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COME CI FORMIAMO

UN'IMPRESSIONE DELLE PERSONE?

 Come sappiamo di una persona quando la


conosciamo bene?

 E come arriviamo a conoscere una persona? Quali


sono i processi psicologici coinvolti?
SOCIAL COGNITION

Come l'individuo percepisce l'ambiente sociale che lo


circonda, come elabora le informazioni che provengono
dall'ambiente, come fa a capire e dar senso ai
comportamenti altrui, come arriva a un giudizio su altre
persone e se stesso.
IDEA PRINCIPALE: l'uomo elabora le informazioni in modo
attivo, non percepisce semplicemente ma agisce sugli stimoli a
disposizione in modo attivo.

E’ psicologia sociale perché studia aspetti di elaborazione


dell'informazione di come le persone percepiscono gli
altri (e se stessi), li influenzano, ci entrano in relazione
SOCIAL COGNITION:
operazioni e costrutti

 OPERAZIONI:  COSTRUTTI:

selettività e riduzione percezione di persone


dell’informazione schemi
 valutazioni script
 categorizzazioni categorie
 inferenze euristiche
stereotipi
LIMITI della Social Cognition

Studia il comportamento sociale del singolo


individuo, risentendo della prospettiva
individualista tipicamente statunitense.
Recenti tentativi di ampliamento e convergenza
con l’approccio europeo, riconoscimento di
importanti contribuiti nello studio e delle
specificità del sociale
(es. rappresentazioni sociali di Moscovici,
identità sociale di Tajfel, modelli di riduzione del
pregiudizio di Hewstone)
Cos’è una CATEGORIA?

Prima di poter applicare lo schema dobbiamo sapere in


quale categoria inserire lo stimolo incontrato.
Categorizzazione: descrive come classifichiamo e
identifichiamo singoli esemplari come membri di più
ampi raggruppamenti;
per esempio: genere sessuale, età, etnia …

L'individuo tende a collocare gli esemplari di persone e


di azioni entro classi e categorie che gli permettono di
semplificare e organizzare l'esperienza, altrimenti troppo
complessa.
INFERENZE CATEGORIALI

Tali inferenze categoriali ci consentono di attribuire le


caratteristiche di una categoria sociale ai membri che
ad essa appartengono ( stereotipo).

Molte di queste inferenze le facciamo


automaticamente, al di là della nostra consapevolezza:
di fronte a un persona attiviamo automaticamente le
categorie donna, giovane, marocchina....
Il concetto di SCHEMA

definizione: “strutture cognitive che rappresentano le


conoscenze riguardanti un concetto o un tipo di stimolo,
inclusi i suoi attributi e le relazioni fra gli attributi”
Gli schemi sono quindi strutture di dati per rappresentare
l'informazione immagazzinata in memoria che contengono:
a) degli elementi (oggetti, situazioni, eventi, sequenze di
eventi, azioni, sequenze di azioni) e
b) le relazioni tra gli elementi.
Gli SCHEMI facilitano l'elaborazione:
top-down (guidata dagli schemi)
contrapposta a: bottom-up (guidata dai dati)
Gli SCHEMI influenzano:

codifica dell'informazione
Facilitano l'elaborazione dell'informazione rilevante.
Riducono complessità e variabilità all'interno delle categorie
e influenzano il contenuto nella direzione stereotipica.
memoria
Si ricordano più informazioni congruenti che
incongruenti con lo schema. Se incongruenti, migliora il
ricordo se viene fatto un tentativo di integrazione ed
associazione con altri attribuiti.
inferenze e valutazioni
Lo schema permette di inferire l'informazione mancante
a partire da quella data, quindi produce nuova conoscenza,
e aiuta l’interpretazione di informazioni ambigue.
TIPI DI SCHEMI

Esistono molti tipi di schemi. In particolare gli


psicologi sociali si sono occupati di:

 schemi di sé

 schemi di persone

 schemi di ruolo (che organizzano le aspettative delle


persone rispetto ad individui che cadono entro certe
categorie sociali)
 schemi di eventi (script o copioni)
Gli SCHEMI sono inevitabili?

NO, le persone hanno un certo controllo sulla misura in cui


si affidano a processi schematici e categoriali.
Esistono differenze situazionali, individuali, culturali.
Inoltre, sono spesso sottolineate le tendenze sistematiche
(bias) che possono condurre ad errori.
Ad esempio, nell’interpretare informazioni ambigue, guidati
da schemi vediamo quello che ci aspettiamo (esperimento,
video con bambini che interagivano, lo stesso
comportamento interpretato come aggressivo in un
bambino nero, come gioco in un bambino bianco).
Sono quindi indesiderabili, rispetto a strategie
completamente guidate dai dati?
Gli SCHEMI sono indesiderabili?

