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Bruscagin, Mauro. Ascesa e Declinio Dell'Eurocomunismo
Bruscagin, Mauro. Ascesa e Declinio Dell'Eurocomunismo
Introduzione
La ricerca ha come oggetto l Eurocomunismo, ovvero quel particolare
dislocamento ideologico e politico che ha interessato i partiti comunisti
italiano, spagnolo e francese nella seconda met degli anni 70.
La tesi relativa allo studio della evoluzione dei tre partiti sotto diversi aspetti,
a cominciare da quello storico-ideologico, per proseguire con quello politico
nazionale e per concludersi con il profilo politico internazionale. Vengono messe
in evidenza le differenze storiche e culturali dei tre partiti comunisti
mediterranei, il loro diverso approccio nei rapporti con lU.R.S.S. e con il
movimento comunista internazionale e il loro grado di inserimento nelle
rispettive societ politiche.
Durante la fase politica dellEurocomunismo questi partiti, pur in modi differenti
tra di loro, si sono posti lobiettivo di edificare nei rispettivi Paesi un tipo di
societ socialista molto distante da quelle costruite fino ad allora, ed in
particolare fortemente dissimile dal modello sovietico. Con questo nuovo tipo di
societ gli eurocomunisti avrebbero voluto coniugare il socialismo con le grandi
conquiste democratiche del mondo occidentale.
Obiettivo di questo lavoro dimostrare che la ragione principale per la quale
lEurocomunismo ha fallito nel suo progetto stata leccessiva differenza di
impostazione ideologica fra i tre partiti, fatto che ha reso molto precaria la loro
unit di intenti nei momenti decisivi. In particolare, ritengo che la causa
principale della debolezza del progetto eurocomunista sia stata la troppo
approssimativa svolta liberale portata avanti dal P.C.F., troppo improvvisa e,
quindi, non ben valutata in tutte le sue possibili conseguenze. Considerata la
forza e la rilevanza che ancora conservava il partito francese negli anni 70,
questa sua approssimazione politica e ideologica ha determinato, fin da subito,
un forte limite alla compattezza del fronte eurocomunista.
Gli strumenti bibliografici utilizzati in questa ricerca sono stati essenzialmente
testi di politologi e di giornalisti politici italiani e stranieri, riviste di scienza
politica, pubblicazioni dei partiti e interventi di leader politici.
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Capitolo Primo
Cos lEurocomunismo
I protagonisti dellEurocomunismo.
I partiti che hanno dato vita a questa nuova stagione del comunismo sono
principalmente il Partito Comunista Italiano (P.C.I.), il Partito Comunista
Spagnolo (P.C.E.) e il Partito Comunista Francese (P.C.F.), ma il fenomeno ha
interessato anche altri partiti comunisti come quello britannico, quello belga e
quello greco dellinterno, tutti partiti di piccole dimensioni, il cui contributo
originale allEurocomunismo stato molto circoscritto. Da notare infine che
anche il partito giapponese si trovato nella seconda met degli anni 70 su
posizioni politiche e dottrinali molto vicine a quelle dei tre partiti europei
contribuendo cos a rendere ancora meno idonea la definizione stessa di
Eurocomunismo come fenomeno riguardante esclusivamente i partiti comunisti
europei.
Quando nato lEurocomunismo.
Il termine Eurocomunismo, stato coniato per la prima volta non da un leader
comunista ma da un giornalista jugoslavo, Frane Barbieri, su un quotidiano le
cui posizioni ideologiche e politiche erano opposte a quelle di un partito
comunista, Il Giornale Nuovo di Indro Montanelli.
Larticolo del 26 -6- 1975 ed intitolato Le scadenze di Brezhnev e il nuovo
termine viene ad indicare il piano di Carrillo di voler conformarsi sempre meno
alla visione strategica di Mosca, aprendo contemporaneamente alla Comunit
Europea. Nellintendimento di Barbieri il termine Eurocomunismo stato
preferito a neo-comunismo perch ritenuto definito dal punto di vista
geografico e indefinito da quello ideologico, mentre il secondo apparso
concetto ideologicamente troppo impegnativo.
Secondo Barbieri il carattere fondamentale di questo nuovo tipo di comunismo
proprio la sua fluidit, mentre la componente ideologica, pur presente, non va
esagerata [Bettiza, 1978, 83].
Sulla paternit di questo neologismo sorta una piccola disputa, essendovi
alcuni, anche se non molti, pi propensi ad attribuire lorigine del termine ad
Arrigo Levi, anchegli giornalista di matrice liberale, che lo avrebbe preferito a
neo-comunismo, termine che presupporrebbe un salto di qualit ancora da
verificare, a parere di Levi [Levi, 1979]. Eda notare che questo nuovo modo di
intendere il comunismo descrive per il momento levoluzione politica solo del
P.C.E. e del P.C.I., mentre per il partito francese si dovr attendere fino al
novembre 1975, quando, improvvisamente, il suo leader Georges Marchais
orienter il partito da posizioni ortodosse e filosovietiche come lepisodio della
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che
il
principio
dellinternazionalismo
va
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dellimmagine
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Il secondo vertice quello tra il P.C.I e il P.C.F., del novembre 1975. Eindicativo
che entrambe le dichiarazioni siano state fatte in Italia, come a suggellare il
ruolo primario del P.C.I. in questa intesa tra i principali partiti comunisti
occidentali. Nella dichiarazione comune si afferma:
...I due partiti conducono la propria azione in condizioni concrete
differenti, e per questo fatto ciascuno di essi realizza una politica che
risponde ai bisogni e alle caratteristiche del proprio Paese. Al tempo
stesso, lottando in paesi capitalistici sviluppati, essi constatano che i
problemi essenziali che stanno loro di fronte presentano caratteristiche
comuni e richiedono soluzioni analoghe...
...il socialismo constituir una fase superiore della democrazia e della
libert; la democrazia realizzata nel modo pi completo. In questo
spirito, tutte le libert, frutto sia delle grandi rivoluzioni democraticoborghesi, sia delle grandi lotte popolari di questo secolo, che hanno
avuto alla loro testa la classe operaia, dovranno essere garantite e
sviluppate...
...I comunisti francesi ed italiani si pronunciano per la pluralit dei
partiti politici, per il diritto allesistenza e allattivit dei partiti di
opposizione, per la libera formazione e la possibilit dellalternarsi
democratico delle maggioranze e delle minoranze, per la laicit e il
funzionamento democratico dello stato, per la libera attivit e
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Capitolo Secondo
Differenze storiche e sociologiche nei partiti eurocomunisti: i riflessi
nellintegrazione politica e culturale nei rispettivi paesi.
Linfluenza del Comintern e dello stalinismo sulla fisionomia di P.C.I., P.C.F. e
P.C.E..
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Linfluenza del Comintern, ovvero la III Internazionale, e dello stalinismo si
fatta sentire, anche se in misura differente, su tutti e tre i partiti, tanto da
averne determinato a lungo la linea politica. La stessa nascita dei partiti
comunisti, del resto, stata frutto della III Internazionale, che, con le celebri 21
condizioni, ha provocato tra il 1920-21 le scissioni dai partiti socialisti, rimasti
invece legati alla II Internazionale. Il collegamento con Mosca stato anche
accentuato dalle particolari vicende politiche nazionali, come il fascismo in Italia
o la dittatura di Franco in Spagna a conclusione della guerra civile, situazioni
che hanno obbligato alla clandestinit i partiti comunisti e condotto a Mosca
molti dei loro leader. In questo modo i quadri dirigenti del P.C.I. e del P.C.E. si
sono formati quasi interamente allombra del Cremlino.
Per quanto concerne il P.C.F., esso si sempre distinto come il pi fedele
interprete della politica estera sovietica in Occidente, tanto da venirne
considerato, con un paragone con la Chiesa francese, il figlio prediletto.
Paradossalmente, infatti, limpronta stalinista rimasta pi impressa nel partito
francese, che ha conservato a lungo lo stile e la rigida impostazione di partito
tipica del periodo cominternista, accumulando cos un notevole ritardo rispetto
alla evoluzione di partiti come lo spagnolo e, soprattutto, litaliano. Lo
stalinismo stata una componente cos fondamentale per il P.C.F., che esso
rimasto come shockato dalle denuncie del XX Congresso del P.C.U.S., al punto
da inventare la favola del rapporto attribuito al compagno Krusciov, andata
avanti fino al 1978, e di bollare il progetto togliattiano della via nazionale al
socialismo come una svolta riformista [Buci-Glucksmann, 1979, 130].
Sicuramente una grossa parte di responsabilit per questa forte matrice
stalinista da attribuirsi a Thorez, leader del partito per oltre trentanni, fino al
64, molto amato dai militanti ma incapace di elaborare un progetto originale
per la costruzione del socialismo in una societ occidentale come la Francia, e
soprattutto colpevole di aver accolto di buon grado ogni ordine di Stalin,
compreso laccordo con Hitler del 39, restando a lungo impassibile mentre la
Francia veniva attaccata e sconfitta dalla Germania nazista. Solo con il suo
successore Waldek-Rochet il P.C.F. ha intrapreso la via per uscire da quel ghetto
in cui esso stesso si era cacciato, prendendo due decisioni storiche come il
sostegno alla candidatura di Mitterand alle presidenziali del 65 e la
riprovazione manifestata in seguito allintervento sovietico a Praga nel 68, la
prima volta nella storia del P.C.F. in cui il partito ha condannato un atto politico
dellU.R.S.S. [Baudouin, 1978]. Ma anche in questa fase lo stalinismo non
scomparso dal partito, al punto che nel 66 Marchais afferma a proposito della
dittatura del proletariato che: ...abbandonarla sarebbe scivolare sul terreno
della democrazia borghese, poich il contenuto di classe dello Stato che deve
costruire il socialismo sparirebbe. [Daix, 1978, 54]. Infine, in piena epoca
eurocomunista, il P.C.F. si proclama ancora partito rivoluzionario della classe
operaia e davanguardia, nella pi pura tradizione leninista [Laot, 1977].
Il P.C.E., pur costretto alla clandestinit dopo la sconfitta nella guerra civile del
36, ha saputo sviluppare nel corso degli anni una forte autonomia nei confronti
del P.C.U.S., grazie soprattutto alle forti personalit di Carrillo e di Dolores
Ibarruri, la leggendaria Pasionaria, anche se ha dovuto subire una piccola
scissione di una frazione prosovietica guidata da un altro eroe della guerra
civile, Enrique Lister, in occasione della condanna della repressione sovietica
della primavera di Praga.
La posizione del P.C.I. complessa, con un Togliatti dapprima fedele e
potentissimo emissario di Stalin in Occidente e poi, con la svolta di Salerno e la
creazione del partito nuovo e con lelaborazione della teoria della via
nazionale al socialismo, uno dei leader comunisti pi innovatori. Anche se
lappoggio alla politica estera sovietica resta praticamente incondizionato,
come testimonia la condanna dellinsurrezione ungherese del 56, lautonomia
da Mosca si sviluppa soprattutto nella nuova concezione di principi come libert
e democrazia, che vengono considerati contenuti imprescindibili del socialismo
[Berlinguer L., 1985], nella riscoperta dellindividuo e nellabbandono della
convinzione che luguaglianza possa essere imposta dalla volont di un principe
illuminato, ovvero il partito di massa operaio della teoria gramsciana
[Berlinguer L., 1985].
Infine, ci che ha contribuito in maniera importante allemergere di una
elaborazione originale del P.C.I. allinterno del mondo comunista, stato
sicuramente la presenza di una personalit come quella di Gramsci, di certo
colui che meglio ha cercato di applicare il modello leninista allOccidente,
correggendolo e rendendolo pi adatto a un tipo di societ profondamente
diversa da quella russa del 1917. Il suo pensiero considerato da alcuni, come
si vedr in seguito, lispiratore dellEurocomunismo.
Le conseguenze nella storia dei tre partiti dei diversi contesti sociali,
politici e istituzionali.
Francia, Italia e Spagna, oltre a molte affinit, come la comune cultura latina e
cattolica e una storia spesso interconnessa, presentano anche alcune differenze
significative, risalenti soprattutto alle vicende storico-politiche dellultimo
secolo, che hanno inciso nellesperienza storica dei tre partiti e che li hanno resi
tra loro differenti, anche in modo rilevante.
Cos la difficolt incontrata dal P.C.F. di creare una rete organizzativa capillare si
spiega col fatto che in Francia vi sempre stato un basso grado di
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A partire dalla fine degli anni 60 il P.C.F., perseguendo il fine di farsi accettare
dallopinione pubblica come possibile alternativa, ha tenuto una posizione di
estrema prudenza riguardo a problematiche come il femminismo, lecologia, le
condizioni nelle carceri, la droga, temendo che lassunzione di una posizione
eccessivamente aperta potesse respingere dal partito le classi popolari, e
finendo cos per accogliere lideologia dominante. Esemplare la concezione
della donna, definita lavoratrice, cittadina e madre [Lavau, 1979, 207].
