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Angela Nuovo, Il commercio librario nell'Italia del Rinascimento.

Nuova edizione
riveduta e ampliata, Milano: Franco Angeli, 2003 (Studi e ricerche di storia
dell'editoria, 3)
i collana

pubblicata per iniziativa dellIstituto lombardo per la storia della Resistenza


dellet contemporanea, con la col1aboraione del Centro di studi per la storia delledi
ria e del giornalismo.

Angela ]uovo

IL COMMERCIO
LIBRARIO
NELL ITALIA
DEL RINASCIMENTO
Nuova edizione riveduta e ampliata
I lettori che desiderano informarsi sui libri e le riviste da noi pubblicati
ioss0110 consultare il nostro Sito Internet: www.francoangeli.ii e iscriversi nella home page
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ranco nge i

Ringraziamenti 1. Il commercio del manoscritto


Mi grato esprimere qui riconoscenza e ricordare il .debito contratto nei
confronti di amici, colleghi e maestri che hanno voluto discutere con me al
cuni aspetti del lavoro, o leggerne le prime stesure. Un grazie a Simone Al
honico, Mauro Ambrosoli, Paola Arrigoni, Pasqualino Avigliano, Guglielmo
Cavallo, Aldo Coletto, Andrea Cuna, Vania Demald, Alessandra Fossati,
Adriano Franceschini, Neil Harris, Martin Lowry, Raffaele Nuovo, Alberto
Petrucciani, Ugo Rozzo, Graziano Ruffini, Flavio Rurale, Claudio Vela, Pao
lo Veneziani, nonch a tutto il personale degli archivi e biblioteche che ho
Irequentato, a cominciare dalla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano,
dove ho svolto gran parte delle ricerche. Ringrazio infine Mauro Caproni, la
cui benevola attenzione e cordiale fiducia sono state di grande sostegno, e
Giorgio Montecchi, generoso e insostituibile lettore di questo come di tutti i
miei lavori.
Alla consueta disponibilit di Franco Della Peruta devo laccoglienza del
uno olurne in questa sede.
il conmercio librario nei principali cehtri della penisola non ebbe certo bi
sogno dellinvenzione della stampa per conoscere il suo atto di nascita1.
Grandi universit, comunit cittadine di diffusa alfabetizzazione, strati sociali
in ascesa economica e capaci di grandi iniziative imprenditoriali, folta pre
senza di uomini di chiesa; ecco alcuni dei principali fattori atti a provocare
quella diffusa circolazione libraria talmente tipica dellitalia da aver indotto
pi volte sconcerto in quanti dovevano obbligatoriamente constatare come,
nonostante lelevata richiesta e consumo di un ampio catalogo di testi, la
stampa abbia finito per essere inventata altrove2.
La produzione del manoscritto era, nellitalia del Quattrocento, al suo mas
simo splendore: non qui solo questione dei manoscritti di lusso, superba
mente miniati e riccamente legati, ma soprattutto della differenziata tipologia
di libri (accoppiata volta a volta con generi differenti di testi), pervenuti sia

nel formato che nella veste grafica a un risultato ditale funzionalit e bellezza
da costituire un insuperato modello per parecchi decenni dallintroduzione
della stampa. E bench il libro manoscritto fosse prodotto da diversi operatori
(laici ed ecclesiastici, singoli e collettivi), tuttavia solide e ben strutturate si
presentavano nei Quattrocento le botteghe dei cartolai che, citt per citt,
provvedevano alla fabbricazione e vendita dei manoscritti, nonch alla fornitu
ra di carta e di materiale scrittorio: si pensi a citt come Bologna, Roma3, o
allancor pi affollata Firenze4. A Roma, come nelle altre grandi citt italiane,
la richiesta di libri si faceva pi intensa durante il Quattrocento, stimolando
1. Utile la sintesi Parkes, con relativa bibliografia.
2. Cos (ironicamente) Bechtel, pp. 67-68, nel ricordare le varie ipotesi sui motivi conte
stuali dell invenzione della stampa.
3. Per la quale si sono trovate tracce di circa 150 tra cartolai, cartai e librai nel Quattrocen
to, vedi Cherubini 1983.
4. Si vedano Poli, De la Mare. Martini. Fin dal primo XV secolo la presenza dei cartolai a
Firenze sufficiente a distinguere questa da altre forme d artigianato e nel 1439 i cartolai
vennero incorporati nellArte dei medici e speziali, una delle sette Arti maggiori.

nuova produzione e circolazione (ad esempio, del libro usato, lasciato in ere
dit o in donazione): tuttavia il commercio librario locale non pu compararsi
a quello della vicina Firenze 5, pur essendo a essa legatissimo; infatti, molti dei
cariolai e librai attivi a Roma nel 4(X) erano, in effetti, fiorentini. Non solo: il
legame tra le due citt reso operante al punto che (ad esempio) i cartolai
Francesco e Giovanni Fini, con bottega a Roma, gestivano in effetti una sorta
d fliale della bottega di Vespasiano da Bisticci, il quale riforniva abitual
mente anche altri cartolai romani, che poi rivendevano i codici con una mag
giorazione di prezzo. Ma a Roma (come del resto a Ferrara, o a Milano) 7, le
maggiori notizie riguardano le ordinazioni e relativi pagamenti della Corte,
mentre poche e disorganiche restano le testimonianze relative alluso del libro
negli ambienti universitari (si tratta dcl resto di citt i cui Studi o non esistono,
o hanno limitato rilievo), o nelle case private, di cui ci parlano i testamenti 8.
La situazione fiorentina invece talmente nota da non necessitare qui det
tagli 9:contributi particolarmente interessanti si sono avuti riguardo al posses
so, davvero capillare, del libro, alla sua presenza nelle pareti domestche.
Ma quel che pi importa, sono rimasti diversi inventari di bottega di cartolai
cittadini (e, ci che li rende pi interessanti, visto che non manca la docu
mentazione riguardo a botteghe eccezionali come quella di Vespasiano, questi
cartolai sono di livello medio) ove sono elencati i manoscritti gi pronti per
lacquirente, parte dei quali di seconda mano.
in queste citt si gi passati, infatti, dal modello di una produzione arti
gianale di pezzi unici, commissionati dal cliente o dal signore, al modello
delloperatore indipendente che dispone di un capitale sufficiente per riuscire
a immagazzinare quantit superiori di merce, o a commerciare in prodotti fi
niti (oppure semi-lavorati), approntati in previsione dei bisogni della cliente5, Cherubini 1985, pp. 213-214.
6. Giuseppe Maria Cagni, Vespasiano da Bisticci e il Suo epistolario, Roma, Edizioni di
storia e letteratura, 1969, pp. 132 133, lett. Il e 80; p. 134, lett. 12.
7. Si legga, a proposito di Milano, il contributo di Anna Giulia Cavagna, Libri in Lombar
dia e alla corte Sforzesca tra Quattro e Cinquecento, in Libro a Corte, pp. 89-136, Per Ferra
ra, basti qui il rinvio ai volumi di Adriano Franceschini, Artisti a Ferrara in et umanistica e
i inascimentale, isti,rionianze archivistiche, Ferrara, Cassa di Risparmio di Ferrara Corbo
editore, 1993-1997, 3 v.: in questa grande opera innumerevoli sono i documenti relativi alla
circolaiione libraria a Corte.
8. Cherubini 1985, pp. 213-2 14.
9. Anche per let successiva, quella del libro a stampa, unindagine sistematica ha dato co
piosi frutti, rivelando il nome di 252 tra librai, cartolai e ambulanti attivi a Firenze dal 1490 al
1600 (Bertoli 1992).
IO. Armando F. Verde O.P., Libri tra le pareti domestiche: una necessaria appendice a
<Lo Studio fiorentino 14 73-1503, Pistoia, Centro Riviste della Provincia Romana, 1987
(estratto da Memorie Doniencane, n.s. 18, 1987); vedi anche Bec.
il. Vedi i gi citati Martini (bottega di Gherardo e Monte di Giovanni, 1476), De la Mare
-