NO, non potremmo funzionare se non facessimo


affidamento sulla conoscenza precedente, sulle nostre
aspettative, sulla capacità di fare previsioni.

Però, almeno in certe situazioni conoscerne i


meccanismi ci permette di provare ad esercitare un
certo controllo.
Ad esempio, ricordiamoci di destinare attenzione,
quando ci viene chiesto un giudizio su cose
LA PRIMA IMPRESSIONE: Indizi evidenti

 Aspetto fisico

 Comunicazione non verbale

 Comportamento manifesto

ATTENZIONE: dipende molto dal contesto in cui


avviene l’incontro e utilizziamo gli indizi in quanto
crediamo riflettano tratti di personalità
ATTRATTIVE FISICHE

Ha avuto numerose conferme sperimentali il fatto che i


“belli” piacciono di più e hanno più amici. Ad esempio,
se a uno studente maschio si faceva fare una telefonata
ad una ragazza mostrandogli una foto di ragazza
carina oppure bruttina (la ragazza della telefonata
ovviamente non corrispondeva alla foto), nel primo caso
la telefonata durava di più e al termine la ragazza era
giudicata più simpatica e in effetti si era comportata
come tale, forse per rispondere alle aspettative. Esiste
ed è largamente condiviso lo stereotipo che le persone
belle sono anche più simpatiche, interessanti, sane,
socievoli, generose…
Impression formation

ASCH (1946) è stato fra i primi ad occuparsi di


"impression formation", cercando di rispondere alla
domanda:
 come ci formiamo un'impressione globale di qualcuno?

La nostra conoscenza di altre persone, per osservazione


diretta o sentito dire, giunge più o meno a pezzi, ma la
nostra impressione globale è di solito coerente. In
qualche modo dobbiamo organizzare ed integrare le
informazioni che riceviamo.
Il modello CONFIGURAZIONALE

L’assunto di base è che la percezione è un processo


costruttivo, i cui risultati sono mediati dalle strutture di
interpretazione (  SCHEMI) che possediamo.

Nel formarci un’impressione delle persone che


incontriamo, partiamo dalle informazioni che riguardano
specifici tratti (che sono le qualità stabili che
definiscono una persona: amichevole, ostile, furbo…)
L’esperimento di ASCH

Per verificarlo, Asch ha condotto un noto esperimento:


metà soggetti dovevano leggere una lista di 7 tratti e
metà una una seconda lista e di conseguenza formarsi
un’impressione della ipotetica persona descritta.
Lista 1: Lista 2:
intelligente intelligente
abile abile
laboriosa laboriosa
calda --> fredda
determinata determinata
pratica pratica
cauta cauta
CONCLUSIONI dell’esperimento

In base ai risultati appare che la semplice modificazione


di un tratto (persona calda vs fredda) cambia
notevolmente l’impressione della persona descritta.

Asch ne conclude che le persone fanno inferenze da un


tratto all'altro. Ad esempio:
Se caldo  allora generoso

Questo succede con alcuni tratti più che con altri:


centrali (caldo-freddo) vs periferici (es diplomatico-
diretto)
Come si formano le impressioni di persone

La nostra conoscenza delle persone è quindi


strutturata dalle nostre aspettative rispetto a quali
tratti si accompagnano ad altri, vanno bene
insieme.
Esiste una struttura dei relazioni fra concetti che
possiamo definire 
 TEORIE IMPLICITE DELLA
PERSONALITÀ

Tuttavia, possiamo chiederci: da dove vengono


queste teorie? Generalmente sono state proposte
due risposte:

 sono inerenti nel linguaggio (tratti simili nel


significato vengono associati fra di loro)

 certi tratti sono frequentemente associati nella


realtà (le persone "calde" di solito sono
effettivamente "generose")
ACCURATEZZA DELLE IMPRESSIONI

 Se siamo fortemente motivati a formarci


un’impressione accurata di una persona (dobbiamo
trascorrerci molto tempo, lavorare insieme..)
elaboriamo le informazioni in modo più sistematico
(category-based versus individuating impression
formation; Neuberg & Fiske, 1987) e siamo meno
esposti a distorsioni.

