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FISIOLOGIA CARDIACA

Sistema di conduzione

Il cuore come tutti i muscoli è capace di contrarsi sfruttando l'energia prodotta


dalla ossidazione di sostanze energetiche (come acidi grassi, carboidrati) in
presenza di ossigeno. Le cellule muscolari striate di cui è composto il cuore a
differenza di quelle degli altri muscoli sono dotate della capacità di
autoeccitarsi e autocontrarsi. Il controllo nervoso sul cuore può modulare la
frequenza di contrazione aumentandola o diminuendola, ma questa è generata
in maniera spontanea da una parte specializzata del cuore, il cosiddetto
tessuto o sistema di conduzione. Questo tessuto è formato da fibre
muscolari, il cui compito non è di contrarsi ma di produrre automaticamente la
trasmissione di stimoli elettrici che comportano l’eccitazione e la contrazione
miocardica. Si tratta di un sistema che permette, in condizioni normali, che il
cuore batta in maniera efficiente ed ordinata (prima gli atri, poi i ventricoli
permettendo il completo riempimento di questi ultimi) e che l'impulso generato
si diffonda velocemente, facendo contrarre tutte le parti del ventricolo in
maniera pressoché simultanea.

Lo stimolo elettrico nasce dal nodo del seno o nodo seno atriale, che si
trova nell’atrio destro in corrispondenza della vena cava superiore. Viene
chiamato nodo perché gli elementi muscolari che lo costituiscono presentano
una disposizione a gomitolo o a nodo. Gli stimoli elettrici si trasmettono
successivamente al tessuto muscolare dell’atrio provocandone l’attivazione e la
contrazione dell’atrio. L’eccitazione raggiunge quindi il nodo atrio-
ventricolare, situato nel setto interatriale. Da qui parte un nuovo impulso
elettrico che si propaga attraverso delle fibre specializzate appartenenti al
fascio di His, situato nel setto interventricolare. Il fascio di His si divide in due
branche destra e sinistra che sotto l’endocardio ventricolare formano una rete
detta rete di Purkinje.

La principale particolarità del sistema di conduzione consiste nella possibilità di


generare autonomamente gli impulsi elettrici: in pratica la centrale pacemaker
principale si trova nel nodo seno-atriale, ma non è l'unica presente nel
miocardio. È stato possibile apprezzare questo escludendo dalla conduzione il
nodo S-A: il cuore continua a battere, anche se a ritmi notevolmente inferiori
(40/60 impulsi al minuto, contro i normali 60/100) e il ritmo che si impone è
detto "non sinusale" perché ha origine al di fuori del nodo del seno, in latino
sinus. Questo meccanismo può essere spiegato come una sorta di
autoprotezione da parte del cuore, esistono infatti patologie a causa delle quali
viene bloccata la conduzione del nodo S-A. In questo caso, il cuore può
contuinuare a battere poiché il nodo A-V comincia a dettare il passo del ritmo
(con frequenza minore) e la situazione è compatibile con la vita.

Una volta che l'impulso si è generato nel nodo seno-atriale passa direttamente
alle fibre atriali investendole in maniera simultanea. A questo punto attraverso
le fibre internodali, il segnale viene trasmesso al nodo atrioventricolare. Dalla
generazione del segnale sono passati 0,02 secondi. È in questo punto del
sistema di conduzione, quello che trasferisce il segnale dagli atri ai ventricoli,
che troviamo un ritardo di trasmissione. Questo ritardo è necessario affinché
l'impulso cardiaco non possa propagarsi dagli atri ai ventricoli in maniera
troppo veloce. Se questo accadesse, infatti, sarebbe impossibile per i ventricoli
un perfetto riempimento e da questo si arriverebbe ad un non perfetto
rendimento della pompa cardiaca. La prima struttura che provoca questo
ritardo è il nodo A-V, e subito dopo il passaggio attraverso il nodo
atrioventricolare abbiamo un ulteriore ritardo dovuto ad una parte del fascio
fibroso che separa atri e ventricoli. Subito dopo questa parte "ritardante"
troviamo le fibre del Purkinje, che dal nodo A-V si portano ai ventricoli
passando attraverso il setto ventricolare. Queste fibre sono a conduzione molto
veloce. Questa velocità di trasmissione permette di avere una trasmissione ai
ventricoli praticamente immediata e simultanea.