(bottega di Giovanni di Michele Baldini, 1426): altri inventari, che comprendono sia libri a
stampa che manoscritti, saranno presi in considerazione pi avanti.

la. Se prendiamo in considerazione la situazione ferrarese, ove diverse botte


ghe di cartolai lavoravano su commissione della Corte e delle istituzioni ec
clesiastiche (nonch dei ceti colti e agiati), possiamo osservare nella sua inte
rezza il fenomeno delle botteghe dei grandi artigiani del libro che hanno svi
luppato i loro affari al punto da essersi trasformati in esponenti di una piccola
imprenditoria indipendente, I cartolai di Ferrara sono infatti capaci di orga
nizzare un processo produttivo assai complesso (a prescindere da ogni consi
derazione, naturalmente obbligata, sulla qualit dei prodotti allestiti). Il gior
nale di bottega di Taddeo Crivelli (1452- 1456) dimostra che egli, miniatore,
ha per un intreccio di rapporti con molti altri operatori. Taddeo ha dipenden
ti salariati e collaboratori occasionali, da lui ricercati in caso di produzioni
particolarmente impegnative, come la Bibbia di Borso; ha un garzone; fa ese
guire lavori fuori bottega, appaltando ci che non riesce a completare da so
lo; annovera diversi soci nella sua impresa, in grado dunque di attirare pic
coli investimenti; ha clienti abituali e occasionali, per ognuno dei quali man
tiene naturalmente conto dei lavori fatti, degli acconti ricevuti e dei saldi,
spesso in natura; inoltre prestatore dopera abituale per diversi cartolai, per
i quali minia degli interi manoscritti o anche solo alcune lettere, essendo a
sua volta loro cliente per la fornitura di carte e pergamene 2.
Del resto, una fase importante si era gi aperta precedentemente, allorch
il commercio del libro manoscritto aveva iniziato a coinvolgere i libri di se
conda mano: anche Vespasiano da Bisticci, per esempio, vendeva manoscritti
di seconda mano insieme ai nuovi. Questo incoraggi i cartolai a organizzare
limmagazzinamento di una certa quantit di libri, che comportavano un inve
stimento non indifferente: si trattava in fondo di unevoluzione naturale per
operatori comunque abituati a stoccare rilevanti quantit di carta 3. Ma, a un
altro livello, si fin in tal modo per coinvolgere nello smercio anche perso
naggi che non erano in grado di allestire il manoscritto, ma che lo vendevano
come prodotto confezionato, probabilmente affiancato ad altre merci: spia del
fenomeno laffiorare di termini quali venditores librorum, designanti que
sti nuovi operatori, non pi veri artigiani, ma persone dedite al commercio
dei prodotti artigianali (non pochi tra di loro sono maestri di scuola e inse
gnanti). Alcuni di questi venditores, come noto, iniziano a diventare veri e
propri imprenditori, e accettano ordinazioni da facoltosi clienti cui si impe
gnano a consegnare libri finiti in tutti i loro aspetti, curando e organizzando i
diversi stadi di produzione e allestimentot4. E nel commercio del libro mano
scritto gi confezionato che va ricercato lantecedente della vendita del libro
a stampa, come vendita attuata da puri rivenditori al dettaglio di prodotti (se
non in tutto, in gran parte e poi sempre maggiormente) finiti. Si da pi parti
12. Nuovo 1998, pp. 6-7.
13. Si veda quanta carta e pergamena (di diversi formati e qualit) aveva in bottega Gio
vanni di Michele Baldini (1426): De la Mare.
14. Parkes, p. 338.

sottolineato come levoluzione da artigiano che lavora su commissione ad ar


tigiano indipendente che dispone di un capiutie sufficiente per trafficare in
beni confezionati accomuni il commercio dei manoscritti a quello delle stof
fe, e come il fenomeno dati almeno dal XIII secolo 5: soprattutto rilevante
la somiglianza dellorganizzazione della produzione, di tipo verticale, con il
controllo da parte dellimprenditore delle pi importanti fasi di produzione e
distribuzione dcl bene prodotto. E tuttavia da obiettare che la rodata organiz
zazione relativa alla produzione dei tessuti pot essere messa a punto con
maggiori difficolt per il libro, la cui vendita subisce la variabilit di una do
manda assai pi imprevedibile od occasionale.
Mentre, dunque, la rottura COfl la tradizione , nelle officine tipografiche,

un tatto vistoso e immediato, nella distribuzione e vendita del libro tale rottu
ta fu iiwece mediata; e nella mediazione giocarono un ruolo fondamentale i

cartolai. garanti di unarmonica continuit tra libro manoscritto e stampato,


da loro contemporaneamente proposti ai clienti con la stessa gamma di op
zioni decorative atte a fare di ogni libro un oggetto molto personale. Vi
dunque una sfasatura cronologica nella ben nota rivoluzione causata dalla
stampa, se la si considera dal punto di vista delle procedure tecniche (la tipo
grafia), ovvero dal punto di vista delle procedure operative (il commercio).
1 cartolai costituirono lossatura commerciale permanente realmente dispo
nibile per i primi stampatori, e vennero coinvolti subito, senza difficolt, nel
nuovo inondo della stampa: innanzi tutto iniziando a vendere insieme mano
scritti e stampati, mentre continuavano a occuparsi della finitura e abbelli
mento delle stampe (nonch, come poi molto a lungo, della legatura); e poi
anche diventando tipograt a loro volta, ma soprattutto editori. Con la loro
conoscenza dei gusti del pubblico, e la loro capacit di far riferimento a una
15. Cos Parkcs, p. 341; cos anche, e aneor pi chiaramente, Rouse ami Rouse, pp. 67-68,
che qui cito: This sort of enterprise was noi invented by the book trade, of course; io the con
nary, it has been the nono for any large-scale produetion in the Middie Ages. [.1 The arehety
pe of such commercial organilation was the international cloth trade, dating back ai least io the
tliiiiecnth century; the capitalist/wholesalers invested in the raw wool where it was grown; he
conirolled. cillier as employer or as a client, the myriad finishing stagcs of the cloth washing,
carding. spinnlng, dyeing, weaving. fulling; and he sold the tinished cloth where there was de
niand. Because he haLl enough capital io wait for retum on his initial investment, ami because
hc was able io move goods Io markets, the entrepreneur controlled both ends of the process,
raw material and sales, which gave hni impticit and ofien explicit control of the intermediate
stagcs the actual production as well. Commercial printing in ttalian cities in the fifteenth
ccnlury rescnbled this modcl more closely than niosi scholars bave recognzed. Si specifica
per che lanalogia tra il commercio delle stoffe e il commercio del libro si instaura solo dopo
linvenzione della stampa, quando questultimo commercio si svilupp su larga scala. Preceden
temente, il piccolo commercio cittadino dei cartolai si ascrive regolarmente al giro daffari tipi
co delle Arti minori, mentre le Arti maggiori erano aduse a muoversi su scenari europei.
16. Basti lesempio, notissimo, di Clemente da Padova, per il quale si veda il pi recente
contributo (tendente a eteggerlo come il primo stampatore originario italiano attivo in Italia) di
tirsula Baurmeister, (l,,ieni de !adoue, eniumineur e: premier imprimeur italica, Bulletin
du Bihliophile, 1. 1990, pp. 19-27.

clientela ben consolidata, il loro apporto alla stampa fu prezioso anche se. regola, di non supportato da grandi
investimenti. Ma se i cartolai si resero prota
gonisti di imprese tipografiche per lo pi a breve respiro, talvolta incentrate
su una sola o pochissime edizioni, essi seppero pure, in altre occasioni, di
ventare intermediari tra il tipografo e un investitore con un maggiore raggio
di azione, al fine di realizzare imprese pi vaste.