Difficile anche il rapporto tra il P.C.F. e la Chiesa, sempre a causa del suo
dogmatismo esasperato. Sono pochi i militanti credenti, e nessuno ha posizioni
rilevanti allinterno dellapparato, n sono noti intellettuali cattolici comunisti.
Lunico, infatti, Roger Garaudy, gi membro dellUfficio Politico, stato espulso
dal partito nel 1970, prima della sua conversione religiosa.
Nella composizione sociale del partito negli anni 70, si pu notare una
distorsione tra linfluenza elettorale stagnante e il numero degli iscritti, in
costante aumento fino al 1978 [Pudal, 1989, 294]. In secondo luogo
significativo laumento degli iscritti non operai, soprattutto studenti e tecnici,
anche se, salendo nella gerarchia del partito, la componente operaia resta di
gran lunga maggioritaria. Indicativo anche lo scarso peso, nei centri direttivi
del partito, delle donne, malgrado la loro percentuale tra gli iscritti sia prossima
al 50 % [Buci-Gluksmann, 1979].
Un ulteriore aspetto importante costituito dalla volatilit degli iscritti, due
terzi dei quali hanno aderito al partito dopo il 1968, cosa che facilita il controllo
della base da parte del vertice, i cui membri si sono formati politicamente in
piena epoca staliniana, negli anni 40 e 50 [Pfister, 1979, 165].
Infine da notare il basso grado di omologazione politica del P.C.F. nella societ
francese, il suo costante proclamarsi partito anti-sistema, anche durante
lepoca eurocomunista, il rifiuto di ogni strategia gradualista di integrazione e il
proposito costante, anche nel momento dellalleanza con il partito socialista, di
determinare una rottura drastica del sistema capitalista [Timmermann, 1981,
14].
Il Partito Comunista Spagnolo vive una forte concorrenza interna con il P.S.O.E.,
il partito socialista guidato da Felipe Gonzales e da altri giovani uomini politici,
nati dopo la guerra civile e cresciuti insieme a tutta la societ spagnola degli
anni 60 e 70. Il P.C.E., invece, corre il rischio di una lacerazione tra il vertice,
formato da persone non pi giovanissime, testimoni della guerra e vissute per
anni in esilio, e la base, molto giovane e, per certi versi, estremista [Pierini,
1977].
Difficolt ulteriore il rapporto con i cattolici, in quanto pi della met degli
Spagnoli nel 1977 ritiene impossibile essere contemporaneamente buoni
cattolici e comunisti [Linz, 1978], mentre Carrillo descrive la Chiesa come un
apparato ideologico dello Stato, anchessa coinvolta nella crisi globale della
societ capitalista [Carrillo, 1977, 30], anche se aggiunge che voci nuove, di
autentico rinnovamento, si sono levate negli ultimi anni dalla Chiesa stessa.
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dazione del P.C.I. si sono mostrati spesso molto pi simili a quelli di un grande
partito socialdemocratico che non a quelli di un partito comunista
[Timmermann, 1981, 14].
Dei tre partiti eurocomunisti quello italiano certamente quello meglio
integrato nella propria realt nazionale. Il successo del P.C.I. al di fuori della
classe operaia spiegabile anche grazie alla reputazione di buon
amministratore goduta dal partito per via dei buoni risultati ottenuti nelle citt
e nelle regioni da esso governate.
Il ruolo degli intellettuali nei tre partiti.
Significativa lattitudine dei tre partiti nei confronti degli intellettuali.
Nel P.C.E. circa un terzo degli iscritti sono intellettuali e il loro ruolo
importante al punto che i comunisti iberici definiscono il loro come un partito
operaio e delle forze della cultura.
Nel P.C.I. il ruolo degli intellettuali tanto rilevante da creare problemi di vario
genere, come sensi di estraneit, a volte, tra i militanti operai o anche problemi
di disciplina interna [Tarrow, 1976, 374].
Il P.C.F. ha invece problemi opposti, in quanto lo scarso numero di intellettuali
crea maggiori difficolt di adattamento alla vita politica in una democrazia
borghese. Ma soprattutto il modo in cui vengono considerati gli intellettuali
allinterno del partito a fare la differenza con i comunisti italiani e spagnoli. Per
il P.C.F., infatti, la figura dellintellettuale vista con un alone di scetticismo e di
dubbio, come un potenziale eretico, ed pensato nellimmaginario collettivo dei
militanti come una persona che se ne sta beatamente a lavorare su una
scrivania, mentre gli operai faticano in fabbrica.
Il P.C.I., invece, ha avuto un attenzione costante verso gli intellettuali fin dai
tempi di Gramsci. Ci ha procurato indubbi vantaggi ai comunisti italiani,
offrendo loro la possibilit di un maggiore dibattito interno e facendo in modo
che le svolte politiche e dottrinali non fossero solo imposizioni dei vertici
[Timmermann, 1981, 375].
Linfluenza di Gramsci sullEurocomunismo.
Secondo i leader dei partiti eurocomunisti, Gramsci stato il padre spirituale di
questa nuova strategia comune. In realt egli ha certamente avuto una
funzione decisiva ponendo la questione della nazionalizzazione del bolscevismo,
ma poi si creata una tensione tra leredit gramsciana e la nuova strategia dei
tre partiti, che quella di superare lesperienza sovietica [Salvadori, 1978, 41].
In effetti Gramsci non si spinto fino al punto di abbandonare il principio della
dittatura del proletariato, ma lha solo elaborato nel concetto di egemonia. Gli
eurocomunisti si troverebbero allora pi vicini agli avversari di Lenin, come
Kausky, il quale affermava una linea politica volta ad allargare il sistema
parlamentare fino a dargli un contenuto palese di partecipazione democratica
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Capitolo Terzo
La struttura organizzativa dei tre partiti eurocomunisti: tradizione
leninista ed evoluzione democratica.
La questione della democrazia interna: la trasformazione del principio del
centralismo democratico.
Il tratto distintivo della struttura organizzativa di ogni partito comunista
certamente il centralismo democratico. Ideato e forgiato da Lenin per
assicurare la disciplina nel partito dei rivoluzionari professionisti, affinch:
delle migliaia di uomini avanzino come un solo uomo quando il Comitato
Centrale d un ordine, questo tipo di struttura ha due funzioni principali. La
prima quella di assicurare, teoricamente, il pi ampio grado di discussione
democratica dalla pi piccola cellula o sezione fino al Comitato Centrale. La
seconda, invece, una volta che questorgano abbia deciso la linea politica
generale, dopo aver vagliato le varie proposte, fa in modo che questa venga
seguita fedelmente da ogni militante, senza reticenze, cosicch la minoranza
sconfitta assecondi in tutto e per tutto la decisione ufficiale del partito.
Tutti i partiti comunisti nati sullonda del successo della Rivoluzione Russa
hanno adottato il centralismo democratico, probabilmente uno strumento
indispensabile per garantire la loro stessa esistenza, in unepoca in cui essi
erano costituiti esclusivamente da quadri ed erano inseriti in contesti sociali
molto ostili, tanto da essere spesso costretti alla clandestinit. Lepoca
stalinista ha visto, non solo nel P.C.U.S., un accentuarsi cos forte del carattere
centralista e burocratico del centralismo democratico al punto che, per lungo
tempo, dopo la morte di Stalin, il centralismo democratico stato considerato
dagli avversari politici dei partiti comunisti occidentali e dai partiti socialisti e
socialdemocratici come uningombrante eredit stalinista e, pertanto,
antidemocratica.
Negli anni 70, con la strategia eurocomunista, le incongruenze tra il grado di
democrazia interno al partito e la nuova concezione della democrazia e del
pluralismo politico emergono palesemente.
Levoluzione democratica dei partiti comunisti occidentali sembra sempre pi
allontanarli dalloriginale matrice leninista, al punto che a volte i loro leader
sono costretti a rivendicare limmutata adesione a certi principi di Lenin, pur
con gli opportuni distinguo.
Per quanto concerne il centralismo democratico, il P.C.I. rifiuta decisamente la
tesi secondo cui esso incompatibile con un partito democratico, e afferma:
Questo principio non vuole assicurare unanimismo preventivo, ma il
metodo per garantire alla fine, dopo un confronto democratico di tutte
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Cambia anche in modo essenziale la concezione del ruolo del partito. Il P.C.I. ha
da tempo abbandonato la definizione di avanguardia, preferendo il termine
partito-guida e lo stesso ruolo di direzione ora condiviso con altre forze, che
sono considerate su un piano di eguaglianza [Pribicevic, 1981, 170]. Allo stesso
modo il P.C.I. non considera pi il suo modulo organizzativo come un prototipo
della nuova societ socialista, n per aderire al partito pi necessario
professarne lideologia. Questa nuova concezione laica del partito ha permesso
un forte afflusso di cattolici, in precedenza bloccati dal carattere palesemente
ateo del P.C.I.. Tuttavia, sul fatto che il P.C.I. sia divenuto un partito fino in fondo
laico alcuni nutrono dei dubbi. Innanzitutto singolare che il P.C.I. giunga, con
cinquantanni di ritardo, ad elaborare i medesimi principi del socialismo
democratico, rivendicandoli come nuovi, ma addirittura paradossale che, una
volta ricongiuntosi alla tradizione socialista, senta immediatamente il bisogno di
differenziarsene, riproponendo il mito della continuit con la tradizione
comunista e quello della diversit da ogni altro partito [Salvadori, 1979].
Molto importanti sono anche i cambiamenti dottrinali che avvengono durante
questa fase nel P.C.E.. Esso, in occasione del suo IX Congresso, si definisce
come:
...un partito marxista, rivoluzionario e democratico che si ispira alle
teorie dello sviluppo sociale elaborate dai fondatori del socialismo
scientifico, Marx e Engels. Lapporto di Lenin ritenuto, in tutto ci che
conserva di valido, fondamentale, anche se da ritenersi superato il
concetto secondo cui il leninismo il marxismo della nostra epoca.
[Tesi n 15 del IX Congreso del Partido Comunista dEspaa, aprile
1978].
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rete organizzativa capillare che dispone, fra laltro, di una casa editrice (la
Editori Riuniti), di pubblicazioni quotidiane, settimanali e mensili a vasta
tiratura, di scuole di partito e di una solida base economica, grazie al
collegamento alla Lega delle Cooperative.
La contestazione allinterno dei partiti eurocomunisti.
La contestazione allinterno del P.C.I. stata storicamente pi limitata che nel
P.C.F. e, soprattutto, nel P.C.E.. Prima di tutto i comunisti italiani non hanno
praticamente mai conosciuto nella loro storia scissioni autentiche, n pro-cinesi,
n pro-sovietiche, fino a quella tra P.D.S. e P.R.C in anni piuttosto lontani da
quelli dei quali si sta parlando. La compattezza del partito non mai venuta
meno, forse anche grazie al carisma e allabilit dei suoi leader, da Togliatti a
Berlinguer. Lunica scissione di un certo spessore si avuta nel 1969 ad opera
dei dissidenti de Il Manifesto, che criticavano aspramente la linea politica del
partito, giudicato ormai riformista. Durante la stagione eurocomunista le
contestazioni riguardano principalmente due questioni, lappoggio del partito
alla politica di austerit dei governi di solidariet nazionale, critica mossa
soprattutto dalla componente sindacalista del partito (Trentin, Garavini), e la
condanna che il partito ha mosso nei confronti dellU.R.S.S. allindomani
dellinvasione dellAfghanistan e dei fatti polacchi del dicembre 81. In questa
occasione la componente filosovietica di Cossutta dissente fortemente dalla
linea della Direzione e soprattutto dalla posizione di Berlinguer secondo cui si
sarebbe ormai verificato: ...lesaurimento della spinta propulsiva nata dalla
Rivoluzione dOttobre. [Berlinguer E., 1981].
Il P.C.E., al contrario, ha conosciuto di frequente nella sua storia dolorose
scissioni, a cominciare dal 1963, con la creazione del Partido Comunista Espaol
di tendenza maoista, e, soprattutto, nel 1970, con la formazione di un partito di
stretta osservanza filosovietica, per qualche tempo concorrenziale al P.C.E.
stesso, guidato da un eroe della guerra civile, il generale Lister.
La riacquistata libert allindomani della fine della dittatura non produce la
sperata unit e i segni della divisione sono ben visibili durante il IX Congresso,
con la contrapposizione tra eurocomunisti e leninisti, segno di un malessere
assai diffuso nel partito, e con la vibrante richiesta di maggiore democrazia nel
partito, soprattutto sotto forma di un maggior diritto alliniziativa, alla
discussione e alla critica da parte di ogni militante. Molto forte anche il
confronto tra le vecchie e le nuove generazioni [Calamai, 1978].
