’insieme di atomi compongono le molecole che poi formano gli organi. Questi a loro volta
costruiscono circuiti di regolazione che danno forza vitale a noi individui. Ognuna di queste
funzioni è quasi collegata con le attività degli enzimi. Questi ultimi, che sono delle proteine,
vengono costruiti dal DNA e “sanno” in quale punto e in quale preciso momento devono trovare
posto nel nostro corpo e quali attività devono verificarsi di volta in volta. Ogni secondo hanno
luogo operazioni fisico-chimiche esattamente sincronizzate in numero di 1030. La comunità
scientifica contemporanea crede che questa informazione sia contenuta nelle molecole del
DNA. Questo però non è coercitivo. È altrettanto possibile che le molecole, dunque le strutture
degli acidi nucleici così come le strutture ad elica delle proteine siano necessarie per rilevare
un’informazione che si trova all’esterno della massa molecolare. In questo modello le molecole
fungerebbero da antenne per i segnali.

Per la costruzione della materia in ambito microscopico e macroscopico è decisiva


forma/struttura/configurazione che si sviluppa attraverso collegamenti attivati con precisione
tra atomi e molecole. Senonché, come si sviluppa di volta in volta l’adeguata energia per il
legame?

I processi di collegamento tra atomi e molecole appartengono al campo della fisica quantistica.
Tutte le energie di collegamento possono essere convertite con un fattore costante, in
frequenze di oscillazioni elettromagnetiche.

Le forze comuni di Van-der-Waals che uniscono le molecole hanno un’energia di 0,04 a 0,08
eV e corrispondono a valori che vanno da 10 a 19 THz (Tera-Hertz), campo di oscillazione
dell’emissione dei raggi infrarossi.
I composti di idrogeno con 0,13 a 0,30 eV, oscillano tra 31 e 73 THz ossia nel campo della luce
visibile con una lunghezza d'onda di tra 970 e 410 nm (nanometri) che va dal confine degli
infrarossi fino alla luce blu.

Composti ionici con 0,2 eV e 48 THZ, emettono raggi infrarossi con una lunghezza d’onda di 630
nm quando liberano l’energia assorbita.

Composti covalenti sono carichi di energia con 2,2 e 4,8 eV, che corrispondono ad una frequenza
tra 532 e 116 THz e quando emettono, irradiano luce ultravioletta tra 60 e 30 nm.

Ognuno di questi aggregati di atomi e molecole oltre all’oscillazione intrinseca alla struttura,
possiede uno spettro di frequenze con un’oscillazione fondamentale e diverse oscillazioni
complementari. Le frequenze relative cambiano in funzione delle condizioni ambientali.

Si avvera così quello che i saggi appartenenti alle più svariate culture, dicono: Non esiste nulla
così come noi lo percepiamo nella sua forma e struttura. La vera causa prima di tutte le cose è
null’altro che una sinfonia illimitata di oscillazioni e sovrapposizioni di frequenze campioni.

Tutte le forme, strutture e configurazioni che noi vediamo, dipendono dall’oscillazione degli
elettroni e dei nuclei degli atomi presenti in quel corpo specifico. Quando essi saltano da un
livello energetico ad un altro, assorbono o emettono (riflettono) fotoni che trasmettono
l’immagine di ogni corpo. Noi e tutti gli altri composti materiali, non siamo affatto quello che il
nostro cervello ci mostra sotto forma di figure, ma piuttosto un insieme di oscillazioni
complesse e di campi olografici.

3.3 "L'oceano delle infinite possibilità", sorgente del divenire

“Nell’oceano delle infinite possibilità” non esistono né masse, né forze e nemmeno tempo,
perché sia le forze che il tempo traggono origine dalle masse e le masse sono tutte quelle
strutture soggette alla forza di gravità come p.es. i nuclei degli atomi e gli elettroni.
Quest’oceano si situa dunque nel vuoto fisico che per definizione è privo di massa. Nel vuoto
non esistono né nuclei atomari, né tanto meno elettroni quali particelle.

Lo spazio privo di massa del nostro corpo scorre fluido nello spazio identico dell’aria che ci circonda,
raggiunge l’atmosfera terrestre, e alla fine il cosmo e da lì l’infinità dell’universo. Tutto insieme forma il
campo base di cui abbiamo già riferito. Questo campo è quindi presente in ognuno degli atomi del mio
fisico (tra nucleo ed elettroni) come anche tra gli stessi atomi e quindi tra gli elettroni che assieme agli
atomi formano le molecole. Questo campo e del tutto identico con quello che attraversa, percorre
l’universo. Il campo base è infinito ed eterno.

Se noi siamo quasi completamente il prodotto di questo campo, vogliamo naturalmente sapere cosa si
nasconde in esso, cosa ne possiamo fare, e come utilizzarlo.
Questo campo è esente di masse, ma in compenso colmo di energia e informazione impossibile da
immaginare, sebbene solo come possibilità e quindi virtuale, descrivibile matematicamente come
funzioni oscillanti che si sovrappongono. E poiché noi, anche se in forma ridimensionata, evidentemente
corrispondiamo con questo campo dal nome scientifico “Campo Psi” o “Campo del punto zero”, gli
scienziati parlano anche di un pieno immaginario (Psi) di funzioni oscillanti cariche di energia e
informazione. Le funzioni Psi valgono non solo per gli elettroni e i nuclei degli atomi, ma anche per
molecole, cristalli e appunto per tutte le parti che compongono la materia. Lo Psi in sé non si lascia
osservare e in assenza di distorsioni è alternativo a spazio e tempo, quindi non causale (esente da
curvature spaziali). Psi al quadrato sta per intensità e campo di probabilità dimostrabile (vedi anche
funzioni d’onda). Indica, secondo le esperienze, la probabilità della presenza di una particella energetica
in un posto preciso in un momento specifico.

Il vuoto di una lampada elettrica a filamento contiene secondo Wehler, un pioniere della fisica
quantistica, tanta energia da portare ad ebollizione tutte le acque dei mari presenti sul pianeta terra.

Nel campo del vuoto giacciono energia e informazione quali funzione d’onda codificata priva di spazio
e tempo, capace come tale di propagazione infinita e istantanea e quindi ad ogni istante universale.
Schrödinger a cui fa capo la funzione d’onda, la chiama “Sapere”. In riferimento, possiamo
contrassegnare l’universo come campo del “Sapere”.

Questo campo ha di conseguenza le caratteristiche seguenti: l’informazione viene immagazzinata,


riconosciuta, memorizzata, utilizzata intelligentemente (finalizzata), accoppiata a senso e valore, e poi
elaborata complessivamente con una consapevolezza che permette di fare esperienza. Questo campo
si potrebbe senz’altro definire “spirito universale”.

Quale quadro complessivo difficile da accettare, risulta il seguente assunto: Il campo d’informazione
universale può essere strutturato attraverso la locale attività mentale dell’individuo. L’uomo attinge
continuamente dal vuoto energia/informazione ed emette onde di un campo elettrico con componenti
longitudinali oltre a parti di energia oscura, e con esse manovra una energia “informazionale” sulla terra
intera. Queste onde si accoppiano sia con altra materia e sia all’energia/informazione del vuoto.

Tutti gli eventi biologici e fisici portano il marchio del campo energetico del vuoto e il pensiero umano
può influenzare direttamente strutture spaziali di aggregati molecolari e apparecchi di controllo. In
quest’ultimo caso il processo di misurazione perde la propria obiettività.

Noi come organismi siamo comunque in grado di estrapolare una parte infima di energia e informazione
da questo campo. Facciamo tuttavia uso di questa “fase di piena” per scambiare informazioni. Come lo
facciamo? Siamo in grado di intensificare questo scambio? Possiamo scaricare informazioni dal pieno?

Il premio Nobel Erwin Schrödinger nel 1956, in occasione di una lezione al Trinity College di Cambridge,
disse: “Il nostro modo di pensare attuale necessiterebbe di una piccola trasfusione sanguigna del
patrimonio intellettuale orientale”.

Dal punto di vista della cultura orientale la realtà consiste in quello che è contenuto nel vuoto cosmico,
universale. Il vuoto costruisce, crea il mondo. Vecchie tradizioni originarie dell’India parlano in termini
fisici corretti della potenzialità del “grande vuoto” capace di produrre una miriade di oggetti di forme e
contenuti i più diversi.
Nel Buddismo tibetano il grande vuoto è “Quello che contiene tutto, non accessibile ai sensi, quello che
quale infinito grembo materno del cosmo partorisce ogni forma, la nutre e racchiude in sé, dove la luce
scorre eterna senza mai andare smarrita”.

Il vuoto viene definito come l’assenza di ogni normativa, di ogni disciplina che Budda designò
“l’indeterminato, non germinato, non concepito, esente da forma” (sunyata o ston-pa-nid in tibetano).

Anche secondo la fisica quantistica il mondo sboccia dal nulla, dal vuoto. Tutto viene fuori dal nulla e
prende un aspetto di verità effettiva. Ma effettiva si avvicina a effetto, efficienza e così sorge, si sviluppa
la materia efficiente e con essa la realtà obiettiva. Un qualcosa esiste solo e durante il tempo che fa
sentire il suo effetto.

Secondo la tradizione orientale, l’origine ha le proprietà seguenti:

a) È una unità assolutamente amorfa.

b) Non può fuoriuscire da se stessa.

c) Si differenzia.

Nel Buddismo si distinguono tre corpi (Kayas):

Dharma-kaya (il corpo dell’ordine immenso), un tutto amorfo, creativo senza limiti e da cui prendono
origine tutte le cose.

Sambhoga-kaya (il corpo dell’entusiasmo) l’immediato, durevole balenare di energia dal fondo del
vuoto.

Nirmana-kaya (il corpo della trasformazione) l’incessante addensarsi di energia esteriorizzata nella
forma (la materia).

Quanto elencato corrisponde nei dettagli alla realtà secondo le cognizioni della quantistica. In effetti il
campo di fondo offre ben più che probabilità e possibilità. Vengono ripetutamente liberate per brevi
istanti quantità di energia anche concrete, esattamente come descritto nel Sambhoga-kaya. Quando
questa energia entra in risonanza con la materia viene trattenuta quale forma: Nirmana-kaya. Altrimenti
ricade “nell’oceano delle infinite possibilità” e la legge della conservazione dell’energia è rispettata.

“La realtà intera trae origine da uno stato indifferenziato del nulla originario, un sottofondo tanto
importante quanto il silenzio per la parola” (da un proverbio dal Taoismo).

3.4 A qual fine gli esseri viventi necessitano del corpo materiale?

Il principio della genesi, dell’origine e del condizionamento, degli elementi di costruzione e


funzione e, in ultima analisi, dell’essere intero, si sviluppa come segue:

Dagli stati virtuali emergono fotoni con effetti di forza:


Fase virtuale ➔ Energia reale e informazione ➔ Risonanza ➔ Generazione della forza ➔
Elettrone ➔ Effetto della forza.

Dal campo Psi (funzioni d’onda virtuali e sovrapposte del vuoto) sorge:

1. Trasmissione di energia ➔ forza sulle masse nello spazio

2. Trasmissione “Time-like” ➔ Sequenza di eventi prima-dopo-prima

(“time-like" in parole povere è un modello matematico che assembla tempo e spazio in un


singolo intreccio continuo)

3. Trasmissione d’informazione ➔ Senso e valore

Queste tre trasmissioni portano a forma/struttura/aspetto per la costruzione spazio-


temporale. Nasce così l’Essere, l’esistenza, l’essenza vitale, la “realtà” secondo la nostra cultura
occidentale, “l’immagine illusoria” (Maya) dal punto di vista delle culture orientali.

La materia possiede il potenziale (capacità, probabilità, possibilità) di trasformare in forze


l’energia virtuale per mezzo dell’informazione e in tal modo di commutare la realtà del nostro
mondo fisico, tridimensionale. Per noi essa è la “Realtà” perché con le forze che l’hanno originata
ne è risultata qualcosa di misurabile e di cui possiamo giustificare l’evidenza.

La commutazione dalla virtualità (potenzialità) in quello che noi chiamiamo realtà viene avviata
con l’assorbimento di una grandezza energetica selezionata, ossia attraverso risonanza. Un
principio molto noto dell’ermetismo dice: “Ogni simile può essere generato solo dal proprio
simile”. Attraverso l’assorbimento, attraverso la risonanza si collassa la probabilità (la
potenzialità) e sorgono i quanti che sviluppano forze concrete. Per indirizzare la risonanza e
così costruire i giusti ponti di forza, è necessaria l’informazione. Ogni essere materiale e ogni
evento riposa sempre ed esclusivamente su fisica e informazione.

Informazione, come la intendiamo in questo contesto, è un principio mentale con basi fisiche.
Non ha senso parlare d’informazione senza che sia riferita a qualcosa. Informazione nasce per il
fatto che viene quasi fissata una grandezza energetica o un campione energetico, “dall’oceano
delle infinite possibilità” dandogli significato e valore. Ciò vuol dire: - È in primo luogo il
comprendere l’informazione che la fa divenire informazione.

Informazioni in ultima analisi non sono altro che risposte a domande poste da noi o da altri
sistemi. Esse sono energia codificata che su richiesta viene intesa e decodificata (elemento base
dell’informazione e l’alternarsi sì-no = 1-0= 1 bit).

Ogni energia che con l’aiuto delle masse sviluppa forze all’interno della materia, è pulsata. Ogni
energia codificata da impulsi serve all’informazione. Anche il linguaggio appartiene a questa
categoria.
Descriveremo più avanti e ancor più da vicino l’essenza dell’informazione (vedi cap. 5). Qui ci
limitiamo a fare presente un principio della fisica quantistica per cui la pulsazione assume un
ruolo decisivo.

3.5 Il paradosso quantistico di Zenone

Nel National Institut of Standards Technology, Boulder Colorado, (NIST), gli ioni di berillio
all’interno di un contenitore furono sottoposti a onde radio ed eccitati durante 256 ms
(millisecondi). A seguito di ciò il totale degli ioni erano eccitati con il cento per cento delle
probabilità. Gli ioni però “si decisero”, credettero necessitare di uno stato di eccitazione più
elevato nel momento in cui vennero misurati (osservati) con un raggio laser.

Ecco in dettaglio i risultati:

Quando gli scienziati osservarono gli ioni dopo 128 ms, quelli eccitati, secondo le aspettative,
erano la metà.

Osservandoli 4 volte in intervalli regolari entro i 256 ms, gli ioni eccitati erano solo un terzo.

Osservando (naturalmente sempre al laser) 64 volte (ogni 4 ms) riscontravano pochi ioni in
stato di eccitazione. Erano tutti rimasti in uno stato di quiescenza (Itano 2009).

Si tratta qui del paradosso di Zenone adattato alla quantistica, dimostrato e ripetuto in
molteplici esperimenti: Stati quantici sotto osservazione continua, non si modificano
nemmeno quando su di essi agisce o provano ad agire energie eccitanti e in risonanza. Se noi
non distogliamo da loro la vista i loro livelli energetici rimangono congelati. Soltanto gli stati
quantici che non vengono osservati si trasformano. L’osservazione, la misura, il riconoscerli
impedisce la diffusione delle onde di probabilità. Per questo non ci sono più nuovi stati dentro
un periodo di tempo definito.

Osservazione ➔ Stato d’inerzia

Osservazione continua ➔ Congelamento

Osservazione a impulsi ➔ Nuovi stati continui

Affinché il processo non resti congelato, quiescente, entra in gioco la forza del pulsare.
Nell’organismo è tutto una pulsazione. In particolare, le coesioni dei composti molecolari
esistono solo in un lasso di tempo limitato. La durata della loro vita è in diretta correlazione con
l’energia del legame:

Valore medio dell’energia di Durata media della coesione


coesione molecolare

0,13-0,32 eV (agglomerato 10-10 a 10-12 secondi


acqua)

0,9 eV 0,1 secondi

1,5 eV 1,3 anni

1,8 eV 30.000 anni

eV = elettrone Volt

Ogni qualvolta un legame si rompe, viene liberata l’energia precedentemente immagazzinata.


Interessante in questo contesto è l’energia media del legame della sostanza ereditaria del DNA.
Essa corrisponde ad una durata di vita che coincide con molta esattezza al nostro assetto
arcaico interno. La costruzione dell’individuo di oggi conta un età di circa 30mila anni. Questo
lo si può dedurre dal fatto che il moderno “homo sapiens” dell’Africa non si distingue dalle
forme conosciute di 35-mila anni fa in Europa. L’uomo di Cro-Magnon, il primo “homo sapiens”
vivente in Europa, appartiene anatomicamente all’individuo moderno ed è vecchio di 25mila
anni. Le sue caratteristiche sono una fronte alta, un grosso cervello, un palato parabolico e un
mento sporgente. Dai suoi discendenti sono venuti fuori gli europei di oggi.

Cristalli e alcuni tipi di pietra sono strutture molecolari a griglia il che vuol dire che in esse, atomi,
ioni e molecole, si ripetono periodicamente costituendo una struttura spaziale geometrica
appariscente. I componenti di tali strutture si ripresentano e interagiscono energeticamente in
intervalli sempre uguali differenziandosi così dalla materia vivente. A causa di questa
osservazione continua, risonante, all’interno della griglia cristallina resta esclusa una modifica
veloce come nell’organismo vivente dentro cui tutto pulsa. Destino di ogni materia è il continuo
ciclo del costruire-ricostruire e così fare posto al nuovo.

Un’analogia interessante ce la fornisce l’induismo con la divina trinità Brahma, Vishnu e Shiva.
Risultato: tutto quello che noi come individui chiamiamo realtà, deve essere trasformato dalla
costruzione dell’informazione con il concorso d’informazione già esistente da una energia
virtuale nello spazio privo di massa (vuoto) in forza concreta. Nel nostro mondo spazio-
temporale non può esistere nulla che non abbia percorso questo processo.

L’origine delle forze, delle fasi temporali e dell’informazione “senso e valore” risulta, secondo la
quantistica, dalla commutazione di virtualità:

= “Oceano delle infinite possibilità”

= Sovrapposizione

= Coerenza con realtà

= Ancoraggio ad una delle possibilità

= Collasso della funzione d’onda

= Decoerenza

Dopodiché assumono validità le leggi della fisica classica.

Masse sempre più grandi sono sempre più soggette alla causalità e non più alla possibilità
statistica, alla virtualità, e diventano quindi oggetto di trattamento della fisica classica.

Le forze che agiscono tra le masse (nuclei degli atomi, elettroni) e le molecole (coesione) hanno
determinato:

1. Spazio: coordinate tra quello su cui agisce la forza di coesione.


2. Tempo: durata durante la quale la coesione rimane. Questa durata sta in correlazione
con l’energia di coesione.
3. Senso e valore: che deve essere interpretato dalla struttura finale affinché l’informazione
possa adempiere il suo compito.
3.6 Risonanza: cacciatore e amplificatore di energia

Quali possibilità abbiano noi per arrivare all’energia e all’informazione proveniente


“dall’oceano di tutte le possibilità”?

Energie che generano forze vengono di preferenza catturate tramite risonanza. Affinché la
situazione di risonanza venga riconosciuta come tale, devono affluire delle informazioni. Quali
sono queste informazioni?

Costruzioni di massa-spazio-tempo generano spazi che pongono limiti ad un volume.


Nell’individuo, quale costruzione, oggetto spazio-temporale, questi confini sono composti da
costituzioni più consistenti dell’ambiente che lo circonda: membrane, pareti cellulari, pareti dei
vasi sanguigni, tessuti che avvolgono il corpo con la pelle e molto più. Masse consistenti
significano un numero maggiore di molecole e quindi anche più elettroni.

Quando sugli elettroni agisce energia elettromagnetica che può scaturire da cariche oscillanti
in movimento (ogni elettrone accelerato o frenato emette quanti, nella più parte fotoni), gli
elettroni vengono eccitati, ripiombano poi nel loro stato originale e in questo istante emettono,
cedono energia propria sotto forma di oscillazione elettromagnetica spesso con la stessa
frequenza o con una simile alla loro. Siamo in presenza di riflessione.

Nel caso che questa oscillazione inviata si sovrapponga all’oscillazione in caduta, se le ampiezze
d’onda si sommano può risultare un’ampiezza di oscillazione più elevata, una risonanza. In tal
modo s’intensificano sempre di più anche le forze che risultano dall’informazione all’interno
delle oscillazioni. Da una piccola eccitazione energetica possono nascere costellazioni di forze
di enorme intensità che possono condurre alla distruzione, alla catastrofe (effetto distruttivo
ben noto in ingegneria).

In presenza di risonanza acustica i bicchieri di vetro si frantumano; nella risonanza


elettromagnetica in modalità di accoppiamento relativo i microfoni emettono
improvvisamente suoni stridenti. In presenza di risonanza psichica le vittime subiscono attacchi
di panico, “panic disorder”, come comunemente chiamati in gergo.

Ogni spazio permette oscillazioni di natura acustica ed elettromagnetica tipiche ad esso. Tutti i
quanti, anche gli elettroni, possono assumere due identità: oscillazioni o particelle in presenza
di comunicazione associata. Tutti gli elettroni presenti in uno spazio definito restano
subordinati alle grandezze oscillanti ammesse. La frequenza dell’oscillazione collettiva degli
elettroni dipende quindi da dimensione e forma dello spazio relativo. Sono ammessi solo onde
intere con valori di picco e di vallo. Le onde devono calzare esattamente tra le pareti opposte,
non sono ammesse semionde. Anche gli atomi che si trovano in questa cavità spaziale possono
venire eccitati dalle onde di risonanza spaziali adeguate. Questa energia essi la possono
riflettere nuovamente solo quando la cavità spaziale rimane identica. Se in presenza d’influssi
meccanici lo spazio si è deformato e la lunghezza d’onda non è più adeguata, l’atomo rimane
nello stato di eccitazione. Questo effetto venne per la prima volta confermato nel 1958 dagli
esperimenti di J.M. Sprnaay, dieci anni dopo la teoria di H. B. G. Casimir che gli diede il nome
(effetto Casimir). L’effetto Casimir vale in fisica per dimostrare che il vuoto è “quasi” vivo, pieno
di fluttuazioni che contengono energia.

In questo modo le composizioni materiali seguenti: atomo, densità degli elettroni e lo spazio
che avvolge questi due componenti e che regola le oscillazioni risonanti (propriamente detto,
la componente temporale dell’oscillazione, ovvero la frequenza di ripetizione di
un’oscillazione), sono sempre da considerare una unità. Anche uno spazio limitato, pieno o
vuoto che sia, è adatto per l’energia di risonanza e per le informazioni come le antenne riceventi
e trasmittenti che dal canto loro sono strutture spaziali limitate, specifiche per gli elettroni. C’è
ancora un’altra particolarità: il plasma. Viene così chiamato l’ambiente carico di particelle.
Ricerche russe hanno evidenziato che il nostro organismo è pieno di plasma sebbene la fisica
riconosce solo un ambiente di elettroni e ioni (Warnke 2008). Una tale fase del plasma non
sviluppa soltanto onde elettromagnetiche che oscillano sempre in perpendicolare sull’onda di
propagazione, bensì anche oscillazioni longitudinali. Si tratta qui di una forma oscillante
mediante la quale noi gustiamo, apprezziamo l’acustica. Nel plasma queste oscillazioni non
sono acustiche bensì di natura elettrostatica. Dentro la fase del plasma possono propagarsi solo
quelle onde la cui frequenza è più elevata della frequenza fondamentale degli elettroni del
plasma. In presenza di onde di bassa frequenza, cosa che vale per le oscillazioni longitudinali
con ioni ed elettroni quali portatori, avviene sempre riflessione totale simile a quella di una
piastra metallica e da ciò sorgono nuovamente le nostre tipiche strutture risonanti.

Ogni elettrone percepisce la particolarità di uno spazio e adatta di conseguenza il suo


comportamento. Egli si subordina alle frequenze oscillanti specifiche. Ogni spazio ha quindi la
sua frequenza fondamentale che è l’informazione per determinare la lunghezza delle onde.
Ogni frequenza corrisponde ad una precisa grandezza energetica quantica e con ciò ad una
determinata proprietà delle particelle di trasmissione. Noi abbiamo bisogno, usiamo,
necessitiamo degli spazi costruiti nel nostro organismo per attaccare ed estrarre dal vuoto
determinate grandezze energetiche tramite risonanza, amplificarle nello stesso tempo nel
collettivo delle particelle reagenti e per costruire ponti di collegamento tra le masse.

Ricapitoliamo per meglio memorizzare questi fatti nella loro futura esposizione:

La materia così costruita del nostro organismo, con i suoi campi di oscillazioni è necessaria:

1. Perché così sorgono risonanze che costruiscono i ponti di collegamento tra le masse.
2. Perché può venire estratta energia “dall’oceano delle infinite possibilità”. Essa viene poi
trattenuta, trasformata e nuovamente ridata come descritto precedentemente.
3. Perché beninteso, anche con l’aiuto delle masse il nostro organismo, costruzione
materiale, possa essere tenuto sulla superficie terrestre attraverso la forza di gravità.

Sorgono ora problemi inderogabili: In che modo possono venire selezionate e trasportate dallo
stato virtuale in quello reale determinate grandezze energetiche e d’informazione? E come
possono venire utilizzate nel mondo materiale queste energie e informazioni selezionate, per
la costruzione di un sistema sensato?
Innanzitutto è necessario un sistema di trasformazione che renda reali energie e informazione
trasportandole nel mondo materiale. Il secondo requisito è una memoria per questo campione
d’informazione, memoria che contenga il totale delle costruzioni e delle esperienze e a cui si
possa accedere a piacere. L’oceano delle infinite possibilità si presta naturalmente a questo
scopo.

Ci stanno due vie che ci indicano come da una “possibilità” si arrivi alla realtà o altrimenti detto:
come da energia e informazione virtuali indefinite possa sorgere materia e il suo effetto. Una
via, già delineata, della capacità di risonanza è data da strutture materiali esistenti con
orientamenti spaziali differenziati e spazi tra le masse. Per percorrerla necessitiamo il nostro
organismo. L’altra si sviluppa attraverso l’attività della consapevolezza e su questa ci
concentreremo più avanti.

La costruzione materiale diretta del nostro organismo, diventa possibile perché la memoria del
DNA con la memoria dell’oceano di tutte le possibilità provvedono a che molecole in
oscillazione risonante vengano continuamente distrutte e costruite e depositate al posto giusto
all’interno della matrice predeterminata del nostro organismo. In questo modo vengono
trasmesse le forze che ci conferiscono la resistenza necessaria permettendoci di funzionare.

La costruzione interna che abbiamo delineato adesso, è di nuovo dipendente dalle energie
presenti nell’ambiente esterno dell’individuo. Da una parte sono soprattutto i neuroni cerebrali
a contrassegnare in continuo nell’oceano delle infinite possibilità le diverse informazioni
individuali. D’altro canto l’individuo va ad attingere continuamente informazioni da questo
campo. In questo modello si può inserire anche la memoria del DNA. La costruzione elicoidale
delle molecole del DNA, come antenna di risonanza potrebbe servire ad attaccare informazioni
ben definite dell’oceano delle infinite possibilità (vedi cap. 5). Il nostro spirito o la
consapevolezza relativa interpreta queste informazioni “realizzate”, vi assegna senso e valore e
pilota conseguentemente la materia.

Dobbiamo adesso distinguere:

1. L’auto-organizzazione della materia (operazioni autoregolate energia-spazio)


2. La modulazione della materia attraverso l’intelletto (operazioni energia-spazio regolati
dalla consapevolezza)
3. La modulazione della materia sotto l’influsso di energie esterne.

Sebbene tutti e tre i fattori siano concatenati e coesistenti, ci occuperemo di seguito solo del
secondo, la modulazione della materia per mezzo dell’intelletto.
Capitolo 4 - Tutto trae origine dalla
consapevolezza
“La materia non esiste, esiste bensì un tessuto di energie a cui lo spirito intelligente diede la
forma…”

Max Planck

Possiamo senz’altro osare affermare che noi su questa terra viviamo in un corpo per accumulare
esperienze che non potremmo fare soltanto con le particelle elementari che lo compongono.
Ed è proprio a causa di questo processo: “fare esperienze”, che necessitiamo di una
consapevolezza.

Nel capitolo precedente abbiamo appreso che, con l’impiego della materia del nostro corpo,
“dall’oceano delle infinite possibilità” riusciamo a fissare informazioni concrete di particelle (dai
cosiddetti contenuti virtuali del vuoto), tramite le quali poi le forze agiscono sulla materia. La
domanda che adesso si pone è: Chi esegue questa azione e chi sono “IO”? Anche la risposta a
queste domande necessita di una consapevolezza. Ma cos’è, propriamente detto, questa
consapevolezza che noi rendiamo responsabile della nostra esperienza? La consapevolezza è
per noi talmente naturale che nessuno ormai si chiede cos’è. Essa per noi di solito non è conscia,
pur restando in assoluto la cognizione più importante che possediamo.

In che cosa consiste dunque lo stato di “essere consapevole” proprio all’essere umano? La
ricerca neurologica non ha ancora dato alcuna risposta valida a questa domanda.

Si è cercato di identificare in generale l’attività cerebrale con la consapevolezza, ma la prova è


fallita. Una gran parte delle nostre aree cerebrali rimangono attive nel sonno profondo, sotto
narcosi, in alcuni stati comatosi e negli attacchi epilettici, senza che si registrino stati
consapevoli. Anche il cervelletto è sempre attivo, possiede una concentrazione più elevata di
neuroni del cervello, eppure il suo contributo all’esperienza consapevole è irrilevante.

Dalla nascita della psicanalisi si parla sempre più di processi consapevoli e inconsapevoli, e
riallacciandosi alla dottrina di Sigmund Freud si suppone l’esistenza della struttura di una rete
molto vasta in grado di determinare le nostre funzioni vitali, senza che ciò ci sia consapevole. A
partire da tale momento inizia anche la distinzione del conscio dall’inconscio. Nella letteratura
vengono menzionati stati ulteriori di consapevolezza: della veglia, del sonno, del coma,
dell’agonia, ma per nessuno di essi esiste una definizione inequivocabile.

Non possedendo quindi una definizione generalmente valida per consapevolezza conscia e/o
inconscia, siamo costretti a cercarne una che stabilisca il significato da dare a questi termini, nel
contesto di questo trattato. Le persone convinte che gli stati di consapevolezza cambiano a
secondo delle situazioni, molto probabilmente sbagliano. La consapevolezza può infatti essere
intesa come un modo unico e ben preciso non soggetto a cambiamenti. Quello che cambia è la
finestra della percezione che viene aperta dal commutatore della ”consapevolezza”. Non ci
troviamo in un altro stato di consapevolezza, ci troviamo solo in presenza di percezioni diverse:
una percezione dell’IO, una percezione con caratteristiche di memoria che “fissa i ricordi”, una
percezione del sogno, e perfino una della morte vicina. Di certo, sono attivi altri tipi di
percezione come p.e. lo speciale sensorio nel sonno profondo.

Inoltre, la consapevolezza inconscia, o subcosciente, è sempre attiva e ci alimenta con


informazioni dal mondo delle emozioni. Il subcosciente, che più avanti nel capitolo 7
identificheremo quale anima, riconosce l’immensità. Ciò è un’evidenza basata sulle emozioni
primordiali (amore, odio, ecc.) che sono innate e sul fatto che la ragione non è in grado di
cogliere, rilevare l’attimo emotivo. Se la ragione si sforza d’individuare l’emozione attiva
dell’attuale momento, la stessa emozione sparisce e lascia il posto ad una nuova: “alla curiosità
della ragione”. La ragione quindi non è mai in condizione di dirigere direttamente l’emozione.
Però attraverso i pensieri scelti tramite la volontà è possibile dirigere stati d’animo. Anche la
fede appartiene a questa categoria perché è piuttosto causa di una guida indiretta
dell’attenzione.

Lo stato emotivo che noi definiamo “motivazione”, è decisivo per il nostro agire, tuttavia esso
agisce in modo del tutto inconscio. Non c’è nulla che avvenga senza motivazione. Forme di
motivazione dominanti sono cupidigia (volere avere tutto) e rifiuto (volere evitare). Per questo
definiamo:

Consapevolezza conscia è un modo che apre l’accesso al discernimento e all’elaborazione


dell’informazione che affluisce alla ragione. Consapevolezza inconscia è lo stesso modo che apre
l’accesso al discernimento e all’elaborazione dell’informazione che affluisce all’emozione.

Questa definizione serve a rendere chiara l’esistenza di una sola consapevolezza che a seconda
delle attività cerebrali fa ricorso a differenti possibilità e finestre di percezioni, suscitando
l’impressione di avere davanti a sé diversi stati di consapevolezza.

Se il modo cosciente/subcosciente gioca un ruolo talmente importante nella nostra vita,


dovremmo brevemente elencare tutto quello che con ciò ci è possibile collegare.

La consapevolezza conscia/inconscia necessita ad esempio di percezione e intelligenza,


memoria e ricordi. La consapevolezza organizza negli individui il totale dei pensieri, conoscenze
ed esperienze, il sapere, la volontà, i desideri e le intuizioni, come anche tutti i modelli di
emozioni e gli stati d’animo. Quando quindi incontreremo il termine “consapevolezza” nel testo
seguente, la consapevolezza subcosciente fa sempre parte di esso.

La consapevolezza, aprendo l’accesso all’informazione selezionata, assume anche la funzione di


motore dell’intelletto. L’intelletto condiziona il pensare, a cui seguono i pensieri. I pensieri del
sistema nervoso centrale sono emozioni elaborate in informazioni dal sistema nervoso
vegetativo. Il solo pensare non genera alcuna modifica della materia, ma pensieri combinati con
le emozioni influenzano sempre la materia del corpo, cosa che per esempio si lascia leggere
dalla mimica e dal lieve irrigidimento chiaro e palpabile della muscolatura se confrontati, p. es.,
con pensieri avversi. La consapevolezza assume quindi il ruolo d’interfaccia tra il campo
dell’informazione e la materia.

Essa però va ben più avanti e, oltre ad aprire l’accesso all’informazione, comanda anche la
percezione. I sensi vengono indirizzati e messi a fuoco su uno scopo specifico. Il che significa
che essi vengono scelti dalla consapevolezza per un’attività ben definita. La percezione stessa
è un atto dell’osservazione consapevole. Questo di nuovo contiene l’arte della ”omissione
creativa” di innumerevoli possibilità, filtro anche delle caratteristiche sensate estratte dal
coacervo generale. Possiamo quindi affermare che la consapevolezza è il modo mirato che porta
a livello di percezione e ordina le caratteristiche di oggetti e processi secondo il principio
“dell’identico che riconosce l’identico” e che noi abbiamo precedentemente conosciuto come
risonanza. Il percepito viene interpretato dalle emozioni, corredato di significato e importanza
e classificato dall’intelletto in uno schema. Così ha origine il mondo.

Le idee (visioni) sono figure consapevoli generate con significato e importanza. Esse guidano,
come in un sogno, la materia fisica esattamente quasi si trattasse di una situazione reale.

Proprio per questo, rappresentandosi una luce accecante le pupille si restringono. È il significato
di “accecante” che ha un ruolo determinante. Il solo pensiero di mordere un limone ci produce
salivazione, il cui detonatore è il termine “estremamente agro”. Guai a pensare intensamente di
soffrire di tachicardia o di altri disturbi cardiaci. Un pensiero che con molta probabilità si
trasformerà in realtà.

Per noi un mondo senza la nostra consapevolezza non può esistere. Anche le leggi naturali,
considerate irrefutabili e obiettive, non esisterebbero senza consapevolezza, perché anch’esse
traggono origine da essa. Tutto quello che gli individui sanno oggi e sapevano in passato, trae
sempre origine dalla consapevolezza. Essa è il procacciatore di tutto lo scibile. Non esiste
scienza e conoscenza che non sia passata attraversato il filtro della consapevolezza. Realtà che
non possiamo ignorare, ma che noi non prendiamo mai abbastanza in considerazione.

Se riteniamo le nostre definizioni plausibili, esiste quindi un ordine gerarchico dei momenti di
consapevolezza: così come la “consapevolezza delle cellule del corpo” costruisce gli organi con
l’aiuto delle informazioni inter scambiate, la consapevolezza degli organi costruisce organismi
e gli organismi formano le società, allo stesso modo la struttura percettiva del fattore della
consapevolezza assume un livello superiore con ogni nuova associazione, in quanto stanno
sempre a disposizione nuove strutture d’informazione.

Se dunque la consapevolezza è talmente essenziale per tutto, la teoria secondo la quale lo


spirito (vettore di consapevolezza) quale utente della consapevolezza si è sviluppato dalla
materia, dovrebbe essere invalidata. Dovrebbe invece essere la materia a derivare dallo spirito,
visto che ogni materia può essere riconosciuta sempre e solo attraverso la consapevolezza.
L’essenza della natura è di conseguenza piuttosto spirituale che materiale.
4.1 Indagare l’essenza della vita

Il miglior modo di comprendere l’essenza della vita è indagare in noi stessi, nel nostro IO,
ponendoci le giuste domande.

Stenditi rilassato e indirizza i tuoi pensieri su te stesso. Tu sai: “Qui giace il mio corpo e il mio
IO”. Mentre tu pensi a questo, si fa viva un’altra istanza che osserva tutto, compresi i tuoi
pensieri. Chi osserva i tuoi pensieri?

In ogni momento noi possiamo concentrare la nostra consapevolezza su un dato di fatto, una
circostanza precisa, p. es. su un bel fiore mentre passeggiamo. Oppure ci concentriamo su
qualcosa di preciso per poter azzeccare una scelta e mettere ordine nella giungla delle
informazioni. Chi impartisce questo incarico nello stato di veglia consapevole?

Esistono interessanti risultati da prove che dimostrano che il nostro cervello è attivo, pronto
per un’azione, sebbene la nostra consapevolezza sia ancora all’oscuro dell’azione (vedi più
avanti considerazioni nel paragrafo 4.9: “retroset” ecc.). Chi agisce in questo caso sebbene sia
dimostrato che non si tratta della consapevolezza da sveglio?

È stato anche più volte dimostrato in molteplici esperimenti che gli spettatori che hanno
seguito su uno schermo la proiezione di una sequenza d’immagini a caso, possono anticipare il
contenuto relativo alla prossima, per esempio di un panorama, di un incidente o di una tematica
a sfondo sessuale. In altri termini: gli spettatori immaginano già quali contenuti seguiranno,
sebbene l’immagine non sia ancora visibile. Questo fenomeno si può riprodurre e porta il nome
di effetto anticipante. Ma chi o cosa di noi è in grado di sapere quello che ancora non è stato
presentato?

Quando un raggio laser, come quello del puntatore, si posa a piacere sui punti di una curva
proiettata da un’apparecchiatura su una parete bianca, il nostro occhio si posiziona
esattamente sei millesimi di secondo prima sul punto preciso dove il raggio sarà indirizzato
casualmente senza alcuna informazione conscia che lo prevede.

È evidente che in un primo momento potremmo immaginare il proprio IO dietro l’istanza


superiore. Nessun dubbio: Io vivo con consapevolezza ma il mio IO evidentemente non è
identico alla consapevolezza. Esso resta fuori dalla consapevolezza. Il mio IO amministra e usa
la consapevolezza. Esso è come quello che indica la strada e in quanto tale è esso stesso
autoistanza. In effetti il mio IO impiega la consapevolezza per stabilire gli scopi. Consapevolezza
e IO si condizionano vicendevolmente. Ciò non esclude che esistano altre essenze che
presentano ugualmente le caratteristiche di una consapevolezza.

Nel contesto di questo trattato e a complemento di quanto stabilito sopra, vogliamo quindi
definire la consapevolezza come segue:

Consapevolezza è il movente e la capacità di un essere di riconoscere l’informazione come tale e di


elaborarla conforme allo scopo, ossia intelligentemente.
La consapevolezza è di conseguenza un processo. Se questa definizione è esatta, ci troviamo di
fronte ad un problema. Così dicendo ogni computer avrebbe una consapevolezza e l’essere
umano alla fine verrebbe ridotto ad un computer. Assolutamente no! Al concetto di
consapevolezza non abbiamo ancora assegnato il valore riconosciuto al ruolo della
consapevolezza subconscia.

Questa consapevolezza inconscia, definita anche “emotiva”, è la capacità di riconoscere ed


elaborare intelligentemente informazioni che defluiscono dalle emozioni innate. Più del 95 per
cento del totale delle informazioni elaborate che fanno capo alle proprie funzioni vitali viene
attuato tramite la consapevolezza subconscia che immagazzina circa un miliardo di unità
d’informazioni al secondo e delle quali normalmente solo l’uno per cento supera la soglia della
percezione consapevole.

Alla consapevolezza conscia, diurna, dell’intelletto, sfugge ogni controllo sulle attività delle
emozioni di quella inconscia, che scorrono automaticamente e va bene così, perché
l’automatismo estremamente intelligente della consapevolezza inconscia serve in ultima
analisi a proteggere quella conscia permettendoci di concentrarci sull’essenziale senza
rimanere sommersi, inibiti, travolti dalla piena delle informazioni.

Un computer non ha emozioni e non ha nemmeno alcuna capacità di elaborarle. Per questo gli
organismi sono di gran lunga ben più che un computer e l’essere umano non sarà mai sostituito
da una intelligenza artificiale.

L’IO, con l’aggiunta di conscio/subconscio lo possiamo definire autoistanza. È importante sapere


che l’autoistanza senza una consapevolezza resterebbe completamente isolata e non potrebbe
sussistere così come noi esseri umani la conosciamo dalla natura. Uno sviluppo ulteriore
sarebbe escluso in assoluto. Con la consapevolezza invece l’autoistanza è causa e origine di ogni
assetto perché elabora diligentemente le informazioni. L’autoistanza è una entità in sviluppo
continuo con una grande capacità di memoria. Essa appartiene all’essenza della nostra vita.

4.2 Come la consapevolezza pilota la materia del corpo

La nostra quotidianità è impregnata dalla volontà di fare qualcosa e dalla fede di poterla fare
senza che questo richieda una riflessione particolare. Il processo si svolge inconsciamente.
Motivazione, fiducia e fede si servono di emozioni innate per regolare automaticamente il
totale delle funzioni del nostro corpo (circolazione del sangue, ripartizione e alimentazione
dell’energia, mimica, portamento e ben oltre) e indirizzarle per mettere a fuoco ed eseguire
l’azione desiderata. Se motivazione e fede, giorno dopo giorno guidano il nostro corpo, questo
avviene anche in caso di malattia. Se noi potessimo manipolare la fede tanto da farla operare
come potere curativo, la guarigione non sarebbe facile da ottenere? Quali energie si celano
dietro questo meccanismo dell’inconscio? Dove si situano i confini della sua efficacia?

Il processo di messa a fuoco si scontra però con un ostacolo massiccio e di non poco conto. Non
ti sei mai reso conto che nella tua mente ronzano una quantità di pensieri impossibile da
rimuovere? Questo inizia al mattino quando apri gli occhi e finisce la sera quando ti addormenti.
E i pensieri non si assentano nemmeno dai nostri sogni, solo nelle fasi di sonno profondo essi ci
lasciano in pace. Si stima che una persona elabori la media di 40 mila pensieri al giorno. Essi
sono indispensabili per pianificare poi l’elaborazione delle informazioni. Ed essi non solo
possono attivare “il Volere” che agisce sulla materia, ma possono anche “snervare” e bloccare
proprietà e stati d’animo quali saggezza, tranquillità e calma che ci sarebbero molto più utili. I
pensieri fluiscono sempre secondo un modello ricorrente. Essi si riferiscono o ad esperienze
passate o a possibili eventi futuri. Per molte persone è fatale la sensazione di frustrazione
quando in passato qualcosa non è andata per il verso desiderato mentre il futuro si delinea
incerto. Domina la paura che potrebbe succedere un guaio o che il passato insoddisfacente si
ripresenti ancora una volta. I motivi che mettono paura, e terrore, che ci rendono incerti, sono
tanti, e così il presente, unica situazione reale della vita, viene avvelenato da emozioni negative.

I pensieri consumano un’enorme quantità di energia. In particolare i pensieri negativi che


segnalano “allarme” persistente, gravano sul totale del nostro bilancio energetico.

La designazione “buono”/“cattivo”, “utile/ “dannoso” sull’etichetta incollata nella centrale di


valutazione, dipende dal senso e dal valore o significato/importanza che diamo a qualcosa, ad
una situazione. Come si sviluppa questo?

Noi, ognuno per sé, quando commutiamo la realtà, siamo creativi. Ciò ci riesce sempre quando
ci rifacciamo alle caratteristiche di qualcosa o di un processo. Per riconoscere caratteristiche,
dobbiamo necessariamente dar loro significato e importanza. Contemporaneamente
dobbiamo essere in grado di paragonarle con altre caratteristiche alle quali già in passato
abbiamo dato significato e importanza o valore. Brevemente detto: noi usiamo esperienza.

E qui si pone nuovamente il seguente quesito: “Chi dentro di noi è in grado di giudicare, di
assegnare valore e significato?” La risposta è inequivocabile: È il mondo delle nostre emozioni!
Stranamente le emozioni primarie che ci permettono di esprimere un giudizio su un processo
o un evento, sono innate. Assieme a tante altre abbiamo da un lato gioia, tristezza, amore, senso
di benessere e sicurezza e d’altro lato odio, ira, paura. Sotto questi aspetti noi tutti ci
rassomigliamo ben più che sotto altri. Anche molti animali posseggono questo tipo di emozioni.
Se noi possediamo qualcosa comune a tutti noi, stimoli risonanti sono possibili. Ci lasciamo
quindi contaminare vicendevolmente da determinate emozioni. Gioiamo insieme, piangiamo
insieme e così innestiamo l’unione e la dinamica di gruppo e avvaloriamo l’azione. Da piccoli
siamo costretti ad apprendere dai nostri genitori e dalle persone di nostro riferimento come
proiettare le nostre emozioni innate sui processi appropriati. L’effetto di gruppo ci facilita
questo apprendimento che, una volta compiuto, ci permette di valutare integralmente gli
eventi che si riproducono dentro di noi e attorno a noi. “Integralmente”, in questo contesto,
significa che non ci soffermiamo all’analisi dei singoli fattori che accompagnano gli eventi. Più
di ogni altra cosa è la sensazione che cresce dentro di noi a farci dire quello che in ciò è buono
e quello che è cattivo. Proprio questo gli assegna significato e importanza e solo adesso l’evento
diventa per noi reale.
Gli impulsi più importanti della nostra esistenza, traggono origine dalla centrale delle nostre
emozioni. Questo dato di fatto ci occuperà continuamente in questo trattato. Emozioni e
pensiero non si lasciano separare. La realtà che attraverso le nostre emozioni entra nella nostra
vita, guida le funzioni del nostro corpo. Emozioni sono la sostanza che accompagna tutti i nostri
pensieri. Se impieghiamo le emozioni con molta parsimonia diamo la sensazione di essere
piuttosto “freddi” o intellettuali, se invece le esprimiamo con forza ci mostriamo “emozionali”.
Intellettuale in questo caso significa che in primo piano c’è lo sforzo di capire un processo o una
faccenda determinata. Emozionale, che etimologicamente si riferisce al “muoversi verso
l’esterno, esteriorizzarsi”, significa che il mio corpo si prepara alla reazione ad un evento e
contemporaneamente segnala al mio ambiente quello che avviene in me stesso e come si
manifesta.

Il totale degli interessi, ogni motivazione, tutti i valori poggiano sulle emozioni. Noi viviamo i
nostri giorni felici, allegri, eccitanti o deprimenti, noiosi, deludenti. Perfino il proposito di
abbordare una situazione da un punto di vista strettamente logico è una scelta, una decisione
emozionale.

