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Nuova edizione
riveduta e ampliata, Milano: Franco Angeli, 2003 (Studi e ricerche di storia
dell'editoria, 3)
i collana
Angela ]uovo
IL COMMERCIO
LIBRARIO
NELL ITALIA
DEL RINASCIMENTO
Nuova edizione riveduta e ampliata
I lettori che desiderano informarsi sui libri e le riviste da noi pubblicati
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ranco nge i
nel formato che nella veste grafica a un risultato ditale funzionalit e bellezza
da costituire un insuperato modello per parecchi decenni dallintroduzione
della stampa. E bench il libro manoscritto fosse prodotto da diversi operatori
(laici ed ecclesiastici, singoli e collettivi), tuttavia solide e ben strutturate si
presentavano nei Quattrocento le botteghe dei cartolai che, citt per citt,
provvedevano alla fabbricazione e vendita dei manoscritti, nonch alla fornitu
ra di carta e di materiale scrittorio: si pensi a citt come Bologna, Roma3, o
allancor pi affollata Firenze4. A Roma, come nelle altre grandi citt italiane,
la richiesta di libri si faceva pi intensa durante il Quattrocento, stimolando
1. Utile la sintesi Parkes, con relativa bibliografia.
2. Cos (ironicamente) Bechtel, pp. 67-68, nel ricordare le varie ipotesi sui motivi conte
stuali dell invenzione della stampa.
3. Per la quale si sono trovate tracce di circa 150 tra cartolai, cartai e librai nel Quattrocen
to, vedi Cherubini 1983.
4. Si vedano Poli, De la Mare. Martini. Fin dal primo XV secolo la presenza dei cartolai a
Firenze sufficiente a distinguere questa da altre forme d artigianato e nel 1439 i cartolai
vennero incorporati nellArte dei medici e speziali, una delle sette Arti maggiori.
nuova produzione e circolazione (ad esempio, del libro usato, lasciato in ere
dit o in donazione): tuttavia il commercio librario locale non pu compararsi
a quello della vicina Firenze 5, pur essendo a essa legatissimo; infatti, molti dei
cariolai e librai attivi a Roma nel 4(X) erano, in effetti, fiorentini. Non solo: il
legame tra le due citt reso operante al punto che (ad esempio) i cartolai
Francesco e Giovanni Fini, con bottega a Roma, gestivano in effetti una sorta
d fliale della bottega di Vespasiano da Bisticci, il quale riforniva abitual
mente anche altri cartolai romani, che poi rivendevano i codici con una mag
giorazione di prezzo. Ma a Roma (come del resto a Ferrara, o a Milano) 7, le
maggiori notizie riguardano le ordinazioni e relativi pagamenti della Corte,
mentre poche e disorganiche restano le testimonianze relative alluso del libro
negli ambienti universitari (si tratta dcl resto di citt i cui Studi o non esistono,
o hanno limitato rilievo), o nelle case private, di cui ci parlano i testamenti 8.
La situazione fiorentina invece talmente nota da non necessitare qui det
tagli 9:contributi particolarmente interessanti si sono avuti riguardo al posses
so, davvero capillare, del libro, alla sua presenza nelle pareti domestche.
Ma quel che pi importa, sono rimasti diversi inventari di bottega di cartolai
cittadini (e, ci che li rende pi interessanti, visto che non manca la docu
mentazione riguardo a botteghe eccezionali come quella di Vespasiano, questi
cartolai sono di livello medio) ove sono elencati i manoscritti gi pronti per
lacquirente, parte dei quali di seconda mano.
in queste citt si gi passati, infatti, dal modello di una produzione arti
gianale di pezzi unici, commissionati dal cliente o dal signore, al modello
delloperatore indipendente che dispone di un capitale sufficiente per riuscire
a immagazzinare quantit superiori di merce, o a commerciare in prodotti fi
niti (oppure semi-lavorati), approntati in previsione dei bisogni della cliente5, Cherubini 1985, pp. 213-214.
