Complessità delle logiche perseguite da Bismarck (diverse da quelle che porteranno alle
due guerre).
1866: guerra contro l’Austria. Sadowa in cui l’Austria viene sconfitta dalla Prussia.
L’Austria perde il Lombardo-Veneto
INORIENTAMENTO
via possibile verso il mare (interessante per l’Austria ma anche per la Russia, madre del
panslavismo: unità culturale di tutti i popoli slavi)
1856: fine della guerra di Crimea, sconfitta russa, la flotta russa è costretta nel Mar Nero.
Per uscire ha bisogno dei Dardanelli, e dunque di Costantinopoli. Guardando l’impero
Ottomano al tramonto, la Russia vede un’occasione di “rimettere la croce su Santa Sofia”.
L’Inghilterra è la vera padrona del Mediterraneo e può decidere di disporre la propria flotta
sugli stretti e costringere la Russia nel Mar Nero.
-> possibile contrasto anglo-russo qui e anche sul campo del “grande gioco”: Persia,
con possibilità che i russi possano un giorno arrivare in India. Andirivieni di esploratori
russi e inglesi che mappano le alture dell’Afghanistan per preparare un eventuale scontro.
I Russi puntano all’India sia di per se (ricchezza) e sia per distrarre eventualmente gli
inglesi dagli stretti.
La Russia dunque cerca di animare le rivolte all’interno dell’Impero Ottomano (per poi
poterle, formalmente o meno, appoggiare).
LIBRO: IL PONTE SULLA LINDA
Gli inglesi sono convinti invece che il “grande malato” ottomano debba stare in piedi
(debole e condizionabile): continuare a esercitare quel controllo sugli stretti. (Politica dello
splendido isolamento: mantenere un forte controllo sul Mediterraneo senza nessun
alleanza, e dunque, vincolo continentale).
L’Austria-Ungheria deve evitare che nei Balcani affiori una sorta di “Piemonte”, cioè
qualcuno che per, appoggiato dalla Russia, si faccia portavoce delle istanze
indipendentiste slave -> la Serbia può cominciare a diventare un problema.
Quando una casa regnante è debole, deve necessariamente fare riferimento a qualcuno di
esterno: Austria-Ungheria che fa delle Serbia un proprio “protettorato”.
La Germania, dopo Sedowa e dopo Sedan, esce come “un paese totalmente soddisfatto
(Bismarck)”: senza alcuna mira egemonica o territoriale.
- Dopo aver sconfitto l'Austria (nemico di Sedowa) la Prussia non cerca espansioni
territoriali, ma una solida alleanza che durerà fino alla prima guerra. No-revancismo
Le logiche di Bismarck sono tutte volte a preservare la pace:
- Germania sarebbe certamente coinvolta
- Accerchiamento: Francia insoddisfatta da ovest / Russia da est
Quando Bismarck riesce a trovare una chiave di possibile mantenimento della pace, si
appella a un’alleanza conservatrice tra i 3 grandi imperatori (Kaiser tedesco, Imperatore
austriaco, Zar russo) scottati peraltro dalla rivoluzione francese e dai moti del ’48 quando
nei Balcani si profilano nuovi disordini.
La Francia, dopo la sconfitta di Sedan e la fine dei gloriosi giorni di Parigi, ha invece visto
sottrarsi l’Alsazia-Lorenza -> revancismo
La Francia si sente anche isolata, avendola l’Italia abbandonata dopo la causa
irredentista.
Cerca la possibilità di rivincita contro la Germania
Ha come orientamento la possibilità di rimettere piede in Alsazia Lorenza.
1873:
rivolta nei Balcani di Serbia e Montenegro e poi Bosnia-Erzegovina contro il potere
centrale ottomano (non più disposto a concedere ulteriori autonomie).
Bismarck deve garantirsi che vi sia costante dialogo tra Russia e Austria-Ungheria
(accordo preventivo) e si nomina ad “arbitro”.
Bismarck vuole mantenere un saldo legame anche con la Russia per evitare che questa
possa allearsi con la Francia permettendole di effettuare i propri disegni di revance
(l’accordo con la Gran Bretagna è impossibile perché quest’ultima non cerca alleanze
continentali, e perché comincia a profilarsi la competizione coloniale vd. Fascioda).
-> Primo sistema bismarckiano: congresso di Berlino per risolvere la questione balcanica
con una risposta negoziata.
1876 i Russi sono intervenuti contro l’Impero Ottomano a difesa della Serbia (dopo
essersi accordati con l’Austria-Ungheria -> nell’accordo di Reichstadt: interessati tra
l’altro alla Bosnia, entroterra della Dalmazia).
La Russia, con la modifica dello status quo, vorrebbe riacquistare i territori persi con la
Pace di Parigi del 1856 e una modifica dei trattati relativi agli stretti (che costringono la
flotta russa al Mar Nero -> accordo del 1871: il sultano può decidere di far aprire o
chiudere gli stretti vd. Accordi di Londra sugli stretti): fondamentale aumentare la propria
influenza nell’area.
La Russia deve confrontarsi con problemi di stabilità interna, a cui cerca di rispondere
con l’impegno esterno (in realtà, essendo un costo sulle casse dello Stato, diviene un
ulteriore elemento di instabilità).
Formazione di una Grande Bulgaria (sarebbe un vassallo degli interessi russi sui Balcani)
concepita dai russi in chiave di espansione: i confini dal Danubio all’Egeo consentirebbero
alla Russia un’apertura verso l’Egeo e il Mediterraneo.
Bosnia ed Erzegovina ottengono l’autonomia (Austria estromessa dai Balcani) ->
contrarietà Austriaca
troppo potere ai Russi, alterati gli equilibri continentali -> contrarietà britannica
Bismarck vede nella Pace di Santo Stefano la possibilità di rottura dell’accordo stipulato
con la Lega dei 3 imperatori (Austria =/= Russia): con il Congresso di Berlino si vuole
ridimensionare le acquisizioni russe e riformulare gli accordi precedenti.
Molteplici pressioni delle grandi potenze per arrivare a un tavolo delle trattative:
Compensi:
territori periferici ottomani da spartitre pur mantenendo in piedi l’impero.
Tunisia (territorio ottomano). Primo flusso migratorio di Italiani verso la Tunisia (colonia di
fatto).
Dopo il Congresso di Berlino si riaccende la conflittualità Francia-Italia (i francesi si erano
sentiti traditi dal 1870 sulla questione papale): a Berlino gli italiani arrivano con il delegato
Corti che attua la politica delle “mani nette” (timore di fare il passo più lungo della gamba,
nel momento in cui l’Italia si sta affacciando alla politica internazionale) riguardo la
possibilità di prendere la Tunisia (già popolata da coloni italiani). La Tunisia è interessante
anche per la Francia che cerca un’espansione Nord-occidentale dell'Africa.
Politica prudente (non accetta la Tunisia) influenzata in realtà dal sogno irredentista: si
pensa che dopo aver mandato via l’Austria nel ’66, e con l'inorientamento austriaco (con il
Congresso di Berlino, l’Austria acquisisce diritti di occupazione e amministrazione di
Bosnia Erzegovina) si sarebbe potuti arrivare alla liberazione delle terre irredente (Trento e
Trieste).
- Austria e Inghilterra non vogliono la Grande Bulgaria, quindi viene divisa: Rumeria +
Bulgaria (settentrionale)
- Indipendenza per la Serbia e il Montenegro e la Romania
- Romania cede la Bessarabia alla Russia (che la Russia aveva perso con la guerra di
Crimea), si prende la Dobrugia
- Austria-Ungheria ottiene l’amministrazione sulla Bosnia-Erzegovina
- L’Austria mantiene il controllo miliare, cioè può mantenere delle truppe
nel Sangiaccato* (Stato cuscinetto che divide la Serbia dal Montenegro; sovranità
Ottomana, controllo austriaco) per meglio controllare la Bosnia e impedendo alla Serbia di
unirsi al Montenegro e dunque lo sbocco sul mare.
ISOLAMENTO ITALIANO
Bismarck non vuole l’alleanza con l’Italia se non a condizione che essa cessi le proprie
mire irredentiste (l’alleanza passa per Vienna).
L’isolamento italiano 1880-1881 porta l’Italia a rimanere a mani vuote e senza alleati.
-> politica estera italiana dovrà tenere conto di queste istanze (compresa quella coloniale)
cercando di uscire dall’isolamento.
Il contrasto con la Francia non è più mosso solamente dal tradimento del 1870, ma anche
dal conflitto nella corsa coloniale -> cercare alleanza con Germania (che spegne però le
speranze irredentiste legate al Trentino).
Bismarck è pronto a raccogliere le istanze italiane (Italia accolta insieme agli imperi
centrali):
- l’Austria non teme attacchi sul fronte meridionale
- mantenimento dell’isolamento francese
Importante anche mantenere l’alleanza russa (il vero pericolo per la Germania)
La prima stipula della Triplice Alleanza ha la cosiddetta Clausola Mancini: ministro degli
Esteri italiano. L’Italia chiede che nell’accordo non possa essere considerata contro la
Gran Bretagna, consapevole di non poter sfidare il monopolio navale inglese nel
Mediterraneo.
Bismarck e Vienna non ha ragioni di conflittualità con Londra: interesse comune nel
mantenimento dell’impero Ottomano
Accordo difensivo
Uscita Italia dall’isolamento
Isola maggiormente la Francia
Fine dell’opzione irredentismo
Clausola mancini
17.10.08 Storia delle Relazioni Internazionali
Primo sistema bismarckiano: equilibrio che si forma in Europa dopo il Congresso di
Berlino e dopo il primo blocco di alleanza (Triplice Alleanza).
Princìpio: l’equilibrio deve tenere tranquilli i fronti che preoccupano Bismarck e la pace in
Europa.
Il Reich è potenza soddisfatta e non in espansione.
Per mantenere l’equilibrio nei Balcani, è necessario accordare Austria e Russia (accordo
con Austria e Italia: antifrancese. Accordo a due con Austria: difesa in caso di attacco
della Russia).
La Lega dei Tre Imperatori: Bismarck cerca di tenere vivo l’approccio dinastico di
Germania, Austria e Russia
Trattato con i principe Milan Obrenovic 1881: la Serbia diviene un protettorato austriaco
(non trattati commerciali con altri paesi senza l’accordo con l’Austria) dopo la delusione
della guerra Balcanica.
L’appoggio dell’Austria-Ungheria permette di validare l’istituzione della monarchia. Gli
austriaci garantiscono anche un futuro sviluppo in caso di eventuale modifica dello status
quo.
GUERRA SERBIA-BULGARIA
FRANCIA
Problema francese:
dopo il periodo di crisi costante, con l’ascesa del colonialismo francese (ruolo di primo
piano) Bismarck vede la capacità di distrarre altrove il fermento francese.
Idea di Bismarck: distrarre la Francia e isolarla: impossibile alleanza con l’Inghilterra
(conflitto coloniale), con l’Italia (dal 1882 con gli Imperi Centrali) e con la Russia
(avvicinata da Bismarck).
Generale boulanger: riprendono posizione i revanscisti (Boulangismo), fonte di grande
preoccupazione per il sistema Bismarckiano -> traballa sia a Est che a Ovest.
ITALIA
-> l’Italia può trarre vantaggio dalla situazione. Fino ad ora per l’Italia aveva ottenuto dalla
Triplice Alleanza solamente l’uscita dall’isolamento e una garanzia difensiva.
Sempre più voci interne credono che l’Italia debba darsi un ruolo (no alla prudenza):
guardando verso i Balcani e vero il Mediterraneo:
Interesse verso l’Albania (chi la controlla, controlla l’accesso all’Adriatico tramite il canale
di Otranto).