I segnali negativi presenti al IX Congresso si mostrano in tutta la loro
drammaticit al X Congresso, nel 1981, ricordato come il congresso delle
divisioni. Se la componente vicina al P.C.U.S. risulta meno consistente del
previsto, ben pi significativa si dimostra la forza del gruppo degli
eurocomunisti rinnovatori, che non si riconosce nella relazione del segretario
sul partito.
In questo modo, anche se la linea eurocomunista del P.C.E. riconfermata a
larghissima maggioranza, limpressione che se ne ricava quella di un partito
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spaccato, con un segretario rieletto soltanto dal 70 % dei delegati e che risulta
appena il 15 tra gli eletti al Comitato Centrale. Le principali proposte degli
eurocomunisti rinnovatori si concentrano sulla forma del partito, che si vorrebbe
con una struttura federale che garantisse piena libert di espressione per le
correnti dopinione, pur permanendo la norma del centralismo democratico.
Tuttavia queste richieste non vengono accettate dal congresso.
Questa spaccatura allinterno del partito non pi ricomposta, al punto che nel
novembre 82 Carrillo si dimette da segretario generale e, allinizio del 1984,
esce dal partito [Waller, 1987].
Infine il P.C.F., esso pure immune da scissioni nel corso della sua storia, ma alle
prese, a partire dalla rottura con i socialisti nel settembre 77, con una forte
contestazione interna, agevolata anche dalla parziale liberalizzazione del
partito avvenuta dopo il XXII Congresso. La contestazione in realt era gi
nellaria immediatamente dopo la conclusione del congresso stesso, come
confermano le dimissioni verificatesi in molte cellule, e soprattutto le critiche di
Althusser, strenuo difensore della validit del principio della dittatura del
proletariato e grande accusatore dei metodi per nulla democratici utilizzati dal
partito per eliminare il principio stesso [DEramo, 1976]. Le prospettive, per, di
una partecipazione al governo ormai ritenuta prossima, fanno passare in
secondo piano la potenziale forza dirompente della contestazione, che cova
sotto la cenere e che esplode dopo la sconfitta elettorale del marzo 1978.
Caratteristica principale dei ribelli quella di essere quasi tutti degli
intellettuali che, pur partendo da posizioni ideologiche anche distanti,
convengono sulla richiesta primaria di una maggiore democrazia nel partito
[Baudouin, 1980, 82].
Le critiche mosse alla Direzione sono svariate. Si rimprovera, tra laltro, il
settarismo tenuto nei confronti del P.S., leccessivo operaismo spinto fino al
miserabilismo. Ma ancora Althusser a formulare la critica pi dura, quella per
cui il P.C.F. il vero responsabile della sconfitta, in quanto, vistosi scavalcato dal
P.S., ha preferito far perdere la sinistra intera piuttosto che tentare di rovesciare
il rapporto di forza ad esso sfavorevole [Baudouin, 1980, 85]. Molte critiche
concernono anche il problema della circolazione delle idee allinterno del partito
e leccessivo verticalismo che estranea il militante dalle decisioni del vertice. Si
richiedono profonde revisioni nellorganizzazione del partito, come la
valorizzazione delle assemblee di sezione rispetto a quelle di cellula, si critica il
sistema cooptativo della equipe dirigente, si domanda labrogazione della
commissione delle candidature e la rappresentanza proporzionale, nelle varie
assemblee del partito, della minoranza.
Il problema dei contestatori, divisi tra althusseriani ed eurocomunisti e a
loro volta distinti in sottogruppi, , per, la loro eccessiva frammentazione. In
questo modo lapparato pressoch monolitico del partito ha buon gioco a
spuntarla, riuscendo prima del XXIII Congresso del 1979 ad annichilire ogni
contestazione [Baudouin, 1980, 94].
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Capitolo Quarto
La strategia politica nazionale del Partito Comunista Italiano.
La proposta del Compromesso storico: novit e continuit con il passato.
Il Compromesso storico la proposta lanciata per la prima volta da Berlinguer,
a conclusione di tre articoli pubblicati su Rinascita tra il 28 settembre e il 9
ottobre 1973, allindomani della tragica fine del presidente cileno Allende e del
suo governo di Unidad Popular. Proprio prendendo a lezione i fatti cileni, il
segretario del P.C.I. afferma che lerrore politico pi grave che la sinistra
potrebbe compiere in un paese capitalista occidentale quello di puntare al 51
% dei suffragi, pensando che sia sufficiente per la sinistra ottenere la
maggioranza assoluta anche risicata per poter intraprendere quelle
trasformazioni essenziali per guidare le societ occidentali verso il socialismo.
Questa condotta porterebbe, al contrario, ad una saldatura stabile ed organica
tra il centro e la destra, con il deleterio risultato di spaccare in due il Paese e di
mettere in moto pericolose reazioni da parte della destra eversiva:
...Questo stato lo sbaglio fatale commesso da Allende, e questo non
deve ripetersi in Italia. E indispensabile un nuovo grande
compromesso storico tra le forze che raccolgono e rappresentano la
grande maggioranza del popolo italiano. [Berlinguer E., 1973a].
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fatto questo che la rende diversa da tutti gli altri partiti borghesi occidentali, in
quanto non assimilabile ad un partito di tipo conservatore [Vacca, 1978].
Su molti temi importanti le posizioni tra comunisti e cattolici sembrano farsi pi
vicine, o, per lo meno, i toni si fanno meno accesi. Cos, in occasione del
referendum sul divorzio, voluto fortemente da Fanfani, come a suggello della
propria linea politica centrista, il comportamento tenuto dal P.C.I. durante la
campagna elettorale volto a sostenere in modo deciso ma non estremista le
ragioni del no.
Sullaborto vi sono alcune dichiarazioni di leader comunisti molto vicine alla
posizione dei cattolici. Cos si esprime infatti Bufalini: Per noi laborto non un
diritto n una libert n un mezzo di emancipazione della donna [Bufalini,
1975]. La linea ufficiale del partito sostiene che:
... prioritario, per vincere o almeno circoscrivere questa piaga, farla
emergere dalla clandestinit che laggrava e che ne accentua il
duplice carattere discriminatorio contro le donne e contro i poveri.
[Berlinguer G., 1977].
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rottura nella pratica politica italiana, n una spaccatura nella D.C., per timore di
gravi conseguenze sulla fragile struttura costituzionale italiana, tenuto anche
conto della delicata situazione del Paese negli anni 70, lepoca del terrorismo.
Secondo una visione offensiva del Compromesso storico, invece, il vero punto di
partenza di questa strategia sarebbe fornito dalla contestazione degli anni 68 69, cui il partito vorrebbe dare una risposta, mentre gli avvenimenti cileni
costituirebbero solo loccasione propizia per la presentazione del disegno.
Premessa di questa seconda lettura che in Italia vi sarebbero le condizioni per
introdurre il socialismo senza incontrare particolari difficolt [Allum, 1977].
In realt di problemi il P.C.I. ben consapevole di trovarne, e a chi obietta che
di fronte a una maggioranza cos ampia, composta non solo da democristiani e
comunisti ma da tutte le forze democratiche, scomparirebbero quasi le forze di
opposizione, Berlinguer replica in questo modo:
...il giorno in cui le forze democratiche intraprendessero insieme
uneffettiva azione di rinnovamento della societ e della vita pubblica,
non mancherebbe davvero lopposizione dei gruppi privilegiati.
[Berlinguer E., 1974b].
Del resto nel P.C.I. si convinti che per consentire linstaurazione di profonde
riforme e per sostenerle non sia necessario avere unideologia socialista. Si pu
giungere ad approvare e sostenere misure di tipo socialista anche muovendo da
altre concezioni, in particolare:
...ricavando dallesperienza la constatazione che lattuale sistema,
cos com, si dimostra incapace di risolvere problemi quali quelli posti
dalla crisi odierna. [Berlinguer E., 1974b].
Una vivace discussione si sviluppa poi, fuori e dentro il partito, a proposito della
continuit del Compromesso storico con la tradizione comunista italiana.
Secondo la direzione del partito vi una specie di fil rouge che lega il
progetto dellattuale segretario con lelaborazione togliattiana della Via italiana
al socialismo e, soprattutto, con Gramsci, per il quale il socialismo deve fondarsi
sul consenso. Questultimo, in particolare, considerato, anche dagli avversari
politici, come colui che per primo ha indicato la via per la conquista del potere.
Egli infatti ha elaborato concetti che sono diventati patrimonio ideologico del
P.C.I., come societ civile, blocco storico ed egemonia. In Gramsci centrale
limportanza della societ civile, vista come complesso delle relazioni culturali,
non i economiche come era in Marx. Attraverso la sua conquista si arriva ad
occupare lo Stato, e, secondo lintellettuale cattolico Del Noce, proprio ci che
il P.C.I. sta perseguendo. Tuttavia nel partito vi sono alcuni che mettono in
evidenza come vi siano problemi nel conciliare il pluralismo organico
gramsciano con la vera democrazia, e per questo si formulano proposte,
soprattutto da parte della sinistra di Ingrao, volte a inserire strumenti di
democrazia di base nel sistema rappresentativo [Rizzo, 1977].
Anche fuori dal P.C.I. molti mettono in evidenza il fatto che, sebbene il partito
continui a proclamarsi fedele continuatore delleredit gramsciana, vi sono
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internazionale una riuscita del suo piano politico, in pratica si rimprovera una
visione troppo ottimistica della distensione [Bonanate, 1978, 136].
Le critiche pi aspre sono per quelle avanzate da Fisichella, per il quale il
Compromesso storico sarebbe soltanto uno strumento usato dal P.C.I. per
cautelarsi da due rischi. Quello per cui un crollo improvviso del regime dei
partiti potrebbe travolgere anche lo stesso partito comunista, in quanto ritenuto
o la vera causa dei guai del regime, o suo complice, e quello per cui le forze
politiche tradizionali riescano a superare la crisi e facciano ricadere il P.C.I.
nellisolamento [Fisichella, 1979, 8]. Secondo Fisichella, inoltre, il carattere non
ideologico attribuito dai comunisti al tipo di Stato che vorrebbero costruire, non
una prova di acquisita democrazia, tanto pi che nella societ immaginata dal
P.C.I. un partito pu competere non per il successo del proprio modello sociale,
ma solo per collaborare alla trasformazione completa verso il socialismo. Infatti
la condanna del Partito Comunista Italiano contro linvasione sovietica della
Cecoslovacchia stata dovuta esclusivamente al fatto che si giudicato un
tragico errore lintervento armato, in quanto il processo di revisione della
societ era saldamente nelle mani dei comunisti, e il ruolo primario del partito
non era minimamente messo in discussione [Fisichella, 1979, 54].
La situazione sociale e politica dellItalia degli anni 70.
La situazione sociale italiana in questo decennio segnata da due problemi
fondamentali, il terrorismo e lemergenza economica.
Sono gli anni di piombo, iniziati con la strage di Piazza Fontana a Milano nel
1969, lepoca degli opposti estremismi, prima rosso e poi nero, la strategia della
tensione. Forse proprio lidea del Compromesso storico, con il possibile incontro
tra i due grandi partiti di massa italiani, provoca un incremento delle azioni
terroristiche, determinate a colpire sempre pi in alto, fino a giungere alla
strage di via Fani, con il sequestro e lassassinio di Moro. In quella che viene
ricordata come la notte della Repubblica, il P.C.I. prende una netta posizione
contro il terrorismo e a sostegno delle istituzioni democratiche dello Stato. Il
partito molto critico verso quegli intellettuali, alcuni dei quali assai vicini allo
stesso P.C.I., che dichiarano: n con le Brigate Rosse, n con lo Stato. In un
articolo su Rinascita Vacca definisce questo atteggiamento come pericoloso e:
...segno di sfiducia qualunquistica contro questo Stato... Pertanto
deve essere confutato tenacemente anche sul piano culturale perch
altrimenti si corre il pericolo che la gente veda lo Stato
esclusivamente come macchina coercitiva, estranea ai cittadini, per di
pi gravata da pesanti disfunzioni. [Vacca, 1978].
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Capitolo Quinto
La politica nazionale del Partito Comunista Francese negli anni 70.
Il difficile rapporto tra comunisti e socialisti: lUnion de la Gauche e lUnion du
Peuple Franais.
I rapporti tra i due principali partiti della sinistra francese sono sempre stati
piuttosto tesi. Fin dalla nascita del P.C.F., nel 1920, con il congresso di Tours, i
socialisti della S.F.I.O. sono stati considerati come dei rinnegati, dei traditori del
socialismo, come coloro che erano scesi a patto con il capitalismo imperialista.
