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A F B

Carlo Dri

Dipartimento di Fisica
Universit degli Studi di Trieste

Versione 5 marzo 2015, 23:35

This work is licensed under the Creative Commons Attribution-NonCommercialNoDerivatives 4.0 International License. To view a copy of this license, visit
http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/.

Indice
I.

Introduzione

1. Le misure
1.1. Sistemi di misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2. Multipli e sottomultipli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3. Analisi dimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4. Conversioni fra unit di misura . . . . . . . . . . . . . . . .
1.5. Errori nelle misure . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.5.1. Cifre signicative . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.5.2. Arrotondamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.5.3. Cifre signicative nel riportare il risultato di calcoli

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II. Meccanica

19

2. Cinematica
2.1. Le grandezze che descrivono il moto dei corpi . . .
2.1.1. Posizione, spostamento e spazio percorso . .
2.1.2. Velocit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.1.3. Accelerazione . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2. Moto di un corpo in una dimensione . . . . . . . . .
2.2.1. Il moto rettilineo uniforme . . . . . . . . . .
2.2.2. Il moto rettilineo uniformemente accelerato
2.3. Moto di un corpo in due dimensioni . . . . . . . . .
2.3.1. Posizione, velocit e accelerazione . . . . . .

23
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3. Dinamica

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4. Lavoro ed energia
35
4.1. Energia cinetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
4.2. Il lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

Indice

III. Statica e dinamica dei fluidi

37

5. Il principio di Pascal

39

6. La legge di Stevino

41

7. Il teorema di Bernoulli

43

8. Fluidi reali
45
8.1. La viscosit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
8.2. La legge di Stokes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

IV. Termodinamica

47

9. La termometria

49

10. Calorimetria

51

11. Teoria cinetica dei gas


53
11.1. Calori specici dei gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
11.1.1. Calore specico a volume costante . . . . . . . . . . . . . . . . 53
11.1.2. Calore specico a pressione costante . . . . . . . . . . . . . . . 54
12. Trasformazioni termodinamiche
12.1. Riassunto delle trasformazioni termodinamiche
12.1.1. Isocora . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
12.1.2. Isobara . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
12.1.3. Isoterma . . . . . . . . . . . . . . . . . .
12.1.4. Adiabatica . . . . . . . . . . . . . . . . .

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13. Il secondo principio della termodinamica


13.1. Macchine termiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
13.2. Il secondo principio della termodinamica . . . . . . . . .
13.3. La pompa di calore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
13.4. La macchina di Carnot . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
13.4.1. Calcolo del rendimento della macchina di Carnot
13.5. Lentropia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Parte I.
Introduzione

1. Le misure
Il 23 settembre 1999 i tecnici del Jet Propulsion Laboratory della NASA stanno seguendo
lingresso del satellite Mars Climate Orbiter nellorbita di Marte: come da programma
alle 2,00 am ora locale si accendono i motori principali del mezzo per rallentare la
sua discesa e permettergli di entrare nellorbita pressata. Un istante dopo il mezzo
scompare dietro Marte, ma i tecnici attenderanno invano la sua ricomparsa allaltro
lato del pianeta.1 Il satellite si schiantato su Marte.
Il 10 novembre dello stesso anno, una commissione incaricata di valutare le cause della
perdita del satellite pubblica un resoconto in cui nota che stato commesso un errore
nel software di simulazione delle traiettorie del mezzo: il team inglese incaricato dello
sviluppo software ha utilizzato inavvertitamente le libbre-forza (lbf) invece dei newton
(N) nella simulazione delle forze, provocando un errore di un fattore 5 nellaltitudine di
ingresso nellorbita.2 Questa inavvertenza nelluso delle unit di misura costata alla
NASA qualcosa come 330 milioni di dollari.
In sica, cos come nella vita di ogni giorno, lutilizzo corretto delle unit di misura
fondamentale: un numero con lindicazione errata dellunit di misura viene associato
da chi lo legge a una grandezza sica completamente diversa da quella corretta, oppure
il suo ordine di grandezza viene completamente travisato. Pertanto per comunicare o
annotare quasiasi grandezza in modo non ambiguo o parziale indispensabile conoscere
le convenzioni con cui vengono universalmente scritte.
Le regole generali per la scrittura delle unit di misura sono:
le unit non si scrivono in corsivo
i simboli derivati da nomi propri di scienziati si scrivono con la lettera maiuscola,
mentre quando ci si riferisce allunit di misura il nome completo dello scienziato
va scritto in minuscolo (e.g. A, K per ampere e kelvin)
Vediamo ora quali sono i principali sistemi di misura.
1 http://mars.jpl.nasa.gov/msp98/news/mco990923.html

2 ftp://ftp.hq.nasa.gov/pub/pao/reports/1999/MCO_report.pdf

1. Le misure

lunghezza
massa
tempo
corrente elettrica
temperatura assoluta
quantit di sostanza
intensit luminosa

N SI

S SI

metro
kilogrammo
secondo
ampere
kelvin
mole
candela

m
kg
s
A
K
mol
cd

T 1.1.: Unit fondamentali del Sistema Internazionale

1.1. Sistemi di misura


Il Sistema Internazionale di unit di misura (abbreviato SI) in assoluto il sistema di
misura pi utilizzato al mondo. Tale sistema di unit basato su sette unit fondamentali,
che sono riportate in Tabella 1.1. Tutte le altre unit di misura si possono esprimere in
funzione di queste sette unit fondamentali. Bench le unit fondamentali non siano
esprimibili come funzione di altre unit fondamentali, la denizione pratica di alcune
di esse dipende dalla denizione di altre grandezze. Ad esempio, il metro attualmente
1
denito come lo spazio percorso dalla luce nel vuoto in un tempo pari a 299792458
s.
Mentre il sistema SI basato sulla terna metrokilogrammosecondo (abbreviata
MKS) per esprimere lunghezza, massa e tempo, esiste un altro sistema di misura
molto simile al sistema SI, chiamato sistema CGS. Questo sistema basato sulle
stesse unit fondamentali, eccetto per le prime tre, che sono sostituite dalla terna
centimetrogrammosecondo (da cui il nome CGS).
Ci sono diverse unit di misura non ucialmente inserite nel sistema internazionale
che per sono estremamente comuni in diversi campi, e che pertanto dicilmente verranno soppiantate dai loro equivalenti SI. In particolare, fra queste unit ne ricordiamo
alcune qui di seguito, riservandoci di introdurne altre nel corso della dispensa:
il litro (simbolo L),3 una misura di volume, ed denito esattamente cos che
1 L 1 dm3 , cio un cubo di lato 10 cm;

le unit che indicano un numero di giorni, di ore, di minuti, indicati rispettivamente con i simboli d, h e m;
la tonnellata (simbolo t) una misura di massa, denita esattamente come
1 t 1 103 kg = 1 106 g, e corrisponde, nel sistema SI, a 1 Mg;4