 ….sempre che non siamo fortemente motivati anche


a mantenere un’impressione già stabilita per altre
importanti ragioni individuali…
Relazione TRATTI-COMPORTAMENTO

Cosa sono i tratti che abbiamo visto finora?


Sembrano i mattoni per costruire la nostra comprensione
delle persone. Ma, in che relazione sono con i
comportamenti? Quali regole governano le nostre inferenze
dai comportamenti ai tratti? E quanto siamo accurati nel
trarre queste inferenze?
I comportamenti delle persone cambiano, ciononostante noi
vediamo una personalità stabile dietro ad essi. I tratti sono
dunque le proprietà che danno origine al comportamento.
Sono le disposizioni stabili di una persona che
conosciamo quando conosciamo bene una persona.
ATTRIBUZIONE CAUSALE

Uno dei primi interessi degli psicologi sociali cognitivisti


riguarda come le persone spiegano il comportamento
proprio e altrui in base alle cause che vi attribuiscono.
Ci si interessa cioè ad una “psicologia del senso comune”, a
come mediante il processo di attribuzione, e riferendosi alle
teorie implicite di personalità, si fanno inferenze causali.
Lo scienziato ingenuo

Secondo Heider (1958) innanzitutto le persone


fanno dipendere il risultato di un'azione da due
fattori:
a) fattori personali /disposizionali/ INTERNI
b) fattori ambientali /della situazione/ESTERNI
(locus della causalità interna/esterna)

Considerato in seguito uno stile


attribuzionale (Rotter, 1966), cioè un tratto di
eprsonalità che divide le persone in interni ed esterni.
PROCESSI DI ATTRIBUZIONE

Quindi, secondo il modello di Heider, tutti noi usiamo le


informazioni che abbiamo per cercare di stabilire la causa di un
evento. Se vediamo un passante dare un calcio ad un cane,
usiamo gli indizi per stabilire se quella persona è aggressiva
(causa interna) o se il cane in quel momento lo aveva infastidito
(causa esterna).
Diversi contributi nei '60 sviluppano le idee di Heider.
Vedremo sinteticamente tre modelli:

 Le inferenze corrispondenti (Jones e Davis, 1965)


 Osservazioni multiple: il modello della covariazione (Kelley)
 Persona verso situazione (Weiner)
LE INFERENZE CORRISPONDENTI
Jones e Davis (1965)

Osservando le azioni intenzionali di altri facciamo


inferenze sui tratti di personalità (qualità interiori
stabili) di una persona.

Giustificabili quando sono presenti:


— libertà di scelta dell'attore
— effetti non comuni ad altri comportamenti
— desiderabilità e prevedibilità dell'effetto
ATTRIBUZIONE DI INTENZIONE

Si deve inferire che il comportamento osservato e


l’intenzione sottesa
CORRISPONDONO
a una qualità stabile della persone.

Due FASI:
 Attribuzione di un’intenzione (conosce, è capace)
 Attribuzione di disposizioni (desiderabilità sociale del
comportamento, libertà di scelta)
LIMITI DEL MODELLO

 si applica solo alle azioni intenzionali (esclusa ad


esempio la negligenza)

 Mentre anche il comportamento atteso può essere


informativo (es. stereotipo)

 non si occupa di cause (e sono processi diversi)


ERRORE FONDAMENTALE
DI ATTRIBUZIONE
(o ERRORE DI CORRISPONDENZA)

Le persone hanno una tendenza generale a


sovrattribuire le cause del comportamento alle
disposizioni individuali stabili (causa interna)

Lo facciamo anche quando sappiamo che le persone


agiscono costrette a farlo da condizioni esterne,
quando semplicemente interpretano un ruolo,
tendiamo comunque a credere che siano i loro tratti
di personalità o i loro atteggiamenti stabili ad indurli
a comportarsi così …

Jones (1967); Ross (1977


Correspondence Bias -
Fundamental Attribution Error

(Jones and Harris, 1967)

2 VI: Saggio scritto Pro / Anti-Castro, libertà di scelta / NO scelta

Inferiamo che l’attore (colui che ha scritto il saggio) la pensi


davvero come ha scritto, indipendentemente dall’aver scelto
oppure no.

(Sottostimiamo cioè che possono essere fattori esterni ad


influenzare il comportamento altrui
 i ruoli svolti definiscono la persona)
Quanto è fondamentale
l’errore fondamentale di attribuzione?