6. Giuseppe Maria Cagni, Vespasiano da Bisticci e il Suo epistolario, Roma, Edizioni di
storia e letteratura, 1969, pp. 132 133, lett. Il e 80; p. 134, lett. 12.
7. Si legga, a proposito di Milano, il contributo di Anna Giulia Cavagna, Libri in Lombar
dia e alla corte Sforzesca tra Quattro e Cinquecento, in Libro a Corte, pp. 89-136, Per Ferra
ra, basti qui il rinvio ai volumi di Adriano Franceschini, Artisti a Ferrara in et umanistica e
i inascimentale, isti,rionianze archivistiche, Ferrara, Cassa di Risparmio di Ferrara Corbo
editore, 1993-1997, 3 v.: in questa grande opera innumerevoli sono i documenti relativi alla
circolaiione libraria a Corte.
8. Cherubini 1985, pp. 213-2 14.
9. Anche per let successiva, quella del libro a stampa, unindagine sistematica ha dato co
piosi frutti, rivelando il nome di 252 tra librai, cartolai e ambulanti attivi a Firenze dal 1490 al
1600 (Bertoli 1992).
IO. Armando F. Verde O.P., Libri tra le pareti domestiche: una necessaria appendice a
<Lo Studio fiorentino 14 73-1503, Pistoia, Centro Riviste della Provincia Romana, 1987
(estratto da Memorie Doniencane, n.s. 18, 1987); vedi anche Bec.
il. Vedi i gi citati Martini (bottega di Gherardo e Monte di Giovanni, 1476), De la Mare
-
(bottega di Giovanni di Michele Baldini, 1426): altri inventari, che comprendono sia libri a
stampa che manoscritti, saranno presi in considerazione pi avanti.
un tatto vistoso e immediato, nella distribuzione e vendita del libro tale rottu
ta fu iiwece mediata; e nella mediazione giocarono un ruolo fondamentale i
clientela ben consolidata, il loro apporto alla stampa fu prezioso anche se. regola, di non supportato da grandi
investimenti. Ma se i cartolai si resero prota
gonisti di imprese tipografiche per lo pi a breve respiro, talvolta incentrate
su una sola o pochissime edizioni, essi seppero pure, in altre occasioni, di
ventare intermediari tra il tipografo e un investitore con un maggiore raggio
di azione, al fine di realizzare imprese pi vaste.
2. Le tirature dei libri a stampa co di Lucrezia Borgia, Ludovico Bonaccioli. Non vi dunque dubbio che,
nel periodo da noi considerato, le tirature crebbero sensibilmente, e ci pro
prio parallelamente alla messa a punto di sistemi pi efficienti di distribuzio
ne e vendita.
Tirature desunte dal giornale di bottega di Francesco de Madi (1484-88)
Questione preliminare allanalisi del commercio dei libri a stampa la Va
lutazione del perimetro quantitativo della produzione. Largomento, molto di
scusso in passato, ha trovato una stima comune intorno a queste cifre: una
media di 400-500 esemplari nellet degli incunaboli, che va aumentando fi
no alle 1.500 copie circa stampate, sempre in media, alla met del secolo
XVI. Tuttavia, eccezioni significative a queste cifre si ebbero assai per tem
po, e soprattutto in Italia, ove la prima tiratura sul migliaio di copie risale ad
dirittura a una stampa del 1471 di Vindelino da Spira 2. Nel 1476 il banchiere
fiorentino Girolamo Strozzi (associato al professore Giainbattista Ridolfi) fa
ceva stampare a Venezia dal Jenson almeno 1.025 copie del volgarizzamento
della Naruralis Hisioria 3, mentre Nicol da Francoforte finanziava nel 1478 a
Leonardus de Wild una Bibbia in 930 copie 4. La societ Codec-Benali nel
biennio 1490-91 produceva svariate edizioni con tirature oscillanti tra le 500
copie (per un Fiore de iirtu, tradizionalmente titolo di largo smercio) e le
1.500 del Dante illustrato e commentato dal Landino: la tiratura media delle
edizioni di questa societ dunque calcolabile intorno alle 1.000 copie 5. Non
solo quindi le tirature veneziane riuscivano spesso a superare il migliaio di
copie fin dai primi decenni della stampa, ma al volgere del XVI secolo si
giunse facilmente a toccare le 3.000 copie: cos gli ottavi (latini) di Aldo, co
s perfino ledizione ferrarese degli Erotemara, finanziata nel 1508 dal medi
I. (osi Fchvre-Martin, pp. 273-275. Si ricorda che la tiratura della Bibbia di Gutenberg
attualmente valutata intorno alle 200 copie Bechtel, p. 284). Per quanto riguarda le tirature
veneziane del pieno Cinquecento, il parere di uno specialista che la tiratura media... era di
circa 1.0(X) copie, ma un editore in grande arrivava tranquillamente a tirare 2-3.000 esemplari
di un libro che garantiva vendite massicce: Grendler 1983, pp. 26-28.
