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Lezione n°28 del 25/02/16

Anatomia II

DRENAGGIO LINFATICO E INNERVAZIONE PARIETALE TORACICA, MAMMELLA E INTRODUZIONE


ALLA CAVITA’ TORACICA

Paragrafo introduttivo: la Prof.ssa informa che lunedì prossimo lei non ci sarà a lezione e che quest’ultima sarà tenuta dal professor
Rodella; mercoledì, invece, ritornerà regolarmente la prof.ssa Rezzani. Relativamente agli argomenti della lezione, la docente
consiglia caldamente di avvalersi dei file di anatomia radiologica per affrontare lo studio.
Argomenti:
1) continuazione drenaggio linfatico della parete toracica;
2) innervazione parete toracica;
3) regione mammaria e mammella;
4) vascolarizzazione regione mammaria;
5) drenaggio linfatico regione mammaria;
6) innervazione regione mammaria;
7) Introduzione alla cavità toracica.

1) CONTINUAZIONE DRENAGGIO LINFATICO DELLA PARETE TORACICA

La docente elenca brevemente gli ultimi argomenti trattati


nella lezione precedente, ossia la vascolarizzazione venosa e
arteriosa della parete toracica, per poi proseguire con il
drenaggio linfatico.
Il drenaggio linfatico si divide in due porzioni: parietale, ossia
riguardante effettivamente la parete toracica dalla cute sino
alle ossa (può essere ulteriormente suddiviso in superficiale,
più vicino alla cute, e profondo, più vicino alle ossa), e
viscerale, che riguarda la cavità toracica (la docente comunica
che questo sarà trattato più avanti, precisamente al momento
dello studio dei visceri).
Il drenaggio della parete toracica è complesso: il superficiale
porta il 75-80% della linfa ai linfonodi ascellari, i quali
immettono la linfa a livello del tronco succlavio; il profondo ha
un numero di linfonodi maggiore: i parasternali (o toracici
interni), gli intercostali e i diaframmatici. I parasternali e gli
intercostali si immettono nei tronchi broncomediastinici, i quali
vanno al dotto toracico o al dotto linfatico destro; gli
intercostali e i diaframmatici vanno direttamente a livello del
dotto toracico.
Analizzando questa circolazione si è notato che lo stretto
rapporto tra la cavità toracica e quella addominale è dimostrato
anche dal fatto che la linfa dei visceri addominali è drenata dai
linfonodi diaframmatici e che il senso di percorrenza è
dall’addome verso il torace, precisamente dalla cisterna del
chilo alla succlavia, o meglio, ai linfonodi in corrispondenza
della succlavia. Inoltre, in caso di tumori, la prof.ssa pone
l’attenzione sull'importanza delle varie anastomosi tra i vasi
linfatici.

2) INNERVAZIONE PARETE TORACICA


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La parete toracica è innervata dai rami anteriori che provengono dai nervi intercostali e da quelli del plesso brachiale;
essi intervengono anche nell'innervazione della componente muscolare, in quanto per parete toracica intendiamo la
cute e la componente muscolare fino ad arrivare alle ossa.
L'innervazione della parete toracica impegna i nervi di due diverse regioni: nervi intercostali che innervano la cute e i
muscoli intrinseci e i nervi del plesso brachiale per la cute e i muscoli toraco-appendicolari superiori.
Il diaframma invece, essendo il muscolo di confine tra l'addome e la cavità toracica, è innervato da nervi che
appartengono a entrambe le regioni addominali e toracica; tra quelli toracici ricordiamo il nervo frenico per la
componente motoria e gli ultimi 6 o 7 nervi intercostali per quella sensitiva. Per quanto riguarda la componente
viscerale consideriamo il nervo vago e la catena paravertebrale associata al simpatico.

3) REGIONE MAMMARIA E MAMMELLA

La regione mammaria è definita dalle seguenti linee superficiali: la linea cervico-toracica superiormente; il solco
sottomammario inferiormente; il margine dello sterno medialmente; la linea ascellare anteriore lateralmente, oppure
la linea ascellare media (in quanto, nel sesso femminile, la ghiandola si può estendere ulteriormente con una coda).