Vorrebbe che l’interesse Balcanico venisse riconosciuto (non era successo nella prima
stesura della Triplice).
L’Austria vuole un fronte meridionale tranquillo per non doversi preoccupare
dell’eventuale problema di lottare su due fronti.
Vocazione mediterranea smentita nell’81 dal trattato del Bardo (perde l’Albania).
Africa Orientale:
l’interesse italiano si sposta, con il consenso inglese e in contrasto con la Francia
(sospetto rispetto al Mediterraneo e verso l’avvicinamento agli imperi centrali), verso il
Mar Rosso
Porto di Massaua: controllo italiano senza controllare l'entroterra
prima stesura 1882 (durata 5 anni poi può essere rinegoziata) -> l’Italia sa di essere
partner più necessario:
- istanza balcanica
- istanza mediterranea
L’Austria-Ungheria deve accettare (sollecitata da Bismarck) di riconoscere il principio dei
compensi (in caso di modifica dello status quo). No al Trentino, Bosnia e Sangiaccato.
L’Austria tuttavia continua a non considerare l’Italia un partner con pari diritti nella contesa
balcanica.
La Germania garantisce il proprio sostegno in caso di attacco italiano alla Francia: qualora
l’Italia ritenesse di dover affrontare la Francia nel Mediterraneo o in territorio continentale
perché la Francia avesse dimostrato di voler modificato lo status quo in Marocco o in
Tripolitania o Cirenaica.
-> rinnovo più aggressivo rispetto alla Francia.
L’Italia sarebbe intervenuta al fianco della Germania qualora la Francia avesse attaccato la
Germania non provocata (prima stesura)
C’è anche una convenzione militare con degli effetti indiretti: pur tenuti al segreto,
l’accordo ha una funzione deterrente nei confronti della Francia.
Tra Francia e Italia:
- è in corso anche una guerra commerciale basata sui dazi (a scapito maggiore dell’Italia,
più debole economicamente)
- timore di un riproporsi della questione papale
- sfida nel Mediterraneo (volontà di vedersi riconosciute le ambizioni in Tripolitania e
Cirenaica)
Non c’è bisogno di rinnovare la Clausola Mancini perché Roma, Germania e Vienna non
hanno ragioni di contrasto contro Londra: Italia per le ambizioni coloniali, Germania e
Austria per tenere a bada la Russia.
-> Agreement con l’Inghilterra: accordo tra Italia e Inghilterra (Accordi Mediterranei: l’Italia
mette un altro tassello verso l’avanzata in Tripolitana-Cirenaica). Consultazioni qualora vi
fossero state modifiche dello status quo in Egitto, Tripolitania, Cirenaica o Marocco.
Nel 1890 Bismarck è costretto alle dimissioni dal successore dal nuovo imperatore
Kaiser Guglielmo II: avalla una politica presente a Berlino secondo cui la Germania non si
sarebbe dovuta fermare a un ruolo di arbitro. Consideravano troppo prudente la politica
estera tedesca.
Sistema Bismarckiano:
Triplice (Austria, Italia)
Duplice con Austria
Trattato di controassicurazione con la Russia
-> deterrenza verso le intenzioni aggressive sia della Russia che dell’Austria.
1890: dimissioni di Bismarck dopo una breve convivenza con il nuovo Kaiser Guglielmo
1888 (poco propenso a convincere la politica dell’equilibrio di Bismarck).
La politica tedesca diventa più sicura di se, forte anche dell’acquisito primato industriale
sul continente europeo.
Amm. Von Tirpitz, basandosi anche sulle tesi di Mann (teorico della strategia): il primato di
una potenza si valuta sul valore della propria flotta -> sviluppo della flotta, in opposizione
futura con l'Inghilterra
ITALIA
-> L’Italia è molto in difficoltà quando la Triplice trova un orientamento non più
filobritannico
L’Italia, Crispi in primis, aveva sacrificato le sue istanze irredentiste in favore di una
politica coloniale mediterranea, che però richiedeva necessariamente l’appoggio inglese.
La triplice era legata maggiormente agli equilibri continentali, mentre per gli interventi
coloniali dovevano essere considerate anche altre potenze.
Roudini (primi anni ’90) cerca un accordo con la Francia, ma la Francia chiede di vedere il
contenuto segreto della Triplice Alleanza. Pur francofilo, Ruolini riconoscere l'obbligo di
rimanere nella Triplice per non cadere in un pericoloso isolamento.
La Francia fa leva sulla questione dello status degli italiani in Tunisia, sanzioni commerciali
e le questioni coloniali per fare pressione sull’Italia in modo da farla trovare tra l’incudine e
il martello.
MAR ROSSO
Gli Italiani si insediano in una zona dell’Africa orientale che non tocca gli interessi delle
altre potenze, ma qualora si fosse espansa verso l’intero avrebbe incrociato la reazione
degli inglese e dei francesi.
Gli inglesi si dimostrano in realtà molto aperti verso l’ingresso italiano in Africa, addirittura
gli italiani erano stati rimproverati di non aver partecipato alla campagna britannica in
Egitto (difficoltosa in particolare a partire dalla rivolta mahdista che minacciava l’Egitto).
Dal 1875 gli inglesi avevano acquisito la maggioranza delle azioni del canale di Suez,
fondamentale per loro per raggiungere le colonie in Asia. L’Egitto, oltre a Suez,
rappresenta una fonte di enorme interesse lungo il Nilo (linea verticale dal Cairo al Capo)
=/= contrapposizione con l’espansione francese ovest-est
-> Controllo delle vie d'acqua (Fiume Nilo, Lago Tana) fondamentale per il controllo di
un’area, per la sopravvivenza di una colonia e per comprendere dunque le dinamiche
coloniali.
L'Italia ha una duplice strategia coloniale (appoggiata da Crispi, convinto che il destino
italiano sia sul mediterraneo):
- Strategia di lungo periodo tesa a preparare il terreno per la successiva spedizione in
Cirenaica e Tripolitania (1911)
- Strategia di allargamento nell’Africa Orientale*
*Gli italiani cominciano ad avere a che fare con le popolazioni locali e provano a stipulare
una serie di accordi per creare un protettorato di fatto:
Trattato di Uccialli (1889): consente agli italiani di porre le basi per un protettorato di fatto
abissino, benché il trattato stesso venga disconosciuto più tardi dallo stesso firmatario
Menelik.
La vera difficoltà è scendere verso l’Etiopia: scontri con le popolazioni locali, appoggiate
dai francesi in aperta ostilità e contrari alla presenza italiana nella regione (in opposizione
con la loro direttrice espansiva).
La vera tragedia è rappresentata dalla Sconfitta di Adua (1896): totale ridimensionamento
militare e politico, nelle ambizioni italiane nella regione (ogni sconfitta subita da una
potenza occidentale da parte degli indigeni è considerata drammatica) -> caduta di Crispi
(politica di deciso espansionismo in Africa).
-> ridimensionare la propria politica
Assedio di Khartum: altra sconfitta importante per delle truppe bianche armate fino ai
denti: tentativo britannico di gestire la rivolta del Mahdi.
Costerà la vita anche al gen. Gordon: fautore del pieno controllo del Sudan Mahdista (per
garantire consecutivamente la stabilità del controllo in Egitto, alterando tutto il disegno
inglese).
-> necessità di riconquistare il Sudan, proprio com’era nelle intenzioni di Gordon (=/=
volontà politica di Gladston) per limitare il potere del Mahdi e necessità altresì di
riconquistare l’immagine.
-> francesi abili a riconoscere il bisogno russo: la Russia ha finanze in difficoltà -> ingente
prestito dalla Francia (che dispone di grandi finanze)
Inizialmente un blando accordo politico
Prima manifestazione pubblica: flotta russa a Tolone (indignazione cancellerie europee)
Inizialmente accordo di massima in cui i due paesi si schierano con obbligo di reciproche
consultazioni in caso di attacchi. Quindi:
Convenzione militare 1894: ratificata tra Francia e Russia in due punti fondamentali:
- Francia obbligata ad intervenire in difesa della Russia se questa fosse attaccata
dall’Austria con appoggio della Germania; Russia obbligata ad intervenire qualora la
Francia fosse attaccata dalla Germania.
- mobilitazione (es. spostamento degli eserciti verso la frontiera, chiamate alla leva) come
chiaro segnale di guerra, in particolare in un momento in cui gli spostamenti sono molto
lenti.
-> convenzione militare molto più dettagliata della Triplice:
Lo Zar vorrebbe mantenere l’accordo segreto (come la triplice) e che riguardasse i soli
vertiti, ma in Francia (repubblica) un accordo di alleanza doveva essere necessariamente
discusso anche in sede parlamentare.
La convenzione militare invece può accontentare la volontà di segretezza dello Zar.
La mobilitazione russa converge direttamente verso la frontiera (confinante con Austria-
Ungheria e Germania)
-> Polarizzazione (delle alleanze): primo esito della fine della politica bismarckiana
destinata a diventare definitiva quando verranno meno le ragioni del disaccordo perdurato
fino ad allora tra Francia e Gran Bretagna, ovvero le ragioni coloniali.
Gli inglesi sono per ora in realtà molto più vicini alla Triplice Alleanza di quanto non siano
all’accordo franco-russo: le divergenze di intenti con i francesi si sono palesate già una
volta nell’estremo oriente (Siam) dove i francesi stanno portando avanti una politica di
espansione a cui cederanno alla fine gli inglesi, a differenza di quanto non faranno nel
1898 con la crisi di Fascioda.
Le divergenze sono tali da poter considerare come potenziale il conflitto anglo-francese.
-> la Germania si sente più sicura ed è convinta ancora di essere l’ago della bilancia, pur
essendo in pessimi rapporti con la Gran Bretagna.
La politica tedesca pensa che gli inglesi saranno portati a chiedere un’alleanza in funzione
anti-russa e anti-francese.
La politica inglese invece è tramite singoli accordi con singoli paesi, al bisogno, che cerca
di affermare le proprie alleanze. Vuole evitare a monte tutte le divergenze e i
fraintendimenti che invece cominciano a deteriorare sempre più un accordo come quello
della Triplice:
L’Italia per esempio vede nella Triplice sempre meno riconosciuti i propri interessi
(coloniali), ma l’Italia non ha alternativa essendo troppo debole.
Sempre più la weltpolictik* (politica mondiale) tedesca porterà l’Italia ad essere divisa tra
l’Inghilterra e la Triplice.
*La Germania improvvisamente vuole avere voce in capitolo nelle questioni estere (es.
Transvaal).
Convinzioni derivate dalla percezione di se che la Germania aveva, sfruttata per
aumentare l’ostilità nei confronti (A) dell’Inghilterra (lo splendido isolamento inglese non è
più percepito come tale) che invece si aspettava di trovare un possibile avvicinamento e
(B) della Francia.
La Francia non è nelle condizioni di poter affrontare uno scontro militare nei territori
coloniali, anche perché sconvolta internamente dall’Affaire Dreyfus (J’accuse di Emil Zola)
e perché i Russi non sono tenuti a intervenire non essendo coinvolta la Germania.
-> 1898: la Francia rinuncia e cerca un accordo inglese basato anzitutto sulla vertenza
coloniale. Diverso approccio della Francia anche nei confronti dell’Italia (non più
atteggiamento di forza per spingere l’Italia ad uscire dalla Triplice + tavoli negoziali per
risolvere la questione coloniale)
-> comincia quella fase della politica italiana in cui la Triplice si svuota del proprio
contenuto (accordo diretto con la Francia in tema coloniale)
Per l’Italia è sempre più difficile restare coerente alla propria politica. Considerazione da
parte della Germania che rispetto all’Italia permanga un accordo nonostante
l’avvicinamento italiano alla Francia.