Nel sistema nervoso cerebrale pienamente occupato a elaborare il totale degli stimoli sensori
per un impiego utile, assegnando continuamente significato e importanza e occupato a
pianificare i pensieri, da stime riconosciute hanno luogo circa 2,3 milioni di miliardi (2,3 x 1015)
di operazioni di calcolo al secondo. E poiché l’alimentazione energetica del cervello è sempre
prioritaria, questa energia fa difetto in altri posti. Influenze ambientali come antenne di
comunicazione mobili o statiche più una grande quantità di Noxa o agenti patogeni, acuiscono
significativamente il problema del consumo energetico.

La deficienza energetica rende estremamente vulnerabili le cellule del sistema nervoso e


muscolare. All’inizio noi siamo nervosi e tesi, e quando la mancanza di energia tende a durare
arrivano allora i disturbi funzionali più diversi. Corpo e psiche soffrono e queste sofferenze si
amplificano a vicenda. Tinnito, sordità, insonnia, irrequietezza, bourn-out e depressioni sono le
conseguenze. La prossima intensificazione sbocca nella malattia che si manifesta quasi
ovunque come infiammazioni in più organi con espansione nel corpo intero. Dopo diversi anni
il cancro è un risultato quasi ineluttabile.

Il tremendo carico di stimoli e informazioni in presenza di deficienza energetica è la causa del


forte aumento di malattie psichiche. Dai dati delle casse malati, in Germania queste patologie
da 500mila nel 1990, erano il doppio nel 2012. Anche in Francia, Nord America e Giappone le
malattie psichiche sono in continuo aumento. Lo stesso vale per i paesi con una crescita
economica esplosiva come Cina e Brasile. Le depressioni secondo quando rilevato dall’OMS, si
situano nel frattempo al secondo posto come causa di invalidità di lunga durata.

Come possiamo invertire la marcia? Come lavorano insieme dentro di noi le componenti? È un
tema che tratteremo nel prossimo capitolo.

Fino ad ora abbiamo presentato le proprietà più importanti delle singole componenti delle
persone in forma più o meno isolata. Ma è proprio il gioco di squadra di tutte le componenti
che connota gl’individui. Dall’osservazione di questo gioco di squadra si schiudono ai nostri
occhi meccanismi che ci lasciano con il fiato sospeso.

4.3 Il principio del feedback percettivo

La ricerca cerebrale utilizza congegni sempre più complessi e dispendiosi come gli scanner, ma
le risposte decisive restano tanto lontane quanto in passato: Come e perché io sono in grado di
stimare, valutare l’ambiente? Come posso lasciare fluire un comportamento specifico? Come mi
viene assegnato il libero arbitrio? Anche queste domande restano al presente senza risposta.

Noi siamo capaci di rendere visibili sia aree cerebrali che vengono attivate in presenza di
compiti specifici e sia il livello di metabolismo, ma nessuno sa perché questo avviene e quali
esatte deduzioni possa io trarre da queste mie attività cerebrali.

Si sorvola sempre sul fatto che le nostre attività cerebrali e il comportamento che ne deriva,
siano state precedute da processi di apprendimento molto intensi. Esperienza e competenza
cognitiva sono una combinazione del sapere acquisito, ed è proprio tale combinazione che
guida la nostra vita dentro la comunità sociale.

Un cervello, se trattato superficialmente, rassomiglia ad un calcolatore, ma le sue prestazioni


non trovano spiegazioni nella struttura meccanica. Prestazioni e strutture cerebrali possono
cambiare continuamente e risultano da un processo interattivo tra il mondo interiore e
l’ambiente. È decisiva l’attribuzione di un senso, di un significato precisamente sempre diverso.
Ma chi attribuisce al processo in corso un significato? La risposta plausibile suona: l’IO sommato
alla consapevolezza, e quindi la nostra autoistanza.

La reazione mirata di un organo la richiamo p. e. quando m’immedesimo consapevolmente


nell’organo relativo in modo retroattivo. Sollevare il braccio quando lo voglio, mi riesce perché
dall’esperienza sono convinto che ciò funziona. Il successo deve diventare consapevole con
l’aiuto dei sensi. Solo allora posso veramente avvertire, p.es. l’irrorazione sanguigna (la
vampata) riattivata dalla rappresentazione mentale e il calore del viso o dei piedi, proprio
perché in realtà adesso tutto ciò si riproduce per esperienza, in modo retroattivo. Allenandomi
per un certo periodo, la reazione si riproduce automaticamente, quindi inconsciamente.

È come andare in bicicletta o guidare un’auto. Una volta appreso ed esercitato va da sé. Reazioni
condizionate e/o acquisite possono defluire inconsciamente come risultato di riflessi
consapevoli. Condizionate significa che in presenza di un evento, stimolo-reazione, hanno
anche un ruolo l’ambiente e le circostanze. Facciamo conto che io ogni sera prenda posto in una
poltrona specifica, accendo la TV e guardo il telegiornale e quello che vedo mi fa sempre
arrabbiare. Dopo due settimane sono già arrabbiato quando prendo posto nella poltrona
sebbene ancora non abbia acceso la TV. Il mio organismo ha assorbito le diverse influenze senza
sceglierle e reagisce. Questo principio viene messo a profitto positivamente nell’allenamento
autogeno che produce una miscela di ormoni servita solo in presenza di condizionamento.
Abitualmente viene tacitamente premesso che in ogni essere l’IO soggetto è presente come
previsto dalla natura.

Evidentemente, perfino l’accettare il proprio IO e la sua utilità è un processo di apprendimento.


Da lattanti scopriamo in primo luogo la soggettività delle persone che si occupano di noi. In una
fase più avanzata “assorbiamo” tali caratteristiche. I mediatori di questo processo sono i neuroni
riflessi. Quando il bimbo riconosce il sorriso della mamma, risponde con un sorriso. La successiva
reazione del comportamento della madre viene registrata e il bimbo impara a vedere se stesso
detonatore di questa reazione. Ne risulta un riflesso che possiamo definire sociale. Non passa
poi molto a che il bambino si serva volutamente di questo meccanismo e si stabilisca un IO
attore arbitrario.

Wofgang Prinz, direttore e ricercatore di neurologia scientifica e cognitiva dell’istituto Max


Planck di Lipsia si occupa di self construal. La sua tesi suona così: «L’IO non è il mio cervello. Non
è nemmeno il mio corpo o il mio intelletto. Il “Se Stesso” individuale e spirituale è costruito
dall’ambiente secondo la norma e attraverso un continuo effetto retroattivo durante lo
sviluppo. Esso funziona come l’intero processo di evoluzione dell’essere, evoluzione che in
definitiva è l’adeguamento di una prestazione all’esigenze e al feedback dell’ambiente
rispettivo. Decisivo per il self construal è, accanto al rapporto iniziale bambino-ambiente, la
cultura specifica nella quale il bambino cresce. Nelle culture asiatiche, il concetto di sé come
persona si differenzia chiaramente da quello dei paesi industriali occidentali».

I processi di apprendimento diventano abitudini e anche queste modificano l’immagine del


“Sé”, ma l’effetto reattivo gioca sempre un ruolo decisivo. Il che vuol dire che gl’individui non
sono affatto stabili, bensì si lasciano “formare” senza interruzione dai condizionamenti. L’IO è
una costruzione che trae origine dal contesto dell’ambiente relativo, attraverso l’effetto
reattivo. Senza un dirimpettaio sociale non è possibile formare una demarcazione dell’IO. Ci
troveremmo davanti al fenomeno Kaspar-Hauser.

Da questo possiamo dedurre che un IO può essere trovato e riconosciuto solo in interazione
con l’ambiente, cosa che può avvenire soltanto in connessione con una consapevolezza. È così
che si costituisce la comunità dominante con le sue norme di coabitazione.

Il nostro IO e la nostra consapevolezza sono inseparabili come le due facce di una medaglia.
Sebbene noi poc’anzi fossimo risaliti alla causa e origine del nostro IO, restiamo ancora
all’oscuro sul ruolo che esso gioca nella struttura della realtà.

4.4 La percezione a distanza: Remote Viewing

“Remote Viewing” tratta quei fenomeni che mostrano che la persona tramite l’attività
cerebrale propria e rispettivamente del subcosciente può arrivare a spillare frammenti di dati
da una sorta di campo delle informazioni. Alla base ci sta l’idea che l’essere umano e l’animale
sono in condizioni di accedere mentalmente a informazioni lontane nel tempo e nello spazio.
Nel 1972 si diede mano a un progetto di ricerca della durata di ben più di dieci anni presso lo
Standford Research di Menlo Park in California. Scopo del progetto con il nome SCANATE (scan
by coordinate) era di mettere mano concretamente al subcosciente al fine di ottenere frammenti
di dati di situazioni reali ed eventi lontani nello spazio e nel tempo. Il progetto era promosso
dalla CIA, dalla DIA (defence Intelligence Agency) e dall’US Army con finanziamenti che tra il 1983
e il 1989, ammontarono a circa 20 milioni di Dollari.

Cognizione acquisita: con Remote Viewing fu possibile fornire risultati utilizzabili punto per
punto, ma il procedimento non permise alcuna costante in grado di riprodurli a piacere dietro
comando. I risultati migliori si ottennero quando il soggetto di prova descrisse spontaneamente
le impressioni che emergevano, così come esse gli si offrivano senza provare a mischiarle con
ricordi e interpretazioni o di falsificarle attraverso associazioni (Puthoff 2001).

4.5 Consapevolezza: causa e non conseguenza dell'attività cerebrale

L’IO e la consapevolezza albergano nella mente o nel cervello? La domanda è posta


erroneamente almeno tanto come quella che dice: I programmi televisivi sono nel televisore?
Oppure: La musica è nel CD?

Televisore e CD sono solo ricevitore e strumenti per la riproduzione di volta in volta di proprietà
e così anche il cervello. Il cervello è un attrezzo che ci permette soprattutto di fare esperienza
e di potere memorizzare contemporaneamente ricordi in una rete. Lo possiamo definire
l’Hardware. Medici, psicologi, neurologi e fisici, tutti designano la consapevolezza come
nocciolo dell’essenza dell’Essere e spesso anche quale centro delle loro attività di ricerca.
Eppure s’impantanano senza sapersi trarre d’impiccio quando si tratta di spiegare la
consapevolezza. Il loro errore è presumere la consapevolezza come conseguenza dell’attività
del sistema nervoso cerebrale. Sembra invece essere più corretto che la consapevolezza sia la
causa dell’attività neuro-cerebrale e non la conseguenza. La consapevolezza si serve del sistema
nervoso al fine di percepire.

Alcune ferite possono beninteso distruggere i collegamenti neuronali del cervello e


compromettere la consapevolezza, così almeno sembra. Ma ciò non dimostra affatto che la
consapevolezza sia una effetto dell’attività della rete neuro-cerebrale. Si può sempre postulare
che sia il cervello ad essere una conseguenza del principio di consapevolezza. Ha sofferto
soltanto la percezione, ed è distrutta la trasformazione motoria del percepito che con l’aiuto
del cervello e delle sue reti nervose viene pilotato attraverso la nostra consapevolezza.

Rifacciamoci nuovamente all’esempio del televisore per meglio illustrare il postulato. Un difetto
può compromettere la funzionalità dell’apparecchio sebbene il raggio di frequenza esterno che
convoglia le informazioni sia presente. Informazioni, enunciati, senso e importanza che
l’immagine della TV contiene, non possono essere misurati con un’apparecchiatura e, secondo
i criteri scientifici, tutto quello che non è misurabile è in pratica irrilevante e probabilmente
inesistente.
Nonostante questa incoerenza, l’establishment scientifico affermerebbe obiettivamente che
l’informazione contenuta nell’immagine è disponibile sebbene non fruibile. Tuttavia ecco la
prossima difficoltà: davanti a una TV funzionante, tutti guardano la stessa emissione ma ognuno
la trasforma in informazione secondo la propria struttura mentale assolutamente soggettiva,
interpretata diversamente secondo il proprio punto di vista. Ogni informazione che con l’aiuto
della consapevolezza arriva all’IO, viene dunque elaborata diversamente in funzione del
substrato di esperienze che questo IO ha fatto fino a quel momento (vedi cap. 5). Le
conseguenze di tale processo sono le diverse convinzioni che s’incontrano nella realtà sociale.

Il cervello resta sempre solo uno strumento per accoppiare con la materia il principio spirituale
di consapevolezza. La consapevolezza non comprende nemmeno l’aspetto microscopico del
corpo come terreno dell’organizzazione, sebbene in esso vi scorra l’evento funzionale. Essa
lavora più che altro con fini, fatti, immagini, forme, strutture, raffigurazioni e li àncora alla
materia.

Eppure, sensazioni attivate dal subcosciente, influenzano il piano microscopico. Come


potrebbero altrimenti svilupparsi le emozioni? Riso, pianto, stimoli ormonali, distribuzione di
neurotrasmettitori, tutto questo si basa sul condizionamento di composti molecolari. Quando
i miei muscoli facciali plasmano un sorriso, quando le mie ghiandole lacrimali versano lacrime,
siamo sempre in presenza di una modifica di strutture molecolari. E tutto questo avviene solo
attraverso la modulazione degli spin degli elettroni coinvolti. La modulazione dello spin è un
meccanismo decoerente necessario per innestare la realtà. Come questo meccanismo funziona,
lo vedremo nel capitolo 7.

Con ciò, le emozioni sono i “tecnici” specialisti che si servono dell’energia per commutare la
realtà. Quello che viene percepito come “vero” convince, guida quindi la realtà. Noi siamo sia
raziocinio/sentimento/intelletto e sia anche anima/umore/emozioni. Per la nostra forma di
comunicazione interpersonale impieghiamo un linguaggio che abbiamo appreso all’interno di
una cultura, e con esso creiamo un mondo immaginifico esclusivamente intellettuale. Il
linguaggio è una convenzione circa il significato di un gruppo di segnali, di un segnale campione,
che noi riceviamo e interpretiamo sotto forma d’immagini.

Sebbene i nostri pensieri operino e si manifestino con parole e immagini, lo stesso cervello non
si esprime attraverso parole con il resto del corpo, bensì nel linguaggio di campi e oscillazioni
che si sovrappongono come un ologramma. È il linguaggio delle fasi delle oscillazioni, della loro
elongazione e della loro frequenza. Noi percepiamo il mondo esterno entrando con lui in una
sorta di risonanza e sollecitando le nostre oscillazioni che si trovano “in attesa”, quasi
sincronizzandole con quelle degli oggetti, come Lynne MacTaggert sviluppa nel suo libro “Il
Campo del Punto Zero” al capitolo 5.

L’argomento centrale è rimasto ancora inosservato: La mia volontà e le mie sensazioni sono puri
processi mentali informativi. Essi però influenzano le strutture materiali. Dove troviamo noi il
meccanismo che commuta i processi mentali in processi materiali? E come funziona questa
commutazione? Daremo le risposte nel capitolo 7 di questo trattato.
4.6 Consapevolezza universale e memoria di fondo campo delle informazioni

Secondo la nostra definizione precedente, la consapevolezza è in primo luogo una proprietà


del nostro sistema fisico-mentale-spirituale (vedi anche cap. 7). Come può la natura nel corso
della sua evoluzione dotarci di consapevolezza se essa stessa non ne possiede una? Di rimbalzo,
la natura è un prodotto dell’universo per cui noi possiamo postulare che anche l’universo
possiede una consapevolezza.

Dopo avere appreso che la nostra consapevolezza può azionare la realtà ed elaborare
informazioni finalizzate e dopo avere stabilito che la consapevolezza è una proprietà
universale, ci dobbiamo chiedere se anche la consapevolezza universale può azionare la realtà.
Per logica la risposta è affermativa: essa commuta informazioni finalizzate. Gli effetti li vediamo
nei risultati del processo dell’evoluzione. Con ciò è chiaro che la consapevolezza cosmica
compresa quella del settore che noi chiamiamo natura, in principio è identica alla nostra.

Il fisico Eugene Paul Wigner (1902-1995), premio Nobel 1963, a proposito di ciò disse: «la teoria
quantica dimostra l’esistenza di una consapevolezza universale nel cosmo».

Noi postuliamo: la consapevolezza universale è composta dalla consapevolezza del totale degli
enti. Essa comprende la somma di tutti gli istanti di consapevolezza dei singoli esseri e causa la
forza creativa universale.

Albert Einstein disse: «Un essere umano è la parte di un tutto che noi chiamiamo Universo… Egli
apprende se stesso, le proprie emozioni e i propri pensieri, come separati da tutto il resto, una
sorta d’illusione ottica della propria consapevolezza» (vedi Wilber, Halbzeit der Evolution,
1984).

Esperienze consapevoli, ricordi, il vissuto, necessitano capacità di memorizzazione e la


possibilità di riaccedervi velocemente. Se noi siamo parte del tutto è ovvio che la
consapevolezza non solo ricorre al trasferimento d’informazioni limitato a noi stessi ma anche
che si serva dell’Oceano delle Immense Possibilità. Tutti i nostri ricordi non traggono origine
dalle strutture cerebrali, come lo scibile ufficiale pretende sempre di specificare, bensì da un
serbatoio universale di immane grandezza che memorizza informazioni (Campo Psi, Campo
Punto Zero, Vuoto, Oceano delle Immense Possibilità). L’intensità del collegamento con questo
serbatoio d’informazioni varia da individuo a individuo.

Alcuni esperti di questo settore, sulla base delle ricerche, propagano una interdipendenza tra
campo d’informazione, consapevolezza, e memoria. Walter Schempp, docente di matematica
all’università di Siegen e ricercatore del Campo Punto Zero, afferma che memoria a lungo e
memoria a breve termine non giacciono nel cervello, bensì nel Campo Punto Zero (Schempp
1993/McTaggert 2007 cap. 5).

M. Jibu e K. Yasue, due ricercatori con eccellenti conoscenze della materia, dicono: «Quello che
noi conserviamo nei ricordi, è semplicemente un’emissione coerente di segnali dal Campo
Punto Zero. Ricordi più estesi sono raggruppamenti strutturati di tali funzioni oscillanti»
(Jibu/Yasue, 1993).

Di conseguenza tutto quello che un giorno accadde, è impresso in un campo d’informazioni. Ma


le informazioni possono essere elaborate da noi solo sulla base del vissuto di cui abbiamo fatto
esperienza fino ad ora. In questo modo la consapevolezza ci permette di fare esperienze e di
elaborarle in forma mirata. Ogni conoscenza individuale è quindi punto di partenza per processi
trasformati dalla consapevolezza, motivo per cui ogni singolo individuo agisce, pensa e sente
diversamente.

Secondo la fisica quantistica sono solo forza competente, tempo competente e informazione
competente, quindi reale, le caratteristiche possibili di evidenziare. L’entità (= ciò che ha un
essere) che non espone alcuna caratteristica, resta oscillazione nell’Oceano delle Infinite
Possibilità.

Da queste proprietà quantistiche risulta un aspetto interessante: poiché la consapevolezza non


ha alcuna proprietà al di fuori di se stessa, essa può rimanere universale quale oscillazione e, nel
caso di uso concreto, presentare attraverso l’IO alla ragione e alle emozioni che sviluppano le
percezioni come entità, ma anche come singoli bocconcini del tutto, e così mediare tra il campo
d’informazione universale e la materia.

Ma se la consapevolezza è una proprietà universale, essa sorpassa il piano dell’autoistanza.


Devono dunque esserci una o più istanze superiori al nostro IO.

Esiste un IO paragonabile dell’universo? Oppure un Se Stesso universale che contiene la


consapevolezza assoluta?

Il campo universale dell’informazione viene modulato nella sua struttura attraverso noi
individui, e il suo effetto rimbalza su di noi. Anche qui interviene il principio dell’effetto
retroattivo:

 Noi crediamo (sappiamo) basandoci sui nostri pensieri e sulle nostre emozioni.
 I nostri pensieri e le nostre emozioni sono una conseguenza delle nostre esperienze.
 Le nostre esperienze provengono dalla nostra consapevolezza conscia e inconscia.
 I nostri momenti di consapevolezza sono parte di un campo d’informazione individuale.
 Il campo d’informazione individuale è parte essenziale dello spirito universale.

Nel Dhammapada, una raccolta di massime del Budda, sta scritto:

«Lo spirito è il precursore di tutte le cose, l’essenza di base di tutto quello che esiste. Tutte le
cose traggono origine dallo spirito, sono state create e guidate dallo spirito».

Il Se Stesso universale con consapevolezza assoluta sarebbe un campo delle informazioni


ancestrali complete e potenza dell’ordine. Possiamo noi raggiungere e attingere a questo Se
Stesso universale con il nostro volere per ottenere per esempio guarigione intesa come
ripristino di un ordine primordiale?

4.7 Anche il tempo trae origine dalla consapevolezza

Il tempo non si mette in discussione. Lo conosciamo fin da piccoli come un susseguirsi


cronologico o come orario. Il movimento rotatorio della terra attorno al proprio asse regola il
giorno e la notte in relazione al sole. L’asse terrestre determina i mesi e le stagioni durante il suo
movimento di rivoluzione. L’orologio accompagna da tempo l’uomo, e il tempo è oggi una
componente con sempre maggiore importanza. Tutta la vita è sincronizzata sul tempo. Poiché
esso è fortemente ancorato nel nostro pensiero, nel nostro linguaggio e nel nostro modo di
agire, siamo certi in assoluto che esiste:

1. un passato ben definito,


2. un presente immediato,
3. un futuro aperto.

Questo è solo una illusione perché passato e futuro sono puri risultati del pensiero.
L’impressione di un tempo che va, è l’effetto che la consapevolezza con l’aiuto della percezione,
delle emozioni e della ragione ci presenta come un susseguirsi di singoli eventi. Senza
consapevolezza non esistono eventi e in assenza di eventi la consapevolezza si spegne.

Ecco un esempio da esperimenti eseguiti in Russia: Il soggetto di prova giace nell’acqua calda
nel buio più assoluto dentro un tubo totalmente insonorizzato. A seguito dei risultati è
accertato che, per l’assenza assoluta di avvenimenti, la sua facoltà mentale consapevole e
pianificatrice si arresta abbastanza presto. Al suo posto subentrano allucinazioni o l’immersione
in un altro mondo.

L’interpretare, dare valore, catalogare e dividere il mondo, generare una struttura del tempo è
oggetto della ragione. Assetto e logica sono connessi a decorsi di tempo passati, presenti e
futuri.

La consapevolezza non fa altro che rilevarli e computarli quali contrasti, diventando così anche
generatrice del tempo. Luce e buio, caldo e freddo, silenzio e rumore sono opposti che rendono
possibili la percezione di un cambiamento di un prima e di un dopo e così del flusso del tempo.
Noi dipendiamo quindi dalla percezione degli opposti. Io non posso sapere cosa è il freddo se
non ho mai conosciuto il caldo e il torrido. Io non so cosa è la gioia senza avere conosciuto la
tristezza e la melanconia. Esempi del genere ce ne stanno un’infinità. Riceviamo informazioni
solo quando noi discerniamo differenze tra punti nello spazio e nel tempo e possiamo percepire
l’ambiente attorno a noi solo quando esso ci presenta differenze fisiche che abbondano nei
campioni d’interferenza delle frequenze fondamentali.

Il tempo non è altro che un susseguirsi di eventi: la percezione di un prima e di un dopo. Lo


scorrere del tempo è il movimento tra un “prima di” e un “dopo di” e quale grandezza misurabile
deve essere riconosciuto e valutato da una consapevolezza, senza la quale non sarebbe una
grandezza misurabile. Noi interpretiamo tutte queste grandezze immagazzinate nella nostra
memoria come lo scorrere del tempo. Se la mente è ferma noi restiamo solo nel presente.
Passato e futuro si sviluppano solo nei nostri pensieri.

Einstein dice: «Il passare del tempo è una pura illusione».

Il flusso del tempo così generato può cessare. Nella condizione di equilibrio termodinamico non
esiste una percezione del tempo perché non vi sono differenze e quindi nemmeno più eventi.

Il tempo vive di differenze, cambiamenti, opposti e di quello che ne deriva. In assenza di


diversità e di contrasti non c’è una durata e non c’è più un tempo. Senza tempo il mondo
percepibile resta fermo. E poiché noi nella nostra vita quotidiana restiamo tributari delle
differenziazioni, una visione olistica di questo mondo ci risulta così estranea.

La velocità del tempo che scorre nella giovinezza è diversa da quella della vecchiaia. Poiché la
percezione del tempo dipende da quello che avviene in un periodo, fasi ricche di eventi
sembrano “volare via” in un istante, mentre periodi poveri di avvenimenti durano un’eternità e
danno origine alla noia. Uno sguardo retrospettivo ci presenta tuttavia una situazione
paradossale. Dato che in un periodo ricco di eventi è stata memorizzata molta informazione,
questo periodo appare lungo in retrospettiva. Al contrario, periodi poveri di eventi ci sembrano
brevi: «Un altro anno è volato via. Il tempo fugge via sempre più veloce». È questa la sensazione
dominante quando abbiamo memorizzato una piccola quantità d’informazioni.

4.8 Esiste un tempo oggettivo fuori dalla consapevolezza?

Fino ad ora abbiamo constatato che esiste solo un tempo definito dalla consapevolezza. Ma
che ne è del tempo fisico, del tempo che misuriamo con l’orologio? Anche questo non è assoluto
bensì solo relativo. Esso dipende dalla condizione di movimento del misuratore di tempo
(orologio), e rispettivamente dalla forza di gravità alla quale l’orologio è sottoposto. Effetto
questo conosciuto anche come dilatazione del tempo.

Ma possiamo almeno considerare vera e costante la velocità della luce che viene misurata a
distanza nell’unità di tempo, come fino ad ora ammesso e che indicherebbe una unità di tempo
invariabile? Anche qui dobbiamo rispondere con un no, perché irradiazioni di livello energetico
elevato scorrono più veloci di quelle a basso livello. Nulla accenna alla “normale” di un orologio
con unità di tempo costanti così come Newton postulò.

Il punto di vista convenzionale dice: “Solo il presente è reale”. La scienza naturale invece
afferma: “non esiste un presente contrassegnato specificatamente”. “L’adesso” è una pura
questione di opinioni. Il passato inoltre resta così aperto, incerto come il futuro. Nella realtà
della quarta dimensione (“bloctime” o “bloc universe”), passato, presente e futuro sono da
considerare un blocco, occupato quindi insieme, contemporaneamente e non distinguibile
(vedi Spektrum der Wissenschaft Spezial: Phenomen Zeit 01.02.2003).
Poiché la legge di Newton e l’equazione di Maxwell, due pilastri della nostra visione del mondo,
funzionano ugualmente nelle due direzioni del vettore tempo, il tempo evidentemente non
predilige alcuna direzione. Senz’alcun dubbio è riconosciuta perciò anche la varianza
(matematica) di tempo nell’interazione atomica, che significa che tutte le operazioni di
particelle elementari che avvengono nella natura possono avvenire anche nel tempo inverso
(eccezione: la disintegrazione delle particelle elementari). Un positrone è un elettrone che corre
indietro nel tempo.

Salta agli occhi ancora una particolarità: per specificare l’esatta posizione di una particella in un
sistema, è noto che bisogna individuare esattamente sia la sua posizione nello spazio e sia
quella nel tempo. Una legge universale di valore sempre attuale stabilisce chiaramente: Tanto
meno si presta attenzione al tempo tanto più precisa può essere determinata la posizione della
particella nello spazio. Al contrario vale: Quanto più un istante è determinato con precisione
tanto meno può essere localizzata la posizione della particella nello spazio. Questo effetto viene
descritto dal “principio della indeterminazione” di Heisenberg.

La trasmissione dell’energia necessita tuttavia per l’evento di un segmento ben preciso di


tempo di “osservazione”, “misura” e risonanza, quindi un “prima” e un “dopo” ed eventualmente
di nuovo di un “prima”.

Per definizione scientifica:

1. Il prodotto di energia per tempo corrisponde all’effetto.


2. Il quoziente di energia diviso tempo corrisponde al rendimento.

In assenza di un concetto migliore si parla di trasmissione “Timelike" di fotoni. Fotoni Timelike


contaminano le masse con tempo. Il prossimo destino della massa colpita si svilupperà o
all’indietro nel passato (reset) o in avanti nel futuro.

Lo scienziato russo Frolov postula: «Se noi troviamo il sentiero che ci permette di generare
oscillazioni longitudinali di fotoni Timelike, abbiamo nello stesso tempo modificato lo spazio-
tempo locale o trasferito nel tempo l’oggetto che giace nel campo dell’oscillazione (Frolov
1996).

Questo postulato attira la nostra attenzione perché, se questo è veramente possibile, si


potrebbero per esempio spostare le malattie in un tempo passato quando ancora esse non
esistevano. Riprenderemo questo argomento ancora una volta nel capitolo 6 “Fondamenti delle
arti guaritrici” limitandoci qui a discutere solo l’aspetto fisico del principio. Cosa voleva dire
Frolov?

Oscillazioni longitudinali sono sempre collegate con potenziali elettrici attraverso


concentrazione e rarefazione dell’accumulo di carica. Gli stessi potenziali secondo Wittaker
(1903, 1904) sono composti sia di oscillazioni longitudinale e sia di oscillazioni Timelike. Ciò
vuol dire che oscillazioni longitudinali sono sempre associate con oscillazioni Timelike, il che
significa che esse agiscono quale sorgente d’informazione e forza per le masse.
Secondo Mandl e Shaw (1984) le polarizzazioni longitudinali e quelle Timelike non si lasciano
osservare separatamente ciascuna per sé, ben nota ci è però la combinazione delle due perché
misurabile quale potenziale elettrostatico (Coulomb).

Questi potenziali, secondo William Tiller (docente emerito alla Stanford University) agiscono da
mediatori tra il vuoto e il campo elettromagnetico. Potenziali del vuoto appartengono ad una
dimensione più elevata, la quarta, e organizzano le forze e i tempi del campo elettromagnetico
che di nuovo danno mano alla costruzione tempo-spazio.

È importante fissare il seguente concetto: Con la struttura interna di potenziali (dall’accumulo


di cariche), specialmente con le oscillazioni Timelike che si trovano dentro i potenziali, la nostra
materia possiede una struttura temporale variabile all’interno della curvatura spazio-temporale
(massa) sensibile per la trasmissione di entità temporali.

Il fisico e astronomo Nikolaj Alexandrowitsch Kozyrev (1908-1983) ha potuto dimostrare la


presenza di oscillazioni specifiche che affiorano quando la struttura della materia o anche la
struttura di piante o altri organismi, venivano modificate. Egli chiamò queste oscillazioni:
densità di tasso-onde-tempo.

Albert I. Veinik, Minsk, contrassegnò le particelle di queste onde con il nome di “cronone”. Egli
scoprì differenze locali tra due oscillatori al quarzo assolutamente identici quando uno di essi
veniva posto nel campo di flusso dei crononi.

In ambito microscopico, il fattore tempo è rimasto fino ad ora inosservato. Forse dipende
anch’esso da una consapevolezza organizzante. Spazio e tempo traggono origine in un primo
momento sempre dalle masse. Dal vuoto le masse si collegano con l’aiuto d’informazione in
costruzioni spazio-temporali come materia strutturata. I fotoni d’informazione per la
trasmissione delle forze stanno in relazione diretta con i fotoni di informazione per la
trasmissione del tempo, poiché la grandezza di energia della coesione molecolare è in
correlazione causale con il tempo di durata della coesione.

Ogni sistema ha un tempo proprio. Fotone 1 che si espande alla velocità della luce, non ha dal
proprio punto di vista una differenziazione spazio-temporale. Egli è ovunque nello stesso
momento. Fotone 2, che osserva fotone 1 dall’esterno, lo “vede” volare in giro a velocità della
luce, che vuol dire nel tempo e nello spazio.

Per questo motivo noi, in presenza di tutte le modulazioni di realtà temporali e di possibili realtà
siamo costretti ad eseguire una divisione dell’universo in una parte osservata (percepita,
filtrata) e in una osservante (percepente, consapevole).

La parte osservata a causa della particolare struttura della consapevolezza osservante, possiede
di nuovo due unità diverse:

1. Da energia virtuale e informazione è fuori di spazio e tempo.


2. Quale materia ha una struttura spazio-temporale.
Queste proprietà le dobbiamo distinguere anche negli individui come spieghiamo nei due casi
seguenti.

Caso A: Osservo un evento all’esterno del mio IO. Solo allora sento scorrere il tempo nello spazio.
Prendo p. es. consapevolezza di un evento liberato da energia e informazione esterna, come nel
caso di uno stimolo sensorio. Scorre qui una cascata temporale del riconoscere (tempo di
attività neuronale).

Caso B: Il mio IO è lui stesso sistema. Non osserva, bensì agisce di propria iniziativa, p. es. con un
ricordare invariabile nel tempo: “Io ho adesso dettagliatamente davanti ai miei occhi un evento
della mia fanciullezza”. Oppure, anche il reagire ogni momento volutamente, quando l’IO è in
questo caso volutamente attivo e presente senza tempo.

Noi possiamo accettare/ammettere situazioni complementari all’interno di eventi mediati dalla


consapevolezza. In uno stato localizzato nello spazio e nel tempo ci vediamo qui e ora come
personalità individuali, delimitate dall’ambiente. Però, in stato di percezione modificata,
avviene una liberazione dai confini, ovvero l’assenza di spazio e tempo. È come con le particelle
quantiche che sotto osservazione sono particelle individuali qui e ora, e senza l’osservazione si
liberano da questi confini diventando oscillazioni. Ambedue le visioni sono valide.

Sapremo di più sull’uso di questo stupefacente principio quando più avanti tratteremo eventi
retrospettivi e l’influsso del passato attraverso la consapevolezza.

Il mondo oggettivo è sempre ed esclusivamente una costruzione del pensiero dell’IO più
consapevolezza, la cui capacità creativa è eterna perché senza tempo. Erwin Schrödinger si è
anche occupato dell’IO in un contesto simile e ha scritto i suoi pensieri in epilogo al suo libro
“Was ist Leben?” (Cos’è la vita?). Egli fa le seguenti constatazioni:

1. Il mio corpo funziona quale meccanismo puro conforme alle leggi di natura.
2. Tuttavia, sulla base di esperienze immediate e indiscutibili sono io che guido i suoi
movimenti e ne prevedo le conseguenze…(Schrödinger 2008).

“L’unica conclusione possibile da questi due dati di fatto è”, dice ancora Schrödinger, “che l’IO,
cioè ogni essere pensante consapevole, dotato di facoltà mentale che si qualifica come IO o
come tale si avverte, guida il movimento degli atomi in conformità alle leggi di natura. Sotto
tale aspetto”, continua il fisico, “sono io la divinità”. Egli fa notare che la filosofia indiana già dal
basso Upanishad (quindi da circa 2500 anni) equiparava Atman, l’individualità pura, personale,
l'unico, il vero Sé, con il Brahman di natura divina, senza forma, eterno, assoluto, superpersonale,
come la conoscenza più profonda nel divenire dell’universo (Schrödinger 2008).

L’IO non è dimostrabile scientificamente. È immaginario eppure è causa di tutto quello che
esiste. Anche lo stesso Pensare non è osservabile, percepibile, bensì solo quello che attraverso
il pensiero viene prodotto. Eppure sappiamo che c’è un Pensare.
La nostra esperienza quotidiana dimostra: L’IO non conosce alcun tempo. Egli può immergersi
a piacere nel passato, p.es. nella fanciullezza, oppure in un futuro virtuale. L’IO non invecchia.
Solo lo specchio e il mio ambiente mi dicono che invecchio e che il mio aspetto cambia. Il tempo
ha un ruolo solo tramite l’osservazione esterna.

Noi siamo quindi contemporaneamente proiettori e spettatori. Generiamo la realtà delle cose
su cui indirizziamo la nostra attenzione senza essere soggetti al tempo, e percepiamo la realtà
che abbiamo generato nella disposizione regolata di spazio e tempo. Realtà che esiste solo nella
nostra percezione (vedi cap.5).

4.9 Retroset, condizionamento di un passato

In nessuna formula di fisica sulle leggi di natura s’incontra un vettore selettivo di tempo diretto
soltanto verso il futuro. Tutte le formule sono simmetriche sull’asse temporale, per cui passato
e futuro assumono lo stesso valore e non sono da distinguere a piacere.

Eppure fino ad oggi viene ignorato che nel mondo delle particelle microscopiche in presenza di
una qualsiasi emissione affluiscono indietro onde sulle particelle cariche (oscillazioni avanzate)
e dalla medesima sorgente scorrono ugualmente onde verso il futuro (oscillazioni ritardate). Un
elettrone eccitato sviluppa una irradiazione di campo che presenta un mix di oscillazioni
simmetriche nel tempo, che si propagano in direzione del futuro e in direzione del passato. Le
particelle entrano così tempo-simmetriche in azione reciproca tra di loro e precisamente con
un continuo accoppiamento reattivo di informazioni avanzate e ritardate (Cramer 1986).
Riferiremo in dettaglio nel capitolo 5 su questo meccanismo.

Anche le equazioni di Maxwell prevedono due soluzioni, una con l’equivalente positivo delle
oscillazioni di energia che vanno verso il futuro, mentre l’altra descrive un’oscillazione negativa
che scorre verso il passato.

Per i fisici non è una sorpresa constatare che, contro ogni nostra esperienza quotidiana, i sistemi
energetici si orientano al passato.

In presenza di sistemi non lineari in fase coniugata (conosciute nell’ottica come riflesso) la
materia viene pompata con una radiazione specifica e un raggio incidente viene “riflesso” nel
passato, diffratto all’indietro. Questo effetto quasi sconosciuto all’origine, fu scoperto nel 1972
presso il Moscow’s P. N. Lebedev Physical Institute. La conseguenza è che p. es. in presenza di
diffusione stimolata all’ indietro di Brillouin (dal fisico francese) da una situazione di disordine,
di caos, nasce un nuovo ordine. Il raggio incidente viene inviato indietro con esattezza alla
sorgente, “time reversed” e amplificato (viene irradiata indietro più energia di quella inserita). Il
sistema è totalmente autarchico, tuttavia tutta l’energia viene dall’ambiente e genera
negentropia (Pepper 1982, 1986, Fisher 1983).

L’effetto dell’esperimento non fu constatato soltanto nell’ottica (determinante nelle


trasmissioni a fibra ottica). Lo si ricercò anche negli elettroliti e i risultati sono stati a dir poco
fantastici. Venne fuori che reazioni chimiche possono scorrere indietro sulla coordinata del
tempo e quindi nel passato. Fu così che il gruppo di lavoro di Denis Evans dell’Australian
National University, poté ricondurre nel tempo l’evento di una reazione chimica fino al suo stato
iniziale di partenza. Ciò ha lo stesso significato della produzione di negentropia: tempo che
avanza = operazione entropica, tempo che indietreggia = operazione negentropica (time
reversed) (Wang e altri 2002).

Il vettore del tempo postulato in direzione del futuro risulta dalla seconda legge della
termodinamica (Ball 1999).

Dalle ricerche però è dimostrato ora che il secondo principio della termodinamica non può
essere salvaguardato nei piccoli accorpamenti e con esso non più il binario a senso unico del
tempo (Calmers 2002, Gerstner 2002).

Nei sistemi poveri di particelle possono riprodursi situazioni che con molta probabilità sono
presenti nei sistemi più ricchi. Questo è il motivo per cui la seconda legge della termodinamica
non può essere applicata generalmente nei piccoli accorpamenti (Schewe e altri 2002).

È importante: Effetti macroscopici appropriati traggono origine da negentropia macroscopica.


Nel caso che l’ordine microscopico in itinere venga capovolto, distrutto o nuovamente
restaurato, questo genera effetti macroscopici (Sachs 1987).

Dimostrazioni di previsione trascendentale? L’effetto anticipante

Quando riconosciamo qualcosa coscientemente, lo definiamo con “Adesso”, il presente.


Risultati di diverse ricerche mostrano però che parti dell’organismo “sanno” già in questo
momento che presto avverrà qualcosa.

Come riusciamo noi a vedere l’esatta posizione di un’auto lanciata a 300 km all’ora (83m/sec)?
È impossibile con un cervello con una velocità di risposta di riconoscimento ritardata di 100
millisecondi (ms) che alla velocità data della macchina da corsa corrispondono a 8,3 metri dopo.

Noi possediamo un meccanismo precognitivo, un riconoscere anticipatorio di stimoli mobili


attraverso la retina. È stato possibile dimostrare che l’organo visivo precede l’oggetto, sotto la
guida di una consapevolezza inconscia.

Derek H. Fender del Politecnico della California confermò tale effetto con un esperimento:
l’occhio fissa esattamente sei millisecondi prima il punto dove si fermerà un raggio luminoso
traballante che scorre sulla traiettoria a caso di una parete.

Teniamo presente che dal momento che l’occhio registra un oggetto, occorrono ben 30 ms fino
a quando vengono eccitati i nervi ottici sensibili alla luce. Altri 5 ms sono necessari per fare
arrivare l’informazione al cervello. Perché l’oggetto visto venga riconosciuto è necessaria
un’associazione dell’evento con un’esperienza relativa della durata di altri 100 ms.
Dalla percezione dell’oggetto fino al suo riconoscimento, passano quindi 135 ms. Aggiungendo
i 6 ms iniziali per la messa a fuoco dell’occhio, arriviamo a 141 ms per il riconoscimento
consapevole dell’oggetto.

Già gli esperimenti pubblicati negli anni del 1980 dimostrano che con il nostro cervello
avvistiamo qualcosa di ben mirato prima che la nostra consapevolezza ne prenda conoscenza
(Benjamin Libet e altri 1983, Libet 1985).

Libet misurò il gradiente del potenziale simmetrico d’immediatezza. Si tratta di un potenziale


elettrico negativo misurabile con un elettroencefalografo, che si sviluppa quando deve essere
eseguito volutamente un movimento.

Fu un risultato sorprendente quando il potenziale d’immediatezza si attivò in media circa 550


ms prima del movimento. La consapevolezza dell’intenzione di muovere un dito, in media si
fece però notare solo 350 ms dopo la constatazione del potenziale d’immediatezza, quindi 200
ms prima dell’esecuzione del movimento.

potenziale d’immediatezza = -550 ms (considerare il segno meno)

coscienza dell’intento = -200 ms

movimento = 0 (esecuzione)

L’interpretazione che Libet diede ai suoi risultati fu che il cervello introduce un movimento o
come minimo la preparazione ad un movimento, prima che di questo esista una qualsiasi presa
di coscienza soggettiva che lo abbia deciso (Libet 1985).

Questo risultato scatenò un dibattito su diversi fronti. Libet non fu creduto perché alla fine ciò
avrebbe potuto significare che noi non possediamo affatto il tanto declamato libero arbitrio.
Secondo E. Kant la libertà del mio volere comporta che io dia a me stesso le norme del mio
agire. Nel frattempo gli esperimenti di Libet vennero ripetuti diverse volte e migliorati ma i
risultati rimasero in sostanza identici (Haggard & Eimer 1999, Miller & Trevena 2002, Trevena &
Miler 2002).

Lo stesso Libet non vide contrapposizione tra i risultati ottenuti e il principio del libero arbitrio
e dimostrò che i soggetti di prova preparavano già il movimento inconsciamente, ma erano
pure in grado di interromperlo da se stessi 100 ms prima dell’esecuzione.

potenziale d’immediatezza = -550 ms

coscienza d’intento = -200 ms

interruzione =-100 ms

assenza di movimento = 0
Se consideriamo i risultati di nuovi esperimenti, la successione degli eventi presenta comunque
delle singolarità: L’esperienza soggettiva di un atto voluto si manifesta in media 200 ms dopo
l’inizio dell’attività cerebrale (potenziale d’immediatezza). E ancora molto più singolare:
L’esperienza soggettiva a seguito di uno stimolo cutaneo subentrò 50 ms prima
dell’applicazione effettiva dello stimolo (Roth 1998).

Anche la conoscenza del contenuto di un’immagine prima che venga proiettata, si riveste di
misticismo. I soggetti di prova che visionano le immagini che appaiono su uno schermo
mostrano un diverso potenziale d’immediatezza a seconda del contenuto delle immagini.
Queste significative correlazioni vengono fuori prima che le immagini appaiono.
Evidentemente l’organismo “sa” ben più di quello che lascia immaginare l’informazione vocale
trasmessa attraverso la consapevolezza.

Anche in Germania furono eseguiti esperimenti sulla previsione. Clemens Maidhof del Max
Planck di Lipsia per la Ricerca Neuroscientifica e Cognitiva, ha stabilito che la consapevolezza di
un pianista che per una svista inconsapevole sbaglia tasto, ha registrato l’errore già prima e
qualche volta arriva a correggere un decimo di secondo prima dell’esecuzione l’errore
registrato. Anche questo è stato misurato con l’EEG.

Ed ecco il sorprendente risultato di un esperimento eseguito dal gruppo di Daryl Ben della
Cornell University. In un test di memoria i soggetti in prova “ricordavano”, o meglio sapevano
già, con un’elevata probabilità quali parole, generate più tardi sulla base di un generatore di
casistica, avrebbero dovuto trascrivere al computer. Questa capacità di “previsione” fu
confermata da un’altra prova. Da tempo sappiamo che le parole a commento di un’immagine,
anche se mostrate per un momento talmente breve, che non può varcare la soglia della
consapevolezza, influenzano la valutazione dell’immagine. Quando p. es. venne inserita per un
attimo la parola “bello” sul quadro di un paesaggio eseguito a grosse pennellate di colore, la
maggior parte di chi lo contemplava, lo giudicò bello. Se invece la parola inserita era “brutto” la
maggior parte lo giudicò tale. Questi “sublimal primings” (adescamenti subliminali) sono stati
proibiti nella pubblicità per evitare di manipolare i clienti.

Il già noto procedimento di test venne modificato. I soggetti ora avrebbero dovuto giudicare il
quadro prima che la parola di valutazione venisse inserita. Ed ecco che il giudizio sui quadri,
dato ben prima dell’inserimento del termine di valutazione, veniva a coincidere con
quest’ultimo, quasi che la consapevolezza conoscesse già quale parola sarebbe stata inserita
più tardi.

Test supplementari fornirono risultati identici con individui del tutto normali che furono in
grado di prevedere eventi futuri con una rilevanza leggermente superiore al tasso della casistica.
Le grandezze dell’effetto (grandezze di valutazione in rapporto alla probabilità della
riproduzione dell’evento) si situavano tuttavia a un livello superiore di quelli di una serie di
effetti causali scientificamente riconosciuti, grossomodo dell’uso di preservativi e della
diminuzione d’infezioni da AIDS, o dell’assunzione di calcio e dell’aumento della massa ossea, o
del fumo passivo e il rischio di cancro ai polmoni. Dagli esperimenti venne anche rilevato
chiaramente che ci sono individui che manifestano una capacità precognitiva fino al doppio di
quella della media (Bem e altri 2010).

Psicocinesi retroattiva - un effetto quantistico che svela un aspetto trascendentale della


consapevolezza

Alla base c’è l’estrema sorpresa del risultato di uno studio scientifico di Leonard Leibovici,
docente di medicina interna in Israele, esperto in infezioni cliniche, oppositore accanito della
medicina complementare. Leibovici si confrontò con la seguente domanda: Che effetto hanno
le preghiere per la guarigione su un gruppo di 4000 pazienti ammalati di sepsi? Il metodo di
studio e di valutazione, fu costruito su basi rigorosamente scientifiche. I pazienti, sulla base di
un generatore di casistica, furono divisi in due gruppi: A e B. Si pregò per uno solo dei due gruppi,
ma nessuno, né i pazienti né il personale curante, sapeva per quale. I nominativi delle persone
del gruppo relativo vennero dati ad una terza persona che da molto lontano pregava per lo
stato di benessere e per la salute del gruppo.