 Culture individualiste/indipendenti  attribuzioni interne


 Culture collettiviste/interdipendenti  attribuzioni a ruoli e
cause specifiche situazionali

Dipende dunque da chi cerca la causa:


 Americani (soprattutto adulti) — tratti generalizzati
 Cinesi — membri di gruppi sociali o contesto

TUTTAVIA l’errore si riduce ma non scompare del tutto, è uno


dei processi più universali identificati
Differenza ATTORE/OSSERVATORE
Jones e Nisbett (1971)

Esiste un’altra tendenza sistematica ad attribuire il:

proprio comportamento  a cause ESTERNE

comportamento altrui  a cause INTERNE

Es. Se io suono il clacson al semaforo alla macchina davanti


che non parte, è perché quello davanti è particolarmente
lento, sono in ritardo, il traffico è più intenso del solito… Se lo
fa chi guida la macchina dietro, è un gran maleducato ...
Viene prodotto da…

… accessibilità, salienza e desiderio di controllo.

 La situazione è più saliente per l’attore che non “vede” se


stesso  l’osservatore “vede” l’attore (la salienza dipende
dal “punto di vista”)
 L’attore può confrontare il comportamento presente con
quelli passati  si focalizza sulle variazioni situazionali
 L’osservatore confronta l’attore con altri attori  si
focalizza sulle variazioni personali
 Il linguaggio enfatizza il ruolo dell’attore come agente
causale
SPIEGAZIONI DELL’ERRORE
ATTORE/OSSERVATORE

Vengono solitamente indicate due classi di


ragioni:

• percettiva
(come attori vediamo l'ambiente esterno a
noi, come osservatori il fuoco dell’attenzione è
su chi agisce)

• cognitiva
(sappiamo molto di più su noi stessi e le
nostre ragioni)
SELF-SERVING BIAS
(tendenze al servizio del sé)

Infine, una tendenza sistematica serve a proteggere la


nostra immagine di noi stessi:

successo nostro  attribuzione INTERNA


fallimento nostro  attribuzione ESTERNA

In questo caso, la spiegazione più probabile è di tipo


motivazionale: siamo motivati a preservare la nostra
autostima, e preferiamo credere che se non abbiamo
passato un esame è perché era troppo difficile, mentre
se lo superiamo è perché siamo proprio bravi!!
Errore ULTIMO di attribuzione

Il self-serving bias si applica anche ai gruppi: se


vinciamo noi, siamo bravi, se vincono loro hanno
avuto fortuna…

Attribuzioni interne per i comportamenti NEGATIVI di un


OG

Attribuzioni esterne per i comportamenti POSITIVI di un OG

Attribuzioni interne per i comportamenti POSITIVI di un IG

Attribuzioni esterne per i comportamenti NEGATIVI di un IG


MODELLO DELLA COVARIAZIONE
Kelley (1967)

Generalmente, per stabilire una causa, abbiamo a


disposizione diversi esempi di un evento o di eventi
simili. Ci basiamo su una nozione fondamentale:
le cause covariano con gli effetti. Un effetto è attribuito
ad una condizione presente quando l'effetto è presente e
assente quando l'effetto è assente.
Per verificare:
Se A  B confrontiamo la frequenza con cui
B si verifica in presenza di A
DIMENSIONI rilevanti (tipi di
informazioni) nel modello di Kelley

COERENZA
(quella persona si comporta sempre così?)

SPECIFICITA‘ (DISTINGUIBILITA’)
(reagisce solo a quell'oggetto in quel modo?)

CONSENSO
(quante altre persone reagiscono così?)
Una verifica sperimentale del modello

Ai soggetti erano fornite delle brevi descrizioni di un


evento in cui erano modificate sistematicamente le
informazioni relative alle tre dimensioni previste:

VI alta/bassa Coerenza, Distintività, Consenso

VD I soggetti dovevano dire quali cause


attribuivano all’evento

RISULTATI: sostanzialmente confermavano il modello


(McArthur (1972)
Esempio 1

 CLAUDIO RIDE SENTENDO IL COMICO X (effetto)

Quasi nessuno ride sentendo il comico X (consenso basso)

Claudio ride quasi sempre anche quando sente altri comici


(distintività bassa)

In passato Claudio ha riso quasi sempre sentendo il comico X


(coerenza alta)

 Attribuzione alla PERSONA


Esempio 2

 CLAUDIO RIDE SENTENDO IL COMICO X (effetto)

Quasi tutti ridono sentendo il comico X (consenso alto)

Claudio non ride quasi mai quando sente altri comici (distintività
alta)

In passato Claudio ha riso quasi sempre sentendo il comico X


(coerenza alta)