La mammella è definita come ghiandola sudoripara modificata. E’ un carattere sessuale secondario, in quanto ha un
inizio di sviluppo identico nei due sessi fino alla pubertà, periodo in cui, in base alla produzione di ormoni, si determina
uno sviluppo consecutivo progressivo nel sesso femminile; nel sesso maschile rimane immodificata.
Il processo di sviluppo embriologico della mammella inizia con la gemmazione (tra la 5a-6a settimana) dalla parete
ascellare sino a raggiungere la regione inguinale, seguendo, come percorso, una linea immaginaria detta linea del
latte. Al 49° giorno si ha l'abbozzo ectodermico nell'epiblasto. A livello toracico si ha l’ispessimento/proliferazione
della componente ectodermica fino a raggiungere il mesenchima (siamo sempre nella fase della gemmazione); quindi
l’inizio è un’interazione tra l’ectoderma e il mesoderma. Ciò determina la successiva penetrazione dei dotti, lobi, e
lobuli che vanno a costituire alla fine quella che è la ghiandola mammaria presente nei due sessi. In particolare: al
secondo mese compare il capezzolo e al terzo i dotti. Durante la pubertà si ha poi lo sviluppo dei lobuli e dei tubuli
nell'individuo femmina; dopo la pubertà e qualora ci sia allattamento, gli alveoli si associano alla produzione del latte
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e i dotti al trasporto. Associata alla componente alveolare, sempre nel sesso femminile, vediamo delle piccole cellule
di natura mioepiteliale: sono le cellule che permettono con la loro contrazione e azione la fuoriuscita del latte.
Nella donna i punti di repere caratterizzanti le mammelle sono mutevoli, in quanto, col tempo a causa di fattori
fisiologici come l'invecchiamento e quindi la menopausa, assistiamo ad un inevitabile afflosciamento delle stesse; nella
donna giovane si parla della linea che attraversa la 2-3 costa superiormente e della linea che attraversa la 6 costa
inferiormente (quella più coinvolta nell'abbassamento durante la menopausa).
Il capezzolo della mammella è posto centralmente rispetto alla ghiandola ed è subito riconoscibile per via di una
pigmentazione più accentuata e scura rispetto alla restante regione mammaria (e nella gravidanza e durante
l’allattamento è ancora più evidente). Il capezzolo è circondato dall'areola (o muscolo areolare) che presenta la stessa
pigmentazione e colorazione della ghiandola mammaria. Questa avvolge il capezzolo con una forma ad anello.
Anche a questo livello si identificano dei punti di repere: nella donna il punto di repere per individuare il capezzolo è
rappresentato dal quarto spazio intercostale; nel maschio, invece, si hanno due linee: una linea orizzontale tangente
al quarto spazio intercostale e una linea verticale a livello emiclaveare (detta linea emiclaveare).
A livello dell'areola troviamo delle protuberanze che diventano ben evidenti nella gravidanza ma soprattutto
nell’allattamento, i tubercoli di Montgomery, che hanno la capacità di produrre una sostanza lubrificante. Sono
ghiandole sudoripare e sebacee, integrate al muscolo areolare, che producono un liquido che facilita la fuoriuscita del
latte al momento della suzione
del neonato.
La ghiandola è di tipo tubulo-
alveolare: è capace di adattarsi
alla produzione di determinati
ormoni per la secrezione di latte.
Nella figura accanto è possibile
notare la differenza tra la
ghiandola mammaria di una
donna gravida (inferiormente) e
quella di una donna adulta non
in stato di gravidanza
(superiormente). Nella donna
gravida si vede come i lobuli
secretori con alveoli siano
funzionalmente attivi e occupino
quasi tutto lo spazio
intraghiandolare, mentre, nella
seconda, si nota più tessuto
adiposo e i lobuli secretori con
alveoli sono poco espansi.