I risultati:

1. Nel gruppo per cui venne pregato, morirono meno pazienti del gruppo di controllo nella
proporzione 28,1:30,2 per cento
2. Il periodo di degenza del gruppo per cui si pregava era stato significativamente più
breve.
3. Altrettanto più breve fu la durata dello stato febbrile di questo gruppo (Leibovici 2001)

Che le preghiere abbiano un effetto positivo sulla guarigione, non è una cosa nuova. Nel caso
elencato però si trattava di pazienti che erano stati in ospedale tra il 1990 e il 1996 e le preghiere
furono recitate nel 2000, cioè 4 a 10 anni dopo (Mc Taggart2007).

Dai risultati ottenuti si possono trarre le conclusioni seguenti:

 Determinate condizioni di consapevolezza possono forzare la guarigione inter-


individuale.
 Queste condizioni di consapevolezza agiscono senza limite di spazio e tempo

Quale meccanismo si cela dietro questi effetti?

L’informazione spirituale data (qui: preghiera per guarire) è sempre efficace? I medici Larry
Dossey e Brian Olshansky esperti anche in medicina alternativa sono dell’opinione che spazio e
tempo dentro fasi specifiche di consapevolezza, riferite alla guarigione, non hanno alcun ruolo
(Dossey 2002 e Olshansky 2003).

Oggi noi siamo in grado di concentrarci su qualcosa per influenzare eventi già trascorsi? È
possibile fare retrocedere una patologia al suo stato iniziale prima di propagarsi nel corpo?

Fu proprio questo il risultato di una serie di esperimenti.


Deviazione del tempo con generatori aleatori - causa di retroattività per mezzo dell’intenzione.

I soggetti di prova di 87mila esperimenti eseguiti dal gruppo di ricerca PEAR - Princeton
Engineering Anomalies Research, dovevano modificare con il loro pensiero e fare dominare nel
lancio a caso una delle due possibilità: “testa o numero”, ma attenzione, dopo alcuni giorni e fino
a due settimane dalla funzione eseguita dalle apparecchiature.

E anche in questo caso i risultati sono significativi: Il generatore aleatorio può essere influenzato
attraverso i pensieri. In presenza di sistemi statistici binari, dai pensieri deriva una deviazione
cumulativa. ”I pensieri possono trascendere lo spazio e il tempo consueto” sganciando effetti
che hanno origine nel “passato” (Jahn & altri 1997).

Gli esperimenti ancora più raffinati del fisico Helmuth Schmidt della Lockeed Martin (ricerca
aerospaziale, difesa Hightech ecc.) fornirono esattamente lo stesso risultato.

1. Ad un sistema audio-stereo venne collegato un generatore aleatorio e sul nastro


(originale) vennero registrati brevi tacche acustiche (crepitii) senza che qualcuno li
udisse e che furono ripartiti grossomodo sul canale destro e sinistro uniformemente a
caso.
2. L’originale fu copiato e messo via sottochiave.
3. Le copie furono date a studenti e studentesse di medicina che le ascoltarono con le cuffie
con l’intenzione di rilevare più rumori all’orecchio sinistro.
4. Contemporaneamente e indipendentemente dalla copie in funzione furono registrati
con l’apparecchio audio (generatore aleatorio) nastri di controllo senza che nessuno
ascoltasse.

Ed ecco il risultato: L’analisi di oltre 20mila prove (dal 1971 al 1975) rilevò che nel 55 per cento
dei casi sia sul nastro originale non ascoltato e sia sulle copie ascoltate erano presenti più tacche
acustiche sul canale sinistro. Sul nastro di controllo invece la ripartizione aleatoria non era
cambiata (Schmidt e Stapp 1993).

Di conseguenza, istanti emozionali e mentali entrano in interazione quantica extratemporale


(nel caso presente) con possibilità numeriche e realizzano gli eventi intenzionalmente voluti in
maggioranza.

L’energia quantistica pura è esente di spazio e tempo. La consapevolezza della nostra natura
umana crea tuttavia sia spazio sia tempo, in quanto percepisce questa energia esente di spazio
e tempo e la trasforma poi in forze e operazioni temporali. Con questa trasformazione vengono
proiettati oggetti separati e una serie di eventi: un prima diventa un dopo e per mezzo
dell’intenzione eventualmente di nuovo un prima.

Questo effetto retroattivo attraverso l’intenzione, viene anche confermato dai fisici ricercatori
Dick Biermann e Joop Houtkoper dell’Università di Amsterdam: l’intenzione può agire indietro
nel tempo, il che vuol dire che eventi trascorsi possono essere influenzati “a posteriori”. Ciò
avviene nel momento in cui proprietà specifiche e forme tipiche di comportamento vengono
in generale a manifestarsi e anche solo e soltanto quando nel frattempo le caratteristiche
coinvolte del sistema non furono in qualche modo osservate e quasi richiamate (Biermann e
Houtkoper 1975).

In rapporto a questi meccanismi potrebbero anche situarsi i risultati degli esperimenti di un


gruppo di scienziati degli USA. I soggetti percipienti ricevettero informazioni telepatiche che
nell’80 per cento dei casi coincisero con quello che era stato inviato. La sorpresa fu che le
informazioni arrivarono un’ora prima che l’induttore (colui che inviava) le avesse
trasmesse/irradiate, (Puthoff e Targ 1976).

Gli esperimenti di un gruppo di ricerca di W. P. Kasnatschee dell’Accademia di Scienze Mediche


Russa di Nowosibirsk che aveva eseguito prove per bypassare le distanze, ebbero lo stesso
risultato: informazioni di carattere specifico furono ricevute a distanza di diverse migliaia di
chilometri ma molto prima che “per caso” fossero “scelte” per essere trasmesse mentalmente.
Da ciò gli scienziati dedussero: l’informazione di eventi che ancora giacciono nel futuro possono
essere lette prima che appaiano.

Quadrano con questo anche gli esperimenti eseguiti da Caslav Brukner e Vlado Vedral nel
laboratorio Zeilinger dell’Università di Vienna: Un metodo di misura eseguito più tardi modifica
le proprietà dei precedenti esperimenti. Generalmente detto: “Azioni momentanee possono
influenzare risultati di azioni eseguite prima e modificarli”.

Nel 2004 il New Scientist, nell’editoriale del titolo in prima pagina “… in che modo il futuro può
influenzare il passato” (Brooks, 2004) scrive: “La meccanica quantistica sembra piegare le leggi
di causa ed effetto. I risultati ottenuti da Brukner lasciano presumere che alla nostra facoltà di
capire sfugga qualcosa d’importante su come funziona il mondo”.

Prove eseguite prima in USA avevano dato i risultati seguenti e alla pari di altre: I pensieri
possono influenzare retroattivamente tempi di reazione precedenti. In oltre 5000 prove fu
chiaro che il tempo che i soggetti di prova impiegarono per risolvere più tardi un secondo
esercizio, influenzò il tempo che avevano impiegato per il primo esercizio (Klintman 1983,
1984). Il campo totale di questa ricerca si chiamò: Psicocinesi Retroattiva.

Poiché era evidente, che questo avrebbe provocato molte domande sull’intensità di tali effetti,
venne ideata una misura di “effettività”: GE = la Grandezza di Effetto. Essa indica un
cambiamento statistico accertato della norma che determina la capacità di reazione e il numero
di reazioni nel totale della prova.

La GE dell’Aspirina: 0,032, quella del betabloccante Propranolol: 0,032, quella di risultati di


esperimenti di psicocinesi retroattiva: 03-07 (Meta analisi: Braud 2000). Un risultato viene
considerato significativo quando la GE ha un valore di almeno 0,4 (valore medio).

Le ipotesi su lavori e ricerche sulla Psicocinesi Retroattiva furono verificate da altri gruppi con
risultati rilevanti. Fu possibile agire sul motorio di animali e persone influenzando in fase
retroattiva la frequenza e la direzione del movimento (GE 0,3-0.7) (Gruber 1979, 1980).
Fu anche possibile fare regredire un’infezione provocata a titolo sperimentale su un ratto (GE
0.47) (Snel & Van der Sijde 1990).

Anche la registrazione del ritmo respiratorio venne modificata “a posteriori” per mezzo
dell’intenzione (Schmidt 1997).

Nelle prove eseguite da Braud, furono scritti protocolli di emozioni di due gruppi. Ad uno dei
gruppi furono poi inviate intenzioni di calma. Il protocollo di chiusura mostrò chiaramente che
questo gruppo confrontato all’altro era realmente più calmo (Braud 2000).

Questo genere di risultati ci sconvolge e traumatizza perché non siamo preparati a riconoscerli.
Ognuno di noi riflette e si chiede inevitabilmente subito a cosa siamo esposti, dove si può
arrivare sotto queste condizioni. Non ha peraltro alcun senso chiudersi e rifiutare il confronto
con queste possibilità. Al contrario: dobbiamo individuare come funzionano i meccanismi e
prefiggerci di ottimizzarli a nostro vantaggio e benessere.

Il fisico Evan Harris Walker già nel 1970 disse: «Un’influenza retroattiva si lascia spiegare con la
fisica quantistica quando noi vi includiamo l’effetto della consapevolezza osservante, dunque
lo spirito umano» (Walker 1970).

Tentativi di spiegare l’influenza retroattiva

Energie positive e negative, ci danno l’illusione del tempo.

La materia non è affatto così consistente come comunemente la vediamo. Anche il nostro corpo
è sottoposto ad un continuo processo di soppressione e ricostruzione. Composti atomari e
molecolari restano salvaguardati solo per un tempo breve (in funzione dell’energia di coesione)
e in seguito si dissolvono per essere nuovamente ricostruiti.

Abbiamo già constatato che l’energia si può trasformare in forze. Le forze causano un prima e
un dopo, quindi un’operazione temporale. Il tempo si sviluppa sempre in primo luogo con le
masse. Fondamentale per questo è l’energia positiva e negativa che viene separata dal campo
punto zero (il vuoto). La sua trasformazione sulla base d’informazione ancestrale compone
senza pausa forma e struttura in ambito microscopico e macroscopico.

In che cosa consiste l’energia negativa?

Dedotta dall’equazione di Schrödinger sulla teoria del campo quantistico e dalla teoria di Dirac
sugli elettroni, esiste una “possibilità negativa” che nel linguaggio dei fisici viene anche
contrassegnata con “energia negativa”.

Questa energia può entrare in azione reciproca con le possibilità del vuoto prima che essa generi
forze assieme alla materia. Quando tuttavia le forze sono già sviluppate, questa energia può
impedire la durata continua dei ponti di forza, che vuol dire abbattere una forza esistente. Il che
significa, modifica e scioglimento (dentro certi limiti) di ogni stato materiale osservato (Dirac
1942, Lawrie 1990, Solomon 2006).
Nello scopo di fare chiarezza la teoria può essere interpretata nel modo seguente: Ogni stato di
modello osservabile è con certezza energia positiva al 100 per cento di probabilità. L’aggiunta
di energia negativa riduce questo 100 per cento di probabilità positiva. Ciò corrisponde ad “un
andare indietro nel tempo”, ad un recarsi nel passato.

Noi e tutto il resto esistiamo sulla base dell’influsso di due meccanismi contrapposti: Energia
positiva (Qi = spirito pacifico) che costruisce l’ordine e quando fluisce l’informazione crea
forma/struttura/aspetto. Energia negativa (spirito distruttivo) che riduce l’ordine e ci porta al
disordine.

Il tempo non scorre. Siamo piuttosto noi che attraverso la mutazione tra energia positiva e
negativa lungo una linea cosmica generiamo l’essere.

evento energetico

Rammentiamo: i risultati degli esperimenti di Benjamin Libet e Bertram Feinstein al Mount Zion
Hospital di San Francisco mostravano che il cervello inizia già a generare oscillazioni cerebrali e
segnali 1,5 secondi prima che il soggetto di ricerca voglia eseguire un’azione.

Il fisico americano Wolf spiegò questa attività incosciente anticipata con l’effetto appena
descritto delle energie assieme all’effetto eco che troveremo nel capitolo 5: Il cervello libera
onde quantistiche che si diffondono dall’istante attuale nel futuro e nel passato, e
contemporaneamente ritornano onde quantistiche di eco dal passato e dal futuro. Ha luogo
una interazione: sviluppo d’informazione per operazioni forza-temporali.

Quando il fine dell’IO è fissato consapevolmente, viene fatta partire nello stesso tempo
attraverso l’offerta e la conferma di oscillazioni la preparazione per il raggiungimento del fine.
Il futuro supposto può essere anticipato.

Eventi registrati con apparecchiature ma rimasti fin là inosservati (caratteristiche non


richiamate fino a quel momento), possono tramite ciò essere modificati. Il passato presupposto
può essere influenzato intenzionalmente.

Suona anche così la spiegazione di H. Schmidt sulla Psicocinesi Retroattiva: I soggetti di prova
non avevano modificato i nastri dopo che essi erano stati preparati. Più che altro il loro influsso
(osservato dall’esterno) aveva agito indietro nel tempo. Il clic di emissione dell’apparecchio si è
modificato attraverso l’intenzione, nel momento in cui il nastro fu registrato la prima volta. I
soggetti di prova non hanno modificato quindi un passato esistente, bensì influenzato in modo
da farlo sviluppare come presente.

I valori numerici registrati rimangono in una potenzialità (nell’oceano delle possibili serie
numeriche) fin quando un osservatore consapevole che dia senso e significato, legge questi
valori e rispettivamente ascolta la loro trasposizione audio.

Questi effetti sono sempre possibili soltanto in ambito ristrettissimo dove avvengono scambi
strategici decisivi nel campo dei quanti. La domanda è, perché essi non funzionano a livello
macroscopico degli eventi. Perché non possiamo ricostruire i cocci del vaso caduto dal tavolo
nella sua forma originale? Risposta: In questo caso, lo stato macroscopico iniziale, è composto
da una miriade di particelle elementari che non si possono modificare in sincronismo. Resta
impossibile indirizzare il vettore del tempo nel passato, non perché le leggi naturali non lo
permettono (esse lo permettono sempre) bensì perché lo stato iniziale corretto non è più
disponibile. Un vaso cade dal tavolo e abbiamo i cocci. Lo stato iniziale corretto è dunque una
funzione della probabilità. Chi decide se dai cocci si possa nuovamente ricavare la tazza o il vaso
sono pure norme statistiche.

Ne deriva la domanda: Come si forma la futura direzione determinante del tempo per noi? In
natura i processi si manifestano attraverso successioni veloci e continue di commutazioni della
realtà. Dalle probabilità sovrapposte (coerenza), attraverso il collasso delle funzioni oscillanti
(decoerenza) nasce una proprietà concreta.

La natura in questo modo opera sempre una nuova scelta “qui e adesso”, quindi nell’immediato
presente. Tuttavia questa scelta ha un effetto su eventi che si producono più avanti, quindi nel
futuro e così entra a far parte del gioco la futura direzione del tempo.

Il processo stesso è atemporale ed ha luogo fuori dallo spazio e dal tempo ma attivo dopo un
evento effettivo nello spazio e nel tempo. Attraverso i collassi atemporali, che sorgono dal
sottofondo delle possibilità e spariscono nuovamente nell’oceano di tutte le possibilità, si
modificano di volta in volta le possibilità del futuro.

Risultato: le nostre intenzioni attuali e future, le azioni, le decisioni, sono processi creativi del
nostro mondo di esperienze e della nostra condizione fisica. Sistemi aperti e labili al loro inizio
sono quelli che si lasciano influenzare con più facilità. Lo stesso vale per eventi di cui abbiamo
un impellente bisogno (Braud 1999).

Cosa dà dunque la spinta decisiva per le mie attività e per la mia realtà?

 La mia consapevolezza e i suoi fini?


 Gli effetti dell’energia dentro il mio corpo?
 Gli effetti dell’energia che dall’esterno s’infiltrano nel mio corpo?
Evidentemente tutto ha un effetto nello stesso tempo, restano decisivi gli avvenimenti che si
verificano. I nuovi avvenimenti noi li avvertiamo sempre come tempo.
Capitolo 5 - Realtà e Informazione: Cosa sono
per noi?
«Tutto quello che attraverso osservazione o astrazione della nostra percezione riteniamo “Cosa
Vera” e che secondo la scienza naturale definiamo reale (materiale), sotto tale forma non può
essere considerato identico alla realtà intrinseca».
Hans Peter Dürr

Nessuno dubita che siamo “reali”, che esistiamo qui e adesso. Ma cos’è questo “reale”? In che
modo siamo noi “reali”?

Sono domande di rilievo. Perché, se la nostra consapevolezza commuta la realtà, bisogna


riflettere seriamente di quale realtà si tratta. In effetti noi percepiamo veri e reali aspetti della
nostra vita completamente diversi. Distinguiamo un mondo immaginato che viene definito
esclusivamente nei nostri pensieri e un mondo sognato che nasce in qualche modo anch’esso
dai nostri pensieri. O si tratta di un errore? Forse all’origine del mondo sognato ci sta qualcosa
di diverso e i nostri pensieri sono solo un suo risultato. Sennonché sia esso come sia, il ruolo
principale lo gioca la nostra percezione della vita di ogni giorno. È questo il mondo reale, o forse
no?

Dal punto di vista dell’uomo moderno, realtà è quello che noi possiamo percepire con i sensi,
quindi misurare, perché anche i sensi sono apparecchiature di misura. Si può però solo misurare
ciò che scambia energia con le apparecchiature di misura e che può essere trasformato in forze
che agiscono sulle masse. Ma sia le apparecchiature di misura e sia gli organi del sensorio, sono
costrutti di materia che possono essere influenzati da pensieri ed emozioni. Ciò è possibile sia
durante veglia consapevole come anche nel sogno. Noi, dove ci situiamo adesso?

Noi crediamo di osservare, di percepire la verità. Se un auto sembra venirci addosso, è


comprensibile se saltiamo per scansarci. Questo però, checché se ne dica, non è un criterio per
definire se stiamo sognando o se stiamo vivendo un evento “reale”. La percezione dell’auto
normalmente è un processo complesso durante il quale le impressioni sensoriali e la loro
valutazione giocano un ruolo importante nelle strutture nervose del cervello. Le impressioni
destate dai sensi vengono valutate secondo regole proprie al cervello. Ma come faccio a stabilire
se l’impressione sensoriale trae origine da qualcosa che sta veramente accadendo, o se è solo
un’allucinazione o un qualunque altro stato cerebrale a farmelo credere? Tutto quello che noi
percepiamo è un costrutto eseguito con l’aiuto del nostro cervello. Solo lui decide quello che è
reale. Egli fa uso di informazioni proprie, ricorre alle sue proprie esperienze, e interpreta gli
stimoli secondo le sue proprie regole. Tutto questo è dunque pura soggettività, ugualmente
valida per sogno e realtà.

I costrutti ci appaiono veri perché altri individui riferiscono di eventi uguali nelle stesse
condizioni. Questo però è ancora lontano dallo stabilire che il mondo fuori di noi è un mondo
obiettivo. Noi valuteremmo veri e reali anche sensazioni fisiche quali i dolori. Ma proprio questi
stimoli possono essere repressi e così sparire dalla consapevolezza, come possono anche essere
recepiti con intensità e tal modo amplificati.

La formazione di realtà incosciente ha luogo per esempio nel sogno, in presenza di allucinazioni
e nella fantasia; quella della realtà cosciente, ha luogo p.es. nel mondo rappresentato
mentalmente al fine di pianificare la nostra condotta di vita.

5.1 Il mondo dei sogni

Dal punto di vista delle funzioni fisiologiche, per i sogni esiste una spiegazione del tutto
razionale. Noi, quali animali a sangue caldo, siamo dipendenti da una temperatura intrinseca di
37 °C. Questo calore sorge dai processi metabolici attraverso la combustione del cibo, come
p.es. dei grassi, come pure dall’attività muscolare. Nel sonno però una grande attività muscolare
è assente. Nel sonno profondo essa viene addirittura impedita attivamente e durante questa
fase noi non prendiamo nulla per nutrirci. La conseguenza è che la temperatura del corpo si
abbassa. Tanto più a lungo dormiamo e tanto più elevato è l’abbassamento della temperatura
corporale. Il limite critico si situa circa sui 36 °C. Valori inferiori impediscono che dai globuli rossi
si diffonda ossigeno a sufficienza, al punto di condurci in uno stato di pericolo di vita.
Evidentemente la saggezza del corpo sembra essere consapevole di questo pericolo perché
sogni che di notte vengono attivati regolarmente come fasi REM (Rapid Eye Movement), e che
verso il mattino diventano sempre più lunghi, impediscono un calo di temperatura oltre misura.
Ciò avviene perché i sogni, come gli eventi da svegli, producono esperienze che attivano ormoni
quali p.es. adrenalina e noradrenalina. Ambedue questi ormoni avviano la combustione dei
grassi e il corpo si riscalda.

In ogni modo quello che sogniamo ci appare talmente reale da renderci conto solo al risveglio
che si trattava di un sogno. Durante il sonno normalmente noi non siamo consapevoli di trovarci
nel mondo dei sogni. Ci sono poi dei sogni durante i quali noi sappiamo di sognare e possiamo
addirittura dirigere il sogno con la nostra volontà. Questo viene chiamato sogno lucido e, cosa
molto interessante, può essere allenato. Dopo un sogno lucido noi ci ricordiamo anche del suo
contenuto, cosa che ci riesce raramente con il sogno normale dove nella più gran parte dei casi
echeggiano solo eccitazione o altre emozioni che producono bagni di sudore e batticuore.

Nel sogno, anche la consueta struttura del tempo è annullata. Pochi secondi reali all’orologio si
dilatano offrendo spazio per lunghe storie. Il semplice sbattere di una imposta all’inizio o alla
fine del sogno può essere percepito come l’inizio o la finale di un avvenimento di lunga durata.

La capacità di agire, fortemente ridotta nel sogno, può rivelarsi molto spiacevole.
Probabilmente tutti noi abbiamo sognato una volta di essere confrontati con una situazione
minacciosa da cui volevamo allontanarci e di annaspare, di essere nell’impossibilità di correre,
scappare. Anche qui agisce un saggio soccorso. Se nel sogno mettessi in atto la reazione come
nello stato di veglia consapevole, potrei p.es. correre e sbattere contro una parete, cascare e
ferirmi.
La domanda se i sogni sono più che una fase di necessario surriscaldamento è senz’altro
avvincente. Si specula dicendo che essi servono all’esercizio della fantasia, che consolidano
sotto forma di ricordo le strutture dei neuroni, che offrono soluzioni per accadimenti fino a quel
momento non rielaborati e che diano spazio a desideri non soddisfatti. Tutto può essere vero
ma chissà, essi potrebbero anche avere un significato ben più grande.

Partiamo dal principio che i meccanismi della consapevolezza nello stato di veglia siano identici
a quelli dello stato di sogno. Gli argomenti presentati più avanti tendono ad affermare che la
percezione consapevole è creativa e genera realtà indipendente dai limiti di spazio e tempo.
Anche i sogni sottostanno a questi meccanismi.

Sotto l’aspetto fisiologico quello che sogniamo si distingue dallo stato di veglia per il fatto che
gli stimoli provenienti dalla periferia del corpo, che distesi e ad occhi chiusi sono senz’altro
meno forti, non vengono presi in considerazione dal cervello. Sono inibiti anche ARAS
(ascending reticular activating system) e RAS (reticular activating system), che trasferiscono il
cervello nello stato di veglia. Di giorno la consapevolezza è occupata ad azionare la realtà
attraverso le sensazioni temporali. Solo quando i sensi non hanno un ruolo predominante può
la consapevolezza (del subcosciente) tuffarsi nell’Oceano delle infinite possibilità e realizzare
altri avvenimenti.

Dobbiamo considerare che il cervello di tanto in tanto è occupato con se stesso e le reti dei
neuroni prelevano immagini ed esperienze più o meno a caso. Un indicatore di ciò lo troviamo
nel raduno caotico e illogico di singoli eventi nel sonno o anche nei pensieri confusi da svegli.

Dobbiamo però tener conto che un cervello non distratto dai fatti del giorno, è il ricettore di
eventi reali che avvengono in qualche parte di questo mondo, che sono una volta avvenuti o
che avverranno. Per cui già adesso ci poniamo il quesito: “I nostri sogni sono esperienze vissute
da altre persone? Nel sogno facciamo esperienza di qualcosa che altri esseri viventi hanno già
memorizzato? Si tratta forse di sogni precogniti? Noi, attraverso i sogni, veniamo trasferiti in
una situazione che allarga la nostra percezione su altre realtà?
Tutto è nei limiti del possibile.

5.2 Il mondo delle esperienze mentali

Rappresentarsi qualcosa e estenderne la rappresentazione al mondo mentale è un esercizio che


dominiamo tutti con maestria. Immaginando il “qualcosa” creiamo così un mondo possibile. La
raffigurazione di queste immagini ci permette quasi tutto a condizione di conoscere i
componenti per l’immagine, altrimenti detto, a condizione di avere già vissuto una siffatta
esperienza. Noi siamo in grado di vagliare il decorso dell’azione, la sua espressione linguistica,
sogniamo ad occhi aperti, fantastichiamo, viviamo in un mondo desiderato. Tutto questo è
provare un qualcosa in modo indolore e senza alcun pericolo.

Il mondo dei sogni si distingue nettamente da quello dell’esperienza mentale perché nel primo
noi siamo alla mercé dei sogni. Essi vengono e vanno secondo norme che quasi sempre non
siamo in grado di gestire. Diverso è invece per il mondo delle esperienze mentali: vi accediamo
volutamente e sappiamo quasi sempre che stiamo solo pensando. (Bloch 1994)

I bambini non riescono alla loro età a separare chiaramente il mondo reale da quello
immaginato. Non si accorgono se hanno percepito realmente qualcosa, se solo e unicamente
rappresentata o se si tratta di un ricordo. Addirittura anche tra molti individui in età matura
questa separazione è assente. Essa premette molta esperienza, è quindi accoppiata a un vissuto
ricco di eventi e non può svilupparsi se si rimane tutto il giorno seduti sul divano.

Un aspetto interessante è la possibile sovrapposizione delle immagini rappresentate alle


immagini percepite realmente. Con un certo allenamento è possibile proiettare
rappresentazioni sull’ambiente reale. L’attenzione è il raggio pilota della mia consapevolezza
che può trovarsi nel mondo delle esperienze mentali e dopo, o nello stesso tempo, nel mondo
reale che mi circonda. Io posso fantasticare mentre taglio il pane, lo spalmo e lo mordo.

«Anche al cervello adulto non sono disponibili in assoluto distinzioni fidate tra da un lato
l’effettivo e dall’altro lato l’immaginato o il frutto di allucinazioni». (Emrich 1992)

Sono delle precise sostanze prodotte dal nostro cervello, contrassegnate come droghe proprio
dell’organismo, che In ultima analisi sono responsabili di tutte le immagini di cui è costituita la
nostra verità. Sia la quantità delle droghe distribuite e sia anche l’incisività delle istanze di
controllo, determinano come il vissuto viene assemblato. Cocktail trasmettitori ben precisi,
possono essere assegnati a stati d’animo ben precisi, e anche droghe assimilate dall’esterno
influenzano stati d’animo e sensazioni. È possibile così ricostruire il modo come vengono
modulate le sensazioni dopo il loro sorgere.

Quello che noi designiamo volentieri con oggettivazione è un puro prodotto di apprendimento.
Il cervello attribuisce ai diversi stimoli attributi e contrassegni. Quando questi si presentano
ripetutamente in luoghi e tempi ben precisi, le associazioni a cui appartengono si rafforzano
sempre più. L’anatomia del cervello subisce una trasformazione: la reazione agli stimoli avviene
ora senza indugio. D’istinto apprendiamo e reagiamo da una memoria.

In tutte queste attività diventa chiaro che chi decide se una percezione potenziale debba
diventare realtà o meno è soltanto il cervello. Dal conteggio di informazioni diverse sorge
l’impressione soggettiva degli oggetti reali e con ciò la certezza di trovarsi nella realtà come
d’abitudine.

Noi siamo contemporaneamente proiettori e spettatori e le due attività sono collegate


attraverso un accoppiamento reattivo: 1) noi creiamo la realtà su cui indirizziamo la nostra
percezione, 2) noi percepiamo la realtà che noi creiamo e 3) la nostra realtà esiste solo nella
nostra percezione.

Non osiamo e non possiamo nemmeno ignorare che il riconoscimento della realtà abituale è il
risultato di un processo di apprendimento sostenuto dalla genetica, che inizia già nel lattante.
(Roth 1987, 1995)
Se siamo noi stessi a creare il nostro mondo attraverso i nostri pensieri e le nostre sensazioni,
così come suona il contenuto della tesi, il concetto di mondo passivo dei sogni e di quello attivo
per le nostre esperienze mentali, calza a perfezione. Ma come la mettiamo con il mondo reale
giornaliero dove noi dobbiamo esistere e che prestabilisce le situazioni alle quali reagiamo? Noi
“crediamo” sapere distinguere quando sogniamo solamente e c’immergiamo nei nostri pensieri,
e quando viviamo il mondo reale consapevolmente. Esistono differenze fisiologiche
inequivocabili tra da un lato la modalità mentale e del sogno e quella dell’evento reale d’altro
lato?

Sì, perché il “vero mondo” alberga nel nostro cervello in due settori separati. Noi percepiamo a)
un ambiente e b) un mondo fisico.

Ognuna di queste due percezioni ha la sua caratterizzazione nel cervello. L’energia


dell’ambiente viene assorbita da un sensorio specializzato: occhi, orecchi, mucosa nasale,
sistema sensorio meccanico, ed è elaborata nei rispettivi reticoli nervosi cerebrali. Il corpo con
gli altri organi sensori: recettori muscolari, delle articolazioni, recettori dell’equilibrio, recettori
di contatto, del dolore, del caldo e del freddo, è caratterizzato in altri centri cerebrali. La
differenza più evidente in effetti è che il corpo è rappresentato sia sotto l’aspetto sensoriale e
sia sotto quello motorio, cosa questa assente nel mondo degli stimoli ambientali. Ne consegue
un’indicazione chiara che ci dice: adesso tu sei nel mondo reale. Ed è sempre nel momento quando
noi trasmettiamo un comando motorio con la nostra volontà, per esempio di volere andare in
qualche posto, che entra in azione un controllo che esamina se noi abbiamo eseguito l’ordine.
Attraverso un accoppiamento reattivo sensorio-somatico persistente, noi quindi sappiamo
sempre quello che in questo istante il nostro corpo esegue.

«Per il cervello questo significa che tutto quello che è accoppiamento reattivo senso-motorio,
è corpo, quello però che in assenza di accoppiamento reattivo conduce ad un’eccitazione nei
centri del sensorio, è ambiente». (Roth 1987)

Nel caso in cui gli eventi si ripresentano in luoghi o in momenti precisi, nell’intreccio alla base
del reticolo nervoso del cervello, le sequenze si rafforzano. Noi c’impossessiamo del principio e
lo memorizziamo. È così che viene costruita una memoria. Questo possiede il vantaggio che
eventi futuri saranno aggiunti e paragonati, e quindi computati, con i contenuti della memoria.
Tutto quello che noi rileviamo viene stabilito assieme alla nostra percezione antecedente. (Roth
1987 e 1992)

Dopo che l’individuo ha classificato sensatamente nelle sue esperienze le impressioni sorte così,
può consolidarsi la realtà del quotidiano. Essa si stabilisce momentaneamente quale forza
efficace, quale conseguenza. Sulla base di sempre nuove esperienze questa realtà, soggetta a
un cambiamento continuo, corrisponde ad un’esperienza che viene costruita con l’aiuto
dell’ambiente.

«Questo ambiente comunicativo è generato e conservato (saggiamente) dagli individui


attraverso percezione, motorio dei sensi, cognizione, memoria ed emozioni, agire comunicativo
e non…». (Schmidt 1994)
Le persone si costruiscono la propria realtà che resta sempre in ogni caso una realtà fenomenica.
La costruzione della realtà giornaliera in maggior parte non è pianificata bensì più o meno
arbitraria perché l’individuo deve confrontarsi con influssi ambientali imprevedibili. Ciò accade
nella più gran parte dei casi inconsapevolmente. Già il semplice avviarsi al mattino al posto di
lavoro è per molti individui un vero stress causato da rumori, gas di scarico, sporcizia, confusione
e tempo che viene a mancare. Una tale situazione può essere modificata consapevolmente
dirigendo la propria percezione e i propri pensieri verso qualcosa di diverso.

Se la costruzione della realtà non deve essere solo un fenomeno che s’impadronisce
automaticamente dell’individuo bensì uno da assimilare e da modificare secondo la propria
volontà, l’individuo deve adottare misure particolari che verranno descritte più avanti verso la
fine dell’ottavo capitolo.

5.3 Un sofisma della logica

Un dogma ritenuto scientifico, e tutt’ora in auge, parte dal punto di vista che il mondo reale di
cui facciamo esperienza esista senza consapevolezza alcuna. Anche Einstein fu vittima di questa
conclusione constatando: «La natura esiste indipendentemente da una consapevolezza e gli
oggetti materiali hanno caratteristiche proprie».

Tale enunciato non è dimostrabile. Perché la constatazione di Einstein, alla luce delle
conoscenze attuali, è da considerare errata? La risposta è a portata di mano. Perché la
percezione è sempre senz’alcuna eccezione accompagnata con la creazione di un costrutto
spirituale che noi definiamo esperienza. Enunciati scientifici poi, sono sempre ed
esclusivamente interpretazioni e in alcun caso esiste una scienza naturale indipendentemente
da una consapevolezza umana. Giacché nulla in assoluto esiste senza che venga percepito,
denominato e interpretato da una consapevolezza dell’individuo e le informazioni su ciò
vengono propagate esclusivamente attraverso l’individuo, un’oggettività in senso ristretto,
indipendente da una consapevolezza, è illusoria già in anticipo. La percezione, anche della
natura, è sempre e senza eccezione creazione di un costrutto spirituale.

Ancora una volta: la “Realtà” può essere riconosciuta solo ed esclusivamente attraverso le lenti
del nostro intelletto. Con ciò, ogni esistenza nello spazio e nel tempo è il risultato di una
costruzione mentale, un mero sofisma.

Noi possiamo quindi solo immaginare (lo immaginò anche Einstein) che la natura esista anche
senza presa di coscienza. Se applichiamo gli effetti quantistici della “commutazione della realtà
attraverso l’osservazione”, è senz’altro plausibile che non siamo solo noi gli esseri in grado di
commutare la realtà. Le forme della natura potrebbero senz’altro stabilizzarsi attraverso le
molteplici risonanze che si manifestano ovunque nella materia. Ma sono ipotesi non
dimostrabili, perché per gestirle necessitiamo di una consapevolezza dell’essere.

Una materia indipendente dallo spirito è quindi una chimera. Gli scettici, che fino ad oggi non
hanno voluto prendere atto di questo, pensano veramente di avere monopolizzato la verità
ritenendosi più accorti dei pensatori che qui di seguito riportiamo e che hanno ormai
dimostrato la loro attendibilità?

«La materia assume realtà quando viene percepita da uno spirito qualsiasi.»
Georges Berkeley, vescovo e filosofo (1685-1753)

«L’universo dilatato nello spazio e nel tempo, esiste solo nella nostra immaginazione. Che esso
sia qualcosa di diverso, neanche l’esperienza, come già riconobbe Berkeley, ci fornisce alcun
punto di riferimento.»
Erwin Schrödinger, Nobel 1933 per la fisica

«Consapevolezza genera realtà.»


Eugene Wigner, Nobel 1963 per la fisica

«La realtà viene creata dall’osservazione.»


Niels Bohr, Nobel 1922 per la fisica

«La fisica quantistica c’insegna che la materia può assumere un’esistenza concreta e ben
definita solo in unione con lo spirito.»
Paul Davies, fisico

«La distinzione tra materia e spirito è un’astrazione. La base è sempre una sola.»
David Bohm, fisico quantistico

Il determinismo del mondo di Newton perde la sua pretesa di assoluto e per noi si apre un
universo dove la materia è elemento creativo, perché essa, come mette in chiaro Paul Davies,
viene pilotata dall’intelletto. Di conseguenza non esiste una fisica obiettiva bensì solo un
consenso raggiunto attraverso esperienze.

5.4 Misticismo nella Filosofia quantistica

Una delle cognizioni fondamentali della fisica quantistica dice che nel mondo subatomico un
evento esiste in “tutti i suoi stati possibili” solo fino a quando una misurazione o
un’osservazione, che ha sempre alla base una sorta di risonanza, non lo fissa ad uno stato
specifico.

Tutti gli stati che non sono stati portati a livello di realtà, esistono quali possibilità, quali funzioni
matematicamente descrivibili di oscillazioni. Le funzioni di onda sono sovrapposte tutte l’una
all’altra costituendo una coerenza, subordinandosi ad una potenza superiore, che crea un
ordine universale puramente virtuale. Questa virtualità universalmente propagata viene
definita quale “Oceano delle infinite possibilità”. Si tratta di un rumore incommensurabile,
gigantesco ma nello stesso tempo anche di una precisa unità inconcepibile. Questo “Oceano
delle infinite possibilità” è ovunque nello stesso tempo, senza alcuna differenza temporale in
tutti i luoghi immaginabili. Esso è in ognuno di noi, nella materia che costituisce la terra e la
natura, come anche nell’atmosfera e in tutto il cosmo.

Come scrive Anton Zeilinger, oggi si è affermato il punto di vista che i sistemi subatomici
esistono quali probabilità create dal processo dell’osservazione. L’interazione con l’ambiente
corrisponde ad una osservazione o rispettivamente ad una misurazione e in ultima analisi
dipende dall’impressione sensoriale in presenza di ogni osservazione. E questo è di nuovo
un’esperienza immediata. (Zeilinger 2003)

Fenomeni quantistici restano indefiniti fino al momento che essi vengono in qualche modo
“misurati” e quindi osservati. Misura e osservazione significano essere sempre in presenza di
uno scambio di energia e di informazioni.

Cosa fa un’entità quantistica prima di essere osservata e così diventare reale?

L’entità “inosservata” esiste in una sovrapposizione coerente di tutti gli stati possibili, permessi
e pensabili dalle funzioni oscillanti. (Erwin Schrödinger, 1926).

Ma nell’istante in cui viene eseguita una misurazione, analoga ad una osservazione, la funzione
oscillante collassa con le molteplici probabilità degli stati e il sistema è costretto a prendere un
unico e solo stato. Esso è stato commutato in realtà. “Essere è essere percepito”, dice George
Berkeley.

Possono collassare, essere incoerenti, slegarsi, non solo l’energia con le sue oscillazioni bensì
anche funzioni oscillanti di informazione e Bit quantici (Qubit). L’informazione viene così
trasferita in uno “stato classico”, che vuol dire che, “dall’Oceano delle infinite possibilità”
scaturiscono entità definite di significato e valore. Ecco cosa dice Meister Eckart: «La nostra vita
sulla terra si basa quasi del tutto sul fatto che noi consideriamo Dio e tutte le cose come semplici
possibilità». (Meister Eckart 1934)

È determinante il fatto che la sovrapposizione delle funzioni oscillanti, isolata dall’ambiente,


resta in tale stato fino a quando non si presenta un osservatore consapevole e sensibile. Gli
esperimenti in tale direzione hanno fornito risultati stupefacenti: Quando un’apparecchiatura
misura un sistema quantistico, i risultati rimangono in sovrapposizione fino a quando una
persona consapevole viene ad osservare il processo di misurazione dell’apparecchiatura.
Ritorneremo più avanti su questo argomento.

Cosa vuol dire ”osservatore consapevole e sensibile”? Con ciò si vuole indicare il totale di
cosciente e subcosciente di una persona che lascia collassare le oscillazioni. L’auto-istanza,
l’intelletto e l’anima crea quindi la realtà. Questa conseguenza fa parte della “Interpretazione di
Kopenhagen” sostenuta da Heisenberg e soprattutto da Niels Bohr.

Un altro fisico, Hugh Everett, è dell’idea che ogni collasso crea un nuovo mondo, con la
conseguenza di una infinità di universi paralleli. Questa idea è degna di analisi perché essa
eventualmente permette che singole e importanti funzioni di uno stato nel mondo A, possono
essere trasferite in uno stato diverso nel mondo B come per esempio succede in sogno.

Al centro di tutto ci sta sempre la persona con le sue sensazioni e la sua consapevolezza. Ogni
realtà trae origine anche attraverso sensazioni e libera nuovamente altre sensazioni e
percezioni. Essa, la realtà, viene sentita e percepita.

«Quando si è un’unica cosa con le sensazioni dirette e con le intuizioni, si riconosce a che livello
è distorta e paradossale la scienza naturale, quella scienza moderna che c’impone il modo di
pensare».
Alfred North Witehead - Filosofo e matematico (1861-1947)

L’insieme connesso di ragione, sensazioni, consapevolezza individuale e universale è quindi


manifestamente il commutatore determinante della realtà.

5.5 Il ruolo dell’osservatore nella realtà quantistica

Scienziati eminenti sono tutti d’accordo nell’affermare che nella realtà quantistica l’osservatore
assume un ruolo decisivo.

Niels Bohr dice: «Una visione, un fenomeno, è soltanto tale quando è un fenomeno osservato».
E John Wheeler sul concetto di decisivo aggiunge che ciò vale a dire che colui che osserva, «è
qualcuno che si serve di un’apparecchiatura di osservazione e si associa all’origine del
significato». (Yam 2003)

Wheeler dice ancora: «L’insegnamento più importante della fisica quantistica è che i fenomeni
fisici vengono definiti attraverso la domanda che ci poniamo su di essi». E il francese Zurek,
basandosi sugli esperimenti da lui eseguiti, si esprime in forma ancora più generale: «Il sistema
diventa decoerente (decoerenza = quando un sistema interagisce con l’ambiente) perché le
informazioni trapelano verso l’esterno». (Yam 2003)

La risposta alla domanda: «In quale stadio del processo di misurazione, rispettivamente
osservazione, avviene il collasso?» suona così: «Quando un essere umano si rende consapevole
di una osservazione/misurazione»

Come funziona questo?

Ogni azione reciproca con un elettrone o anche con ogni altra particella elementare, idonea a
rilevare una qualsiasi proprietà sulla particella, appartiene alla categoria “misurazione”. Ecco
come si esprimono su ciò Paul Davies e John Gribbin: «Non appena viene eseguita una
misurazione quantistica, l’oscillazione si collassa perché il processo di misurazione modifica la
nostra conoscenza del sistema, cosa che di ritorno influenza il comportamento del sistema
misurato». (Davies/Gribbin 1993)
L’osservazione/misurazione genera dunque un fenomeno quantistico elementare. La particella
fissata attraverso l’osservazione, corrisponde ad una misurazione di luogo e noi apprendiamo
la “Realtà” per lo sviluppo seguente delle forze sulle masse.

Contemporaneamente viene definito per quanto tempo deve durare lo sviluppo di queste
forze.

«Senza la percezione sensoriale non esiste alcuna osservazione. Senza osservazione, senza
misurazione noi non siamo in grado di assegnare una qualsiasi proprietà ad un sistema».
(Zeilinger 2003)

Esistono frammenti di nuclei atomici che negli anni tra il 1980 e il 1987 furono analizzati in molti
laboratori e ai quali venne dato il nome di “Anomalons”. Un Anomalon vive solo frazioni di
secondi e i suoi effetti sono visibili solo attraverso metodi di dimostrazione molto complessi.
La particella mostra una iterazione inconsueta e forte con altre particelle, ma le sue proprietà si
modificano anche sotto le identiche esatte condizioni di laboratorio. La sua realtà dipende da
chi di volta in volta la trova, rispettivamente di come se l’immagina chi la scopre (Thomson 1984).
Nei laboratori sovietici vennero scoperti una serie di neutrini dotati di massa, ma niente
parallelamente nei laboratori americani (Sutton 1985).

Sembra addirittura come se gli scienziati non scoprissero le particelle del mondo subatomico
ma le creassero essi stessi. Da ciò si può dedurre: il mondo è da una parte nell’evento e l’evento
è dall’altro lato incluso nel mondo. Ogni evento s’impossessa del proprio mondo.

Se i fisici non scoprono il mondo subatomico ma lo creano, per quale motivo allora gli effetti di
certe particelle, poniamo il caso degli elettroni, hanno una realtà stabile? Perché caratteristiche
ed effetti di un elettrone sono sempre gli stessi, indipendentemente di chi sta ad osservare gli
effetti dell’elettrone? La soluzione del rebus potrebbe essere che l’elettrone quale grandezza
efficace è noto da tanto e che i dettagli su di esso si siano ormai diffusi da tempo. Si potrebbe
quasi dire che si sono accordati e generalmente accettati.

Se allora non possiamo prescindere dall’individuo e dalla sua autoistanza per svegliare le forze
che commutano la realtà, dove rimane l’obiettività quale criterio più importante per la scienza
e del quale noi andiamo così orgogliosi?

L’oggettività non esiste. Quando l’intelletto umano “oggettivizza” il proprio mondo, esso
rimane per forza di cose all’esterno, poiché secondo la propria essenza non è oggettivabile, dice
Schrödinger. Però, siccome tutto quello che esiste nei nostri pensieri e nella consapevolezza
viene esclusivamente prodotto dall’intelletto/spirito, questo resta sempre l’artefice di tutto
anche della scienza e dei suoi risultati. Schrödinger, nella stesura delle letture di Tarner che
nell’ottobre 1956 furono presentate in suo nome presso il Trinity College di Cambridge, in un
momento in cui era degente, riassume così: «…mentre l’immagine del mondo, è e rimane essa
stessa e per ognuno una creazione del proprio spirito, e oltretutto non possiede alcuna
esistenza dimostrabile, lo stesso spirito rimane nondimeno un estraneo all’immagine, egli non
vi trova posto e all’interno non s’incontra in nessuna parte».
Suona paradossale. Il nostro spirito proietta la sua forza con l’aiuto dei pensieri e della
consapevolezza verso l’esterno in una propria costruzione spazio-temporale e crede
fermamente che il divenire possegga una realtà indipendente da se stesso.

Schrödinger dice ancora: «L’intelletto, confrontato con questo compito veramente ciclopico (la
costruzione del mondo esterno reale da “sostanze spirituali”, come annota l’autore) non può
farcela altrimenti e non gli resta che tirarsi indietro dal suo stato comprensibile di spossatezza
mediante un artificio semplicistico». (Schrödinger 1989)

Possiamo dunque fissare il concetto che tutto viene pilotato dall’intelletto. Argutamente
potremmo dire che il nostro agire è ascientifico, quando non ci poniamo la domanda
sull’intelletto e del suo effetto sulla materia e sulla vita. La carenza di conoscenze che ne deriva,
si fa notare massivamente nella società odierna.

Gli effetti della dipendenza quantistica, specifica all’osservante, emergono anche nell’universo
macroscopico. I grandi oggetti, sono in ogni caso sempre composti in esclusiva da piccole unità.
Incontreremo naturalmente sempre scettici che applicano i principi della fisica classica
sugl’individui e vogliono lasciar fuori la consapevolezza dei medici e del paziente coinvolto.
Sennonché, proprio perché si tratta della salute delle persone si dovrebbe evitare l’errore
comune d’ignorare le componenti intellettuali che giocano un ruolo decisivo sull’essenza della
vita e di assumere invece il ruolo dell’osservatore sempre più consapevolmente. Ciò, secondo
Shimon Malin, consiste «nel creare determinate condizioni, finalizzate per la transizione del
possibile al reale». Tali condizioni stabiliscono «il tipo di realtà che emerge alla superficie», ma
non le sue particolari proprietà. (Malin 2003)

5.6 Mondo esterno e interno sono una sola cosa

Ciò che noi chiamiamo esperienze vissute, sono reazioni che si manifestano all’incontro tra
energie. Prendiamo per esempio la percezione: la volontà di focalizzare un organo del sensorio
incontra l’oscillazione elettromagnetica di una emittente, da cui risulta la percezione.