Solo nella seconda met degli anni 30 le relazioni tra i due partiti migliorano, e
laccordo raggiunto tra Thorez e il leader socialista Blum segna linizio
dellesperienza del Fronte Popolare, che, vinte le elezioni, d vita ad un governo
a guida socialista appoggiato dai comunisti.
Dopo la guerra, quando il P.C.F. diventato il primo partito francese, le due
anime della sinistra si ritrovano unite nel governo di coalizione che guida la
ricostruzione del paese. Ma i venti della Guerra Fredda giungono anche in
Francia, e i comunisti vengono estromessi dal governo, proprio con il contributo
determinante dei socialisti. Tra P.C.F. e S.F.I.O. cala nuovamente il gelo, che
permane fino alla morte del leader comunista Thorez, nel 1964.
La segreteria di Waldeck - Rochet d limpressione di voler aprire una nuova
stagione nei rapporti con i socialisti. A conferma di ci vi lappoggio alla
candidatura Mitterand alle presidenziali del 65. Ma il maggio 68 e la
conseguente riattualizzazione del tema della rivoluzione sconvolgono i piani dei
comunisti, e cos il dialogo si interrompe nuovamente.
Nel 1972, finalmente, comunisti, socialisti e radicali di sinistra raggiungono
unintesa, non limitata alla sola scadenza elettorale, ma imperniata su un
programma di governo di legislatura, il Programma Comune, che ha il compito
di porre le basi per la trasformazione della societ. Per il P.C.F. il coronamento
di una lunga rincorsa per uscire da quel ghetto politico in cui ha vissuto per
venticinque anni.
Del resto, la necessit di perseguire una politica di alleanze, innanzitutto con i
socialisti, ma aperte a quanti pi possibile, deriva al P.C.F. dallanalisi dei due
tentativi di edificazione di una societ socialista a partire da una societ
capitalista, pi vicini cronologicamente, quello cileno e quello portoghese. Il
P.C.F., pur riconoscendo la sostanziale diversit delle due situazioni, vede una
chiave di lettura comune. Secondo i comunisti, infatti, vi sarebbero due pericoli,
diversi tra loro ma entrambi molto concreti, quando si d vita a un governo che
si pone lobiettivo di portare una societ dal capitalismo al socialismo, il primo
quello di non operare in tempo le trasformazioni democratiche delle strutture
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Lerrore stato quello di aver giudicato inutile associare la base del partito
allelaborazione del progetto dellalleanza con il P.S., e di non aver consentito, in
conseguenza di ci, alla formazione di comitati di unit popolare, privandosi, in
tal modo, di un formidabile strumento per mobilitare la base socialista contro la
presunta svolta a destra del vertice del partito.
Inoltre, le stesse vibranti proteste del P.C.F. contro questo cambio di strategia
politica operato dal P.S., sono giunte con circa tre anni di ritardo. Risale, infatti,
alle presidenziali del 74 il momento in cui il programma politico ed economico
del candidato socialista Mitterand, per altro pienamente sostenuto dai
comunisti, ha cominciato a divergere dal Programma Comune.
La paura, di cui il P.C.F. accusato sia dai socialisti che da alcuni dei suoi stessi
intellettuali, come Althusser, sarebbe stata, invece, dovuta alla circostanza di
trovarsi di fronte ad una situazione economica piuttosto difficile, che non
consentiva un aumento della spesa pubblica, ma che, anzi, costringeva a dover
assumere misure molto impopolari. Ci avrebbe spaventato i comunisti e li
avrebbe indotti a porre fine allalleanza, prevaricandosi cos la sola opportunit
praticabile di diventare un credibile partito di governo [Duhamel, 1979].
I tentativi del P.C.F. di porsi come forza di governo.
Secondo Lavau tre sono le esigenze funzionali per un sistema politico. La prima
lesistenza di una grande forza politica di opposizione capace di convincere i
suoi militanti a rispettare certe regole basilari del sistema stesso. In secondo
luogo necessaria una forza politica che agisca come un tribuno del popolo,
in modo cio da incanalare verso vie legali e istituzionali la protesta dei
cittadini. Infine, indispensabile lesistenza di un partito capace di porsi come
alternativa credibile.
Negli ultimi anni, a parere del politologo francese, il P.C.F. avrebbe operato per
soddisfare queste tre esigenze, non riuscendo tuttavia a farsi completamente
accettare come alternativa di governo, proprio per il suo contemporaneo
comportarsi da tribuno, malgrado un deciso sforzo per legittimare certi
elementi del sistema politico.
Del resto, per il P.C.F., lunica soluzione per convincere veramente lopinione
pubblica moderata delle proprie buone intenzioni operare una seria svolta
politica. In effetti, nei primi tempi dellUnion de la Gauche, il partito comunista
sembra veramente deciso ad avviare la sua trasformazione.
Lenfasi per le grandi conquiste dellUnione Sovietica e delle democrazie
popolari diminuisce un po' di intensit, e le performance del socialismo sono
esaltate solo quando qualcuno le mette in dubbio. Anche latteggiamento verso
lAlleanza Atlantica muta sensibilmente, venendo sostanzialmente accettata la
permanenza della Francia in questa struttura anche nel caso di una vittoria
delle sinistre, a patto che ci non nuoccia alla politica di indipendenza condotta
da un governo democratico [Baudouin, 1978].
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La Comunit Europea, pur essendo ancora definita: ...la piccola Europa del
capitale e dei trust, viene riconosciuta ormai come una componente stabile e
di primo piano del contesto politico occidentale, la quale, pur tra innumerevoli
errori, ha ottenuto, nel corso degli anni, buoni risultati in certi settori, in
particolare nella difesa dellagricoltura francese dalla concorrenza statunitense.
Una svolta importante si ha anche nel mutato atteggiamento del P.C.F. riguardo
alle
Istituzioni
comunitarie.
Esse
sono
sempre
state
definite:
...antidemocratiche e asservite al grande capitale, ma, nellaprile 77, il
partito comunista si dichiara improvvisamente favorevole alle elezioni a
suffragio universale per il Parlamento Europeo, purch lassetto dei poteri di
questo organismo resti immutato e, quindi, molto limitato. E una parziale
legittimazione delle Istituzioni comunitarie.
Ma, certamente, la proposta su cui i comunisti puntano tutte le loro ambizioni
lobiettivo di edificare un socialismo dai colori della Francia, come recita lo
slogan del XXII Congresso, un tipo di socialismo distinto da tutti i precedenti
modelli e, in particolare, da quello sovietico, del quale, anzi, si criticano gli
aspetti pi burocratizzati e illiberali.
Prima del Congresso il documento pi importante che mette in luce la volont
del partito di evolversi in senso liberale, la Dichiarazione delle Libert del
maggio 1975, dove, per la prima volta nella storia del P.C.F., non si fa menzione
del termine socialismo. Il P.C.F. si dice deciso non solo a confermare tutte le
libert gi garantite dalla Costituzione in vigore, ma anche ad ampliarne il
numero, introducendone di nuove, in modo da condurre la democrazia
jusquau but, al suo grado massimo.
La democrazia ritenuta:
...il terreno principale della lotta di classe rivoluzionaria per la
trasformazione della societ, e solo delle riforme democratiche
profonde danno alla nazione la piena disposizione del suo sviluppo
economico e sociale, assicurando la partecipazione dei lavoratori alla
direzione degli affari del Paese. [Kanapa, 1977].
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In particolare sulle regole del gioco democratico il discorso del leader appare
del tutto nuovo rispetto alla prassi comunista. Dichiara infatti Marchais:
Nella battaglia per il socialismo, nulla pu sostituire la volont della
maggioranza democraticamente espressa come la lotta e il suffragio
universale. Qualunque sia la via al socialismo nel nostro Paese, quali
che siano le sue modalit di attuazione, bisogna essere convinti che
ad ogni tappa maggioranza politica e maggioranza aritmetica devono
coincidere. [Marchais, 1976a].
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Capitolo Sesto
La politica nazionale del P.C.E. negli anni del- lEurocomunismo.
La situazione politica spagnola allepoca dellEurocomunismo
La situazione del Partito Comunista di Spagna, fino al 1977, radicalmente
diversa da quella dei comunisti italiani e francesi, essendo esso costretto alla
clandestinit da un regime, che, sebbene in agonia, non attenua per nulla la
sua durezza.
Il legame a filo doppio tra il regime e il suo fondatore, indica la palese
limpossibilit per la dittatura di sopravvivere alla morte del Caudillo.
Dopo aver conosciuto un certo sviluppo economico, in particolare nellindustria
pesante, negli anni 50 e 60, la Spagna vive forse in misura pi grave di altri
Paesi, la grave crisi economica che ha colpito tutto il mondo occidentale nei
primi anni 70. La protesta sociale e il malcontento crescono, mentre il regime
risponde solo con la repressione. Centinaia di persona vengono arrestate,
torturate e, a volte, uccise.
Lopposizione, braccata dalla polizia, cerca di mobilitare le masse. Si hanno
disordini in un po' tutta la Spagna, in particolare a Madrid, a Barcellona, nelle
altre principali citt e nelle regioni a forte concentrazione industriale, come le
Asturie. La strategia pi seguita quella della penetrazione nelle organizzazioni
sindacali del regime per organizzare da l la protesta dei lavoratori.
Ma la dittatura si fa ancora pi oppressiva e la Spagna, negli ultimi mesi di vita
di Franco e fino alla sua morte, nel novembre 1975, diventa uno Stato-caserma.
Il P.C.E., molti leader del quale hanno provato in prima persona le durezze della
guerra civile, vive con un sentimento di paura mista a trepidazione questultima
fase della dittatura. Lopzione del colpo di stato alla maniera portoghese fuori
discussione, in quanto si ritiene che gli Spagnoli, dopo una guerra civile che ha
spaccato in due il Paese e dopo quarantanni di dittatura, non accetterebbero
una nuova lacerazione drammatica.
Il P.C.E. vuole abbattere il regime franchista in maniera incruenta, ma in modo
che nella lotta per la riconquista della libert il ruolo dei comunisti sia di primo
piano, cos da riuscire a convincere lopinione pubblica della propria affidabilit
sul terreno della democrazia.
La stagione dellEurocomunismo in piena fase ascendente durante la
transizione della Spagna verso la democrazia. Carrillo certamente
lavanguardia di questa nuova strategia, per temperamento, forse, ma
soprattutto perch lEurocomunismo rappresenta per il partito spagnolo la carta
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su cui puntare tutto per migliorare la propria immagine. Lobiettivo del P.C.E.
duplice. Innanzitutto rendere evidente che possibile costruire una societ
socialista democratica, molto differente dalle esperienze socialiste esistenti, e,
in secondo luogo, dimostrare che i partiti comunisti, quando operano in un
contesto politico democratico, come nel caso del P.C.I. e del P.C.F., non
costituiscono un pericolo per la libert, ma sono, anzi, un elemento valido ed
indispensabile per la crescita complessiva della democrazia.
Non un caso se Carrillo il leader che pi di tutti desidera dare
allEurocomunismo una struttura e unorganizzazione stabile, cos da farne
veramente un nuovo polo del comunismo, e da rendere pi palese la presa di
distanza da Mosca.
Questa scommessa del P.C.E, di considerare lo smarcamento eurocomunista
come lo strumento pi adatto per riuscire a diventare protagonista delle
profonde trasformazioni in atto nella nuova Spagna, si rivela, tuttavia, col
passare del tempo, piuttosto deludente. Carrillo, comunque, non ha di fronte
molte alternative. Per il leader spagnolo la via eurocomunista rappresenta
unestensione della democrazia sul piano economico e sociale:
Allo stesso modo in cui la societ partecipa alla direzione della
politica dello Stato, si tratta di fare in modo che essa partecipi alla
direzione, alla propriet e ai benefici delleconomia. [Carrillo, 1977a].
Anche per il P.C.E. i fatti cileni insegnano una lezione, quella per cui, anche se le
forze socialiste vanno al governo, non si risolve il problema dello Stato, anzi, si
pu creare un dualismo molto pericoloso tra il governo socialista e lapparato
dello Stato capitalista, che pu portare questultimo a boicottare e, perfino, ad
abbattere lesecutivo. Da ci deriva, quindi, la necessit di stringere quella che
Carrillo chiama lalleanza delle forze del lavoro e della cultura. Il governo che
essa esprimer dovr garantire, nella fase che conduce alla costruzione della
societ socialista, la permanenza della propriet privata media e piccola
accanto alla propriet pubblica, perch:
...lesperienza insegna che la socializzazione radicale a breve termine
di tutti i mezzi di produzione e di scambio determina una distruzione e
una disorganizzazione delle forze produttive e dei servizi. [Carrillo,
1975].
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dai vecchi collaboratori dello stesso dittatore, Juan Carlos ha sempre perseguito
una linea politica moderata, di riconciliazione nazionale, chiamando un
centrista, Suarez, alla guida dellesecutivo.