2. Febvre-Martin, p. 273.
3. 101 7893, BMC V 176. A proposito della storia delledizione, De Roover 1953, pp. 110III.
permaneti
te. Tuttavia, la citt in cui ha sede gli consente un notevole volume di vendi
te, con una clientela che non di rado opera acquisti massicci, forse con lin
tenzione di rincgoziare i libri altrove. Daltra parte, il de Madi, come Lowry
non manca di sottolineare, profondamente inserito nel mondo tipografico
della citt, i cui rappresentanti maggiori erano costantemente in rapporti daf
fari con luilO. Come duso, gli affari diventavano parentele: risulta infatti che
l)al momento che Francesco nel suo Zornuile annota per lo pi titoli, senza
distinguerne ledizione, perch ipotizzare tirature elevatissime anzich nume
rose edizioni diverse, assai ravvicinate nel tempo? La seconda ipotesi sembra
pi verosimile, considerato lenorme numero di edizioni religiose, liturgiche
o devozionali con differenti caratteristiche bibliologiche (formato, caratteri e
cos via), di cui si trova menzione nelle liste dei librai coevi, senza che ne re
stino copie.
Quanto al secondo argomento di Lowry, cio le 1.700 copie del De/cerunt
edito da Francesco, esso si rivela, a una pi attenta lettura del documento che
ID. Tra di loro. Nicol da Francohjrte. Andrea Torresani, Bernardino Benali, Francesco
Renner (o della Fontana), Paganino de Paganini, Silvestro de Torus e molti altri: vedi Lowry
J991i, p. 192.
li Archivio di Stato di Venezia, Sez. Notarile, Testamenti, G. Forinento, b. 412, fase. 109.
19 novembre 1544: testamento di Cristina della Fontana, vedova di Paganino de Paganini, re
lieta iii primo voti) di m. Francesco di Mazi: vedi Nuovo 1990, p. 248, n. 31. Francesco de
Madi risulterebbe morto fin dal 17 ottobre 1490, perch a quella data risale un documento in
cui Bernardino Fontana presenta domanda ai giudici del Procurator contro Cristina vedova
Francesco de Mari per falso in giudizio (Archivio di Stato di Venezia, Giudici del Procurator,
Sentenze a legge. v. 12, c. 24). Mazi grafia volgare per Madi o Madiis>, come pure at
testa il documento (in volgare) edito da Predelli, ove il nostro nominato Francesco di Mazi.
