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Materia: Fisiologia
Appunti di: Edoardo Perdoncin
Argomenti: Liberazione del neurotrasmettitore, ciclo delle vescicole sinaptiche, inibizione presinaptica e
facilitazione presinaptica
La lezione di oggi è l’ultima sulla trasmissione sinaptica, dalla prossima inizieremo a parlare del muscolo e
della contrazione muscolare.
I potenziali di placca in miniatura, chiamati anche MEPP (dall’inglese “miniature end plate potential”),
vengono rilasciati con una frequenza di circa uno al secondo.
Si è dimostrato che i MEPP rappresentano il rilascio spontaneo, tramite
esocitosi, di singole vescicole sinaptiche: vengono liberate
indipendentemente, e con bassa probabilità, dall’arrivo del potenziale
d’azione dal nervo motore. Generalmente la depolarizzazione indotta dal
potenziale d’azione e il conseguente aumento del calcio all’interno del
bottone sinaptico aumentano la probabilità di rilascio delle vescicole
sinaptiche.
È stato dimostrato che il potenziale di placca non è altro che la somma di
un numero elevato di quanti unitari di neurotrasmettitore.
Tramite questo esperimento studiamo un potenziale di placca indotto da
un potenziale d’azione, quindi tramite stimolazione del motoneurone.
Guardando il grafico, il piccolo artefatto indica il momento esatto in cui lo
stimolo viene applicato. A sinistra di esso, cioè prima della stimolazione,
vediamo potenziali di placca in miniatura spontanei (indicati con “S”) e non
correlati allo stimolo; infatti, in tutti questi casi a volte ci sono e a volte no
ad intervalli casuali. A destra invece, il picco rappresenta il potenziale di
placca. Quest’ultimo è stato ridotto di ampiezza attraverso una riduzione
della concentrazione di calcio extracellulare: basse concentrazioni di calcio
determinano bassi potenziali di placca. Successivamente, a questo potenziale indotto sperimentalmente
possono seguire ancora altri potenziali di placca in miniatura spontanei.
Misurando l’ampiezza dei potenziali di placca, indotti sempre in condizioni di basse concentrazioni di calcio
extracellulare, si nota che questi rappresentano un multiplo di una unità minima, il cui valore è pari a quello
dei potenziali di placca in miniatura spontanei.
Nell’immagine sottostante, l’istogramma nel riquadro mostra l’ampiezza dei potenziali di placca in miniatura
(intorno a 0,4-0,5 mV).
Se facciamo un altro istogramma con le distribuzioni delle ampiezze dei potenziali indotti (sempre in
condizioni di basse concentrazioni di calcio extracellulare), notiamo che c’è un numero elevato di questi bassi
potenziali che hanno esattamente la stessa ampiezza dei potenziali di placa in miniatura; a volte vengono
rilasciati con ampiezza doppia, cioè 0,8 mV, o tripla (o superiori): questo indica che il potenziale d’azione ha
rilasciato rispettivamente due o tre (o più) vescicole. In alcuni casi l’entrata di calcio non è sufficiente a far
rilasciare nemmeno una vescicola (indicati nel grafico con “Mancata risposta”).
Circa il 90% dell’acetilcolina rilasciata nella giunzione neuromuscolare viene liberata in modo lento e continuo
dalle centinaia di zone attive presenti sulla placca neuromuscolare. Dato che questo rilascio avviene in modo
asincrono, non genera un potenziale d’azione. Invece, quando arriva un potenziale d’azione, il rilascio
sincrono di un grande numero di vescicole determina una depolarizzazione tale da indurre la contrazione del
muscolo.
Da ricordare che la giunzione neuromuscolare rappresenta un’eccezione nella famiglia delle sinapsi chimiche,
in quanto si ha un rapporto 1:1 tra potenziale d’azione nell’elemento presinaptico e nell’elemento post-
sinaptico (fibra muscolare scheletrica); nella maggior parte dei casi non è, invece, così, e si avranno potenziali
post-sinaptici di pochi mV, mentre nel caso della giunzione neuromuscolare si arriva anche a 70 mV.