 Attribuzione all'ENTITA'
(lo stimolo che ha determinato l’evento)
Esempio 3

 CLAUDIO RIDE SENTENDO IL COMICO X (effetto)

Quasi nessuno ride sentendo il comico X (consenso basso)

Claudio non ride quasi mai quando sente altri comici (distintività
alta)

In passato Claudio non ha riso quasi mai sentendo il comico X


(coerenza bassa)

 Attribuzione alle CIRCOSTANZE


COMBINAZIONI
delle dimensioni e attribuzione

INFORMAZIONE: CONSENSO SPECIFICITA' COERENZA


Attribuzione:

Persona BASSO BASSA ALTA


Entità ALTO ALTA ALTA
Circostanze BASSO ALTA BASSA

Tuttavia, a volte non è così facile fare un’unica attribuzione e


si usano interazioni fra più cause (es. persona X circostanza).
Inoltre, spesso le persone si concentrano su ciò che è
anormale nella persona, nelle circostanze, nell’entità-stimolo.
PERSONA VS SITUAZIONE
Il modello di Weiner (1986)

Pur dando molta importanza al locus interno-esterno, e


quindi alla polarità persona-situazione, è un modello
dinamico, che pone attenzione ai cambiamenti nel tempo:
le attribuzioni causali influenzano le aspettative per il
futuro e le prestazioni.

Applicato soprattutto ad attribuzioni di


successo/insuccesso (specie in ambito scolastico),
aggiunge due dimensioni che servono appunto a cercare
di rispondere alla domanda se un certo insuccesso si può
ripresentare in futuro e se la persona ha la possibilità di
controllare l’esito di un evento, poniamo un esame.
DIMENSIONI rilevanti
nel modello di Weiner :

 LOCUS (interno/esterno)
 STABILITA' (stabile/instabile)

 CONTROLLABILITA' (si/no)

Es. considerando solo le prime due dimensioni facciamo


attribuzioni relative a:
INTERNA ESTERNA
STABILE abilità difficoltà
INSTABILE sforzo fortuna
Modello di Weiner e le emozioni

Il modello consente anche di prevedere specifiche


emozioni come risultato del processo causale:

 successo: locus interno  orgoglio


 insuccesso: esterno, incontrollabile  rabbia
 insuccesso: interno, controllabile  colpa
 insuccesso: interno, stabile  sfiducia
CRITICHE ai modelli

 Distinzione locus esterno/interno spesso difficile


 Quali dimensioni sono effettivamente utilizzate?
 Spiegazioni sempre causali?
Ragioni e cause, scuse e giustificazioni, ricerca della
responsabilità….
Inoltre, la gente sempre e spontaneamente fa
attribuzioni? Secondo Weiner, soprattutto se:
• eventi inattesi
• mancato raggiungimento di uno scopo
(oppure perdita di controllo, umore negativo...)
Tuttavia....

I modelli visti sono modelli normativi, che dicono


come la gente dovrebbe usare le informazioni, non
sono modelli descrittivi, su come la gente di fatto
agisce.

Di fatto, le persone commettono errori.


(… non sono sbagliati i modelli ma i soggetti ...)

Errori o giudizi tendenziosi (biases) sono il risultato


di attribuzioni rapide, di uso di “scorciatoie” …..
EURISTICHE

Le decisioni che generalmente ci troviamo ad affrontare,


anche quotidianamente, riguardano problemi che si
presentano in situazioni di incertezza, costituiti da opzioni
a volte non ben definite. L’apparato cognitivo umano, per
far fronte ad un elevato numero di informazioni, giudizi,
inferenze e decisioni che spesso oltrepassano i suoi limiti
di elaborazione, utilizza delle regole pratiche, delle
“scorciatoie mentali” e lo fa spesso in modo
automatico ed inconsapevole. Di fronte all’impossibilità di
tenere sotto controllo e manipolare una molteplicità di
informazioni, il decisore adotta queste scorciatoie che
permettono la semplificazione del problema.
Funzionano le EURISTICHE?

Sono quindi delle regole che semplificano la nostra attività


cognitiva, delle scorciatoie del ragionamento, un
compromesso fra la razionalità e l’economia nel prendere
una decisione efficace in tempi minori di quello che
richiederebbe considerare tutte le possibili informazioni ed
alternative. Sono molto economiche ed efficaci nel risolvere
problemi complessi.
Tuttavia a volte, ma non sempre, portano ad errori o
inducono l’uso di BIAS: distorsioni sistematiche (ad esempio
sovra- o sotto-impiego) di procedure altrimenti corrette.