2. Le tirature dei libri a stampa co di Lucrezia Borgia, Ludovico Bonaccioli. Non vi dunque dubbio che,
nel periodo da noi considerato, le tirature crebbero sensibilmente, e ci pro
prio parallelamente alla messa a punto di sistemi pi efficienti di distribuzio
ne e vendita.
Tirature desunte dal giornale di bottega di Francesco de Madi (1484-88)
Questione preliminare allanalisi del commercio dei libri a stampa la Va
lutazione del perimetro quantitativo della produzione. Largomento, molto di
scusso in passato, ha trovato una stima comune intorno a queste cifre: una
media di 400-500 esemplari nellet degli incunaboli, che va aumentando fi
no alle 1.500 copie circa stampate, sempre in media, alla met del secolo
XVI. Tuttavia, eccezioni significative a queste cifre si ebbero assai per tem
po, e soprattutto in Italia, ove la prima tiratura sul migliaio di copie risale ad
dirittura a una stampa del 1471 di Vindelino da Spira 2. Nel 1476 il banchiere
fiorentino Girolamo Strozzi (associato al professore Giainbattista Ridolfi) fa
ceva stampare a Venezia dal Jenson almeno 1.025 copie del volgarizzamento
della Naruralis Hisioria 3, mentre Nicol da Francoforte finanziava nel 1478 a
Leonardus de Wild una Bibbia in 930 copie 4. La societ Codec-Benali nel

biennio 1490-91 produceva svariate edizioni con tirature oscillanti tra le 500
copie (per un Fiore de iirtu, tradizionalmente titolo di largo smercio) e le
1.500 del Dante illustrato e commentato dal Landino: la tiratura media delle
edizioni di questa societ dunque calcolabile intorno alle 1.000 copie 5. Non
solo quindi le tirature veneziane riuscivano spesso a superare il migliaio di
copie fin dai primi decenni della stampa, ma al volgere del XVI secolo si
giunse facilmente a toccare le 3.000 copie: cos gli ottavi (latini) di Aldo, co
s perfino ledizione ferrarese degli Erotemara, finanziata nel 1508 dal medi
I. (osi Fchvre-Martin, pp. 273-275. Si ricorda che la tiratura della Bibbia di Gutenberg
attualmente valutata intorno alle 200 copie Bechtel, p. 284). Per quanto riguarda le tirature
veneziane del pieno Cinquecento, il parere di uno specialista che la tiratura media... era di
circa 1.0(X) copie, ma un editore in grande arrivava tranquillamente a tirare 2-3.000 esemplari
di un libro che garantiva vendite massicce: Grendler 1983, pp. 26-28.
2. Febvre-Martin, p. 273.
3. 101 7893, BMC V 176. A proposito della storia delledizione, De Roover 1953, pp. 110III.

4. 0W 4233, BMC V 264. Fulin, pp. 20-21.


5. Cecchetti l885b.

Recentemente, Martin Lowry ha assunto sul problema una posizione note


volmente diversa da quella tradizionale: analizzando infatti il Zornale (148488) del libraio veneziano Francesco de Madi. lo studioso ha infatti avanzato
lipotesi che le tirature medie si avvicinassero, fin dagli anni Ottanta del XV
secolo, piuttosto alle 2.000 che alle 500 copie.
Lowry perviene a questa conclusione grazie a due diversi ordini di argo
menti: in primo luogo calcolando che, se un libraio con un medio giro daffa
ri come Francesco, poteva vendere circa l3.00() libri in soli quattro anni,
lammontare complessivo di esemplari circolanti in quegli stessi anni deve
essere almeno dieci volte tanto, dunque intorno alle i 30.000 copie 7. in secon
do luogo, estendendo a regola generale i dati pervenuti al riguardo di unedi
zione finanziata dallo stesso de Madi: se Francesco, facendosi a propria vol
ta editore, pubblic unedizione del Dejecerunt di SantAntonino in 1.700 Co
pie8, ci significa che, nella sua posizione di libraio, valutava esattamente la
quantit di copie smerciabili del testo. E, daltra parte, ci sono titoli che nella
bottega di Francesco si vendono molto di pi, anche dieci volte tanto. Dun
que, la tiratura del Defecerunt doveva essere per trza (secondo Lowry) pro
porzionata a questo tasso di vendita, e le 1.700 copie si possono quindi consi
derare una cifra del tutto inedia.
Le opinioni del Lowry non sembrano tuttavia condivisibili. Quanto al pri
mo argomento, mi pare innanzi tutto che il giro daffari di Francesco sia
tuttaltro che medio: non corretto infatti, e porta fuori strada, paragonare la
sua bottega al giro daffari dei grandi mercanti internazionali di libri 9. Fran
cesco ha un esercizio fisso, principalmente un cartolaio con una sua cliente6. Modi i484-88, documento fondamentale per la storia del commercio librario, per il quale
si veda anche pi avanti. Martin l.owry se ne occupa diffusamente in Lory 199la. alle pp.
173-206 (capitolo The Prinier, the Reader anil the Marker) e qui mi riferisco alle tesi da lui
avanzate in questa sede.
7. To form any realistic idea of the number of books heing eircutated in and from Venice
during the mid-1480s we musi muttiply Francescos 12.934 sales by a factor of at least ten:
Lowry l991a, p. 182.
8. Non possediamo esemplari di questa edizione, nia ci pervenuta la stipula soeieiaria tra
il Madi e Annibale da Parma con Marino Sarasino, pubblicata da Predelli. Secondo le parole
del Lowry, we know from their contract Lha he Francescol and bis partuers pianned io pu
blish 1.7(X) coples of Antoninuss Defeceruni (Lowry 199 la, p. 182).
9. Cos Lowla, e la sua attivit va dunque inscritta nellambito del commercio

permaneti
te. Tuttavia, la citt in cui ha sede gli consente un notevole volume di vendi
te, con una clientela che non di rado opera acquisti massicci, forse con lin
tenzione di rincgoziare i libri altrove. Daltra parte, il de Madi, come Lowry
non manca di sottolineare, profondamente inserito nel mondo tipografico
della citt, i cui rappresentanti maggiori erano costantemente in rapporti daf
fari con luilO. Come duso, gli affari diventavano parentele: risulta infatti che

avesse sposato la figlia di Francesco (Renner) della Fontana, Cristina, che


una volta vedova, sposer Paganino de Paganini Il suo giro daffari per
ci cospicuo, comparato a quello di altri cartolai: non solo dalla sua bottega
passano 13.000 libri circa in quattro anni, ma in grado di metteme in vendi
ta 1.361 contemporaneamente2, il che, per un venditore al dettaglio, e a
.

quanto risulta da documenti analoghi, cifra ragguardevolissima. Inoltre il


de Madi non vendeva solamente edizioni veneziane13, e quanto a moltiplica
re per dieci la cifra di 13.000, perch per dieci e non per cinque o per venti?