3 Bench

originalmente il litro fosse indicato con il simbolo minuscolo l, attualmente si raccomanda


invece di utilizzare il simbolo maiuscolo L, ad evitare possibili ambiguit con la cifra 1 che in certe
grae e sistemi di scrittura al computer dicilmente distinguibile dalla lettera l minuscola.
4 Vedi paragrafo successivo sui pressi e potenze di 10.

1.1. Sistemi di misura

lunghezza
lunghezza
massa
massa
volume
volume
tempo

pollice
piede
libbra
once
once uidea
once uideb
secondo

in o
ft
lb
oz
oz
oz
s

25,4 mm
12 in
0,453 592 37 kg
1
16
lb
28,41 mL
29,57 mL
-

Nel sistema imperiale

Nel sistema statunitense

T 1.2.: Unit principali del sistema imperiale e statunitense

Sopratutto in Gran Bretagna, Canada, Stati Uniti e alcuni altri paesi, invece del sistema internazionale si utilizzano il Sistema Imperiale e il Sistema Consuetudinario
Statunitense.5 Le unit pi utilizzate sono elencate in Tabella 1.2
Ricordiamo inne che esistono grandezze adimensionali cio senza unit di misura
(nel corso della dispensa vedremo degli esempi).

5 Questi

due sistemi in realt hanno delle leggere dierenze nella denizione di alcune unit, in
particolare per quanto riguarda i volumi.

1. Le misure
N P P 10
exa
peta
tera
giga
mega
kilo
etto
deca
deci
centi
milli
micro
nano
pico
femto
atto

1018
1015
1012
109
106
103
102
101
100
101
102
103
106
109
1012
1015
1018

E
P
T
G
M
k
h
da
d
c
m

n
p
f
a

T 1.3.: Prefissi simbolici per indicare brevemente le potenze di


dieci contenute in una misura

1.2. Multipli e soomultipli


Se uno volesse rappresentare ad esempio le dimensioni caratteristiche di un batterio,
sarebbe decisamente scomodo indicarla con 0,000 001 m. Oltre a essere scomodo, sarebbe
molto facile sbagliare di trascrivere gli zeri. Sono stati cos introdotti dei simboli che
rappresentano, quando anteposti come pressi allunit di misura in oggetto, la potenza
di dieci per cui il numero va moltiplicato, allo scopo di abbreviare la scrittura di misure
molto piccole o molto grandi rispetto alle unit di misura standard e ridurre la possibilit
di errori di trascrizione. Nella tabella 1.3 abbiamo riportato i pressi pi usati.
E 1.1
1 m = 1 10

0,4 pF = 0,4 10

m
12

0,001 mV = 1 V = 1 10

1,34 kW = 1,34 103 W

10

1.3. Analisi dimensionale


Nellesempio 1.1, le misure pi a destra sono rappresentate nella cosiddetta notazione
scientica, cio una notazione della forma
a 10b
con a un numero reale qualsiasi e b un intero. Nella calcolatrice tale forma viene
rappresentata come aEb. consuetudine scegliere il valore dellesponente b in modo
che il valore assoluto del numero a sia compreso tra 0 e 10 (0 < |a| < 10).

1.3. Analisi dimensionale


spesso utile controllare la correttezza di una formula ricordata a memoria o di un
risultato numerico attraverso la cosiddetta analisi dimensionale cio lesplicitare le
dimensioni siche delle grandezze in gioco in una equazione. Infatti unuguaglianza pu
contenere operazioni tra diverse grandezze siche, ma chiaramente ci che sta a destra
delluguale deve avere le stesse dimensioni di ci che sta alla sua sinistra (altrimenti
luguaglianza non solo non vericata, ma non ha proprio alcun senso)6
In generale, le dimensioni di una generica grandezza sica Z si indicano con le
parentesi quadre intorno al simbolo che rappresenta quella grandezza, cos che
Z = c [Z ]
dove c un fattore numerico (ovviamente adimensionale) e [Z ] rappresenta lunit di
misura. Ad esempio, esprimeremo le dimensioni di una forza F espressa in newton
come:
m
[F ] = N = kg 2
s
Ancora un esempio per sottolineare limportanza dellanalisi dimensionale delle
espressioni matematiche che si ottengono: se ricordassimo a memoria che la velocit
che acquista un corpo cadendo da unaltezza h data da
p
= 2 h
con accelerazione di gravit terrestre, potremmo vericarne la correttezza scrivendo
la sua relativa equazione dimensionale, esplicitando a destra e sinistra le dimensioni
delle grandezze siche in gioco. Lanalisi del membro a sinistra delluguale ci d:
[ ]=

m
s

6 Per

esemplicare il concetto: luguaglianza a = 2 m non ha nessun signicato se a rappresenta, ad


esempio, il peso di una certa quantit di farina, allo stesso modo in cui non ha nessun senso dire
1 kg = 1 m.