Considerando che il potenziale di placca in miniatura è di 0,5 mV e la variazione di voltaggio necessaria per
aprire un singolo canale è circa 0,3 µV (il professore dice che tale valore non è da ricordare, ndr), si calcola
che il rilascio di un quanto apre circa 2000 canali; per ogni canale servono due molecole di acetilcolina, che
si legano alle due subunità α; considerando inoltre che una certa quota di acetilcolina diffonde via dallo spazio
sinaptico prima ancora di riuscire ad attivare un canale e un’altra quota viene idrolizzata dalla acetilcolina
esterasi prima che possano legarsi al canale, possiamo dire che un quanto contenuto in una vescicola
corrisponde a circa 5000 molecole di acetilcolina. Il potenziale di placca nella giunzione neuromuscolare
richiede il rilascio di circa 150 quanti che vengono liberati da circa 300 zone attive. Questo ci dice che ogni
volta che arriva un potenziale d’azione sulla placca neuromuscolare, ogni zona attiva rilascia un quanto
(quando va bene), mentre in molti casi infatti non ne libera neanche uno. Nell’esempio precedente la
probabilità di rilascio di una vescicola per ogni zona attiva era del 50% (300/150). A livello muscolare abbiamo
un valore così grande di potenziale d’azione postsinaptico perché viene rilasciato un numero elevato di
vescicole sinaptiche (circa 100-200).
Tutto questo avviene anche nel sistema nervoso centrale. La probabilità di rilascio di un quanto a livello delle
sinapsi centrali varia dal 10% al 90%: 90% indica che quasi sempre viene rilasciata una vescicola, 10% indica
che il bottone sinaptico rilascia una volta su dieci una vescicola sinaptica quando viene invaso da un
potenziale d’azione. Questo permette la plasticità sinaptica, infatti la probabilità di rilascio del
neurotrasmettitore viene modulata in modo plastico e adattativo attraverso i meccanismi che abbiamo in
parte visto nelle lezioni precedenti. Oltre a variare la probabilità di rilascio, questi meccanismi plastici e
adattativi a livello sinaptico determinano il cambiamento anche del numero di bottoni sinaptici e di zone
attive in essi contenuti.
Nelle sinapsi centrali un bottone può presentare da 1 a 4 zone attive e un potenziale d’azione determinare il
rilascio da 0 a 2 vescicole per ogni zona attiva, con il rilascio da 1 a 5 quanti per bottone. I canali attivati a
livello postsinaptico nel sistema nervoso centrale sono in numero minore rispetto a quelli attivati nella
giunzione neuromuscolare perché la loro densità è minore. Per questo motivo l’EPSP, il potenziale
postsinaptico eccitatorio, nel SNC è di circa 1-2 mV o inferiore.
Ci sono anche delle eccezioni, per esempio la sinapsi tra fibra rampicante e cellula di Purkinje nel cervelletto:
in questo caso abbiamo un rapporto 1:1 tra il potenziale d’azione che viaggia nella fibra rampicante e il
potenziale d’azione generato dalla cellula di Purkinje. Questo avviene perché la fibra rampicante, come dice
il nome stesso, si arrampica e si avvinghia intorno alla proiezione dendritica della cellula di Purkinje formando
circa 10000 bottoni sinaptici; viene rilasciato così tanto glutammato da indurre un potenziale postsinaptico
eccitatorio talmente ampio da far scaricare non solo un potenziale in quest’ultima cellula, ma un treno ad
alta frequenza di potenziali. Questa eccezione è determinata quindi dal fatto che l’assone contrae un numero
elevatissimo di bottoni sinaptici con la cellula postsinaptica.
Bisogna sempre ricordare che tutto questo può essere modificato in modo adattativo dal tipo di attività con
la quale questa sinapsi viene attivata.
In questa immagine sono mostrate le concentrazioni di calcio a livello della terminazione sinaptica di una
giunzione neuromuscolare. Dove la concentrazione è elevata sono presenti canali voltaggio dipendenti.