Per la Germania e per l’Austria l’accordo con l’Italia è comunque accettato perché nel
frattempo garantisce stabilità ai confini meridionali.
17.10.13 Storia delle Relazioni Internazionali
ESTREMO ORIENTE E CONFLITTO INGHILTERRA - RUSSIA
Anni ‘90
Politica tedesca: sempre più tesa alla weltpolitik (politica mondiale) -> relazioni Germania-
Gran Bretagna sempre più difficili
La Gran Bretagna è spinta sempre più a trovare degli accordi, addirittura con la Germania,
a causa delle tensioni con Francia (Fascioda) e Russia (Costantinopoli ed estremo
oriente):
La Gran Bretagna cerca i tedeschi per un accordo anti-russo. La Germania si sente così
forte che spinge sulla politica di forza (se la Gran Bretagna si avvicina cercando
un’alleanza, ne si dimostra la debolezza)
-> La Gran Bretagna si convince ancor di più che sia necessario valutare le singole
situazioni e alleanza caso per caso (es. accordo con i francesi sulla questione coloniale
risoltasi a favore degli inglesi).
*Insieme a Decastel è una delle figure che crede nell’apertura della Francia all’Italia: fine
della guerra doganale e riconoscimento degli interessi mediterranei dell’Italia.
-> per la Germania (Bülow) comincia la considerazioni di “giro di waltzer”: sa di poterlo
fare perché nel paese ci sono triplicisti e francofili (appoggiati dal Papa che cerca il favore
sulla questione romana). Trame nere: possibilità di disgregazione sulla questione romana.
L’Italia guarda all’articolo 7 della Triplice: situazione di comprovata instabilità sui Balcani in
cui l’Italia cerca di consolidare la propria posizione (in particolare in Albania*), quindi cerca
il favore dell’Austria. L’Italia vuole evitare la presa russa di Costantinopoli per non avere
un’altra potenza nel Mediterraneo.
*importante non per le risorse, ma perché garantisce l’accesso all’Adriatico. L’Austria sta
già cercando di affermare la propria influenza.
SERBIA
Serbia: dal 1895 non ha più rinnovato il proprio accordo (di protettorato) con l’Austria,
affrancandosi poco a poco dal controllo austriaco in una situazione di grande instabilità
(duopolio, il principe Milan Obrenovic allontana addirittura il padre).
Mano nera: organizzazione segreta che sfrutterà tutti i classici elementi che porteranno
poi a un colpo di stato -> 1903 uccisi il re e la moglie*
cambio di dinastia Obrenovic > Karadordevic: si crede possa dare autonomia al paese e
gettare le basi per maggiore stabilità con un tentativo di monarchia costituzionale
*L’Inghilterra rompe le relazioni diplomatiche, mentre l’Austria-Ungheria vede con favore
questo nuovo regno (meglio un sovrano panslavista
AUSTRIA-UNGHERIA
-> dando una struttura federale all’impero, la componente slava avrebbe trovato una
collocazione analoga a quella magiara: gli ungheresi (magiari) si oppongono al
riconoscimento di diritti analoghi ai propri (dopo le lotte per il proprio riconoscimento nel
’48 e il successivo Ausgleich, divisione dell’impero). Braccio di ferro tra la componente
austriaca (rappresentata anche dall’imperatore Francesco Giuseppe) e quella ungherese.
1897 Accordo con l’Italia per garantire autonomia all’Albania (senza che nessuna delle
due acquisisca un ruolo preponderante).
L’Italia vorrebbe trovare un accordo con l’Austria anche sul resto, ma l’Austria non trova
l’Italia sufficientemente rilevante da richiedere ulteriori accordi.
1897 Accordo con i russi (Russi vorrebbero trovare con qualcuno la garanzia di poter
mettere piede su Costantinopoli e gli stretti, nessuno accetta) intenzione reciproca di
mantenere lo status quo.
Con gli accordi bismarckiani sembrava essere sorta una situazione stabile, ora invece è
molto più fluida.
ITALIA
Dal 1900 l’Italia porta avanti una politica di avvicinamento alla Francia (è generale la
rincorsa agli alleati che possano fornire delle garanzie, mentre l’unica che, forte della
propria potenza, non cerca legami è la Germania). Germania accetta l’avvicinamento
italiano alla Francia, ma:
-> quando bisogna rinnovare a Triplice, la Germania non cede alle richieste di Prinetti
(modifica della Triplice in favore dell’Italia: cercava maggior esposizione tedesca rispetto
alla Tripolitania-Cirenaica e di chiarire la natura difensiva della Triplice, perché nel
frattempo si stava accordando con la Francia*).
*Prinetti cercava di creare un “sistema Prinetti” (1902): l’Italia avrebbe puntellato la propria
posizione con (A) il mantenimento della Triplice, (B) l’accordo con la Francia e (C)
l’accordo con l’Austria.
Volendosi avvicinare alla Francia, ha maldisposto la Germania rispetto a possibili
concessioni.
-> La Triplice comincia a diventare un contenitore vuoto, utile solo a dare sicurezza
all’Italia che non vuole fare il passo successivo, ovvero avvicinarsi definitivamente alla
Francia, alleata alla Russia (Italia contraria alla presenza franco-russa nel mediterraneo,
eventualmente più potente di quella inglese, che ne avrebbe fatto saltare le ambizioni
mediterranee) ma rappresenta una delle cause di polarizzazione e per cui i britannici
cercano alleanze altrove.
ACCORDO INGHILTERRA-GIAPPONE
Nell'ambizioso sistema Prinetti l’Italia deve giocare su più campi: Prinetti cerca un
accordo effettivo con l’Austria nei Balcani, ma l’Italia è legata veramente solo con il
Montenegro (Vittorio Emanuele III sposa la principessa montenegrina Elena) il vero
interlocutore dell’Austria nei Balcani sono i Russi:
-> la Triplice, per quanto formalmente permanga, si sta svuotando nella sostanza della
sua vera funzione:
- nessuna validità dell’articolo 7
- austriaci si accordano con i russi
- italiani si accordano con i francesi
- inglesi lontani lontani da qualunque collaborazione con la Triplice
- weltpolitik tedesca che rende complicato il rimanere tedesco nella Triplice
1904 Accordo Francia-Gran Bretagna: chiude le porte alla Germania e alla Triplice
regolando tutte le questioni coloniali pendenti: controllo britannico del Nilo e dell’Egitto e
viceversa riconoscimento delle ambizioni francesi in Marocco (ufficialmente i francesi
hanno la possibilità di mantenere l’ordine sul territorio marocchino, esercitando su di esso
di fatto l’esclusiva competenza, con la garanzia per gli inglesi che si rispettino le enclavi
spagnole e si avvisi preventivamente la Spagna in caso di destabilizzazione sul territorio).
-> grazie agli accordi con l’Italia e con l’Inghilterra, la Francia ha di fatto il pieno controllo
sul Marocco. Gli articoli segreti dell’Intesa danno mano libera ai francesi in territorio
marocchino (rispettando le convenzioni con Spagna e lasciando intatti gli interessi
commerciali inglesi nel territorio).
L’Intesa del 1904 non porta conseguentemente all’accordo con i russi, e verrà definita
come tale solo dal 1907 (una volta risolte le questioni pendenti).
-> Mentre la Triplice rimane sempre più formalmente un accordo di alleanze tra gli imperi
centrali e l’Italia, l’Intesa si forma senza definire impegni militari vincolanti e casus
foederis, e nasce solamente quando sono completamente regolati i conflitti coloniali,
dunque cessa di esistere l’impossibilità di un intervento inglese accanto alla Francia ->
definitiva polarizzazione delle alleanza (portata a compimento nel 1907 quando si
raggiunge un accordo anche con la Russia).
17.10.16 Storia delle Relazioni Internazionali
Austria e Russia sono consapevoli che uno screzio tra le due comprometterebbe la pace
europea -> mantenimento dello status quo o, qualora questo non fosse più possibile (a
causa delle rivolte indipendentiste), favorire un processo di autonomia senza che nessuna
delle due avesse significative acquisizioni territoriali che possano favorire una delle due.
Trattato di Björkö (1905): incontro Kaiser Guglielmo - Zar Nicola (cugini) in cui Guglielmo
cerca un accordo con lo Zar (legati anche alla dinastia), che alla fine viene persuaso:
intervento in caso uno dei due venga attaccati. Lo Zar dovrà annullare l’accordo perché il
ministro degli esteri lo ritiene incongruente con l’accordo russo con la Francia.
-> si cerca in questo periodo di portare avanti alleanze incongruenti con i precedenti
accordi.
La Serbia, con l’uccisione nel 1903 di Alessandro Obrenovic e la presa di potere di Pietro
Karadordevic, è diventata per l’Austria Ungheria un competitore e non più stato vassallo:
1904 Guerra dei Porci: guerra doganale tra l’Austria-Ungheria e la Serbia perché la Serbia
non aveva firmato i precedenti accordi ineguali su cui si era fondato nel tempo il rapporto
tra le due: strumento economico teso a mettere all’angolo un paese che dipende
dall’Austria-Ungheria per le proprie esportazioni.
L’Austria-Ungheria deve rivedere le proprie posizioni sui Balcani.
Nel 1905, grazie anche ai precedenti accordi sulle rispettive zone di influenza, Francia e
Italia sembrano poter intervenire a breve in Nord-Africa (la Francia può utilizzare il
mantenimento dell’ordine in territorio marocchino come pretesto per intervenire).
Tuttavia, la Conferenza di Madrid (1880) regolava la situazione del Marocco, prevedendo
una sorta di tutela collettiva sul territorio collettivo e ciò rendeva difficile per la Francia
portare avanti un intervento autonomo.
I tedeschi, consapevoli della propria posizione, non sono più disponibili ad accettare le
politiche del fatto compiuto. Quando i francesi intervengono in Marocco, è lo stesso
Kaiser Guglielmo a presentarsi a Tangeri quale tutore dell’indipendenza marocchina (i
rapporti tra il Kaiser e l’impero ottomano si faranno sempre più stretti: ferrovia Berlino-
Baghdad e successivamente intervento ottomano accanto agli imperi centrali).
-> ennesima crisi Francia-Germania: la Germania chiede che siano rispettate le clausole
della Conferenza di Madrid e che la questione marocchina sia discussa in una conferenza
delle massime potenze.
Precedentemente la Germania favoriva la politica coloniale francese (immaginando di
distoglierla dall’Europa).
Incoerenza tedesca:
Cerca l’accordo con la Russia, ma ormai i russi si sono legati alla Francia
Anche l’Inghilterra, dopo aver risolto le questioni coloniali francesi, non cerca l’alleanza
tedesca.
-> è la Germania in questo momento a trovarsi in posizione di isolamento, ad esclusione
della vicinanza con l’Austria-Ungheria (in cui però è la Germania a difendere gli interessi
austriaci).
CONFERENZA DI ALGECIRAS
L’Italia aveva preventivamente cercato di essere presente sul territorio libico (aveva
favorito una presenza economica e finanziaria) e ora sta aspettando il momento giusto per
intervenire.
Insieme alla politica coloniale, tale contesto rappresenta sempre più un progressivo
sfaldamento dell’Impero Ottomano.
Esiste nella politica estera austriaca una certa moderazione che trova conferma nella
azioni compiute, anche se apparentemente sembrano aggressive:
Aehrenthal pensa sia giunto il momento di annettere la Bosnia perché egli stesso era un
triplista (estendere l’ordinamento magiaro e germanico alla componente slava, avversione
ungherese).