Diversi fattori possono influenzare il nodo del seno, provocando variazioni della
frequenza cardiaca, in primis i due sistemi di innervazione cardiaca. Il sistema
parasimpatico è responsabile dell'inibizione della frequenza cardiaca, infatti
tagliando il nervo vago si ha una accelerazione del cuore fino ai massimi livelli
fisiologici raggiungibili. Il sistema parasimpatico agisce usando uno specifico
neurotrasmettitore: l'acetilcolina. Essa determina due importanti effetti sul
cuore: deprime la frequenza di scarica del nodo S-A e diminuisce l'eccitabilità
delle fibre giunzionali poste tra il miocardio atriale ed il nodo A-V. La
stimolazione ortosimpatica provoca effetti opposti a quelli dell'azione vagale,
anche se comunque i due effetti sono sempre compresenti. Il
neurotrasmettitore attraverso il quale il sistema ortosimpatico agisce è la
noradrenalina, che viene rilasciata nelle sinapsi che interessano le terminazioni
nervose cardiache e che, come l'acetilcolina, determina delle variazioni a livello
delle conduttanze nelle cellule miocardiche. La soppressione dell'attività
ortosimpatica determina una diminuzione della frequenza, che però non è
rilevante come l'azione del nervo vago.

La trasmissione degli stimoli elettrici produce delle correnti che vengono


comunemente registrate con l’elettrocardiogramma.

Il sistema di eccitazione del miocardio

Per quanto riguarda il sistema di eccitazione e di conduzione del potenziale


d'azione troviamo due tipi di sviluppo del potenziale elettrico: uno riguarda le
fibre atriali e ventricolari, un altro riguarda le cellule del nodo seno-atriale (o
cellule del pacemaker). Le fibre atriali e ventricolari devono comportarsi in
maniera simile alle fibre muscolari, ma dovranno anche assicurare un alto
rendimento della pompa cardiaca; il nodo seno-atriale si comporta in maniera
diversa da quasiasi altra fibra, poiché deve assicurare principalmente la
generazione del potenziale d'azione.

Le cellule del nodo del seno (pacemaker) sono sede di un’attività spontanea e
sono quindi in grado di auto-eccitarsi. Esse non possiedono un vero e proprio
potenziale di riposo, ma hanno un potenziale di membrana instabile che
durante la diastole va incontro ad una spontanea progressiva diminuzione fino
a raggiungere un valore soglia che determina l’apertura di canali per il calcio e
porta alla genesi di un potenziale d’azione che propagandosi dà inizio alla
sistole (vedi figura). Raggiunto il massimo di depolarizzazione le cellule del
nodo del seno si ripolarizzano (tramite la fuoriuscita di ioni K+). La velocità
della depolarizzazione diastolica determina la frequenza cardiaca e il controllo
nervoso fa variare la frequenza cardiaca agendo sulla rapidità di questa
depolarizzazione. L’impulso viene condotto prima ai miocardiociti atriali, quindi
giunge al nodo atrio-ventricolare. Man mano che l’impulso avanza si
depolarizzano tutte le cellule eccitabili del sistema di conduzione e i
miocardiociti di lavoro atriali e ventricolari.

I miocardiociti di lavoro atriali e ventricolari hanno un potenziale di membrana


a riposo di circa -90 mV. Questo potenziale di membrana è dovuto alle
differenti concentrazioni degli ioni fra interno ed esterno dalla cellula ed è
stabile, cioè queste cellule non sono in grado di autoeccitarsi.

Potenziale d'azione delle cellule pacemaker e dei miocardio citi atriali e


ventricolari

Un miocita che sia stato depolarizzato non sarà più disponibile per un nuovo
potenziale d'azione fino a che esso non si sia ripolarizzato parzialmente,
l'intervallo fra il potenziale d'azione e il momento in cui il miocita è disponibile
per un nuovo potenziale è definito Periodo Refrattario Assoluto. La completa
eccitabilità non viene ristabilita fino a quando non si ha completa
ripolarizzazione del miocita, questo intervallo è chiamato Periodo Refrattario
Relativo. Questo periodo è indispensabile per il corretto funzionamento del
cuore, poiché permette un alto rendimento della funzione di pompa del cuore,
in quanto il ventricolo può riempirsi completamente di sangue prima di
eseguire un'altra contrazione; inoltre permette di avere una netta distinzione
tra fase pulsoria (sistole) e fase di riposo (diastole), in maniera tale da
permettere l'apporto di sangue attraverso le coronarie, che può avvenire solo
in fase diastolica.

Il ciclo cardiaco

Il cuore funziona come una pompa aspirante e premente in cui l’energia


necessaria viene fornita dalla contrazione del muscolo cardiaco stesso. Il fine
della pompa è di mantenere la circolazione del sangue nel letto vascolare
arterioso, capillare e venoso. Si pensi che il cuore pompa cinque litri di sangue
al minuto e che questa quantità può essere raddoppiata se subentra un’attività
fisica, fino ad arrivare, in condizioni di sforzo fisico intenso, a pompare venti
litri di sangue al minuto.