In questa fase, durata circa un anno e conclusasi, nel maggio 77, con le prime
elezioni libere dopo oltre quarantanni, si sono operati importanti cambiamenti
in senso democratico. Oltre alla legalizzazione di tutti i partiti politici, da ultimo
il P.C.E., nel marzo 77, si sono poste le basi per le successive trasformazioni
delle istituzioni, in particolare gli organismi regionali e, soprattutto, si
smantellato loppressivo regime di polizia.
Per i comunisti, se il 1976 stato ancora un anno molto difficile in quanto
permaneva lo stato di illegalit del partito e continuavano, quindi, gli arresti dei
militanti, il 1977 rappresenta la liberazione e la fine della clandestinit. Il primo
(e unico) vertice eurocomunista, che si svolge a Madrid allinizio del mese di
marzo del 77, segna il primo grande atto pubblico del P.C.E.. Nel maggio
successivo si svolgono le elezioni politiche. Per il partito comunista, tuttavia,
queste si rivelano una mezza delusione, in quanto esso raccoglie meno del 10
% dei consensi, con una punta massima del 20 % a Barcellona.
La sinistra controllata saldamente dai socialisti di Gonzales, capaci di
elaborare un programma probabilmente pi vicino alle aspettative di un Paese
che vuole s cambiare, ma non in modo traumatico.
Le difficolt del P.C.E. dopo la riacquistata libert.
Le prime elezioni libere vedono il successo di una maggioranza moderata, la
coalizione di centro-destra guidata dal confermato premier Suarez. Il dato pi
importante di questo appuntamento elettorale , tuttavia, la forte
penalizzazione delle due ali estreme dello schieramento politico. Del deludente
score del P.C.E. si gi detto, ma ancor peggio va al movimento che
maggiormente si richiama ai principi franchisti, lAlianza Popular di Fraga
Iribarne, che non raggiunge nemmeno il 9 %.
Vincitori e vinti concordano, comunque, nel riconoscere che ormai
indispensabile e urgente avviare la Spagna verso la democrazia. Per questo
motivo rappresentanti di tutti i partiti si incontrano per definire una tabella di
marcia per avviare le riforme pi importanti e stabilire i contorni della nuova
Costituzione. Questa intesa fra tutte le forze politiche chiamata Pacto de la
Moncloa, perch raggiunta nel palazzo dove ha sede il governo. Il P.C.E. ,
certamente, uno tra i partiti che maggiormente hanno caldeggiato questo
accordo, che segna, di fatto, la fine di ogni discriminazione anticomunista.
Tuttavia, il P.C.E. non riesce nemmeno in questa fase a legittimarsi
completamente agli occhi dellopinione pubblica moderata per una serie di
ragioni, tra le quali la difficile sintonia con i cattolici, di cui si parlato in
precedenza e, soprattutto, larroventato rapporto con i socialisti, verso i quali i
comunisti nutrono una profonda diffidenza, molto difficilmente superabile e che,
anzi, conosce unaccentuazione nei mesi successivi alle elezioni. Ci
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nonostante, nel documento politico finale del IX Congresso del P.C.E., nellaprile
78, si dichiara che:
Il partito comunista perseverer nellimpegno di realizzare la pi
ampia collaborazione con il P.S.O.E. e con le altre formazioni socialiste,
ai fini del consolidamento e dello sviluppo della democrazia insieme
con altre forze democratiche. [IX Congresso del P.C.E., Tesi n15,
aprile 1978].
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Capitolo Settimo
LEurocomunismo di fronte alla crisi delleconomia occidentale.
Lanalisi degli eurocomunisti della crisi economica.
Secondo un ex esponente di primo piano del P.C.E., Fernando Claudin, la crisi
economica che ha colpito in modo drammatico il mondo occidentale, alla met
degli anni 70, sarebbe da considerare, insieme alla crisi politica dellEuropa
meridionale e alle difficolt della socialdemocrazia europea, una delle
condizioni che hanno favorito lemergere dellEurocomunismo.
Questa crisi leffetto di una serie di situazioni negative che hanno preso il via
con labbandono, nellagosto 1971, del regime di cambi fissi di Bretton-Woods,
evento che ha decretato la fine della parit tra oro e dollaro e che ha
determinato la svalutazione di questultimo, e che hanno raggiunto lapice con
il primo shock petrolifero, originato dallimprovviso triplicarsi del prezzo del
greggio a seguito della guerra del Kippur tra Egitto e Israele nellottobre 1973.
Entrambi questi avvenimenti hanno generato un fortissimo incremento dei
prezzi di tutti i prodotti e, dunque, un preoccupante aumento dellinflazione,
con conseguenze molto negative soprattutto per loccupazione.
Secondo le analisi condotte dai tre partiti eurocomunisti, tuttavia, questi due
eventi sarebbero soltanto delle cause secondarie, mentre la vera radice del
problema sarebbe costituita dalla grave crisi strutturale del capitalismo. Le
conseguenze di questa crisi si sono fatte sentire maggiormente nellEuropa del
Sud, in quanto essa rappresenterebbe lanello pi debole del sistema
capitalista.
Inoltre, secondo alcuni leader eurocomunisti, lOccidente starebbe anche
scontando gli effetti della fine del colonialismo e, perci, si troverebbe costretto
a pagare a prezzo di mercato ci che prima non costava praticamente nulla
[Berlinguer E., 1973d].
Secondo il P.C.F. il nocciolo del problema starebbe nella palese impossibilit, per
il sistema capitalista, di sostenere un ritmo di sviluppo accettabile. Preso atto di
ci, i grandi trust e i monopoli vorrebbero obbligare lo Stato a piegarsi alle loro
esigenze, per dar vita a quella fase dellimperialismo che chiamata
capitalismo monopolistico di Stato.
A parere del P.C.E., nella Spagna post-franchista vi sarebbero segnali di una
pericolosa alleanza tra il grande capitale finanziario e le forze reazionarie della
vecchia aristocrazia ai danni della classe operaia e della piccola borghesia, una
situazione che fa dello Stato, come afferma Carrillo, un semplice gestore del
grande capitale [Holland, 1979].
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Lanalisi del P.C.I. si concentra, in particolare, sui risvolti nazionali della crisi,
anche perch il partito ritiene che lItalia sia il paese del mondo capitalistico pi
seriamente colpito. Il segretario Berlinguer delinea i grandi errori economici e
anche politici che sarebbero allorigine di questa difficile situazione. Innanzitutto
labbandono della difesa del suolo e di migliaia di ettari di terra, cosa che ha
portato lItalia a dover importare prodotti agricoli per migliaia di miliardi. In
secondo luogo, laver fatto della produzione di autovetture private lelemento
trainante dello sviluppo industriale e della spesa pubblica per infrastrutture, a
discapito di altre strutture, come i trasporti pubblici.
Infine, una politica energetica:
... che ha visto da una parte il pullulare di raffinerie ben oltre il
fabbisogno del Paese, per di pi nelle mani di privati, e dallaltra parte
un insufficiente numero di centrali elettriche e di elettrodotti che
colpisce in modo particolare lo sviluppo economico del Mezzogiorno.
[Berlinguer E., 1973d].
Molte critiche sono mosse anche ai criteri con cui gli strumenti economici dello
Stato sono utilizzati. Dichiara Berlinguer:
Non leffettivo bisogno o il merito sono i requisiti per stabilire i
destinatari dellintervento dello Stato, ma larbitrariet, la casualit, lo
sperpero, il clientelismo e linfluenza esercitata dai gruppi economici
dominanti. [Berlinguer E., 1975a].
Il P.C.I. vede una possibile soluzione della crisi nella ristrutturazione dei consumi
delle famiglie, e ci una conferma dellimportanza che linflusso keinesiano ha
avuto sul modo di analizzare i problemi delleconomia da parte dei comunisti
italiani [Holland, 1979].
Questa caratteristica del P.C.I. riconoscibile, in particolare, nellelaborazione
degli obiettivi economici che esso vuole raggiungere a breve e media scadenza,
traguardi certo pi consoni a un partito socialdemocratico che non a una
formazione di matrice leninista. Infatti, secondo Berlinguer:
...le esigenze primarie sono: il contenimento dellinflazione, la
riduzione progressiva del deficit della bilancia dei pagamenti, la difesa
e lo sviluppo delloccupazione e delle attivit produttive. [Berlinguer
E., 1974b].
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Negli intendimenti del P.C.I. si vuole aprire una nuova fase dello sviluppo
delleconomia italiana, che superi i vecchi modelli di comportamento segnati da
un individualismo sasperato e socialmente discriminante.
Tuttavia, secondo alcuni esponenti dei movimenti di estrema sinistra, il
presentare, da parte del partito comunista italiano, questa crisi economica
come catastrofica per lo Stato democratico e potenzialmente assai pericolosa
per le conquiste della classe operaia, determina la trasformazione dello stesso
partito in un fattore di ordine, che lo porta a guadagnarsi, certamente, la
riconoscenza della classe media, ma che lo allontana progressivamente dagli
interessi reali della classe lavoratrice [Mandel, 1977, 41].
Le proposte di riforma avanzate dal P.C.I. e dal P.C.E..
Le riforme economiche portate avanti dal P.C.I. si muovono lungo tre direzioni:
pianificazione democratica, autonomia decisionale delle singole imprese e
maggiore partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. Secondo il
partito italiano:
...uneffettiva programmazione democratica dello sviluppo permette
di sottrarre alle concentrazioni monopolistiche, ai grandi gruppi
finanziari e alle societ multinazionali il potere di determinare gli
indirizzi dello sviluppo generale del Paese. [Berlinguer E., 1974b].
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riguarda i prezzi, sia per quanto concerne la struttura dei consumi e della
produzione, sia, infine, per lutilizzazione e la distribuzione delle risorse. La
pianificazione, secondo il P.C.I., va intesa come capacit di innovazione e di
competizione, prevista su base regionalista e va collegata alla riforma dei
finanziamenti delle amministrazioni locali [Holland, 1979].
In termini concreti, i settori economici che il P.C.I. ritiene necessitino di
unaccurata pianificazione sono, prima di tutto, i trasporti pubblici, sia per lo
sviluppo della loro produzione che per la riorganizzazione del traffico nelle citt.
In secondo luogo, i comunisti reputano necessario un piano per assicurare la
copertura del fabbisogno energetico del Paese. Infine considerata
indispensabile una pianificazione dellagricoltura, che si proponga lobiettivo del
recupero delle terre abbandonate e la difesa del suolo [Berlinguer E., 1973d].
Un punto su cui la strategia dei comunisti italiani diverge di molto da quella dei
francesi lincremento delle industrie pubbliche. In effetti, i principali esponenti
del partito italiano hanno pi volte ripetuto che la questione non tanto di
aumentare il numero di settori industriali nazionalizzati, cavallo di battaglia del
P.C.F. e pomo della discordia con il P.S., uanto, piuttosto, di risanare e riordinare
leconomia pubblica attraverso:
...una conduzione della spesa pubblica fissata da criteri di severit e
di rigorosa selezione, tagliando dove c da tagliare e favorendo
invece laccrescimento della spesa nei settori produttivi e in quelli di
grande interesse sociale. [Berlinguer E., 1974b].
Per questo motivo il P.C.I. porta avanti con decisione una battaglia contro i
parassitismi e le rendite, in particolare quella finanziaria, la quale per
considerata, in modo erroneo, soltanto un sovrareddito lucrato dalle banche e
non anche un essenziale servizio di collegamento tra risparmiatori e produttori
[DAngelillo, 1986, 156].
Il P.C.I. propone, inoltre, un riordino del sistema fiscale, che passi innanzitutto
attraverso la tassa patrimoniale:
...per introdurre finalmente criteri di elementare giustizia nella
distribuzione del reddito e per impedire le scandalose evasioni che
oggi si verificano. [Berlinguer E., 1975a].
14
di
formulare
proposte
di
14
14
14
14
14
Capitolo Ottavo
U.S.A. e U.R.S.S. di fronte allEurocomunismo
Limportanza
della
nellemergere dellEurocomunismo.
distensione
internazionale
14
14
fondo dellEurocomunismo consiste nel fatto che i partiti che ne hanno dato vita
non si rendono per niente conto degli effetti sconvolgenti che la conquista del
potere da parte loro avrebbe sul sistema geopolitico internazionale [Bonanate,
1978].
I timori sovietici riguardo allEurocomunismo.
Le ragioni per cui Mosca mostra di non gradire affatto la nuova strategia dei tre
partiti comunisti dellEuropa Mediterranea sono molte, e tutte molto valide dal
suo
punto
di
vista.
Innanzitutto il Cremlino teme che possa venire fortemente compromesso il suo
ruolo di guida del movimento comunista internazionale. Per questo motivo
distingue tra via nazionale al socialismo, pienamente legittima e modello di
socialismo, che, invece, era e rimane uno solo, quello leninista di stampo
sovietico.