l)al momento che Francesco nel suo Zornuile annota per lo pi titoli, senza
distinguerne ledizione, perch ipotizzare tirature elevatissime anzich nume
rose edizioni diverse, assai ravvicinate nel tempo? La seconda ipotesi sembra
pi verosimile, considerato lenorme numero di edizioni religiose, liturgiche
o devozionali con differenti caratteristiche bibliologiche (formato, caratteri e
cos via), di cui si trova menzione nelle liste dei librai coevi, senza che ne re
stino copie.
Quanto al secondo argomento di Lowry, cio le 1.700 copie del De/cerunt
edito da Francesco, esso si rivela, a una pi attenta lettura del documento che
ID. Tra di loro. Nicol da Francohjrte. Andrea Torresani, Bernardino Benali, Francesco
Renner (o della Fontana), Paganino de Paganini, Silvestro de Torus e molti altri: vedi Lowry
J991i, p. 192.
li Archivio di Stato di Venezia, Sez. Notarile, Testamenti, G. Forinento, b. 412, fase. 109.
19 novembre 1544: testamento di Cristina della Fontana, vedova di Paganino de Paganini, re
lieta iii primo voti) di m. Francesco di Mazi: vedi Nuovo 1990, p. 248, n. 31. Francesco de
Madi risulterebbe morto fin dal 17 ottobre 1490, perch a quella data risale un documento in
cui Bernardino Fontana presenta domanda ai giudici del Procurator contro Cristina vedova
Francesco de Mari per falso in giudizio (Archivio di Stato di Venezia, Giudici del Procurator,
Sentenze a legge. v. 12, c. 24). Mazi grafia volgare per Madi o Madiis>, come pure at
testa il documento (in volgare) edito da Predelli, ove il nostro nominato Francesco di Mazi.
12. Modi 1454.
13. Lowry tende infatti ad applicare i suoi calcoli, relativi alla massa libraria venduta com
plessivamente dalla bottega, alla sola editoria veneziana, pur aggiungendo poco dopo che
Francesco vendeva libri prodotti anche in altre cin italiane, e, dal 1487, persino tedeschi
Lowry 199 la, p. 185). Di fatto per, queste affermazioni, non confortate da unedizione com
iilcssiva dcl documento corredata da un valido commento bibliografico. lasciano alquanto per
plessi: quali e quante edizioni erano tedesche? e in base a quali criteri il Lowry le considera
tali? semplicemente confrontando le citazioni del cartolaio con gli attuali repertori di incuna
boli? La nostra curiosit viene in gran parte lasciata insoddisfatta. Lesame diretto di Modi
/484-88 mi porta a valutare prematura qualunque conclusione riguardo a questo e ad altri ar
gomenti, fin tanto che non se ne fornisce unedizione con commento bibliografico.

dovrebbe inoppugnabihnente provarlo, infondato. Infatti i tipografi soci del


de Madi si impegnano in realt a stampare non pi che volumi mille e set
tecento; e il rendiconto finale, ove si registrano la varie lrniture di carta ri
cevute tra luglio e settembre (in tutto, unottantina di risme) attestano proprio
come, specularmente alla fornitura di carta, si finisse per confezionare esatta
mente 1.030 copie del DeJcerunz4. Ecco dunque che, contrariamente alle
conclusioni del Lowry, un libraio esperto come Francesco si fermava (volente
o nolente) a una tiratura sul migliaio di esemplari, elevata ma non imponente:
ad ogni modo, pi vicina alle 500 che alle 2.000 copie. Quale che sia lipote
si che si preferisca agganciare a questepisodio, tuttavia da evitare la gene
ralizzazione di un dato singolo, soprattutto in un settore cos vasto come la
produzione del libro a stampa nella Venezia dcl Quattrocento. Inoltre, ogni
edizione, anche quelle di cui abbiamo per cos dire latto di nascita sotto for
ma documentaria, potrebbe avere delle motivazioni particolari o delle circo
stanze non ricordate ma di grande importanza, tutti fattori atti a influenzare
in modo determinante la tiratura: un committente taciuto, la mira di un deter
minato mercato ben noto, unoccasione particolarmente vantaggiosa di tra
sporto della merce prodotta. Tanto pi definito il dato documentario, tanto
meno proiettabile, senza opportuni confronti e riscontri, in uno scenario cos
mosso e differenziato come la stampa italiana nel Rinascimento.
Tuttavia, Lowry ha senzaltro ragione quando scorge nellindustria tipogra

fica veneziana la capacit tuttaltro che sporadica di pubblicare edizioni che


superano il migliaio di copie fin dai primi due decenni di stampa: e natural
mente, a maggior ragione in seguito, come dimostra il testamento di Matteo
Codec del 1491, ove si ricordano depositate in magazzino fino a 1.504 copie
di unedizione ancora in lavorazione (il Dante con commento di Cristoforo
Landino), cifra che si avviciner molto a quella di una tiratura complessiva
tipica di stampatori come questi5, cio tipografi che lavoravano su commis
sione di librai-mercanti del calibro di Lucantonio Giunta. A Venezia gi av
venuto che gli uomini daffari della sua statura, esperti nel commercio inter
nazionale, abbiano dato una svolta alla tipografia, animandone levoluzione
industriale verso orizzonti prima inconcepibili.
Oscillazioni geografiche e storiche
Ma non tutti gli stampatori, n a Venezia, n altrove, erano in grado di produne
con un simile volume di investimenti, perch ci restano viceversa testi
monianze attendibili, e queste s piuttosto generalizzate, di tirature ben pi
14. Tutto in Predelli.
IS. Archivio di Stato di Venezia, Cancelleria Inferiore, Miscellanea Notai. b. 28, testamen
to n. 2758 (12 agosto 1491): Matteo Codec raccomanda al fratello Giovanni di curare la divi
sionbasse; e ci si pu concludere nonostante la registrazione documentaria (fon

te principale per questo genere di dati) sia verosimilmente pi frequente nel


caso di tirature pi elevate. A Milano, ad esempio, lo Zarotto (147 1-1507) al
lestisce di regola tirature intorno al migliaio di copi&6, e stranamente non
molto pi alte, forse sempre intorno alle mille copie, paiono essere qualche
decennio dopo le tirature di Niccol Gorgonzola (1496-1536), editore di un
catalogo, si badi, privo di ambizioni culturali e anzi incentrato su titoli popo
lari e di sicuro smercio, sia pure con una gittata commerciale certamente pi
limitata di quella dei colleghi veneziani7. La forte editoria universitaria pa
dovana del XV secolo produceva tirature varie, ma in genere a sua volta non
arrivava al migliaio di esemplari per edjzjone8. Quando Bernardino Benali, a
Bergamo, firm laccordo con Filippo Foresti per la pubblicazione della prin
ceps del Supplenzenturn Chronicarum (1483), si impegn a una tiratura di soli
650 volumi, dei quali per di pi 200 sarebbero stati comprati dallautore9.
Stessi dati giungono da Siena, ma qui limitati ai primi decenni di stampa20.
Eccctionali paiono a Firenze, per tutto il Quattrocento, tirature intorno alle
mille copie. e nella Stamperia di Ripoli ci si ferma normalmente a poche cen
tinaia di esemplari21. Quanto a Bologna, sappiamo che quando nel 1487 Dio
nisio Bertocchi si associ con Bazalieri e Benedetto Faelli (dunque, una so
ciet piuttosto forte), si limit a stampare 600 copie del Rinaldus22. La tiratu
ra, certamente alta, di 1.250 esemplari per la princeps dellinnamorato, edi
zione famosissima e sempre citata perch totalmente scomparsa23, indica pa
lesemente un supporto finanziario eccezionale (specie a Scandiano) che non
pu non riflettersi sulla quantit di copie allestite: quello di Taddea, vedova
di Matteo Maria Boiardo24. La liquidit e la potenza economica del finanzia
tore si rispecchia infatti infallibilmente non tanto e non solo sulla qualit
dellediLione (grafica, testuale, culturale), ma soprattutto sulla quantit delle
copie stampate. Infatti, nel periodo cronologico qui considerato, leditore
puntualmente colui che procura e paga la carta: solo in secondo e accessorio
16. Ganda 1984, pp. 80-8 1.
17. Ganda 1988, pp. 71-72.
IS Cos Sartori. p. I 15, con laflidabilit di una conclusione desunta da unamplissima in
dagine documentaria.
19. Laccordo pubblicato in Pelandi, pp. 323-324.
20. Dove I3ono Gallo si impegnasa neI 1478 a stampare 750 copie delta Prtuca di Michele
Savonarola: Bastianoni-Catofli, p. 24.
21. Trovato, pp. 548-553.
22. Sarebbe stato il FacIli, grosso libraio bolognese, a fornire la carta. Si veda Bertocchi,
Di,.nisw. voce a firma di Alfredo Cioni, in D.B.l., IX, pp. 557-559.
23. Harris 1988, scheda I, pp. 15-17, ove si ricordano tutte te testimonianze relative alledi