Vediamo con qualche dettaglio due fra le principali di queste


“scorciatoie mentali”, studiate particolarmente da Tverski e
Kahneman (1973).
EURISTICA DELLA DISPONIBILITÀ

Questa euristica viene utilizzata dalle persone quando devono


giudicare la frequenza relativa di particolari eventi o la loro
probabilità di verificarsi.
Per fare ciò le persone cercano di ricordare mentalmente dei casi e
la frequenza di occorrenza di un evento è quindi stimata a partire
dalla relativa disponibilità di tali eventi nella memoria, vale a
dire dalla facilità con cui esempi di tale evento vengono in mente.
L’inferenza è che più un certo tipo di informazione è disponibile in
memoria, più frequente sarà.
Esempio 1 di
euristica della DISPONIBILITÀ
Se viene chiesto a dei disoccupati di stimare il tasso di
disoccupazione nella loro città, essi tenderanno a
sovrastimare questo dato, al contrario di quanto si
otterrebbe se si ponesse lo stesso interrogativo a persone
non disoccupate, che tenderebbero invece a sottostimare
la percentuale (Nisbett e Ross, 1980). La ragione di ciò la
troviamo proprio nell’euristica della disponibilità: dei
disoccupati recuperano più facilmente dalla memoria
esempi di persone disoccupate (se stessi innanzitutto e
magari loro ex-colleghi o amici, persone che incontrano
all’ufficio di collocamento….) e su questi si basano per
fornire la loro stima invece di ricercare e utilizzare
informazioni maggiori e fare un calcolo più “obiettivo”.
Esempio 2 di
euristica della DISPONIBILITÀ

Oppure, possiamo pensare a come la gente sovrastima


il numero di morti in incidenti aerei o ferroviari, nella
realtà decisamente meno numerosi dei più banali e
meno “vividi” ma molto più frequenti incidenti d’auto. In
questo caso è la “salienza” di un evento che ne
influenza la relativa disponibilità in memoria.
PROBLEMI nell’euristica della
DISPONIBILITÀ
Generalmente funziona: ciò che abbiamo visto più
spesso viene in mente più facilmente durante il
recupero dalla memoria e quindi esiste una buona
corrispondenza con la realtà.

Problema: la disponibilità non dipende SOLO dalla


frequenza, ma anche da altri fattori, in particolare dalla
SALIENZA e della RILEVANZA personale degli eventi:
entrambe influenzano la facilità di memorizzazione, che
influenza la facilità di recupero, che a sua volta
influenza la stima di probabilità.
“ERRORI” nelle stime di frequenza dovuti
all’euristica della DISPONIBILITÀ

 sovrastima di eventi salienti o strani o estremi: si


muore di più in incidenti d’auto o d’aereo?
 sovrastima dei contributi propri  bias di tipo
egocentrico: se chiedete separatamente a moglie e marito
di stimare il loro contributo a varie faccende domestiche, la
somma è spesso più di 100, perché tutti ricordano con più
facilità quando loro hanno pulito il bagno. Quando l’ha fatto
l’altro... non l’hanno visto!! Sovrastimiamo le cose che
hanno per noi maggior valore, che ci riguardano da vicino
 sovrastima delle opinioni in accordo con la propria
 bias del falso consenso: riteniamo che gli altri la
pensino o si comporterebbero come noi (dato anche che
noi di solito abbiamo ragione…)
EURISTICA DELLA
RAPPRESENTATIVITÀ
L’euristica della rappresentatività si riferisce a quando le
persone devono fare inferenze sulla probabilità che un
evento o una persona appartenga a una certa
categoria. Quando una persona deve valutare la
probabilità che si verifichi un dato evento, o qual è la
probabilità che l’oggetto A appartenga alla categoria B,
ha la tendenza a paragonare l’evento in questione a
degli stereotipi di riferimento.
La probabilità è stimata in base alla somiglianza, a
quanto A rappresenta bene quella categoria, quanto
lo stimolo sia tipico di quella classe
Esempio 1 di
euristica della RAPPRESENTATIVITÀ

Il giocatore d’azzardo che deve scommettere sull’esito


“testa” o “croce”, dopo 10 volte che ottiene l’esito
“testa” ritiene più probabile che esca croce.