11

1. Le misure
mentre quello a sinistra

e risulta chiaro che

[ ] [h] =

m
m
s2

r
m
m
,
m
s
s2
Pertanto lequazione sbagliata perch le dimensioni a destra delluguale non corrispondono a quelle a sinistra: lequazione corretta potr essere invece (ed di fatto
corretta)
q
=

2 h

1.4. Conversioni fra unit di misura


Saper convertire correttamente e rapidamente fra unit di misura diverse fondamentale,
in particolare nelle discipline di tipo medico-sanitario, dove errori grossolani nelle
conversioni possono portare a gravi conseguenze nel paziente, ad esempio nel caso di
un errato dosaggio di farmaci. Vediamo uno scenario tipico di conversione fra unit di
misura, trascurando per il momento il signicato sico di eventuali grandezze ancora
non introdotte. Ad esempio, voglio sapere a quanti pascal (simbolo Pa) corrispondono
233 mmHg, sapendo che
760 mmHg = 101 325 Pa
(1.1)
facile ridurre il problema alla domanda: Devo moltiplicare o dividere per questo o
quel numero?, che porta facilmente a errori. Il metodo pi sistematico e semplice per
rispondere ovviamente fare una proporzione, cio
760 mmHg : 101 325 Pa = 233 mmHg : x
da cui:

101 325 Pa 233 mmHg


760 mmHg
Posso anche notare che se divido ambo i membri dellequazione 1.1 per 760 mmHg,
ottengo

760
101 325 Pa
mmHg

760 mmHg
760
mmHg

cio che
101 325 Pa
=1
(1.2)
760 mmHg
Pertanto, dato che il rapporto a sinistra delluguale pari a 1, posso moltiplicare i
233 mmHg per questo rapporto senza cambiare di fatto la misura che sto convertendo
(sto moltiplicando per 1!):
x=

12

1.5. Errori nelle misure

233 mmHg 1 = 233 mmHg

101 325 Pa
= 31 064 Pa
760 mmHg

1.5. Errori nelle misure


Qualsiasi tipo di misura sempre soggetta a degli errori (o incertezze). Ad esempio, se
misuro la lunghezza di una matita con un righello graduato in millimetri, dicilmente
riuscir a determinarne la lunghezza con una precisione superiore a, diciamo, un terzo
di millimetro o un quarto di millimetro. Cosa signica questo? Signica che non sar in
grado di decidere se la matita lunga, ad esempio, 150,3 mm oppure 150,4 mm, ma molto
probabilmente sapr distinguere se lunga 150,3 mm oppure 150,8 mm. Prendiamo la
seguente aermazione:
Misurando questa matita con questo righello, graduato in millimetri, posso
dire che lunga 150,4 mm. Tuttavia, non riuscirei a distinguere se la sua
lunghezza avesse un valore qualsiasi compreso tra 150,3 mm e 150,5 mm.
Dal punto di vista formale, questa aermazione si scrive nel modo seguente:
intervallo di errore

(150,4 0,2) mm

oppure

150,40(2) mm

In generale, quando una misura viene scritta come


x

chiamato errore assoluto, mentre x il valore che ritengo pi probabile per la


misura in oggetto. Pu essere utile in molti casi rappresentare lerrore come una
percentuale del valore pi probabile per la misura, e in tal caso si parla di errore
relativo r , denito come:
r =
x
Esistono delle regole precise (che non tratteremo) che permettono di determinare
quale sar lerrore su una misura ottenuta indirettamente da un calcolo. Tuttavia,
possibile ragionare secondo il seguente esempio.
E 1.2: larea di un foglio A4
Se volessi determinare larea di un foglio A4 con un righello, dovrei misurare
prima un lato, ottenendo `1 = (210,0 0,5) mm, e poi laltro, ottenendo `2 =
(297,0 0,5) mm. Per determinare larea dovrei poi moltiplicare fra loro questi
numeri. Il valore che ritengo pi probabile per larea sarebbe ovviamente A =
`1 `2 = 62 369,9940 mm2 . Quale sarebbe lincertezza da assegnare alla misura
dellarea? Riettendo sui numeri in questione, suciente analizzare i due casi
estremi:

13

FiXme Note: errori


casuali e sistematici
FiXme Note: esempio
dellarea del
rettangolo

1. Le misure
commetto il massimo errore in positivo su entrambe le misure, quindi le vere
misure dei lati del foglio sarebbero 210,5 mm e 297,5 mm, cio 62 623,7580 mm2
commetto il massimo errore in negativo, cio il foglio misurerebbe 209,5 mm
e 296,5 mm, cio 62 116,7270 mm2
Avrei pertanto un errore massimo (incertezza) sullarea pari alla met della dierenza tra questi due estremi, cio: 253,5155 mm2 250 mm2 = .
Nellesempio appena visto, dovrei pertanto scrivere che larea pari a 62 369,99 mm2
250 mm2 . La conoscenza dellerrore associato a questa misura (250 mm2 ) ci indica anche
il numero di cifre con cui corretto riportare larea A: non ha senso riportare con due
cifre dopo la virgola un dato che soggetto ad una incertezza pari a 250 mm2 , e pertanto
tale misura andrebbe scritta come A = 62 370 mm2 250 mm2 Sarebbe frustrante se per
ogni calcolo si dovesse svolgere tutto questo processo per sapere a quante cifre devo
arrotondarlo. Dopo aver introdotto il concetto di cifre signicative e di arrotondamento
vedremo un metodo pratico per determinare a grandi linee quante cifre corretto
mantenere nellesprimere il risultato di un calcolo.

1.5.1. Cifre significative


In molte situazioni reali, non si ha a disposizione lerrore su una data misura, ma il modo
con cui viene scritta la misura dice implicitamente, almeno in parte, la sua incertezza.
Ad esempio, se scrivo che il volume di una certa sostanza pari a 40,00 mL o se scrivo
40 mL la stessa cosa? No, perch nel primo caso, sto implicitamente aermando
(cio comunicando a chi legge la misura) che so che la seconda cifra dopo la virgola
esattamente zero e non, ad esempio, 3. Nel secondo caso invece, sto aermando che
conosco per certo la cifra delle unit, ma non solo: sto implicitamente dicendo che non
ho informazioni sulla prima cifra decimale, che potrebbe pertanto, per quanto ne so,
essere un numero tra 0 e 9.7
In generale, le cifre di cui ci diamo si chiamano cifre signicative. Quando abbiamo
davanti un numero, ci sono delle regole per determinare quali e quante cifre sono
signicative, e quali no. Partiamo da alcuni esempi per derivare poi le regole generali.
E 1.3: cifre significative
0,0023 contiene solo 2 cifre signicative, perch il numero si potrebbe scrivere
anche come 23 104 o come 2,3 103 , cio gli zeri, in questo caso, non
sono signicativi;
7 Lo

14

stesso dicasi per tutte le altre cifre decimali che non sono riportate.