lione con una copiosa bibliografia, senta tuttavia fare menzione della tiratura, per la quale ve
di Harris 1987, p59. Il documento relativo alledizione stato ripubblicato recentemente in
Monducci-Badini.
24. A valutare la ricchezza degli credi di Matteo Maria Boiardo basti ti seguente dato: a
ognuna delle quattro figlie venne attribuita una dote di 5.000 ducati.

piano si registrano le altre spese relative ai caratteri, alla tipografia, ai lavo


ranti e quantaltro. Embiematica in questo senso risulta la figura delleditore
Giovanni da Legnano, attivo dagli anni Settanta del Quattrocento tra Milano
e Pavia, con una complessa attivit di cartaio, editore e libraio sia allingros
so che al dettaglio: quando instaurava rapporti societari con tipografi per pro
durre libri, era solito fornire la carta necessaria e occuparsi poi della com
mercializzazione delle edizioni, disinteressandosi di tutte le operazioni che
intercorrevano tra i due momenti25.
Ci sono limiti, per, che nessuno, neanche un secolo dopo, osa varcare: di
un grande successo del secolo XVI come il Dioscoride del Mattioli, leditore
Vaigrisi calcolava di aver venduto oltre 32.00() copie. distribuite per in una
decina di edizioni che, nonostante il mercato favorevolissimo, non oltrepassavano
mai le 3.000 copie di tiratura ciascuna2. Simmetricamente, permaneva
no tirature molto pi basse, del livello dei primi incunaboli, e per edizioni
che pure ambivano a un mercato internazionale: Paolo Manuzio, ad esempio,
raccomandava al figlio di stampare solo 500 copie del proprio commentario
alle ciceroniane Epistole ad Attico (che sarebbe uscito nel 1568), tiratura di
nuovo raccomandata per alcuni classici corretti e commentati da Fulvio Orsi
ni, di cui pure affermava sar libro da ogni letterato. Ma per non da farne
pi che 50027. Oscillazioni continue, elastici adattamenti alla domanda che
poteva improvvisamente ridursi, valutazioni non ottimistiche ma realistiche
del mercato effettivo, raccomandavano dunque ai grandi librai-editori della
seconda met del secolo XVI la maggiore flessibilit nel settore delle tiratu
re, tanto da sconsigliare oggi qualsiasi generalizzazione.
Generalmente, attraverso la fornitura della carta (il materiale grezzo in al
tre produzioni) leditore si assicurava la propriet delledizione, ovvero la
scelta del testo e, spesso, delle modalit della sua realizzazione a stampa. Gli
esempi in questo campo sono numerosissimi2x. La decisione riguardo alla ti25. Su Giovanni da Legnano. si veda Ganda 1984. pp. 54-57, con bibliografia.
26. Pesenti, pp. 84-85.
27. Il giudizio sulle opere deilOrsini (Virgi1io con Servio e Probo corretti, e con le sue
fatiche e con un indice bello) in una lettera del 31 maggio 1567 (Manuzio, lettera VI, p. 94);
le indicazioni riguardo alla tiratura della propria opera nelle lettere deI 19 settembre 1567
(Manuzio, lettera VII, p. 96) e dell8 novembre 1567 (Del Commento ho consigliato io che
ne faccino soli 500 perch ci sia presto causa di risiamparlo: e cos potr forse con maggior
orlo ricorreggerlo, Manuzio, lettera Xl. p. 107),
28. Cos Io stesso de Madi, nel contratto pi sopra visto. Si vedano poi i documenti relativi
al Gorgonzola, in Ganda 1988, pp. 83, 84, 102, 103. Cos il banchiere Strozzi, finanziando nel
1476 con Giambattista Ridolfi il Plinio volgare di Jenson, fornisce allo stampatore francese 86
balle contenenti 5 o 6 risme ciascuna di carta De Roover 1953, p. 110 e n. I). Cos per la
stamperia del Monastero di Ripoli sono testitnoriiate delle produzioni attuate con vari soci
(uno dei quali cartolaio, tale Bartolo), relative a una sola edizione, per le quali gli editori si li
miravano a fornire la carta. Anzi, talvolta la societ o compagnia si risolveva in questo: che il
socio forniva alla stamperia un certo numero di risme di carta per riaverle entro un dato tempo
stampate al prezzo convenuto un tanto per risma (Bologna, p. 371). Ricordiamo infine i cIae dei libri stampati in societ con il Benali che
ri,nanevano in magazzino (Cecchetti 1885).ry 1991a, p. 182.

ratura dunque di stretta competenza delleditore (in quanto a suo carico), ed


anzi il fulcro stesso del suo ruolo. Un errore di valutazione poteva compro
mettere laffare e il gran variare delle tirature del periodo sembra indicare la
ricerca di un difficile equilibrio tra istanze in conflitto. Vi insomma un nes
so ineludibile tra cifre investite, tirature e struttura commerciale: un flesso
sulla cui straordinaria efficienza si sviluppa la grande industria editoriale del
la Serenissima.

Se dunque farsi editori significa soprattutto acquistare e procacciare carta,


in alcune zone cercare di ottenerne lesenzione dal dazio era quasi altrettanto
importante; e daltro canto lottenimento di sgravi fiscali presuppone sempre
un rapporto consolidato coii il potere politico, e quindi, nella maggior parte
dei casi, con la corte locale: si spiega perci come La stampa, pur non susci
tando di regola il diretto interessamento dei Signori delle corti italiane, veda
spesso coinvolti cortigiani di primo piano.
In realt, le botteghe dei cartolai non paiono fornire dati sufficienti per
I valutazioni a ritroso sulle tirature. Relativamente ai contratti per la stampa,
la documentazione archivistica (in Italia ancora in gran parte da indagare)
ci presenta situazioni a tal punto diverse da sconsigliare generalizzazioni
in termini di spazio e di tempo: soprattutto se intendiamo poi applicare
una cifra, desunta come presumibile media delle tirature del periodo, a un
caso specifico. Sembra invece meglio praticabile una valutazione pi am
pia della questione che, allargando lo sguardo al di l del problema del nu
mero di copie stampate per ogni titolo, tenda alla quantificazione della
massa di libri che un editore finiva per ritrovarsi, normalmente, ad aver
immagazzinato dopo qualche anno di attivit. Lattenzione si deve dunque
focalizzare sulle notizie in nostro possesso riguardo ai magazzini degli
stampatori.
Il mercato: da locale a internazionale
Naturalmente, non vi fu dapprima nessuna distinzione tra luogo per la ven
dita dei beni prodotti (la libreria, affaccio della stamperia sulla strada), che
un millenario costume artigianale metteva a disposizione del pubblico nei lo
cali medesim o attigui a quelli della produzione, e luogo di stipaggio e im
magazzinamento degli stessi beni. Uno Stampatore desideroso di realizzare
un prodotto tipografico poteva pensare, soprattutto agli inizi, a un pubblico di
acquirenti che conosceva benissimo, che, si pu dire, conosceva di persona:
in queste condizioni, limmagazzinamento delle copie stampate poteva essere
un problema temporaneo e poco rilevante. Sono stati pi volte analizzati i
primi frutti dellarte tipografica in relazione alla situazione socio-culturale di
Magonza e allesistenza di una folta clientela costituita di appartenenti a ordi
ni religiosi (Benedettini innanzi tutto), rintracciata anche grazie alle note di
possesso sui libri o ad altri segni di uso. Sappiamo dalla famosa testimonian