L’annessione è favorita anche dalla volontà di garantire quello che nei Balcani è
considerato un postulato vitale per la sicurezza della duplice monarchia:
- funzione di controllo del panslavismo
- protezione strategica della costa dalmata (Adriatico):
Questi due elementi sono importanti nel momento in cui c’è la possibilità che la Bosnia
fosse soggetta alle attività di propaganda delle associazioni irredentiste (in particolare in
Serbia) in funzione anti-austriaca e panslavista.
L’Austria guarda anche cosa sta succedendo all’interno dell’Impero Ottomano (Rivolta dei
Giovani Turchi): i giovani turchi avevano come proprio postulato un rafforzamento del
proprio controllo sui territori dell’Impero Ottomano, e ciò poteva mettere in discussione la
soluzione trovata per la Bosnia.
-> l’Austria annette la Bosnia perché temeva una minaccia per la sicurezza imperiale e
perché sembra che anche l’Inghilterra si stia poco a poco convincendo allo
smantellamento dell’Impero Ottomano (cambiando la propria posizione dopo i massacri
degli armeni e dopo gli accordi con i russi).
Gli austriaci, volendo dimostrare una politica moderata, sono disposti a rinunciare ai diritti
di guarnigione nel Sangiaccato (si rivelerà un’errore perché rappresenta un potenziamento
per la Serbia).
Gli italiani si appellano all’Articolo 7, che prevede a seguito dell’acquisizione della Bosnia
compensi anche per l’Italia. L’Austria però continua a considerare l’Italia nei Balcani una
potenza trascurabile.
-> l'annessione della Bosnia (che gli austriaci considerano perfettamente in accordo con
la postilla di Berlino 1878) è fattore di destabilizzazione sullo scenario europeo.
La Russia viene esasperata dall’annessione della Bosnia, peraltro dopo la sconfitta nella
guerra con il Giappone del 1905 (l’accordo franco-russo è incentrata sull’Europa e non ha
avuto luogo nella guerra con il Giappone, avrebbe anzi provocato l’intervento inglese
accanto al Giappone secondo l’accordo del 1902).
-> L’Intesa raggiunge il suo completamento: non esiste un casus foederis (l’Inghilterra non
si è impegnata a intervenire in Europa) ma, ancor più importante, non esistono più
pendenze inglesi con Francia e Russia.
ISOLAMENTO TEDESCO
Ad essere isolata ora è la Germania: il frutto della weltpolitik tedesca è stato di aver fatto
allontanare l’Inghilterra (alleato sicuro per Bismarck).
La concezione di politica mondiale non aveva una visione chiara e non era nemmeno
preventivata una guerra.
Si sono realizzate due delle situazioni che Bismarck aveva fatto di tutto per evitare:
- Coinvolgimento nei Balcani per mezzo dell’assegno in bianco dato all’Austria-Ungheria;
- Continue provocazioni con l’Inghilterra. Bülow si dimette dopo l’ennesima gaffe del
Kaiser (dichiarazioni al Daily Telgraph in cui racconta della naturale avversione tedesca
verso gli inglesi).
Per le alte gerarchie tedesche, la guerra su due fronti comincia ad essere considerata
come una possibilità plausibile e favorevole alla Germania qualora fosse portata avanti nel
futuro prossimo (prima che Inghilterra e Russia si organizzino).
ACCORDO DI RACCONIGI
Dopo l’annessione della Bosnia, i russi cercano un accordo anche con l’Italia che invece
voleva concludere la propria rete diplomatica che l’avrebbe portata a poter intervenire in
Libia senza colpo ferire.
1909 Accordo di Racconigi: accordo Italia-Russia tra lo Zar e Vittorio Emanuele in cui lo
Zar: consultazioni preventive e status quo balcanico e riconoscimento russo delle istanze
italiane in Tripolitania e Cirenaica.
Per gli italiani, dopo la Francia e il primo rinnovo della Triplice con la Germania,
rappresenta il completamento che li porterà alla conquista della Cirenaica-Tripolitania
(l’importanza comunque è relativa perché dovrà essere con le potenze presenti in loco la
discussione).
Per i russi, non è così rilevante.
CRISI DI AGADIR
1911 Crisi di Agadir: nuova mossa francese dopo un’altra rivolta i francesi intervengono,
provacando la reazione tedesca (due incrociatori tedeschi davanti alle coste marocchine,
a dimostrazione della necessità di trattare con la Germania altrimenti si rischia l’intervento
militare).
-> la Germania vuole essere consultata e che vengano tenuti in considerazione i propri
interessi coloniali.
Nuova trattativa in cui la Francia deve fare delle concessioni coloniali alla Germania
(chiede insistentemente una parte del Congo Francese e il Togo) prima di poter
definitivamente stabilire la propria presenza in Marocco.
La Germania mantiene il Cameroon, salvo il “Becco d’Oca” concesso alla Francia.
Anche in questo caso, con una sua efficacia è in gioco la weltpolitik tedesca -> con i due
incrociatori la Germania vuole dimostrare la propria politica che non teme nemmeno un
eventuale scontro.
IMPRESA LIBICA
A questo punto l’Italia, durante il governo Giolitti e ministero degli esteri San Giuliano
(generalmente posizioni moderate e non coloniali), capisce di dover agire: dichiara guerra
all’Impero Ottomano (che formalmente controlla ancora, seppur con difficoltà, Tripolitania
e Cirenaica).
1912 rinnovo della Triplice: lascia impregiudicato ciò che era stipulato in precedenza
Conrad, in contrasto con Aehrenthal, viene costretto alle dimissioni ma, alla morte del
ministro degli esteri, due giorni dopo il rinnovo della Triplice, viene restituito a Conrad il
comando delle forze armate.
-> di nuovo l’Italia è nella Triplice, ma i conflitti interni con l’Austria-Ungheria sono palesi
(gen. Konrad sempre più convinto della necessità di un attacco preventivo all’Italia)
17.10.19 Storia delle Relazioni Internazionali
PREMESSE E GIUDIZI SULLA GUERRA IN LIBIA
La scelta di intervento italiano è favorita dalle circostanze europee più che da un’attenta
preparazione (periodo giolittiano, non fermo colonialista): L’ultima crisi marocchina (Crisi
di Hagadir, che si conclude con l’occupazione francese del Marocco) spinge l’Italia
(Giolitti e ministro degli esteri Sangiuliano) all’intervento, sulla spinta anche dell’opinione
pubblica e garantita dagli accordi con i francesi, dagli accordi con gli inglesi e dagli
accordi di Racconigi con la Russia.
-> l’intervento in Libia dovrebbe essere tranquilla ma in realtà sia a livello militare
(impreparazione, scarsità numerica e sottovalutazione dell’impegno) che diplomatico
presenterà dei problemi:
resistenza araba (argomento religioso viene utilizzato con successo dall’Impero
Ottomano) che trova nella lotta contro gli italiani un motivo di unione tra le varie tribù. Il
Sultano diventa un utile strumento religioso per i Giovani Turchi per incentivare la
resistenza araba.
Il conflitto, che ufficialmente è contro la Turchia, deve nascere da una presunta
provocazione: ingiunzione dell’Impero Ottomano rispetto a dei lavori che si sarebbero
dovuti compiere nel porto di Tripoli da aziende italiane.
Le dimensioni e la durata del conflitto incidono con i rapporti che l’Italia ha con i propri
alleati:
- Germania non apprezza perché sanno che il conflitto in Libia andrà a destabilizzare i
Balcani dopo lo scossone del 1908.
- Francia: dopo l’acquisizione del Marocco, a causa della presa di potere di Poincarré e il
conseguente nazionalismo crescente, si intiepidisce la politica diplomatica portata avanti
da Barrère.
- Austria: Aehrenthal vede con utilità l’impegno italiano perché distrae l’attenzione dalla
sfera adriatica e dalle istanze irredentiste lasciando all’Austria mano libera sui Balcani. I
compensi previsti dall’Articolo 7 della Triplice erano relativi ai possedimenti ottomani
anche ai territori dell’Egeo e dell'Adriatico -> quando l’Italia vorrebbe stanare la flotta
turca dal Mar Nero, con le incursioni sui Dardanelli e quando successivamente occupa le
isole del Dodecaneso (per ragioni strategiche, affacciandosi queste proprio sugli stretti
oltre i quali può proteggersi la flotta turca), l’Austria ora potrebbe intervenire su altri
territori dei Balcani (per la prima volta i compensi possono funzionare per l’Austria-
Ungheria).
CONFLITTO CONRAD-AEHRENTHAL
Il peso militare è influente per tutte le potenze e in particolare per Germania e Austria-
Ungheria:
Austria-Ungerhia: Generale di Stato Maggiore Conrad è convinto di dover dare una nuova
prospettiva alla politica austriaca.
All’invio dell’ultimatum che porterà allo scoppio della guerra, l’Austria non sembrerà avere
ragioni definite: non ha pretese territoriali, ma vuole piuttosto riportare sotto controllo una
situazione che sta sfuggendo di mano.
Conrad, Capo di Stato Maggiore, inoltre fa delle importanti pressioni all’Imperatore per
convincerlo a colpire l’Italia (considerato un alleato inaffidabile) nel momento in cui l’Italia
è impegnata sul fronte libico: soluzione dell'attacco preventivo.
Aehrenthal, Ministro degli Esteri e più moderato, invece si oppone alle ingerenze di un
militare come Conrad e mette l’imperatore di fronte alla scelta tra lui e Conrad.
-> Conrad sarà costretto alle dimissioni e Aehrenthal è convinto che, pur causando
l’intervento italiano una destabilizzazione nei Balcani, esso porterà un raffreddamento nei
rapporti con la Francia e l’Italia sarà poco a poco costretta ad abbandonare la politica dei
giri di valzer, volgendosi a un’alleanza sempre più stretta con gli Imperi Centrali (la Triplice
Alleanza riprende sostanza).
Tuttavia Aehrenthal muore poco dopo e gli italiani (che andando contro le altre potenze, le
quali avevano proposto soluzioni intermedie come l’occupazione simbolica o la sola
amministrazione, vogliono un’annessione vera e propria della Libia spinti anche dalla
frustrazione che aveva caratterizzato l’esperienza coloniale fino ad allora) verranno
indeboliti dalla prova militare in Libia 1911-1912 e ciò si ripercuoterà anche sulle
condizione italiane all’ascesa in guerra nel 1915.
L’esito della guerra di Libia avrebbe potuto avvicinare l’Italia all’Intesa, ma con l’ascesa di
Poincaré l’Italia si rende conto di quanto la Francia stesse remando contro l’esperienza
coloniale italiana (navi francesi che rifornivano i rivoltosi passando dalla Tunisia) e quanto
rimanessero divergenti gli interessi reciproci: per la Francia l’obiettivo di fondo era quello
di allontanare l’Italia dalla Germania, per l’Italia l’intervento in Libia.
-> la Triplice rimane l’unica possibilità per l’Italia, ma pochi giorni dopo il rinnovo del ’12
muore Aehrenthal e Conrad (considerato “nemico dell’Italia” ma supportato anche da
Francesco Ferdinando e da molti altri, in quanto abile militare) viene nominato
nuovamente Capo di Stato Maggiore e si evidenzia nuovamente come il contrasto austro-
italiano si destinato a crescere.
La Germania è tra gli artefici dell’instabilità che porterà alla Prima Guerra Mondiale:
- la crisi di Hagadir ha dato alla Germania l’idea che la Weltpolitik porti i suoi frutti, ma in
realtà dal punto di vista politico non ha fatto altro che allontanare la Germania dalla
Francia.