Sempre nella figura è possibile
vedere come la ghiandola mammaria sia compresa tra uno sdoppiamento della fascia connettivale che avvolge il
grande pettorale (porzione azzurra della figura); è proprio grazie a tale sdoppiamento che è possibile includere la
ghiandola all'interno della parete toracica. Tra la ghiandola ed il muscolo grande pettorale è presente una spazio
retromammario (ossia dietro alla ghiandola e prima del muscolo) costituito da connettivo che serve a dare mobilità
(nella figura è apprezzabile come azzurro più intenso).
Il foglietto anteriore del grande pettorale si proietta all’interno della ghiandola (è lo stesso concetto dello stroma negli
organi pieni, proiezioni della capsula verso l’interno dell’organo): queste strutture connettivali definiscono il
legamento di Cooper o legamento sospensorio, che conferisce alla mammella una certa mobilità e, soprattutto nella
donna adulta, permette alla ghiandola di non afflosciarsi. Infatti nella donna anziana e in menopausa i legamenti di
Cooper perdono in consistenza e le mammelle si afflosciano. Inoltre nella donna anziana anche la parte ghiandolare va
incontro ad un processo di involuzione e la componente di tessuto adiposo prende il sopravvento. Quindi sia a causa
dell'aumento di tessuto adiposo nella ghiandola sia i legamenti di Cooper meno tesi fanno si che il limite fisiologico
inferiore si abbassi e cambi con l'avanzare dell'età. La prof.ssa ha ribadito alcuni cambiamenti della ghiandola tubulo
alveolare tra cui la maggior presenza di tessuto adiposo nella mammella a riposo rispetto a quella di una donna
gravida. Nella mammella funzionante sono più utilizzati i lobuli e questi aumentano di dimensione nelle singole unità,
cioè negli alveoli. Inoltre la componente areolare deve presentare il latte e per aiutare questo processo entrano in
funzione le cellule mioepiteliali. Tutto questo processo è permesso dagli ormoni come la prolattina che fanno sì che le
ghiandole siano stimolate a produrre latte materno per il neonato.
Anche l'epitelio dell'alveolo cambia la sua conformazione si schiaccia, diventando epitelio cubico o pavimentoso, dal
cilindrico originale; tutto questo è dovuto alla produzione del secreto.
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I dotti che trasportano il secreto verso il capezzolo si modificano durante il tragitto e partendo da dotti più grandi in
vicinanza dello sbocco (e quindi del capezzolo) si arriva ad avere dotti più piccoli in vicinanza degli alveoli. In
particolare, in vicinanza dello sbocco, trovo dotti ghiandolari più grandi e caratterizzati da epitelio bistratificato,
mentre, in vicinanza dell'alveolo, trovo dotti meno grandi con epitelio monostratificato. L'epitelio di tali dotti definiti
galattofori è di tipo cilindrico o cubico. I dotti più vicini alla cute hanno orifizi che determinano la fuoriuscita del latte
durante la suzione. Tali orifizi si aprono solo durante la gravidanza (durante la produzione di latte), mentre rimangono
chiusi per il restante periodo. I dotti molto vicini alla cute ed anche in continuità con essa hanno la particolarità di
avere un epitelio squamoso cheratinizzato che fa da “trait d'union” con la cheratina del capezzolo.
Tra i vari lobuli che formano la ghiandola e al loro interno, durante lo stato funzionante della mammella, oltre alle
cellule mioepiteliali è presente tessuto connettivo con configurazione diversa a seconda che sia intralobulare oppure
interlobulare. All'interno del lobulo c’è connettivo lasso, mentre tra i vari lobuli c’è connettivo denso periduttale,
costituito da fibrocollagene. Quindi la ghiandola mammaria è costituita da tessuto connettivale e adiposo oltre che
epiteliale di tipo ghiandolare.