12. Modi 1454.
13. Lowry tende infatti ad applicare i suoi calcoli, relativi alla massa libraria venduta com
plessivamente dalla bottega, alla sola editoria veneziana, pur aggiungendo poco dopo che
Francesco vendeva libri prodotti anche in altre cin italiane, e, dal 1487, persino tedeschi
Lowry 199 la, p. 185). Di fatto per, queste affermazioni, non confortate da unedizione com
iilcssiva dcl documento corredata da un valido commento bibliografico. lasciano alquanto per
plessi: quali e quante edizioni erano tedesche? e in base a quali criteri il Lowry le considera
tali? semplicemente confrontando le citazioni del cartolaio con gli attuali repertori di incuna
boli? La nostra curiosit viene in gran parte lasciata insoddisfatta. Lesame diretto di Modi
/484-88 mi porta a valutare prematura qualunque conclusione riguardo a questo e ad altri ar
gomenti, fin tanto che non se ne fornisce unedizione con commento bibliografico.
lione con una copiosa bibliografia, senta tuttavia fare menzione della tiratura, per la quale ve
di Harris 1987, p59. Il documento relativo alledizione stato ripubblicato recentemente in
Monducci-Badini.
24. A valutare la ricchezza degli credi di Matteo Maria Boiardo basti ti seguente dato: a
ognuna delle quattro figlie venne attribuita una dote di 5.000 ducati.
3. 1 magazzini
za di Enea Silvio Piccolomini riguardo alla Bibbia di Gutenberg che, nono
stante le copie fossero messe in vendita prima del completamento delledizio
ne, era considerato difficilissirno. quasi impossibile, assicurarsi una delle 180
(secondo la testimonianza pi attendibile tra 158 e 180) copie in lavorazio
ne. La maggior parte delle edizioni stampate in seguito furono commissiona
te prospettando comunque un numero verosimile di acquirenti, talvolta valu
tabile con molta precisione, come accadeva per i testi l.2iturgici Con laffer
niarsi della stampa, gli editori furono per costretti a rischiare di pi, pur ri
manendo in un mercato che, sotto qualche aspetto, era gi noto, o per lo me
no definibile nei suoi contorni: cos ci si comportava, ad esempio, nella pro
duzione del libro universitario, perch i libri accademici, giuridici o scientifi
ci che ftssero, bench legati a una comunit precisa di acquirenti (gli studen
ti di una particolare universit), ambivano (e spesso con successe) a essere
smerciati in comunit analoghe di altre citt, anche molto distanti dal luogo
di produzione.
Una vera e propria svolta si configur quando gli editori iniziarono a pro
durre per un pubblico che per la maggior parte era loro ignoto, e fisicamente
aveva sede nei luoghi pi disparati: Aldo Manuzio fu sicuramente colui che
corse i maggiori rischi in questo campo, pur essendo preceduto nel suo ope
di Aldo. E continuava: Se ne desideri qualcuno, dillo subito, e manda i contanti, Perch non
appena il carro aniver, per ogni libro ci saranno trenta clienti, che grideranno solo qual il
prezzo?, e si accapiglieranno per comprarlo (citato da Charles William Heckethom, The
Printers (f Basle in the XV and XVI Centuries: their biographies. printed books aiid devces.
London, Unwin Brothers, 1897, pp. 87-88).
8. La difficolt di smercio soprattutto per le edizioni greche perfettamente dimostrata dai
cataloghi editoriali del Manuzio, ove queste edizioni sono sempre presenti (al contrario delle
latine che si esaurivano con facilit), ed anche dai vari studi sul prezzo dei libri dellncora,
come Wagner.
9. commerciare carta stampata insieme a quella bianca senza costi aggiuntivi.
ti era presente in una sola copia (si tratta per lo pi di massicce edizioni giu
ridiche), e la pi rilevante eccezione costituita dalla Grammatica del Perot
ti, presente in ben 20 copie5. Si tratta insomma di un assortimento di tutto ri
spetto (sono circa 200 titoli diversi), ma stoccato con prudenza in un numero
di copie minimo, nonostante le edizioni in vendita siano spesso non bologne
si, e quindi (dobbiamo credere) di non immediato reperimentot6.
