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Ictus è un termine latino che letteralmente significa "colpo" (in inglese "stroke"). In Medicina indica un
dannocerebrale persistente, ad esordio acuto, dovuto a cause vascolari. L'Organizzazione Mondiale della
Salute (OMS) lo definisce come l'improvvisa (ecco perché "ictus") comparsa di segni e/o sintomi riferibili a
deficit focale e/o globale (coma) delle funzioni cerebrali, di durata superiore alle 24 ore o ad esito infausto
(è importante precisare che un intervento tempestivo può dare risultati insperati).
L’ictus cerebrale in Italia rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le
neoplasie; è la prima causa assoluta di disabilità.
Sempre in Italia ogni anno circa 200.000 persone vengono colpite da ictus cerebrale, di cui l'80% sono i
nuovi casi e la restante parte è costituita dalle recidive. Il 75% dei casi di ictus colpisce le persone con più di
65 anni e circa 10.000 eventi capitano a chi ha meno di 55 anni. Ogni anno un medico di famiglia italiano ha
almeno 4-7 pazienti che vengono colpiti da ictus cerebrale e deve seguirne almeno una ventina soprav-
vissuti con esiti invalidanti.
Il 10-20% delle persone colpite da ictus cerebrale per la prima volta muore entro un mese ed un altro 10%
entro il primo anno. Fra le restanti circa un terzo sopravvive con un grado di disabilità elevato, tanto da
renderle non autonome, un terzo circa presenta un grado di disabilità lieve o moderato che gli permette di
tornare al proprio domicilio in modo parzialmente autonomo e un terzo, i più fortunati o comunque coloro
che sono stati colpiti da un ictus in forma lieve, tornano totalmente autonomi al proprio domicilio.
Coloro che sopravvivono con una disabilità importante spesso richiedono l'istituzionalizzazione in reparti di
lungodegenza o in residenze sanitarie assistenziali; alcune famiglie, ma non tutte se lo possono permettere,
si organizzano per riaccogliere il parente a domicilio. Inutile dire che i costi sia a carico delle famiglie che del
sistema sanitario nazionale sono elevatissimi. Sotto l'aspetto psicologico, personale e familiare, poi, i costi
non sono calcolabili: per tutti questi motivi, l'ictus rappresenta un vero e proprio problema sociale. l'ictus è
un danno dovuto a cause vascolari. Il cervello riceve il sangue da diverse arterie (vasi sanguigni che dal
cuore portano sangue e ossigeno in tutto il corpo): anteriormente da due arterie chiamate carotidi (destra
e sinistra) e posteriormente dalle arterie vertebrali, che decorrono in entrambi i lati del collo.
Il cervello, per lavorare in modo corretto, ha bisogno più di qualsiasi altro organo di un continuo apporto di
ossigeno e di nutrimento tramite il sangue, del buon funzionamento dei vasi sanguigni e della normale
contrazione del cuore. Il danno a questi vasi sanguigni può essere di due tipi: il vaso si può occludere (per
aterosclerosi, trombi, coaguli, ecc..) e in questo caso parliamo di ictus ischemico (che rappresenta circa il
75% dei casi) il vaso può andare incontro a rottura (soprattutto per ipertensione, aneurismi, ecc...) e si parla
di ictus emorragico (rappresenta il restante 25% circa).
Nelle forme ischemiche la parte di cervello che viene irrorata dal vaso occluso non viene più rifornita di
sangue e ossigeno, fondamentali per consentire la sopravvivenza delle cellule cerebrali, che vanno quindi
incontro a morte cellulare (necrosi) mentre nelle forme emorragiche il sangue distrugge, con azione mec-
canica, una parte del cervello.
L’emiplegia e una sindrome caratterizzata clinicamente da deficit dell’attivita motoria volontaria di una
meta del corpo, che sopravviene in seguito ad una lesione(ad esempio in seguito ad un ictus) situata
generalmente nell’emisfero cerebrale opposto all’emisoma plegico .
il soggetto post-ictus attraversa di solito nel suo percorso queste fasi:
fase sub-acuta, in cui prevale la paralisi spastica e i segni vanno incontro a stabilizzazione. In questa
fase si manifestano sincinesie o sinergie, reazioni associate
L’emiplegia non è caratterizzata dalla sola invalidità motoria, nella maggior parte dei casi si associano a
disturbi sensitivi e deficit delle funzioni corticali superiori ,inoltre può produrre complicanze che esitano in
retrazioni muscolo-tendinee e ipostenia muscolare.
Nel soggetto emiplegico stabilizzato tuttavia il segno distintivi tipicamente apprezzabile è quello della
spasticita
Con questo termine si designa un segno clinico che consiste in un abnorme aumento del tono muscolare
che può originare da una lesione del cervello o del midollo spinale.