Ancora, date le due sequenze di nascita di maschi e


femmine in famiglie con 6 figli:
MMMFFF
MFMFFM
la seconda viene giudicata più probabile (mentre
sono pressappoco identiche … )
Esempio 2 di
euristica della RAPPRESENTATIVITÀ

Stefano è una persona silenziosa e compassata; benché


apparentemente disposta ad aiutare gli altri, non mostra
però vero interesse per la gente, né per i problemi
quotidiani. Ha bisogno di dare ordine e chiarezza alle
proprie esperienze e mostra una passione per il dettaglio
(Tversky e Kanheman, 1974).
Se le persone devono dire che professione esercita
Stefano, si basano su quanto la descrizione è
rappresentativa o simile alla persona media che esercita
quella professione. In questo caso, la maggioranza dice
che Stefano è un bibliotecario (Arcuri, 1995)
PROBLEMI nell’euristica della
RAPPRESENTATIVITÀ:

 Generalmente funziona: gli indizi che usiamo in base


alle nostre precedenti esperienze sono attendibili e
producono giudizi abbastanza corretti.

Problema: se ci si basa troppo sui nostri criteri e non


si tiene conto di altre informazioni, induce spesso a
sbagliare, soprattutto nel giudicare i casi di singole
persone e non nel rispondere su base probabilistica
“ERRORI” nelle stime di frequenza dovuti
all’euristica della RAPPRESENTATIVITÀ

 non vengono considerate le probabilità di base


(quanti sono i bibliotecari rispetto, poniamo, agli
insegnanti e quali le mie possibilità di incontrarne uno?)
 abbiamo una concezione di “caso” che non
accetta regolarità e ordine (vedi il giocatore
d’azzardo e le sequenze di nascita ...)
 non si tiene conto delle probabilità congiunte
(la probabilità congiunta di due eventi non può mai
essere maggiore della probabilità dei singoli eventi;
invece una descrizione con più informazioni se è più
“tipica”, se assomiglia di più allo stereotipo, la
consideriamo anche più probabile)
Gli stereotipi
o “le piccole immagini che ci portiamo dentro la nostra mente”
(Lippman, 1922)

È la generalizzazione, socialmente condivisa, di alcune


caratteristiche a tutti gli appartenenti ad un gruppo

Ci accorgiamo della loro esistenza soprattutto quando:

 riguardano il nostro gruppo di appartenenza


 hanno valenza negativa
Stereotipo: Il pensar male degli altri senza una
ragione sufficiente (LaFarge, 1945; Allport, 1954)

 rappresentazione cognitiva semplificata di un


gruppo sociale socialmente condivisa
 ipergeneralizzazione di una caratteristica
dall’individuo al gruppo
 credenza esagerata e rigida

Katz e Braly (1933): stereotipo condiviso anche per


gruppi con cui non si ha nessun contatto
Stereotipi e pregiudizo

Stereotipi negativi

pregiudizio

discriminazione
ORIGINE degli stereotipi

Deriva da normali processi cognitivi:


Categorizzazione secondo razza, sesso . . .

Tajfel (1969) e la percezione di linee


 sovrastima somiglianze all'interno del gruppo
 esagerazione differenze fra i gruppi
(principio di accentuazione)
e, in particolare:
 l‘OG viene considerato più omogeneo dell’IG
outgroup homogeneity effect
Spiegazioni sociologiche degli stereotipi

 riflettono differenze reali

 giustificano differenze reali

 nascono quando le risorse sono scarse:


competizione
PERSISTENZA DEGLI STEREOTIPI

Gli stereotipi sono:

 — molto persistenti nel tempo


 — molto resistenti al cambiamento

Resistono al cambiamento anche di fronte a


disconferme della realtà. Come?
Strategie di MANTENIMENTO
degli stereotipi

 Guidano l’elaborazione dell’informazione, agendo come


uno schema e indirizzando:
• attenzione e selezione di informazioni (ricerca di conferme)
• interpretazione (situazioni ambigue)
• memoria (si ricorda meglio informazione congruente)

 Dissociazione del membro “atipico”:


Si, è un “terrone” ma lui è proprio un gran lavoratore…
vale anche per piccoli gruppi o “formazione di SOTTOCATEGORIE”
 Profezie che si auto-avverano o “effetto Pigmalione”
(Rosenthal, 1985)

 Linguaggio e Attribuzioni causali 


Attribuzioni a noi e agli “altri”
AZIONI
POSITIVE NEGATIVE

Cause interne Cause esterne


NOI Termini astratti Termini specifici
es. “A è altruista” es. “A picchia B”