1.5. Errori nelle misure


1,200 contiene 4 cifre signicative, perch il fatto di aver indicato esplicitamente
gli zeri dopo il primo decimale signica che so che sono esattamente 0 (quindi
anche gli zeri sono signicativi in questo caso);
00432 contiene solo 3 cifre signicative perch i due zeri non portano nessuna
reale informazione nel numero;
1287 contiene ovviamente 4 cifre signicative;
65 003 contiene 5 cifre signicative;
Le regole per determinare quali e quante sono le cifre signicative possono essere
esposte come segue:
1. la cifra pi signicativa la prima cifra diversa da zero che compare da sinistra;
2. la cifra meno signicativa distingue due casi:
a) la prima da destra, anche se zero, nel caso di un numero con la virgola;
b) la prima da destra diversa da zero, nel caso di un numero senza virgola;
3. tutte le cifre, incluso lo zero, racchiuse tra la pi signicativa e la meno signicativa, sono a loro volta tutte signicative.
La regola 2.b contiene tuttavia una possibile fonte di ambiguit. Consideriamo ad
esempio la seguente scrittura: 200 km. In questo caso, la regola direbbe che il numero
ha solo una cifra signicativa (il 2). Nelle intenzioni di chi ha scritto il numero, tuttavia,
poteva esserci il fatto che quegli zeri erano davvero noti, oppure, come direbbe la regola,
erano semplicemente degli zeri ad indicare la potenza di dieci. In questultimo caso,
il numero avrebbe potuto essere scritto come 2 102 km, mentre nel primo avrebbe
dovuto essere scritto come 2,00 102 km. Come si pu vedere da questultimo esempio,
questa ambiguit viene meno se le misure vengono rappresentate tramite la notazione
scientica.

1.5.2. Arrotondamenti
Supponiamo di avere una torta che, pesata su una bilancia precisa al grammo, risulta
pesare 1,145 kg, e supponiamo di dover trovare quanto pesa 1/3 della torta. Il risultato che la calcolatrice d digitando 1, 145/3 0, 38166667. Tuttavia, sarebbe assurdo
riportare il peso con tutte le 8 cifre dopo la virgola come se fossero tutte signicative:
da dove verrebbe infatti la precisione ulteriore rispetto alla sensibilit della bilancia
di 1 g? Detto in altro modo, riportando il risultato come 0,381 666 67 kg, staremmo
implicitamente aermando che conosciamo il peso di un terzo della torta con una

15

1. Le misure
precisione di 10 g (precisione corrispondente alla cifra 7)! chiara lassurdit di una
tale aermazione. Pertanto, nel riportare il risultato nale necessario arrotondare il
numero che otteniamo dal calcolo in modo da non aumentare o diminuire articiosamente la precisione con cui eettivamente possiamo conoscerlo. Nellesempio in
questione, sar ragionevole limitare il risultato no alla cifra corrispondente ai grammi.
Ci sono delle regole precise per arrotondare il risultato di un calcolo, che non signica
semplicemente troncare il numero alla cifra desiderata (anzi, nel 50% dei casi un
errore). Usualmente, quello che succede che mi trovo davanti ad un numero dato
dalla calcolatrice con molte cifre, e devo riportarlo con il corretto numero di cifre
signicative.8 Il metodo per arrotondare il seguente:
1. decido il numero di cifre signicative a cui devo arrotondare
2. conto le cifre da sinistra verso destra, a partire dalla pi signicativa no al
numero di cifre a cui devo arrotondare, identicando cos la posizione di quella
che sar la cifra meno signicativa
3. devo considerare ora la cifra che segue immediatamente a destra quella meno
signicativa:
a) se inferiore a 5, allora la cifra meno signicativa non va modicata
b) se superiore a 5, la cifra meno signicativa va aumentata di 1
c) se uguale a 5, la cifra meno signicativa va aumentata di 1 solo se pari 9
4. per nire, il numero va troncato alla cifra meno signicativa.
Vediamo alcuni esempi di applicazione di queste regole.
E 1.4: arrotondamenti
N
0,381 666 67
13,453 103
112,297
0,379 995 2
0,5555
8 Vedremo

3
4
5
4
2

0,382
13,45 103
112,30
0,3800
0,56

in seguito le regole per sapere qual il numero di cifre signicative con cui riportare il
risultato di un calcolo.
9 Ricordiamo che lo zero un numero pari.

16

1.5. Errori nelle misure

1.5.3. Cifre significative nel riportare il risultato di calcoli


Torniamo ora alla domanda che ci siamo posti allinizio della sezione 1.5: se ho delle
misure con un dato numero di cifre signicative, con le quali devo svolgere delle operazioni matematiche, come faccio a sapere a quante cifre signicative devo arrotondare il
risultato? Le regole sono le seguenti:
moltiplicazioni e divisioni considero il numero di cifre signicative dei due (o pi)
fattori: il risultato va arrotondato a un numero di cifre signicative pari a quante
ne ha il fattore con il minor numero di cifre signicative
somme e sorazioni in questo caso, si considera il numero di cifre dopo la virgola dei
singoli addendi, e il risultato va arrotondato a un numero di cifre dopo la virgola
pari al termine che ne contiene di meno.
FiXme Note:
aggiungere esempi

FiXme Note: aggiungere esempi

17

Parte II.
Meccanica

FiXme Note:
aggiungere
introduzione

FiXme Note: aggiungere introduzione

21

2. Cinematica
La cinematica si occupa di studiare il moto del punto materiale senza preoccuparsi delle
cause che producono il moto.
Partiamo dal caso pi semplice, che la descrizione del moto di un punto lungo una
retta (cio un moto in una dimensione).

2.1. Le grandezze che descrivono il moto dei corpi


2.1.1. Posizione, spostamento e spazio percorso
Per poter arrivare a scrivere delle equazioni che descrivono il moto del punto, la prima
cosa da fare denirne univocamente la posizione del punto sulla retta. Chiaramente,
per fare questo, necessario ssare un sistema di riferimento, come illustrato in
gura 2.1.
x (ti )
-5

-4

-3

-2

-1

x [m]

F 2.1.: La posizione di un punto

La posizione del punto allistante ti individuata dal vettore in gura, che in pratica
mi rappresenta di quanto mi sono spostato (x (ti ) = 2 m nel caso in gura), in quale
direzione (lungo la retta in questione) e in quale verso (verso destra nel caso in gura,
cio nel verso positivo dellasse x).
Supponiamo ora che il punto passi dalla posizione x (ti ) = 2 m alla posizione x (t f ) =
1 m, come in gura 2.2.
Allora il suo spostamento sar dato dal vettore rappresentato in rosso, che sar
lungo esattamente
x = x (t f ) x (ti )
cio x = 1 m

(2 m) = 3 m.1

importante ricordare che quanto si scrive k, con k una qualsiasi grandezza sica, si intende la
variazione di tale grandezza, cio sempre la dierenza tra il valore di k nale a cui va sottratto il

23

2. Cinematica
x
x (t f )
-5

-4

-3

-2

-1

x (ti )
0

x [m]

F 2.2.: Lo spostamento di un punto

In generale necessario tenere presente che non sempre lo spostamento di un punto


non coincide con lo spazio che ha percorso. Ad esempio, una macchina di formula
uno, nellistante in cui ha terminato un giro di pista, ha compiuto uno spostamento che
uguale a zero, in quanto la sua posizione iniziale e la sua posizione nale sono uguali.
Invece, lo spazio percorso nellintero giro corrisponde allintera lunghezza del tracciato.