- la politica navale tedesca invece allontana la Gran Bretagna: la Germania vara una serie
di leggi tese a favorire il riarmo navale tedesco per difendersi dall’Inghilterra sulla spinta
del gen. Von Tirpitz che, a differenza di Conrad in Austria, non trova ostacoli da parte del
ministro degli esteri o del Kaiser.
1912 Missione Haldane: il ministro della guerra inglese si reca nel 1912 in Germania per
trovare un possibile accordo ma si scontra con il totale rifiuto di rivedere la legge
riguardante il riarmo navale tedesco che Guglielmo ha già firmato.
-> definitiva collocazione della Gran Bretagna nell’Intesa (fino ad allora non aveva fatto
con Russia e Francia accordi che la allontanassero definitivamente dalla Germania).
Nel 1912 con la Pace di Ouchy (Losanna) avviene la definitiva di Tripolitania e Cirenaica
da parte dell’Impero Ottomano e annessione all’Italia, anche a causa della difficile
situazione interna (gestione dei Giovani Turchi) che richiede la fine della contesa con
l’Italia.
Rimane impregiudicata la presenza seppur provvisoria sulle Isole del Dodecaneso.
Nel 1908 la Bulgaria trova la definitiva autonomia (benché permanga lo scontento legato
alle questioni territoriali a seguito della Pace di Santo Stefano) e i russi (adirati dopo la
sconfitta giapponese e l’annessione della Bosnia) cercano di convogliare il malcontento
bulgaro e quello serbo (volontà di espandersi verso il Sangiaccato e verso il nord
dell’Albania*) in un’alleanza per dare una spallata definitiva all’Impero Ottomano, tramite la
creazione di una lega balcanica (a cui si sarebbero dovuti unire Montenegro e Grecia).
*In Albania c’è un gran fermento nonostante nel 1911-1912 sia ancora a tutti gli effetti
territorio ottomano. Riguardo l’Albania c’era stato l’accordo tra Italia e Austria per il
mantenimento dello status quo per evitare reciproche discordie.
I Russi fanno in modo che ogni decisione presa dalla Serbia o dalla Bulgaria debba
passare da un avvallo russo -> definitivo ritorno russo nei Balcani dopo lo smacco del
1908
AVVICINAMENTO RUSSIA-FRANCIA
La Russia è legata a degli accordi con la Francia dai quali l’un l’altra si sono sfilati
(francesi in estremo oriente e russi ad Agadir): nella convenzione militare (alla base
dell’accordo Russia-Francia) si può riconoscere un forte elemento di svantaggio per la
Francia, che la firma in un momento di isolamento in cui ha bisogno della Russia più di
quanto la Russia non ne abbia di lei.
Il fulcro degli accordi è la Germania (la convenzione nasce come risposta difensiva alla
Triplice Alleanza e al pericoloso isolamento in cui Russia e Francia si venivano a trovare ->
la cosa più probabile che può accadere è un’azione russa nei Balcani che provochi un
intervento austriaco e dunque, per l’articolo 2 della Duplice Alleanza austro-tedesca,
l’obbligo di intervento anche della Germania affianco dell’Austria con conseguente
intervento francese accanto ai russi.
Mentre i russi riprendendo in mano le vicende balcaniche (soffiando sul fuoco del
malanimo serbo contro l’Austria-Ungheria), si impegnano in una politica che non tiene
veramente in considerazione i francesi: comunicano tardivamente e in maniera incompleta
dell’accordo con Serbia e Bulgaria.
I francesi e lo stesso Poincaré si mostrano poco propensi a far chiaro alla Russia quanto
sia importante in quella fase cercare di non far scoppiare definitivamente la questione
balcanica: muovendo gli equilibri balcanici, non si tende solamente a una guerra con
l’Impero Ottomano, ma si rimettono in discussione dei confini complessi e oggetto di
disputa tra i vari stati balcanici.
1912 Prima Guerra Balcanica: viene fortemente fomentata dai russi e la Lega Balcanica
ha come comune presupposto un’unica finalità politica (sconfitta dell’Impero Ottomano)
che verrà meno una volta raggiunto l’obiettivo:
Una volta sconfitto l’Impero Ottomano, gli accordi tra i paesi balcanici non facevano
riferimento alle successive spartizioni (es. entità della presenza serba e greca in Albania;
contrasto tra Grecia e Bulgaria sulla questione macedone).
I contrasti diventando inevitabili quando anche la Romania decide di intervenire sulla
questione della ripartizione dei territori che fino ad allora erano nominalmente e
fattivamente sotto sovranità ottomana.
L’Austria-Ungheria, capiti i rischi insiti nella situazione, cerca di calmare la situazione
indicendo la Conferenza di Londra in cui si dovrebbero sciogliere con attività negoziale tra
le grandi potenze alcune questioni: per esempio non è chiara la spartizione dell’Albania,
con i greci che si sono stanziati nel sud del paese e i serbi e montenegrini al nord.
17.10.20 Storia delle Relazioni Internazionali
Come risposta all’annessione della Bosnia del 1908, c’è un tentativo russo di riprendere il
controllo della penisola balcanica per mezzo della coalizzazzione Serbia-Bulgaria nella
Lega Balcanica.
La speranza di alcuni era di creare una zona di influenza austroungarica nei Balcani
occidentali, e un’altra di influenza russa nei Balcani orientali.
-> l’assetto risultante dalla Prima Guerra Balcanica prevedere una ripartizione della
Macedonia ma lascia pregiudicate le frontiere com’erano previste prima che la Lega
muovesse i suoi passi contro l’Impero Ottomano: rivendicazioni che convergono sulla
Macedonia e sull’Albania (i Greci premono nella parte Sud e i Serbi nella parte Nord).
Italia e Austria-Ungheria sono le due potenze con i maggiori interesse sull’Albania, perciò
il loro sarà un ruolo più evidente alla Conferenza degli Ambasciatori:
*Una volta “creato” un paese è necessario trovare chi lo governa: il Principe di Wied
(figura minore della grande nobiltà dinastica europea, nipote della moglie di Re Karol di
Romania) dovrebbe rappresentare l’unità albanese ma non sarà mai veramente in
controllo di un territorio che rimane diviso tra varie rivendicazioni e fazioni e non si
riconosce in un sovrano protestante e con pochi legami con il territorio -> un delle ultime
tragiche figure con cui le grandi potenze vorrebbero gestire almeno formalmente
l’indipendenza indotta in paesi che in realtà stentano a trovare un’unità politica.
-> Tra le due Guerre Balcaniche ci sono dei mesi di negoziato, in cui però la situazione è
in fibrillazione perché tutti gli schieramenti sono già attivi e presenti sul campo, avendo
già combattuto e occupato militarmente dei territori: non deve nemmeno passare il tempo
necessario alle mobilitazioni (gli unici ad aggiungersi sono i rumeni, già erano in
mobilitazione parziale da molto).
Guglielmo è critico nei confronti degli austriaci, accusati di voler far “scoppiare la
polveriera balcanica”.
Dopo il 1913 l’Austria non riesce a far passare nessuna delle sue rivendicazioni, a
ridimensionare la Serbia e ad avvicinare la Bulgaria contro la Serbia (essendo contrari i
tedeschi)
-> Austria e Germania si trovano in questo momento in disaccordo.
-> Tutte le potenze comunque in questo momento si stanno ancora parlando e non
esistono blocchi rigidi.
In Austria muore nel 1912 Aehrenthal (che aveva annesso la Bosnia e lasciato il
Sangiaccato) e gli succede Berchtold, considerato dai più come un Ministro degli Esteri
debole.
La politica austriaca si rivela spesso non decisa a sufficienza e incoerente, quasi
“bipolare” , come nel caso della gestione della Serbia, che si vuole contenere ma non si
arriva ad inglobare nell’Impero per volontà della componente magiara.
Succederà anche nel 1914 quando decide di intervenire contro la Serbia, ma senza avere
chiaro quale sarà il futuro della Serbia (nodo difficile da sciogliere a causa delle
implicazioni interne).
-> La gestione della crisi nei Balcani del 1913 non risolve il problema del sentimento di
minaccia che la Serbia (la cui presenza dopo le due guerre balcaniche si è fatta più
consistente) genera nell’Austria-Ungherese: ci sono voci all’interno della duplice
monarchia che pretendono la risoluzione.
Se nel 1909 sembrava che la Russia dovesse rispondere con la forza all’annessione della
Bosnia dell’anno precedente, la Germania aveva fatto recapitare un messaggio a San
Pietroburgo in cui dichiarava l’intenzione di difendere l’Austria, nel 1913 la Germania
sembra molto meno decisa affianco di un’azione dell’Austria-Ungheria contro la Serbia (si
illude che la situazione possa rimanere tale, mentre scoppierà l’anno successivo con
l’uccisione di Francesco Ferdinando).
La coppia si reca a Sarajevo, in Bosnia, senza una scorta ingente nel giorno di
celebrazione per il nazionalismo Serbo e, nonostante un primo attentato fallito, l’arciduca
insiste per recarsi all’esterno percorrendo peraltro un percorso estremamente insicuro.
La mediazione tra le potenze non funziona nel ’14 come aveva funzionato nel ’13 e tra le
cause c’è l'“assegno in bianco” della Germania all’Austria-Ungheria: nel momento in cui
l’Austria-Ungheria sposa l’opzione dura nei confronti della Serbia, la Germania le
garantisce il proprio sostegno (e ciò fornisce sicurezza grazie alla preparazione militare
tedesca rispetto a quella austriaca)
Dopo l’attentato emerge subito che gli attentatori fanno parte di un un’organizzazione
segreta irredentista (Giovane Bosnia e Mano Nera) che ha moltissimi esponenti nella
dirigenza politica e militare Serba -> L’Austria-Ungheria attribuisce la responsabilità
dell’attentato alla Serbia (timori nei confronti dell’espansionismo serbo di per se e per la
possibilità di destabilizzazione interna all’Impero, fomentando l’irredentismo slavo
sopratutto nel territorio bosniaco). Viene inviato un emissario per tenere le fila del dialogo
tra Berlino e Vienna.
-> l'ultimatum a Belgrado fu costruito per non essere accettabile (i serbi avrebbero dovuto
rinunciare alla propria sovranità): ricerca dei responsabili politici fatta congiuntamente ad
agenti austriaci, forte limitazione delle libertà di pubblicazioni di materiale presunto
irredentista.
Viene fatto di tutto perché la Serbia non accetti l’ultimatum, così da poter dichiarare
guerra.
POSIZIONE TEDESCA
I militari tedeschi sono estremamente influenti sul piano politico, perseguendo degli ideali
strategicamente corretti ma politicamente deleteri (a partire da Von Tirpitz con il riarmo
navale):
Piano Schlieffen: la Germania sta già strategicamente considerando l’eventualità di una
guerra su due fronti -> dovrà essere la Germania a sferrare il primo colpo, sul fronte
occidentale, rapido (blitzkrieg) contro la Francia per poi concentrarsi ad oriente.
- il piano prevede che la Germania debba passare in Belgio, violandone la neutralità, per
attaccare la Francia.
- i generali, consapevoli del riarmo russo, spingono per una guerra prima possibile.