3. 1 magazzini
za di Enea Silvio Piccolomini riguardo alla Bibbia di Gutenberg che, nono
stante le copie fossero messe in vendita prima del completamento delledizio
ne, era considerato difficilissirno. quasi impossibile, assicurarsi una delle 180
(secondo la testimonianza pi attendibile tra 158 e 180) copie in lavorazio
ne. La maggior parte delle edizioni stampate in seguito furono commissiona
te prospettando comunque un numero verosimile di acquirenti, talvolta valu
tabile con molta precisione, come accadeva per i testi l.2iturgici Con laffer
niarsi della stampa, gli editori furono per costretti a rischiare di pi, pur ri
manendo in un mercato che, sotto qualche aspetto, era gi noto, o per lo me
no definibile nei suoi contorni: cos ci si comportava, ad esempio, nella pro
duzione del libro universitario, perch i libri accademici, giuridici o scientifi
ci che ftssero, bench legati a una comunit precisa di acquirenti (gli studen
ti di una particolare universit), ambivano (e spesso con successe) a essere
smerciati in comunit analoghe di altre citt, anche molto distanti dal luogo
di produzione.
Una vera e propria svolta si configur quando gli editori iniziarono a pro
durre per un pubblico che per la maggior parte era loro ignoto, e fisicamente
aveva sede nei luoghi pi disparati: Aldo Manuzio fu sicuramente colui che
corse i maggiori rischi in questo campo, pur essendo preceduto nel suo ope

rare dalla fondamentale esperienza della distribuzione su larga scala della


produzione della Compagnia e delle altre grandi imprese veneziane, che per
si erano di regola attenute al genere del libro accademico, costantemente evi
tato da Aldo.
Manuzio fu il primo che seppe incontrare il gusto di tanti lettori sparsi in
tutto il mondo occidentale, avvalendosi per, per la sua distribuzione, non so
lo della solidit delle rotte mercantili venczian&, ma anche della pubblicit
che gli stessi studiosi, entusiasti dei suoi libri, provvedevano a disseminare:
se si tiene conto dellopera di diffusione delle stampe di Aldo svolta da un
I. Bechtel, pp. 28(1 285: la testimonianza di Enea Silvio Piccolom,ni, in una lettera del
1454 sulla quale si veda anche larticolo di Martin Davaes, Juan de carvajal aitd Eariy Prin
ring: The 42-line Bible and the Sweynhevtn and Pannart2 Aquinas, The Library, s. VI, voi.
XVIII. 1996, pp. 193 215). Anche precedentemente al ritrovamento di questultima, tuttavia,
tutti gli studiosi collocavano la tiratura della Bibbia tra i 130 e i 2(X) esemplari circa.
2. Cos neI 1495 il Patriarca di Aquileia, Nicol Don, commission la stampa di 50() mes
sali (Vincenzo loppi, Dei libri liturgici a stampa della Chiesa dAquileia, Archivio Veneto,
XXXI, 1887, pp. 259-267). Tra le varie edizioni del messale ambrosiano procurate (su com
missione) da Antonio Zarotto, quella deI 1488 (101 6545) fu finanziata dal prevosto di S. Te
cIa, Andrea Bossi, in una tiratura di 500 copie (Ganda 1984, p. 62).
3. Vorrei qui ricordare che limpresa Torresani-Manuzio si serviva sicuramente di collau
dati esportatori: tra questi, Leonliard Alantsee, libraio di Vienna (ma in seguito anche edito
re a Venezia), che nel 1497 recava a Vienna appunto delle edizioni greche da vendere. Ne
riportava ad Aldo elogi entusiastici in prosa e versi di Vincenzo Longino (Ester Pastorello,
L l:pistolarw Manuziano: inventano cronologico-analitico (1483 1597), Firenze, Olschki,
1957, p. 22).

Daniele C4lario o da un A5leandro si capir come tutta limpresa dellncora


potesse contare su quello status particolare di avventura culturale che la po
se subito, anche agli occhi dei contemporanei, su un piano diverso, e in se
guito difficilmente raggiungibile da altri editori. La diffusione dei libri di Al
do in Inghilterra, ad esempio, procedeva di pari passo alla conquista, da parte
dellUmanesimo italiano, dellalta cultura accademica l.6ocale Ancora pi en
tusiastica laccoglienza a Basilea e nelle terre ove sarebbero sorti i veri eredi
di Aldo, editori della statura di Froben o A7.merbach
Al culmine di questa editoria ad alto rischio, che necessitava di una solida
struttura finanziaria per essere ammortizzata (i tempi di recupero dei capitali
investiti erano certo molto l8enti) sta, com noto, la pubblicazione del Cora
no in arabo, attuata dai Paganini a Venezia intorno al l537-38: non fossal
tre perch il rischio ipotizzato si rivel la pi rovinosa delle realt. E chiaro
che qui il pubblico prospettato era (nei suoi gusti, nella sua mentalit) tanto
poco conosciuto dagli editori da rendere lintera operazione un completo fal
limento: lazzardo dellimpresa si spiega perch i Paganini editori anche pro
ducevano e vendevano carta, la pregiatissima carta di Toscolano sul Lago di
Garda, molto richiesta dal mercato arabo-turco, ed erano quindi in grado cli
4. Nolhac, p. 267: il Clario, scrivendo da Ragusa ad Aldo residente in Venezia (8 giugno 1510),
esordisce: Accepi nuper litteras tttas Ferarie datas octauo calendas aprlis, quibus miEi videris sub
vereri de nostro amore veteri, ne illum ego violaverim aut dolo malo aut superbia aut utroque, qui
non libros mittam quos ad me alias vendendos misisti. aut de illis si venditi sint pecuniam.
5. Scrivendo da Parigi nel luglio dcl 1508, lAleandro pregava Aldo di spedire alcuni libri gre
ci che avrebbero avuto ivi buono spaccio: Per parlate con messer Andrea ITorresanil Ct facie
mandar ogni modo pi presto che si pote, o per la fiera per via di Lion o ancora avanti: Erotematj
de Constantino al meno 12, Lexicon 6, Luciani 6 over pi. et qualche altro libro che vi paia, tanto
che se faza una capsa, per che ve li far spazar tutj spero. Intra li altri mandar che me ha ordinato
uno gentilomo a posta: Aristotele de animalihus Graeco, Theophrasto de plantis graeco, Ari
stophane et altri libri.. Pi avanti lAleaiidro si propone come libraio concessionario e corri
spondente di Aldo, promettendo d far assai migliori affari di un certo lanpietro che fino a quel
momento ha venduto (ad assai caro prezzo) le stampe greche adivisandovi che in questa terra
molti sono librari che volentieri se intricariano con voi, tamen ego sum praeferendus (Nolhac,
pp. 213-216). Qui lAleandro, del resto, non fa che perpetuare il ruolo del maestro che provvede
va pure alla somministrazione di libri, tipico dellet del manoscritto, aunientandolo di scala.
6. 1-lellinga, specialmente le pp. 216 17.
7. Un bellepisodio si vorrebbe ricordare qui. Henricus Glareanus, scrivendo il 19 ottobre
1516 allo Zwingli, gli narrava come il suocero di Johann Froben, Wolfgang Lachner, aveva
appena mandato a prendere a Venezia un intero carro pieno di classici, nelle migliori edizioni
..