Nell'immagine di dissezione sovrastante si vede la mammella di una donna anziana, riconoscibile per via
dell’abbondante tessuto adiposo e dei lobuli e dotti atrofici.

4) VASCOLARIZZAZIONE DELLA GHIANDOLA MAMMARIA

La ghiandola mammaria appartiene alla parete toracica e quindi è vascolarizzata dalle stesse strutture arteriose e
venose.
Arterie:
1. arteria toracica interna (mammaria interna). Nel sesso femminile la vascolarizzazione coinvolge
maggiormente i rami collaterali della mammaria interna che in questo caso sono i rami intercostali anteriori.
Tali rami collaterali dell'arteria mammaria sono quelli di maggiore calibro e sono soprattutto coinvolti nella
vascolarizzazione della parte medio-laterale della ghiandola;
2. rami che derivano dall'arteria ascellare;
3. arteria succlavia/ascellare in vicinanza della porzione più laterale della mammella.
La ghiandola mammaria si prolunga spesso, in percentuale statisticamente maggiore nel sesso femminile, in direzione
della linea ascellare media formando la coda ascellare. Quindi negli individui in cui è presente tale prolungamento la
ghiandola è vascolarizzata anche dalle arterie che vascolarizzano tale regione (si riveda la sbobina n°27 per
chiarimenti).
Vene:
Per quanto riguarda il drenaggio venoso la prof.ssa ribadisce il concetto che la ghiandola è drenata dalle stesse
strutture che drenano la parete toracica. Il sangue si porta dal plesso venoso circolare intorno all’areola e dal tessuto

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ghiandolare della mammella alle vene ascellare, toracica interna e intercostale attraverso le vene che accompagnano
le arterie corrispondenti.

5) DRENAGGIO LINFATICO DELLA GHIANDOLA MAMMARIA

I vasi linfatici che drenano la ghiandola sono gli stessi che drenano la parete toracica, la regione ascellare ed anche la
porzione sopraclavicolare. Tutto questo fa sì che i diversi linfonodi possano essere intaccati da un tumore che inizia a
svilupparsi nella regione mammaria.
L'intero drenaggio linfatico della ghiandola coinvolge linfonodi associati, oltre che alla ghiandola stessa, anche
all'areola e al capezzolo; questa rete linfonodale si divide poi in una rete superficiale e una rete profonda. La linfa può
quindi seguire vie di sbocco differenti e raggiungere diverse regioni. In particolare: medialmente la linfa va ai linfonodi
parasternali; più lateralmente va ai linfonodi del cavo ascellare che sono anche i linfonodi principali del drenaggio
della parete toracica ed infine, a livello dei muscoli estrinseci del torace (il grande ed il piccolo pettorale), si hanno i
dotti che trasportano la linfa ai linfonodi pettorali.
I linfonodi parasternali, pettorali e ascellari possiedono dei collegamenti che permettono di avere un ulteriore punto
di drenaggio linfatico a livello della regione sopraclavicolare. La linfa della ghiandola mammaria è in grado quindi di
raggiungere i linfonodi sopraclavicolari e clavicolari grazie a tali anastomosi.
Tutto questo ha però un risvolto negativo in caso di tumori perché le cellule tumorali possono metastatizzare e
raggiungere anche il collo. Inoltre la linfa trasportata ai linfonodi ascellari, da questi raggiunge il tronco succlavio,
mentre la linfa dei linfonodi sopraclavicolari raggiunge il tronco giugulare. Anche i linfonodi parasternali permettono
alla linfa che li raggiunge di drenare in una struttura differente: si tratta del tronco broncomediastinico. Inoltre questi
linfonodi si dividono in linfonodi parasternali destri e linfonodi parasternali sinistri, permettendo il passaggio di
eventuali cellule tumorali dalla porzione di destra a quella di sinistra.
Dal punto di vista clinico è importante avere consapevolezza di tutto questo sistema di comunicazioni; utile strumento
per il medico possono essere i linfonodi sentinella: essi sono i linfonodi che si ingrossano in caso di tumore ed in base
alla regione in cui si trovano fanno capire al medico dove sia sorto il tumore e quali ulteriori linfonodi potrebbe
intaccare.