Vedo per esempio un albero. Cosa avviene? L’energia solare, quale spettro delle oscillazioni di
frequenze elettromagnetiche che comunemente chiamiamo luce, colpisce gli elettroni delle
foglie, del tronco e dei rami dell’albero. Questi elettroni vengono eccitati dalle irradiazioni e
ricascano alla fine nel loro stato primitivo. Nel frattempo emettono verso l’esterno frequenze
luminose con le quali erano stati eccitati prima. Alcune di queste frequenze oscillanti vengono
imprigionate in strutture molecolari ben precise. Le frequenze che non vengono assorbite,
irradiano anche nella nostra direzione ed entrano in risonanza con le strutture di coni e
bastoncelli del fondo dell’occhio: la retina, dove l’assorbimento di questa energia provoca una
modifica delle strutture molecolari. Attraverso lo scambio ionico e di complesse modifiche della
membrana cellulare arrivano poi al cervello segnali che noi interpretiamo come l’immagine
dell’albero. Sebbene sia tutto per intero radiazione elettromagnetica, noi selezioniamo l’albero
in un posto specifico nello spazio. Questo diventa poi la nostra realtà.
Generalmente detto: per la configurazione della realtà viene condotta energia alla nostra
consapevole attenzione, da ciò in seguito generiamo forma/struttura/configurazione con senso
e valore quali unità separate e creiamo così spazio e tempo. Il mio “IO” ha creato, plasmato
l’albero.

Quando prendiamo un oggetto in considerazione, noi in effetti osserviamo il nostro cervello


occupato ad elaborare energia elettromagnetica irradiata dall’oggetto. L’universo non è quindi
la diretta riproduzione delle energie che attivano i nostri sensi. Più che altro sono il nostro
intelletto e la nostra consapevolezza che creano il mondo dando al totale delle singole energie
captate momentaneamente “senso e valore” o senso e significato.

Dal punto di vista della filosofia quantistica gli oggetti dell’universo materiale esistono soltanto
in relazione alla nostra consapevolezza. Secondo la tradizione asiatica, le manifestazioni da
svegli del mondo cosciente sono Maya, ovvero “illusioni, fantasmi, fantasmagorie”. Tutto quello
che viene creato dall’osservazione, ha la facoltà di osservarsi da se stesso e di creare nuove
realtà esse stesse osservanti.

Concretamente detto, significa che “ogni invenzione crea nuove invenzioni”. Noi siamo parti di
una creazione che si scinde all’infinito in molteplici creazioni e queste possono nuovamente
percepirsi a vicenda scambievolmente e per mezzo di ciò stabilizzarsi.

L’IO attinge ad energie del mondo esterno e le conserva nel proprio mondo interno
(consapevolezza, intelletto), plasma le immagini interne (trasformazione) e restituisce al
mondo esterno queste rappresentazioni sotto forma di creazione. Senza riflesso del mondo
interno, il mondo materiale non può esistere. (Laitman 2007)

Ogni Co-Creazione è quindi una proprietà intrinseca.

Tutte le manifestazioni sono collegate ad una consapevolezza. In concreto avviene quanto


segue: Un’informazione potenziale esiste universalmente “prima” solo come funzione d’onda e
diventa “poi” informazione locale, concreta, quando noi individui che ce la raffiguriamo quale
costrutto spazio-temporale, consciamente per generare sapere, o domandiamo, osserviamo,
misuriamo ecc. Tramite la consapevolezza dell’individuo vengono connesse con la locale
materia informazioni universali, quindi non locali e virtualmente latenti, e con ciò si ottiene la
commutazione semantica e reale dell’informazione.

Dalla cognizione che la consapevolezza fa diventare reali le particelle subatomiche dobbiamo


fare attenzione a non trarre conclusioni affrettate, poiché: «Noi e anche l’intero universo
creiamo sì particelle subatomiche, ma inversamente esse creano anche noi. L’uno crea l’altro
nell’ambito della cosmologia autoregolatrice». (Wheeler e altri 1973)

Quello che noi designiamo mondo esterno, si basa in esclusiva sulla nostra percezione
intellettuale. Io creo il mondo esterno nella mia consapevolezza. Per mezzo della mia
consapevolezza io sono così contenuto nel mondo esterno, ma il mondo esterno è anche in me
attraverso la mia stessa consapevolezza. «Quando noi crediamo di avere fatto esperienza di un
mondo fuori di noi, in realtà viviamo questo stesso mondo dentro di noi», dice il filosofo e
mistico Paul Brunton (1898-1981).

La consapevolezza interpretativa rimane in un continuo gioco alternato con l’ambiente ed è


mutevole. Quando il corpo è esausto, la qualità della percezione che segue per mezzo della
consapevolezza è diversa da quella di un corpo fresco, rigenerato. Questo è un problema di non
poco conto per l’auto-guarigione. Quando ci sentiamo male perché siamo ammalati, anche la
nostra percezione non è più in armonia e in grado di guarirci.

Una consapevolezza dislocata (pazza) a causa di droga, ipnosi, innamoramento, trance o sotto
simili influssi, modifica la nostra esperienza e ci trasferisce in un mondo completamente
diverso. Il morale o l’umore interno genera la realtà individuale. La materia tutta esiste solo sulla
base dell’idea che noi ci facciamo di essa. Noi pensiamo in immagini e modelli che
corrispondono alle nostre aspettative e che si basano di nuovo sulle nostre esperienze.

La consapevolezza impiega il corpo per osservare e così fare esperienze. La costruzione del
corpo serve quale strumento, così come noi usiamo i telescopi per osservare le stelle nel cosmo.
In realtà noi siamo puro intelletto in uno strumento di misura che si chiama corpo. Fare
esperienze è un gioco di dimensione cosmica. Il mondo materiale è il palcoscenico o il terreno
da gioco, le leggi naturali sono le regole del gioco.

5.7 Realtà e informazione sono una sola cosa

Il nostro universo, natura compresa, è alla fin fine la costruzione intellettuale che sorge sulla
base delle informazioni che si riversano su di noi. Noi non veniamo separati dalla natura e da un
oggetto di ricerca. Noi anzi creiamo sia la natura e sia la nostra vita attraverso la nostra attività
intellettuale. Il fisico quantistico Anton Zeilinger dice: «Realtà e informazione sono la stessa
cosa. L’informazione è l’elemento primordiale dell’universo». (Zeilinger 2003)

Gli scienziati «esaminano l’universo fisico sempre meno come un’agglomerazione degli
ingranaggi di una macchina e sempre più spesso come un sistema che elabora informazioni.
Ormai il goffo ammasso di materia è tramontato, al suo posto è entrata l’informazione e i suoi
bit». (Davies/Gribbin 1993)

Tutto quello che noi abbiamo e che riceviamo attraverso canali specifici è informazione:

 emessa dalle nostre impressioni sensoriali,


 emessa dalle sensazioni presenti al vaglio di una situazione,
 emessa dalle risposte elaborate intellettualmente alle domande che noi poniamo,
 emessa dall’interpretazione e dall’assegnare senso e valore.
Funzioni d’onda per caratteristiche potenziali, inondano l’intero universo. Esse non sono
vincolate né allo spazio, né al tempo. Queste oscillazioni sono informazione pura, puro
software, che descrivono tutto quello che può essere portato a conoscenza su un sistema.
Schrödinger che sta all’origine della denominazione delle “funzioni d’onda”, le contrassegnò
come “Sapere”. Per cui l’universo può essere contrassegnato come “Sapere” o campo
d’informazione.

Il nostro subcosciente (l’animo) riceve dati vitali da questo campo d’informazione. Esso
possiede “intuizione”, percepisce e “conosce”, “sa”. La consapevolezza (raziocinio, intelletto)
trasmette questi dati poi in un codice verbale o simbolico: concetti, norme, “archivi” o cassetti.

Componenti più importanti della consapevolezza attiva sono quindi:

 riconoscere tramite l’elaborazione di energia e informazione,


 assegnare senso e valore con emozioni e fede
 commutare la realtà quale mediazione di forza e tempo con la massa della nostra
materia (volere).

Dal Buddismo come anche dal Talmud giudeo e dai monasteri cristiani tra origine la seguente
saggezza:

 Sta attento ai tuoi pensieri, essi diventeranno le tue parole.


 Sta attento alle tue parole, esse diventeranno le tue azioni.
 Sta attento alle tue azioni, esse diventeranno abitudini.
 Sta attento alle tue abitudini, esse saranno il tuo carattere.
 Sta attento al tuo carattere, esso sarà il tuo destino.

Quello che tu pensi, lo pensi con le parole del linguaggio appreso dopodiché tu pronuncerai
queste parole. Ogni frase detta viene prima preparata nei pensieri e poi pronunciata. Quello che
dico faccio. E qui entra in gioco la materia. Le nostre abitudini quindi scolpiscono una statua
“materiale”, che significa che le attività mutabili vengono congelate sempre di più. L’intelletto
si perpetua nel mondo materiale e gli dà forma. Alla fine anche il mio IO viene formato da questa
statua. Il mio carattere si consolida e tutto sbocca in quello che sembra una inevitabile
manifestazione del destino.

Noi pensiamo in immagini, modelli che corrispondono alle nostre attese, e queste ultime
traggono origine dalla base delle nostre esperienze. Esperienze sono le fondamenta di tutto
quello che esiste: esperienze del conscio e dell’inconscio. Tutto, proprio tutto quello pensabile
è dedotto dalla nostra esperienza, alla quale noi aggiungiamo, facciamo tesoro anche di quella
del nostro prossimo. Non viviamo in un universo di cose, bensì in un universo di esperienze.

«Io sono una parte dell’universo, e poiché faccio di esso esperienza, l’universo di cui faccio
conoscenza, è parte di me stesso». (Malin 2003)
5.8 Informazione e “Oceano delle infinite possibilità”

Ma dove si nasconde l’informazione che dà forma all’essenza della vita da cui dipende sia
l’anima e sia l’intelletto? Nel capitolo precedente avevamo già esposto che la nostra
consapevolezza si serve delle informazioni virtuali presenti nel vuoto privo di massa, “Oceano
delle infinite possibilità”, sinonimo di “campo punto zero” e di campo Psi. Avevamo anche
accennato che in questo campo d’informazione spazio e tempo sono assenti. Ciò vuol dire: tutte
le nostre esperienze di spirito/intelletto sono memorizzate in un campo presente ovunque,
sempre dentro di noi e nello stesso tempo presente in tutto l’universo. Già i fisici quantistici
Wheeler e Feynmann e più tardi anche Jaynes constatarono che questo campo non ha
un’esistenza spazio-temporale, bensì rappresenta una unità di memorizzazione
dell’informazione. (Wheeler/Feynmann 1949, Jaynes 1990)

Tutto quello dunque che è memorizzato nel vuoto, esente dai limiti di velocità della luce che
come tale è legata per definizione a componenti di forze che non esistono nel vuoto, con il
denominatore della formula che può essere considerato zero (c=1/√ɛu, con c = 1/0, c diventa
∞ o infinito), si espande (quasi) istantaneamente in tutto l’universo.

E mentre impulsi misurati, energia misurata e cariche elettriche misurate sono grandezze locali,
le funzioni di onda sono non locali in questo campo e descrivono connessioni che esistono
indipendentemente da spazio e tempo. Esse sono quindi globali anzi, meglio detto, universali.

Con ogni cambiamento del divenire energetico assieme a quello che viene modificato
dall’uomo e dalla natura, viene introdotta tacitamente informazione ora e adesso in questo
campo (in sintesi quindi attraverso tutto quello che succede). Siamo in tal caso in presenza di
modifiche del modello spazio-temporale. La testimonianza del passato partecipa ad ogni
istante e in ogni singola parte alla gestione del presente di questo mondo. Ci sono individui che
stesi sul divano si rilassano e ricevono frammenti di quello che è accaduto in passato. Uno di
questi fu il famoso Edgar Cayce del Kentucky (il profeta dormiente o il profeta dell’inconscio)
che descrisse la storia degli Esseni di Qumran indicando i luoghi ben undici anni prima che i
rotoli degli scritti venissero scoperti nelle grotte di Qumran sul Mar Morto. La decifrazione del
loro contenuto confermò l’esattezza della sua versione. (Kittler 1970)

A noi comunque non serve andare alla ricerca di eventi spettacolari. Il totale delle nostre
sensazioni congenite che in precisi momenti ci raggiungono, in ultima analisi non sono altro che
esperienze che i nostri antenati ci tramandano. Memorizzazione dell’informazione è identica a
memorizzazione dell’esperienza. Queste esperienze si sono impresse nell’Oceano delle infinite
possibilità e nel frattempo possono per così dire venire richiamate quali archivio di
documentazione, ovunque e da tutti gli individui come anche da animali. Principio questo che
nella natura ha stabilito l’evoluzione.

L’Oceano delle infinite possibilità, sulla base della propria struttura permette che tutto può
comunicare con tutto fin nel profondo delle strutture microscopiche dove ha luogo la guida
della vita. La tesi nel frattempo diffusa sotto il nome di Epigenetica è da collocare in questo
contesto. La cellula riceve informazione e con essa pilota il proprio gene. Il gene produce su
richiesta molecola di proteina. Questa proteina, che diventa anche enzimi, pilota infine l’intero
organismo e perfino i discendenti. Tutto questo avviene alla fine sulla base dell’informazione
richiamata dall’Oceano delle infinite possibilità.

Nella vita di tutti i giorni noi tutti facciamo continuamente uso di questo speciale strumento di
memorizzazione. Realtà e virtualità, un continuo prendere e dare da e nell’Oceano delle infinite
le possibilità. Qui e adesso vengono universalmente memorizzate costellazioni di energie
vissute e le loro informazioni. La rinnovata selezione di questo modello è possibile ovunque e
in ogni momento attraverso risonanza e associazione. “Risonanza” assieme ad energia virtuale
codificata e informazione memorizzata che noi facciamo rivivere, assegnandovi senso e valore,
genera forma/struttura/configurazione della materia.

Questo principio della messa in memoria era già evidente nelle culture antiche per esempio in
India. Nel Lankavatara Sutra, un testo buddista, radicato nel quarto e quinto secolo, si parla di
Citta, consapevolezza di base al posto di Oceano delle infinite possibilità. Il vissuto è designato
quale: semi di “Karma(n)”, che migrano nella consapevolezza di base, una sorta di campo base,
e possono essere riutilizzati per costruire il mondo materiale.

«Il Karman viene collezionato da Citta (consapevolezza di base), concentrato dal pensare (a
individuo) e reso consapevole dalla consapevolezza (pensante). Attraverso i cinque (tipi di
consapevolezza sensoriale) viene (poi) immaginato il mondo visibile (degli oggetti)».
(Lankavatara-Sutra 2)

Guarderemo questo processo con più esattezza nei capitoli 6 e 7.

Nella fisica esistono modelli con i quali ci si può rappresentare concretamente la messa in
memoria di informazioni nel vuoto (identico con Oceano delle infinite possibilità). Per cui il
vuoto è gremito di particelle di Higgs. Queste particelle fino ad ora non trovate (quando Warnke
scrisse questo trattato, il collaudo dell’acceleratore del CERN per tale applicazione non era stato ancora
chiuso), hanno preso il nome di un fisico inglese che le ha postulate per la prima volta. Ci si può
ora rappresentare quest’agglomerato di particelle che viene sempre più strutturato da ogni
informazione che è anche sempre collegata ad energia. Queste strutture formano poi unità di
informazione, che possono venire nuovamente richiamate. Quanto più spesso informazioni
identiche viaggiano avanti e indietro, tanto più stabile diventa la struttura e tanto più facile gli
organismi vi hanno accesso. Ma chi ha accesso a queste strutture e chi le genera?

Per chiarire questi interrogativi, non ci resta che speculare e orientarci verso dati di fatto. Senza
alcun dubbio noi sappiamo che la nostra consapevolezza quotidiana dipende dall’attività dei
neuroni nel cervello. Se i neuroni sono iper-polarizzati, quindi con una carica elettrica
sopraelevata verso le loro membrane cellulari, o se viene modificato il trasporto di ossigeno e
monossido di azoto, come nella narcosi, sparisce la nostra consapevolezza quotidiana. Noi
sappiamo ancora che la nostra consapevolezza pilota l’informazione. Se si accetta la teoria
presentata prima, i neuroni sono i traduttori dell’informazione proveniente dal vuoto: Oceano
delle infinite possibilità.

In alcuni centri cerebrali, per esempio nel sistema limbico, noi possediamo dei componenti
organici molto speciali: i ganglioni. I ganglioni sono composti da intrecci di neuroni, spesse volte
con elementi a spirale. Quando questi neuroni diventano attivi elettricamente, dalle onde
elettromagnetiche sorgono dei campioni d’interferenza, vortici e potenziali. Ogni campione
specifico è accoppiato con attività periferiche ben definite come anche con le attività del
sensorio. L’energia di base, attraverso la quale si trasformano in informazione i diversi vortici,
può entrare nel vuoto in interazione con le particelle di Higgs.

Di conseguenza i neuroni, attraverso il loro tipico campo di vortice elettromagnetico che sgorga
dalle strutture dei dipoli, servono da trasformatori e campione d’informazione e agiscono in
questo modo dentro il campo d’informazione universale (campo dello spirito, dell’intelletto) e
dentro il campo di forza, tipico della materia, nel rispettivo meccanismo riverso, partendo dal
campo dell’informazione.

Già nel 1980 si fece viva l’idea che i conglomerati dei neuroni possedessero la capacità di
oscillare in risonanza con una informazione specifica. (Gibson 1980)

Se i neuroni descritti, insieme in “formazione”, liberano energia elettromagnetica, si sviluppa


una radiazione con proprietà omogenee, che è quindi coerente. Questa coerenza è un
presupposto affinché dalla sovrapposizione di oscillazioni elettromagnetiche si possano
sviluppare ologrammi. Gli ologrammi hanno la proprietà di immagazzinare una enorme
quantità di informazione che può essere prelevata nello stesso modo da ogni singolo punto
dell’ologramma.

Questa formazione dell’ologramma è un’attività di ogni singolo cervello. Per comporre per
esempio dai segnali luminosi una immagine, il cervello effettua un’analisi di Fourier e stabilisce,
frequenza, elongazione e rapporto di fase di una oscillazione in relazione con altre onde
luminose.

Karl Pribram sviluppò per il cervello la teoria olonome di campo quantistico (con holos si
contrassegna il campo dello spettro e con nomos la generalizzazione della sua teoria), per cui
tutte le impressioni apprese, sono presenti in quasi tutte le parti del cervello. Secondo Pribram,
il cervello con le sue funzioni olografiche è armonizzato all’ordine olografico dell’universo.

Anche David Bohm (1917-1992) suppose: «Probabilmente, l’universo non è altro che un
gigantesco ologramma creato dallo spirito».

Chi dunque reagisce quale risonanza sotto l’influsso di questi campi di vortici olografici che si
propagano sia nel cervello e sia nel vuoto universale (il nostro Oceano delle infinite possibilità)?
Non sono altro che gli Spin dei nuclei degli atomi e degli elettroni. Questi Spin sono essi stessi
delle strutture di vortici e per la loro capacità inerente di particelle di comunicazione che
descriveremo nel capitolo sette, posseggono la necessaria capacità di risonanza. Spin
modificati, modificano anche le coesioni molecolari e ogni cambiamento di coesione all’interno
della materia del nostro corpo è memorizzato nel vuoto come informazione. Nello stesso
tempo, noi individui siamo una precisa ed esatta costruzione e connessione di atomi e molecole
e come tali rappresentiamo una particolare struttura spazio-temporale. Ognuno di noi quindi,
quali singoli individui, siamo raffigurati anche nell’Oceano delle infinite possibilità. Viceversa,
ogni individuo e ogni struttura, per microscopica che sia, può attingere alle immagini
nell’Oceano delle infinite possibilità. Il termine impiegato da Puthoff è “Cosmologia
dell’autoregolazione”. (Puthoff 1989-1990).

Riassumiamo: Tutte le vicende di cui facciamo esperienza nel nostro mondo si “imprimono” per
sempre come una sorta di struttura di onde, nell’Oceano delle infinite possibilità
universalmente diffuso. Ne sorgono campioni d’interferenza, molto simili agli ologrammi. Da
questo “Oceano”, nuovamente e in ogni momento, tali campioni possono essere scelti e
trasportati negli eventi energetici proprio attraverso altrettanti campioni risonanti simili agli
ologrammi, come essi vengono consumati dal nostro cervello e dalle nostre cellule. Questo
ricorda l’inconscio collettivo. Una parte di tutto il processo viene guidato dalla consapevolezza
verso la ragione o verso l’emozione.

Abbiamo prima ricordato che ogni frammento di ologramma per piccolo che sia, contiene il
totale delle informazioni dell’intero ologramma.

Questo ologramma è tra l’altro descritto nel Buddha-Avatamsaka-Sutra, un famoso testo


sanscrito che intorno al 420 fu tradotto in cinese e che si divulgò ampiamente anche nell’Asia
orientale.

«Tutte le immagini dell’universo spirituale (Dharmadhātu= lett. "ambito della realtà assoluta" o
"campo del reale") sono visibili in un singolo granello di polvere».

«Il totale dell’universo si rispecchia nuovamente in ogni cosa fin nell’intimo del più piccolo
granello di polvere. Tutte le cose che sembrano diverse si compenetrano totalmente: l’una è
parte di tutte e tutte sono parte dell’una senza alcun limite. Uccelli, fiori, montagne non sono
più separati bensì fusi gli uni con gli altri, senza con ciò perdere la loro appartenenza a fiori,
uccelli, montagne; uno stato dell’essere diverso, trasparente e lucente».

In questa sezione abbiamo trattato tante singolarità che vale la pena ricapitolare i punti salienti
e metterli in rapporto con gli enunciati del capitolo precedente. Da quanto detto si traggono le
conclusioni seguenti: sensazioni, quali principi intellettuali sono gerarchicamente superiori alla
materia. Esse modulano la materia, per esempio con i neuro-trasmettitori. La materia modulata
ricrea nuove costellazioni, affinché possano sorgere sensazioni nuove e ulteriore informazione
emessa, sganciata dal campo spirituale/intellettuale. In tal modo l’uno condiziona l’altro e tutto
è solo possibile con l’aiuto della costruzione materiale: individuo.

Noi come esseri viventi siamo il risultato degli irremovibili, “in itinere”, collassi di potenzialità
del vuoto sotto l’azione di energie in risonanza. L’energia potenziale di un volume scrutato nello
spazio, come più avanti verrà spiegato, viene dunque trasportata nella realtà del vicino
ambiente attraverso l’influsso elettromagnetico immediato di deboli oscillazioni elettriche,
formando particelle quali elettroni, quanti e fotoni e producendo forze che poi conducono al
mondo percepibile con i sensi.

All’interno del nostro corpo la memoria del DNA insieme agl’influssi epigenetici rendono
possibile la costruzione di materia e si occupano affinché le giuste molecole oscillanti e in
risonanza, che senza posa si costruiscono e degradano, vengano sistemate esattamente al posto
giusto nella matrice assegnata. In questo modo ci vengono trasmesse le forze che ci danno la
resistenza necessaria, permettendoci di funzionare. La funzione di questa architettura interna
dipende a sua volta dall’energia ambientale del costrutto individuo.

Da un lato, speciali neuroni cerebrali contrassegnano sempre, e sempre di nuovo nell’Oceano


delle infinite possibilità, i più svariati campioni d’interferenza individuali. D’altro canto
l’individuo trae fuori continuamente dal campo universale l’informazione ivi contenuta sotto
forma di memoria. (In questo modello si può inserire anche la memoria del DNA). Il nostro
intelletto/spirito interpreta questa informazione, le dà significato e valore e pilota la materia
conseguentemente.

5.9 Possibilità di guida attraverso lo spirito

Funzioni d’onda teoriche-quantistiche si collassano con un diverso grado di probabilità. Alcuni


eventi possono avvenire agevolmente quando la nostra consapevolezza permette un accesso
facile alla percezione, altri restano praticamente preclusi perché l’accesso resta improbabile se
non impossibile, necessitando troppi passi intermedi.

E questo è bene che sia così perché, se la consapevolezza in ogni situazione può commutare la
realtà al di sopra dei pensieri e della volontà, succederebbe in ogni momento tutto il possibile
e l’immaginabile solo e soltanto perché noi lo pensiamo. Un disastro!

«Stiamo per precipitare». Un tale pensiero in un momento di panico in volo, avrebbe un effetto
inimmaginabile. Se ciò fosse così facile, la specie umana non sarebbe sopravvissuta. In verità
la natura è assai saggia nel tenere conto dei quattro punti seguenti quando commuta la realtà:

 La realtà non la commutano i pensieri da soli, bensì anche le emozioni e gli umori che ci
pervadono contemporaneamente.
 Solo un collettivo d’individui con emozioni e stati d’animo identici, commuta la realtà
immediata anche all’esterno del proprio corpo.
 Le emozioni possono commutare la realtà se ciò è stato esercitato, appreso, condizionato.
Esempi: rituali, allenamento autogeno, meditazione, Yoga, patologie psicosomatiche.
 Soltanto quando le informazioni ambientali prendono un assetto altamente suggestivo,
può una funzione liberare una commutazione anche subito, come in presenza di
situazioni estreme, in presenza di un incidente o quale effetto placebo-nocebo, sotto
ipnosi, in un posto particolare spiritualmente suggestivo, come per esempio in un duomo
medioevale.
5.10 Programmazione di una matrice

Come già detto, informazioni vengono assorbite e memorizzate nel campo universale (campo
di Base, campo Psi, campo Punto zero, Oceano delle infinite possibilità) e da qui utilizzate
intelligentemente (finalizzate) e associate a significato e valore. Ci permettiamo a questo punto
un paragone con Internet: contributi individuali producono un campo d’informazione immane,
mostruoso. Nello stadio di sovrapposizione (Oceano delle infinite possibilità) i Qubit possono
comunicare nel tempo e nello spazio senza barriere, in istantanea e in tutti i posti, che vuol dire
con una capacità probabile infinita. Questa capacità d’informazione, è stimata alla
inimmaginabile possibilità di stato di 10107 per ogni volume di Planck.

Per dare un’idea: scala di Planck = 10-33 cm che è la più piccola grandezza fondamentale. Un
volume Planck è quindi (10-33)3 centimetri cubi. Il volume Planck può modificarsi entro l’unità di
tempo Planck di 10-41 secondi.

«Nell’universo, le interazioni tutte non trasportano soltanto energia, bensì anche informazione.
Le particelle non solo entrano in collisione, ma calcolano anche. Con la progressione del calcolo
si sviluppa, si apre, anche la realtà.»
Loyd 2006

Seth Loyd è docente al famoso Massachusetts Institut of Technology, Cambridge, USA, e ha


sviluppato il primo calcolatore quantistico in grado di funzionare. Egli è profondamente
convinto che il nostro universo è programmabile. Non è il solo che coltiva questa visione. Anche
Jurgen Schmidhuber, uno specialista riconosciuto nel campo dei calcolatori la propugna
(Schmidhuber 1997) e Konrad Zuse (1910-1995) che nel 1941 costruì il primo computer
completamente automatico, programmabile a piacere, già nel 1970 disse: «L’universo intero
funziona come un computer con un codice che rende tutto possibile».

I calcolatori lavorano con binary digits, e questo lo può anche il campo dell’informazione
universale. «Tutto, ogni particella, ogni campo di forza, perfino il “continuo” spazio-tempo
riferisce la sua funzione, il suo significato, la sua propria esistenza totalmente alla decisione
binaria dei bit. Quello che noi chiamiamo realtà nasce solo dalla domanda “sì/no”» (Weehler
conferenza del 1989). È suo lo slogan molto significativo: The It from the Bit (l’Essere dall’unità
d’informazione).
Computer usuale Computer Universale

1 oppure 0 onda o particella

“a” oppure “da” possibilità o concreto

Sì oppure No virtualità o realtà

+ oppure - immateriale o materiale,


non qui/adesso o qui/adesso,
infinito o finito

Gregg Braden ha mostrato una panoramica degna di dibattito sulla programmabilità


dell’universo tramite un paragone al computer convenzionale (Braden 2008).

5.11 Principio dell’accoppiamento reattivo finalizzato

L’essenza della vita è la commutazione della realtà per mezzo dell’accoppiamento istantaneo
d’informazione. Chi agisce sono gli elettroni, i positroni e i fotoni. Ma cosa ci sta alla base di
questo processo?

Le equazioni di Maxwell, che formulano le basi matematiche dell’elettromagnetismo, hanno


sempre due soluzioni:

Soluzione no. 1: Le onde si propagano in avanti nel tempo verso particelle cariche.

Soluzione no. 2: Le onde si propagano all’indietro nel tempo verso particelle cariche.

La scienza ignora la seconda equazione di Maxwell, perché la nostra esperienza esclude di


recarsi nel passato. Osiamo tuttavia facilitarci la situazione ignorando la seconda soluzione?

Misurazioni evidenziano che elettroni accelerati quando avvertono un urto irradiano


oscillazioni elettromagnetiche (onde radio). Gli elettroni quindi entrano in interazione con
qualcosa che abbiamo chiamato resistenza di irradiazione. Ma con che cosa entrano
esattamente in interazione gli elettroni? La resistenza d’irradiazione agisce perché gli elettroni,
nell’istante in cui assorbono energia si contrappongono ad una accelerazione e per questo si
sentono frenati. Ma quale energia assorbono gli elettroni?
Se li osserviamo dall’esterno, succede quanto segue:

Elettrone 1 invia nel futuro fotoni che vengono tra l’altro assorbiti dall’elettrone 2 (= radiazione
ritardata). In questo esempio ignoriamo la radiazione in direzione del passato.

Elettrone 2 che si trova quindi nel futuro, dopo l’assorbimento dell’energia, invia anche lui
fotoni. Questi, poiché la radiazione si propaga nel futuro come nel passato vengono tra l’altro
assorbiti dall’elettrone emittente 1 (radiazione avanzata). L’elettrone 1 mostra adesso la
resistenza d’irradiazione misurabile e si oppone ai tentativi di essere spinto in giro verso il
futuro.

Gli elettroni sono per i fotoni specchi di tempo nello spazio. Le particelle entrano insieme in un
processo di scambio simmetrico nel tempo. Essi scambiamo “ambasciate” ritardate e avanzate
in un continuo accoppiamento reattivo. Ne consegue qualcosa di meraviglioso: quando un
elettrone invia il suo fotone ambasciatore nel futuro quale offerta d’onda verso un altro
elettrone (andata), e questo risponde subito con il suo fotone verso il passato quale onda di
conferma (ritorno), la risposta è qui nell’istante in cui il fotone fu inviato la prima volta. Ogni
elettrone sa quindi già (in anticipo) quando invia il suo fotone, chi lo ha ricevuto. (Cramers 1986)

Shu-Yuan Chu, fisico presso l’Università della California commenta questo effetto come segue:
«Quando noi adesso, qui sulla terra, diamo una spinta ad un elettrone, ogni particella carica
nella galassia Andromeda lontana circa due milioni di anni luce sa all’istante quello che noi
abbiamo causato. (Chu 1993)

Questa interferenza di offerta e conferma, innesca il collasso della funzione di onda. In questo
momento esatto si liberano informazioni con i loro effetti sulle forze.

Sulla base dell’influsso di tutte le particelle cariche, vengono qui scambiate informazioni con il
futuro e con il passato anche nelle galassie più lontane, e che si rendono percettibili senza che
i segnali che trasmettono le informazioni con velocità superiore a quella della luce debbano
viaggiare avanti e indietro.

Didascalia sullo scambio delle informazioni:

1. Onda offerta: l’emittente invia un’onda (offerta) nel futuro e nel passato.
2. Onda confermata: l’offerta viene intercettata dal ricevente che invia un’onda di
conferma all’emittente e nel futuro.
3. Transazione: onda offerta e onda confermata si neutralizzano ovunque nell’universo
tramite interferenza, ma non tra emittente e ricevente, dove si amplificano
scambievolmente generando una transazione quantistica: la realtà.

La transazione quantistica corrisponde al collasso di una funzione di onda attraverso


l’accoppiamento reattivo dell’eco. La versione aggiornata di questo effetto è conosciuta oggi
quale teoria di assorbimento secondo Wehler-Feynman. Essa infine spiega perché si sviluppa la
realtà.
Quando l’insieme delle onde, quella verso il futuro e quella verso il passato, entrano in
interazione con tutte le particelle cariche dell’universo, per via dei fenomeni d’interferenza,
rimangono solo le onde ritardate.

Ognuno di noi sa: l’energia può agire solo quando essa è riconosciuta e riassorbita da una
struttura finale. Nello stesso identico modo può agire l’informazione quando essa viene
compresa da una struttura finale e corredata con “significato e valore”.

L’onda offerta verso il futuro, contiene informazione che con “una” possibilità va in risonanza
nel brusio del futuro. Questa risonanza invia un’onda di conferma e inserisce così l’esperienza
di questa variante della realtà. Ogni impostazione di vita, alla quale partecipano elettroni,
provvede per esempio al “valore sensato” per questa risonanza. Per tale compito non è decisiva
la ragione, bensì il sistema emotivo: risultato del congenito, di esperienze, emozioni e
condizionamento che questo meccanismo vive sempre e sempre di nuovo.

Funzione d’onda x Funzione d’onda

parte reale + parte immaginaria parte reale + parte immaginaria coniugata*

passato ⇒ futuro futuro ⇒ passato

onda offerta ⇒ eco, onda di conferma

*coniugata = riflessa, direzione immaginaria. Il tempo deve scorrere indietro.

La modulazione delle due funzioni di onda, corrisponde ad una moltiplicazione. Il prodotto di


questa moltiplicazione significa che la probabilità dell’evento è elevata. Ciò corrisponde al
presente di cui facciamo esperienza. Questo principio è proprio il più importante meccanismo
per la costruzione della realtà.

Controlla ora tu stesso: nel momento in cui profondamente rilassato sei consapevole di essere
stanco, ti addormenti rapidamente. Allo stesso modo puoi provocare funzioni di disturbo nel
tuo organismo se porti continuamente questi disturbi a livello consapevole. Percepisci per così
dire lo scopo attraverso accoppiamento reattivo. Allo stesso modo funziona con tutti gli altri
fini che ti poni. Nella vita di tutti i giorni noi siamo talmente abituati a questo meccanismo e al
suo impiego, che ormai non gli assegniamo alcuna importanza particolare. Eppure dovremmo
prestargli più attenzione perché è proprio qui che risiede la chiave per influenzare la materia.
Esattamente così viene prodotto l’effetto placebo-nocebo. Se noi sappiamo farne uso corretto,
ogni singolo elettrone e ogni “Quanto” consapevole “sa” già nell’istante in cui emette un’onda,
chi ha ricevuto questa “notizia”. La qualità dell’energia (funzione di onda e particelle) cambia
apparentemente con effetto retroattivo, ma in realtà questa energia/informazione è orientata
ad uno scopo. Quando ci rappresentiamo un fine, ne avvertiamo gli effetti e il fine prende forma
in noi. Invero noi facciamo quello che prescrive la fisica quantistica: la nostra consapevolezza
pilota l’attenzione verso una scelta dal brusio universale e definisce il campione di energia di
base quale forza e tempo, dandogli anche significato e valore. Il collasso delle funzioni di onda
è compiuto, e solo ora risulta informazione. Questa informazione estratta, per modo di dire,
agisce in ogni modo all’indietro sulla propria origine, dove tutto è memorizzato e può essere
modulata attraverso l’esperienza e rispettivamente arricchita. Il termine informazione deriva
dal latino informare = dare forma, figura. Modo di dire che indica che questo risulta dalle
immense quantità di energie che si sovrappongono. Proprio con ciò inizia l’esistenza di una cosa
(existere = venire fuori). È questo principio l’essenza della vita?

Nel frattempo è stato eseguito da Wheeler il famoso esperimento della doppia fenditura, che
conferma esattamente l’interpretazione delle profezie auto-adempienti.

Un raggio luminoso è inviato attraverso una fessura doppia. I cannocchiali servono per la
misurazione/osservazione delle particelle (principio di risonanza). Se dopo l’invio del raggio si
solleva lo schermo, a causa del lumeggio dei cannocchiali non si sviluppano più particelle come
in presenza di risonanza, bensì campioni d’interferenza quali indicatori di onde. Da dove sapeva
la luce che dopo l’invio non ci sta più risonanza?

Questo risultato venne interpretato come segue: la formazione di onde avveniva in retroattiva,
quindi nel passato, sebbene prima sulla base delle condizioni di risonanza da misurare
attraverso i cannocchiali, la luce avrebbe dovuto avere il carattere di particelle.

Possiamo dare a questo effetto una spiegazione plausibile: La natura dell’energia luminosa si
adegua senza interruzione al fine preposto. Fin quando il fine è noto alla luce (i cannocchiali di
misura) la natura delle particelle trae origine dall’accoppiamento reattivo. Se il fine viene
coperto, la possibilità dell’accoppiamento reattivo sparisce e al posto della formazione di
particelle si sviluppa la natura neutra delle onde.

Questa spiegazione si accorda con l’effetto della cancellazione dei quanti. Se le possibilità di
osservazione e rispettivamente di misurazione vengono impedite, l’energia si trasferisce
indietro dal Quanto alla funzione d’onda. Anche se le funzioni di onda non sono affatto da
considerare uguali a quelle delle oscillazioni elettromagnetiche, l’effetto della cancellazione
delle particelle tuttavia rimane.

Questo principio ha delle conseguenze per l’effetto della nostra fede. Fede vuol dire certezza
che il fine venga raggiunto. In questo caso un accoppiamento reattivo del fine è possibile. Se
però noi dubitiamo che il fine possa essere raggiunto, l’accoppiamento reattivo del fine e la
commutazione della realtà vengono bloccati istantaneamente.

(A chi desidera saperne di più, Internet offre una grande scelta di notizie sull’argomento. A portata di
mano su Wikipedia: “Esperimento di scelta ritardata di Wheeler”)
Capitolo 6 - Fondamenta delle arti guaritrici
«Quello che determina le funzioni degli organi non è materiale, non è spiegabile all’aiuto di
atomi e particelle. Lo si vede nei processi di guarigione quando il tutto è ricostruito sebbene la
funzione delle singole parti fosse distrutta».
Roger W. Sperry premio Nobel 1981 per la medicina

Nei capitoli precedenti sono state esposte molte singolarità sugli attori che fissano l’essenza
della nostra vita. Abbiamo stabilito che consapevolezza cosciente/incosciente, è un modo
universale in grado di convogliare informazione su di noi. Questa informazione virtuale, alla
quale è possibile attingere, è memorizzata nell’Oceano delle infinite possibilità che ingloba sia
noi, sia la materia e sia l’universo nel suo totale. Conscio/subconscio è per così dire il vettore,
ovvero il mediatore delle possibilità delle percezioni concrete. Conscio/subconscio è un modo
universale il cui compito consiste nel riconoscere e pilotare singole informazioni o campioni
d’informazione dal gigantesco “Oceano delle infinite possibilità”. Nel capitolo 7, le percezioni
del subcosciente vengono messe in relazione con l’anima mentre quelle coscienti sono messe
in relazione con l’intelletto. La percezione è possibile perché onde di energia universale che
riempiono l’Oceano delle infinite possibilità, collassano in particelle con proprietà particolari.
Queste particelle influenzano la materia del nostro corpo sviluppando forze sulle masse. La
fisica quantistica descrive i meccanismi alla base. Quello che al centro dell’attenzione
dell’individuo concerne anima e intelletto lo descrive la filosofia quantistica.

Ogni individuo deve apprendere da sé l’impiego ben mirato di questa modalità. Già da piccoli
apprendiamo a connettere sensazioni innate con una data situazione. Inoltre impariamo a
camminare, ad andare in bicicletta e ben altre cose. Come abbiamo già appreso, l’IO quale
personalità si sviluppa in primo luogo sulla base delle esperienze fatte dall’individuo. Secondo
il principio dell’accoppiamento reattivo, le esperienze sono il risultato di avvenimenti che
seguono in parte uno sviluppo ben preciso. Questo principio di accoppiamento reattivo vale
per le funzioni della vita nel loro insieme.

Le singolarità descritte nei capitoli precedenti ci possono aiutare a comprendere i principi che
vanno al di là di avvenimenti e azioni quotidiani. Solo quando noi avremo capito come tutto
funziona, saremo in grado di ottimizzare gli eventi e beneficiare di un certo potere sulla materia.
Vedremo nell’ottavo capitolo, cosa bisogna fare a tal fine.

Uno dei più importanti settori di applicazione riguarda la salute e la guarigione. Nel capitolo 2
abbiamo appreso che l’effetto Placebo-Nocebo è da fare risalire interamente all’informazione
applicata, informazione a cui l’inconscio aggiunge quasi automaticamente “senso e valore”
attraverso sensazioni specifiche. Quando questo avviene, noi lo rileviamo dal conseguente
cambiamento, in meglio o in peggio, delle funzioni della materia del nostro corpo. Il
cambiamento della materia in un sorta di accoppiamento reattivo, provoca un’amplificazione
delle impronte dei sensi. Siamo in presenza di emozioni.
Tutto quello che fino ad ora abbiamo appreso sul ruolo che conscio/subconscio assume nella
costruzione della realtà, può essere trasferito integralmente su quello che avviene nel momento
della guarigione. Nella teoria quantistica che sta alla base della realtà, la causalità è assente.
Causalità è un prodotto della consapevolezza cosciente. La consapevolezza si muove
nell’Oceano delle infinite possibilità, sceglie avvenimenti ben precisi, li seleziona e lascia che
l’intelletto li spieghi. Sorge così p.es. la sensazione del tempo attraverso l’allineamento degli
eventi.

«La causalità può essere vista come una sorta di percezione, attraverso la quale noi riduciamo
a un ordine le nostre impressioni sensoriali».
Niels Bohr

Nel capitolo 5 abbiamo già accennato a quello che in dettaglio presenteremo nel capitolo 7: “Le
funzioni di onde dei quanti materiali dell’organismo, straripano al di là dell’organismo in
interazione con un fine prescelto. Questo avviene anche tra individui, come p.es. tra terapista e
paziente. Ne derivano conseguenze sorprendenti per la intermediazione di impulsi di
guarigione. Seguire un’olistica obiettivamente o secondo uno schema è impossibile. Come
terapista si deve soprattutto osservare il caso singolo e fare agire la percezione intuitiva
personale sia nella diagnosi e sia nella terapia. Il trattamento è quindi consapevolmente
soggettivo. Presenteremo nel capitolo 8 alcune prove di tele-guarigione, i cui risultati possono
essere generalizzati e quindi anche resi validi per trattamenti diretti.

La guarigione è un meccanismo che con tutta evidenza viene messo facilmente in atto dalla
natura senza farsi fuorviare. Anche noi possediamo un sistema rigenerativo continuamente
impegnato a fornire una prestazione immensa. Milioni di cellule muoiono ogni minuto,
vengono scomposte e asportate, e altrettante nuove se ne formano ogni minuto.

Il nostro corpo necessita inoltre più di 50 mila, addirittura forse oltre 100 mila enzimi diversi
(finora ne sono stati classificati circa 3 mila). Questi enzimi devono essere richiesti e costruiti
dal DNA e indirizzati nell’organismo nel momento esatto e nel posto giusto. Tutti gli enzimi
sono al corrente dell’attività del totale degli altri enzimi. Nel mondo non esiste nessun
calcolatore con una potenza del genere.

Secondo le conoscenze attuali e con la considerazione di teorie plausibili, la guarigione all’aiuto


degli enzimi funziona su diversi piani gerarchici. L’effetto degli enzimi dipende coercitivamente
dalla loro conformazione. Questa dal canto suo si basa di nuovo sulle forze specifiche di
coesione molecolare che costruiscono l’enzima/proteina. Una falsa conformazione causata da
forze di coesione sbagliate, toglie all’enzima ogni effetto. Trattata da questo punto di vista la
malattia in fin dei conti si riduce ad un disturbo (spazio-temporale) locale della coesione
molecolare. La guarigione è di conseguenza la ristrutturazione della coesione adeguata. Solo il
controllo continuo della degradazione e restaurazione al punto giusto e al momento giusto di
una data forza di coesione prestabilita può garantire la salute.

Nel quadro della nostra visione medico-scientifica attuale, noi trattiamo la guarigione solo
come un processo molecolare che si sviluppa secondo la legge di causa ed effetto. Se p.es. una
ferita guarisce noi lo attribuiamo ai fattori di crescita o ai fattori immunitari che costruiscono
strato dopo strato un tessuto distrutto fino a quando tutto è di nuovo ripristinato.

Proprio da qui sorgono le domande: Perché con lo scorrere del tempo può instaurarsi un nuovo
ordine? Perché “il tempo sana tutte le ferite”? La seconda legge della termodinamica dice
esattamente il contrario: “Con lo scorrere del tempo aumenta il disordine” (entropia).

Da dove apprende l’organismo come viene costruito un tessuto e quando deve avere fine la sua
costruzione o, detto altrimenti, quando crescita e fattori immunitari devono essere disattivati?
La risposta usuale forse suona: “Il DNA lo sa”. Tuttavia questo non può soddisfarci perché il DNA
della mia mano è identico a quello della radice dei miei capelli. Da dove sa il DNA come riparare
la mano o il capello?

Ormai si dà la responsabilità all’Epigenetica che costruisce i ponti tra l’ambiente e l’impianto


genetico. Il concetto di “Epigenetica” fece la sua apparizione nella letteratura già verso la metà
del diciannovesimo secolo sebbene tragga le sue origini da Aristotele (383-322 a.C.). Il filosofo
parlò di Epigenesi quale sviluppo di forme organiche individuali dalla sostanza amorfa.

John Walter, docente di genetica all’Università di Saarland, illustra l’Epigenetica paragonandola


ad un computer: il DNA sarebbe la memoria di massa, e i programmi l’Epigenoma: “l’insieme di
tutti gl’influssi informativi”. Dai programmi del computer possiamo accedere ai dati specifici
della memoria di massa. Settori ben definiti sono protetti da codici di accesso, altri no.
Dobbiamo arrivare a conoscere perché è così, chi inserisce il codice di accesso e come decifrarlo.
Assieme a questo troviamo anche un sintomo già conosciuto da tempo: se una struttura
materiale dell’organismo viene spenta, eliminata, quale l’amputazione di un braccio o di una
gamba, nonostante tutto la sua funzione resta conservata nel cervello quale informazione e
provoca per esempio il dolore fantasma.

Domande ancora oggi in sospeso trovano una risposta se guardiamo la guarigione come
processo che coinvolge l’informazione presente nell’intelletto, a cui segue una riparazione che
equivale a un processo materiale. Lo stato che permette la guarigione non viene ristrutturato,
bensì adeguato ad una informazione antecedentemente memorizzata. In pratica siamo di
fronte ad un salto nel passato.

Anche processi intellettuali informativi necessitano di una energia di base. Le energie guaritrici
possono essere spiegate scientificamente? Noi qui vogliamo concentrarci soprattutto su un
aspetto: l’informazione primordiale per la nostra costruzione e per la nostra architettura.

6.1 Guarigione come ricostruzione di forma/struttura/configurazione

La materia che costituisce gli organismi viventi e quindi anche quella del nostro corpo, possiede
una forma consistente ed una fisionomia che si costituisce sulla base di una “informazione”
memorizzata, valida anche per aggregati molecolari (proteine, nucleotidi).
Forma/struttura/configurazione è decisiva per la funzione degli organismi sia in ambito
microscopico e sia in ambito macroscopico.