In secondo luogo i sovietici hanno paura che il proposito eurocomunista di
unEuropa non subordinata n agli U.S.A. n allU.R.S.S. si materializzi in
unEuropa sostanzialmente antisovietica [Fracassi, 1978].
Ma la pi grande preoccupazione di Mosca concerne il rischio che le teorie
eurocomuniste agiscano da catalizzatori sul dissenso allEst, minando la gi
precaria legittimit di questi regimi e innescando processi che possono col
tempo
portare
a
incontrollabili
conseguenze
[Brown,
1979].
Secondo alcuni osservatori, in effetti, i dirigenti sovietici non temono tanto di
veder scemare la loro influenza sui comunisti occidentali, quanto piuttosto di
perdere il controllo esercitato sui partiti e sui popoli dellEst, a causa dei forti
sentimenti antiburocratici che lEurocomunismo suscita [Mandel, 1977].
Secondo Marcou tre sono i tipi di critica rivolti dagli ideologi del P.C.U.S. ai
comunisti occidentali. In primo luogo la critica teorica, che vede i dottrinari del
partito sovietico impegnati a difendere a spada tratta la piena attualit delle
concezioni leniniste, come la rivoluzione, la democrazia proletaria, la dittatura
del proletariato e cos via. Il secondo tipo di critica quella organica, e prende
le forme di conferenze scientifiche su temi riguardanti i principi marxisti. Infine,
ed la pi importante, la critica pubblica, che consiste in pubbliche
manifestazioni di inimicizia nei confronti dei presunti eretici. E questo il caso
del duro attacco condotto dalla rivista sovietica Novoe Vremia (Tempi Nuovi)
contro il leader spagnolo Carrillo, in risposta ad alcune affermazioni di
questultimo contenute nel suo libro Eurocomunismo y estado. Lattacco ha
un duplice scopo, in primo luogo isolare il segretario dal resto del suo partito e,
soprattutto, mettere in guardia P.C.I. e P.C.F. che le stesse accuse ora rivolte al
partito spagnolo potrebbero, un domani, essere indirizzate a loro stessi. Mosca
gioca dazzardo, anche rischiando di accrescere in modo incolmabile la frattura
con gli eurocomunisti, ma convinta che n il P.C.I. n, tantomeno, il P.C.F. sono
pronti a tagliare definitivamente i ponti con la Patria dellOttobre. I fatti danno
ragione al Cremlino. Molto tenui sono, infatti, le reazioni dei due partiti. Il P.C.I.
tiene una posizione piuttosto ambigua, che implicitamente sembra scaricare
Carrillo. Si critica, infatti larticolo sovietico solo per leccessiva asprezza dei
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afferma:
Io penso che, non appartenendo lItalia al Patto di Varsavia, da questo punto di
vista c lassoluta certezza che possiamo procedere lungo la via italiana al
socialismo senza alcuna condizione. [Berlinguer E., 1976d].
La N.A.T.O., secondo Berlinguer, pu essere uno scudo utile per costruire il
socialismo
in
libert:
Io voglio che lItalia non esca dal Patto Atlantico anche per questo motivo... Mi
sento pi sicuro stando di qua, ma vedo che anche di qua ci sono seri tentativi
per limitare la nostra autonomia. [Berlinguer E., 1976d].
Probabilmente, oltre a non voler provocare pericolosi scompensi nel processo di
distensione e oltre al fatto di provare un maggior senso di sicurezza stando
sotto lombrello atlantico, vi sono altre ragioni, di natura pi pratica, per le
quali il P.C.I. non vuole lasciare la N.A.T.O.. Tra queste, certamente, il timore che
la Jugoslavia del dopo-Tito, in un futuro non troppo lontano, possa venire
risucchiata nella sfera di influenza sovietica, fatto che condurrebbe unItalia non
pi allineata in una difficile situazione di terra di frontiera tra lOvest e lEst
[Griffith, 1976].
Per quanto riguarda invece latteggiamento dei governanti americani verso il
partito comunista, la prima manifestazione palese di uninterferenza americana
nella situazione politica italiana lintervista rilasciata al settimanale Epoca
dallambasciatore U.S.A. in Italia, dopo le elezioni amministrative del giugno. In
essa viene posta apertamente in discussione la compatibilit di una
partecipazione comunista al governo rispetto agli impegni atlantici [Olivi, 1978,
113].
Il Compromesso storico, fino allestate 75 un po' snobbato dagli americani,
viene da questo momento preso in seria considerazione, a causa della sua
potenziale pericolosit per gli interessi americani.
Per gli U.S.A. la met degli anni 70, e in particolare lestate 1975, essendosi
appena conclusa e in modo disastroso la guerra nel Vietnam, un momento di
grande difficolt, segnato da un generale momento di appannamento
limmagine stessa della leadership americana. Il governo statunitense non pu
permettersi nuove sconfitte in politica estera. Per questo Kissinger presenta la
teoria dei consolidamenti reciproci, prontamente accettata dai sovietici e
base, come si visto, della Conferenza di Helsinki [Olivi, 1978, 144].
Il candidato Carter sembra essere pi disponile ad un confronto con gli
eurocomunisti e alcuni del suo staff, come Brezinski, criticano apertamente la
logica del Segretario di Stato, perch porterebbe ad unimplicita ratifica di tutti
gli effetti della Guerra Fredda, a vantaggio esclusivamente dei sovietici. Carter,
inoltre, in una serie di interviste del 76, arriva ad affermare che, in caso di una
sua vittoria nella corsa per la Casa Bianca, gli Stati Uniti si impegnerebbero a
rispettare ogni scelta democratica dei Paesi europei e che non verrebbe
preclusa alcuna possibilit di dialogo con quei partiti comunisti eventualmente
ben disposti verso gli U.S.A.. Inoltre, il leader dei democratici invita il Segretario
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ritenuta
molto
probabile.
Le ragioni per cui la pressione americana diretta in particolare al nostro Paese
e non anche alla Francia, dove, prima della rottura tra P.C.F. e P.S., una vittoria
della sinistra tuttaltro che impossibile, sono molteplici. Innanzitutto la
situazione francese non consente margini di manovra per una pressione diretta.
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Capitolo Nono
La crisi di rapporti tra gli eurocomunisti e i partiti dellEst europeo.
La crisi dellinternazionalismo proletario.
I rapporti degli eurocomunisti con il mondo socialista conoscono, durante questi
anni, un brusco raffreddamento. I tre partiti si rendono conto, anche se in
misura differente tra loro, che un legame troppo stretto con i partiti dellEst, e in
particolare con il P.C.U.S., non giova alla loro immagine di comunisti
democratici.
Del resto, il vecchio principio dellinternazionalismo proletario, retaggio del
Comintern e del Cominform, gi da alcuni anni d chiari segni di logoramento.
Lultima conferenza mondiale a cui abbiano partecipato tutti i partiti comunisti
risale ormai al 1960, poco prima che avvenisse la rottura del partito comunista
cinese con il resto del mondo socialista e, in particolare, con la dirigenza
sovietica, giudicata traditrice degli ideali della rivoluzione socialista.
Le conferenze successive, a cominciare da quella di Karlovy-Vari, in
Cecoslovacchia, nel 1967, sono volute dal P.C.U.S. e dai partiti ad esso pi fedeli
esclusivamente al fine di ottenere, da parte di una qualificata assise del
movimento comunista internazionale, una condanna formale delleresia cinese.
Ma n alla Conferenza paneuropea del 67, n a quella mondiale di Mosca del
1969, il progetto sovietico ha buon fine. Anzi, in occasione di questo incontro,
che rester lultimo a questo livello, Berlinguer, allora vicesegretario del P.C.I.,
proclama la netta contrariet dei comunisti italiani a considerare valido un
unico modello di socialismo, con un suo centro dirigente in un partito o in uno
stato-guida. Cos Berlinguer nel suo intervento:
E necessario riconoscere e rispettare pienamente lindi-pendenza di ogni
partito, non solo nella determinazione della propria politica e nella ricerca di
una propria via di lotta per il socialismo, ma anche nelle proprie posizioni sulle
grandi questioni del nostro movimento. Si tratta, in sostanza, di superare ogni
tendenza a una concezione monolitica dellunit del nostro movimento,
tendenza non olo sbagliata ma utopistica. [Berlinguer E., 1969].
Durante gli anni 70, mentre il P.C.U.S. preme per organizzare una nuova
conferenza mondiale, che non avrebbe altro scopo che confermare il ruolo
dirigente del partito sovietico e la bont del suo modello di socialismo, prima il
P.C.I., il P.C.E. e la Lega dei Comunisti Jugoslavi, poi il partito rumeno e, infine,
anche il P.C.F. oppongono il loro netto rifiuto a un tale progetto. Preso atto di
questa forte ostilit e temendo ulteriori spaccature nel gi lacero tessuto del
comunismo internazionale, il Cremlino ripiega sulla pi ragionevole proposta di
unassise paneuropea. Ma, anche in questo caso, le difficolt non mancano.
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Prova di ci il fatto che, presi avvio nel 1974 i lavori preparatori per la
conferenza, questa non vede la luce che nel giugno 76, dopo un gran numero
di riunioni plenarie, nelle quali tutti i partiti partecipanti sono intervenuti
direttamente per discutere i punti di disaccordo, senza delegare ad altri partiti
poteri di negoziazione. Si perfino resa necessaria la formazione di una
sottocommissione, formata da otto partiti, per stilare il testo del documento
finale in sostituzione della bozza presentata dai comunisti della Germania
dellEst, giudicata troppo filosovietica.
Secondo una studiosa francese [Marcou, !976] quattro sono i motivi dello
scontro. Innanzitutto c il problema del modo stesso di concepire
linternazionalismo, giudicato dagli eurocomunisti completamente da riformare
e, a parere di altri, invece, principale fondamento del movimento comunista
internazionale.
La seconda questione, direttamente collegata alla prima, quella che riguarda
il rapporto dei singoli partiti con il P.C.U.S.. Il diverbio nasce dalla pretesa del
partito sovietico di fare del sostegno alla propria politica la pietra angolare
dellinternazionalismo, idea giudicata inaccettabile dagli eurocomunisti e dai
loro alleati jugoslavi.
Il terzo motivo di scontro dovuto alle critiche mosse dai partiti pi ortodossi
nei confronti delle alleanze concluse dagli eurocomunisti allinterno dei loro
Paesi, in particolare in riferimento al comportamento di P.C.I. e P.C.F..
Infine, lultima questione concerne la concezione della coesistenza pacifica,
ritenuta da Mosca e dai suoi alleati una sorta di compromesso storico
imperiale, un patto di non belligeranza stretto tra le due superpotenze al fine
di consolidare i rispettivi schieramenti, e considerata invece dagli
eurocomunisti, come si visto, come una situazione capace di aprire nuovi
scenari politici allinterno dei due blocchi.
Il punto su cui, in misura maggiore, si sfiora la frattura certamente il rifiuto,
da parte degli eurocomunisti, di concepire il P.C.U.S. come centro e motore del
movimento comunista internazionale. Anche il P.C.F., solitamente molto cauto
quando si tratta di contestare la Patria della voluzione, in questo caso dichiara:
Nessun partito o gruppo di partiti pu fare leggi valide per tutti, proporre
ricette universali, definire una strategia modello... Il movimento internazionale
comunista non e non pu essere una chiesa n unorganizzazione monolitica,
che sottoponga ogni partito alla coercizione e al conformismo. [Marchais,
1976b].
Alla fine, comunque, un compromesso viene raggiunto, anche se non si
comprende bene quale sia, tra le due parti, la vera vincitrice. Secondo alcuni si
tratta indubbiamente degli eurocomunisti, in virt delle molte concessioni
ottenute, come labbandono del vecchio concetto di internazionalismo
proletario, sinonimo di partito-guida, per far posto a quello di solidariet
internazionale, come la fine dellidentit tra antisovietismo e anticomunismo, e
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suo conservatorismo e per la sua connivenza con le classi dirigenti del mondo
capitalista [Baudouin, 1978, 144].
Ma per le reali prese di posizione sulla mancanza di libert in U.R.S.S., occorre
attendere fino allottobre 1975, a seguito di episodi come linternamento del
matematico Pliuch e la diffusione di un documento televisivo su un campo di
rieducazione in Lettonia. Ora la qualit delle riprovazioni fatte decisamente
differente, in quanto il P.C.F. pare non preoccuparsi pi n della non ingerenza in
questioni riguardanti altri partiti, n del rischio di portarsi nella stessa posizione
degli antisovietici [Baudouin, 1978, 192].