Ben diversa si presenta la situazione nelle stanze superiori, completamente
invase dai libri. Nella camera superiore ci sono ben 422 copie delledizione
di Baldo degli Ubaldi della Lectura super VI codicis del 1477, stampata da
Domenico de Lapi a spese di Sigismondo de Libri, il cui ingombro doveva
essere notevole: questi libri occupano cinque scaffae. Sigismondo conserva
poi, sempre nello stesso locale e sistemate in varie scaffae, o ammassate su
di un tavolo: 130 copie delle Apostillue supra VI codicis di Alessandro da
Imola, 324 copie delle Epistolae adfamiliares di Cicerone, 84 copie dei So
netti e canzoni del Petrarca, commentati da Francesco Filelfo, 172 copie della
12. Non diversamente era organizzaio lo spazio del lavoro di tipografie e librerie tedesche,
come dimostra il contributo di Christoph Reske, The Printer ,4nton Koberger and hi.i Printing
Shop, Gutenberg Jahrbuch, 2001. pp. 98-103: cd unorganizzazione che dura fino al XVIII
secolo, come risulta dallo studio di Giorgio Montecchi, Lo spazio del lavoro nel Settecento: la
Societ Tipografica di Mode,ia, in idein, Aziende tipografiche, stampatori e librai a Modena
dal Quattrocento al Settecento, Modena, Mucchi, 1988, pp. 141-153.
13. Naturalmente un calcolo esatto non possibile, vista la reiterata presenza di voci di in
venta.rio del tipo quinterniones variati numero 43> oppure volumina Iibercolorum parvo
mm, dicitura sotto la quale probabilmente si nascondono quei libri volgari e popolari che sa
rebbe tanto interessante per noi conoscere. E incluso per nel mio conteggio il gruppo dei
L 111 volumina in forma minori variarum rerum, di cui per lappunto possibile avere una
valutazione quantitativa.
14. 45 volumina librorum scriptorum cum calamo: Libri 1484, p. 95.
15. Libri 1484, p. 95.
16. Com naturale, il maggior numero di edizioni esistenti nella bottega del Libri era di
stampa bolognese I.. .1 la maggior parte delle opere stampate fuori Bologna proveniva da altre
citt universitarie dellalta Italia, come Padova e Pavia, oppure da Venezia e da Milano, men
tre la produzione romana vi figurava in quantit d quasi nessun conto (.1 pi stretti al con
trario erano i rapporti esistenti tra Bologna e le citt dellEmilia, e ci spiega la presenza di
parecchae edizioni di Ferrara, di Reggio e di Parma: cos Fava, pp. 87-89. Purtroppo il com
mento bibliografico, per quanto di ottimo livello, pare decisamente invecchiato a fronte degli
odieRepetitio super capitulo curn contingat de iure iurandu di Giovanni da Imola,
223 copie dei Facia e! dicia inemorabilia di Valerio Massimo, e infine 150
copie del L)e conservatwne sanilaris di Benedetto da Nursia, tutte edizioni
Itlte stampare da Sigismondo. A questa massa di libri va aggiunto un gruppo
di 100 esemplari di edizioni varie, per il riassortimento della bottega. Si tratta
dunque di ben 1.605 volumi in un unico locale.
In un ulteriore locale, chiamato solarium, senza scalThe perch in lo
cali soleggiati non vi necessit di sollevare i libri dal pavimento, sono am
massate (impilate?) ancora 659 copie di varie edizioni in carta magna, tutte
edite dallo stesso Sigismondo; vanno infine aggiunte quinque masse folio
rum ineptorum et imperlectorum et inutilium, probabili scarti di tipografia,
di legatoria, o altro.
11 numero totale di 2.664 libri a stampa che risultavano di propriet di Si
gismondo alla sua morte deve essere considerato per una cifra approssimati
va, vista lesistenza di voci complessive prive di quantificazione esatta: ma
una cifra che dovremmo aumentare piuttosto che diminuire. La libreria di
questo libraio-editore si presenta comunque con caratteristiche funzionali ben
precise: la bottega offre al pubblico un gruppo quantitativamente limitato di
libri (poco pi di un sesto del posseduto), ma qualitativamente assai vario, il
pi vario possibile; i locali di deposito sono adibiti ad ammassare le stampe
edite dal libraio, in attesa di uno smercio che non , ovviamente, affidato alla
sola bottega sottostante, ma si avvale (secondo modi che, nella fattispecie,
dellinventano di tutti i suoi beni (del quale il Sorbelli ha per pubblicato solo la parte riguar
dantc i libri).