Che forma/struttura/configurazione di un organismo resti identica per una vita intera in


quanto, messe a parte poche eccezioni (DNA, alcuni neuroni e alcune cellule del cardiaco), il
totale dei componenti del corpo si rinnova ogni cinque, sette anni, è per lo meno sorprendente.
Ci deve quindi essere qualcosa al di là che indipendentemente da questo continuo
cambiamento si occupa della preservazione durevole di forma/struttura/configurazione: una
informazione primordiale. Informazione garante di ogni nuova architettura, a che
forma/struttura/configurazione sia identica alla precedente con le sue esatte coesioni attive tra
atomi e molecole.

Definiamo quindi la guarigione come segue: “Guarigione della materia corporale è in primo
luogo ripristino di forma/struttura/configurazione per un’ottima funzionalità. Un animo sano e
un intelletto equilibrato sono le condizioni che premettono la persistenza di questa
ricostruzione”.

È ora evidente che la guarigione si serve di un relais biologico temporizzato e rispettivamente


di un salto nel tempo verso il passato. Siamo in presenza di un andare a ritroso verso
un’informazione depositata antecedentemente. Nel capitolo cinque abbiamo già parlato di una
matrice, modello originario di un campo superiore nell’Oceano delle infinite possibilità,
probabilmente programmabile ma compenetrato soprattutto di informazioni primordiali. Più
avanti porteremo degli esempi che spiegano come questa informazione primordiale viene
richiamata automaticamente ed in ampia misura nel nostro corpo. Prima però abbiamo bisogno
di alcune spiegazioni introduttive che ci aiutino a comprendere.

Modelli tipici vengono costruiti in periodi di tempo da diverse componenti di forze che
“comunicano” tra le molecole. Questo vale per tutti i modelli che ci compongono e che sono
presenti in ogni cellula, sia essa membrana, costrutto per le proteine, nucleo delle cellule,
vescica ed altro. Per semplificare: prendiamo ad esempio un fiocco di neve che per la sua
struttura esagonale è un modello determinante dell’efficacia dell’acqua presente nel corpo in
ogni essere vivente. Questo modello possiede in primo luogo e in ampia misura, una forza
costante come conseguenza dell’energia di coesione covalente dell’acqua con 2,5 eV per ogni
legame (241 kJ/Mol) e in secondo luogo una forza variabile quale legame d’idrogeno con 0,13 a
0,32 eV (30,5 kJ/Mol), che corrisponde all’oscillazione magnetica di una frequenza tra 3,14 a
7,26 x 1013 Hz (ben oltre la scala dei TeraHertz). Ed è proprio questa oscillazione
elettromagnetica che entra in risonanza con gli enzimi attivi, come sostegno energetico della
loro attività.

Forze e tempo come già ampiamente spiegato, si sviluppano sempre nelle masse. Elettroni e
protoni, la più piccola unità di carica delle masse, sono la sorgente di un campo di forza in
continuo deflusso. Questa fonte di energia sempre presente che noi chiamiamo carica
elementare, trae origine dal vuoto. Chi attiva operazioni di forza e tempo, sono esattamente
queste cariche con il loro potenziale elettrico. Le cariche sono veicolate dai fotoni, virtuali nel
caso di campi statici e reali nel caso di campi elettromagnetici.
I fotoni però veicolano soltanto informazione per le forze che agiscono sulle masse, ma non le forze
stesse.

I fotoni sono quindi veicoli di comunicazione. L’insieme delle connessioni nell’organismo viene
garantito infine dalle attività degli elettroni, attività veicolate dagli spin di elettroni. Spin sono
informazioni del collasso di funzioni di onda dell’elettrone, informazioni divenute realtà.

Da dove sanno elettroni e protoni come dobbiamo essere costruiti, come ripararci in presenza
di lesioni e come renderci di nuovo performanti? A tal fine necessitano di un’informazione
avanzata: l’informazione primordiale.

«Realtà e informazione sono una sola cosa. L’informazione è l’essenza ancestrale dell’universo».
Anton Zeilinger

Avevamo già chiaramente specificato che noi con l’aiuto di consapevolezza conscia/inconscia
possiamo convogliare informazione verso la materia. La costruzione di base del nostro corpo è
già assicurata da altri meccanismi. Per capire come esso recluta l’informazione primordiale
menzionata, diamo uno sguardo alle forze con cui lavora e come l’informazione agisce in questo
caso:

1. Forze elettrostatiche in Coulomb (tutte le tensioni, i sistemi Redox, coesioni molecolari,


potenziali delle membrane ecc.)
2. Segnali elettrostatici a impulsi e ripetitivi (potenziali attivi di muscoli e nervi ecc.)
3. Oscillazioni elettrostatiche longitudinali, fononi e solitoni (proteine, enzimi in
particolare, DNA ecc.)
4. Forze elettromagnetiche dalle oscillazioni trasversali (coesione molecolare, enzimi, DNA
ecc.)
5. Segnali elettromagnetici a intermittenza (membrane di neuroni, neuro-trasmettitori,
mediatori ecc.)

In assenza dell’attività delle proteine (proteina significa all’inizio della vita) nel nostro
organismo non avviene nulla. Gli enzimi, che sono costruiti sulle proteine partecipano alla quasi
totalità delle funzioni del corpo. Le proteine con la loro particolare
forma/struttura/configurazione agiscono o come struttura alfa elica o a struttura pieghevole.
Una modifica di questa struttura, si parla in questo caso di configurazione o conformazione,
rende possibili funzioni d’importanza vitale. La modifica di tutta la struttura è resa possibile
dalla mutazione “sfumata”, dei legami tra i componenti e tra gli aminoacidi, o più precisamente
dalla alterazione evanescente dei legami degli angoli. Questo però premette un cambiamento
dell’energia di coesione, e poiché queste con le loro frequenze sono identiche a quelle di
oscillazioni elettromagnetiche, bande passanti strettissime possono influenzare
configurazione/conformazione e attività di proteine/enzimi.
La figura vuole mostrare i valori specifici degli angoli di collegamento tra gli aminoacidi che
secondo natura devono misurare 117°, 122° e così via di seguito. Quando uno solo di questi
angoli sfasa di un singolo grado e quindi non è più al posto previsto, le conseguenze sono
proteine ed enzimi deformati, una melma fangosa per l’organismo. Un esempio sono i prioni
riscontrati nella mucca pazza, proteine deformate che se in grande quantità permettono la
malattia. Gli angoli vengono in generale stabilizzati, riportati al loro posto dai vicini campi
elettrici ed elettromagnetici naturali che si trovano in un equilibrio adeguato.

Forma/struttura/configurazione errata, trae origine anche da frequenze di oscillazioni


elettromagnetiche “inadeguate” come per esempio quelle, tra le tante non naturali, generate
dalla tecnica e a cui ci esponiamo con l’uso dei telefoni mobili. Una iperacidità del corpo può
causare elongazioni e intensità elevate delle oscillazioni elettromagnetiche degli ioni
d’idrogeno (H+). Oppure nell’organismo difetta la quantità di elettroni con carica negativa, che
vengono trasportati dall’idrogeno, e quindi una bassa densità di idruro (potenziale redox,
anione dell’idrogeno) che si manifesta quando non consumiamo abbastanza frutta fresca e
legumi. Oppure ancora, una quantità di fotoni troppo elevata in presenza di febbre o troppo
bassa per congelamento, entro un campo di lunghezza d’onda elettromagnetica tra 3 e 10 μm
(millesimi di millimetro o micron).

Forma/struttura/configurazione e i modelli dipendenti sono sempre mal costruiti quando le


connessioni nello spazio e nel tempo sono disturbate. La conseguenza è una perturbazione
delle funzioni con relativo impedimento della guarigione.

Al perché noi necessitiamo la materia, avevamo risposto già nel capitolo 3 ipotizzando che la
“guarigione” della materia (costruzioni spazio-tempo) sia una necessità per garantire risonanze
adeguate per la costituzione della realtà, quindi forza, fase di tempo, senso e significato. Sotto
tale aspetto è evidente che la malattia si riduce ad una perturbazione delle connessioni
molecolari, che non permette alcuna risonanza, mentre guarigione è la ricostruzione di
connessioni adeguate attraverso cui le caratteristiche necessarie per trasmissione e ricezione di
energia sono nuovamente possibili.
Questo vale sia in campo microscopico (struttura primaria e secondaria delle proteine,
angolatura esatta, conformazione degli enzimi, forma elicoidale del DNA), e sia in quello
macroscopico.

Condizioni necessarie e indispensabili per la costituzione della realtà di un modello spazio-


temporale quale forma/struttura/configurazione, è il richiamo di informazioni primordiali per:

 Risonanza energetica (come nei processi di misurazione),


 Coerenza: essere in fase o identico orientamento spazio-tempo,
 Polarizzazione o, in altre parole, direzione delle oscillazioni definita nello spazio e nel
tempo.

Già nel capitolo 3 abbiamo descritto che la risonanza sorge anche in presenza di dimensioni
volumetriche specifiche che a loro volta traggono origine da una più elevata limitazione di
densità di elettroni. Queste “pareti” decidono la riflessione o l’assorbimento da cui risulta la
scelta di frequenze di oscillazioni elettromagnetiche ben precise.

La coerenza nell’organismo, è un importante principio di amplificazione. Membrane e pareti


cellulari con i loro componenti lipidi allineati, sono dei mediatori inequivocabili di coerenza,
soprattutto perché con la diffusione di radicali paramagnetici, come ossigeno e monossido di
azoto, vengono allineati in gruppi anche gli spin delle molecole delle membrane e precisamente
per mezzo del campo magnetico naturale più elevato (3,8 Tesla). Anche l’intreccio dei neuroni
è un attrezzo di coerenza. Questo è rilevabile dalla somma dell’attività elettrica nell’EEG: onde
Alfa (stato meditativo, occhi chiusi), onde Delta (sonno), onde Theta (stato comatoso). Campi
elettrici coerenti si sviluppano anche nelle fibre muscolari e i neuroni pilotano l’impostazione e
rigenerazione dell’albumina. Nel capitolo 4 abbiamo appreso che tutto, anche le proprietà delle
connessioni molecolari, dipende dalla consapevolezza. Però la legge conosciuta come
“paradosso quantistico di Zenone” che è stata già presentata in dettaglio nel capitolo 3, dice che
il cambiamento di stati quantici sotto osservazione continua (e le connessioni veicolano quasi
un’osservazione reciproca) non è possibile, nemmeno quando ulteriori eccitamenti energetici
vogliono imprimervi un effetto risonante. I loro gradi energetici sono congelati perché la
diffusione delle onde di probabilità è impedita dalla connessione. Solo stati quantici
“inosservati” possono mutare. Per questo non esistono più nuovi stati dentro un lasso di tempo
determinato. È così garantito che connessioni deboli avviate dalla consapevolezza vengano
continuamente modificate, mentre connessioni salde possono essere influenzate molto
difficilmente dalla consapevolezza.

Connessioni deboli, o elastiche sono presenti nel nostro corpo tra i filamenti muscolari,
associate quindi a miosina e actina all’interno delle fibre e anche nei canali delle membrane
delle cellule nervose. È proprio per questo che ci risulta facile apprendere ad utilizzare queste
strutture. Le connessioni salde o rigide sono presenti tra altre proteine e nel DNA. Le
informazioni che provengono dalla consapevolezza non hanno su di esse alcuna influenza, per
esse sono tabù.
Anche energie e informazioni estranee che premono dall’esterno, se non sono ionizzanti come
la radioattività di tipo gamma, arrivano a esercitare un effetto sulle coesioni molecolari se il loro
tempo è scaduto. In ogni modo, in seguito non solo è possibile una nuova costruzione bensì
anche una ricerca del passato, quasi una messa a zero, un resettaggio. Per questo meccanismo
esistono già dei brevetti che guarderemo più avanti.

Qualcosa del genere può riprodursi anche nel corpo umano? Sì.

Stabiliamo in primo luogo quanto segue: La guarigione del corpo avviene sia attraverso processi
di consapevolezza e sia all’aiuto della tecnica.

6.2 Retroset e guarigione

Tutti gli elementi che costituiscono la nostra massa presentano due forme basilari: nuclei di
atomi ed elettroni, ambedue sempre insieme, corredati di cariche. Le cariche sono sorgenti di
potenziali.

Energia di campo e potenziale sono da 15 miliardi di anni rigorosamente correlati con le cariche.
Questa energia approvvigiona l’intero universo. Cariche e distribuzione delle cariche, con i loro
campi relativi e con i potenziali, azionano il totale dei processi detti chimici, che in realtà sono
processi fisici.

Agglomerati diversi generano potenziali diversi. Quando potenziali diversi si trovano l’uno
accanto all’altro, sorgono dei gradienti. Questi rapporti di potenziale generano le forze dei
campi elettrici ed elettromagnetici, con alcuni dei quali abbiamo già fatto conoscenza. Ogni
organismo sia esso corpo intero, tessuto muscolare, organo, cellula, molecola, fino al protone
ed elettrone, alberga cariche specifiche e di conseguenza anche grandezze specifiche di
potenziali. Con l’aiuto del campo elettrico la carica può lavorare e l’energia di cui necessita è
inesauribile. Ma da dove viene questo continuo rifornimento energetico?

La fisica ha difficoltà a dare una risposta. Il fisico D. K. Sen dice a tal caso: «La connessione tra il
campo e la sua origine è stata e continua ad essere il problema insoluto più difficile
dell’elettrodinamica classica e quantistica» (Sen 1968). Nel frattempo è opinione comune
considerare che questa energia può essere fornita esclusivamente dal vuoto.

L’insieme delle funzioni del nostro corpo è connesso a specifici potenziali: di lavoro, di riposo,
Zeta, di lesione, Redox, tanto per elencarne alcuni. Il ruolo che i potenziali di lesione hanno sulle
membrane cellulari generiche, è da tempo conosciuto. La lesione di una membrana significa il
fluire insieme delle cariche ioniche prima separate. La polarizzazione del rapporto di cariche
negative e positive diminuisce. Questi indebolimenti di polarità pilotano reazioni immunitarie
e processi di riparazione, in altre parole attivano i processi di guarigione. Che succede quindi?

Consideriamo l’esempio concreto di qualcosa che si svolge in noi continuamente. Ladri di


elettroni, chiamati anche radicali liberi, distruggono coesioni molecolari in una membrana che
a causa di ciò diventa un “passino” permeabile agli ioni. La conseguenza è il sorgere localmente
di una tensione elettrica inversa al potenziale delle altre membrane. Ai confini della membrana
intatta si spengono i gradienti elettrici di senso opposto. Questo è il processo strategico per la
stimolazione d’istanti di tempo (fotoni Time-Like). Proviamo a capirlo meglio.

I potenziali più noti sono quelli di lavoro e riposo di nervi e muscoli. Dalla fisiologia dei muscoli,
sappiamo che le cellule staminali del muscolo si formano sempre dove potenziali di attività
muscolare provocano la sintesi e la rigenerazione del colesterolo (bodybuilding).

Cellule che devono compiere il loro compito in organi specifici, si differenziano. Ma affinché le
cellule si rigenerino, devono sempre nuovamente de-differenziarsi (vedi biologia), che significa
ritornare ad uno stato precedente. Da ciò trae origine la formazione di cellule staminali.

Anche le cellule del sistema nervoso necessitano sempre un nuovo azzeramento per potere
rispondere flessibilmente agli stimoli ambientali. Melitta Schachner del centro di Amburgo di
Neurobiologia molecolare dice a tal proposito: «Quando le vecchie cellule vogliono formare
nuove sinapsi, devono riconvertirsi ad uno stadio immaturo quando le era possibile farlo»
(Melitta Schachner in Spiegel 43/2003).

Il segnale per la de-differenziazione delle cellule del sistema nervoso parte dai propri impulsi
elettrici: i potenziali di lavoro già ricordati.

La formazione di cellule staminali per via degli impulsi nervosi, può essere descritta come segue:
eccitati da speciali impulsi elettrici, sulle punte delle fibre nervose che si erigono nell’area ferita,
si formano cellule primordiali incapaci e capaci di nulla e di tutto. Si tratta di cellule embrionali,
in uno stadio iniziale così come si formano all’inizio della vita nell’utero materno. Da ognuna di
queste cellule si potrebbe costruire un essere nuovo o rispettivamente una copia esatta di ogni
singola persona, oppure solo una qualche cellula molto specifica con funzioni limitate
all’interno dell’organismo. Questa mutazione di cellula indifferenziata nella differenziata,
avviene con la chiusura enzimatica di specifiche predisposizioni ereditarie nella cellula e solo di
volta in volta fin quando è attivo il programma necessario a specificare la cellula stessa.

Altre particolarità delle funzioni del potenziale sono state definite senza ombra di dubbio in
tempi molto recenti: se un muscolo viene attivato spesso, all’aiuto del proprio potenziale attivo,
fa crescere la massa delle molecole di proteina actina e miosina per essere in grado di sostenere
meglio la più elevata sollecitazione delle fibre. È questo quello che oggi è definito bodybuilding.
In parallelo viene sollecitata la perfusione tissutale, attraverso cui viene forzato un
arricchimento sensato di ossigeno e substrato e con questo la formazione di adenosina
trifosfato (ATP) nei tessuti cellulari. Tutti profittiamo di questo effetto benefico quando
intuitivamente, dopo un lungo periodo di riposo sentiamo il bisogno di sgranchirci e
stiracchiarci a cui segue lo scatenarsi di un temporale del potenziale attivo.

Risultato: l’attività di muscoli e nervi eccitano geni per la sintesi di proteine e quindi per la
rigenerazione dei tessuti attraverso il fluire contemporaneo del proprio potenziale campione. I
geni ricevono l’informazione dagli enzimi che, per modo di dire, vengono inseriti
elettromagneticamente.

6.3 Operazione bio-cronologica

Questo tipo di reazioni nelle cellule di organi e tessuti sono decisive anche per malattia e
guarigione. Il modello indica che con l’aiuto di potenziali specifici, il punto strategico di partenza
che ha attivato una malattia può essere revocato, e così fare regredire il processo fino allo stato
antecedente allo sviluppo della malattia stessa.

Al centro dell’evento ci sta un meccanismo “in fase coniugata”, dove i segnali scorrono indietro
nel tempo e nello spazio con intensità amplificata, un effetto che si lascia riprodurre a piacere
in laboratorio. Esiste la raffigurazione concreta di parecchi scienziati che affermano che questo
processo ha esattamente luogo in talune parti delle cellule dei nostri tessuti o addirittura nel
totale delle cellule.

Per mettere in atto tale processo, le cellule dovrebbero essere “pompate” con energia coerente,
preferibilmente per mezzo di oscillazioni longitudinali. Quando questa condizione viene
rispettata, la cellula può essere riportata al suo stato iniziale.

Se tale meccanismo si potesse effettivamente trasmettere sulle cellule, la cellula ammalata


potrebbe ritornare allo stato sano primordiale, proprio come avviene quando si elimina un virus
dalla memoria di massa di un computer quando, all’aiuto di un meccanismo di ripristino,
riportiamo il computer allo stato non infetto.

Come detto, per le cellule necessitiamo di un’oscillazione coerente. Bene, ma da dove


provengono quelle onde longitudinali che dovrebbero venire “pompate”?

6.4 I potenziali ridanno efficacia a informazioni di fasi che stanno all'inizio


dell'evoluzione

Secondo la teoria della fisiologia moderna, correnti elettriche prioritarie e intensità di correnti
sono responsabili di stati di attivazione ed eccitazione. Partiamo dal punto di vista che non solo
correnti, bensì anche potenziali siano detonatori in grado di attivare alcuni processi. All’origine
di quanto detto c’è un effetto sbalorditivo che la società farmaceutica Ciba-Geigy brevettò
quale processo nel 1989 e che oggi è conosciuto anche come effetto Ebner, dal nome del
ricercatore.

Già solo imprimendo potenziali specifici su impianti per embrioni che dalla fecondazione
vennero mantenuti per alcuni giorni fino a 4 settimane dentro campi elettrostatici, nei pesci,
nelle felci, nei muschi, nel grano, nel mais, si svilupparono specie straordinariamente vitali con
nuove caratteristiche e vennero fuori addirittura varietà scomparse da tempo come p. es. una
forma primordiale della trota iridea o arcobaleno, con uncini poderosi nella mandibola inferiore
simili a quelli del salmone selvaggio. Questo tipo di trota era estinto da oltre 150 anni. Fu
possibile identificare anche archetipi di grano e mais con un elevato grado di germinazione,
crescita e maturazione veloce, piante selvatiche precorritrici delle specie coltivate da noi e del
tutto immuni agli attacchi degli attuali parassiti. Grande sorpresa causò la trasformazione del
licopodio, o felce vermina, in scolopendria comune o lingua di cervo, con la modifica dei
cromosomi da 36 per il licopodio a 41 per la scolopendria dentro un unico periodo di
vegetazione. Perfino le felci antiche, identiche a fossili carboniferi, che dopo alcuni anni
mutarono in felci di faggio e monilophyta sudafricana. Quando la pianta si trova sotto l’influsso
di campi elettrostatici simili a quelli dello sviluppo del periodo arcaico, i programmi allora
vigenti, vengono riesumati. In conclusione furono anche richiamati a vita dalla carota batteri
vecchi di milioni di anni. (Burgin 2007)

Queste prove potrebbero spiegare come sorge una memoria delle specie dalla interazione tra
campi elettrici ambientali e informazioni degli esseri viventi. I potenziali risvegliano
informazioni che, secondo le esperienze finora eseguite da alcuni fisici, sono memorizzate nel
vuoto. Già nel 1960 fu dimostrata l’esistenza fisica (non puramente matematica) dei potenziali.
La caratteristica particolare dei potenziali è che essi, in assenza di un qualunque campo di forza
elettromagnetica classica, influenzano le fasi delle oscillazioni degli elettroni e così agiscono
sulle cariche. (Chamber 1960)

Anche l’effetto Aharonov-Bohm mostra che i potenziali sono una realtà fisica e non solo un
costrutto matematico. I potenziali non hanno la capacità di produrre lavoro perché privi di
forza, e quindi non hanno alcuna influenza sulla massa. Essi però hanno le possibilità di indurre
modifiche sulle cariche (carattere informativo puro).

«…in contrapposizione alle conclusioni della meccanica classica gli effetti del potenziale sulle
particelle cariche esistono anche in regioni dove tutti i campi (e quindi tutte le forze sulle
particelle) sono scomparsi». (Aharonov/Bohm 1959)

Questi potenziali, secondo William Tiller, docente emerito alla Standford University, hanno la
funzione di mediare tra il vuoto e un campo elettromagnetico. Potenziali del vuoto organizzano
le forze del campo elettromagnetico, che a loro volta costruiscono spazio e tempo. I potenziali
sono ben più di ciò che fino ad ora in generale gli venne attribuito. Essi sono grandezze fisiche
assemblate e, cosa ignorata totalmente fino al presente, posseggono strutture implicite
(oscillazioni di Whittaker) polarizzate longitudinalmente e temporalmente. Impulsi elettrici di
tensione, sono necessari per avviare operazioni temporali. In effetti c’è una teoria che descrive
esattamente questo, e che venne formulata già da Whittaker negli anni 1903-1904.

Questa teoria dice che tra le pieghe dei potenziali elettrici sono presenti oscillazioni
longitudinali, che sarebbero le onde che pompano energia coerente nella cellula, oltre a
strutture temporali. Ne segue la conversione di un’oscillazione elettromagnetica in oscillazione
“Time-Like” attraverso “l’accoppiamento successivo di fasi coniugate”. Ho riferito ampiamente
su questo nel mio trattato: “Disseits und jenseits der Raum-Zeit-Netze” (Al di qua e al di là della
rete spazio-temporale). (Warnke 2001)
Il fisico quantistico rumeno Costinel Lepadatu, in un suo nuovo lavoro arriva alle stesse
conclusioni: «Un risultato interessante è che la geometria spazio-temporale è influenzata
dall’interazione elettrostatica reciproca delle particelle con cariche elettriche che vengono
trasportate in un campo elettrostatico». (Lepadatu 2007). E la ricerca russa aveva già da tempo
postulato la presenza di Quanti di tempo negli impulsi elettrici. Il suo enunciato dice: “Per
mezzo di campi specifici di torsione, le componenti delle radiazioni degli spin possono essere
guidate e sincronizzate in direzione passato o futuro e in modelli spazio-temporali”.

Il gruppo di lavoro Becker, USA, descrive la rigenerazione di estremità amputate ad anfibi sotto
l’applicazione di potenziali elettrici impressi. Già all’inizio del 1970 si era arrivati ad una
differenziazione e de-differenziazione sorprendente applicando potenziali a piante e anfibi
(Murray 1967, Becker-Murray 1970). Negli anni del 1980 fu brevettato un apparecchio ad uso
medico e un metodo di trasmissione dell’informazione tramite campi di potenziali. (Gellinas
1984)

6.5 Guarigione attraverso informazioni dalla matrice

In relazione a quanto detto nel capitolo 5 e in questo capitolo sull’informazione primordiale o


matrice, esperimenti russi degli anni 1990 hanno fornito risultati molto interessanti. A dei ratti
fu iniettato Alloxan causandogli gravi lesioni nella cellula beta del pancreas.

Alloxan è un veleno letale per le cellule del pancreas che producono insulina. All’assenza di
produzione d’insulina la glicemia assunse valori patologici molto elevati. Un gruppo di ratti non
ricevette alcun trattamento e morì. L’altro gruppo venne trattato con onde radio sulle quali era
stata impressa una “informazione guaritrice” attraverso un raggio al laser. Grazie a questo
trattamento la glicemia si abbassò velocemente e i ratti guarirono.

L’informazione consisteva nella scansione elettromagnetica del pancreas di ratti neonati e in


perfetta salute, eseguita rilevando la radiazione elettromagnetica propria agli organi dei
rispettivi pancreas. L’irradiazione dei giovani roditori sani era stata sommata e amplificata sul
raggio laser che era stato modulato con questa informazione. (Gariev 1994, 2003)

Sembra a questo punto che il sogno di riportare indietro una cellula ammalata allo stato sano
sia ormai solo l’ultimo tocco di pennello artistico della bioingegneria.

6.6 Una personalità alterata trasforma l'infermità

La seconda possibilità è di eseguire il retroset o resettaggio, solo attraverso la consapevolezza


come già descritto nel capitolo 4. Gli esempi seguenti non sono soltanto spettacolari bensì,
tramandati dopo controlli molto accurati su larga scala, spiegano con attendibilità come la
consapevolezza può esercitare sulla materia un dominio potentissimo.
In relazione a ciò sono interessanti i mutamenti della personalità. Un problema di natura
patologica è palesemente legato ad una personalità specifica che dipende da un preciso stato
percettivo pilotato dalla consapevolezza. Se l’individuo modifica la propria personalità, cosa
possibile tramite allenamento, spesso sparisce la malattia. Daniel Goleman riferisce di un
paziente allergico al succo di arancia che gli causava esantemi. Nel momento in cui riuscì ad
entrare in una condizione che non reagiva all’allergia, sparì l’esantema e non riapparve
nemmeno dopo avere bevuto succo di arancia a piacere (Goleman 1988). Un altro esempio è
quello del diabete notevole di una paziente che in clinica, con la modifica della personalità, fu
liberata dai sintomi della malattia (Goleman1985).

Chiedendo a chi è riuscito a modificare la propria personalità come ha fatto, il più spesso delle
volte ci sentiamo rispondere che ha impiegato tecniche di visualizzazione o “elaborazioni
parallele” che vuol dire, quest’ultimo, pensare ed agire contemporaneamente su diversi canali.
Le tecniche più importanti ed efficaci di chi è riuscito ad “oscurare” la malattia in assoluto, sono
appunto quelle in relazione al pensiero e alla meditazione tutte indirizzate verso il ritorno allo
stato di salute (Hurley 1985).

Rifiutato pochi decenni addietro, ignorato poi e finalmente oggi accettato, è l’enunciato che
gl’individui con un indice elevato di aggressività soggiacciono sette volte più spesso ad una crisi
cardiaca (Fackelmann 1989). L’immunologia neuro-psichica ha da tempo reso noto che coppie
felicemente sposate possono contare su un sistema immunitario più forte, che malati di AIDS o
di cancro che hanno uno spirito combattivo hanno una ben più elevata probabilità di
sopravvivenza, che pessimisti acchiappano influenze e raffreddori più sovente degli ottimisti,
che ogni tipo di stress alla lunga ci espone agli attacchi di malattie. Su questo tema esiste una
letteratura molto vasta che non lascia spazio a dubbi di sorta.

Nel 1970, presso l’Istituto Neuropsichiatrico dell’Università della California furono messe sotto
osservazione le capacità di un certo Jack Schwarz al quale, attraverso una convinzione ferrea,
riusciva il dominio assoluto delle funzioni del proprio corpo. Documentato dall’EEG, era in
condizione di bucarsi un braccio con un ago di 18 centimetri di lunghezza senza provare alcun
dolore. Non colava sangue e dopo l’estrazione dell’ago non c’era alcuna traccia di ferita. Anche
carboni accesi tenuti per breve tempo nella mano non gli causarono scottature. Schwarz rivelò
che quando era nel campo di concentramento aveva allenato la propria percezione
consapevole a cancellare la sensazione del dolore. Egli era convinto che ogni individuo è in
condizione di apprenderlo (Raymond 1978). Queste pratiche sono ben documentate in Tailandia
e nello Sri Lanka. Una relazione dettagliata fu pubblicata nel numero di aprile del 1996 su
“National Geographic Magazine”.

Fu nel decennio del 1940 che l’olandese Mirin Dajo suscitò clamore anche tra gli scienziati. Il 31
marzo 1947, Mirin Dajo fu visitato e osservato accuratamente da un gran numero di medici sotto
la guida del Dr. Werner Braun, primario del reparto chirurgico della casa di cura cantonale di
Zurigo. Dopo che l’uomo per alcuni minuti si era consapevolmente trasferito in uno stato
particolare, davanti a tutti, si lasciò trapassare dalla lama di un fioretto. La radiografia mostrò
che il fioretto aveva ferito organi vitali. Dopo 20 minuti, la lama fu estratta. Niente sangue,
niente ferita. Unico segno era un punto leggermente arrossato sull’epidermide. Altri scienziati
ripeterono a Basilea la prova su Marin Dajo ottenendo un risultato identico (Stelter 1984). Oggi
esistono in Internet filmati originali dell’evento (www.mysteries-magazine.com/mirindajo).

I meccanismi di pilotaggio della realtà insiti in noi hanno bisogno per agire di essere riconosciuti
e attivati. Culture ormai lontane nel tempo sapevano come trasferirli nella pratica e in questo
campo, popoli che vivono allo stato naturale sono anche oggi ben più avanti di noi “civilizzati”.

Al sesto congresso asiatico sul tema “Malattie cardiache e polmonari” tenutosi a Bombay nel
marzo 1980, il cardiologo Dr. Yogesh Chandra Matur, a nome di un gruppo di scienziati, riferì del
Samadhi: uno stato fisiologico controllato. L’Yogi Satyamurthi era stato letteralmente
seppellito in una fossa lunga m. 2,5 larga m. 2,5 e profonda m. 1,8. La fossa era stata coperta da
uno strato di terra battuta di 15 cm di spessore. Gli scienziati avevano piazzato apparecchiature
di misura in un vicino doppione della fossa: un monitore cardiaco per l’ECG, apparecchi per
misurare la resistenza cutanea, la temperatura del corpo e dell’aria. Alcuni microfoni
registravano i battiti cardiaci ed altri eventi sonori. A turno, 24 ore su 24 e durante sette giorni,
gli scienziati rimasero ad osservare gli apparecchi per esplorare le capacità fin là misteriose di
questo Yogi.

Yoga in sanscrito sta per connessione, unione. Con ciò secondo l’induismo si vuole significare la
connessione dell’animo umano individuale (visto come “scintilla” dell’animo universale) con lo
spirito universale. La costruzione di questa connessione è un duplice evento, “la grande e la
piccola opera” come gli alchimisti la designano. Ritorneremo su questo argomento nell’ultimo
capitolo. Il collegamento ottimale viene raggiunto nello stato chiamato “Samadhi”. Yogi ben
allenati, nel pieno dominio delle tecniche tramandate, sono in grado di trasferirsi a piacere in
questo stato di profonda meditazione. Essi usano la consapevolezza per unire lo spirito
racchiuso nel proprio corpo con lo spirito universale. Queste pratiche di Yoga sono descritte da
oltre 3000 anni negli antichi Veda (v. Induismo). Il fine ultimo è di mobilitare una forza
potenziale latente di norma nel corpo per entrare in contatto diretto con l’Onnipotenza
universale.

Torniamo alla prova riferita dal dottor Mathur. 40 ore dopo l’inizio l’Yogi entrò in un stato “non
fisiologico” profondo (nelle prove iniziali gli era già riuscito dopo cinque ore). La resistenza
cutanea, che normalmente si situa tra 3 e 8 Kilo Ohm, raggiunse per alcune ore valori
impensabili oltre la gamma di quelli dell’apparecchiatura di misura che arrivava a 2 Mega Ohm.
Ancora più interessante era il monitoraggio del cuore. I battiti aumentarono all’inizio, poi
rallentarono per aumentare nuovamente con forza e alla fine spegnersi totalmente. La relazione
dello scienziato suonava incredibile: “L’Yogi aveva arrestato il suo cuore”! Mathur escludeva in
assoluto un qualsiasi trucco. Gli elettrodi bene incollati, lo erano alla fine sempre nello stesso
punto che era stato ben contrassegnato all’inizio. Inoltre era stata montata una piccola finestra
insonorizzata nella parete della fossa, che senza farsi fuorviare permetteva di controllare che i
sensori non venissero manomessi. Furono eseguite riprese cinematografiche e quale ulteriore
misura, i microfoni ultrasensibili erano in grado di rilevare una qualsiasi benché minima
manipolazione.
Cinque ore dopo avere raggiunto lo stato Samadhi, tutte le funzioni fisiche del corpo dello Yogi,
all’infuori di quelle del sistema nervoso centrale, si erano fermate. Questo arresto, misurato con
l’ECG, perdurò cinque giorni, che significa: assenza di respirazione, nessuna circolazione
sanguigna, tutte condizioni assolutamente incompatibili con l’essere in vita. Gli scienziati
provarono a dare una spiegazione al fenomeno postulando un sorta di entrata in letargo.
Questo purtroppo non è affatto sufficiente per essere considerato una spiegazione accettabile.

Sette giorno dopo l’inizio della prova, venne aperta la fossa. Swami Satyamurthi stava lì dentro,
il corpo rigido di un morto. Sua moglie cominciò a massaggiargli il capo e il busto con olio caldo,
e quando ritornò in sé chiese un bicchiere di latte e della frutta. Otto ore dopo si sentiva
nuovamente bene e rigenerato. Aveva perso cinque chili.

La scienza dovrebbe impegnarsi a fondo per decifrare tali fenomeni inspiegabili con le
conoscenze attuali, ma nulla di tutto questo. Tuttavia, gli scienziati che si avventurano nel
campo della medicina, devono riconoscere che l’analisi riduttiva del corpo come macchinario
non può fornire la concezione piena e valida di salute e malattia. L’individuo deve essere
scrutato e trattato come il risultato dell’interazione tra spirito, corpo e ambiente.

La medicina moderna, presunta disciplina scientifica, evita di prendere atto delle domande
filosofiche ed esistenziali e lascia la sfera spirituale fuori dall’ambito di applicazione. La
valutazione errata sta in una visione troppo ristretta delle formulazioni delle domande. Aspetti
psicologici e spirituali sottili, che tutt’ora sono incompresi e non vengono presi in
considerazione, sono parte integrante della scienza naturale che definisce la vita dell’individuo.
Una scienza “obiettiva” indipendente dallo spirito è una chimera, una conclusione ingannevole.

Esiste un effetto diretto dell’informazione intellettuale/spirituale sulla materia. C’è


un’informazione che permette lo sviluppo delle caratteristiche delle strutture molecolari e c’è
un’informazione su un piano superiore, che indipendentemente da spazio e tempo può
influenzare i costrutti delle masse.

6.7 L'infinità della consapevolezza e la scienza

Reincarnazione
Se la consapevolezza è qualcosa che non nasce dal cervello bensì esiste universalmente e senza
limiti di tempo, se noi all’aiuto della consapevolezza universale viviamo la nostra vita in una
costruzione materiale per fare esperienze che non possiamo fare con le nostre particelle
elementari, e se noi infine depositiamo nella memoria dell’Oceano di tutte le possibilità tutte
le nostre esperienze, di conseguenza quello che noi chiamiamo anima e spirito dovrebbe essere
immortale. In qualche posto si dovrebbe trovare traccia di vita anteriore. Una vita anteriore
potrebbe quindi partecipare alla gestione della nostra vita attuale che sarebbe una rinascita.
Questa riflessione non è affatto nuova.

Reincarnazione significa “ritornare nella carne”. Il secondo concilio di Costantinopoli del 553,
dichiarò la reincarnazione eterodossia.
Ciò nonostante emergono spesso nei racconti ricordi di una vita precedente che però non sono
quasi mai esaminati secondo criteri scientifici, motivo forse per cui tale tematica non suscita
l’attenzione dei media “seri”. Potrebbe anche darsi che “non può essere quello che non osa
essere”, perché stranamente da un paese, l’India, dove la reincarnazione è data per scontata
nella tradizione culturale, ci arrivano sempre nuove notizie su casi di reincarnazione, alcuni dei
quali esaminati e documentati come quello che riguarda Shanti Devi (vedi Ricard e Thuan,
2001).

Shanti Devi nasce a Delhi nel 1929 e all’età di circa quattro anni spiega che la sua vera casa è la
città di Mathura distante più o meno 130 km. Poiché nessuno la prende sul serio, all’età di sei
anni prova a raggiungere, da sola, Mathura. L’impresa fallisce. A scuola dichiara di non chiamarsi
Shanti bensì Lugdi Devi, che è sposata e che ha un bimbo a cui non può accudire essendo morta
dieci giorni dopo il parto. I dettagli della sua descrizione sono talmente affascinanti che il
direttore e il suo insegnante due anni dopo l’inizio della scuola le chiedono della sua casa natale.
Shanti descrive la propria vita a fianco di suo marito e indica in dettaglio anche alcune località
di Mathura. Quello che però impressiona particolarmente chi l’ascolta, è che Shanti si esprime
in un dialetto che non viene parlato né a scuola né tanto meno in casa degli attuali genitori. Più
tardi si scopre che si tratta di un idioma della regione di Mathura, Dopo avere appreso anche il
nome del marito, il direttore inizia a cercare a Mathura e trova Kedarnath Chaube proprietario
di un negozio rimasto vedovo nove anni prima, la moglie morta dieci giorni dopo il parto del
figlio. A seguito di ciò, Chaube invia suo cugino a Delhi per apprendere qualcosa di più sul conto
di Shanti. Quando il cugino arriva nella casa dei genitori di Shanti, costei lo riconosce subito, lo
saluta calorosamente riesumando dettagli della vita di lui tra cui quello che durante l’assenza
del marito l’aveva “abbordata”. Dopo che il cugino ebbe la certezza di avere incontrato la Ludgi
Devi di una volta, viene a Dehli Kedarnath assieme al fratello e al figlio. Tuttavia si scambiano i
ruoli ed è il fratello a dirsi Kedarnath. Shanti riconosce subito chi era stato suo marito e gli chiede
se aveva tenuto fede al giuramento fatto sul letto di morte che non si sarebbe più risposato.
Kedarnath che aveva una nuova moglie esitò prima di dare una risposta e pose domande su
eventi che solo loro due conoscevano. Le risposte di Shanti convinsero Kedarnath che si trattava
della reincarnazione della sua prima moglie.

Poco tempo dopo la ragazza accompagnata dai genitori, da personalità ufficiali e di elevata
reputazione: avvocati, notai e giornalisti si recò a Mathura. Alla stazione furono accolti da un
gran numero di persone e qui Shanti si recò direttamente da un uomo che salutò come suo
nonno chiedendogli del basilisco. L’uomo confermò essere il nonno di Lugdi Devi e di avere
ricevuto da lei in punto di morte un basilisco sacro (rettile simile a una lucertola). Dopodiché
Shanti guidò i presenti verso casa sua e più tardi anche alla casa dei suoi genitori di una volta
(Gupta/Sharma/Mathur 1936 e Lonnerstrand 1998).

Questo caso di reincarnazione è il più conosciuto e documentato, ma non l’unico ad essere


documentato con metodi scientifici. Jan Stevenson (1918-2007) docente di psichiatria alla
Virginia di Charlottesville è ritenuto il fondatore della ricerca scientifica di reincarnazione. Dai
verbali di diverse centinaia di persone che si erano ricordate di una vita precedente, ne scelse
una ventina che giudicò significativi. Questi 20 li descrisse nel 1966 nel suo libro Twenty Cases
Suggestive of Reincarnation (Stevenson 1992).
Esperienze ai confini della morte

Se la consapevolezza esiste veramente indipendentemente dalle funzioni fisiologiche del


corpo, a certe condizioni potrebbe avere luogo anche un trasferimento d’informazione quando
già abbiano cessato le funzioni fisiche. E in realtà vengono riferite di esperienze ai limiti della
morte già nell’epopea di Gilgamesh (non più tardi se non prima del 18esimo secolo a.C.) e anche di
altre avvenute più tardi. Nel mio libro “Disseits und jenseits der Raum-Zeit-Netze” (Al di qua e al di
là della rete spazio-temporale) di cui ho fatto precedentemente menzione, ho trattato il tema
in dettaglio sulla base delle informazioni scientifiche attuali.

Nel frattempo sono disponibili ricerche supplementari su questo fenomeno. Pin van Lommel
scienziato specialista in malattie cardiache presso la casa di cura Rijnstate in Arnheim, indagò
su 344 pazienti che avevano subito un arresto cardiaco e che erano stati considerati
clinicamente morti chiedendo loro cosa avevano provato, che esperienze avevano avuto. Il suo
studio fu pubblicato nella rivista scientifica medica The Lancet (Van Lommel e a. 2001). In una
intervista con il giornale olandese De Telegraf che apparve il 13.12.2001 sotto il titolo “Bijna-
dooderwaring blijf mysterie” van Lommel arriva alla conclusione seguente: “Quello che ora
sappiamo è che le spiegazioni abituali sulle esperienze in punto di morte sono errate. Esse non
insorgono sulla base del processo di necrosi cellulare o di una modifica nell’adduzione del
sangue. Anche età, sesso, professione o religione sono privi di significato”.

Quando il cuore si arresta, il sangue non trasporta più ossigeno ed energia verso le cellule
nervose del cervello, la pressione sanguigna scende rapidamente, la respirazione si ferma e la
consapevolezza da sveglio sparisce. Se il paziente viene rianimato nei prossimi cinque a dieci
minuti, la circolazione sanguigna viene riattivata attraverso il cuore e una disintegrazione
irreversibile delle cellule cerebrali può essere evitata.

Dei 344 pazienti dello studio, solo 61 (il 18%) avevano il ricordo di una esperienza pre-morte. Se
tale esperienza sarebbe da spiegare solo come processo fisiopatologico, p.es. per la mancanza
di ossigeno o di energia nel cervello, dovrebbero essere ben più numerosi i pazienti con ricordi
tipici pre-morte: abbandono del corpo, sguardo retrospettivo sulla vita, tunnel con luce
splendente all’uscita, creature pieni di premure, incontro con parenti già deceduti, amici e
animali domestici, musica, paesaggi stupendi. È particolarmente interessante che nei 61
pazienti con esperienze pre-morte inequivocabili era sparita invero la percezione dell’ambiente
locale visto dalla prospettiva abituale, quella che noi chiamiamo consapevolezza da svegli ma
non sparì la percezione dell’IO. Essi avevano una chiara coscienza dei propri pensieri e delle
proprie emozioni, essi sapevano di trovarsi fuori dal proprio corpo sebbene osservassero la
propria rianimazione, e avevano ricordi della fanciullezza. Poiché in alcuni singoli segmenti di
prova l’EEG fu registrato senza interruzione e la morte clinica era ben contraddistinta da un EEG
inanimato totalmente “piatto”, che vuol dire l’estinzione totale dell’attività elettrica cerebrale,
un tale tipo di attività consapevole in grado di osservare il processo di rianimazione non sarebbe
stata possibile.
Nell’ambito dello studio i pazienti vennero consultati direttamente non solo dopo la
rianimazione ma anche due e otto anni dopo. Venne fuori che 43 per cento dei pazienti che
avevano avuto una profonda esperienza ai confini della morte, nei 30 giorni dalla rianimazione
era deceduto.

Il design di uno studio quasi identico preparato e realizzato in Inghilterra anche se su un numero
inferiore di pazienti, approdò a risultati analoghi (Parina 2001).

La conclusione che si può trarre da queste analisi è che un EEG piatto non è affatto un indice
dell’estinzione del processo di consapevolezza. Nello stesso tempo si constata che la
percezione in tale stato è modificata e che il modulo “aldilà” viene disattivato, come già trattato
nel capitolo due.

Van Lommel ha pubblicato il totale dei risultati e le proprie interpretazioni in un libro. Nello
scritto egli sostiene la tesi che la consapevolezza non ha il suo posto ancestrale nel cervello (Van
Lommel 2010).

Questa tesi viene anche avallata da Günter Ewald, docente emerito di matematica, fisica,
chimica e filosofia a Bochum (Ewald 2006).

Il medico, zoologo e filosofo Lorenz Oken (1779-1851) docente a Zurigo, sosteneva che la natura
è l’espressione del divino intelletto. Egli constatò che la scienza non era in condizione di
riconoscere le reali relazioni nella natura. Gli aborigeni erano stati molto più vicini alla verità.

Nonostante questa cognizione fino al giorno d’oggi non è cambiato nulla nel nostro modo di
pensare attuale.
Capitolo 7 - L'interfaccia tra mente, anima e
corpo materiale
L’IO iniziato, L’IO che sa, non è nato e non muore. È scaturito dal nulla. Non è stato partorito;
eterno, continuo e antico, non può essere annullato quando viene eliminato il corpo.
(Katha-Upanishad 2.28 - Nikhilananda 1963)

Tra le funzioni dell’essere distinguiamo in generale quelle del corpo che a volte chiamiamo
materia, quelle dello spirito che chiamiamo anche intelletto e quelle dell’anima. Si tratta di
concetti di uso comune da secoli e poiché più in là tratteremo “l’introduzione all’alchimia per il
raggiungimento di una certa onnipotenza”, per meglio comprendere ci soffermiamo già ora su
questi concetti. In passato abbiamo definito cos’è la materia. I concetti di intelletto o spirito e
anima sono impiegati in modi molto diversi, e si rivela necessario definirli nuovamente nel
nostro contesto.

Fino ad ora abbiamo parlato di cosciente/subcosciente e della relativa funzione di


comunicazione interposta. Inoltre abbiamo collegato quasi sempre consapevolezza conscia alla
saggezza (intelletto) e riferito l’inconscia alle emozioni. Ora vogliamo provare a connettere i
concetti “spirito” e “anima” con consapevolezza conscia da un lato e con quella inconscia da un
altro lato. Spirito/anima sono nell’essenza dell’individuo l’unità complementare identica a
consapevolezza conscia/inconscia.