Cause esterne Cause interne


LORO Termini specifici Termini astratti
es. “A aiuta B” es. “A è violento”
Bias attributivi nei rapporti intergruppo

 I comportamenti positivi dell’OG e i comportamenti


negativi dell’IG sono descritti in termini più specifici
e concreti dei comportamenti positivi/IG e
negativi/OG (se l’altra squadra vince è perché pioveva,
se vinciamo noi è perché siamo superiori… , se perdiamo
noi è perché pioveva, loro perché sono inferiori… )
 Nel caso di attribuzione di un successo ad un OG, i
termini concreti rendono meno plausibile una
generalizzazione al di là dello specifico episodio
(Modello del Linguistic Intergroup Bias di Semin; 1989)
Stereotipi IG - OG

 il carattere attribuito a un gruppo è in relazione con


altri gruppi

 stereotipi IG complessi e differenziati,


stereotipi OG semplificati (Peabody, 1980)

 omogeneità dell’ OG

 ipergeneralizzazione del comportamento di uno al


gruppo (più visibili i meno integrati..)
CORRELAZIONE ILLUSORIA

(Chapman e Chapman, 1967, 1969)


 le concezioni aprioristiche possedute dagli individui
influenzano le stime di covariazione

 Misure di relazione: si rappresentano i dati in


matrici di co-occorrenza e i valori di presenza-
presenza subiscono un incremento
(Es. test della figura umana, test di Rorschach)
Esperimento di Hamilton e Gifford (1976), gruppi A
e B, comportamenti positivi e negativi
CORRELAZIONE ILLUSORIA

 1) precedenti esperienze inducono una credenza


sulla relazione fra due variabili
 2) si crea un'aspettativa sul fatto che le due var.
possano co-occorrere
 3) tale aspettative influenzano l'elaborazione di
informazioni (esempi di co-occorrenza ricordati
come più frequenti)
 4) correlazione illusoria e . . .  1 di nuovo
INFORMAZIONI INCONGRUENTI

Sia nel caso delle formazione di impressione di persona che


negli stereotipi, possiamo imbatterci in informazioni
incongruenti con le nostre aspettative. Che facciamo?
 Se appena è possibile, le ignoriamo
 Se le elaboriamo sistematicamente (perché abbiamo risorse
cognitive e siamo motivati a farlo)
● dedichiamo più tempo e attenzione ad esse
● ne cerchiamo la causa (processi attributivi)
● le ricordiamo meglio
 Cerchiamo comunque di mantenere intatti impressioni e
stereotipi iniziali…
 Tentativi di modifica dello stereotipo: stereotype threat
Linguaggio e stereotipi
Funzione di trasmissione del contenuto dello stereotipo

 Kirchler (1992) e i necrologi


 Uomini intelligenti e abili
 Donne amabili e piene di risorse
 Ruoli sessuali anche in Paradiso??
 RICCO MEDICO VENEZIANO AFFITTA PALAZZO SUL CANAL GRANDE PER
IL DEBUTTO IN SOCIETÀ DELLA FIGLIA
RICCO CRISTIANO VENEZIANO AFFITTA PALAZZO SUL CANAL GRANDE
PER IL DEBUTTO IN SOCIETÀ DELLA FIGLIA
RICCO EBREO VENEZIANO AFFITTA PALAZZO SUL CANAL GRANDE PER IL
DEBUTTO IN SOCIETÀ DELLA FIGLIA

 Cambiamenti culturali:
 Checca  finocchio  gay
 Handicappato  disabile  dotato di abilità diverse (diversamente
abile)  sviluppo tipico/atipico
Linguaggio e stereotipi
Funzione di organizzazione delle conoscenze

Asimmetria di genere: ruolo privilegiato dei termini


maschili

Perché chirurgo e non chirurga?


Perché ministro e non ministressa?

Perché queste professioni sono nate maschie

E allora perché hostess e steward????


Linguaggio e stereotipi
Funzione di espressione dell’identità sociale dei gruppi

Scelta del livello di astrazione (Semin e Fiedler, 1988;


1992):

 Desiderabilità sociale del comportamento


 Appartenenza all’IG o all’OG

• “Io sono una persona altruista”


• “Anche il mio amico è una persona altruista”
• “X (membro dell’OG) ha prestato soldi a un altro”
Concezioni – Metafore della persona nella Social
Cognition:

 Il ricercatore di coerenza

 Lo scienziato ingenuo

 L'elaboratore di informazioni

 L'economizzatore di risorse cognitive

 Il tattico motivato

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