Compare circa 2-3 settimane dopo l’ictus. E’ dovuto ad un mancato controllo del sistema piramidale sul
circuito gamma dei motoneuroni.
La spasticità è:
La spasticità rappresenta un grande problema nel trattamento dei pazienti adulti con emiplegia. Gradi
severi di spasticità fanno si che il movimento risulti impossibile, mentre la spasticità moderata permette
solamente per alcuni pazienti movimenti lenti ed anormali compiuti con grande sforzo.
Con una spasticità leggera la coordinazione può essere abbastanza normale riguarda i movimenti grossi, ma
i movimenti fini degli arti saranno impossibili, o compiuti lentamente e grossolanamente.
Questo mostra la relazione intima tra spasticità e movimento, e punta al fatto che la spasticità può essere
ritenuta responsabile del deficit motorio del paziente . La spasticità interferisce sull'abilità del paziente nel
muoversi :
La Spasticità è coordinata in schemi definiti e provoca posture anormali e tipiche che impediscono il
movimento del paziente e che non può cambiare per muoversi. I movimenti hanno bisogno di un
continuo cambiamento di posture. La postura normale è in flusso continuo e dovrebbe essere
considerata come " movimento temporaneamente arrestato’’ piuttosto che mantenimento di
alcuni atteggiamenti statici. I modelli statici e stereotipati di spasticità dominano e limitano l'attività
motoria del paziente ad un maggiore o minore estensione, dipendendo dal grado della spasticità.
La spasticità limita il range dell’articolazione e l’escursione del movimento attraverso la co-
contrazione. La co-contrazione è un fenomeno fisiologico normale che serve per l’appoggio del
peso corporeo contro la gravità e per la fissazione, sono i muscoli agonisti ed antagonisti che
contraggono simultaneamente. In condizioni spastiche la co-contrazione è esagerata ed interferisce
nel grado normale di rilasciamento degli antagonisti quando i promotori sono contratti.
La spasticità aumenta con lo sforzo volontario, esso aumenta la spasticità attraverso reazioni
associate molto estese. Quando trattiamo i pazienti spastici bisogna saper differenziare tra i
movimenti associati. Reazioni associate, come osservato da “Walshe” nei pazienti emiplegici,
furono chiamate da lui "riflessi tonici che agiscono da un arto all’altro", perché, nel confronto ai
veri movimenti, loro sono soltanto cambi di tono posturale, che danno luogo ad un aumento della
spasticità esistente, con il suo tipico schema, quando il paziente compie un movimento volontario,
con sforzo sia sul lato sano, che del lato leso.
D'altra parte movimenti associati normalmente sono movimenti coordinati di un lato del corpo che
accade come un risultato di rinforzamento da movimenti iniziati e compiuti con sforzo o sotto le
difficoltà sul lato opposto del corpo. Questi movimenti possono essere visti nei giovani bambini ed
anche negli adulti quando ci sono nuove attività , che sono difficile da compiere, vengono provate
ed imparate.Movimenti associati del lato leso, dovuto ad uno sforzo sul lato sano, non possono
essere ottenuti nella presenza di spasticità, solo che ci sarà un aumento della spasticità e delle
anormali reazioni posturali associate.
La spasticità interferisce sulla capacità funzionali selettive mentre i muscoli possono agire
solamente in alcuni schemi totali. La scelta necessaria della combinazioni di vari schemi per le
abilità di mano e per una normale deambulazione è impossibile per il paziente (così come dare una
sinergia fissa alle parti prossimali per i movimenti distali).
La spasticità produce una apparente debolezza dei muscoli antagonisti ai gruppi muscolari spastici,
dando una resistenza eccessiva alla loro contrazione.
La spasticità è soltanto una delle componenti della Sindrome da Lesione del Motoneurone Superiore
(UMN),conosciuta come un fenomeno “positivo” caratterizzato da un’iperattività muscolare.
Le altre componenti includono l’iperreflessia dei riflessi tendinei profondi, il clono, il fenomeno del coltello
a serramanico, gli spasmi in flessione ed estensione, il segno di Babinski, la distonia spastica.
La spasticità è una forma di ipertonia dovuta all’ipereccitabilità del riflesso tonico da stiramento(Thilmann
1991) e ad un abbassamento della sua soglia(Dietz,1992). Si distingue dalla rigidità per la sua dipendenza
dalla velocità di stiramento e per la presenza di altri segni positivi da lesione del 1° MN.
lesione stessa.
Il cambiamento nell’eccitabilità dei riflessi spinali non può essere dovuto solo al disequilibrio creatosi tra gli
input sovraspinali. Il progressivo assestamento dopo la lesione causa una frequente riduzione
dell’eccitabilità dei riflessi con il passare del tempo, che conferma la presenza di una certa plasticità o
meglio neuroplasticità del SNC.