Il termine “spirito” (o intelletto) presente anche nella espressione biblica di “Spirito Santo”, fa
parte di re-spirare (nota del traduttore: per analogia ricordiamo l’espressione del nuovo testamento
“e furono ripieni di spirito santo”, quando si racconta che l’alito dello spirito pervase l’intelletto degli
apostoli permettendogli di esprimersi in più lingue). “Respiro, alito di vento” indicava in passato
anche animazione quale altro significato di spirito. È proprio così che viene interpretato il
termine ebraico rûah del Tanach, la bibbia giudaica, tradotto con “spirito” e che indica anche
“aria in movimento”, “vento”. Nel mondo animale, uomo compreso, rûah è il respiro che infonde
vita alle creature e con ciò assicura le funzioni vitali spirituali e arbitrarie. L’origine del rûah, o
come preferiamo chiamarlo, è essa stessa un’essenza spirituale, intellettuale.

Rûah corrisponde nella nostra bibbia allo “spirito divino che scivola sulle acque”, in altre parole:
il nostro collegamento con il soprannaturale. Permettendoci un paragone interculturale con
l’induismo, lo possiamo definire Shakti, quello che rende il divino inattivo in attivo e così
conoscibile, praticabile. Shakti stesso resta però inseparabile dal Dio a cui appartiene, come Yin
da Yang, come il giorno dalla notte e animus da anima (vedi archetipi di C. G. Jung).

Considerazione di valore questa che ci aiuta a dimostrare come la nostra consapevolezza


conscia/inconscia, o intelletto/anima vengano retti da unità di energia estremamente piccole
la cui sorgente è un campo di fondo intellettuale infinito.
Per la definizione di intelletto proviamo a facilitarci il compito riferendoci alle funzioni
fisiologiche dell’individuo, sebbene non sia sufficiente. Avevamo già accennato che nel nostro
cervello c’è una suddivisione funzionale con da un lato la neocorteccia, responsabile a grandi
linee per ragione (ratio) e conoscenza (intelligentia) con la sua attività neuronale, e dall’altro lato
il metencefalo con il sistema limbico per l’universo delle emozioni. Con capacità cognitive
intellettuali dell’individuo, intendiamo il percepire, l’apprendere, come anche ricordo e
immaginazione, insomma il totale delle forme di pensiero di cui la neocorteccia si rende
garante.

Ambedue gli aspetti dello spirito sono chiamati pneuma (alito) e nous (saggezza) nell’antica
Grecia.

Alla fine della lettura di questo capitolo constaterete che l’interpretazione di Agostino (354-
430) filosofo e maestro di dottrina della chiesa, è quella che probabilmente si avvicina di più
alla verità. Egli fa differenza tra intelletto (mens, animus) e anima e definisce lo spirito umano
“occhio dell’anima” (oculus animae). Come ancora dice, la conoscenza della verità eterna è
possibile attraverso la luce incommutabile dello spirito divino (lumens incommutabilis). Questa
luce è la parte più intima dell’essere umano. La conversione dell’individuo verso il proprio se
stesso più profondo è il ritorno alle sue origini effettive. Lo spirito assoluto è quindi concetto di
verità e causa prima di tutto l’essere.

Ernst Hackel (1834-1919), biologo dell’evoluzione, era certo che lo spirito fosse un fenomeno
scientificamente comprensibile. Sigmund Freud (1856-1919) manifestò più volte la convinzione
che i processi intellettuali nel maggior numero dei casi sono processi inconsci. L’individuo non
si rende conto delle paure, della rabbia e delle altre sensazioni che egli trasporta con sé in giro
e alle quali “dà sfogo”.

Oggi nell’idioma usuale, l’insieme di tali sentimenti viene spesso designato con “anima”.

Democrito, vissuto tra il 460 e il 371 a.C. descrisse l’anima come un agglomerato di atomi di
fuoco di formato sferico e liscio che si differenzia dagli altri atomi per la loro maggiore mobilità
alla quale devono la loro forma.

Intelletto/spirito assieme all’anima costituiscono la psiche. E anche qui entrano in funzione le


proprietà delle particelle fini. L’antico termine greco psyche fa parte del verbo psychein (soffiare,
respirare) che all’inizio significava “alito, respiro” e quindi vita. Per Democrito gli atomi
dell’anima sono distribuiti ovunque all’interno del corpo e imprimono movimento a quelli del
corpo durante tutta la vita. Anche i fenomeni mentali nel loro insieme sono meccanicamente
spiegabili con il movimento degli atomi dell’anima. Ed è così che p. es. questo movimento
determina la salute dell’essere. Era questa la teoria di Democrito sull’anima che con Aristotele
è arrivata fino a noi.

Epicuro (342/341 a.C. a 271/270 a.C.) ritenne l’anima come un corpo dentro un corpo, secondo
lui quindi la psicologia apparteneva alla fisica. Per Epicuro la materia dell’anima si distingue dalla
materia rozza per la sua tenue costituzione simile al soffio del vento.
Il romano epicureo Lucrezio (forse 97-55 a.C.) si addentrò più in dettaglio. Per lui l’anima era un
miscuglio di atomi di calore, di aria e di vento e di un quarto tipo di atomi che permettono la
trasmissione verso il raziocinio. Questi atomi, paragonati agli altri della materia, sarebbero lisci,
rotondi e piccolissimi.

René Descartes (1596-1650) parte dal presupposto basato sulla sua concezione dualistica che
non localizza l’anima nel corpo o in un qualsiasi luogo appartenente al mondo materiale.

Secondo la sua concezione, la comunicazione tra anima e corpo ha il suo epicentro nella
ghiandola pineale. (V. Remnant 1979)

Complessivamente nelle tradizioni riguardanti anima e intelletto si parla di una sostanza che
come un alito si adagia su tutto e che noi per così dire possiamo dirigere come respiro dentro
di noi. Vedremo più avanti che gli argomenti considerati vengono rappresentati in modo
abbastanza simile sotto il punto di vista della fisica attuale.

Se noi parliamo di uno spirito universale (assoluto) e individuale vogliamo porre alla base
quanto segue:

L’informazione viene :

 incorporata,
 memorizzata,
 valorizzata (finalizzata) intelligentemente,
 collegata con senso e valore,

in un “campo”, e totalmente elaborata con una consapevolezza che permette di fare esperienza.
L’intelletto riceve informazioni e le trasforma in tempo, spazio ed energia codificata.

Anima e intelletto sono in grado di liberare forze? Secondo la nostra esperienza dovremmo
rispondere con un sì. Noi con la nostra volontà e le nostre emozioni, siamo in grado di
influenzare la materia. Le forze però non possono sgorgare in assenza di energia alla base, ragion
per cui intelletto e anima devono ricorrere a energie ben precise.

Boguslav Lipinski docente all’Università di Boston, con un dosimetro per radiazioni ionizzanti
come quelli per misurare la radioattività di particelle atomiche in millesimi di REM per ora, rilevò
in diverse chiese americane l’energia durante il rito religioso. I valori abituali oscillavano tra 20
e 70 mR/h. Ebbene, durante alcune preghiere recitate nel santuario di Medjugorje, per brevi
momenti misurò valori di 100mila mR/h. Radiazioni talmente elevate sono per l’individuo
estremamente dannose, eppure nessuno dei presenti si ammalò.

L’interpretazione di questo fenomeno fu che campi specifici di energia sono già misurabili con
tali apparecchiature, ma non si tratta di normale radioattività, bensì di una forza che genera un
evento a livello dell’atomo simile alla radioattività.
C’è una tale forza della consapevolezza? Se è così, quella della fede dovrebbe sviluppare una
propria energia.

La tesi che ”consapevolezza fa uso di entità quantistiche”, fu enunciata già nel decennio del
1960 e da quel momento sempre perorata.

Niels Bohr disse: “Il pensiero consapevole porta con se un piccolissimo interscambio di energia
ed è per questo che solo una spiegazione fisico-quantistica qualifica la descrizione della
consapevolezza”. (Bohr 1958)

7.1 Lo Spin quale meccanismo elementare di commutazione

Nel primo capitolo ci eravamo chiesti: Cosa provoca sulla materia un riflesso voluto (attraverso
informazione) quando per esempio io sollevo il braccio? Dopo avere scomposto il processo in
singoli passi fisiologici siamo arrivati al risultato che la mia volontà, principio intellettuale, ha
generato una forza sulle coesioni molecolari. A tal fine era necessario il cambiamento degli Spin
degli elettroni che sono responsabili delle coesioni molecolari. Sugli spin incombe quindi un
ruolo importante quando intelletto e anima influiscono sulla materia.

Ma cosa fanno gli Spin e come vengono influenzati?

Tutte le forze presenti nella natura sono una combinazione di massa e Spin. Gli Spin sono gli
architetti delle molecole efficienti e quindi di tutto l’organismo. Gli Spin di elettroni e il loro
orbitare attorno al nucleo dell’atomo generano le coesioni molecolari. Da molte di queste che
si dispongono in diverse direzioni nello spazio, risultano di nuovo
forma/struttura/configurazione tanto nell’ambito microscopico quanto anche in quello visibile
macroscopico. Per gli effetti delle forze, gli elettroni emettono fotoni quali particelle
messaggere. Queste particelle posseggono anche uno Spin. Svariate particelle messaggere
posseggono proprietà diverse. Fermioni, particelle a Spin semintero o Bosoni a Spin interi,
determinano forze di attrazione tra Fotone e Gluone (sostanza agglutinante tra i Quark che
costruiscono il nucleo degli atomi). Spin dimezzati generano forze respingenti.

L’insieme di spin delle particelle elementari provoca nella costruzione della molecola
un’asimmetria, la cosiddetta chiralità (chiralità fisica, v. Treccani). Questa assume un ruolo di
enorme importanza nella funzione dell’organismo. A titolo di esempio, noi individui tolleriamo
solo molecole levogire di aminoacidi e molecole destrogire di carboidrati. Una chiralità errata è
causa di disfunzione che può condurre alla morte.

Dalla collocazione degli Spin dipendono fra l’altro:

 l’effetto dell’influenza reciproca di energia elettrostatica (Coulomb) (Spin opposti


posseggono più energia di quelli in parallelo),
 l’energia cinetica degli elettroni, e con essa,
 le proprietà delle coesioni molecolari, quindi forma/struttura/configurazione e di
conseguenza la funzione delle molecole.

Gli ultimi risultati delle ricerche dimostrano che la materia è costruita da componenti di Spin
sempre più piccoli: i nuclei di atomi che si scompongono in Quark. I Quark si scompongono in
Tauoni e Muoni (tauone fa riferimento al termine ebraico Tohuwabohu, “deserto e vuoto”. Tutto
all’inizio nella bibbia c’è Tohuwabohu e Ruach…Dio parla soltanto dopo)

 “Lo Spin è responsabile di tutti gli effetti dei Quanti”. (Hestens 1983)
 “Spin è il processo che aziona la meccanica quantistica”. (Kien 1999)
 “Spin è la causa dell’incrocio dei Quanti”. (Schröder 1935)
 “Lo Spin dei quanti genera informazione per la forza e operazioni temporali tra e sulle
masse”. (Dirac 1928, Penrose 1960,1967)

Cosa ha a che fare tutto questo con la consapevolezza?

Abbiamo sperimentato che la consapevolezza può influenzare gli Spin e da qui forza e tempo
sulle masse oltre a interferire nell’ordine (forma/struttura/ configurazione).

Paul Davies scrive: “La fisica moderna riporta indietro l’intelletto in un posto centrale nella
natura. […] Quando qualcuno osserva un atomo, l’atomo salta verso una modalità
particolare/caratteristica, che nessuna abituale interazione può imitare”. (Davies 1990)

Ciò permette che noi, p.es., se lo vogliamo possiamo muovere muscoli e scheletro del nostro
corpo. Tuttavia cade all’occhio una particolarità: sotto l’influsso della forza di gravità, il nostro
corpo resta stabile solo se siamo coscienti. Se incoscienti, la forza di gravità ci trascina a terra.
Per spiegarci questo fenomeno tipico, saltano alla mente due possibilità:

 La prima è che noi con il continuo esercizio già in tenera età per bilanciare la forza di
gravità abbiamo addestrato forza dei muscoli e riflessi, che agiscono solo quando siamo
coscienti. Quale esempio vediamo il riflesso della tosse. Possiamo tossire solo se svegli
quindi solo se in presenza del relativo stato di coscienza.

 La seconda, di carattere puramente speculativo, è che gli effetti degli Spin di gravità sul
totale delle masse del nostro fisico, sono da neutralizzare attraverso una
consapevolezza.

In ogni caso, una cosa è chiara: tutto ciò che influenza gli Spin, influenza anche malattia e
guarigione.
7.2 Attività dei Quanti dimostrate sperimentalmente in processi di vita e di
consapevolezza

1. Sovrapposizione (sorgente d’informazione universale) sinonimo di interferenza di


“possibilità”, coerenza di funzioni d’onda.
2. Scelta di possibilità (definizione d’informazione locale e temporale), sinonimo di
collasso di funzioni di onda, decoerenza, consolidamento, osservazione e misurazione
3. Accavallamento, entanglement, (veicolo per il non locale-temporale , ovvero espansione
universale di caratteristiche specifiche con opzioni di richiamo locale-temporale)
sinonimo di non località, coinvolgimento quantistico, paradosso di Einstein-Podolski-
Rosen.

Principio della sovrapposizione (sorgente d’informazione universale)

Il principio dice che ogni energia e ogni informazione esistono dapprima in una sovrapposizione
di onde di tutte le diverse proprietà possibili, che abbiamo chiamato: “Oceano delle infinite
possibilità”. Le informazioni potenziali di queste proprietà possibili sono memorizzate in onde
coerenti dal nome di costrutti matematici di “funzioni d’onda”.

Lo stesso sistema d’interferenza non può essere misurato direttamente, esso non ha né
posizione né impulso definibile.

Queste funzioni d’onda per caratteristiche potenziali, sono diffuse nell’universo intero, esenti
di spazio e tempo.

Funzioni di onda sono informazione pura, puro Software perché la funzione d’onda descrive
quello che può essere conosciuto sul sistema.

L’universo intero è quindi un campo d’informazione pensabile come una sorta di ologramma.

Le possibilità di memorizzazione in Qubits, ammontano per estrapolazione di calcolo


all’incredibile e impensabile cifra di 10 stati alla potenza 107, (10107) per ogni singolo volume di
Planck che misura (10-99 (10-99) cm3).

(Osservazione del traduttore: Provate a rappresentarvi queste grandezze. Dopo qualche minuto io ho
dovuto smettere).

Principio della scelta di possibilità (decoerenza) (definizione locale e temporale


dell’informazione)

La sovrapposizione di funzioni di onda è una fase molto labile.


Quando in qualche posto nell’universo viene fuori dalla materia o da un intelletto individuale
un’informazione definitiva per l’osservazione concreta di una caratteristica specifica, la
funzione di onda di questa caratteristica collassa in tutto l’universo. Ciò significa che la funzione
di onda è spenta in tutto l’universo (decoerenza) e al suo posto subentra una informazione
locale per forza e tempo, focalizzata sulla materia e rispettivamente sull’intelletto che la tratta.

Risultato di questa decoerenza è dunque una proprietà della materia di cui possiamo fare
esperienza perché esiste ora qualcosa di misurabile: la realtà.

Stabiliamo quindi: “il totale delle possibilità di una caratteristica, senza un’informazione definita
sulla stessa, interferisce sempre (sovrapposizione) con altre possibilità di caratteristiche”.

Non appena però ha luogo una interferenza dell’onda possibile con l’ambiente (quando c’è
scambio di energia e informazione) la coerenza dell’onda va perduta, che significa che il
rapporto consolidato di tutte le onde parziali viene disturbato o addirittura distrutto. Siamo in
presenza di decoerenza e il collasso della funzione di onda è la transizione dal potenziale al
reale.

Osservazione/misurazione crea così realtà ed esperienza.

Elettroni indeterminati non esistono quale esperienza sensoriale, l’aiuto o meno di un


apparecchio di misura non ha alcuna influenza. Sistemi quantici non hanno proprietà definite
prima dell’osservazione, essi sono soltanto probabilità virtuali di una funzione di onda. Nessuna
particella quantistica ha uno Spin prima di essere misurata. Nel tempo e nello spazio non esiste
nulla a cui non sia stata assegnata alcuna proprietà. Solo gli elettroni a cui è pervenuto senso e
valore quindi funzione, si rivelano come sorgenti di carica e informazione per forza e tempo e
solo allora la funzione d’onda della proprietà degli elettroni, collassa.

Alla domanda “In quale stadio del processo di osservazione/misurazione avviene il collasso”,
rispondiamo: “Quando un essere umano è consapevole di un’osservazione/misurazione”.

Questo tipo d’informazione ha effetti tangibili sulle forze tra gli atomi, sulle molecole
biologiche, tra cui proteine e acidi nucleici.

«È così che si presenta il nuovo paradigma dell’universo: sistema complesso, dove spirito,
intelligenza e informazione sono come Hardware».
Paul Davies e John Gribbin

In generale vale quanto segue: decoerenza sorge quando da un sistema in sovrapposizione


coerente con funzioni di onda, viene trasportata nell’ambiente informazione sullo stato del
sistema.
Fin quando una informazione di questo tipo è assente o fin quando non c’è osservazione,
rimane valida la sovrapposizione. In tal caso significa che energia e informazione alla base del
sistema sono diffuse virtualmente in tutto l’universo.

In questo campo ci sono esperimenti interessanti eseguiti dal ricercatore Eigler dell’IBM: foto
eseguite con microscopio a effetto tunnel mostrano su una superficie di rame gli elettroni che
vengono tenuti prigionieri da 48 atomi di ferro ammassati e disposti ad anello.

Così, questi elettroni assediati non hanno la possibilità di allargare la comunicazione necessaria
all’effetto potenziale di forza e tempo. Nell’impossibilità di presentare all’esterno le loro
proprietà gli elettroni si chiudono tutti insieme in un’onda coerente d’informazione,
esattamente come la teoria aveva previsto in precedenza.

L’intreccio o accavallamento quale centro del divenire mistico.

Con il principio della sovrapposizione e del meccanismo della realizzazione attraverso la


materia, quando forza e tempo si costituiscono dalle masse, non è stato detto ancora nulla sul
più importante aspetto della vita: il fenomeno di “entanglement quantistico” o coinvolgimento,
come viene chiamato dai fisici, che ha in sé dello stupefacente.

Qui brevemente uno schizzo. Sotto influenza energetica, due particelle possono gemellarsi.
Quando il gemellaggio viene separato, se lo stato di una particella è modificato, tale modifica
indipendentemente della distanza che la separa, si ripercuote nello stesso istante anche
sull’altra particella.

Particelle reali e informazioni che hanno acquistato uno stato concreto, come anche strutture
o immagini, a secondo, in condizioni particolari, se ben isolate e protette da influssi esterni,
possono entrare in interazione (stato di Bell). Tale stato resta immutato anche dopo la
separazione. Dopo tuttavia, le particelle coinvolte perdono tutte le loro proprietà definite e
sviluppano un nuovo stato.

Esse smettono di essere oggetti individuali ed entrano a far parte di un totale, simile a un
tappeto che si compone di tanti singoli punti annodati.

Poiché ora le proprietà individuali non hanno alcun ruolo, ne deriva una sovrapposizione. In
questa funzione di onda sono ingabbiate, quali pure probabilità, non solo tutte le proprietà
individuali delle particelle pertinenti, ma in supplemento anche il nuovo stato d’interferenza.

La funzione di quest’onda, che conosciamo dalla sovrapposizione, si espande quasi all’istante


in ogni direzione. Ciò significa che sistemi quantistici originari sono in relazione tra di essi anche
su grandi distanze. È per questo che tale processo straordinario è definito “entanglement”.
Questi stati sono descrivibili matematicamente con precisione.
Nello stato di “entanglement" o coinvolgimento, la proprietà della singola particella può essere
totalmente sconosciuta. Se attraverso risonanza selettiva si procede, qui e adesso, a misurare
questo stato (principio di prova ed errore), il coinvolgimento viene distrutto ma le proprietà
individuali delle singole parti si manifestano nello stesso momento in ogni punto dell’universo.

Erwin Schrödinger, a cui risale il concetto di “entanglement”, vide in esso l’essenza della fisica
quantistica. (Schrödinger 1935)

La teoria che descrive questo effetto non incontrò l’avallo di Einstein che la considerò l’effetto
a distanza di uno spettro, e con dei colleghi redasse uno scritto descrivendo un esperimento
mentale conosciuto oggi sotto il nome di paradosso di Einstein-Podolski-Rosen (EPR). Questa
costruzione mentale doveva dire chiaramente che alla fisica quantistica mancava qualcosa. Fu
scritto: “La teoria è incompleta, perché non può essere quello che non osa essere”. Oggi
sappiamo con certezza che Einstein e i suoi colleghi non avevano ragione e che può essere
anche ciò che non osa essere.

“Etanglement” chiave della telepatia quantistica

Ripetiamo ancora una volta il principio: Non appena in qualche luogo c’è uno scambio
d’informazione, quindi osservazione o misurazione di una funzione oscillante di
“entanglement”, indipendentemente da luogo e tempo, emergono all’istante le rispettive
caratteristiche originarie delle parti avviluppate.

Questo effetto inimmaginabile è ormai sapere assodato. Tali misteriosi risultati sono oggi
riproducibili e applicati alla telepatia quantistica o telecinesi delle proprietà. Ciò riesce già con
aggregati di oltre 3-mila atomi come dimostrato con gli aggregati delle molecole di carbonio, il
fullerene. (vedi Zeilinger 2003)

Sperimentalmente tra il 1981 e il 1983 al gruppo di lavoro Alain Aspect a Parigi, riuscì per la prima
volta di eseguire con i fotoni la prova del “tele-effetto fantasma” escogitata da Einstein con i
colleghi Podolski e Rosen nel 1935.

Nel 2008 Antoine Suarez non solo confermò i risultati di Aspect, ma interpretò anche la loro
piena convergenza affermando che dietro la telepatia quantistica c’è una “intelligenza invisibile
e possente”.

Egli, con i suoi esperimenti stabilì senz’alcuna ombra di dubbio: “Nel momento della
correlazione tra le particelle, il tempo si ferma. È come se nella telepatia quantistica il tempo
venisse cancellato, annullato”. (Suarez 2003-2008)

Particelle dell’intreccio possono essere ovunque nello stesso istante. Esse non sono localmente
controllabili con la nostra volontà. Se questo funziona, dedusse Suarez, allora anche la nostra
stessa libera volontà deve essere un sistema quantistico. E poiché la libera volontà ci viene data
dalle leggi di natura, queste leggi devono avere carattere quantistico.
Questo scienziato è talmente convinto dell’influenza della telepatia quantistica, che assieme a
dei colleghi ha redatto un libro in cui descrive il cammino che alla fine conduce a Dio.
(Driessen/Suarez 1997)

Telepatia quantistica ormai non è solo una esclusività realizzabile con i singoli Quanti (Charles
H. Bennett, 1993, Watson Research Center della IBM in Yorktown-Heights, New York) bensì anche:

 con campi luminosi (Jeff Kimble e colleghi di Caltech di Pasadena)


 con raggi laser che contenevano informazioni codificate, (Università Nazionale Australiana,
2002 e Harald Weinfurter dell’Università Ludwig-Maximilian Monaco di B.),
 con nuclei di atomi il cui senso di rotazione all’interno di una molecola è stato possibile
trasmettere ad un altro nucleo (Laboratorio Nazionale di Los Alamos, Nuovo Messico),
 con atomi interi che spuntavano nuovamente in luoghi a piacere. Nel 2004 a due gruppi
di lavoro riuscì per la prima volta a eseguire con più precisione con Ioni che con atomi, la
telepatia quantistica (Riebe e altri, Università di Innsbruck, Barrett e altri, National Institute of
Standards and Technology di Boulder, Colorado),
 con ioni di Calcio (Blatt e Riebe. Università di Innsbruck),
 con ioni di Berillio (David Wineland e MD Barret del National Institute of Standards and
Technology di Boulder, Colorado),
 e perfino con intere molecole (fullereni) (Zeilinger Università di Vienna).

Risultato: l’entanglement è un processo d’influsso universale azionato dall’attività locale della


materia. Il Quanto gemello può trovarsi ovunque nell’universo e avverte all’istante il
trattamento sul partner in laboratorio. Secondo il modello, ciò è possibile perché il fotone “1”
comunica il proprio influsso fisico all’Oceano delle infinite possibilità e il fotone “2”, che da
gemello entra in risonanza, rilegge e valorizza tale informazione non importa in che punto
dell’universo al momento esso sia.

Si continua a speculare sul principio del coinvolgimento della fisica quantistica che potrebbe
essere il ponte teso tra scienza e spiritualità.

Il fisico americano Jack Sarfatti si esprime così: “Con ogni pensiero e con ogni azione,
imprimiamo non solo la nostra piccola memoria di massa ma memorizziamo qualcosa anche
nell’universo quantistico, un qualcosa che sopravvive alla nostra vita terrena”.

Beninteso anche le proprietà del cervello come quelle di tutti i sistemi materiali poggiano sulla
fisica quantistica. La domanda è se anche all’interno del cervello sono presenti stati di
“entanglement”.

La risposta di Max Tegmark, esperto di decoerenza è: “Anche se essi una volta si siano formati,
secondo il calcolo, sono destinati a sparire nuovamente in meno di 10-13 secondi (0’01 pico-
secondi). Dato che i circuiti neuro-cerebrali elaborano informazioni ad una velocità almeno
dieci volte più lenta, nel cervello non c’è nessuno stato influente di coinvolgimento”. (Science
4.2.2000)
Prove che hanno dell’incredibile, dimostrano che, come spesso succede, anche questa opinione
era troppo affrettata.

Entanglement di due molecole attraverso l’energia ambientale

Che Spin di Quanti siano sottomessi a questo fenomeno, lo si sa da tempo. Huping Hu e sua
moglie Maoxin Hu sfruttarono questa conoscenza per procedere all’esperimento seguente
chiedendosi: È possibile intrecciare Spin delle molecole dell’acqua con Spin di droghe e rilevarne
l’effetto nell’acqua? Proprio ciò, non solo funzionò ma fu riprodotto usando per l’entanglement
una sorgente di energia coerente, laser, campo magnetico o micro-onda. L’acqua così trattata
se bevuta provocava gli stessi sintomi della droga che in questo caso era un anestetico. (Hu/Wu
2006)

Con questo esperimento fu perfino possibile dimostrare l’affermazione dell’indipendenza di


spazio e tempo degli effetti dell’entanglement, dividendo in due parti l’acqua del rubinetto
intrecciata con micro-onde.

La prima porzione viene bevuta al posto A. Il soggetto di prova si reca poi (in auto o aereo) al
posto B distante chilometri e chilometri. Nel nostro caso da Pechino si reca a 5 mila km a San
Francisco. In A (Pechino) la seconda porzione di acqua viene intrecciata con una droga il cui
effetto si manifesta sul soggetto di prova che si trova in B a San Francisco.

Non è nemmeno necessario di eseguire gli esperimenti con l’acqua. Si ottengono gli stessi
risultati quando un entanglement viene eseguito con Spin della materia cerebrale e Spin delle
molecole di medicinali attraverso impulsi specifici di campo magnetico. A tal fine la bottiglia
della droga viene posta direttamente sulla testa; il campo magnetico applicato scorre attraverso
il cervello e attraverso la droga. Ed eccoci di nuovo in presenza di sensazioni che corrispondono
all’effetto della droga. Se invece all’insaputa del soggetto (per evitare ogni eventuale influenza)
si riempie di acqua la bottiglia della droga, allora non succede un bel nulla.

L’esperimento diventa ancora più avvincente: Hu e Wu trovarono che è possibile un intreccio


di spin quantici di due cervelli per mezzo di energia coerente. Ciò era stato già scoperto
precedentemente da altri gruppi di lavoro senza che però qualcuno ne potesse dare una
spiegazione.

Helmut Schmidt, non il famoso politico ma il famoso fisico e scienziato della Lockhead USA, nel
1994 descrisse un esperimento mediante il quale riuscì a stabilire una trasmissione di potenziale
evocato di EEG tra due individui in due spazi separati.

Più esattamente: il soggetto B riceve 16 flash di luce che l’elettroencefalogramma registra come
risposta allo stimolo. A e B siedono singolarmente in due gabbie di Faraday buie e separate tre
metri l’una dall’altra.
Esperimento Nr. 1: Prima di essere separati, i due soggetti hanno meditato insieme in un’unica
gabbia di Faraday. In questo caso dopo la separazione il potenziale evocato con la luce viene
trasmesso da B ad A.

Esperimento Nr. 2: I soggetti non meditano insieme. In questo caso non avviene alcuna
trasmissione. (Schmidt 1994)

Gli effetti dei risultati di queste prove sono incalcolabili.

7.3 Lo Spin: collegamento con il campo universale dell'informazione

Tutti i processi degli organismi viventi sono basati su fluttuazioni quantistiche. Il fisico Paul
Davies si esprime in questo caso con “amplificazione quantistica dell’elaborazione
dell’informazione” nelle cellule viventi. Tuttavia solo atomi isolati da influssi esterni si
conformano alle norme del mondo dei Quanti e smettono di farlo quando influenze ambientali
incrementate agiscono su di essi.

In realtà oggi si discute se elementi isolati delle cellule, che non “vengono osservati”
dall’ambiente, si trasformano in una sovrapposizione coerente universale e se sono dopo di
nuovo disponibili quali informazione per le forze quando vengono utilizzati. Ciò significa che
strutture (modelli di Spin) di cui al momento non si ha bisogno, non richieste, né osservate e
quindi non (più) dentro la realtà, rientrano nel campo universale dell’informazione (intelletto).

Gli Spin dei Quanti sono dunque interfacce tra il “locale” e il “non locale”. Se richiesti essi stanno
sotto l’influsso della forza elettrica debole ma nello stesso tempo sono intrecciati e sparsi
nell’universo intero.

Innanzitutto, pura speculazione, si potrebbe così spiegare come ogni singola cellula “sa” del
totale di esse e così opera in sintonizzazione con il tutto, poi come il fenomeno attenzione
codifica informazione e infine come viene integrata olograficamente l’informazione. Ma in
particolare modo si potrebbe rispondere al come il contenuto dei pensieri è memorizzato e
richiamato dall’Oceano delle infinite possibilità.

Gli Spin sono moti di spirale e le spirali hanno sempre avuto un ruolo importante in tutte le
culture tradizionali. Teillard de Chardin lo puntualizza con: “La spirale è la vita”.

Presso i Maori il moto delle spirali è la connessione durevole con l’energia cosmica. I tatuaggi a
spirale erano indispensabili per conseguire la vita eterna come continua reincarnazione. (v.
Latour 1985)

Gl’indiani Oraibi e Shipaluovi credono che le spirali generano il collegamento tra la materia e
l’energia causale.
Per gl’indiani Hopi e per i greci delle generazioni più antiche le disposizioni delle spirali
simboleggiano l’unione eterna tra l’uomo e la terra. E poiché tutto è generato dall’energia
cosmica, questa, come anche la terra, nella tradizione antica viene contrassegnata quale
“madre”.

La figura è il particolare di una rappresentazione del 18esimo secolo, che graffiata su pietra
nell’Asia orientale, porta sopra la scritta “TAO - l’alchimia interiore dell’individuo”. Cade subito
all’occhio la spirale racchiusa in un anello di fuoco e l’uomo che tocca con le mani l’orsa
maggiore. Questa piccola scena possiamo interpretarla come segue: La spirale è identica alla
consapevolezza attivata dal fuoco, che permette la percezione dell’universo. Sotto la scena si
trova l’immagine completa di un paesaggio dal significato: “l’anima si eleva sopra la materia”
(vedi capitolo 9).

In tutte le culture preistoriche dell’Europa, la spirale è la madre natura, simbolo di fertilità,


ritorno e rinnovamento e anche movimento ed evoluzione del cosmo, della natura e
dell’individuo.

I templi arcaici di Malta sorti tra il 4000 e il 3000 a.C. presentano spirali che sono state
interpretate come il cammino dalla vita alla morte e di ritorno alla vita. Gl’indiani della tribù dei
Navajo praticano un rito di guarigione dove la spirale assume un ruolo importante.
(Hartmann/Mislin 1985).

Una doppia spirale significa “muori e divieni”. Il caduceo, la sbarra avvolta da due serpi in una
spirale in controsenso, è nato in Mesopotamia già 3000 anni a.C. e poi più tardi assegnato a
Ermes (Mercurio) che lo porta come chiave simbolica di tutto il sapere (vedi Cap. 9). Uguale
significato assume il bastone di Asclepio, il dio della salute. E la spirale accompagna i grandi
padri della chiesa nel bastone ricurvo.
Agostino, filosofo e padre della chiesa (354-430) descrive l’angelo con il “volo della spirale” così
come Hildegard von Bingen più tardi (1098-1179) che da una visione trasse il detto: “Gli angeli
volano in spirale, il demonio solo diritto” (Bökeller 1929).

Quali energie entrano in interazione da un lato con la consapevolezza e dall’altro lato con lo
Spin di un Quanto?

Sappiamo già che le forze sorgono dalle masse quando sono riconoscibili le caratteristiche. Fino
ad oggi venivano considerate quattro forze primordiali:

1. Forza di gravità
2. Forza elettromagnetica
3. Forza debole
4. Forza (energia) nucleare forte

Le informazioni per la costituzione delle forze sono trasmesse da particelle piccolissime che
osiamo rappresentarci solo come vortici di energia che contengono informazioni codificate.
Riferite agli elettroni che comunicano tra di loro, queste particelle sono i fotoni. Oltre agli effetti
delle forze elettromagnetiche ci sono tra gli elettroni anche quelli dei Coulomb: forze
elettrostatiche che agiscono sui fotoni virtuali con l’ausilio delle informazioni.

Senza il fotone, le informazioni restano ingabbiate nelle rispettive funzioni di onda nell’Oceano
delle infinite possibilità. Affinché questi vortici concreti di energia, che noi chiameremo
particelle, possano esistere veramente, la premessa è il collasso delle funzioni di onda della
probabilità. Questo viene provocato da influssi ambientali, per es. con la misurazione. Ogni
funzione di onda contiene l’informazione per la particella che verrà fuori da essa in futuro. Non
appena si procede a una misurazione di meccanica quantistica, nel fruscio dell’Oceano delle
infinite possibilità viene fissata una grandezza. Attraverso ciò la funzione di onda collassa. La
misurazione libera informazione che possiamo valorizzare. Con ciò viene veicolato sapere
(informazione) attraverso il sistema per cui l’onda si commuta in particella. E poiché per ogni
cambiamento di stato serve energia (capacità di lavoro), l’energia deve essere trasportata
assieme all’onda. Le onde trasportano quindi sempre energia e informazione.

La nuova particella “venuta fuori” è dunque provvista d’informazione e di energia dell’onda e


produce un effetto di forza e di trasmissione di energia sulle masse. Il vuoto fornisce le
condizioni di base per l’influenza di forza e tempo da un punto di tempo-spazio-massa a quello
successivo. A tal fine tiene pronte soltanto energia potenziale e informazione, e non forza e
tempo come postula la fisica classica ancora oggi.

Da dove traggono origine le onde e le loro funzioni?

Secondo la teoria, esse traggono origine dallo stato di oscillazione specifica di una stringa (di
una membrana) in un spazio endeca-dimensionale. Il totale delle particelle che compongono il
nostro mondo, sono quindi stati di oscillazioni specifiche di stringhe nello spazio,
rispettivamente nell’Oceano delle infinite possibilità (la stringa, è una struttura sub-atomica
ipotetica). Ciò vuol dire che le informazioni per la costruzione del nostro corpo e il totale delle
sue funzioni, in primo luogo non traggono origine dalle molecole bensì dalle oscillazioni di base
delle stringhe.

Se quindi struttura di base e funzione del corpo vengono modulate, da un lato per tale effetto
sono responsabili le energie che premono dall’esterno e dall’altro lato il nostro intelletto e la
nostra consapevolezza. In ogni modo alla base di queste energie si trovano di nuovo delle
stringhe specifiche. Tutto quello che influenza e costruisce forma e struttura, è disponibile nel
vuoto quale stato specifico di stringa. Una stringa, secondo Michio Katu, docente di fisica teorica
al City College di New York, può memorizzare una gigantesca quantità d’informazioni
riproducibili in qualunque momento.

7.4 Da quattro le forze ancestrali diventano tre

Nella sfera vitale tutto è composto di tre o quattro forze primordiali (energie ancestrali) a
secondo della distanza dal luogo dove agiscono. La qualità delle forze tra le masse, si modifica
in funzione della distanza dalla particella. Da tenere presente che le forze diventano sempre più
uguali tra di loro se questa distanza è piccolissima.

I fisici Glashow, Weinberg e Salam considerano l’interazione elettromagnetica e l’interazione


debole, la diversa manifestazione di una forza comune, la forza elettrica debole. Per questo
postulato ottennero il Nobel 1979 per la fisica.

Poiché la forza elettromagnetica venne riconosciuta come traccia della forza elettrica debole,
oggi in presenza di distanze d’influsso normali vengono prese in considerazione solo le tre forze:
GEN

G = Gravità, E = Elettrica debole, N = Nucleare forte

La forza elettrica debole è l’unica energia ad essere collegata con tutte le altre. Essa emerge sugli
altri livelli selettivi di energia: la gravità G e la nucleare forte N.

Noi deduciamo quasi esclusivamente il nostro mondo visibile dalla luce, forza elettromagnetica.
Tuttavia l’energia elettromagnetica fa solo il 4% dell’energia della nostra realtà.

Sta di fatto che il 96 per cento delle energie che ci circondano (73% materia oscura e 23%
energia oscura) sono incomprensibili, restando un enigma anche per gli specialisti. Fin quando
gli scienziati osservano la realtà solo con l’aiuto del campo elettromagnetico, possono vedere
di essa soltanto un piano molto ridotto. Tutti gli altri piani ci restano preclusi.
7.5 Energia e materia oscura, matrici di anima e intelletto

Perché gli scienziati parlano di energia oscura e di materia oscura?

Ci sono due motivi: uno è che stelle, nebulose e galassie si allontanano l’una dall’altra come
fossero attratte da un forza invisibile e due che gli enigmi della fisica delle particelle, esigono
forze supplementari fino ad ora sconosciute.

Già nel 1930 gli astronomi in presenza di forze centrifughe inspiegabili nella normale materia,
presenza che non concorda con la gravità, si aprirono all’esistenza di una materia oscura.
L’energia oscura risultò da un lato dall’energia del vuoto con il suo fluttuare dei Quanti, di cui
abbiamo riferito nel capitolo 5, e d’altro lato dalla così chiamata quintessenza, una forma
dinamica di energia che diede all’occhio per una interazione inspiegabile con la materia. Mentre
la materia oscura occupa lo spazio in modo irregolare, l’energia oscura è distribuita
uniformemente, quasi fosse tessuta con lo spazio come l’Oceano delle infinite possibilità.

Le due insieme costituiscono un mondo a sé con particelle proprie che con nuovi tipi di forze
naturali entrano in interazione con i componenti dell’universo che conosciamo.

La materia oscura non è barionica, e non segue alcuna legge di natura, essa è soprannaturale.
L’esotico in verità è la materia normale. Il soprannaturale, paragonato al naturale, è senza alcun
dubbio la parte più grande del nostro universo. La materia percepita visualmente dalla
radiazione elettromagnetica è solo un’aggiunta. Il vero potere nell’universo resta invisibile
eppure esso governa e dirige quasi tutto.

È naturale chiedersi come una massa talmente gigantesca possa sfuggire alla nostra
osservazione diretta. Lo può perché è costituita di particelle che non entrano affatto in
interazione con la nostra materia “luminosa” alla quale siamo abituati. Quello che però
abitualmente non entra in interazione, potrebbe essere pilotato esattamente da criteri
particolari.

L’astronoma Giuliana Conforto è ben la prima scienziata al mondo che ha avuto l’idea di pensare
che tutto ciò che è dominato dall’energia e dalla materia oscura sta in relazione con il mondo
delle nostre sensazioni (Conforto 2006). Proviamo a seguire il filo di questi pensieri. Vogliamo
scoprire perché le nostre emozioni hanno la capacità di agire sulla materia, e non solo sulla
materia del nostro corpo ma anche su quella all’esterno di essa.

Abbiamo già visto che la consapevolezza può modificare gli Spin delle particelle elementari e
così anche i composti molecolari, con effetti su forma/struttura/configurazione. Sappiamo
inoltre che la consapevolezza (coscienza) non si presenta sola assieme al nostro io, bensì
sempre insieme alla consapevolezza inconscia (l’inconscio). Tale combinazione sta per
informazioni dall’universo delle emozioni.

Allo stesso tempo siamo consapevoli che la consapevolezza inconscia con il suo 95 per cento
corrisponde alla percentuale della presenza di energia e materia oscura dell’universo.
Forse che il nostro subcosciente si serva della materia e dell’energia oscura e possibilmente sia
identico a esse? E cosa collega insieme materia visibile e materia oscura invisibile?

La sola energia che unifica materia visibile con materia/energia oscura è la forza nucleare debole
(100mila volte più debole della forza nucleare forte). Il fisico atomico Enrico Fermi (1901-1954)
invocò l’esistenza di una nuova forza di natura e di particelle per spiegare la disintegrazione del
nucleo dell’atomo. Questa forza nuova viene chiamata oggi forza nucleare debole. Le sue
particelle di scambio (bosoni vettori) sono state scoperte nel decennio del 1980 e
contrassegnati con particele W-, Z°, W+. Esse stesse non sono materia oscura ma le loro
proprietà vanno in tale direzione e proprio per questo corrispondono con questa energia.

Tutto è pervaso da questa combinazione di “luce” e “tenebra”, anche le proteine, gli ormoni e i
geni del DNA.

Inoltre la forza debole possiede due importanti specialità.

Prima: L’energia delle particelle messaggere dei propri bosoni, al contrario di quella dei fotoni,
è molto elevata. La temperatura è di 10 milioni di miliardi di gradi con una frequenza di 1026 Hz.
Evidentemente la forza debole è enormemente poderosa. Essa ha anche una massa di ben 100
miliardi più grossa di quella dei protoni di cui è costruito l’intero universo visibile.

Seconda: I bosoni rompono la simmetria con i loro rispettivi impulsi sugli spin. Ciò rende
possibile le strutture specifiche delle proteine (enzimi) e degli acidi nucleici (geni).

Esattamente qui giacciono i principi che ci permettono di dirigere la materia del corpo con la
nostra volontà. La forza debole e la forza elettrica debole permeano ogni corpo e assumono un
ruolo chiave: esse costruiscono i nuclei degli atomi causando lo spin e così possono modificare
il livello energetico della materia. Inoltre provocano la chiralità essenziale per la vita degli
amminoacidi (levogiri o fermioni) che costruiscono le proteine, e degli zuccheri (destrogiri) che
formando gli acidi nucleici sono interattivi e responsabili per tutte le forme.

Ordine e qualità di enzimi e ormoni dipendono dallo spin del nucleo che a sua volta dipende
dalla quantità e attività delle particelle messaggere della forza debole e della forza elettrica
debole - stati a cui vengono attribuiti anche emozioni (per esempio nella psico-endocrinologia
e nella psico-neuro-immunologia). La convinzione corrente è che gli individui sono “intelligenti
e pieni di sentimenti”, mentre costellazioni di forze è impossibile che lo siano, anche se questa
convinzione non gode di alcuna dimostrazione scientifica. Al contrario, è chiaro che la normale
intelligenza è connessa all’attività fisica e cerebrale, immancabilmente soggetta alla forza
elettrica debole. Dunque per reciprocità anche le costellazioni di forze potrebbero essere
“intelligenti”.

In che rapporto stanno energia oscura e materia oscura, equiparata nel nostro modello al
mondo delle emozioni, con la forza debole e quella elettrica debole?
Le particelle che compongono la materia oscura si manifestano solo indirettamente attraverso
il loro effetto di gravità. Si conoscono però alcune condizioni alle quali devono rispondere. Quali
particelle della materia oscura (weakly interacting massive particles = WIMPs) come vengono nel
frattempo contrassegnate, sono da considerare in primo luogo i partner asimmetrici del fotone,
che già sono stati designati con Quanti Z°. Le particelle rappresentanti l’energia oscura sono i
partner supersimmetrici delle particelle di Higgs, quindi delle particelle ipotetiche che
riempiono l’Oceano delle infinite possibilità: i Quanti neutralini. Ambedue sono neutrali e
aderiscono a una influenza reciproca selettiva con le altre particelle.

Le WIMPs influenzano il loro ambiente sempre e soltanto attraverso la forza nucleare debole, e
non reagiscono affatto alle forze elettriche e magnetiche che dominano la vita di ogni giorno.
Per questo restano invisibili e normalmente non ne abbiamo percezione. Si stima che in pochi
minuti il nostro corpo venga attraversato da quasi un miliardo di WIMPs senza effetto
percettibile. Questa quantità di particelle corrisponde a quella necessaria per giustificare la
materia cosmica oscura.

Proprio questa interazione estremamente debole fa sì che noi possiamo commutare


efficacemente tale forza con la nostra volontà o attraverso sensazioni che sorgono in noi. Se
essa restasse sempre attiva affogherebbe le commutazioni selettive nel rumore di fondo
(rumore analogo al concetto di quello in fisica delle trasmissioni).

Recentemente i fisici delle particelle contano su particelle con una forza di reazione ancora più
debole, quella delle super WIMPs che non reagiscono più con la forza nucleare debole ma
solamente con la gravità. Le WIMPs possono disgregarsi in super WIMPs e come derivato
generare fotoni o elettroni, un meccanismo ideale di pilotaggio per agire sulla materia.

Può la nostra consapevolezza conscia e inconscia mettere in funzione questo meccanismo? La


nostra volontà e il mondo delle nostre emozioni, impostano forse i loro effetti attraverso
l’energia oscura dominante e la materia oscura? È da supporre, visto che i presupposti esistono:
Spin e nuclei di atomi vengono modificati e ciò comporta il cambiamento degli Spin degli
elettroni. Con ciò si ottiene proprio l’effetto che la nostra consapevolezza conscia con la
inconscia provocano.

Sebbene l’energia e la materia oscura siano onnipresenti qui sulla terra, noi non siamo in grado
di misurarle. Lo stesso avviene con le nostre sensazioni ed emozioni. Ogni individuo sa di avere
sensazioni ed emozioni ma non esiste uno strumento di misura che le dimostri, esistono solo
gli effetti. Ebbene, anche quando gli strumenti che la scienza mette a disposizione non
reagiscono, tutti gli esseri viventi lo fanno.

Come precedentemente scritto, la materia oscura è accompagnata da una forza nucleare debole
latente e forse anche da una versione latente dell’elettromagnetismo. Questo però significa che
la materia oscura emette e riflette luce riposta che normalmente resta invisibile e con ciò ci
rimane occulta. Eppure forze nuove potrebbero avere effetti del tutto visibili. Modelli nuovi
conseguono con la forza la possibilità di fare entrare in interazione la materia oscura con
l’energia oscura. Sotto l’influenza di una tale forza, la materia oscura si adopera per liberarsi da
ogni mescolanza con la materia comune. (Feng/Trodden 2011)

Giace qui nascosto il segreto di quello che definiamo illuminazione? E questo meccanismo è in
grado di apprenderci qualcosa sulla separazione di anima e corpo dopo la morte?
Capitolo 8 - Trasposizione delle conoscenze
ancestrali e nuove
«Il vero valore della vita dipende dalla consapevolezza e dalla forza di contemplazione, non dal
puro sopravvivere».
Aristotele

«Se noi siamo i signori del vento, delle onde, delle maree e della forza di gravità, le energie
dell’amore ci renderanno utili…, solo allora l’uomo avrà scoperto il fuoco per le seconda volta
nella storia del mondo».
Pierre Teilhard de Chardin

Come è costruito il mondo? Quale ruolo ha l’uomo in questo mondo? Cos’è l’essenza della vita?
Come possiamo cambiarlo a beneficio nostro e del tutto?