2.1.2. Velocit
La velocit pu essere genericamente denita come lo spazio percorso nellunit di
tempo. Tuttavia, basta immaginare un semplice esempio per capire che una denizione
di velocit deve essere pi precisa. Supponiamo di andare da Trieste a Milano, che
distano circa 400 km e di impiegare circa 4 h per il viaggio. Allora la nostra velocit
sarebbe pari a 100 km/h. Ma chiaro che non abbiamo fatto tutto il viaggio andando
a 100 km/h: in ogni istante di tempo la nostra velocit cambiava, come indicato dal
tachimetro. La velocit indicata sopra pu essere denita una velocit media, ma
ancora non basta, perch diverso considerare nel calcolo della velocit lo spazio
percorso e lo spostamento.
Si denisce velocit scalare media la grandezza:
h si =

spazio percorso
t

(2.1)

mentre la velocit vettoriale media come:


=

x (t ) spostamento
=
t
t

(2.2)

Inne, valutare la velocit ad un dato istante, signica sostanzialmente prendere la


velocit vettoriale media e ridurre di molto lintervallo di tempo in cui si valuta la
variazione della posizione (cio lo spostamento). Formalmente, questo si scrive
lim

t!0

x (t ) dx (t )
=
t
dt

valore di k iniziale (esattamente in questordine). Pertanto, il segno di tale variazione estremamente


rilevante e non va omesso per nessun motivo.

24

2.2. Moto di un corpo in una dimensione


Il membro di sinistra nellequazione non altro che il limite di un rapporto incrementale,
cio la derivata della posizione in funzione del tempo, rispetto al tempo. Pertanto, si
denisce velocit istantanea di un corpo:
(t ) =

dx (t )
dt

(2.3)

Dal punto di vista dimensionale, la velocit il rapporto fra una lunghezza e un


tempo, e nel sistema internazionale si esprime in m/s.

2.1.3. Accelerazione
Laccelerazione esprime quanto rapidamente varia la velocit. Ad esempio, alcuni
modelli si auto sono in grado di portare la loro velocit da 0 km/h a 100 km/h (cio
accelerare) in 4,0 s: la variazione di velocit, pari a 100 km/h, avviene in 4,0 s. Pertanto,
si denisce laccelerazione media come:
a =

(2.4)

cio, analogamente alla


mentre laccelerazione istantanea il limite per t ! 0 di a,
velocit:
d (t )
a(t ) =
(2.5)
dt
cio laccelerazione istantanea la derivata della velocit in funzione del tempo, calcolata
rispetto al tempo.
Dal punto di vista dimensionale, laccelerazione il rapporto fra una velocit e un
tempo, cio fra una lunghezza e un tempo al quadrato; nel sistema internazionale si
esprime in m/s2 .

2.2. Moto di un corpo in una dimensione


Il caso pi semplice di moto di un corpo quello in cui questo si muove lungo una
retta, da cui lespressione moto rettilineo o moto in una dimensione. In generale, dal
punto di vista sicomatematico il moto di un corpo descritto interamente dalle
cosiddette equazioni del moto, cio le equazioni che descrivono posizione, velocit e
accelerazione in funzione del tempo:
x (t )
8
>
>
>
< (t )
>
>
>
: a(t )
25

2. Cinematica
In particolare, dalla conoscenza della funzione x (t ), cio della posizione in funzione
del tempo in un dato sistema di riferimento (vedi sezione 2.1.1), posso ricavare la velocit
(t ) (calcolando la derivata di x (t )) e laccelerazione a(t ) (calcolando la derivata di (t )).
La funzione x (t ) chiamata legge oraria.

2.2.1. Il moto reilineo uniforme


Il tipo di moto rettilineo pi semplice quello uniforme in cui la velocit costante,
cio in cui (t ) = c dove c una costante pari alla velocit con cui avviene il moto.
Immaginiamo di avere un simile moto che avviene su un asse come quello rappresentato
nella sezione 2.1.1. Poniamoci ora la domanda: se ho un moto rettilineo uniforme con
velocit c , quanto spazio x avr percorso2 in un intervallo di tempo tra listante ti e
listante t f ? Per rispondere a questa domanda, osserviamo che seguente integrale:
Z tf
t
(t ) dt = [x (t )]tif = x (t f ) x (ti )
(2.6)
ti

d esattamente x (t f ) x (ti ) = x, che la quantit che ci interessa.3


Pertanto, prendiamo ora la legge fondamentale del moto uniforme (t ) =
calcoliamo lintegrale di entrambi i membri4:
Z tf
Z tf
(t ) dt =
c dt
ti

ti

Dallequazione 2.6 sappiamo gi quanto vale il membro di sinistra, ed otteniamo perci:


Z tf
x (t f ) x (ti ) =
c dt
ti

= [ c t]tif
=

c (t f

ti )

Ri-arrangiando i termini dellequazione appena ottenuta possiamo allora scrivere le


equazioni del moto rettilineo uniforme:
2 La

domanda corretta sarebbe di quanto mi sar spostato, ma in questo caso i concetti di spostamento
e spazio percorso sono uguali a meno di un possibile segno negativo dello spostamento dovuto ad un
moto nel verso negativo dellasse su cui avviene il moto.
3 Ricordiamo che
Z b
dF (x )
f (x ) dx = [F (x )]ba
dove
= f (x )
dx
a
La funzione F (x ) detta una primitiva di f (x ). Nel caso specico che stiamo trattando, abbiamo che
dx (t )
dt = (t ), da cui discende immediatamente il risultato dellintegrale.
4 chiaro che se due funzioni sono uguali, anche i loro integrali fra gli stessi estremi saranno uguali.