In linea teorica il piano sembrava logico e conseguente, portando i generali a spingere per
l’intervento, ma la spallata a Ovest che doveva risolversi velocemente viene arginata sulla
Marna portando esattamente al contrario di ciò che ci si aspettava:
Von Moltke il vecchio, zio di Von Moltke il giovane che sarà Capo di Stato Maggiore nella
Prima Guerra Mondiale, aveva previsto che la guerra franco-prussiana del 1870 sarebbe
stata l’ultima con quelle caratteristiche (per il tipo di armamenti e i numeri degli eserciti):
rispetto alle precedenti guerre di movimento, la Prima Guerra Mondiale sarà una guerra di
posizione, dove per anni si sono fatte morire decine di migliaia di persone per
avanzamenti di pochi chilometri
LIBRI: NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE; LA GUERRA DEL '15
(STUPARICH)
Il condizionamento dei militari porta dunque a pensare che, inevitabile il conflitto, sia da
affrontare prima possibile.
Guglielmo, così come tutti i decisori, è comunque via via più preoccupato dalla situazione
(scrive addirittura nell’ultima fase al Re d’Inghilterra sperando di far valere il legame
dinastico).
-> si commette l’errore politico di fare l’assegno in bianco e dall’altra parte si spera che
ciò che sta per avvenire non avvenga.
DICHIARAZIONE DI GUERRA
-> Le speranze di localizzazione del conflitto dell’Austria sono messe in discussione dai
piani strategici della Germania: inizialmente gli Austriaci, anziché concentrare i propri
sforzi militari contro la Serbia, deve rivolgersi contro la Russia, nella Galizia Austriaca
perché la Germania è impegnata sul fronte occidentale (come previsto dal Piano
Schlieffen).
I tedeschi speravano che gli inglesi avrebbero accettato le modalità con cui i tedeschi
presentato l’ultimatum al Belgio (a cui la Germania chiedeva il permesso di passaggio
delle truppe e promettevano un eventuale risarcimento dei danni): l’ultimatum però
scatena la reazione britannica, assolutamente contraria alla prospettiva di un’egemonia
continentale tedesca (le logiche della weltpolitik avrebbe inevitabilmente posto la
Germania contro gli interessi imperiali britannici) -> entrata in guerra dell’Inghilterra (che
non avrebbe permesso una violazione della neutralità del Belgio).
-> Obiettivi politici e territoriali sono chiari per tutti e molto meno definiti per l’Austria che
non riesce più a localizzare la guerra contro la Serbia ed è intimidita dall’alleato tedesco
così forte, che tende a prevaricarla anche alla luce del fatto che solo questa alleanza
garantisce l’Austria.
NEUTRALITÀ ITALIANA
Ai primi di Agosto del 1914 il malfidato alleato italiano dichiara la propria neutralità: può
farlo legittimamente perché non c’è il casus foederis, poiché non si è realizzata
un’aggressione non provocata nei confronti dell’Austria. L’Italia è peraltro scottata dalla
gestione della questione balcanica (nuovamente escusa da Germania e Austria) ->
l’Austria a seguito della neutralità italiana decide di escluderla di fatto dalle discussioni
riservate con la Germania temendo che le informazioni potessero essere girate agli
avversari e continuando a ritenere che l’Italia sulla questione balcanica non abbia il peso
determinante che avrebbe voluto avere.
A seguito della neutralità, l’Italia valuta le opzioni in gioco:
Per l’Italia si presenta non solo l’occasione irredentista ma anche, come dice San Giuliano
(Ministro degli Esteri), la possibilità di divenire grande potenza (ci sono in gioco Balcani,
Mediterraneo Orientale e Adriatico), e ciò dipende assolutamente da chi ha più chances di
vittoria, garantendo all’Italia la realizzazione di questi obiettivi: l’Austria lo capisce e sa
che delle prime vittorie degli Imperi renderebbero più probabile un avvicinamento italiano.
Gli unici convinti triplicasti in questa fase sono gli ambasciatori a Vienna e Berlino.
Anche il Generale di Stato Maggiore italiano Pollio è un fervente triplicista ma muore
improvvisamente nel ’14. Il Re elegge il Generale Cadorna che sarà evasivo sulle richieste
di Conrad di sapere in che modo l’Italia avrebbe voluto preparare il suo intervento militare
accanto degli Imperi Centrali.
17.10.23 Storia delle Relazioni Internazionali
ITALIA
Allo scoppio della guerra l’Italia si sente messa da parte dalla sempre più vincolante
alleanza Austria-Germania (“assegno in bianco” della Germania che garantisce il proprio
appoggio all’Austria anche qualora quest’ultima avesse attaccato la Serbia).
L’Italia ribadisce che non vuole entrare nel conflitto poiché non vede il casus foederis (la
Triplice è difensiva) e si riserva di richiedere ampi compensi in caso di modifica dello
status quo.
Situazione interna:
Nel 1914 l’Italia arriva alla guerra in una situazione di crisi interna (scioperi, ecc…).
Terminata da poco l’era giolittiana.
Presidente del consiglio è Salandra, mentre Sonnino è il nuovo Ministro degli Esteri dopo
la morte di San Giuliano (che aveva cominciato i negoziati con l’ambasciatore tedesco
von Flotow e con quello austriaco fino a pochi giorni prima della morte, portando avanti
una politica in cui l’Italia può porre delle condizioni: l’ingresso dell’Italia da una parte o
dall’altra può fare la differenza (l’Austria potrebbe dover affrontare il nemico ad oriente e
contemporaneamente a sud).
Le ragioni per cui l’Italia comincia i propri dialoghi con l’Intesa (per prima con l’Inghilterra
nell’autunno 1914) non hanno a che fare con la sola politica irredentista (Trentino e
Venezia Giulia) ma piuttosto con l’occasione di attuare una politica di potenza con cui
poter ottenere acquisizioni territoriali: politica orientata verso il Mediterraneo Orientale.
Le trattative con l’Austria-Ungheria diventano un prender tempo per capire cosa
otterrebbe dall’appoggio all’Intesa, mentre i tedeschi credono di poter convincere l’Italia e
mandano in Italia Von Bülow (ex-cancelliere e ex-ambasciatore a Roma) che sopravvaluta
l’influenza (neutralista) di Giolitti sulla politica italiana.
-> l’idea di Giolitti comunque influenza l’Austria-Ungheria che si persuade, dietro
pressione tedesca, si convince a cedere il Trentino (attuale provincia di Trento) ma solo nel
momento in cui sarebbe finita la guerra
Quando muore San Giuliano e Sonnino (liberale conservatore) arriva al ministero degli
esteri, ottiene il massimo possibile continuando ad addurre la giustificazione di
un’opinione pubblica desiderosa di entrare in guerra da persuadere della scelta neutralista
per mezzo di concessioni.
Il Re, pur avendo tiepida considerazione della Triplice, non lascia trapelare apertamente la
propria posizione.
A supportare le posizioni interventiste ci sono anche il direttore del Corriere della Sera
Albertini, i gruppi nazionalistici per mezzo di manifestazioni a sfondo irredentista, la
corrente fuoriuscitista dall’Austria (Cesare Battisti) che vorrebbero convincere la
popolazione italiana di partecipare a una guerra, che però già si saprà non essere una
guerra breve come inizialmente previsto.
Aprile 1915
Richieste all’Intesa (mosse da una vera e propria politica di potenza, che vede l’intervento
italiano come ultima occasione per non restare a margine delle grandi potenze):
- Trentino con il confine al Brennero: il fine dell’acquisizione del Brennero è puramente
strategica (confine sicuro) e non irredentista (popolazioni tedesche e ladine)
- L’Adriatico è considerato “lago italiano”: si vorrebbe un controllo incondizionato
dell’Italia sul Mar Adriatico. Tutta l’Istria e tutta la costa dalmata fino a Capo Planka
(comprese le isole più esterne). Si raffigura un grande ridimensionamento delle posizioni
austroungariche sulla sponda orientale dell'Adriatico, senza considerare però un’entità
nazionale unica come sarà il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, si pensa piuttosto
a un Regno di Serbia con sbocco sul mare e una sovranità croata -> l’Italia vorrebbe
essere interlocutore forte tra interlocutori deboli e divisi.
- In merito all’Albania: lo stato per la cui indipendenza ci si era tanto spesi, verrebbe
ristretto a uno stato centrale, dando soddisfazione al Regno di Serbia verso Nord e
permettendo all’Italia di prendere possesso dell’Isola di Valona e Saseno (porte
dell’Adriatico).
- Venezia Giulia
- Trieste
- Contee di Gorizia e Gradisca
- Adalia in Anatolia*
- Si trascura di chiedere Fiume (odierna Rijeka), che aveva un’identità italiana e a guerra
finita si proclama italiana, pensando che possa essere tralasciata qualora l’Italia avesse
ottenuto Trieste.
I patti con l’Intesa erano portati avanti nella massima segretezza perché
contemporaneamente l’Italia continuava a trattare con l’Austria per evitare l’eventualità di
un attacco immediato quando vi fosse stata chiara consapevolezza da parte di austriaci e
tedeschi dell’ingresso in guerra dell'Italia.
Bollati (ambasciatore in Germania) e Avarra (ambasciatore a Vienna) erano gli unici
diplomatici contrari al cambio di alleanza -> le eventuali dimissioni dei due avrebbero
rappresentato il cambio di alleanza.
Mentre l’interlocutore inglese è disponibile alla politica estera italiana sui Balcani, la
Russia potrebbe essere l’unico ostacolo a tali richieste perché difende l’interesse slavo:
tali concessioni avrebbero potuto riaccendere l’irredentismo balcanico. Il Re inglese si
rivolge direttamente alla Russia perché giudicava l’entrata in guerra italiana essenziale alla
vittoria dell’Intesa.
In cambio delle concessioni, l’Italia promette di entrare in guerra entro 1 mese dopo la
firma del patto nell’Aprile 1915 (a cui segue il Maggio radioso) e di farlo in maniera
generalizzata contro tutto il blocco avversario (non solo l’Austria). In realtà l’Italia
aspetterà fino al 1916 per decidere di dichiarare guerra alla Germania, con cui l’Italia non
si scontrerà effettivamente fino al 1917 (Caporetto) quando sarà crollato il fronte russo, e
la gran parte della guerra italiana sarà una guerra di trincea sull’Isonzo contro l’Austria-
Ungheria.
-> sarà anche la mancata estensione delle operazioni italiane ad essere fatta valere in
sede negoziale dagli alleati per ridimensionare le richieste dell’Italia, oltre ad alcuni
imprevisti:
- formazione del Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni
- ingresso in guerra degli Stati Uniti nel 1917
- il deleterio 1917, quando c’è lo sfondamento di Caporetto e il respingimento fino al
Piave (si teme per la tenuta interna italiana e si ventila la possibilità di perdere le pregresse
conquiste risorgimentali) da parte degli austriaci aiutati dai tedeschi, liberati sul fronte
russo.
PERFEZIONAMENTI DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI DURANTE LA GUERRA
Nel 1914, a seguito dell’intervento dell’Impero Ottomano accanto agli Imperi Centrali, il
Sultano è stato persuaso dalla dirigenza turca a dichiarare la jihad (guerra santa) e dunque
i nemici diventano infedeli -> la Gran Bretagna è coinvolta poiché molti sudditi e
combattenti nell’esercito britannico sono di religione musulmana, e dunque saranno
influenzati sulle scelte da compiere sul Medio Oriente e sui territori della Mezzaluna
Fertile.
Gli inglesi hanno definitivamente spostato la propria posizione sposando la logica dello
smantellamento dell’Impero Ottomano: bisogna provvedere allo smantellamento e farlo in
maniera avveduta, con accordi che permettano di non entrare in disaccordo con l’alleato
francese.
Gli ottomani, che già avevano incentivato gli arabi a combattere contro gli italiani nel
1911, sperano di fare lo stesso mentre i tedeschi e gli inglesi stessi cercheranno di
diventare loro stessi promotori dell’indipendenza araba -> strumentalizzazione di un
ipotetico nascente nazionalismo arabo contro il nemico.