Queste sono domande che gl’individui si pongono fin dai tempi remoti. La chiave della risposta
non è poi tanto difficile da trovare. In effetti non abbiamo nemmeno bisogno di cercare perché
essa è davanti a noi e accessibile a tutti. Tre sorgenti sicure ci permettono di attingere le risposte
a tali domande:

1. Fisica quantistica e filosofia quantistica,


2. Cervello, strumento della consapevolezza,
3. Campo d’informazione universale al quale possiamo accoppiarci intuitivamente.

8.1 L’autoistanza come sistema quantistico

La fisica quantistica parte dal presupposto che tutto in assoluto è da fare risalire
all’informazione. Questa informazione in un primo momento non è tangibile, ma
esclusivamente potenziale, quindi una informazione possibile. Quando l’informazione è
accostata a un tipo di risonanza o associazione, come una misurazione oppure osservazione,
essa diventa concreta.

Di conseguenza ogni informazione possibile diventa sempre tangibile quando una


consapevolezza pone domande su “senso e valore”. In questo momento esatto le particelle
elementari partoriscono un modello, una struttura quantistica di campo. Molti Quanti insieme
formano domini di campi quantistici. Ci troviamo qui davanti a qualcosa di molto potente:
“Ogni singolo Quanto possiede ora l’informazione per forze determinate e diverse altre
proprietà. Poiché le forze possono essere misurate o i nostri sensi reagiscono ad esse, dal nostro
punto di vista consapevole vediamo spuntare un evento reale.
Ma è anche noto che elementi isolati di cellule senza effettivo richiamo si trasformano in una
sovrapposizione universale coerente. Strutture che al momento non sono necessarie, non
vengono richieste né osservate e quindi non (più) trasportate nella realtà, si ordinano
nuovamente come funzioni di onda nel campo delle possibili informazioni universali
(l’intelletto/spirito universale). Qualcosa del genere avviene anche quando, assorti in
meditazione, ci alleniamo a vagare nel vuoto.

Alla base della produzione di una realtà libera da antinomie, tramite la consapevolezza, ci sta il
meccanismo seguente: funzioni teoriche di possibilità quantiche collassano con probabilità di
diverso valore. Rispettivamente, la realizzazione di possibilità specifiche dall’Oceano di tutte le
possibilità, è anche soggetta alle probabilità. Alcuni eventi possono riprodursi facilmente
perché la cascata della percezione ha accesso facile sulla nostra consapevolezza. Altri eventi
restano praticamente impossibili perché il loro accesso necessita di troppi stadi intermedi. Con
l’aumento del numero di stadi per accedervi, l’evento diventa sempre meno probabile. Inoltre
la probabilità è una funzione delle realtà ambientali e rispettivamente della realtà interiore e
dell’esperienza. Se p. es. nelle mie vicinanze non c’è nessun laghetto io non posso saltarci dentro
e se eventualmente è necessario percorrere molti cammini, per arrivarci il tempo di
realizzazione (per tuffarmi) può anche essere lungo.

Prima di passare all’uso delle conoscenze fino ad ora acquisite, dovremmo ritornare a leggere
ancora una volta l’inizio del capitolo 2 dove abbiamo chiarito che il costrutto dell’IO si forma in
interazione con l’ambiente. Le esperienze che l’IO fa si ripercuotono sulla personalità e all’IO per
fare esperienza serve una consapevolezza. Ma questo è esattamente anche il modo in cui
dall’Oceano di tutte le possibilità sorgono proprietà come entità quantiche, modelli o forme di
Quanti. Soltanto attraverso risonanza associativa con l’ambiente e consapevolezza si
sviluppano i Quanti che in ultima analisi veicolano proprietà, di solito informazione per forze.

È possibile che tutto è costruito secondo lo stesso principio? Come nel microcosmo così nel
macrocosmo? Se è così per il nostro IO valgono le stesse regole della quantistica. Detto
inversamente: I principi della quantistica valgono anche per il costrutto del mio IO.

Il mio IO non è un oggetto, bensì niente più e niente meno che l’insieme di un modello
d’informazioni in continuo cambiamento.

Il mio IO con la consapevolezza conscia è il mio spirito pensante, il mio giudizio, il mio intelletto,
una parte dell’auto-istanza. Il mio IO con la consapevolezza inconscia è la mia anima, il mondo
delle mie emozioni, la parte preponderante dell’autoistanza. Il mio IO impiega il processo innato
di consapevolezza per attivare la volontà e stabilire il fine. Il mio IO fa uso del processo innato
di consapevolezza inconscia per pilotare la materia per fare e memorizzare esperienze. L’IO con
consapevolezza conscia e inconscia è l’istanza più importante nella vita di tutti noi.

Esiste un IO privo di conscio/inconscio? Non siamo in grado di rispondere a questa domanda,


poiché in assenza di conscio/inconscio un IO non può conoscere e tanto meno elaborare
informazione, e quindi rendersi percettibile. Se il nostro IO perdesse la sua consapevolezza,
sarebbe da quel momento in poi un modello isolato d’informazione nell’Oceano di tutte le
possibilità, perché non in grado di presentare alcuna proprietà. Come modello campione
possederebbe l’ultimo stato attualizzato, che aveva ricevuto prima della perdita della
consapevolezza. È come in fisica quantistica dove non esiste elettrone senza fotone. Ogni
elettrone manifesta le proprietà della sua esistenza sempre ed esclusivamente attraverso i
Quanti emessi.

Il nostro IO, potrebbe essere tra l’altro la costruzione virtuale di elettroni delle nostre esperienze
di vita? Non c’è nulla che lo vieti.

Nessun individuo ha mai visto un elettrone. Si manifesta solo il suo effetto, e gli effetti
avvengono sempre attraverso fotoni attivati dagli elettroni e altri Quanti. Il nostro
conscio/inconscio potrebbe essere un costrutto di Quanti messaggeri? Anche qui non c’è nulla
che lo vieti.

Come per l’elettrone, nessuno può dire come appare l’IO, ma possono essere mostrati ogni
momento gli effetti che egli manifesta all’aiuto della consapevolezza. I fotoni che non sono
attivati sono presenti quali funzioni di onda nell’Oceano di tutte le possibilità e sono diffusi
ovunque.

Anche la consapevolezza che non è stata attivata giace nell’Oceano di tutte le possibilità ed è
presente ovunque. È la consapevolezza cosmica, che nei testi degli antichi viene chiamata
anche “consapevolezza assoluta”.

8.2 Impiego/applicazione della consapevolezza assoluta

La consapevolezza assoluta si differenzia da quella che si è adattata al nostro mondo fisico,


unicamente per una percezione ampliata. La consapevolezza adattata permette soltanto una
finestra a servizio della percezione, però, in cooperazione con il campo intellettuale (campo
dell’informazione), possiede in principio la stessa qualità creativa dello spirito universale con la
consapevolezza assoluta.

Della consapevolezza assoluta non si può fare facilmente esperienza nel quotidiano perché la
nostra consapevolezza adattata a spazio e tempo resta bloccata nella sua percezione abituale
e distolta quasi continuamente da segnali provenienti da sensi, emozioni, piani e verifica dei
fatti.

Eppure nel sonno, quando molte delle attività giornaliere e molti segnali sono repressi, la
consapevolezza assoluta si rischiara parzialmente. È la fase del sogno quando noi viviamo una
percezione più estesa. Lo stesso mondo dominante delle emozioni, l’inconscio, irraggia tutto.
Però nella fase del sogno l’esperienza del conscio e dell’inconscio assoluto non può essere
memorizzata perché l’attivazione relativa è interrotta.

Tuttavia ci sono due stadi importanti durante i quali questi blocchi sono permeabili: all’inizio,
uno stadio sensibilissimo mentre ci addormentiamo e alla fine, uno simile al momento della
sveglia. Questi stadi sensibili sono presenti quando noi ancora non dormiamo o quando non
dormiamo più, senza trovarci più o senza trovarci ancora nella normale attualità giornaliera.
Questo significa che la nostra neocorteccia non ha ancora commutato sulla realtà giornaliera o
non l’ha ancora abbandonata. È qualcosa di simile al sogno lucido. Con una percezione allargata,
è possibile un’esperienza voluta, un annullamento voluto della forza di gravità, una
trasformazione delle condizioni di vita e una modifica della materia sempre tramite la volontà.

Anche se non è tutto trasferibile, queste manipolazioni hanno a volte un effetto stupefacente
sulla realtà giornaliera, specialmente quando si tratta di guarigione.

Un’altra variante è una consapevolezza attenta e sveglia in assenza di pensieri. Sebbene questo
si lascia mantenere solo brevemente, ci avviciniamo già di molto all’esperienza della
consapevolezza assoluta. In questo stato di quiete, del nulla apparente durante il quale il flusso
dei nostri pensieri si ferma, la distrazione è quasi assente. Nello stesso tempo per mezzo
dell’attenzione viva, viene attivato il commutatore per la costituzione della realtà (collasso
della funzione di onda).

Il matematico Kurt Godel dal retroscena delle proprie esperienze ci riferisce come si può
accedere alle conoscenze relative. (Schmieke 2009):

 Prima d’iniziare è necessario astrarsi da ogni sensazione in posizione rilassata in un posto


tranquillo dove nessuno venga a disturbarci. Fare questo non è sufficiente, bisogna
promuoverlo e viverlo con l’intelletto.
 È un grande errore, permettere che la realtà giornaliera limiti e condizioni le possibilità,
e così rappresentarsi solo combinazioni e permute di oggetti fisici. L’intelletto può
percepire una quantità indefinita di possibilità.
 Lo scopo di queste riflessioni e di ogni filosofia è la percezione dell’Assoluto.

Il “Nulla” è identico con l’Oceano delle infinite possibilità ed è la sorgente di ogni pensiero. Un
pensiero posa su un’esperienza e su altri pensieri e proprio per ciò deve essere creato, e tutto
ciò che è creato trae origine dall’Oceano delle infinite possibilità. A pensiero concluso il mio IO
rinnova il Nulla. Ciò vuol dire che la fase ricercata tra due pensieri in uno stato di consapevolezza
da sveglio è il momento in cui percepiamo mondi totalmente nuovi. Essi si rivelano a noi senza
il nostro intervento.

Se a ciò accomuniamo quello che la tradizione ci tramanda, le condizioni decisive si


manifestano inequivocabili:

 Il flusso dei pensieri si arresta.


 La ragione (intelletto) pilota la sfera emozionale (anima).
 L’emozione in reciprocità, pilota la ragione.

Tutto questo insieme corrisponde ad uno stato particolare, una capacità d’immedesimazione
che comprende intenzione (ragione) e altrettanta intuizione (sensazione). Le condizioni per
conseguire una intuizione pilotata dalla volontà non sono senz’altro date, ma si possono
ottenere con una buona dose di esercizio. Le condizioni per ottenere una consapevolezza
assoluta che Meister Eckart elenca, sono:

1. Amore
2. Mente libera (spensieratezza)
3. Quiete nel luogo (tranquillità)
4. Ogni attività del corpo cessa, non si parla, non si ascolta, non si guarda, niente indolenza
e niente stanchezza.

(da: Meister Eckart Schriften, editore E. Dietrich, Jena 1934)

L’amore di cui parla Meister Eckart significa l’unione della consapevolezza individuale
dell’individuo e della sua anima con la consapevolezza cosmica. Ma come ci avviciniamo a
questa unione?

Emozioni e sensazioni tra anima e consapevolezza, intelletto e materia, albergano in ogni


persona ma non si lasciano senz’altro pilotare dalla volontà. Una barriera lo impedisce e a giusta
ragione. Se non esistesse, ogni pensiero che affiora all’improvviso e che è sempre accompagnato
da componenti emotivi, potrebbe avere influsso sulla materia. Il più stupido dei pensieri
diventerebbe all’istante realtà rendendo impossibile una vita normale.

Ignoranti e inconsapevoli non hanno così alcuna possibilità di modificare la materia del proprio
corpo e quella al di fuori di esso o di realizzare idee a piacere. Non tutto funziona solo se lo si
vuole. La vita della più gran parte delle persone non è solo regolata da norme sociali ed
esperienze bensì anche da meccanismi innati che servono alla sopravvivenza.

Il vivere la vita appieno che cerchiamo, e il cercare di fuggire dalle paure, forniscono una vaga
dimostrazione sul modo come eventualmente la barriera potrebbe essere permeata. L’amore,
nella gerarchia dei principi decisionali, si colloca tutto in alto. Amore è il codice per la fusione.
Ultimo fine è la fusione della consapevolezza inconscia con quella conscia, quindi di emozione
(anima) e giudizio (intelletto/spirito). Una volta raggiunto questo fine, l’individuo può pilotare
le sue emozioni con raziocinio. Non sembra essere qualcosa di molto eccitante, ma in esso si
nasconde un potenziale enorme, ché le sensazioni sono proprio loro il commutatore della
realtà, come noi sappiamo dalla psicosomatica (relazione tra anima e intelletto e processi
corporali), dalla psiconeuroimmunologia (dipendenza del sistema immunitario da sensazioni e
umori) e dalla psicoendocrinologia (dipendenza del sistema ormonale dalle emozioni e
viceversa).

Dobbiamo apprendere a dirigere con consapevolezza/ raziocinio le manifestazioni di emozioni


e viceversa armonizzare anche il raziocinio con emozione/inconscio, fare scorrere i due processi
insieme per arrivare ad una sintesi di intenzione e intuizione. Questa condizione d’ora in avanti
guidata e non più sporadica presente a impulso, possiede una certa forza. Quando noi mettiamo
le nostre emozioni sotto il controllo della nostra consapevolezza possiamo guidare il nostro
corpo positivamente attinente all’effetto placebo e ricaricarlo a piacere di energia.
Tuttavia se questo è uno dei lati della medaglia, l’altro è ancora più importante. L’insieme di
raziocinio e sensazione adesso deve “bruciare di amore”, ovvero fondersi con lo spirito
universale. A tal fine è necessaria una fede incrollabile, la certezza che ciò sia possibile e che si
avveri. In pratica questo collegamento con lo spirito universale è ovvio. Chi altrimenti ci ha
creato se non la natura e con essa il campo d’informazione universale, lo spirito universale?
Purtroppo di questo ne siamo raramente consapevoli e dimentichiamo sempre che la nostra
autoistanza sta sopra al tutto ed è della stessa sostanza dello spirito universale. Il collegamento
per comunicare esiste già ma solo in una direzione: dall’intelligenza universale con noi. La
fusione necessita ancora della nostra dedizione, della nostra anima e del nostro senno.

«Tu devi amare il signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutto il tuo
senno». (Matteo)

Questa fusione porta a una super-consapevolezza capace di cogliere quasi tutte le possibilità di
percezione. Il raggiungimento di una tale super-consapevolezza è il Samadhi (risveglio o
ispirazione) del buddismo e dell’induismo e significa che per norma la propria consapevolezza
si lascia ora allargare all’intera esistenza.

«Nel momento in cui l’energia intuitiva con il suo spettro completo di emozioni pertinenti
all’anima, ha il dominio della volontà, si consegue la consapevolezza universale (vista di Dio,
consapevolezza divina)», dice Martino. (Todt 2008)

Anche dallo studio decodificato dell’alchimia e dalle altre tradizioni ermetiche si può estrarre la
quintessenza che “il segreto per influenzare la materia” consiste nel raggiungere lo stato dove
si può entrare in contatto con l’intelletto/spirito universale (o con la consapevolezza assoluta)
e così potere acquistare il dominio d’influenzare ogni condizione e ogni cosa. Che si ritenga per
vero qualcosa nell’intelletto e lo si sente vero anche “nel cuore e nel ventre” è un segnale
infallibile della fusione tra intelletto e intuizione-anima.

8.3 Espansione della consapevolezza è espansione della percezione

Il cervello entra in azione aiutato dalla consapevolezza. Il corpo intero è impiegato con il
supporto della consapevolezza inconscia. Scopo di questo intervento non è un’espansione della
consapevolezza come spesso si legge o si sente dire, bensì un’espansione della percezione.
Come detto nel capitolo 2, l’espansione di questa percezione arriva dall’abolizione o come
minimo dall’indebolimento dell’autocensura della neo-corteccia nei confronti del sistema
limbico, rafforzando la distribuzione di DMT (dimetiltriptamina) dalla ghiandola pineale.
Avevamo definito l’effetto con “modulo dell’aldilà”. Quando questo modulo è attivo, ha via
libera quello che poi noi abbiamo definito anima. La percezione richiamata in questo momento
dalla consapevolezza inconscia viene percepita inoltre dalla consapevolezza nello stato di
veglia, e così una visione allargata del mondo diventa possibile.

Come cause di eliminazione o indebolimento dell’istanza di censore della neocorteccia e la


conseguente stimolazione del modulo dell’aldilà, entrano in conto:
 Deficienza energetica delle cellule nella rete neuronale, causata da alcol.
 Iperventilazione (restringimento dei vasi sanguigni)
 Spossatezza da sport
 Arresto di stimoli periferici e di pensieri
 Concentrazione sul respiro, mandala ecc.
 Rituali
 Yoga, meditazione
 Neurotrasmettitori e formazione di ormoni
 Apporto di amminoacido triptofano per serotonina
 Apporto di amminoacido tirosina per dopamina
 Sonno, in cui viene repressa l’attività del sistema reticolare ascendente (ARAS)
 Droghe di diversa natura

In compenso, a seconda che la capacità di percezione allargata si avverta più o meno positiva,
è importante anche il punto fisiologico di partenza in riferimento al cocktail ormonale
disponibile al momento, cocktail che a sua volta dipende dall’umore. Spaventi e terrore in
presenza di una miscela ormonale che provoca stress e paura, non sono una rarità. Questo
potrebbe essere uno dei motivi che prima di avviare pratiche spirituali spesso si premette
un’atmosfera di calma in un ambiente appositamente preparato. Anche i rituali servono a
mantenere elevato uno stato d’animo positivo di gruppo. La messinscena fastosa di alcune
chiese serve a tale scopo, come la messinscena che facilita l’accettazione della fede. Questo può
essere raggiunto anche con amuleti, oggetti votivi e oggetti usati nei rituali.

La percezione emotiva reattiva è un commutatore della realtà, mentre i pensieri in sé sono


irrilevanti, se si tratta del cambiamento della realtà quotidiana. I pensieri infatti vengono
realizzati attraverso l’accoppiamento reattivo dopo il controllo della loro consistenza. Sotto
l’aspetto fisico quantistico questo è una misura e sotto quello della filosofia quantistica è una
osservazione. Si tratta dunque della concentrazione consapevole sulla risposta della struttura
finale scelta, e questo concentrarsi consapevole è il fattore decisivo di ogni religione (religio =
involuzione).

Per valutare quello che avviene si ricorre alle emozioni. Ciò significa che in tutti questi processi
di consapevolezza in accoppiamento reattivo, la consapevolezza inconscia assume un ruolo
decisivo. Un attore che all’inizio di una sequenza deve piangere, non può semplicemente dire:
“adesso è ora di piangere”. Deve prima immedesimarsi nella scena e rivivere l’evento in
accoppiamento reattivo. Solo allora sarà in condizione di attivare le ghiandole lacrimali. Quando
poi noi spettatori lo vediamo piangere scorre anche in noi lo stesso processo. I fattori decisivi
come si vede da questo semplice esempio, sono sempre accoppiamento reattivo e risonanza.

Abbiamo più volte evidenziato che le emozioni sono i commutatori effettivi per agire sulla
realtà o per realizzare le idee. Le emozioni però possono essere molto diverse. Noi distinguiamo
p. es. tra emozioni che riguardano l’Ego in funzione delle situazioni, quali ribrezzo, odio, gelosia,
astio ed emozioni che promuovono armonia illimitata come benessere, gioia e il sentirsi al
sicuro.
Non si tratta certo di un gesto vuoto e insignificante dei culti tradizionali e delle religioni, la
scelta di riti e ambienti per stimolare emozioni adeguate. Ambiente appropriato, ritmi, musica
e canti promuovono la coerenza di gruppo. All’aiuto dei segnali emanati dall’ambiente
sentiamo più gioia e sicurezza, cresce in noi fiducia e armonia interna ben più facilmente che
sotto uno sforzo personale del tutto controproducente, perché ogni sforzo occupa il sistema
con una sensazione che esclude quelle che ci servono.

Basta immergersi e abbandonarsi nella natura ancora intatta e piena di pace, godere la vista dei
paesaggi, respirare odori, osservare i colori, e ascoltare il dolce mormorio del vento e lo
sciabordare dell’acqua per sentirci stimolati.

Tutto il creato si basa sulle leggi di natura e tutte le leggi di natura, a detta degli scienziati che
le hanno scoperte, sono “belle”. Bellezza con l’armonia costruita su di essa richiamano
sensazioni e stati d’animo piacevoli. Sotto queste condizioni ci riesce più facile modificare
all’interno e all’esterno del nostro corpo la realtà quotidiana guidata dalla volontà. Il
commutatore della realtà è un operatore di forza e tempo attivato da fede, intuizione,
accoppiamento reattivo e dall’assegnare senso e valore. Questo commutatore funziona con un
potenziale energetico proprio, collegato probabilmente con l’energia elettrica debole
conosciuta e definita dalla fisica.

Per mettere in moto tale meccanismo naturale dobbiamo acuire la nostra capacità di
percezione. Concretamente detto, è necessario sviluppare un’attenzione identica alla direzione
della percezione consapevole. Questo provoca il collasso della distribuzione delle probabilità,
oggetto della teoria dei Quanti.

È inoltre importante “prestare orecchio” e tenere conto dell’intuizione, che corrisponde


all’accoppiamento reattivo più volte richiamato. Convinti di tutto quello che fino al momento
abbiamo avuto modo di analizzare sull’accoppiamento reattivo, riteniamo vero ciò di cui siamo
convinti e lo poniamo al centro della nostra vita. Un’altra cosa non osiamo dimenticare:
elasticità e piacere assieme a una buona dose di curiosità sono di gran lunga più efficaci di una
serietà rigida. I rituali rafforzano efficientemente il morale, la fede incanala e guida l’attenzione
e la musica amplifica le sensazioni fin dall’alba dei tempi.

8.4 Cognizioni intuitive

Tutti gl’individui sono in grado di agganciarsi intuitivamente al campo dell’informazione


universale, che apre “verità assolute”. Accanto alla mia propria esposizione desidero qui
presentare un riassunto della cosiddetta “Terminologia-X” formulata dal filosofo danese
Martinus Thomsen (1890 - 1981). L’ho scelta perché essa presenta nel modo più semplice e nello
stesso tempo il più conciso, cosa essa vuole dire sulla verità supposta.

Nel divenire universale vicino agli stati iniziali ciclici ci sono tre livelli:

X0 ➔ Un qualcosa d’infinito ed eterno


X1 ➔ Un “Oceano di tutte le possibilità”, l’IO dell’universo, latente nell’ambito della energia
oscura e dell’informazione oscura. Egli si recluta e modula dalle miriadi degli IO di ogni singolo
individuo. Ciò vuol dire che ogni essere umano con il proprio IO consapevole è parte
dell’universo sotto forma di autoistanza.

X2 ➔ La forza creativa con l’aiuto di una consapevolezza conscia e inconscia. Ogni individuo
genera da sé la propria personalità fisica coniata e il mondo così come gli appare.

X3 ➔ Il mondo costruito, tutto quello che appare sia esterno che interno. Il mondo esterno
viene rilevato con i sensi, riplasmato internamente e poi estratto come impressione e ridato al
mondo esterno spesso sotto forma di un’immagine creativa propria. Tutto quello che appare
all’esterno è comunque un’espressione esclusiva del nostro mondo interiore. Per il mondo
interiore (psiche e anima) è di nuovo fondamentale il risultato di esperienze che abbiamo fatto
nel mondo esterno proiettato così come supposto.

Tutti i piani sono collegati tra di loro e restano indivisibili. Non c’è in nessun caso una
manifestazione (livello X3) che non sia scaturita dalla consapevolezza (livello X2). Tutto in
assoluto, proprio tutto quello che noi conosciamo è sempre ed esclusivamente arrivato nel
mondo attraverso il filtro della consapevolezza umana. Abitualmente non ce lo spieghiamo.

L’equazione per la nostra capacità creativa suona così:

IO individuale, parte dello “Stesso” universale (X1) + (X2) consapevolezza conscia/inconscia =


(X3) pensieri, percezione, conoscenza dell’informazione, attribuzione di senso e valore, flusso
di energia.

8.5 Organizzati in funzione dello scopo

Anche se la teoria dell’evoluzione postula qualcosa del tutto diversa, tramite le conoscenze
degli innumerevoli costrutti naturali e delle funzioni presenti in natura diventa sempre più
chiaro che la natura ha organizzato gli esseri viventi in funzione dello scopo.

È qualcosa di analogo alle moderne apparecchiature di navigazione: inseriamo la meta e il


computer sceglie uno dei tanti percorsi possibili per raggiungerla.

Allo stesso modo sono indirizzati intelligentemente costruzione e funzioni dell’organismo e dei
suoi sistemi. È decisivo il fatto che tutti i sistemi organici, comprese le loro diverse funzionalità
degli enzimi, “sanno” come devono organizzarsi complessivamente.

Ma non solo i sistemi organici del corpo sono indirizzati allo scopo, anche la consapevolezza
quotidiana mostra questa tendenza. È per questo che noi possiamo pronunciare solo frasi
complete, perché il nostro intelletto forma già in anticipo l’enunciato dell’intera frase. Tutte le
nostre azioni hanno un indirizzo. Resta decisivo l’accoppiamento reattivo che deriva
dall’evento e/o dal fine. Sulla base delle mie esperienze “IO” sono capace di questo o di quello.
Il desiderato è già prefigurato, lo stato effettivo è impresso. Allo stesso modo noi abbiamo
trasferito sotto il controllo della consapevolezza attività vegetative del nostro corpo, che si
svolgono inconsciamente come p. es. svuotare la vescica o l’intestino.

Abbiamo appreso a puntare la mira su uno scopo e controlliamo lo stato dello scopo il più delle
volte attraverso accoppiamenti reattivi inconsci. In questo modo pilotiamo il nostro modo di
vivere.

Ecco due esempi a titolo chiarificatore:

1. Cammino attraverso il paradiso. Mi circondano colori splendidi e odori esaltanti… Se non


mi concentro su questi odori e colori e non li faccio miei, il paradiso per me non esiste.
2. Se mentre mangio leggo un giornale, non mi concentro su quello che mangio, è evidente
che non me lo posso gustare.

In linea di massima ogni pensiero è connesso con una sensazione che lo interpreta.

Tutti i sistemi del corpo, all’aiuto di questa combinazione di sensazione e ragione, possono
apprendere un programma. Ciò vale anche per i sistemi vegetativi che non sono pilotati dalla
volontà. La combinazione di raziocinio ed emozione può essere condizionata dall’esercizio. Un
esempio valido è l’allenamento autogeno in cui p. es. ci poniamo in anticipo consapevolmente
lo scopo mirato ”piedi freddi diventano caldi”. Vengono investite emozioni (consapevolezza
inconscia) che rafforzano rappresentazione/attesa/fiducia che lo scopo sia già stato raggiunto.

8.6 Sapere segreto codificato

Il sapere tradizionale, che sia quello trasmesso dall’alchimia o dalle sacre scritture di tutte le
culture, è rigorosamente codificato. Proprio per questo il Nazareno si esprime spesso con
parabole nel nuovo testamento. Questa codifica aveva ed ha ancora oggi il suo valore, perché
la conoscenza delle funzioni dell’universo è una scienza segreta. Se l’uomo sapesse come tutto
funziona, potrebbe p. es. influenzare ogni apparecchiatura elettronica come vi è già riuscito con
risultati statisticamente significativi negli esperimenti del gruppo PEAR (Princeton Engineering
Anomalies Research) e del Global Consciouness Project. Un individuo di carattere malevolo teso a
raggiungere fini a dir poco egoisti, potrebbe così fare precipitare un velivolo, provocare
incidenti disastrosi in una centrale atomica e mettere in moto scenari distruttivi.

Quando un iniziato si prodiga a trovare il cammino che lo conduce allo scopo, deve confrontarsi
con le vecchie scritture, comprendere la fisica moderna e così purificato sarà tributario delle
conoscenze effettivamente incredibili di una intelligenza benevola universale. E, se assolve un
allenamento all’aiuto della sua consapevolezza inconscia allo scopo di ripetere a piacere questa
procedura, alla fine è rafforzato nel proprio carattere. In questo modo, privo di sentimenti
egoisti, crea le giuste premesse per l’adeguata consapevolezza e la giusta costellazione
emozione-senno per arrivare ad attraccare al sapere e alla felicità onnipresente.
In altre parole, le persone che s’incamminano per questa strada devono possedere una maturità
che gli permetta che il segreto gli possa essere manifestato completamente.

Per molti quello che conta è denaro e stato sociale. Per questo essi, come da molte generazioni
possiamo leggere, sono pronti a tutto, anche al peggio, alla distruzione dei principi di vita e di
natura, tendenza che continua a crescere. Anche tra quelli che ancora non sono arrivati alla
grande ricchezza ci stanno tanti pronti a far tutto per denaro, senza prestare attenzione se
questo reca danno al prossimo. Gli accadimenti quotidiani presenti nei media sono abbastanza
significativi.

8.7 Limitatezza, primo ostacolo per la trasposizione

1. L’anima, entità dell’essere, è per principio priva di spazio e tempo. Essa è


momentaneamente connessa alla materia del corpo (incarnata) per poter fare
esperienze impossibili quale anima pura senza corpo. Ma, con l’incarnazione l’anima è
connessa e limitata dal corpo.
2. Intelletto/consapevolezza è un processo che viene utilizzato individualmente dalla più
parte delle persone. Il processo è anch’esso universale e come l’anima, è privo di spazio
e tempo. Ma, consapevolezza individuale senza esercizio quotidiano particolare rimane
prigioniera dentro la consapevolezza dello stato di veglia e limitata dalle esperienze
abituali del corpo e dell’ambiente.

Dobbiamo mettere in chiaro: consapevolezza (intelletto/spirito) ed emozioni (anima),


originariamente libere e universali, sono collegate solo per abitudine al corpo. Bisogna quindi
infrangere l’abitudine, cosa possibile solo con molto esercizio. Esercitarsi è apprendere, e
apprendere comporta una ristrutturazione della struttura cerebrale che da quel momento può
mettere di lato l’apprendere una volta assodato. L’esercizio ha un ruolo determinante tra
gl’iniziati di tutte le religioni e tradizioni.

Anche il commutare la salute è un programmare a cui partecipano emozioni (anima) e


raziocinio (intelletto), e che non funziona spontaneo ma attraverso allenamento e
condizionamento. L’apprendere esercitandosi è il superamento indispensabile di una scissione,
una crepa creata per proteggere l’individuo dagli effetti catastrofici che possono sorgere dai
pensieri liberi tramutandosi in realtà.

8.8 Il sogno lucido come stato di trance

Nel sogno lucido, chi sogna è consapevole che sta sognando. Egli sa che il suo fisico dorme. Se
però è cosciente di questo, la sua consapevolezza è attiva come fosse sveglio.
L’autoistanza pensante in azione e in grado di percepire, è attiva. Tuttavia la consapevolezza
non media attivamente con la materia. La percezione avviene più che altro nel proprio
elemento originale. È il mondo dove valgono le direttive dell’intelletto e non le leggi di natura
spazio-temporali, né quelle di gravità, che ambedue dipendono dalle masse. Eppure tutto
quello che l’intelletto architetta, accade ed è reale come il mondo che ci circonda da svegli.

La prerogativa del sogno lucido è che il sognatore ricorda chiaramente parti di esso e ne ricava
conoscenza residua. Ciò equivale ad una esperienza chiave che partecipa d’ora in poi alla
gestione del nostro modo di vivere.

Sogni lucidi possono presentarsi improvvisamente anche durante le fasi di distensione usuali e
qualche volta si sviluppano in stati del tutto singolari con esperienze uniche nel loro genere. La
persona implicata prova un senso di benessere irrefrenabile, una tranquillità mai conosciuta,
una scioltezza completa. Essa si sente pienamente sotto la custodita di un dolce potere. Non
c’è più un prima e nessun futuro per cui sia stata in apprensione, solo il magnifico presente
attuale. Anche il suo IO è in piena armonia e saturo di quello che lei altrimenti avrebbe
considerato separato. La persona è collegata con tutte le bellezze naturali, addirittura con tutto
il cosmo ed emana una luce singolare.

Più d’uno che fa questa esperienza pensa di essere già forse morto, poiché egli vede e ascolta
del tutto diversamente dall’usuale. È semplicemente di una bellezza travolgente e quando egli
prova ad applicare i pensieri con la sua volontà comprende come tutto funziona, come è
costruito il mondo, che ruolo hanno piante, animali e persone, come tutto è in relazione e
interdipendente l’uno dall’altro. Il dominio di una forza di sapere benevola domina
ininterrottamente nel contesto e trasmette intuitivamente la “verità definitiva assoluta”.

Sennonché altrettanto all’improvviso così come questo stato si è manifestato, sparisce


nuovamente e l’individuo ritorna nel suo mondo abituale. Non era morto e non si trattava
nemmeno di un sogno.

Purtroppo il soggetto non può memorizzare l’insieme delle particolarità “della funzione del
tutto” di cui appunto ha fatto ovvia esperienza e che ha anche compreso. La valanga della
saggezza presente nelle impronte era preponderante. Ma l’esperienza fatta ha conseguenze
incalcolabili. Unica nel suo genere, essa cambia profondamente la vita di chi l’ha fatta e che si
chiede perché noi non siamo in grado di richiamare a piacere questa sensazione magnifica e
questa conoscenza universale. Cosa ci stava dietro? Cosa blocca questa esperienza paradisiaca
tenendola lontana dalla nostra vita di tutti i giorni?

Nello Zen nipponico essa viene chiamata Satori o Kensho, che significa: vedere l’essenza o la
natura e percepirle come sorgente di tutti i segreti. Il vissuto sale dalla consapevolezza inconscia
e si manifesta come un “porsi al disopra di tutto” senza alcuna divisione dell’evento. Ci si trova
per così dire tutto all’inizio del divenire e si fa conoscenza delle funzioni elementari che
esattamente ci portano al fine desiderato. Questo è un nuovo modo di vedere il totale delle
realtà. L’esperienza del Satori significa diventare un’altra persona e ripetere il Satori vuol dire
conoscere infine tutto quello che il mondo tiene raccolto in sé, contiene.

Guarigioni avvenute in stato di Satori sono state esposte più volte ma restano tutt’ora
esperienze prive di osservazione scientifica. Non è da ignorare un nesso con l’antico sonno sacro
nel tempio, elemento importante della medicina ai tempi di Ippocrate. La guarigione era allora
nelle mani dei sacerdoti. Sacro e santo, meditazione e medicina hanno ancora oggi in comune
le prime sillabe. Il sonno sacro si può paragonare alla ipnoterapia spirituale con meccanismi per
pilotare il sogno lucido.

Quando avremo finalmente individuato quali effetti benefici possono avere le condizioni, come
noi le viviamo grossomodo nel sogno lucido, desidereremo anche sapere come poterle ottenere
e ottimizzare.

8.9 Breve sguardo panoramico sui metodi

Chi osserva se stesso, constata che la funzione del fisico viene modificata dalla
rappresentazione dei propri pensieri. Questa influenza è particolarmente chiara quando la
stabilità del proprio circuito di regolazione si attenua. È il caso quando la formazione di energia
all’interno delle cellule diminuisce significativamente, come p. es. in presenza di assenza elevata
di zucchero. Le cellule nervose che non posseggono abbastanza energia non sono in grado di
mantenere la tensione elettrica delle membrane (impossibilità di ricostruzione completa del
potenziale di riposo) e a causa di ciò “bruciano” con più facilità potenziale attivo. Il risultato è
un nervosismo sproporzionato. Si fanno vive agitazioni, tensioni e malessere generale. È
esattamente questo il momento in cui l’individuo si chiude sempre più in se stesso.
L’accoppiamento reattivo resta immobile. È inevitabile che arrivi quello che si aspetta e la più
gran parte delle persone non si aspetta nulla di buono in tale situazione. Ben diverso è per le
persone allenate che capiscono il meccanismo. Esse possono guidare il proprio corpo nella
direzione voluta non solo in presenza di una situazione eccezionale, ma di continuo.

Tu, con rappresentazione/visualizzazione/aspettativa/fiducia assieme ad una scelta finalizzata


puoi richiamare attraverso l’istanza della saggezza una sensazione di calma e serenità, o
influenzare positivamente un organo che forse mostra dei punti deboli. Il successo poi, infonde
sempre più coraggio e l’allenamento rende sempre più sicuri.

L’intera faccenda diventa veramente avvincente quando per modo di dire si sale il prossimo
scalino: fuori dal mondo delle contrapposizioni, necessario e urgente per fare esperienza,
determinare, decidere, e dentro nell’unità con aggancio alla consapevolezza universale. Giacché
si tratta di una unità che è matrice d’informazione virtuale, possiamo utilizzare un semplice
formalismo come per il computer: accesso - esecuzione - scollegamento. È di aiuto in tal caso
arrestare i pensieri e volgere al momento dell’accesso una elevata attenzione al campo
intellettuale con la sua “consapevolezza assoluta”. Il principio appare intelligente anche perché
spesso la realizzazione di un fine semplice arriva subito. Questo effetto da tempo noto è
definito come l’avverarsi dell’auto-profezia.

La realizzazione di condizioni complesse dipende tuttavia dalla loro posizione sulla scala delle
probabilità: quanto più probabile tanto più veloce. Se uno scopo non è raggiungibile
direttamente con le risorse dell’organismo, allora vengono coinvolti effetti estranei: occasioni
che si danno “per caso”, vengono riconosciute e messe a profitto. Prendiamo come esempio
l’evoluzione. Essa non scorre come processo sottoposto alle condizioni del caso, bensì
attraverso uno sforzo intenso di consapevolezza comune e di pensieri finalizzati delle entità
più disparate.

Quale metodo tra quelli elencati è il più efficace, deve provarlo ognuno per sé. Ogni individuo
ha le sue preferenze e caratteristiche che gli permettono d’individuare e stabilire la scelta del
cammino che gli garantisce più successo.

Primo metodo: Conoscenza del proprio corpo

La conoscenza del nostro corpo si compone di fede, intenzione e funzione. L’intelletto con la
sua saggezza sa, il cuore e il ventre sentono e percepiscono la conoscenza. Si basa su questo
l’effetto Placebo-Nocebo del capitolo 2. Per questi processi naturali, congeniti, è già stabilito e
deve solo essere messo in pratica quello che segue:

 la sensazione di “necessità” come motivazione,


 persuasione/sicurezza,
 fiducia/certezza,
 nessuna coercizione, piuttosto invito giocoso,
 vedere e credere come fosse già realizzato invece di sperare.

(nota del traduttore: alcuni dei termini qui usati potrebbero sembrare dei sinonimi che però la lingua
tedesca, più profonda nei suoi significati, tende a specificare separatamente)

La più gran parte della nostra percezione viene guidata dalla nostra consapevolezza inconscia.

Come si arriva ad ottenere che l’inconscia “consapevolezza inconscia” faccia ciò che si desidera?
E perché la fede nel “come fosse già realizzato” può essere talmente efficace?

Volgiamo uno sguardo al principio dell’allenamento. Pensieri che si ripetono entro un lasso di
tempo relativamente breve, modificano i collegamenti del sistema nervoso centrale e
vegetativo. Questo processo corrisponde all’apprendere e rispettivamente al condizionare in
presenza di uno stimolo supplementare estraneo.

Se un argomento di fede viene ripetuto abbastanza spesso, il corpo alla fine è certo che alla fine
si tratta di un dato di fatto.

Molti scritti sacri e tra questi la bibbia, ci dicono esattamente cosa è da prendere a cuore. Solo
che noi fino al presente non l’abbiamo veramente capito.

«Che ciò avvenga per la vostra fede.» Matteo 9,29

«Potete pregare per qualsiasi cosa e, se avrete fede, la otterrete di sicuro! In verità vi dico: chi
dicesse a questo monte “levati e gettati in mare”, senza dubitare in cuor suo ma credendo che
quanto dice avverrà, ciò gli sarà concesso. Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella
preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato». Marco 11, 22-24

Secondo metodo: Rappresentazione simbolica, immagini mentali del cambiamento voluto

Si visualizza quello che si desidera ottenere (immagine mentale) e si carica, si fa propria, questa
visione con l’energia della consapevolezza, con una profonda concentrazione e forza di volontà.
Il Dhammapada Budda a tal proposito dice: “Noi siamo quello che pensiamo”. Oppure: “Tutto
quello che noi siamo sorge dai nostri pensieri”. Oppure ancora: “Con i nostri pensieri creiamo il
mondo”. Byron 1976

La percezione dovrebbe essere nei pensieri totalmente satura del fine mirato e fusa negli stessi
pensieri con quello che deve accadere. Se la funzione di un organo è perturbata e provoca
dolori, ci si sposta nell’organo come concentrazione per così dire dell’anima,: “Io sento, avverto
come sente avverte il mio organo”. La consapevolezza provoca una trasposizione dell’IO sulla
struttura finalizzata, permette la percezione intensa e poi la modifica della percezione. Adesso
è possibile spostare il proprio pensiero dalla percezione di dolore in quella senza. Spesse volte
riesce. La ragione per cui quanto descritto non riesca sempre a piacere, è in relazione da un lato
con una percezione insufficiente della causa del dolore, ma soprattutto dall’umore e dalla
motivazione che ci accompagnano e dall’assenza di un rituale per la messa a punto. In altri
momenti può riuscire di nuovo meglio. Per capire correttamente questo punto riepiloghiamo
ancora una volta tutte le maglie della catena degli argomenti:

 Percezione genera realtà.


 Il comando del percepito avviene attraverso la motivazione (impulso di avvio)
 La motivazione (avere o volere) dipende dagli umori
 Gli umori sorgono da conglomerati di sensazioni
 Conglomerati di sensazione sono richiamati dai pensieri che rispecchiano le esperienze
 La sensazione di: “certezza senz’alcun dubbio”, è un presupposto essenziale per la
commutazione della realtà. Non basta il pensiero puro, è indispensabile l’orientamento
della percezione su un fine e il suo accoppiamento reattivo vissuto per generare la realtà.

Un esempio comprensibile a tutti: Ti trovi in un ambiente sconosciuto, sporco, rumoroso, con


gente sporca e di cattivo umore. La sensazione di minaccia spinge automaticamente il tuo corpo
in uno stato fisico e mentale opprimente. Solo l’accoppiamento reattivo della distensione ti
libera da questo irrigidimento, premesso che tu ti sia già allenato con questo metodo
sperimentandone spesso l’efficacia.

Consapevolezza nell’ambito della nostra esperienza permette la scelta di aspetti parziali come
percezione dal tutto. Solitamente ci perviene solo l’informazione che attraversa i filtri della
cornice dell’esperienza proteggendoci dal sovraccarico.
Terzo metodo: Programmazione

Pregare mentre si celebrano riti e cerimoniali, ha una tradizione ultra millenaria. Un metodo che
dura tanto nel tempo può essere considerato privo di senso? Colpisce il fatto che le preghiere
hanno una struttura interna: si invoca un essere. Entriamo in un rapporto personale con questo
essere, lo invochiamo per qualcosa e p. es. chiudiamo l’intera fase della preghiera con un “così
sia”. Ciò rassomiglia al formalismo di una programmazione o di una commessa. È quasi un ordine
al computer con meccanismo di accoppiamento reattivo nella modalità sensazione e anima:
inviare - ricevere - riflesso, “è”; comando per “avviare - lavorare - completare”, identico con
“messa a fuoco dei pensieri - investire nelle sensazioni - emozioni (e-mozioni = si muove verso
l’esterno).

Il medico Luciano Bernardi dell’Università di Pavia dice: rientrare in se stessi è molto salutare.
Nel contempo si deve commissionare il proprio “diventar sani”. In relazione a ciò è interessante
anche un passo del vangelo di Giovanni, capitolo 16 versetto 24 che Lutero ha tradotto come
segue:

«Fino ad ora non avete chiesto nulla nel nome mio; chiedete e riceverete, affinché la vostra
allegrezza sia completa».

Esiste però un vecchio manoscritto biblico in aramaico, la lingua degli Esseni. Il passo specifico
tradotto nel linguaggio attuale, suona così:

«Prega esplicito e diretto per tutte le cose…/ fino ad ora non l’hai mai fatto…/ sii avviluppato di
quello che vagheggi…/ e la tua gioia sarà immensa.» (Douglas-Klotz 2007)

È un’eccellente introduzione alla comunicazione con la matrice dell’informazione universale. Si


tratta di indicare un fine ben preciso e d’impiegare poi le giuste sensazioni. L’intento deve
essere formulato esatto e conciso, e concentrato sul risultato finale. Uno stato d’animo positivo
e sereno è indispensabile. Non si tratta assolutamente di combattere o eliminare qualcosa,
bensì di richiedere amorevolmente tutto come fosse un invito.

Secondo Cramer, del quale ci siamo occupati nel capitolo 5, il totale corrisponde all’onda di
offerta e conferma. L’onda di offerta lascia collassare una variante futura possibile e invia
indietro al mittente il rispettivo modello energetico concreto da questo evento. A questo punto
è la nostra consapevolezza che converte l’informazione in realtà. Questo processo in continuo
deflusso si può addirittura considerare come legge di natura.

Quarto metodo: Twilight-Time (momento delle due luci)

Con “Twilight-Time”, intendiamo la transizione da veglia a sonno nella sera tardi e viceversa al
mattino.
Se pienamente coscienti delle singole fasi fino all’arrivo del sonno, noteremo che in un
momento preciso avremo raggiunto un punto particolarmente sensibile. La nostra neocorteccia
smette di pensare estesamente, è sempre meno attiva, tutti i segnali del corpo si acquietano,
non ci sta più nulla da azionare. Questo è il momento esatto quando il censore dell’universo
delle nostre emozioni viene disattivato. Domina ora il sistema limbico per percepire
informazioni. Ma, e questo è decisivo, non siamo ancora addormentati. Sappiamo esattamente
quello che accade e possiamo influenzarlo. La neocorteccia non viene più fuorviata e può
concentrarsi in modo del tutto evidente sul mondo della nuova percezione.

Lo stesso avviene al mattino al momento del risveglio quando la neocorteccia non ha ripreso
ancora totalmente il domino sulle percezioni nella modalità di consapevolezza da sveglio.

La situazione assomiglia sorprendentemente al sogno lucido come già descritto. Nel sogno
lucido l’evento sognato può essere manipolato volontariamente. Anche nella fase Twilight-
Time può essere tutto pilotato nel modo in cui giova a corpo e anima. Volutamente si possono
richiamare situazioni e persone. Lo scenario è stimolante, saturo di tensione ed energia. Sono
percepibili contorni particolarmente abbaglianti, colori e qualche volta anche odori.

Ciò può essere interpretato quale richiamo dal fondo di un campo olografico di un modello reale
spazio-temporale, quindi all’aiuto di un raggio energetico coerente di consapevolezza
sintonizzata. Al di là di ciò, con le informazioni così richiamate viene elaborata anche la
consapevolezza liberata dalla vita quotidiana. La propria personalità può essere modificata a
piacere e nello stesso tempo è addirittura possibile eliminare patologie (vedi anche cap. 6).