26

2.2. Moto di un corpo in una dimensione

x (t ) = x (ti ) +
8
>
>
>
< (t ) = c
>
>
>
: a(t ) = 0

c (t

ti )
(2.7)

dove abbiamo chiamato listante di tempo t f con il generico nome t, e abbiamo calcolato
anche laccelerazione che ovviamente, se la velocit costante, sar uguale a zero.5 Per
nire, se per convenzione nel sistema che stiamo studiando abbiamo posto ti = 0 s, le
equazioni 2.7 diventano:
x (t ) = x (0) +
8
>
>
>
< (t ) = c
>
>
>
: a(t ) = 0

ct

(2.8)

2.2.2. Il moto reilineo uniformemente accelerato


Il moto uniformemente accelerato quel moto in cui laccelerazione costante, cio
a(t ) = ac con ac una costante pari allaccelerazione con cui avviene il moto. Similmente
al caso del moto uniforme, chiediamoci: se ho un corpo in moto con accelerazione
costante ac , di quanto cambia la velocit del corpo in un intervallo di tempo tra un
istante ti e un istante t f ? Ricalcando quanto visto sopra, possiamo valutare lintegrale:
Z
d esattamente (t f )
che

tf
ti

a(t ) dt = [ (t )]tif = (t f )

(ti ) =

(ti )

, che la quantit che ci interessa. Otteniamo allora


(t ) = (ti ) + ac (t

ti )

(2.9)

dove come sopra abbiamo chiamato listante t f con il generico nome t. Ora poniamoci
unultima domanda: di quanto si spostato il corpo che si muove con accelerazione
ac , tra listante ti e listante t f ? Sappiamo gi che la risposta a tale domanda data
dallintegrale di (t ) tra ti e t f (che d come visto x (t f ) x (ti )), e pertanto, integrando
5 Essendo

a zero.

che a(t ) =

d (t )
dt ,

se la velocit costante allora la sua derivata, cio laccelerazione, sar pari

27

2. Cinematica
lequazione 2.9, otteniamo
x (t f )

x (ti ) =

=[

tf

[ (ti ) + ac (t

ti
t
(ti )t]tif

= (ti )(t f

ti )] dt

"
!# tf
t2
+ ac
ti t
2
ti
1
ti ) + ac (t f ti ) 2
2

Ri-arrangiando lequazione con le solite convenzioni otteniamo


1
ti ) + ac (t
2

x (t ) = x (ti ) + (ti )(t

ti ) 2

(2.10)

Possiamo allora raccogliere le equazioni del moto uniformemente accelerato:


1
8
>
x
(t
)
=
x
(t
)
+
(t
)(t
t
)
+
ac (t
>
i
i
i
>
>
2
>
<
(t ) = (ti ) + ac (t ti )
>
>
>
>
> a(t ) = a
c
:

ti ) 2
(2.11)

che, se ti = 0 s, si semplicano in:

1
8
>
x (t ) = x (0) + (0)t + ac t 2
>
>
>
2
>
<
(t
)
=
(0)
+
a
t
>
c
>
>
>
> a(t ) = a
c
:

(2.12)

Dallinsieme delle equazioni 2.11 possibile anche ricavare unequazione molto utile
nella soluzione dei problemi, che lega fra loro, accelerazione, velocit e posizione senza
una dipendenza esplicita dal tempo. Dallequazione per (t ) otteniamo infatti
t

ti =

(t )

(ti )
ac

che possiamo sostituire nellequazione per x (t ):


x (t ) = x (ti ) + (ti )

(t )

(ti )
ac

1
+ ac
2

(t )

(ti )
ac

!2

Da questa equazione possiamo esplicitare (t ) ottenendo cos lequazione cercata:


(t ) 2 = (ti ) 2 + 2ac (x (t )

28

x (ti ))

(2.13)

2.3. Moto di un corpo in due dimensioni


Letta in un altro modo, tale equazione ci dice che
(t ) 2
2ac

(ti ) 2

= x (t )

x (ti )

cio che un corpo in moto uniformemente accelerato con accelerazione ac , tra un istante
2
2
ti e un istante t compie uno spostamento pari a (t ) 2ac (ti ) .

2.3. Moto di un corpo in due dimensioni


Prima di poter descrivere il moto di un corpo in due dimensioni occorre introdurre il
concetto di vettore.

2.3.1. Posizione, velocit e accelerazione


chiaro che se devo identicare la posizione di un corpo nel piano, non mi basta un
numero con unit di misura. Pi precisamente, per poter denire univocamente la mia
posizione ho bisogno di ssare un sistema di riferimento cartesiano, e di specicare le
coordinate della posizione in tale sistema di riferimento.

A(x a ;

a)

~r
O

rx

F 2.3.: Definire la posizione di un punto nel piano

Come indicato in gura 2.3, il punto A di coordinate (rx , r ) individuato univocamente dal vettore ~r , che caratterizzato da tre propriet:

29

2. Cinematica
modulo la lunghezza del vettore, che si indica con |~r | o semplicemente
a e pu
q
2
2
facilmente essere calcolata con il teorema di Pitagora: |~r | = rx + r ;
direzione langolo in gura 2.3, cio langolo che forma la retta su cui giace il
vettore rispetto alla direzione positiva dellasse delle ascisse;
verso indicato dalla punta del vettore.
Il punto O in gura 2.3, chiamato punto di applicazione del vettore ~r e in questo
caso coincide con lorigine degli assi. Tuttavia, il punto di applicazione pu essere un
punto qualsiasi nel piano. Bisogna tenere presente che, quando si descrive il moto di
un punto nel piano, in generale ho che ~r una funzione del tempo, cio
~r = ~r (t )
Come mostrato in gura 2.3, il vettore ~r univocamente denito dalle sue componenti rx e r , che non sono altro che le proiezioni di ~r lungo gli assi cartesiani. A
partire dalla conoscenza di |~r | e di , possibile ricavare le componenti del vettore dalle
semplici relazioni trigonometriche:
(
rx = r cos
r = r sin
Un vettore si pu rappresentare anche tramite i versori degli assi cartesiani:
~r = rx i + r j
La gura 2.4 mostra come denito lo spostamento ~r di un punto nel piano, cio,
analogamente al caso unidimensionale:
~r = ~r (t f )

~r (ti )

Il punto di applicazione del vettore ~r il punto iniziale ~r (ti ) La velocit vettoriale


media si denisce, di nuovo in analogia con il caso unidimensionale, come:
~m =

~r (t f )
tf

~r (ti )
~r
=
ti
t

Anche nel caso del moto in due dimensioni, la velocit scalare media denita
dallequazione 2.1, ed pertanto uno scalare con segno sempre positivo. Lo spazio
percorso, nel caso del moto rappresentato in gura 2.4, corrisponde alla lunghezza della
linea tratteggiata compresa tra A e B, mentre lo spostamento corrisponde al vettore ~r .
La velocit istantanea si denisce come
~r
~ = lim
t!0 t
e da questa denizione chiaro che il vettore velocit diretto come il vettore spostamento ed ha il suo stesso verso.