Andando ad un ingrandimento maggiore è possibile notare che i canali del calcio della membrana
presinaptica sono concentrati all’altezza delle zone in cui sulla membrana postsinaptica sono presenti i
recettori per l’acetilcolina.
Dopo la stimolazione massiva della zona attiva, sempre in quest’area, si ha la formazione di cavità vellutate:
rappresentano le vescicole coperte da clatrina che vengono recuperate dalla membrana. Questo processo va
avanti per più di un minuto; non è l’unico meccanismo di recupero, ma è il più lento e interviene in seguito
ad attivazione massiva della sinapsi.
Le vescicole già pronte per l’esocitosi sono unite da un “nastro” di proteine che le mantiene in situ. Il tempo
richiesto da una vescicola del pool di riserva per migrare fino alla zona attiva è troppo lungo, per questo si ha
l’esocitosi di quelle già ancorate.
CICLO DELLE VESCICOLE SINAPTICHE
MOBILITAZIONE DELLE VESCICOLE SINAPTICHE
Il calcio è indispensabile per aumentare la probabilità di esocitosi.
Non è indispensabile solo per questo motivo, ma anche per la
mobilitazione delle vescicole sinaptiche. Le vescicole di riserva, circa
200-300, si trovano legate al citoscheletro, principalmente ai
filamenti di actina. La sinapsina (di cui ne esistono più tipi), una
proteina della membrana vescicolare, tiene legate le vescicole al
citoscheletro. Il calcio che entra dai canali voltaggio dipendenti,
soprattutto gli N ma anche P/Q, favorisce l’esocitosi e
contemporaneamente va ad attivare una proteinchinasi calcio-
calmodulina dipendente (4 ioni calcio legano una molecola di
calmodulina). La proteinchinasi, così attivata, va a fosforilare le
sinapsine favorendo il distacco delle vescicole dal citoscheletro.
La sinapsina fosforilata va a legare un’altra vescicola (appena
recuperata tramite riciclaggio vescicolare) e insieme si fisseranno ai
filamenti di actina per ricostituire il pool di riserva.
PRIMING ED ESOCITOSI
Sulla membrana della vescicola sinaptica ci sono numerose proteine, per alcune delle quali non si conoscono
ancora le funzioni.
Sono importanti per legare le vescicole alla zona attiva, per promuovere l’esocitosi e per accumulare il
neurotrasmettitore all’interno della vescicola stessa.
Un ruolo fondamentale è svolto dal complesso SNARE (acronimo, la cui traduzione significa “intrappolare”),
costituito da 3 proteine, il cui meccanismo si mantiene conservato e inalterato per tutta la filogenesi (a partire
dai lieviti, passando per batteri e vegetali, arrivando fino all’uomo), il quale sta alla base della fusione tra
membrane cellulari diverse.
La prima proteina è la sinaptobrevina, una v snare (“v” sta per vescicle, indica che si trova sulla membrana
della vescicola), le altre sono SNAP-25 e Sintaxina, entrambe t snare (“t” sta per target, cioè la membrana
del bottone sinaptico). Queste tre proteine si legano insieme in modo molto forte grazie ad una quarta
proteina, Munc18, che inizialmente è legata alla Sintaxina. Se si idrolizzasse anche solo una di queste,
l’esocitosi delle vescicole non avverrebbe e di conseguenza nemmeno la trasmissione sinaptica.
Il primo passaggio della fusione vescicolare è mettere a contatto le due membrane. Entrambe, però,
contengono sulla loro superficie esterna delle cariche negative con la relativa acqua di idratazione legata alla
testa dei fosfolipidi di membrana. Per poterlo fare occorre un ambente energeticamente favorevole: non è
così semplice avvicinare le due membrane. Inizialmente si pensava che queste tre proteine, unendosi a
formare il complesso SNARE, insieme a Munc18 fossero importanti anche per determinare l’esocitosi. In
seguito si è dimostrato che questa ipotesi era sbagliata.