In effetti, pur non riguardando le critiche le strutture economiche, politiche e
sociali dello Stato sovietico, e pur impegnandosi il segretario Marchais, a nome
del partito, una volta di pi, a: ...combattere risolutamente lantisovietismo, le
menzogne e le calunnie di cui sono continuamente oggetto i Paesi socialisti
[Marchais, 1976a], lo stesso leader comunista non pu esimersi dal denunciare
le gravi mancanze di questi stessi Paesi, in fatto di libert fondamentali:
E naturale che noi esprimiamo il nostro dissenso di fronte alle misure
coercitive che attentano alla libert di opinione, di espressione, e di creazione,
dovunque
siano
in
vigore...
Non possiamo ammettere che lideale comunista, che si prefigge come
obiettivo principale il benessere delluomo, possa essere macchiato da atti
ingiusti e ingiustificati. [Marchais, 1976a].
Durante la stagione eurocomunista, il giudizio del P.C.F. sullU.R.S.S. si spinge
fino al punto di definire, in essa, la presenza di una sovrastruttura
insufficientemente democratica e, occasionalmente, oppressiva. Significativo
il giudizio di Elleinstein, lartefice della svolta eurocomunista del partito
francese: Bisogna riconoscere che in U.R.S.S. il socialismo esiste solo in modo
molto imperfetto. [Baudouin, 1978]. Con la pubblicazione dellopera Les
communistes et lEtat, realizzata da alcuni tra gli intellettuali pi importanti del
P.C.F., la Rivoluzione dOttobre abbassata al rango di esperienza singolare e,
pertanto, non trasferibile alla situazione francese [Baudouin, 1978, 360].
Il comportamento del Partito Comunista Italiano, durante tutti gli anni 70,
allinsegna di una critica prudente ma costante allindirizzo del modello
sovietico. La drammatica conclusione della Primavera di Praga, che ha portato
alla decisa condanna dellaggressione sovietica, ha certamente lasciato il segno
nel P.C.I., che si forse reso conto della sostanziale incapacit dei regimi
dellEst di soddisfare le legittime esigenze di libert dei loro popoli.
Molte, comunque, sono le ragioni che trattengono il P.C.I. da una clamorosa
rottura con Mosca. Secondo Allum, vi sarebbero innanzitutto seri problemi di
natura ideologica, in quanto il partito dovrebbe spiegare quali siano le
caratteristiche di un autentico regime socialista e per quale motivo lU.R.S.S.
non le presenti. Inoltre, dovrebbe giustificare i motivi di tanto ritardo nel
riconoscere che lUnione Sovietica non uno stato socialista. Ma la motivazione
che maggiormente frena il P.C.I. legata al rischio di una possibile crisi di
identit tra molti dei suoi militanti, fatto che potrebbe dar luogo anche a
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Mosca. Tuttavia, col passare dei mesi, la tensione tra il partito francese e quello
sovietico scende notevolmente, e i rapporti vengono presto normalizzati, tanto
che al termine di un incontro tra le due delegazioni, nel novembre 68, nel
comunicato finale, si legge, a proposito della questione cecoslovacca:
Le due delegazioni... hanno espresso il desiderio che, nel quadro degli accordi
conclusi e messi in opera dal P.C.U.S. e dal P.C. di Cecoslovacchia, la situazione
si normalizzi sulla base del marxismo-leninismo. [Valli, 1977, 200].
Il progressivo allontanamento dalla politica attiva, a seguito di una malattia, del
segretario Waldeck-Rochet e lascesa al vertice del partito da parte di Marchais
sono, forse, tra le cause principali del nuovo riavvicinamento tra Parigi e Mosca.
In effetti, dopo qualche tempo, a differenza del P.C.I. e del P.C.E., il P.C.F.
riallaccia i rapporti con il P.C. normalizzato di Cecoslovacchia e, pi in
generale, torna ad essere la fedele eco della politica estera sovietica. Anche
durante la stagione eurocomunista questo atteggiamento non cambia in modo
sostanziale.
Del resto, un analogo comportamento, durante questo stesso periodo, tenuto
anche da P.C.E. e P.C.I.. I due partiti, infatti tranne che in isolati episodi,
sostengono in modo puntuale le colonne portanti della visione politica
internazionale di Mosca. Gli eurocomunisti contestano, ad esempio, il modo in
cui si sta evolvendo il processo di pace in Medio Oriente. In particolare le
critiche si concentrano sul trattato di Camp David tra Israele ed Egitto, in
quanto i tre partiti ritengono che lU.R.S.S. sia stata tenuta un po' ai margini
delle trattative, condotte in modo troppo esclusivo dagli Stati Uniti. Anche il
comportamento tenuto dai sovietici nel continente africano e, in particolare, nel
Corno dAfrica, chiara conferma dei propositi espansionistici di Mosca, viene
lodato, poich ritenuto: ...un fattore di crescita del processo di pace e della
progressiva
autodeterminazione
dei
popoli
del
continente.
Solo con lintervento sovietico in Afghanistan, il P.C.I. e, in parte, il P.C.E.
sembrano rendersi finalmente conto che la politica estera sovietica non poi
cos diversa da quella, definita imperialista, degli U.S.A..
Nel rapporto di Ledda al Comitato Centrale del P.C.I., si denuncia con
preoccupazione il fatto che il processo della distensione venga messo in
pericolo dal comportamento espansionistico del-lU.R.S.S., che ormai solo con la
potenza del suo esercito riesce a far prevalere il proprio sistema politico e
sociale [Levesque, 1989]. Anche la rivista Rinascita condanna in modo
inequivocabile linter-vento dellArmata Rossa:
Le questioni di principio non sono astrazioni che possono essere piegate alle
ragioni dellopportunit politica o venire usate a seconda delle circostanze o dei
soggetti
in
causa...
Nessuna loro violazione, da nessuna parte pu essere tollerata o giustificata,
pena un ulteriore decadimento della civile convivenza. [Rinascita, n1, 1980].
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Capitolo Decimo
Eurocomunismo e processo di integrazione europea.
Il giudizio dei partiti comunisti occidentali sul processo di integrazione europea
durante la sua prima fase.
Quando, nel 1951, viene firmato il Trattato di Parigi, che istituisce la Comunit
Europea del Carbone e dellAcciaio (C.E.C.A), il giudizio dei partiti comunisti
dellEuropa capitalista unanime nel condannarlo. E lepoca della Guerra
Fredda e, secondo i comunisti occidentali, per i quali da poco incominciato il
lungo periodo di isolamento nella vita politica nazionale, questa nuova struttura
non pu avere altri scopi che: ...rafforzare il controllo dellimperialismo
americano sullEuropa [Valli, 1977, 157].
Il pi accanito avversario di questo primo progetto di integrazione europea si
mostra il P.C.F., il cui acceso spirito ultranazionalista non pu assolutamente
accettare un accordo che prevede la cooperazione con il nemico storico della
Francia, la Germania, proprio nelle industrie strategicamente pi importanti.
Il Piano Shuman definito: Un piano di guerra e di disastro nazionale, e la
C.E.C.A. ritenuta essere lo strumento per la messa in liquidazione
dellindustria siderurgica nazionale, nonch del-lesercito. Il P.C.F. punta le sue
critiche in particolare sul fatto che: I capitalisti francesi, in nome dellEuropa,
stanno svendendo lin-dustria del carbone e dellacciaio ai trust tedeschi.
[Pinto Lyra, 1973].
Inoltre, la C.E.C.A. viene definita come: Un nuovo super monopolio, la cui
costruzione porter conseguenze catastrofiche per la classe operaia europea.,
e se ne critica il carattere antidemocratico, in quanto la partecipazione delle
classi lavoratrici al processo decisionale praticamente nulla [Pinto Lyra, 1973,
21].
Il P.C.I., pur concordando nellanalisi dei comunisti francesi per quanto riguarda
le conseguenze economiche, sociali e militari del Trattato di Parigi, usa toni
molto meno drammatici a proposito del rischio di una sovranit nazionale
limitata.
Tuttavia, soprattutto sul progetto, mai realizzato, della Comunit Europea di
Difesa che la campagna antieuropea del P.C.F. raggiunge il suo azimut. I
comunisti doltralpe mettono in grande evidenza il pericolo che questo progetto
possa diventare il trampolino di lancio per i sogni espansionistici e revanscisti di
Bonn, oltre che un nuovo strumento degli U.S.A. per rendere pi aspra la Guerra
fredda [Pinto Lyra, 1973, 28].
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Pure con listituzione del Mercato Comune Europeo, nel 1957, si registra una
sostanziale comunanza di giudizi tra P.C.I. e P.C.F.. Anche il P.C.E., sebbene la
Spagna non faccia parte della C.E.E., condivide il parere dei partiti italiano e
francese, i quali negano la possibilit che la neonata Comunit Economica
possa diventare una terza forza equidistante da U.S.A. e U.R.S.S., in ragione
dellappartenenza di tutti e sei i Paesi fondatori alla N.A.T.O.. Inoltre, secondo
questi partiti, a trarre vantaggio da questa alleanza tra Paesi capitalisti saranno
soltanto i grandi trust e le multinazionali, mentre per gran parte dei popoli
dEuropa le condizioni sociali peggioreranno, in quanto si verificher un deciso
allineamento verso il basso delle conquiste dei lavoratori [Pinto Lyra, 1973, 51].
Il P.C.F., anche in questo caso, pone laccento sulla questione dellattentato
allindipendenza del suo Paese.
Secondo il partito transalpino, la Francia, partecipando al Mercato Comune,
finir per degradarsi al ruolo di provincia della potente Germania Federale,
mentre le sue istituzioni nazionali, in particolare il Parlamento, saranno
lentamente ma inesorabilmente private di ogni potere per ci che riguarda la
scelta dellorien-tamento da seguire in politica economica.
Infine il P.C.F., sempre per consolidare la sua immagine di difensore della
nazione, afferma che, con lentrata della Francia nella piccola Europa, la sua
agricoltura conoscer una vera e propria ecatombe, e a farne le spese saranno
soprattutto i piccoli agricoltori, i quali non hanno i mezzi per sopportare la
concorrenza straniera.
Col passare degli anni, mentre le posizioni del P.C.E. e, in modo particolare, del
P.C.I. riguardo alla C.E.E. diventano pi mor-bide, il partito francese non
modifica in modo sostanziale il suo atteggiamento intransigente.
Anche se la Comunit Europea non pi denunciata come braccio politico
della N.A.T.O. [Pinto Lyra, 1973], essa resta, secondo il P.C.F., fortemente
antidemocratica. Tuttavia, anche il partito francese, pur dichiarandosi
assolutamente contrario allipotesi di unintegrazione politica, deve riconoscere
che, nel corso degli anni, la C.E.E. ha compiuto anche alcune cose positive,
specie a difesa dellagricoltura francese [Pinto Lyra, 1973, 85].
Dopo la morte di Thorez, durante la segreteria Waldeck-Rochet, i comunisti
francesi chiedono per la prima volta di entrare negli organismi comunitari non
per ...condurre una lotta efficace contro le nefaste conseguenze del M.E.C..
[Valli, 1977, 165], ma per collaborarvi.
Allinizio della segreteria Marchais si registra, invece, un nuovo inasprimento dei
rapporti con la C.E.E.. In occasione del referendum del 23 aprile 1973,
riguardante lallargamento della Comunit a Irlanda, Danimarca e, soprattutto,
Regno Unito, il P.C.F. prende posizione in modo deciso a favore del no,
adducendo sia ragioni economiche, come il rallentamento della produzione
industriale, i possibili disequilibri settoriali, il deperimento ulteriore di certe aree
meno sviluppate del Paese e laumento dei disoccupati, sia le solite ragioni di
tipo politico-militare, a proposito del progressivo abbandono della sovranit
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dellantica divisione tra i partiti operai sia uno degli obiettivi che
lEurocomunismo deve cercare con maggiore intensit. Questo tema
presentato da Berlinguer gi durante la Conferenza di Bruxelles. Per il leader
comunista italiano, lunico modo per dare forza allimmagine di unEuropa
impegnata nel processo di distensione internazionale e per perseguire il
rinnovamento democratico delle istituzioni comunitarie : Stimolare il processo
di avvicinamento e di intesa tra tutte le forze di sinistra, democratiche e
antifasciste. [Berlinguer E., 1974a].
Il discorso a proposito della necessit di fare dellEuropa lelemento cardine
della coesistenza pacifica, operando nel senso del potenziamento del carattere
democratico degli organi della C.E.E., pienamente condiviso dal P.C.E.. Nella
risoluzione finale del suo IX Congresso si legge:
Noi aspiriamo a unEuropa dei lavoratori, a unEuropa dei popoli: unEuropa
unita sul piano politico ed economico, che abbia la sua politica indipendente,
non subordinata n agli Stati Uniti n allUnione Sovietica ma che mantenga
relazioni positive con entrambi; unEuropa che contribuisca al superamento dei
blocchi militari e del bipolarismo, alla democratizzazione della vita
internazionale, rendendo possibile a tutti i popoli decidere da s e in piena
libert dei propri destini. [IX Congreso del Partido Comunista dEspaa, aprile
1978].