30

2.3. Moto di un corpo in due dimensioni

~r
~r (t f )
A
~r (ti )
O

F 2.4.: Lo spostamento di un punto nel piano

31

3. Dinamica

33

4. Lavoro ed energia
Senza inoltrarci in denizioni astratte di energia, partiamo dallaermare che lenergia
semplicemente una grandezza sica che misura la capacit di un sistema di compiere
del lavoro.

4.1. Energia cinetica


Lenergia intuitivamente pi immediata da comprendere quella che si chiama energia
cinetica, che lenergia posseduta da una massa m in moto con velocit ~ , ed denita
come
1
EK = m 2
energia cinetica
(4.1)
2

4.2. Il lavoro
Consideriamo ora una massa m che viene trascinata su un piano senza attrito da una
~ come mostrato in gura 4.1.
forza F~ per un tratto d,
F~
m

Fx

d~

F 4.1.: Il lavoro fao da una forza F~

F~:

Scriviamo prima di tutto la seconda legge di Newton per la componente x della forza

Fx
m
mentre nella direzione supponiamo che non vi sia alcuno spostamento (supponiamo
cio che F sia pi piccola di P = m ). Scriviamo poi la legge che regola il moto
uniformemente accelerato della massa m:
da cui

Fx = ma

2
f

2
f

a=

+ 2ad

35

4. Lavoro ed energia
Sostituendo laccelerazione trovata sopra in questultima equazione e riarrangiando i
termini troviamo che:
1 2 1 2
m
m = Fx d
(4.2)
2 f 2 i
~ Pi
La quantit Fx d chiamata lavoro compiuto dalla forza F~ lungo lo spostamento d.
in generale, il lavoro compiuto da una qualsiasi forza costante F~ che agisce per un tratto
d~ dato da
L = F~ d~ = Fd cos
lavoro di una forza
(4.3)

dove il simbolo denota il prodotto scalare dei due vettori e rappresenta langolo tra
~ La gura 4.2 mostra geometricamente come il lavoro corrisponda alla prodotto
F~ e d.
della proiezione della forza nella direzione dello spostamento (F cos ) e del modulo
dello spostamento stesso (d).

F~

d~
Fx = F cos

F 4.2.: Il lavoro fao da una forza F~

Riprendiamo ora lequazione 4.2 e notiamo che al membro di sinistra abbiamo la


1
2
variazione di energia cinetica Ek = 12 m 2f
2 m i . Questo risultato un teorema
generale che va sotto il nome di teorema dellenergia cinetica, e si esprime in generale
come:
Ek = L
(4.4)
dove Ek la variazione di energia cinetica e L il lavoro compiuto dalla risultante
delle forze sul corpo.1

1 Nella

risultante delle forze vanno incluse tutte le forze che agiscono sul corpo, incluse eventualmente
forze di attrito.

36

Parte III.
Statica e dinamica dei fluidi

5. Il principio di Pascal

39

6. La legge di Stevino

41

7. Il teorema di Bernoulli

43

8. Fluidi reali
8.1. La viscosit
8.2. La legge di Stokes

45

Parte IV.
Termodinamica

9. La termometria

49

10. Calorimetria

51

11. Teoria cinetica dei gas


FiXme Note:
aggiungere cenni di
sica statistica per
capire il concetto di
energia interna di un
gas

11.1. Calori specifici dei gas


11.1.1. Calore specifico a volume costante
Suppongo di fornire calore Q ad un gas mantenendo costante il suo volume. Allora
avr una variazione di temperatura e di pressione fatta cos:
p !p+ p

T !T + T

Dallequazione fondamentale della calorimetria abbiamo che:


Q = nCV T

FiXme Note: insert


reference

(11.1)

e sappiamo che per una trasformazione isocora E int = Q, dato che L = 0. Per un gas
perfetto monoatomico, sappiamo che E int = 32 nRT per cui anche
3
E int = nR T
2

(11.2)

Mettendo insieme le equazioni 11.1 e 11.2, otteniamo che


3
CV = R
2

per un gas perfetto monoatomico.

(11.3)

In generale, per un qualsiasi gas perfetto e per qualsiasi trasformazione, potremo


pertanto scrivere che E int = nCV T e perci che
E int = nCV T

(11.4)

scegliendo opportunamente il CV relativo al gas in questione (monoatomico, biatomico,


. . . ), e ricordando che la temperatura va espressa in gradi kelvin.

53

11. Teoria cinetica dei gas

11.1.2. Calore specifico a pressione costante


Fornendo calore Q a un gas mantenuto a pressione costante, abbiamo che Q = nCp T
e, dalle propriet della trasformazione isobara, sappiamo che E int = Q + L. Se la
trasformazione isobara, avremo anche che L = p V = nR T . Usando anche
lequazione 11.4, possiamo allora scrivere:
nCV T = nCp T

nR T

da cui, semplicando, ricaviamo:


CV = Cp

relazione di Mayer

(11.5)

chiamata appunto relazione di Mayer. Da questa relazione si deduce anche che Cp


sempre superiore a CV .

54

12. Trasformazioni termodinamiche


12.1. Riassunto delle trasformazioni termodinamiche
12.1.1. Isocora
Il volume rimane costante, e pertanto L = 0. Ho che Q = nCV T e che E int = Q. La
pressione e la temperatura sono legate dalla legge di Gay-Lussac, secondo la quale
p/T = costante o p / T .