Quinto metodo: Meditazione

Ci sono molti tipi di meditazione che hanno in comune alcuni importanti principi di base, uno
fra tutti: l’arresto dei pensieri fuorvianti. Dobbiamo apprendere ad attivare ed eliminare
gl’impulsi dei pensieri così come facciamo con quelli della parola. Noi non parliamo sempre ma
solo quando abbiamo qualcosa da dire. Allo stesso modo, anche se non è un’impresa facile,
dobbiamo prelevare i pensieri quando sono necessari. Nel momento in cui vi riusciamo accade
esattamente quanto avvenuto già con gli altri metodi. La neocorteccia permette che il dominio
sul nostro IO parta dal sistema limbico e questo dominio poi è percepibile, nonostante la
riduzione della consapevolezza. La meditazione può disporre il completo dissolversi della
prospettiva IO: un intelletto individuale senza padrone. La sensazione del se stesso quale
personalità separata da tutto può appiattirsi e ci si assimila a una intelligenza trascendente. Già
nel capitolo 4 ci eravamo dischiusi a una intelligenza di questo tipo. I Kahuna hawaiani
chiamano aumakua questa entità intelligente continuamente presente, termine che si può
tradurre con “l’eccelso se stesso”. Lo stato che adesso viene assunto apre una percezione
allargata del mondo. Affluiscono informazioni che prima erano escluse: immagini, risposte a
quesiti, esperienze che non erano state fatte da noi stessi. Ci sono delle indicazioni su
spiritualità allenate che a tal fine sincronizzano sistema limbico e regioni della neocorteccia in
forma coerente. (Krippner 2005)
Con l’aiuto della risonanza magnetica (un metodo che mette in risonanza campi magnetici e
onde elettromagnetiche con gli Spin dei nuclei degli atomi creandone delle immagini) è stato
possibile dimostrare come attraverso processi ben precisi di meditazione, funzioni emozionali
e cognitive cascano effettivamente in una fase interdipendente. Attivazione quindi del sistema
limbico e messa a riposo della banda larga della neocorteccia a favore di un segnale di alta
attenzione selettiva. (Lazar/Benson 2000)

Abbiamo esattamente descritto questo stato nel metodo del Twilight-Time. Infine l’IO viene
dislocato nell’universo e la “consapevolezza assoluta” indirizzata su di noi. Questo è anche lo
scopo dello Yogi contrassegnato con illuminazione (Samadhi). Tanta più forte è la percezione di
essere una sola unità, tante più informazioni si trasformano in realtà.

Cosa vuol dire conseguire l’unità? La mia consapevolezza mi dice che io, come ogni individuo,
agisco in un mondo esterno. Nello stesso tempo plasmo questa conoscenza con il mio mondo
interno, che significa che io sono attivo quale mondo interiore per immaginarmi/credermi parte
del mondo esterno. A questo principio di diversificazione è assoggettata tutta la natura con il
totale delle sue creature. C’è sempre uno che osserva e uno che è osservato. L’osservato è nello
stesso tempo osservatore di altro. Con la meditazione può essere infranta questa inevitabile
pseudo diversificazione.

Un metodo che agevola alcune persone a meditare con facilità è la ricerca e l’andare a trovare
vuoti di pensiero, e con ciò una percezione ampia all’aiuto della “consapevolezza assoluta”. Alla
base ci sta l’idea che ogni pensiero fuggevole ha un inizio e una fine. Tra due di questi pensieri
ci sta un vuoto. Se noi ci concentriamo esattamente su questo vuoto, percepiamo quello che
prima era mascherato. Questo tipo di percezione porta allo scioglimento del complesso
collegamento con la realtà. Un metodo supplementare, molto simile è la ricerca del vuoto
lasciando andare: il non pensare.

È noto anche il metodo della messa fuoco della consapevolezza quale blocco di pensieri: ci si
concentra su qualcosa di attuale, che è semplice e facilmente visibile, p. es. su un mandala.

«Nell’istante in cui si volge la propria piena attenzione a qualcosa, anche un filo d’erba si
trasforma in un mondo indescrivibile, grandioso, misterioso, che impone rispetto». Henry Miller

Per mettere in atto regolarmente gli effetti descritti ci serve una ristrutturazione del cervello,
detta anche condizionamento. La premessa per un tale condizionamento è l’esercizio continuo
di una lezione per almeno due, quattro settimane. In funzione della complessità del processo
desiderato questa ristrutturazione può durare anche mesi. D’altronde abbiamo impiegato mesi
per apprendere a restare in equilibrio e camminare e anche per andare in bicicletta.
Concludendo, tutti i metodi presentati provocano lo stesso effetto. Essi lasciano la precedenza
all’attività del sistema limbico, provvedendo che la neocorteccia, occupata quotidianamente a
impedirlo, venga più o meno messa a riposo. Il sistema limbico è il ponte verso l’Oceano delle
infinite possibilità.
Proposta: esercita giornalmente senza forzature, anzi piuttosto come un gioco, questa doppia
fusione di consapevolezza conscia/inconscia e all’improvviso vivrai l’esperienza Satori. Tanto
più spesso la vivrai, tanto più saggio ed esperto sarai, e la tua vita scorrerà impregnata di un
sentimento di benessere e di prosperità. Stanne certo.
Capitolo 9 - L'alchimia ci indica il sentiero
«Quando farete di due uno, e farete l’interno come l’esterno, e l’esterno come l’interno, il
superiore come l’inferiore e quando farete il maschio e la femmina un solo essere…, allora
entrerete nel regno».
Estratto dal Logion 22 di Tommaso l’evangelista.

Nel capitolo precedente abbiamo letto che le esperienze quotidiane le facciamo in primo luogo
con le nostre emozioni inconsce e in secondo luogo tramite il volere conscio. La gran parte delle
esperienze sono connesse ad avvenimenti che hanno a che fare con il nostro corpo e le sue
funzioni materiali. Le esperienze dell’inconscio le abbiamo catalogate con “anima” e quelle della
consapevolezza con “intelletto individuale” (intelletto equivale a spirito). Nella presenza fisica,
intelletto e anima sono intrecciati, tessuti con le sue funzioni e con gl’influssi che agiscono su
di noi dall’esterno.

Dal punto di vista filosofico quantistico significa che noi all’aiuto della nostra consapevolezza
imprimiamo saldamente nella nostra materia una quantità enorme e caotica di energia e
informazione trasformate in forze.

Questo processo serve quasi in esclusiva alla preservazione della vita, della protezione e del
nutrimento, della procreazione ed eventualmente per assicurarsi una posizione di potere nella
società. La vita dell’individuo ha però un germe, purtroppo da molto tempo sepolto, che
potrebbe fornire ben più possibilità di sviluppo. Si tratta del superamento del tempo e dello
spazio per agire volutamente sulla materia anche a fini terapeutici, per preservare un ottimo
stato di salute, per la conservazione della natura con tutti i suoi esseri e infine per la
restaurazione di “condizioni paradisiache”.

Lo sviluppo del seme nascosto è praticamente il nostro compito vitale e le chiavi per accedervi
sono contenute in molte tradizioni e in numerosi testi di saggezza: eliminare ogni sorta di
dualismo, ritrovare l’unità originaria, essere assorbito dalla causa prima dell’essere da cui tutto
sorge senza limiti di tempo e spazio.

Sul sentiero verso questo fine non sono decisive le parole che veicolano il sapere razionale,
bensì solo la conoscenza cresciuta sul vissuto, sulla propria esperienza. Noi possiamo provare e
riprovare a formulare con parole proprie un manuale ma non ci riuscirà mai di descrivere quello
che in realtà si svolge dentro di noi. Per quello di cui noi possiamo fare esperienza, non ci sono
termini adatti nella lingua parlata. Gli individui non s’intrattengono a dialogare su ciò che
succede all’interno di se stessi, soprattutto perché noi normalmente non dirigiamo l’attenzione
all’interno di noi stessi. Anche le religioni istituite non sono adatte a promuovere ciò e a guidare
l’attenzione sugli avvenimenti decisivi per l’individuo, perché troppe occupate a
istituzionalizzarsi con dogmi e gerarchie.

Ci sono però testi dove quello che stabilisce l’essenza della vita dell’uomo è stato trascritto in
simboli e parabole. I testi di alchimia, su alcuni dei quali getteremo uno sguardo, arrivarono in
Europa solo all’inizio del Medio Evo dopo essere passati attraverso molte traduzioni. Un
esempio sono i testi greci antichi tradotti nel 632 in arabico e siriano e poi tra il 1114 e il 1187 in
catalano (Gherardo da Cremona) e dall’arabo in latino nel 1142 (Robert of Ketton alias Robertus
Castrensis: Liber de compositione Alchemiae). Si può senz’altro immaginare che tutte queste
traduzioni abbiamo portato a una massiva distorsione dei contenuti. Tuttavia molto spesso gli
alchimisti trasmisero le loro conoscenze in immagini e simboli che erano di dominio universale
e quindi impossibile a essere distorti.

Ancora più antichi di quei testi di alchimia più volte tradotti, sono quelli trovati da un contadino
egiziano nel 1945 presso Nag Hammadi. Si tratta di 52 appunti originali in lingua copta, datati
tra il 42 e il 400 d.C. Tra di essi si trovavano anche saggezze dal forte stampo orientale come p.
es. gli scritti con il Vangelo di Tommaso e quelli chiamati oggi “Atti di Tommaso”. Questi “Atti”
riferiscono del viaggio dell’apostolo in India e sui miracoli che laggiù avrebbe compiuto. La
comunità che Tommaso avrebbe fondato verso il 52 in Crangamore, sulla costa occidentale
indiana, è ancora oggi molto attiva. In una cronaca contemporanea della città di Edessa è
descritta la morte di Tommaso in India e la sua sepoltura in Edessa. L’Edessa aramaica era
nell’antichità un centro importante del cristianesimo e fungeva da ponte con le culture di India
e Persia.

Il contenuto degli scritti di Tommaso rispecchia il pensiero gnostico, anche perché essi
riproducono visioni ermetiche. Dai documenti sui viaggi dell’apostolo Tommaso in India si
deduce che anche lui, come Gesù, era in confidenza con il patrimonio spirituale buddista. A
fonte di ciò si riscontrano nell’ermetismo e nello gnosticismo sempre nuovi paralleli con le
saggezze orientali, come quella che l’individuo può arrivare all’illuminazione solo attraverso la
purificazione che nel buddismo consiste nel percorso dell’ottuplice sentiero. Il vangelo di
Tommaso che, giudicato apocrifo, non trovò posto nella nostra bibbia, fa testo alla riproduzione
delle parole del Gesù vivente attraverso testimonianze dirette. 114 enunciati codificati di Gesù
sono stati annotati come logia (plurale di logion). Tutti i logia riportati qui traggono origine dal
“Vangelo secondo Tommaso”, www.meyerbuch.de/pdf/Thomas-Evangelium.pdf

La raccolta viene introdotta con:

Logion 1: «Queste sono le parole segrete che pronunciò Gesù il vivente e scrisse Didimo Giuda
Tommaso».

Sembra confrontarsi con un gioco di parole voluto, infatti il significato greco di Didymos e quello
aramaico di Tommaso è “gemelli”, dando ad intendere gemello di Gesù nello spirito. In altri brani
si legge di Tommaso il “non credente”, così chiamato perché custodiva il vero sapere.
Conoscenza sostituisce fede. All’apostolo Tommaso la semplice fede non era più necessaria. A
questo Tommaso di poca fede furono affidate le parole occulte di Gesù perché egli,
spiritualmente affine, ne comprese il contenuto e fu indicato per una divulgazione presso i
solitari, coloro che ormai “tutt’uno”, avevano trovato l’unità dell’essere. In riferimento al
contesto, è interessante che “monaco” deriva dal greco monachos, termine imparentato con
monaché e che significa “uno”, “solo”.
Argomento centrale degli scritti è il riconoscimento di una scintilla divina nell’uomo.
Esattamente come quello che prima abbiamo chiamato sviluppo del germe. Questa scintilla
apre l’ingresso sulla conoscenza che possiamo identificare con intelletto universale.

Logion 113: «…il regno del padre è ovunque sulla terra e gli uomini non lo scorgono».

Un individuo normale, non allenato, non può conseguire senz’altro conoscenze intuitive. Le
parole erano misteriose perché con l’applicazione di una percezione allargata può attivarsi
l’onnipotenza del singolo che se di carattere cattivo, può causare gravi danni.

Logion 62 lo spiega: «Manifesto i miei segreti a coloro che ne sono degni».

Soltanto iniziati con conoscenze ed esperienze, e quindi “gemelli”, simile che riconosce il
proprio simile (in precedenza abbiamo chiamato questo con risonanza, che vale anche per
informazione), potevano decodificare gli enunciati. Che tipo di enunciati codificati sono
contenuti in dettaglio negli atti di Tommaso e nel suo vangelo?

I concetti femmina e maschio: sposa e sposo come nell’alchimia dove vengono espressi con re e
regina, vogliono significare anima e intelletto. Queste due polarità si riuniscono in matrimonio
nel talamo per mezzo dell’amore. Così secondo il Logion 22 diventano «il maschio e la femmina
una sola cosa». Questo si ricollega all’origine nel paradiso, dove Eva e Adamo non erano separati
bensì, ambedue parti di un corpo, costituivano il tutto. (Friedrich 2007)

Logion 22: «Quando farete in modo che due siano uno, e farete sì che l'interno sia come l'esterno e
l'esterno come l'interno, e l'alto come il basso, e quando farete del maschio e della femmina una cosa
sola, cosicché il maschio non sia più maschio e la femmina non sia più femmina, e quando metterete
un occhio al posto di un occhio e una mano al posto di una mano e un piede al posto di un piede, un
immagine al posto di un immagine, allora entrerete nel regno».

La sostanza di questo messaggio codificato, è anche quella della scienza ermetica della Tabula
Smaragdina: «Ciò che sta sotto è a immagine di ciò che sta sopra e ciò che sta sopra è a
immagine di ciò che sta sotto per operare i miracoli dell’una e unica cosa; e come tutte le cose
sono e appaiono dall’Uno tramite la meditazione dell’Uno, così tutte le cose nascono da
quest’unica cosa tramite adattamento». (Löber 2007)

Intelletto e anima restano nella norma prigionieri delle esperienze focalizzate sulla sicurezza
della preservazione della vita che il corpo può fare nella vita quotidiana. Individui che pensano
secondo la gnostica, mirano invece alla “Epinoia di Luce”: l’esperienza personale di una luce
spirituale dello pneuma psychikon (spirito animale), che s’imprime nel pensiero come una
fiamma della conoscenza. Ognuno deve fare da sé questa esperienza che corrisponde a una
conoscenza di se stesso. Il risultato è sempre anima-intelletto, collegamento dell’anima
individuale con lo spirito individuale. Questo si unisce poi con l’intelletto universale e apprende
la percezione dell’unità, una risurrezione e una rinascita dell’origine. Da questo processo
emergono forze mai immaginate: il miracolo effettivo, secondo il vangelo di Tommaso.
Logion 2: «Non si fermi colui che cerca mentre cerca finché trovi, e quando avrà trovato egli sarà
turbato, e se sarà turbato egli sarà meravigliato, ed egli dominerà il Tutto».

Logion 49: «Beati voi solitari ed eletti, perché troverete il regno».

Ribadiamo che non è la scarna fede religiosa l’aspetto più importante del nostro sforzo, bensì la
conquista di una profonda conoscenza, una convinzione derivata attraverso il sapere dal
“connubio” tra anima e spirito della verità.

Durante il concilio di Nicea nel 325 d. C., gli scritti apocrifi che si richiamavano all’autocoscienza
furono messi da parte dai funzionari della chiesa arrivati al potere, che miravano a stabilire una
fede orientata verso i dogmi. Evitavano così che non sarebbe stato facile dominare come
previsto individui che attraverso la propria autocoscienza avessero acquisito conoscenze
privilegiate. Ecco il motivo per cui questi cammini di esperienza furono marchiati di eterodossia
e il patrimonio intellettuale gnostico destinato alla distruzione.

La verità però non si lascia mai chiudere fuori e verità naturali, reali, sono intramontabili. Ci
vollero tuttavia quasi duemila anni fino al momento in cui oggi noi osiamo di nuovo
appropriarci di quello che alcuni già allora possedevano: La conoscenza e l’acquisto di una
nuova percezione allargata, con tutte le conseguenze per una realtà quasi programmabile,
pilotata dalla volontà. In primo piano non c’è più la fede sprovveduta, ingenua e la speranza che
qualcosa del genere sia possibile, bensì un cammino concreto, legittimo, di conoscenza su come
funziona il tutto e come si può influenzare.

Logion 10: «Io ho gettato il fuoco sul mondo ed ecco che lo conservo finché bruci».

Logion 82: «Colui che è presso di me è presso la fiamma. E colui che è lontano da me è lontano
dal regno».

Nell’ermetismo il fuoco è simbolo della facoltà di generare e contemporaneamente gestore


della trasformazione che nel nostro caso significa che un’anima purificata è unita allo spirito
della verità. Il fuoco sta anche per una consapevolezza che veicola una percezione mutata. Esso
viene anche chiamato il ”fuoco occulto”, identico alla passione dominante di uno spirito
profondo.

Rivolgiamo tuttavia l’attenzione ad alcune importanti tradizioni della scienza ermetica e


paragoniamole con quello che è stato trattato in questo testo.

Le scienze ermetiche curano già da millenni le conoscenze delle caste dei sacerdoti delle epoche
remote. A iniziare dall’India, il sapere raggiunse nel 300 a. C. l’Egitto occupato dai greci e da qui
verso l’Arabia, la Siria e la Cina (Taoismo). Il termine “Alchimia” deriva o dal greco alchemos
(saggezza) o dall’egizio keme o khemi (terra nera) o dal concetto arabo Al-Kimiya (terra nera) da
cui deriva anche “chimica”, nostro termine attuale.
Alchimia non è affatto il predecessore immaturo, empirico e speculativo della chimica, come
spesso viene erroneamente interpretato o come il nome potrebbe dare a credere. Il suo scopo
all’inizio non era affatto la trasformazione di metalli ignobili in oro. Nella più gran parte dei testi
di alchimia non c’è traccia delle scoperte empiriche di esperimenti dei suoi adepti, bensì di una
particolare esperienza spirituale magica. Però, il giuramento di tenere segreto il sapere e dei
contenuti codificati diede impulso ad accomunarla alla pratica di reazioni chimiche allora in
voga.

Alchimia è un insegnamento segreto che si occupa dei fenomeni del più alto rango di una realtà
nascosta, una realtà che sventra l’essenza di tutte le verità e religioni originarie. L’alchimia è
come un arcobaleno, un ponte sopra il baratro tra il terreno (il materiale) e il celeste
(intellettuale). Ma come tutti gli arcobaleni, questo sapere solido così vicino da toccare con le
mani alla fine sfugge a chi è all’oscuro di tutto, per la sua rappresentazione criptica, codificata.

L’individuo può alla fine riconoscere i fenomeni se la sua percezione muta radicalmente all’aiuto
della consapevolezza, per poi elevarsi dal piano delle cognizioni giornaliere abituali (di misero
piombo) al piano sottile (di oro prezioso) dal quale tutto è possibile. Ciò corrisponde al potere
sulla “materia prima” da cui tutto trae origine anche la salute e la malattia.

Fondatore dell’Alchimia nella terra del sole calante è il leggendario Hermes Trimegisto (tre volte
grande), che avrebbe stilato 36 mila documenti tra cui la famosa Tabula Smaragdina sulla quale
erano incise massime misteriose, prive addirittura di senso ai non iniziati, ma che sulla base
delle attuali conoscenze di filosofia quantistica spiegano grandi verità.

Da dove trae origine questa tavola irreperibile nel frattempo? Ibn Arfa Ras, scrittore arabo del
XII secolo ci dà la versione seguente: Hermes era figlio di Adamo e nacque in Cina. Come tutti
gli adepti alla saggezza si recò in India. A Ceylon trovò una grotta di tesori incalcolabili tra cui
un’immagine di suo padre e la Tabula Smaragdina. (von Lippman 1938/39)

Sebbene non si possa accordare credito a questa versione, il suo fascino è nelle due regioni
citate e ritenute l’origine ultra millenaria della saggezza tramandata: Cina e India.

Sir Isaac Newton (1643-1727, quello della mela) era convinto che la conoscenza dei misteri della
filosofia naturale ci fosse stata comunicata da alcuni eletti per poi essersi nuovamente persa,
più tardi di nuovo scoperta e rivestita di parabole e formule mistiche affinché restasse
incomprensibile ai non iniziati. Tuttavia Newton non aveva dubbi sulla validità universale
dell’alchimia. Nella sua biblioteca ci stavano ben 170 libri su alchimia e cabala. Newton avrà
letto attentamente questi testi se troviamo con 900 parole chiavi ben cinquemila note di
riferimento ad alcune pagine. Probabilmente egli ha studiato l’alchimia in dettaglio per oltre 30
anni per poterne dedurre un insegnamento. Nei suoi trattati, a detta di esperti, le influenze
dell’alchimia sono chiaramente presenti. (Dobbs 1975 e 1991)

Tutto ciò che ha a che fare con alchimia ed ermetica è, a giusta ragione, codificato, occultato e
velato perché:
«Ovunque noi abbiamo parlato, non abbiamo detto nulla. Ma dove noi abbiamo trascritto
qualcosa codificata o per immagini, là abbiamo velato la verità».
Rosarium philosophorum (edizione Weinheim 1990)

Gli scritti e le immagini tramandati sono un sistema caotico di rinvii, una rete che cambia senza
pausa nomi in codici e simboli, una foresta selvaggia di concetti diffusi, un mondo criptato
d’immagini.

«Ti assicuro che colui che prova di capire dal significato normale delle parole quello che i filosofi
ermetici hanno scritto, s’impelaga e incastra nei meandri di un labirinto del quale non troverà
mai più l’uscita».
Livre de Artephius (Bibl. de Philosophe Chimiques, Paris 1741)

«Occulta in eterno quest’arte ha da restare. Ragione di fede vi voglio presentare: L’uomo cattivo
che ne avesse il potere pace ai cristiani andrebbe a rovinare. E pien di boria dai troni far cadere
imperatori, re, e principi legali».
Thomas Norton, alchimista inglese (1433-1514)

«I filosofi ci hanno sempre informato con parabole e immagini dell’essenza dell’agente, per far
sì che la scienza giammai fosse compresa dagli stolti, che se ciò avvenisse, tutto andrebbe
distrutto. Essa deve restare accessibile solo agli animi pazienti e agli intelletti affinati che sono
usciti dal pantano del mondo e purificati dal sudiciume fangoso dell’avidità…».
Sinesio di Cirene (circa 373 - 414)

Siamo capaci di decodificare immagini e linguaggio simbolico dell’alchimia? E siamo abbastanza


maturi sotto l’aspetto etico?

Già le conoscenze di filosofia quantistica richieste per interpretare gl’insegnamenti dell’alchimia


senza la mediazione particolare delle proprie esperienze, lasciano supporre quali conoscenze
sarebbero state accessibili in tempi remoti agli alchimisti di allora. Davanti a questo retroscena
i passi della bibbia come i seguenti, vengono letti sotto un’ottica totalmente diversa:

«A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché
vedendo non vedano e ascoltando non comprendano».
Estratto dal vangelo di Luca(8,10)

«In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli e gli dissero: “Perché parli loro in parabole?”
Egli rispose: “Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.
Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e
non comprendono. E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non
comprenderete, guarderete, ma non vedrete… Ma siete beati perché i vostri occhi vedono e i
vostri orecchi sentono.»
Estratto dal vangelo di Matteo(13, 10-17)
L’essenza dell’alchimia è la convinzione di una unione mistica dell’uomo e di tutto quello che è
presente nella natura in una creazione voluta, improntata di significato, caratterizzata da un
fine. Si tratta del centro di tutte le cose, dello spirito della vita, del potere sul mezzo universale
magico (materia prima). La materia pura viene trasformata in un “corpo di luce” spirituale,
penetrato: una nuova conquista del paradiso in terra.

Il pensiero alchimista con un linguaggio simbolico, allegorico, metaforico, scopre in noi le


seguenti coesistenze:

 Realtà – Virtualità
 Materia - Intelletto/spirito e anima
 Visibile – Invisibile
 Sotto – Sopra

Queste coesistenze si basano su energie e informazioni da considerare come bit che vengono
trasformati dagli individui in forze e operazioni temporali, processo noto in filosofia quantistica
come programmazione della matrice di un campo base.

All’aiuto di un modo d’impiego alchimista, ignorando si può sciogliere quello riconosciuto come
errato, che corrisponde alla cancellazione dei Quanti. Questa disgregazione è la premessa per
annodarsi a una nuova costellazione, norma che abbiamo conosciuto già come paradosso
quantistico di Zenone.

Con l’esempio “io ora voglio sollevare il mio braccio”, avevamo dimostrato che dentro di noi
avviene una interazione continua tra intelletto e materia. Da ultimo, la mia volontà, principio
intellettuale, pilota la materia del mio corpo. Poiché il successo dell’interazione tra intelletto e
materia si mostra evidente nell’interazione di diverse molecole, quindi di diversi aggregati di
materia, sembra che l’effetto delle forze intellettuali con quello delle forze fisiche sia una sola
cosa. Nel capitolo 7 ne abbiamo discusso i principi di base.

Il cosmo, il nostro mondo compreso, alloggia le forze della natura e quindi anche l’intelletto
universale che la natura con le sue funzionalità ha creato. Poiché ogni sapere con il totale delle
teorie costruisce sulle forze e sulle leggi di natura, tutte le teorie possibili su di noi sono già qui,
presenti e il sapere è potenzialmente disponibile.

Questi dati di fatto sono una premessa per un impiego utile dell’alchimia.

Il sapere primordiale di Adamo (prisca sapiens) venne acquisito mediante una lingua naturale
originaria in comunicazione diretta con il mondo intellettuale. Questo mondo intellettuale noi
oggi lo chiameremmo piuttosto: campo d’informazione universale.

Le caratteristiche “dell’agente segreto” sono evidenti da altre tradizioni arrivateci da Hermes


Trimegisto:
«…l’opera è con voi e presso di voi, trovandola in voi stessi, dove rimane in perpetuo, voi l’avrete
sempre presente, ovunque voi sarete, sulla terra o sui mari…»

Se consideriamo che nei diversi capitoli di questo trattato abbiamo sempre nuovamente
sottolineato come la nostra consapevolezza conscia/inconscia da sola pilota ogni percezione e
la trasforma in forze, diventa chiaro perché l’alchimia fa riferimento a questo processo per
raggiungere i suoi scopi. La consapevolezza è “con voi e presso di voi trovandola in voi stessi, dove
rimane in perpetuo, voi l’avrete sempre presente, ovunque voi sarete”.

Lo scopo è il riconoscimento della pietra della saggezza o pietra filosofale.


Potrebbe essere l’al-kimiya o l’al-iksir, l’elisir, la rossa polvere ad alta densità resistente al fuoco
che può essere fusa e che in senso metaforico ”trasforma ogni metallo in oro”. Si vuole qui
specificare l’effetto di una forza che rende l’individuo onnipotente. Questo può avvenire
ovunque. Per cui anche il “lapis”, la pietra del sapere, si può trovare ovunque: “nell’aria,
nell’acqua, lungo i sentieri, sulle montagne”.

Per il raggiungimento delle conoscenze specifiche, resta decisivo il principio di risonanza:


l’uguale riconosce l’uguale.

L’elemento di partenza è la misteriosa materia prima, una materia arcaica che ha la facoltà di
contenere tutte le forme del mondo, l’utero del tutto per così dire. È l’energia
primordiale assolutamente non differenziata e totalmente amorfa. Essa è “scura” perché nessun
assorbimento può generare colore (vedi anche kemi = terra nera). Secondo Abul-I-Qasim-al-
Iraqi uno degli alchimisti più conosciuti (✝925), la materia prima corrisponde a una montagna
immensa con una inestimabile raccolta di cose non create, di ogni tipo di conoscenza, o a un
oceano che contiene ogni forma o a una terra capace di nutrire tutti.

La montagna, secondo la definizione, è identica alla materia prima: i possibili contenuti


nell’Oceano delle infinite possibilità, presenti anche nel nostro corpo e in tutto l’universo. Nella
tradizione viene anche rivelato che l’anima è una sola cosa con la materia prima. È l’anima che
fa esperienza del mondo e non lo stato originario dell’anima. È la materia di base con passioni
e sensazioni. Noi avevamo già precedentemente contrassegnato tale stato con “vuoto
strutturato”.

Come è stato introdotto nel capitolo 7, è ovvio che questa fase è identica con la materia oscura.

«E questa materia prima si troverà in una montagna, che contiene una incalcolabile quantità di
cose create. In questa montagna si trova ogni tipo di conoscenza presente nel mondo. Nessuna
scienza o conoscenza, nessun sogno o pensiero (…) che non vi sia contenuto».
Abu l-Quasim (Kitabal-’ilm, ed. Holmyard, Paris, 1923)

L’elemento originario materia prima, come viene tramandato, è intelligibile solo attraverso le
cognizioni del puro Essere. Questo campo è di norma inaccessibile ai sensi e alla ragione. Nel
caso tuttavia che vi saremmo arrivati, tutte le percezioni potenziali vengono riconosciute
concretamente dalla nostra consapevolezza e alla fine convertite all’interno nella materia.
L’intelletto attento e finalizzato, può senza alcun disguido, di nuovo all’aiuto della
consapevolezza, dare forma alla materia prima e così estrarre, creare un prodotto. Forse conosci
la pittura in chiese e musei della vergine con il bimbo e una colomba che le vola sul capo. Si
tratta di una metafora degli alchimisti: la colomba è l’intelletto, lo spirito della verità. La
colomba influenza la vergine che corrisponde alla materia prima, il risultato di questa influenza
dà origine a qualcosa di nuovo: il bimbo che ancora può essere formato.
(Osservazione del traduttore: i veri artisti e i geni creatori del passato non erano dei bigotti moderni
che copiavano senza sapere cosa)

Dall’alchimia viene prospettato che l’individuo con il potere consapevole sull’agente materia
prima, può influenzare tutto anche malattia e salute. L’elisir dell’alchimia (pietra della saggezza)
può guarire malattie estirpando e trasformandone le cause. Questo è possibile con la
disgregazione di composti molecolari alterati, posteriori all’informazione primordiale e dei loro
nuovi collegamenti. Che ciò in realtà funzioni sulla base della filosofia quantistica lo abbiamo
ripetutamente presentato nei capitoli precedenti. Il risultato sta nella trasformazione della
nostra materia in un corpo eterno, luminoso sempre attuale, impregnato fino in fondo
intellettualmente, come dicevano gli antichi.

L’essenza dell’alchimia è quindi “fede attraverso conoscenza” per il legame mistico dell’uomo
con tutta la natura in una creazione voluta dalla divinità, impregnata di significato e indirizzata
a un fine.

L’alchimia quindi, libera l’anima dagli addensamenti imperfetti che si sono formati dalle
esperienze giornaliere e la conduce indietro nella sua materia prima. Il risultato di questo
processo è nuovamente un’anima pura. Dopodiché quest’anima viene di nuovo cristallizzata e
portata in una forma nobile: solve et coagula. Quest’opera può riuscire solo in armonia con la
natura dove l’anima (personalità da eventi ed esperienze vitali) viene messa in collegamento
con il regno mistico (il nostro vuoto, l’Oceano delle immense possibilità); dopodiché tutto va
da sé: “il progresso dell’opera è ampiamente gradito dalla natura”.

E a qual fine facciamo noi questo? In risposta a questa domanda vengono dati gli stessi motivi
validi nella lontana antichità come lo sono ora nel presente. Si tratta di raggiungere una libertà
vera e infinita. Di solito noi inciampiamo lungo il cammino della vita, dissipiamo energia in lotte
senza senso e pensieri irremovibili e il nostro intelletto non riesce a vedere la vera essenza della
vita. Quello che noi chiamiamo “libertà” è più un ascolto del nostro ambiente sociale, della
nostra società. Un ascolto che non raramente diventa sottomissione, malattia e sbocca nella
miseria. L’alchimia è in grado di evitarcelo.

L’iniziato è ricompensato con la tiara dell’ispirazione:

1. Onniscienza
2. Onnipotenza
3. Felicità e amore eterno
Chi lo rifiuterebbe? Però, prima di guadagnarci l’elisir è necessario allontanare con procedimenti
complessi e dettagliati la zavorra giornaliera abitudinaria di cui siamo impregnati. Alla fine di
questa fase ci attende “la pietra della saggezza”, una struttura cristallina (coerente e olografica).

Questa trasformazione decisiva viene completata in due opere: una “piccola” e una “grande
opera” le cui particolarità sebbene codificate e criptiche sono descritte esattamente. Con
metodo si può raggiungere una percezione particolare dell’informazione della materia prima.
Per questo è necessario il processo di “liberazione interiore”. La consapevolezza deve essere
messa a tacere per evitare in primo piano la presenza diversiva dei sensi ed evitare che la
censura non distrugga la particolare percezione. Dopodiché l’anima può agire direttamente
come essenza primordiale.

Avevamo mostrato proprio questo cammino, partendo dalla fisiologia per raggiungere il
modulo dell’aldilà: disattivazione del censore della neocorteccia e risultante attivazione del
sistema limbico e della ghiandola pineale con distribuzione di DMT. L’acquietamento della
neocorteccia viene ottenuto dal non pensare, come viene raccomandato per la meditazione:
distensione e concentrazione assoluta (attenzione) su quello che viene percepito. Nello stesso
tempo il sistema limbico può essere reso attento al fatto che un insolito di nuove conoscenze
gli sta per essere costruito davanti quale motivazione, associandosi a un senso di benessere
spirituale.

L’acronimo dell’alchimia che Basilius Valentinus, ci ha trasmesso, suona “V.I.T.R.I.O.L” visita


interiora terrae rectificando invenies occultum lapidem oppure: “Visita l’interno della terra, e
rettificando (con successive purificazioni, ndr) troverai la pietra nascosta (che è la vera medicina).
L’interno della terra è l’interno costituito da anima-intelletto-informazione nell’interno del
nostro corpo. La pietra nascosta è la sostanza energetica-informativa primordiale quale
sovrapposizione (olografica) luminosa come un diamante.

La filosofia quantistica riproduce la direzione analoga in forma cristallina. Per cui c’è una fase
infinita e ampia tra i nostri componenti di base, le masse dei nuclei atomi e degli elettroni.
Questa fase di vuoto che s’impossessa del 99,999… per cento dello spazio di tutta la materia,
compreso il nostro corpo, è un enorme bacino di energia e informazione: l’Oceano delle infinite
possibilità. Noi nel quotidiano carpiamo solo una infima parte di energia e informazione che vi
sono contenute. Questo però cambia ma, se la consapevolezza sfrutta precise possibilità
allargate di percezione, ogni realtà la crea principalmente “l’osservatore” tramite la sua
consapevolezza, secondo la fisica quantistica (interpretazione di Copenhagen). Cosa deve
avvenire dunque per far sì che l’opera dell’alchimia riesca?

Il fine più importante è la riunificazione dell’anima pura con lo spirito della verità. Lo spirito
della verità è il riaggancio consapevole dell’intelletto individuale a quello universale. Questo
riaggancio viene spinto fino alla fusione. Il temine più adatto per fusione è “amore”. L’amore tra
l’intelletto (sole, maschio) e l’anima (luna, femmina) ha molto in comune con la fede
consapevole che noi abbiamo descritto nel capitolo 2 e 4: Ritenerlo vero nell’intelletto, sentirlo
vero nel cuore.
Il cammino verso la meta viene avviato attraverso il segreto, le contrapposizioni del fuoco
riunificante, di cui abbiamo riferito prima e che vogliamo trattare un poco più in dettaglio.

Come viene acceso questo fuoco di congiunzione tra anima (luna) e intelletto (sole)? La chiave
è nelle mani di Mercurio (Hermes). Egli lo mette a disposizione di tutti. Tuttavia per capire come
possiamo riceverlo dobbiamo ancora andare più a fondo.

Tutti i segni dei pianeti sono composti da tre strutture di base che codificano intelletto, anima,
materia. Le seguenti esposizioni si basano su quello che Titus Buckhardt (Ibrahim Izz al-Din dopo
la conversione all’Islam) ha detto a tal proposito. (Burckhardt 1960)

I sinonimi appartengono al gioco intrigato e nello stesso tempo manifestano le reali proprietà
del sistema

☉ Sole, sorgente della luce per tutti i pianeti = oro = polo attivo, emittente = maschio =
intelletto = percezione della consapevolezza conscia.

☽ Luna, rispettivamente falce di luna = argento = polo ricevente, antenna, specchio, riflessione
del sole = femmina = anima = percezione della consapevolezza inconscia.

✛ Materia = croce dei quattro elementi = ancorato alla terra = contrapposizioni contenute nella
sostanza.
I collegamenti mutevoli dei tre simboli mostrano ora la stazione rispettiva sul cammino verso
la meta dell’alchimia, dunque il grado della congiunzione voluta da anima e intelletto riferito al
coinvolgimento nella materia.

☿ Mercurio contiene tutte le forme basilari: cerchio, semicerchio, croce. La falce di luna adagiata
sul sole tiene ferma la croce. Si tratta di un nesso operativo, gerarchico tra intelletto, anima e
corpo quale chiave per l’opera dell’alchimia (primum agens). In questa unità si trova la
percezione della consapevolezza inconscia, del mondo dell’anima, sopra ogni cosa. Allo stesso
tempo domina la percezione della consapevolezza, la ragione, sulla materia su ogni materia.
Proprio questo è voluto e così Hermes è il progenitore dell’alchimia. È interessante che
nell’alchimia ellenica al posto del mercurio viene nominato l’elettrone. E questo ha giocato
certamente finora un ruolo di primo piano anche nella rappresentazione della filosofia
quantistica.

Come arriva Mercurio ad assumere questo ruolo chiave? Diamo prima uno sguardo ai pianeti
simbolo dell’anima:

♄ Con Saturno (piombo) l’anima è al punto più in basso della croce. Nella materia domina il
coinvolgimento caotico.

♃ Con Giove (stagno) l’anima è in posizione intermedia tra piombo e argento. Ha già una
panoramica più vasta e si libera dalle contraddizioni elementari fin verso l’espansione cosmica.

☽ La luna sta per l’anima, già sola e indipendente da contraddizioni quasi che nell’espansione
cosmica ci fosse ancora solo acqua. Lo spirito vitale, connessione dell’anima con il tutto, domina
in uno stato di pura sensitività.

E ora ai simboli dei pianeti dell’intelletto/spirito:

♀ Con Venere (rame) il sole si trova oltre le contraddizioni degli elementi. La consapevolezza,
l’intelletto, coniano le contraddizioni elementari che causano le forme, guidate poi
nell’equilibrio finale: la composizione dell’oro.

♂ Con Marte (ferro) è rappresentato l’opposto di quello simbolizzato da Venere: irrigidimento,


affondamento dell’intelletto/spirito nel corpo. La consapevolezza è sepolta nel buio profondo
della terra. Il non pensare è necessario e preteso.

☉ Con il sole (oro) viene rappresentato l’intelletto puro (quasi la rivelazione)


9.1 Discesa dell’intelletto ascesa dell’anima e riunificazione nella Grande e Piccola Opera

1. La chiave
2. I primi tre piani dell’opera
3. Anima che spira all’ascesa
4. I tre piani della grande opera
5. Incarnazione dello spirito/intelletto
6. Mercurio
7. Luna
8. Venere
9. Giove
10. Marte
11. Saturno
12. Sole
13. Ricostituzione della purezza dell’anima
14. Ispirazione dell’anima con la rivelazione dello spirito/intelletto

Il primo piano della piccola opera viene dominato da Saturno. L’anima si reca nella materia
oscura per purificarsi. Sinonimi e simboli sono: aberrazione (nox profunda), oscuramento,
putrefazione, mortificazione, livello snaturato, teschio, tomba. Acquista qui significato la
parabola del chicco di grano che rimane solo, sepolto nella terra dove la sua forma deve disfarsi
affinché possa arrivare a sviluppare il germoglio e il frutto.
Il secondo piano della piccola opera è dominato da Giove. L’anima si eleva sul buio per dispiegare
nuove energie.

Il terzo piano della piccola opera è dominato dalla falce di luna. Situata ben più in alto della
croce, in bianco perfetto, l’anima si è potuta dispiegare e non viene più deviata dal caos. Essa è
pronta a ricevere la parola divina che viene spesso simbolizzata dalla vergine sopra o in trono
che domina la falce di luna.

Il quarto piano della piccola opera è il primo piano della grande opera, dominato da Venere. La
forza plasmante della ragione conia nuovamente la croce degli elementi e provoca una
“cristallizzazione”, una nuova creazione della forma corpo-anima. La fase del rame mostra già
qualcosa della lucentezza dell’oro ma quella del rame è effimera.

Il quinto piano della piccola opera è il secondo della grande ed è dominato da Marte. Nel suo
segno c’è il sole nella stessa collocazione come la luna nel segno di Saturno. L’intelletto scende
e permea ogni strato del corpo e della materia. Ciò significa che viene sorpassata la soglia
dell’ultima rifinitura e la trasformazione del corpo è ora in uno stato di dominio dell’intelletto,
il “farsi carne della parola divina”.

Sul sesto piano della piccola opera e sul terzo della grande regnano i sensi. Avviene qui il
compimento della grande opera. Si arriva all’unità di microcosmo e macrocosmo dominata
dallo spirito della verità. Per cui, anche se ora avviene una nuova fusione tra la terza fase della
piccola opera dominata dalla luna e questa terza fase della grande opera dominata dal sole,
simbolizzata in ermafroditi e androgeni, gli opposti sono eliminati e tutto diventa possibile.

Ulrich Warnke
Appendice
In esclusiva assoluta per l'Italia, per gentile concessione dell’autore e dell’editrice Scorpio la traduzione
del libro di Ulrich Warnke: Quantenphilosophie und Spiritualität.

https://www.riflessioni.it/filosofia-quantistica-spiritualita/index.htm

Perdonatemi l’ardire di confrontarmi con una tematica che occupa i piani superiori della
dialettica quantistica, io semplice lettore che si cimenta con lo scritto di Ulrich Warnke. Uno
scritto, tenete presente, a detta dell’autore, volutamente provocatorio e che mette sul tappeto
problematiche e argomenti che nei decenni di vita trascorsi avevo solo sfiorato di tanto in tanto
a contatto collaterale con tematiche di sviluppo interpersonale, analisi bio strutturali,
linguaggio somatico, tecniche di relax ed autosuggestione eccetera (mi occupavo di elettronica
high-tech e mi servivano).

Venuto a conoscenza di Riflessioni.it, oltre alle mie che ogni tanto si fanno vive, ho chiesto al
Warnke e alla casa editrice che ha pubblicato il trattato, l’autorizzazione a tradurlo e a
pubblicarlo a puntate. Non esistendo appunto in lingua italiana e ammaliato dal contenuto,
quando per puro caso, e non so nemmeno da dove, è entrato riflessioni.it nella mia posta
elettronica, visto che non si tratta del solito sito che vende scarpe, reggiseni, creme abbronzanti
e altre cianfrusaglie, né tanto meno si veste delle banalità di FB o di altre reti sociali o
conciliaboli, ho preso il coraggio a due mani e mi son detto perché non provare a metterlo in
lingua italiana a disposizione (in prima visione, ehm!) di chi frequenta il sito?

Ebbene la risposta alla mia richiesta, a differenza di altre, è stata positiva. Warnke e la casa
editrice hanno detto sì anche perché lo faccio gratis, e ci sto provando.

Avete letto bene: “ci sto provando”. Tradurre dal tedesco in italiano termini non di uso corrente
che richiedono conoscenze specialistiche di biologia, psicologia, medicina e neurologia non è
un giochetto per “i ragazzi della via Pal”, specialmente per uno come me che non è un’aquila
ma razzola.

Comunque ormai il dado è tratto e mi trovo immerso in un Rubicone che, al posto di lambirmi
con dolcezza, vedendomi al centro del guado mi ha avvolto in un mulinello e sghignazzando
prova a sommergermi. Non ha trovato nulla di meglio per evitare una reazione: ho accettato la
sfida!

Non crediate comunque che la “singolar tenzone” si sviluppi a mio favore (perdonate se non
uso metafore calcistiche, al solo pensarci soffro di allergia). Con la daga di Rubicone o di Cesare
se preferite, ci scambiamo fendenti che ogni tanto mi costringono a chiedere aiuto e qualche
cerotto. Con questo non cerco scusanti ma avverto il lettore smaliziato o esperto (mettendo da
parte il polemico) a non volermene se dovrà confrontarsi con qualche imperfezione che faccio
di tutto per evitare e lo invito a cogliere il succo del pensiero e del discorso di Warnke che mi
sforzo di trasmettere. Chi per consolarsi vuole incontrare altre imperfezioni, lo rimando
su Create Space di Amazon dove sotto il mio nome troverà degli scritti (miei sì, avete capito
bene) che ne contengono molte altre. E se è curioso di leggere gl’incipit, che cerchi gli stessi su
amazon.de, .fr, o .gb che a differenza del sito .it si danno la briga di mettere a diposizione dei
lettori, indici e le prime pagine dei testi (narrativa italiana nel mio caso) che permettono di
sondare se chi e se quello che scrive, è degno di essere letto. Ah! Perdonate: chi ama il digitale
li potrà trovare anche sul cantiere www.fantarea.com di prossima apertura o forse già aperto
quando leggerete questa introduzione.

Vi ho annoiato? Mi auguro di no.

Corrado S. Magro - Settembre 2014

Prima di congedarmi.

Ai lettori appassionati all’argomento e a “riflessioni.it”, che mi ha offerto la possibilità di presentarlo,


va il mio GRAZIE, scusandomi per i refusi e gli errori che sottobanco sono riusciti a gabbarmi. Mi scuso
anche per la traduzione di taluni concetti non sempre malleabili e che ogni tanto ho dovuto tirare per
i capelli. Lo scopo che mi sono proposto, fiducioso che sia stato raggiunto, è stato di presentare un
argomento degno di riflessione, coinvolgendo il lettore anche se su una linea d’onda diversa da quella
dell’autore, a cui va il mio ringraziamento per la fiducia che mi ha accordato assieme al suo editore.
Ulrich Warnke, scienziato e personalità di spessore, si è adoperato a costruire ponti tra l’osservazione
nata dalla quantistica e la riflessione filosofica del piano superiore universale o forse del piano
“accanto”, come si potrebbe dire. E chi di noi, in una notte con un cielo terso trapuntato da miliardi di
luci, tra quelli che abbiamo avuto la fortuna di osservarlo, non si sia chiesto se quest’universo non sia
parte integrante di noi stessi e se noi non siamo un riflesso infimo di esso?

Corrado S. Magro
scmagro.mps@ggaweb.ch
Corrado S. Magro

Nasce a Noto (SR), agli inizi del 1940, ultimo di sette figli.
Contadino-studente, nel 1965 abbandona gli studi umanistici ed
emigra. Operaio di giorno e studente di notte si specializza in
elettronica industriale e gestione aziendale. Vive da decenni nei
pressi di un laghetto della periferia zurighese, senza dimenticare le
aride colline degl’Iblei. Lavoro e avidità di conoscere ne hanno
fatto un appassionato di High-tech attento al progresso che con la
Quantistica galoppa verso un futuro ricco di nuovi e affascinanti
orizzonti, con l’essere umano, manuale tutto da scoprire e al quale
iniziamo timidamente a togliere i sigilli. Chiuso il ciclo lavorativo a
quasi 70 anni, la passione per la scrittura tenuta a lungo sotto chiave lo spinge a pubblicare su
Create Space e prossimamente in digitale su fantarea.com. I suoi scritti sono eventi vissuti,
tramandati o prodotti dalla fantasia, impregnati di emozioni forti e spesso mordaci. La
conoscenza di diverse lingue, oltre alle letture lo spinge a cimentarsi con traduzioni anche
impegnative.

Prova a fare suo il motto: “ogni giorno un bel giorno”!

scmagro.mps@ggaweb.ch

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