Del resto, con la morte di Franco e il progressivo smantellamento del suo
regime, cade ogni pregiudiziale del P.C.E. contro un ingresso della Spagna nel
M.E.C.. Anzi, durante la stagione eurocomunista, in pi di unoccasione il
segretario Carrillo dichiara che tale ingresso deve avvenire come membro a
tutti gli effetti e non pi solo come semplice Stato associato. Nei documenti del
IX Congresso il partito definisce lintegrazione della Spagna alla C.E.E. come
una necessit economica e politica, in quanto essa pu contribuire allo sviluppo
delle forze produttive e porre le basi della struttura stessa delleconomia
spagnola.
Non si nega di certo che esistano anche aspetti antidemocratici nel presente
edificio comunitario, come la forte impronta che conservano i monopoli nel
determinare la scelta delle strategie politico-economiche da seguire. Ma questa
una ragione in pi che spinge il P.C.E. a ritenere indispensabile un ingresso
della Spagna nella C.E.E., proprio allo scopo di trasformarla, ridefinendone gli
obiettivi.
Ci non trova per nulla daccordo il P.C.F., assolutamente contrario ad un
allargamento della Comunit, definita anche durante la breve parentesi
eurocomunista la piccola Europa dei trust e dei monopoli. Nasce cos
unaccesa polemica tra i due partiti, che testimonia una volta di pi la debole
consistenza dellunit di intenti tra gli eurocomunisti.
La critica del P.C.F. concerne la struttura generale del M.E.C., giudicata un
tentativo
operato
dalle
nazioni
capitaliste
per
coordinare
linternazionalizzazione dei capitali. Si accusa, in particolare, il Mercato Comune
di aver aperto la strada alla penetrazione dei mercati europei da parte delle
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La battaglia portata avanti dal P.C.F. sul tema delle riforme istituzionali della
C.E.E. , invece, di segno totalmente opposto.
Il vertice del partito favorevole, malgrado le indicazioni fornite dai suoi
rappresentanti al Parlamento di Strasburgo, ad un incremento dei poteri del
Consiglio e, soprattutto, a conservare la regola dellunanimit per tutte le
decisioni prese da questo organismo. Il P.C.F. vuole, inoltre, che il monopolio
decisionale resti al Consiglio dei ministri e non passi al neonato Consiglio
Europeo, ritenuto troppo simile, nei suoi principi, al presidenzialismo [Baudouin, 1978, 247-248]. Le ragioni di un atteggiamento cos ben disposto verso
listituzione forse meno democratica della C.E.E. e, viceversa, di netta
chiusura verso lipotesi di un Parlamento Europeo con pi poteri, ovvero lesatto
opposto della strategia tenuta nella politica nazionale, si spiegano, forse, con il
fatto che il vertice del partito, confidando nella vittoria elettorale dellUnion de
la Gauche, ritiene che il Consiglio dei ministri sia lorgano in cui il P.C.F. pu far
sentire maggiormente il suo peso politico.
Per quanto riguarda i progetti per una futura Unione economica e monetaria,
essi sono ferocemente attaccati dal P.C.F., perch ritenuti dannosi per
leconomia
nazionale
[Baudouin,
1978,
251].
Il partito di Marchais si pone, infine, lobiettivo di riorientare le relazioni
economiche esterne della C.E.E., bloccando le penetrazioni giapponesi e
americane e incrementando gli scambi con il C.O.M.E.C.O.N. e i Paesi in via di
sviluppo [Baudouin, 1978, 253].
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Conclusioni
Le ragioni del progressivo declino dellEurocomunismo.
Lipotesi iniziale da cui sono partito, secondo la quale il progetto eurocomunista
sarebbe fallito soprattutto per lestemporaneit dello dislocamento politico e
ideologico del P.C.F., si mostrata in buona parte esatta, anche se non pu
essere considerata come lunica causa che ha condotto allappannamento della
proposta eurocomunista. In effetti, pur essendo questa, probabilmente, la
ragione principale, ve ne sono altre, alcune imputabili a tutti e tre i partiti, altre
riferibili in modo esclusivo agli altri due componenti del movimento
eurocomunista.
LEurocomunismo ha preso avvio dalla comune consapevolezza dei tre partiti
che essi, da soli, non avrebbero potuto proporre un loro modello di societ
socialista alternativo a quello sovietico senza incorrere negli anatemi di Mosca e
nel rifiuto delle societ nelle quali si erano sviluppati. Tuttavia, troppo
raramente le tre anime dellEurocomunismo hanno mostrato una reale unit di
intenti. Sovente, infatti, ogni partito sembrato portare avanti una strategia di
tipo nazional-comunista, irrimediabilmente condannata al fallimento
[Salvadori, 1978].
Significativa testimonianza delle laceranti divergenze tra i partiti eurocomunisti
la circostanza per cui, nel 1979, in occasione delle prime elezioni per il
Parlamento Europeo, non solo non esisteva un programma comune tra i nove
partiti comunisti della C.E.E. ma, cosa ancor pi grave, la distanza tra lanalisi
politica ed economica avanzata dal P.C.I. e quella elaborata dal P.C.F. era
enorme, quasi fossero due programmi assolutamente inconciliabili.
Occorre poi ricordare anche gli errori di valutazione compiuti dai tre partiti
congiuntamente.
Innanzitutto vi stato un grave fraintendimento a proposito della reale natura
della coesistenza pacifica, un peccato di ingenuit messo molto bene in risalto
da Bonanate e di cui si gi parlato nel corso della tesi.
Erronea si mostrata, inoltre, anche la convinzione secondo cui la fase di
transizione antimonopolista si sarebbe potuta verificare allinsegna della
stabilit democratica e senza forti scossoni politici e sociali. Una visione senza
dubbio troppo ottimistica di un momento storico che, nelle intenzioni dei tre
partiti, avrebbe dovuto portare i loro rispettivi Paesi verso una societ socialista
avanzata e segnare, nei fatti, linizio del processo di smantellamento del
sistema capitalista.
Unultima osservazione riguarda i progetti di riforma strutturale delleconomia
presentati dai tre partiti eurocomunisti. Questi erano condizionati, in linea
generale, dalla prospettiva di un forte tasso di crescita delle economie dei
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rispettivi Paesi nel medio e nel lungo periodo, cosa che la realt ha dimostrato
del tutto irrealistica [Mandel, 1978].
Ma oltre a questi errori di valutazione commessi da tutte e tre le formazioni
politiche, ve ne sono altri riconducibili ai singoli partiti.
Come ho messo precedentemente in evidenza, il P.C.F. si mostrato ben presto
lelemento pi inaffidabile della coalizione eurocomunista. I limiti del partito
francese sono emersi sia sul piano politico nazionale che su quello
internazionale. Per quanto concerne il primo ambito, il partito di Marchais, dopo
aver contribuito, in maniera determinante, alla nascita dellUnion de la Gauche
insieme con il P.S., al fine di costituire unautentica alternativa di sinistra,
quando ormai tutto lasciava presagire un imminente trionfo elettorale, ha
compiuto unimprovvisa inversione di rotta, provocando cos non solo il
fallimento della prospettiva di conquistare il governo del Paese, ma anche la
fine stessa dellalleanza. Tra le ragioni addotte per tentare di spiegare questa
sorta di harakiri compiuta dal partito comunista francese, interessante
quella secondo la quale esso avrebbe agito in questo modo per paura di trovarsi
a gestire una difficile situazione di crisi economica, la quale lo avrebbe
obbligato ad assumere misure fortemente antipopolari. Inoltre il P.C.F. si
sarebbe anche reso conto che il vero motore della coalizione di sinistra era
ormai divenuto il partito di Mitterand.
Tuttavia, pur giudicando molto valide queste spiegazioni, ritengo che alla base
di questa scelta, per molti versi assurda, vi siano soprattutto ragioni di ordine
ideologico, in particolare lostinato rifiuto di andare fino in fondo nel processo di
omologazione con il resto della cultura politica francese, per timore di perdere
la propria identit.
Non si deve, infine, dimenticare che il P.C.F. ha pagato a caro prezzo il fatto di
non aver mai avuto tra le sue file un grande pensatore politico, come invece il
P.C.I. con Gramsci, il quale fosse in grado di elaborare un autonomo progetto
per la costruzione di una societ socialista nazionale. In effetti, linfluenza di
Mosca sul P.C.F. sempre stata molto rilevante, al punto che, al termine
dellesperienza eurocomunista, mentre il P.C.I. ha imboccato in modo risoluto la
strada del dialogo e del progressivo incontro con la socialdemocrazia europea, il
partito francese ha optato per un ritorno allantico, riportandosi sotto lala
ancora benevola del Cremlino e riproponendosi come il partito comunista
occidentale pi fedele di Mosca.
Lo smacco per il fallimento del progetto eurocomunista ha lasciato, tuttavia, un
segno indelebile nel partito transalpino. Molti tra i suoi pi illustri intellettuali,
fortemente pessimisti riguardo alla capacit del partito di sapersi trasformare e
evolvere secondo le nuove esigenze della societ francese di inizio anni 80,
hanno preferito abbandonarlo, accentuando, in questo modo, la gi profonda
crisi del partito e il suo progressivo autoisolamento dalla vita politica nazionale.
Anche il partito comunista italiano, comunque, non stato esente da errori.
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Se da un lato senza dubbio vero che la sua svolta democratica aveva radici
ben pi profonde e forti rispetto a quella operata dal P.C.F., dallaltro anche il
P.C.I. parso, a volte, prigioniero di vecchie idee che appartenevano ancora a
quel tipo di comunismo di impronta stalinista che, nei fatti, il partito italiano
aveva da tempo superato. Cos, per citare un caso, il tema della rivoluzione non
mai stato completamente accantonato nei discorsi dei leader comunisti,
anche se lintensit dei toni si era decisamente via via sempre pi attenuata.
Alcuni intellettuali di area socialista, a proposito della dislocazione ideologica
del P.C.I. e, in particolare, in riferimento al nuovo modo di intendere concetti
quali la democrazia e le libert individuali, hanno rivendicato il fatto che questi
principi facevano parte integrante del patrimonio socialista gi da molti
decenni. Effettivamente, il partito di Berlinguer ha dato sovente limpressione di
voler a tutti i costi rivendicare la continuit col passato pi che mettere in
evidenza le novit presenti nella sua nuova duplice strategia del Compromesso
storico e dellEurocomunismo.
Questo legame forzato col passato cos diventato, in certe occasioni, un
vincolo, diciamo, asfissiante. E accaduto soprattutto nel caso delle relazioni
con il mondo comunista e, in particolare, con il suo centro, lUnione Sovietica.
Lossessione di non rompere, almeno formalmente, i legami con la Patria della
Rivoluzione ha condotto il partito italiano ad assumere comportamenti quanto
meno ambigui, che hanno giustificato dubbi sulla sua reale volont di costruire
una societ socialista democratica e rispettosa della libert. Cos, in occasione
del durissimo attacco portato dai sovietici nei confronti del leader spagnolo
Carrillo, la difesa dufficio assunta dal partito di Berlinguer nei confronti del
segretario del P.C.E., oltre a suonare come una critica velata verso lo stesso
Carrillo, le cui dichiarazioni sono state giudicate intempestive, ha messo
drammaticamente in luce tutta la debolezza dellimpianto solidaristico
eurocomunista. Limmagine del P.C.I. uscita intaccata da questa vicenda, in
quanto ha dato a molti limpressione di un partito poco coerente nelle sue prese
di posizione, avendo affermato, da un lato, che il socialismo senza libert non
era vero socialismo, ma essendosi mostrato incapace, dallaltro, di rompere in
modo definitivo con un regime che di socialista aveva ormai solo il nome.
Per quanto riguarda il P.C.E., infine, pi che di errori di strategia o di evoluzioni
ideologiche troppo timide, il vero problema stato rappresentato dalla grande
difficolt incontrata dai comunisti spagnoli nellinserirsi nella nuova realt
politica del dopo-Franco, quando il partito ha riacquistato la piena libert
dazione. Altri grossi problemi sono stati, senza dubbio, il pesante clima di
ostilit ancora molto diffuso in diversi settori sociali del Paese e, soprattutto, il
difficile rapporto con i cattolici e con i socialisti, tutti fattori che condussero il
partito a un risultato elettorale pi che modesto.
Ma ci che ha reso veramente problematica la situazione del partito spagnolo
stata la grossa frattura creatasi tra il vertice del P.C.E., deciso a compiere una
radicale svolta nei rapporti con Mosca, e la base, al contrario ancora fortemente
filosovietica. Questo fatto ha provocato una serie infinita di lotte intestine che
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