12.1.2. Isobara
La pressione rimane costante e pertanto
L amb = p(Vf

Vi ) = nR(Tf

Ti )

Inoltre E int = Q + L, e Q = nCp T da cui


nCV T = nCp T
= nCp T

nR T
p V

La relazione che lega le variazioni di temperatura a quelle di volume la legge di


Charles, secondo la quale V /T = costante o V / T .

12.1.3. Isoterma
Se la temperatura costante, allora E int = 0. Pertanto, dal primo principio possiamo
dire che Q = L amb . Il lavoro pu essere facilmente calcolato come
Z Vf
L amb =
p dV
Vi

ottenendo

!
Vf
L amb = nRT ln
Vi
La legge di Boyle mette in relazione le variazioni di pressione con quelle di volume:
pV = costante.

55

12. Trasformazioni termodinamiche

12.1.4. Adiabatica
Per denizione ho Q = 0 e quindi E int = L amb . Pressione, volume e temperatura sono
legati dalle relazioni:
pV = costante
TV

56

= costante

13. Il secondo principio della


termodinamica
13.1. Macchine termiche
Una macchina termica un sistema che assorbe calore da una sorgente calda e ne
trasforma una parte in lavoro, cedendo la restante parte a un termostato pi freddo.
Indichiamo con |Qc | il calore assorbito dal termostato caldo, con |Q f | il calore ceduto a
quello pi freddo, e con L m il lavoro prodotto dalla macchina termica. Allora avremo
che
E int = Q L m
dove Q = |Qc | |Q f | il calore scambiato dalla macchina. La macchina termica lavora
in un ciclo e pertanto abbiamo che E int = 0. Quindi
Q = L m = |Qc |

(13.1)

|Q f |

Si denisce rendimento di una macchina termica


=
Si noti che 0 <

< 1.

|Qc | |Q f |
Lm
=
=1
|Qc |
|Qc |

|Q f |
|Qc |

(13.2)

13.2. Il secondo principio della termodinamica


13.3. La pompa di calore
E se volessimo trasferire calore da un corpo pi freddo a uno pi caldo? un processo
non spontaneo, quindi mi costa. Diciamo che voglio togliere ciclicamente calore |Q f |
dal termostato pi freddo e cedere calore |Q c | al termostato pi caldo. Per il secondo
principio, in un ciclo ho che 0 = Q L amb , dove Q il calore fornito alla macchina. Avr
perci che Q = |Q f | |Q c | < 0 in quanto al netto la macchina cede calore. Pertanto,
L amb = |Q c | |Q f | > 0 in quanto il lavoro fatto dallambiente sulla macchina deve essere
positivo. Analogamente al rendimento, nel caso di una pompa di calore che assorbe

57

13. Il secondo principio della termodinamica


calore da un termostato freddo (e.g. un condizionatore), si denisce il coecient of
performance:
|Q f |
COP (rareddamento) =
L amb
Nel caso di una pompa di calore che cede calore a un termostato caldo invece si denisce
analogamente:
|Q c |
COP (riscaldamento) =
L amb

13.4. La macchina di Carnot


Tra il 1820 e il 1840, Nicolas Lonard Sadi Carnot ha proposto un ciclo termodinamico
che ha dimostrato essere il ciclo pi eciente in assoluto operante tra due termostati
a temperature Tc e Tf . Il ciclo di Carnot rappresentato nel piano di Clapeyron in
gura 13.1.
p
A
Tc
B
D
Tf

C
V

F 13.1.: Il ciclo di Carnot

Vediamo le singole trasformazioni che avvengono durante questo ciclo:


A ! B il gas compie una espansione isoterma a temperatura Tc , assorbendo calore
|Q c | dal termostato caldo, compiendo pertanto una uguale quantit di lavoro (dato
che E int = 0);
B ! C il gas compie una espansione adiabatica, in cui non cede calore verso i termostati e la sua temperatura diminuisce da Tc a Tf , compiendo un lavoro pari
allopposto della variazione di energia interna (che negativa);

58

13.4. La macchina di Carnot


C ! D il gas viene sottoposto ad una compressione isoterma, in cui cede calore |Q f |
al termostato freddo, compiendo sempre una uguale quantit di lavoro;
D ! A per tornare allo stato iniziale il gas sottoposto ad una compressione adiabatica,in cui non cede calore verso i termostati e la sua temperatura aumenta
da Tf a Tc , compiendo nuovamente un lavoro pari allopposto della variazione di
energia interna (che in questo caso positiva);
Per il ciclo nella sua interezza, chiaro che E int = 0 e che pertanto
Q + L amb = Q
dove Q = |Q c |

L gas = 0

|Q f |. Il rendimento di una macchina, come noto, dato da


=

L gas |Q c | |Q f |
=
=1
|Q c |
|Q c |

|Q f |
|Q c |

(13.3)

e ora dimostreremo che tale rendimento, nel caso della macchina di Carnot, pari a:
c

=1

Tf
Tc

rendimento della macchina di Carnot

(13.4)

13.4.1. Calcolo del rendimento della macchina di Carnot


Calcoliamo innanzituo i calori scambiati nelle due isoterme. Nel trao A ! B, ho che
!
VB
(g)
|Q c | = L AB = nRTc ln
(13.5)
VA
mentre nel trao C ! D ho che
(g)
LC D

|Q f | =

!
!
VD
VC
= nRTc ln
= nRTc ln
VC
VD

(13.6)

dove con L(g) abbiamo indicato il lavoro fao dal gas nelle rispeive trasformazioni. Il rapporto
fra le equazioni 13.5 e 13.6 ci d:
!
VC
ln
VD
|Q f | Tf
!
=
(13.7)
|Q c | Tc
VB
ln
VA
Consideriamo ora le due adiabatiche, dove possiamo scrivere che:
TcVB

= TfVC

TcVA

= TfVD

(13.8)

59

13. Il secondo principio della termodinamica


Facendo il rapporto fra le due equazioni 13.8, oeniamo
VB
VA

VC
=
VD

VB VC
=
VA VD

(13.9)

Considerando quanto appena oenuto nellequazione 13.9, dallequazione 13.7 si vede immediatamente che i due logaritmi sono uguali e che pertanto
|Q f | Tf
=
|Q c | Tc

(13.10)

Inserendo questa relazione nel rendimento dato dallequazione 13.3, oeniamo immediatamente
la 13.4.

13.5. Lentropia
FiXme Note: Todo

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