6) INNERVAZIONE REGIONE MAMMARIA

Innanzitutto la produzione di latte è sotto stretto controllo ormonale, infatti ormoni ipofisari e ovarici (estrogeni e
progesterone) regolano la ghiandola e le permettono di passare dallo stato inattivo allo stato attivo durante la
gravidanza.
Detto questo la ghiandola è innervata da rami dei nervi intercostali (4° e 6°) che possiedono fibre sensitive cutanee e
simpatiche (nella regione toracica) per la secrezione ghiandolare. Tali fibre stimolano l'aumento dei lobuli, degli alveoli
e la contrazione delle cellule mioepiteliali per facilitare la fuoriuscita del latte materno.
Il capezzolo invece è innervato dal ramo anteriore del quarto nervo intercostale (il nervo cutaneo laterale T4) che, in
vicinanza dell'epitelio, presenta recettori sensibili alla suzione del neonato, ovvero le terminazioni libere e i corpuscoli
di Meissner. Infatti la suzione del neonato stimola i dotti dotati di orifizi in vicinanza dei capezzoli e ne determina
l'apertura durante l'allattamento.

7) INTRODUZIONE ALLA CAVITÀ TORACICA

La cavità toracica si divide in mediastino e in due logge pleuropolmonari destra e sinistra; queste ultime sono così
chiamate perchè sono avvolte dalla pleura. Il mediastino si trova in posizione centrale, leggermente spostato a sinistra
per via della presenza del cuore.
Di seguito sono raffigurate le due immagini proiettate a lezione:

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Guardando la prima immagine radiologica la docente fa notare (dall’alto) il parenchima polmonare, l’albero
respiratorio, la parte di avvolgimento terminale del cuore e inizio del polmone sinistro che è detta lingula. Addossato
alla colonna e spostato a sinistra c’è un vaso di grosse dimensioni che fa parte della componente vascolare arteriosa:
si tratta dell’aorta discendente toracica; associato a lei c’è un viscere schiacciato lungo tutto il mediastino e la cavità
toracica che arriva in ultimo step nella cavità addominale attraversando l’orifizio: è l’esofago. La parte di punta del
cuore detta apice è costituita per la gran parte dal ventricolo sinistro.
Nell'immagine radiologica sottostante, invece, è raffigurata la silhouette del cuore, ossia la proiezione di tale organo
sulla parete toracica. La silhouette permette di evidenziare i vari archi a destra e a sinistra che compongono il cuore: si
parla di due archi a destra e tre a sinistra. Agli archi corrisponde la presenza di componenti vascolari e cardiache
diverse a seconda che siano a destra o sinistra. I tre archi visibili a sinistra sono dati (in ordine dall’alto verso il basso):
il primo dall’arco aortico, il secondo dal tronco polmonare, il terzo, che raggiunge l’apice del cuore, dal ventricolo
sinistro; i due archi visibili a destra (sempre procedendo dall’alto): il primo dalla vena cava superiore, il secondo dalla
componente atriale, ossia l’atrio destro. Tali archi sono importanti dal punto di vista clinico perché permettono di
valutare se si ha ipertrofia oppure se si è in salute, e questo è possibile in base al grado di rigonfiamento degli archi.

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Il mediastino è racchiuso tra la linea cervico-toracica e la linea toraco-addominale; esso è diviso in mediastino
superiore e mediastino inferiore dal piano che passa per l'angolo di Louis (angolo che divide il manubrio dal corpo
dello sterno a livello di T4 e T5). Il particolare si definisce il mediastino superiore da T1 fino a T4-T5, mentre il
mediastino inferiore da T4-T5 fino a T12. Il mediastino inferiore può essere a sua volta suddiviso in anteriore, medio e
posteriore.

[n.d.r. la prof.ssa afferma che una possibile domanda all'esame potrebbe essere: spiegami cosa vedi in questa
immagine anatomica/radiologica del torace]

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