di Aldo. E continuava: Se ne desideri qualcuno, dillo subito, e manda i contanti, Perch non
appena il carro aniver, per ogni libro ci saranno trenta clienti, che grideranno solo qual il
prezzo?, e si accapiglieranno per comprarlo (citato da Charles William Heckethom, The
Printers (f Basle in the XV and XVI Centuries: their biographies. printed books aiid devces.
London, Unwin Brothers, 1897, pp. 87-88).
8. La difficolt di smercio soprattutto per le edizioni greche perfettamente dimostrata dai
cataloghi editoriali del Manuzio, ove queste edizioni sono sempre presenti (al contrario delle
latine che si esaurivano con facilit), ed anche dai vari studi sul prezzo dei libri dellncora,
come Wagner.
9. commerciare carta stampata insieme a quella bianca senza costi aggiuntivi.

La conclusione negativa dellimpresa segna il limite non plus ultra


dellespansione tipografica della Serenissima nel Medioriente, proprio negli
stessi anni in cui essa perde definitivamente la preminenza sul mercato inter
nazionale del libro di alta cultura.
Ma se con il passare del tempo gli editori dovettero per forza imparare i si
sterni pi adeguati alla efficace distribuzione della loro merce, certo che a
questo furono costretti non solo dal bisogno di rientrare dalle spese di produ
Lione, ma pure dalla crescita visibile e pressante del loro magazzino librario.
Anche in questo campo, pur non essendo molti, i documenti rimasti non pos
sono essere travisati.
La crescita dei depositi: il magazzino di Sigismondo dei Libri (1484)
Il primo, e pi famoso, magazzino librario quello sotto il cui peso i prototipografi Sweynheyrn e Pannartz si videro costretti a invocare lintervento
pubblic&0. C come un senso di dolorosa sorpresa nei due stampatori che
hanno visto crescere inarrestabilmente il numero dei libri depositati, come se
essi stessi non avessero immaginato una simile vertiginosa proliferazione: si
trattava ormai di 12.475 volumi, un deposito librario come mai si era visto, e
che dimostra come il fallimento dellimpresa fosse dovuto principalmente (se
non esclusivamente) al fatto di non aver piani ficato, con vero spirito commer
ciale, sistemi di vendita a distanza. A questepoca, infatti, un magazzino cos
attollato un segnale assai negativo.
Quando nel 1484 il libraio-editore bolognese Sigismondo dei Libri mor, si
procedette allinventano dei libri: si tratta del primo inventano dettagliato di
bottega libraria con magazzino che sia rimasto11. Esso ci consegna non solo
un elenco attento della merce posseduta dal ricco commerciante, ma anche la
dislocazione che il materiale aveva in differenti locali: i libri infatti erano col
locati sia in un locale al pian terreno, la vera e propria apotheca aperta al
pubblico (nella vantaggiosa posizione di fianco a San Petronio), sia in due lo
IO. (osa che fecero attraverso la penna di Giovanni Andrea Bussi, come ben noto: si trat
ta della lettera Sweynhevm & Pannartz 1472.
I Pubblicato in Fava (Libri 1484), ma linventano era stato scoperto e reso noto da Lino
Sighinolfi. Francesco Puteotuno e le origini della stanipa in Bologna e in Parnu.t, La Biblio
lilla, XV, 12, 1914, pp. 451-467: 452-453. Si tratta di un mero elenco di libri, topograficaniente
preciso ma senza ulteriori specificazioni che il numero delle copie per ogni titolo (dun
que, n consistenza in fogli n prezzi). Lordine in cui i titoli sono elencati (manifestamente,
un ordine topografico) non presenta alcun altro criterio ravvisabile: ovvero, la dislocazione dei
libri non pare nspondcie ad altri criteri (semantica, per formato etc.). La qualit dellannotazio
ne e piuttosto alta, pi precisa per quanto riguarda i titoli giuridici (si pensi che un notaio a
scrivere), ma in generale seiiza smaccate smorpiature: ci fa pensare che ci fosse un libraio pre
sente allinventano, che probabiltitente dettava.

cali posti al piano superiore, il magazzino. Il deposito libranio sovrastante


non funge che in piccola parte da riserva per un rapido riassortimento, bens
ospita a centinaia le copie delle edizioni finanziate in tutto o in parte da Sig
smondo. Siamo di fronte alla normale organizzazione dello spazio del lavoro
nelle botteghe dellepoca, laddove i locali superiori, meno umidi e pi salubri
di quelli che si affacciano sulla strada, sono adibiti alla conservazione di ma
teriale di cui si prospetta un pi lento smerciot2.
In bottega, erano disponibili alla diretta vendita del pubblico pi di 400 li
bn a stampai3 e 45 manoscritti14: la stragrande maggioranza dei titoli stampa

ti era presente in una sola copia (si tratta per lo pi di massicce edizioni giu
ridiche), e la pi rilevante eccezione costituita dalla Grammatica del Perot
ti, presente in ben 20 copie5. Si tratta insomma di un assortimento di tutto ri
spetto (sono circa 200 titoli diversi), ma stoccato con prudenza in un numero
di copie minimo, nonostante le edizioni in vendita siano spesso non bologne
si, e quindi (dobbiamo credere) di non immediato reperimentot6.
Ben diversa si presenta la situazione nelle stanze superiori, completamente
invase dai libri. Nella camera superiore ci sono ben 422 copie delledizione
di Baldo degli Ubaldi della Lectura super VI codicis del 1477, stampata da
Domenico de Lapi a spese di Sigismondo de Libri, il cui ingombro doveva
essere notevole: questi libri occupano cinque scaffae. Sigismondo conserva
poi, sempre nello stesso locale e sistemate in varie scaffae, o ammassate su
di un tavolo: 130 copie delle Apostillue supra VI codicis di Alessandro da
Imola, 324 copie delle Epistolae adfamiliares di Cicerone, 84 copie dei So
netti e canzoni del Petrarca, commentati da Francesco Filelfo, 172 copie della
12. Non diversamente era organizzaio lo spazio del lavoro di tipografie e librerie tedesche,
come dimostra il contributo di Christoph Reske, The Printer ,4nton Koberger and hi.i Printing
Shop, Gutenberg Jahrbuch, 2001. pp. 98-103: cd unorganizzazione che dura fino al XVIII
secolo, come risulta dallo studio di Giorgio Montecchi, Lo spazio del lavoro nel Settecento: la
Societ Tipografica di Mode,ia, in idein, Aziende tipografiche, stampatori e librai a Modena
dal Quattrocento al Settecento, Modena, Mucchi, 1988, pp. 141-153.
13. Naturalmente un calcolo esatto non possibile, vista la reiterata presenza di voci di in
venta.rio del tipo quinterniones variati numero 43> oppure volumina Iibercolorum parvo
mm, dicitura sotto la quale probabilmente si nascondono quei libri volgari e popolari che sa
rebbe tanto interessante per noi conoscere. E incluso per nel mio conteggio il gruppo dei