Gli inglesi si trovano costretti a fare un gioco doppio, trattando con gli arabi e con i
francesi: l’Alto Commissario in Egitto MacMahon intrattiene una corrispondenza con il
capo delle tribù arabe Husayn e gli promette il ruolo califfale con dei territori, ma che
avrebbe avuto necessariamente bisogno di un sostegno esterno (britannico) per riportare
all’unità delle tribù che fino ad allora erano divise.
-> i britannici utilizzano queste logiche guardando a creare una serie di rapporti di
controllo diretto o influenza su territori che devono essere protetti per la loro funzione
generale (rapporti tra Gran Bretagna con i propri sudditi di fede islamica) e per un
principio di controllo territoriale (capisaldi delle logiche imperiali britanniche all’interno
delle quali si inserirà poi il petrolio).
-> i tedeschi, più che per la forza militare, si affidano all’alleato ottomano più sperando
che possano scardinare dall’interno la tenuta imperiale britannica.
Bisogna accordarsi con gli arabi laddove ci sono delle zone in cui il Regno Unito ha
necessità di puntellare le proprie posizioni (Iraq e Palestina, vicina al canale di Suez) e
lasciare una fascia di deserto al rinascente nazionalismo arabo.
Solo con un accordo militare con gli arabi contro gli ottomani, potranno avere un’azione
militarmente efficace.
Nel contempo è necessario accordarsi con i francesi che avanzano le proprie pretese in
termini coloniali sulla Siria, sul Libano, sulla Palestina
-> secondo gli accordi Sykes-Picot la Palestina viene internazionalizzata, Siria e Libia
vengono lasciati alla Francia, un’ampia zona dell’Iraq è lasciata alla Grand Bretagna,
l’area intorno a Mosul viene affidata ai francesi per farne una zona cuscinetto (pensando a
un eventuale ritorno russo).
Nel 1917 i bolscevichi prendono il potere e rendono pubblici gli accordi (Londra, Sykes-
Picot).
1917 Accordi di San Giovanni di Moriana: gli italiani firmano degli accordi con Inghilterra e
Francia e riescono a ottenere un riconoscimento del proprio ruolo e dei propri compensi
in territorio anatolico:
- influenza economica e politica sulla zona Anatolica
- possesso di Smirne
la validità dipende dalla ratifica russa, che non arriverà mai poiché prima della firma crolla
l’Impero Russo e con la pace di Brest-Litovsk il destino della guerra non è ancora certo.
Nel 1917 entrano in guerra per diversi motivi, superando la precedente matrice
isolazionista:
- guerra sottomarina
- telegramma zimmerman
- motivi commerciali
L’affondamento del Lusitania nel 1915 è l’inizio di un processo che porta gli Stati Uniti a
prendere consapevolezza (nella persona di Wilson) della necessità di intervento in Europa.
L’elettorato americano è diviso, molti non erano WASP (origine anglosassone) ed erano
favorevoli alla neutralità fino a quando non si vede limitata la libertà di movimento a livello
commerciale.
A differenza della Seconda Guerra Mondiale, il coinvolgimento diretto politico non è così
forte e Wilson prima di entrare in guerra offre una mediazione: chide a entrambe le parti i
propri obiettivi bellici, e ciò risulterà inaccettabile soprattuto per i tedeschi.
-> il coinvolgimento americano è anzitutto economico: è una guerra che rappresenta per il
sistema economico e finanziario americano un potente incentivo.
Tra le due guerre c’è un ritorno americano all’isolazionismo, motivato anche dalla
commissione Nye che demolisce le istanze dell’idealismo wilsoniano attribuendo alle
grandi lobby industriali l’intervento americano: produzione, commesse e prestiti che
vincolano gli Stati Uniti ai paesi dell’Europa.
NASCITA DEL REGNO DEI SERBI, DEI CROATI E DEGLI UNGHERESI E ATTRITI CON
L'ITALIA
L’Italia, Sonnino in primis, era convinta di essere entrata in guerra a seguito di patti chiari
e poter dunque pretendere le proprie rivendicazioni territoriali, ma ciò sarà più difficile
quando ci si trova a dover fronteggiare un regno unitario.
Già nel 1917 si profila a Corfù una prospettiva di unificazione innanzi alla quale
inizialmente l’Italia (alla luce del proprio passato irredentista) non potrà negare le istanze
indipendentiste.
Nel 1918 però l’Italia non riconosce il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni perché in
contrasto con il Patto di Londra: le richieste del Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni
coincidono in buona parte con le rivendicazioni italiane contenute nel Patto di Londra, che
però erano anzitutto strategiche (adriatico come “lago italiano”) e avrebbero inglobato un
gran numero di non italiani (in particolare opposizione dei Croati) =/= in contrasto con le
disposizioni di Wilson, che appoggia dunque le rivendicazioni del Regno dei Serbi, dei
Croati e degli Sloveni, anche alla luce della funzione di bilanciamento nei Balcani che
questo potrebbe avere rispetto all’assoluta preponderanza italiana.
-> l’interlocutore italiano non è l’Austria sconfitta, ma il nuovo Regno che può rivendicare
diritti di vincitore, con il pieno sostegno di Wilson.
Nel Patto di Londra non era stata rivendicata Fiume: nel 1918, non appena viene
proclamata la vittoria dell’Intesa, la municipalità fiumana chiede di essere ammessa
all’Italia: Fiume ha una componente cittadina linguisticamente ed etnicamente italiana che
potrebbe collocarsi tra le rivendicazioni irredentiste (non strategiche) e al contempo
Sonnino non vuole rinunciare alla collocazione sicura dell’Italia nell’Adriatico garantita dal
Patto di Londra (Coste Dalmate, rivendicate da Serbi-Croati-Sloveni).
Qualsiasi tipo di accordo a due tra il Regno dei Serbi-Croati-Sloveni e il l’Italia sarebbe
impossibile, perché entrambi hanno rivendicazioni massime (gli iugoslavi rivendicano
Trieste, Gorizia, la Venezia Giulia ma vorrebbero arrivare fino a Udine, su questo senza
l’appoggio di Wilson).
Wilson e il suo staff (consigliere "Colonnello House" e gruppo Inquiry) redigono delle
mappe a orientare in modo definito le proprie posizioni e vorrebbero un’Italia il più
possibile collocata entro una frontiera etnicamente sostenibile, che di tutte le
rivendicazioni del Patto di Londra porterebbe a casa la parte occidentale dell’Istria (la cui
composizione mista rappresenterà un problema).
L’Italia non è la sola a portare avanti questa politica a seguito della guerra: es. l'Impero
Britannico raggiunge la massima estensione dopo la guerra, nonostante fosse un Impero
in declino (a causa di problemi di ordine economico e finanziario, poiché la sterlina non
sarebbe più stata la valuta di riferimento).
Anche l’Italia cerca con le ultime forze disponibili uno sbarco, oltre a Trieste e Trento (che
passano automaticamente sotto la sovranità italiana), in Dalmazia, a Fiume, a Valona e in
Anatolia (Adalia)* -> trovare un riscontro agli accordi del 1917.
*Si arriva alla pace con l’idea che cesserà di esistere l’Austria-Ungheria ma anche
l’Impero Ottomano, anche nei suoi territori turchi -> smembramento dell’Anatolia che
convoglierà poi la resistenza kemalista (portando nel 1923 alla Guerra Greco-Turca).
-> L’Italia arriva a Parigi con rivendicazioni nemmeno troppo coerenti: Fiume (in virtù della
sua italianità) ma anche in Dalmazia, in Albania, in Anatolia e Smirne (queste ultime in
contrasto anche con la Grecia).
Pacta sunt servanda: gli italiani pensano che francesi e inglesi, quali firmatari del Patto di
Londra, dovrebbero garantire il rispetto dei patti (i russi invece si sono ritirati dai negoziati
dopo averli resi pubblici, e una parte delle truppe dell’Intesa stanno tuttora combattendo
per dare manforte ai bianchi).
Lloyd George però si schiera dalla parte della Grecia (per puntellare la posizione inglese
nel Mediterraneo) rispetto alle rivendicazioni che contrastano con quelle italiane: non solo
il Dodecaneso (vecchio possedimento ottomano ora rivendicato dai greci) ma anche la
città di Smirne (uno dei punti degli Accordi di San Giovanni di Moriana*), a componente
maggioritaria greca che per l’Italia avrebbe fatto parte del disegno di controllo del
Mediterraneo Orientale e degli snodi commerciali derivati dallo smembramento
dell’Impero Ottomano.
*gli inglesi dichiareranno non validi gli accordi, poiché non ratificati dai russi.
Wilson è contrario a tutti i patti stipulati in precedenza senza gli Stati Uniti, che peraltro
vanno in contrasto con l'idea stessa di pax wilsoniana fondata sul concetto di missione
americana in cui tutte le sue posizioni vengono rese pubbliche con un forte impatto su
tutte le trattative (a cui egli partecipa pubblicamente, anche a scapito del fronte interno).
-> pensa di modificare secondo una visione più americana le vecchie visioni della politica
estera europee.
Stati centralizzati:
La gran parte degli paesi sorti dopo la guerra nascono sotto una fortissima spinta
nazionalista e quindi ritengono necessario un controllo accentrato piuttosto che un
riconoscimento delle minoranze, la cui presenza è inevitabile nel momento in cui si
tracciano dei confini.
Non tutti i paesi che si vanno a formare dalla dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico
hanno un’identità etnica:
- Regno dei Serbi-Croati-Sloveni: sono presenti tre componenti differenziate che si
uniscono, come nel caso dei croati, per difendersi dalla minaccia italiana.
- Polonia: riprende la sua esistenza come Stato inglobando al suo interno tedesco, cechi,
ecc…
Gli stessi popoli che erano stati minoranza all’interno dell’impero fino all’anno precedente,
diventano i primi grandi oppressori come avevano fatto gli ungheresi: gli stessi polacchi,
che prima erano una minoranza, diventeranno oppressori per le minoranze al proprio
interno; gli italiani fanno prevalere l’idea dell’italianizzazione della componente tedesca e
ladina in Alto Adige, secondo il pensiero di Ettore Tolomei.
-> la pax wilsoniana non riesce a risolvere questi problemi e lo stesso Wilson accetta delle
istanze portate avanti dai propri alleati che non hanno a che fare con i 14 punti.
La Francia, che ha pagato un prezzo altissimo con la guerra, vuole essere certa che la
Germania sia depotenziata:
- territorialmente (impero centrale in Europa)
- economicamente (forza esplosiva nella seconda metà dell’800)
- militarmente (mito militare tedesco che può minacciare la pace europea).
-> punire anche in maniera simbolica la Germania con l'attribuzione della responsabilità di
aver scatenato il conflitto
Paesi allo stremo delle forze, con molti soldati che tornano a casa affamati trovando una
popolazione che è altrettanto affamata.
- Austria ridotta all’incirca all’Austria odierna. Da un impero multinazionale a uno stato con
una capitale enorme ma senza possibilità di sostentamento autonomo. Omogeneità nella
lingua e cultura tedesca (Austria Tedesca) -> a Parigi non è concesso agli austriaci di
unirsi a ciò che resta della Germania, come vorrebbero.