La loro funzione è quella di permettere il priming, cioè mettono la vescicola in posizione per l’esocitosi. Ci
sono dei meccanismi di altre proteine che, in questo momento, bloccano il rilascio della stessa. Nonostante
ciò, in alcuni casi è possibile notare un iniziale poro di fusione che però non progredisce fino all’esocitosi
completa. Forse questo meccanismo è la causa dei potenziali di placca in miniatura spontanei.
Il legame tra le 3 proteine che formano lo SNARE è così forte che, in seguito ad esocitosi determinata dal
calcio attraverso altre proteine, per staccare e recuperare la vescicola dalla membrana è necessario utilizzare
energia scindendo ATP tramite la proteina NSF (fattore solubile).
Sinaptobrevina, Sintaxina e SNAP-25 sono il bersaglio di azione di molte tossine che provocano paralisi. Per
esempio le tossine del botulino e del tetano. I vari tipi di tossina idrolizzano le tre proteine in punti diversi
bloccando la trasmissione sinaptica. Per quanto riguarda il botulino abbiamo paralisi dei muscoli mentre per
il tetano il meccanismo è più complesso perché viene trasportato a livello centrale dal flusso assonico e qui
blocca la trasmissione degli interneuroni inibitori provocando una contrazione tonica.
Senza il priming, l’esocitosi non può avvenire.
Ci sono altre due proteine: Munc13 (che non ha niente a che fare con Munc18) e RIM. RIM, insieme a
Munc13, sembra essere importante per inibire la fusione delle membrane (e quindi che l’esocitosi avvenga
in modo incontrollato) e per riconoscere e legare Rab3. Le vescicole, una volta liberate dal citoscheletro,
devono essere indirizzate verso la zona attiva. Non è chiaro il meccanismo con cui questo avviene ma è noto
che la proteina Rab3 svolge un ruolo importante in questo processo. Rab3 è una proteina monomerica che
lega GTP, idrolizzandolo, e che si trova legata alla membrana della vescicola.
Per far avvenire l’esocitosi è presente un sensore di calcio, il quale è una proteina della vescicola: la
Sinaptotagmina. Questa presenta due siti di legame extracellulari, C2A e C2B, che legano rispettivamente 3
e 2 ioni calcio. In totale, quindi, sono 5 gli ioni calcio ad essere legati a questa proteina. Questo rispecchia
molto bene il modello visto precedentemente (quando abbiamo parlato della probabilità di rilascio del
neurotrasmettitore in funzione della concentrazione di calcio) che prevendeva il legame cooperativo di 5 ioni
calcio. Quando avviene il legame tra Sinaptogamina e 5 ioni calcio, le due membrane si fondono e si forma
un poro di fusione e avviene l’esocitosi.
Nella maggior parte dei casi la membrana della vescicola non si fonde completamente con quella
presinaptica: si forma un poro attraverso il quale il neurotrasmettitore diffonde rapidamente e si richiude.
Resta aperto per pochissimo tempo, frazioni di millisecondo.
La fusione completa può avvenire solo nei casi di attivazione massiccia della sinapsi, cioè quando la frequenza
di esocitosi è molto elevata. Quindi, in condizioni normali questo non avviene e si viene a creare una fusione
solo parziale, con la formazione di un poro di fusione che poi si chiude.
Considerando il ciclo delle vescicole sinaptiche, abbiamo già trattato la maggior parte dei meccanismi.
Ora prenderemo in esame più dettagliatamente quello di Rab3. Una volta che la vescicola si stacca dal
citoscheletro dal pool di riserva deve essere indirizzata. Rab3, quando lega GTP, entra a far parte della
membrana vescicolare e, con meccanismi non ancora chiarissimi, ne determina l’indirizzamento. Il
riconoscimento di RIM e Munc13 è condizione necessaria per portarla nella zona attiva e formare il
complesso SNARE che determina il priming. Dopo il priming, Rab3 idrolizza il GTP in GDP + P i, processo che
utilizza energia, e torna nel citoplasma per riformare Rab3-GTP che a sua volta compirà nuovamente il ciclo.