L 111 volumina in forma minori variarum rerum, di cui per lappunto possibile avere una
valutazione quantitativa.
14. 45 volumina librorum scriptorum cum calamo: Libri 1484, p. 95.
15. Libri 1484, p. 95.
16. Com naturale, il maggior numero di edizioni esistenti nella bottega del Libri era di
stampa bolognese I.. .1 la maggior parte delle opere stampate fuori Bologna proveniva da altre
citt universitarie dellalta Italia, come Padova e Pavia, oppure da Venezia e da Milano, men
tre la produzione romana vi figurava in quantit d quasi nessun conto (.1 pi stretti al con
trario erano i rapporti esistenti tra Bologna e le citt dellEmilia, e ci spiega la presenza di
parecchae edizioni di Ferrara, di Reggio e di Parma: cos Fava, pp. 87-89. Purtroppo il com
mento bibliografico, per quanto di ottimo livello, pare decisamente invecchiato a fronte degli
odieRepetitio super capitulo curn contingat de iure iurandu di Giovanni da Imola,

223 copie dei Facia e! dicia inemorabilia di Valerio Massimo, e infine 150
copie del L)e conservatwne sanilaris di Benedetto da Nursia, tutte edizioni
Itlte stampare da Sigismondo. A questa massa di libri va aggiunto un gruppo
di 100 esemplari di edizioni varie, per il riassortimento della bottega. Si tratta
dunque di ben 1.605 volumi in un unico locale.
In un ulteriore locale, chiamato solarium, senza scalThe perch in lo
cali soleggiati non vi necessit di sollevare i libri dal pavimento, sono am
massate (impilate?) ancora 659 copie di varie edizioni in carta magna, tutte
edite dallo stesso Sigismondo; vanno infine aggiunte quinque masse folio
rum ineptorum et imperlectorum et inutilium, probabili scarti di tipografia,
di legatoria, o altro.
11 numero totale di 2.664 libri a stampa che risultavano di propriet di Si
gismondo alla sua morte deve essere considerato per una cifra approssimati
va, vista lesistenza di voci complessive prive di quantificazione esatta: ma
una cifra che dovremmo aumentare piuttosto che diminuire. La libreria di
questo libraio-editore si presenta comunque con caratteristiche funzionali ben
precise: la bottega offre al pubblico un gruppo quantitativamente limitato di
libri (poco pi di un sesto del posseduto), ma qualitativamente assai vario, il
pi vario possibile; i locali di deposito sono adibiti ad ammassare le stampe
edite dal libraio, in attesa di uno smercio che non , ovviamente, affidato alla
sola bottega sottostante, ma si avvale (secondo modi che, nella fattispecie,

ignoriamo) di una distribuzione al di l delle mura cittadine. Nel complessivo


ammontare dei libri posseduti, meno di un terzo edito da altri stampatori.
Il magazzino di Platone de Benedetti (1497)
Ancora a Bologna ci porta il successivo inventano di magazzino librario
che ci sia noto, quello di Francesco (detto Platone) Benedetti, registrato in
una atto notarile del l497. La quantit di libri questa volta assai pi eleva
ta: si tratta di 10.576 esemplari di circa 650 edizioni18. Pur trattandosi di un
inventano notarile, linsieme dei beni non viene registrato riflettendo lordine
topografico, ma tramite un semplice elenco alfabetico, per in doppia seria
zione: la prima dei Libri in iure civili er in iure canonico (solo 270 esempla
ri), la seconda dei Libri in hu,nanitate (i restanti 10.576), sottolineando una
17. Benedeni 1497, documento pubblicato in modo esemplare da Albano Sorbelli. France
co mor improvvisamente nellagosto del 1496 lasciando figli minorenni, donde la necessit

dellinventano di tutti i suoi beni (del quale il Sorbelli ha per pubblicato solo la parte riguar
dantc i libri).
IS. Le voci di inentario sono complessivamente 746, ma le ripetizioni sono frequenti (n
sempre possibile capire se vengono citate con lo Stesso titolo edizioni differenti, oppure se
esemplari della stessa edizione sono elencati in fasi diverse), e portano il numero totale delle
edizioni presenti appunto a 650 circa.

distinzione certo significativa dal punto di vista commerciale, e non solo per
ch siamo a Bologna. E pur non essendo annotati i prezzi per ogni voce, ma
solo il numero delle copie, possiamo intendere che la prima fosse la categoria
patri.monialmente pi cospicua, tanto che il numero di copie per ogni titolo
raramente supera lunit e dcl tutto eccezionalmente arriva alla decina; la se
conda invece, comprendente tutto il resto della produzione editoriale
dellepoca, testi volgari inclusi, annovera delle vere e proprie scorte, come le
278 copie del Donato, le 338 dellEsopo, le 285 dcl Fiore di virt, le 241 dei
Fioriti di Pa1a.diii, le 286 dci Salteri, fino alle 1.000 copie degli Officioli
Beatae Vrginis: chiaro cio che siamo in presenza di una massa libraria de
positata in un magazzino, di cui la minima parte era otferta al pubblico. Al
cune di queste edizioni sono poi state stampate dallo stesso Platone, come la
Silva cui titulus Nutricia del Poliziano, edita nel 1492, di cui ancora si con
servano 910 copie 19, oppure il De instituendo sapientia animo di Matteo Bos
si, stampato nel 1495, di cui si conservano 248 copie. E da sottolineare per,
che il grande assortimento di titoli non il semplice rispecchiamnento della
stampa bolognese: anzi, a parte le edizioni allestite dallo stesso Platone, la
maggior parte dei libri viene da Venezia. Milano e Firenze; e poich queste
folte presenze sono rintracciabili proprio nel magazzino di un importante pro
duttore, esse indirettamente attestano come il commercio libranio fosse largamente
basato sullo scambio, e come quindi forti editorie cittadine (quali la
bolognese) si insenissero naturalmente in una circolazione libraria che tra
grandi capitali tipograliche fu subito assai intensa.
11 nostro Platone era dunque in grado, alla fine dcl Quattrocento, di gestire
nel suo magazzino di Bologna un insieme di circa 10.000 libri, frutto di un
quindicennio di attivit (dal 1482 al 1496): se il 60 per cento circa di questi
volumi recano la sua firma20, vediamo pur tuttavia crescere anche la quantit
di stampe assorbite da altri editori, di modo che pi lo stampatore attivo, e
produce elevate quantit di libri, pi il suo magazzino va accrescendosi non
solo dei suoi libri, ma pure di quelli prodotti da altri2m.
19. Benedetti 1497, p. 290.
20. Il calcolo per forza impreciso, perch svariate edizioni (di cui sono presenti anche pa
recchie decine di esemplari) non sono state conservate, e dunque non ne possiamo identificare
la paternit. Altri titoli poi, a causa dei fraintendimenti del notaio, sono corrotti in modo insa
nabile. E anzi da rilevare la grandissima acribia del Sorbelli nellidentificare il pi possibile te
opere.
21. Ricordo qui le caratteristiche del coevo inventano di libri che lo stampatore Andreas
Belfort, attivo a Ferrara, possedeva in casa al momento delta sua morte (1496): 1987 esempla
ri di 240 edizioni,, per il 60 per cento stampate da lui e per il 40 per cento da altri, I numeri di
gran lunga inferiori sono il miglior indicatore della differenza (in termini di possibilit produl

Ove e commerciali) tra il De Benedetti e il Belfort. Per questi dati ninsio a Nuovo 1998, p. 40.rni repertori di incunaboli.Nuovo 1990,pp. 107131.

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