Si chiama rivoluzione cardiaca il ciclo completo di lavoro che il cuore compie


attraverso due fasi distinte, che si susseguono continuamente: fase di
contrazione, detta sistole, e fase di rilasciamento o di riposo, detta
diastole. La funzione di pompa del cuore è assicurata dalla parete muscolare e
dal sistema valvolare. Il miocardio, quando si contrae, crea una pressione nel
sangue contenuto nelle cavità cardiache; questo sangue per mezzo delle
valvole viene spinto dal cuore ai due grossi tronchi che da questo si originano:
l’aorta e il tronco polmonare. Il sistema valvolare ha la caratteristica di
consentire il passaggio in una sola direzione. Gli atri funzionano come una
specie di serbatoio di raccolta del sangue proveniente dalla periferia del nostro
corpo (atrio destro), o dai polmoni (atrio sinistro). Dagli atri il sangue passa
nei ventricoli che costituiscono la pompa cardiaca vera e propria, essi lavorano
contraendosi in maniera da raggiungere pressioni più alte, allo scopo di
spingere il sangue nell’aorta o nel tronco polmonare. Il miocardio ventricolare è
perciò maggiormente sviluppato, presentando uno spessore molto maggiore
rispetto agli atri. E’ importante sottolineare che i ventricoli lavorano ad alte
pressioni, mentre gli atri a bassissime pressioni.

Si è detto che il cuore lavora come una pompa caratterizzata


da una fase di contrazione e da una di rilasciamento. Le
valvole atrio-ventricolari, che separano gli atri dai ventricoli,
si aprono nella fase di rilasciamento ventricolare, diastole, e
permettono ai ventricoli di riempirsi del sangue accumulato
negli atri, successivamente queste valvole si chiudono, ciò
coincide con la fase di contrazione dei ventricoli, la sistole,
cosicché il sangue non possa refluire negli atri. La
progressione verso i grossi vasi è assicurata invece
dall’apertura delle valvole semilunari aortica e polmonare che
avviene nella fase di sistole: in questa fase i ventricoli che si contraggono
raggiungono pressioni di circa 125 millimetri di mercurio. Le valvole semilunari
dell’aorta e del tronco polmonare si chiuderanno, invece, nella fase di diastole
per impedire il reflusso di sangue nei ventricoli. Durante il ciclo cardiaco gli
orifizi coronarici di immissione del flusso di sangue (ostio coronarico destro e
sinistro) sono invece sempre aperti. Però quando il muscolo cardiaco si
contrae, (sistole), costringe tutti i capillari coronarici e il flusso non c'è; quando
si rilascia (diastole) il flusso riesce a passare. Pertanto il 70-80% del flusso
coronarico avviene durante la diastole, cioè durante il rilasciamento del cuore.

Il mantenimento della circolazione e della sua funzione, cioè quella di


trasportare il sangue, avviene solo se è presente una certo livello di pressione.
Nelle arterie il sangue scorre sotto la spinta diretta della contrazione cardiaca;
nei capillari e nelle vene il sangue scorre perché esiste una differenza di
pressione tra i capillari e gli atri (a livello degli atri la pressione è quasi nulla).
Il mantenimento della pressione dipende anche dalla contrazione delle pareti
dei vasi, dalla contrazione dei muscoli scheletrici che favorisce il ritorno venoso
e dalla quantità di sangue circolante.

La pressione arteriosa che si misura è la pressione esistente nel complesso


del sistema circolatorio. La pressione arteriosa massima corrisponde alla fase
sistolica, la pressione minima corrisponde alla fase diastolica. Si può cogliere
l’importanza di mantenere una pressione arteriosa adeguata se si pensa che un
calo pressorio improvviso provoca in un individuo la perdita della coscienza. La
pressione arteriosa ha il compito di assicurare la circolazione del sangue e, in
seguito ad una riduzione importante, non arriva più sangue al cervello; ecco
perché si ha la perdita di coscienza, che in condizioni estreme può portare a
collasso cardiocircolatorio e morte.

Il miocardio è un tessuto strettamente aerobico, ossigeno-dipendente. La


determinazione del fabbisogno miocardico di O2 (MVO2) fornisce un indice
accurato del suo metabolismo complessivo. I principali determinanti del
consumo miocardico di O2 sono: la frequenza cardiaca, la contrattilità, la
tensione di parete. Si noti che l’aumento della frequenza cardiaca oltre ad
aumentare il MVO2 riduce il flusso coronarico. All’aumentare della frequenza
cardiaca la durata della diastole diminuisce riducendo “apparentemente” il
flusso coronarico. In realtà la velocita’ del flusso coronarico aumenta per
vasodilatazione dei vasi coronarici, specialmente durante diastole per il rilascio
di sostanze che aumentano all’aumentare delle richieste energetiche.

Mentre in generale i tessuti a riposo estraggono circa il 25% dell’ossigeno


disponibile, il miocardio a riposo estrae fino al 65% dell’ossigeno disponibile
per cui l’unico meccanismo di compenso in caso di aumentato fabbisogno di O2
è rappresentato da un proporzionale aumento del flusso coronarico,
determinato da una vasodilatazione del distretto coronarico arteriolare. La
capacità massima di vasodilatazione secondaria a uno stimolo metabolico è
definita Riserva Coronarica.

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