D'altronde esiste una considerevole evidenza scientifica che la rappresentazione corticale delle parti del
corpo venga continuamente modulata in risposta all’attività,al comportamento ed all’acquisizione di abilità
(Kaas 1991;Donoghue 1996).
E’ quindi plausibile pensare ad una riorganizzazione della rappresentazione corticale anche in seguito a
lesioni periferiche (amputazioni) oppure centrali come l’ictus.
Liddele Sherrington(1924):
Riflesso miotattico nel gatto decerebrato con due componenti, una risposta fasica intensa provocata
dall’allungamento dinamico del muscolo e una risposta tonica più debole ma persistente dovuta
all’allungamento costante.
Lloyd(1943):
Nella spasticità il drive γ fusi motorio non è aumentato, gli α motoneuroni non sembrano intrinsecamente
più eccitabili e pertanto è l’elaborazione dell’afferenza che subisce un aumento nel senso di una maggiore
eccitabilità.
Molti circuiti spinali controllano l’eccitabilitàdel riflesso da stiramento e una alterazione di ciascuno di essi
(almeno teoricamente) può produrre l’esagerazione del riflesso che caratterizza la spasticità:
1. Aumento di sensibilità delle terminazioni primarie Ia
dei fusi neuromuscolari
3.5.1 Il clono
E’ un movimento involontario, a partenza riflessa, che consiste in una serie esauribile o inesauribile di
scosse a carico di un muscolo che è stato bruscamente stirato. Il clono più facilmente evocabile è quello
della caviglia, per brusca flessione dorsale passiva del piede. Il clono patellare si evoca portando verso il
basso la rotula. Il clono si accompagna in genere ad iperreflessia e spasticità, essendo un segno di danno
della via cortico-spinale.
Nei primi mesi di vita il Babinski può essere presente senza alcun
significato patologico.
3.5.3 I segni di danno della via cortico spinale
Sono riflessi minimi nel sano, esagerati dal danno di questa via nervosa. Sono varianti patologiche di un
fisiologico, seppure minimo, riflesso di flessione delle dita, ottenuto con percussione del palmo della mano.
Il più noto è il segno di Hoffmann, che si ottiene “pizzicando” con il proprio pollice l’unghia del dito medio
del paziente, sostenendone la mano. La risposta consiste nella flessione di pollice ed indice.
I riflessi sono aumentati quando c’è una lesione delle vie midollari che li regolano (lesione piramidale), ad
eccezione di una lesione piramidale acuta o di una mielite trasversa acuta in cui inizialmente i riflessi sono
aboliti (shock midollare). Quindi l’IPERREFLESSIA è un segno di interessamento del sistema piramidale.
L’IPOREFLESSIA può invece essere segno di danno periferico (neuropatie periferiche, per es!).
I sintomi di una paralisi spastica si manifestano in modo molto variato che vanno da una lieve restrizione
della motilità fino alla perdita totale del controllo dei muscoli scheletrici.
In generale la spasticità influisce di più sui muscoli antigravitari, cosicché negli arti superiori predominano
gli spasmi in flessione, mentre negli arti inferiori prevalgono gli spasmi in estensione.
aumento della rigidità muscolare non solo dovuta alla risposta neurologica allo stiramento, ma
anche all'accorciamento del muscolo e all'aumento della sua capacità intrinseca elastica passiva.
.Come gia detto i pazienti emiplegici la spasticità influisce maggiormente sui muscoli antigravitari ed in
particolare negli arti superiori predominano gli spasmi in flessione.
La spalla si presenta solitamente assume solitamente una posizione di adduzione e rotazione internacon
gomito glesso. L'avambraccio è in pronazione e il polso è flesso. Anche le dita diventano flesse, e quando
grave, ne deriva una deformità a pugno chiuso. Il pollice è comunemente flesso, spesso tenuto stretto
all'interno del mano, venenedosi cosi a creare la deformità del pollice nell palmo. Anche se questo è il
modello più comune le variazioni non sono rare, compresa l'estensione isolata dell'indice o estensione della
del gomito o del polso.
La Spasticità muscolare, con l'aumento del tono muscolare, spesso porta l'arto trattenuto nello stesso
anormale fissato in questa posizione per un periodo prolungato. Se l'arto non viene mobilizzato, i tessuti
molli associati diventeranno rigidi o tesi, sviluppando contratture . Quasi tutti i tessuti molli che
contengono lagen può sviluppare una contrattura per mancanza di movimento. Queste i tessuti includono i
legamenti articolari, la capsula, la fascia associata, pelle sovrastante e persino nervi e strutture vascolari.
Anche i muscoli non spastici diventeranno secondariamente contratti se l'arto rimane nella stessa posizione
per un periodo di tempo prolungato. Le contratture che si sviluppano contribuiscono ad aggiungere rigidità
articolare (oltre a quella dei muscoli spastica s) che limita ulteriormente il movimento degli arto superiore