Questo meccanismo richiede energia sia per portare la vescicola e farla fondere, sia per sciogliere il
complesso SNARE per recuperare la membrana vescicolare. Infatti NSF, attraverso idrolisi di una molecola di
ATP, permette lo scioglimento del complesso SNARE.
Nell’immagine viene mostrato il recupero tramite clatrina, il quale avviene solo in particolari condizioni.
MECCANISMI DI RECUPERO VESCICOLE SINAPTICHE
I meccanismi di recupero delle vescicole sinaptiche sono 3, di cui uno avviene molto raramente e, molto
probabilmente, non ha valore fisiologico vero (anche se è stato riscontrato in condizioni sperimentali).
1. Poro di fusione reversibile: avviene più frequentemente. Bastano da poche decine a centinaia di
millisecondi per il recupero perché si viene a formare un poro di fusione (attraverso il quale il
neurotrasmettitore esce per diffusione nello spazio sinaptico) e non un incorporamento completo
della membrana vescicolare con quella della zona attiva. La vescicola, dopo essersi richiusa, torna nel
citoplasma (dove ci sono dei meccanismi per concentrare il neurotrasmettitore in essa) e nel pool di
riserva.
2. Riciclaggio mediato da clatrina: avviene in seguito a stimolazione frequente, con elevata frequenza
di scarica. del bottone sinaptico. In questo caso si ha la fusione completa delle due membrane. Il
meccanismo è molto più lento, dura circa un minuto, e richiede la clatrina, proteina intracellulare
che tira verso l’interno la porzione di membrana vescicolare. La vescicola appena formata non può
essere riempita direttamente ma deve entrare prima nel sistema endosomiale per poi essere
ricostituite, richiedendo per questo tempi decisamente più lunghi (qualche minuto).
3. Recupero di massa: avviene quando l’attivazione è molto forte e c’è fusione massiva di numerose
vescicole. Non richiede l’intervento della clatrina. Probabilmente questo meccanismo non accade a
livello fisiologico.
Il primo meccanismo di recupero della vescicola è, quindi, molto rapido ed efficiente, il che è dovuto
principalmente alla mancata fusione completa delle due membrane.
Nel secondo tipo di inibizione presinaptica intervengono le subunità β γ della proteina G. Queste subunità,
associate a recettori metabotropici, determinano o la chiusura dei canali al calcio o l’apertura dei canali al
potassio o entrambe. Aprendo i canali al potassio si aumenta lo shunt delle correnti e chiudendo quelli al
calcio si aumenta ulteriormente l’inibizione (impedendo l’esocitosi che ricordiamo essere calcio-dipendente).
Esiste anche un terzo meccanismo, non molto chiaro, nel quale le subunità β γ sono in grado di modificare
l’affinità del calcio con le proteine che determinano l’esocitosi, come la sinaptotagmina, diminuendone la
probabilità di rilascio.
Ci sono casi in cui si ha facilitazione presinaptica: l’azione della cellula C2 (chiamata così nel disegno
sottostante) è quella di favorire la trasmissione sinaptica tra le cellule A e B. Il meccanismo è quello che
abbiamo già trovato a livello dei gangli del SNA, cioè una riduzione della corrente al potassio che prolunga il
potenziale d’azione e quindi aumenta (il professore dice “riduce” ma in seguito ad una domanda di uno
studente si corregge dicendo che la slide proiettata a lezione conteneva questo errore, ndr) anche l’entrata
del calcio. Ci sono infatti dei recettori metabotropici che sono in grado di chiudere una conduttanza. In questo
caso, chiudendo la conduttanza al potassio, si determina una depolarizzazione di piccola ampiezza ma che
dura nel tempo, la quale favorisce l’entrata del calcio e prolunga l’azione del potenziale d’azione.
Concludendo, a livello presinaptico abbiamo entrambe le possibilità: facilitazione e inibizione. Quest’ultima
è più comune nel sistema nervoso.