IS. Le voci di inentario sono complessivamente 746, ma le ripetizioni sono frequenti (n
sempre possibile capire se vengono citate con lo Stesso titolo edizioni differenti, oppure se
esemplari della stessa edizione sono elencati in fasi diverse), e portano il numero totale delle
edizioni presenti appunto a 650 circa.
distinzione certo significativa dal punto di vista commerciale, e non solo per
ch siamo a Bologna. E pur non essendo annotati i prezzi per ogni voce, ma
solo il numero delle copie, possiamo intendere che la prima fosse la categoria
patri.monialmente pi cospicua, tanto che il numero di copie per ogni titolo
raramente supera lunit e dcl tutto eccezionalmente arriva alla decina; la se
conda invece, comprendente tutto il resto della produzione editoriale
dellepoca, testi volgari inclusi, annovera delle vere e proprie scorte, come le
278 copie del Donato, le 338 dellEsopo, le 285 dcl Fiore di virt, le 241 dei
Fioriti di Pa1a.diii, le 286 dci Salteri, fino alle 1.000 copie degli Officioli
Beatae Vrginis: chiaro cio che siamo in presenza di una massa libraria de
positata in un magazzino, di cui la minima parte era otferta al pubblico. Al
cune di queste edizioni sono poi state stampate dallo stesso Platone, come la
Silva cui titulus Nutricia del Poliziano, edita nel 1492, di cui ancora si con
servano 910 copie 19, oppure il De instituendo sapientia animo di Matteo Bos
si, stampato nel 1495, di cui si conservano 248 copie. E da sottolineare per,
che il grande assortimento di titoli non il semplice rispecchiamnento della
stampa bolognese: anzi, a parte le edizioni allestite dallo stesso Platone, la
maggior parte dei libri viene da Venezia. Milano e Firenze; e poich queste
folte presenze sono rintracciabili proprio nel magazzino di un importante pro
duttore, esse indirettamente attestano come il commercio libranio fosse largamente
basato sullo scambio, e come quindi forti editorie cittadine (quali la
bolognese) si insenissero naturalmente in una circolazione libraria che tra
grandi capitali tipograliche fu subito assai intensa.
11 nostro Platone era dunque in grado, alla fine dcl Quattrocento, di gestire
nel suo magazzino di Bologna un insieme di circa 10.000 libri, frutto di un
quindicennio di attivit (dal 1482 al 1496): se il 60 per cento circa di questi
volumi recano la sua firma20, vediamo pur tuttavia crescere anche la quantit
di stampe assorbite da altri editori, di modo che pi lo stampatore attivo, e
produce elevate quantit di libri, pi il suo magazzino va accrescendosi non
solo dei suoi libri, ma pure di quelli prodotti da altri2m.
19. Benedetti 1497, p. 290.
20. Il calcolo per forza impreciso, perch svariate edizioni (di cui sono presenti anche pa
recchie decine di esemplari) non sono state conservate, e dunque non ne possiamo identificare
la paternit. Altri titoli poi, a causa dei fraintendimenti del notaio, sono corrotti in modo insa
nabile. E anzi da rilevare la grandissima acribia del Sorbelli nellidentificare il pi possibile te
opere.
21. Ricordo qui le caratteristiche del coevo inventano di libri che lo stampatore Andreas
Belfort, attivo a Ferrara, possedeva in casa al momento delta sua morte (1496): 1987 esempla
ri di 240 edizioni,, per il 60 per cento stampate da lui e per il 40 per cento da altri, I numeri di
gran lunga inferiori sono il miglior indicatore della differenza (in termini di possibilit produl
Ove e commerciali) tra il De Benedetti e il Belfort. Per questi dati ninsio a Nuovo 1998, p. 40.rni repertori di incunaboli.Nuovo 1990,pp. 107131.