- Ungheria: perdere 2/3 del proprio territorio
- Cecosclovacchia
- Polonia
- Yugoslavia
- acquisizioni italiane (Trento, Trieste, Alto Adige, parte dell’Istria)
-> Cessa di esistere l’impero multinazionale e bisogna dare una nuova veste alle nuove
formazione statuali a cominciare dall’Austria che, caratterizzata da un’omogeneità
nazionale (in cui tutta la popolazione è di lingua e cultura tedesca) e allo stremo delle
forze, ha come naturale istinto quello di unificarsi alla Germania: idea dell’Anschluss che
Hitler riuscirà a concludere solo nel 1938 nasce vent’anni prima, quando gli austriaci
proclamano la cosiddetta “Austria Tedesca”, confrontandosi però con la dura opposizione
degli alleati (già in contrasto con il principio di autodeterminazione: gli austriaci non
possono scegliere autonomamente di farsi inglobare dalla Germania).
Si vuole mettere la Germania nella condizione di non poter nuocere nel futuro, togliendole
attraverso le durissime clausole del Trattato di Versailles i fondamenti di forza, ovvero il
territorio, l'esercito, e l’economia.
Versailles risente soprattutto delle rivendicazioni francesi che si manifestano nella politica
di sicurezza a oltranza e nel vedersi riaffacciare nuovamente un ruolo di predominanza
europea.
La Repubblica di Weimar nasce in primo luogo come imposizione esterna (in un paese
che si supponeva potesse ricadere sotto il rischio bolscevico, anche a seguito delle
pesantissime agitazioni sociali sul finire della guerra) e con l’ipoteca intera dei disordini ed
esterna del diktat (gli sconfitti vengono coinvolti solo per l’accettazione della pace, senza
la quale la guerra sarebbe ripresa).
Oltre a pagare le riparazioni, la Germania si trova un territorio granente leso dalle decisioni
degli alleati:
- perde tutti i possedimenti coloniali
- l’Alsazia-Lorenza torna naturalmente alla Francia
- territori ad est: in particolare si crea il Corridoio di Danzica per garantire un porto alla
Polonia (che trova un sostegno francese alle proprie rivendicazioni) e staccando dunque
la Prussia Orientale. In termini territoriali saranno proprio le perdite ad est e
l’allontanamento della Prussia Orientale ad alimentare il revisionismo tedesco.
- perdite a nord in favore della Danimarca sullo Schleswig
- Eupen e Malmédy a favore del Belgio
- la Saar (territorio molto ricco) rimane temporaneamente sotto amministrazione francese
e con un progetto di futuro plebiscito per deciderne la definitiva attribuzione. La Germania
si trova anche sotto la minaccia che un territorio ricco e fondamentale per l’economia
tedesca come la Saar possa passare sotto sovranità francese.
I richiami razionali di Keynes e degli altri che scrivono degli errori economici e politici di
cui gli alleati si troveranno a pagare le conseguenze non trovano grandi uditorio in
Francia.
I francesi, di fronte ai costanti ritardi nei pagamenti da parte della Germania, istituiscono
la politica del pegno produttivo: occupazione dei territori tedeschi e prelievo diretto del
credito spettante.
-> Conflittualità franco-tedesca che sfocerà nella crisi della Ruhr (a fronte di una ritardata
consegna di una tranche di pagamenti i francesi decidono di occupare l’area carbo-
siderurgica, cuore della produttività tedesca).
17.10.27 Storia delle Relazioni Internazionali
CONDIZIONI IMPOSTE ALLA GERMANIA
La Germania perde:
- interamente le proprie colonie prebelliche
- 80% della propria flotta: rimane in possesso di una flotta navale militare che non è in
grado di nuocere.
- 48% della produzione di ferro e 16% della produzione di carbone
- 16% dei territori pre-1914 (in termini di quantità territoriale, la Germania perde meno
territori dell’Austria-Ungheria)
- 12% della popolazione tedesca rimane fuori dalla sovranità tedesca.
Condizioni economiche:
La Francia non vuole rinegoziare il debito perché ritiene che la non esecuzione del
pagamento non sia reale e che i tedeschi stiano cercando delle scappatoie, anche a
causa della difficilissima situazione interna, caratterizzata da agitazione sociale che
addirittura coinvolgono in più occasioni l’esercito.
Dopo una parentesi progressista in cui Briand cerca di rinegoziare, Poincarré (espressione
della politica francese più nazionalista) è intransigente ed esecuzonista per cui si
considera che i tedeschi non adempiono ai pagamenti perché non c’è possibilità di
obbligarli a farlo, perciò si sviluppa la politica del pegno produttivo (qualora il pagamento
non ci fosse o avvenisse con eccessivo ritardo, questo porterà a un’occupazione di un a
fetta di territorio) e proprio tramite questa si creerà nel 1920-1921 la crisi politica che
porta alla progressiva occupazione di alcune zone (Duisburg, Ruhr, Francoforte)
-> il governo tedesco sarà costretto a rispondere alle richieste internazionali: politica
dell’adempimento, che pure sarà portata avanti non senza difficoltà dal Cancelliere Wirth
mentre l’opinione pubblica vedeva in questa politica dell’adempimento una concessione e
una dichiarazione di debolezza rispetto alle istanze degli alleati.
Il timore dei francesi, che più di tutti gli altri alleati mantengono una politica rigida nei
confronti della Germania, è dovuto anche al ritiro dal teatro europeo degli americani: il
nuovo presidente Harding (R) viene meno il presupposto dell’internazionalismo wilsoniano
viene meno e c’è un ritorno isolazionista degli Stati Uniti. Vengono meno anche i 14 punti
e dunque il patto di garanzia che avrebbe dovuto legare gli Stati Uniti alle proprie alleate
(Inghilterra e Francia) e dare alla Francia maggior sicurezza rispetto all’eventualità di un
ritorno aggressivo della Germania.
Condizioni territoriali:
La Germania perde il 16% dei territori pre-1914 (in termini di quantità territoriale, la
Germania perde meno territori dell’Austria-Ungheria, in particolare dell’Ungheria).
La zona di Danzica, il corridoio polacco e la Prussia Orientale rimasta fuori dal territorio
tedesco rappresenteranno le cause di maggior risentimento per la Germania.
La Saar passa sotto il controllo della Società delle Nazioni con la previsione di un
plebiscito nel 1935 (previsto già ora e non successivamente da Hitler).
Clausole militari:
le clausole militari vanno a depotenziare la Germania colpendo il cuore del militarismo
prussiano. Lo fanno agendo nel modo più ovvio:
- la marina quasi sparisce
- viene eliminata la leva obbligatoria
- viene ridotto a quantità trascurabile lo Stato Maggiore
- viene ridotto a un numero esiguo l’esercito
- viene vietato lo sviluppo dell’aviazione
- viene smilitarizzata la Renania: una lunga fascia di confine tra Germania e Francia viene
completamente smilitarizzata nella parte tedesca e rimane indifesa. Dato strategico molto
rilevante per evitare un attacco tedesco alla Francia (violata successivamente da Hitler).
LA VITTORIA MUTILATA
È illusorio pensare che così facendo la Germania possa essere messa fuori gioco, perciò
si tende anche all’isolamento sul piano delle relazioni internazionali, per garantire la
sicurezza della Francia.
La Francia tuttavia, oltre a perseguire la politica di sicurezza, vuole trovare delle vie di
espansione che la contrappongono però alle rivendicazioni coloniali dell’Italia: la Francia
può mettere mano a parte dell’impero coloniale tedesco e in cambio dovrebbe dare (con
l’Inghilterra) alcune soddisfazioni all’Italia nelle zone che all’Italia maggiormente premono
(colonie sul Mar Rosso e Libia). Tuttavia questo non succede, la Francia rifiuta di dare
Gibuti all’Italia e la fascia territoriale che viene concessa al confine della Tunisia è ritenuta
insoddisfacente.
-> anzitutto dall'insoddisfazione italiana a partire dai compensi coloniali comincia a porre
le basi il mito della “vittoria mutilata”: tanto sul fronte coloniale (discorso che verrà ripreso
da Mussolini nella seconda metà degli anni ’30) quanto sul fronte balcanico (secondo le
richieste del Patto di Londra).
Il negoziato di pace a Parigi sarà per l’Italia molto difficile, per la presenza di un
interlocutore nuovo (Regno di Jugoslavia) e per l’opposizione di Wilson all’ottenimento da
parte dell’Italia di tutto ciò che era stato rivendicato nel Patto di Londra: l’Italia dovrebbe
ottenere solamente una parte dell’Istria (quella occidentale, maggiormente popolata da
italiani), alcune delle isole più esterne, la Venezia Giulia e il confine al Brennero, non la
Dalmazia e Fiume (contraddittorietà tra la volontà di rispetto dei patti di Londra e San
Giovanni di Moriana ma al contempo la pretesa di Fiume, precedentemente non richiesta)
-> spedizione a Fiume di D’Annunzio (che rischia di diventare una spedizione militare in
una zona ancora occupata dagli alleati) che rendere la trattativa per l’Italia ancora più
difficile (e in cui l’Italia troverà anche l’opposizione francese).
PICCOLA INTESA
La Francia coglie l’occasione che si presenta per giocare un ruolo importante in un’area
che si è liberata per il venir meno dell’Impero Austro-ungarico e di una presenza
importante a livello continentale qual era quella tedesca (è molto difficile che in questa
fase la Germania possa incidere tra i Balcani e l’area centro-danubiana dal punto di vista
economico).
Con il venir meno dell’Impero austro-ungarico è nata una costellazione di stati successori
che richiedono una protezione -> nasce la Piccola Intesa tra la Jugoslavia, la Romania e
la Cecoslovacchia: tre stati successori con posizioni anti-revisioniste. Gli stati della
Piccola Intesa si coalizzano sotto l’egida e la protezioni della Francia, che rappresenta più
di tutti le posizioni anti-revisioniste (dei trattati), per evitare nuovi ritorni monarchici (Carlo
d’Asburgo tenta per almeno due volte di rientrare e di ricostituire una forma monarchica
che vada a comprendere una sorta di federazione, a partire dall’Ungheria, dove però è
ostacolato dall’Ammiraglio Horty).
-> la Piccola Intesa, più che contro la possibilità di ritorno monarchico, deve coalizzarsi
contro tutti quei paesi che possono avere delle velleità revisioniste poiché l’assetto dei
nuovi stati non è qualcosa di assodato (esistono vertenze aperte anche tra loro).
ACCORDO DI RAPALLO
L’Italia controlla militarmente alcuni territori sia in Albania che in Anatolia salvo rendersi
conto di non essere in grado di continuare a mantenere l’occupazione (come succederà
anche a inglesi e francesi, che abbandonano rapidamente molte posizioni a causa del
costo eccessivo e della stanchezza dei soldati che vengono da 3/4 anni di guerra): le
forze in Albania diventano scarse e potenzialmente soggette agli attacchi di irregolari che
in questa fase stanno prendendo parte a una sorta di guerra civile albanese -> gli italiani
si ritirano da Valona (punto centrale dell’interesse italiano) e mantengono la posizione
strategica di Saseno, una sorta di sasso di fronte a Valona, dove non c’è né porto né
modo i mantenere stabilmente una guarnigione (gli italiani possono solamente fingere di
avere ancora un controllo strategico su quel punto dell’Albania, all’ingresso dell’Adriatico).
Già nel ’17 con il Proclama di Argirocastro, gli italiani avevano deciso che l’Albania
sarebbe dovuto essere uno stato indipendente e la sua indipendenza sarebbe dovuta
essere tutelata anche dalla stessa Italia.
-> l’Albania diverrà uno dei problemi fondamentali nelle relazioni tra Italia e Jugoslavia
perché è oggetto di contesa tra le due e soprattutto tra l’elemento serbo all’interno
dell’unione jugoslava (i croati guardavano verso i possedimenti dalmati, i serbi invece il
Kosovo e la parte nord dell’Albania).
Tensione Italia-Jugoslavia
L’Albania fatica a gestire la propria indipendenza (non c’è un leader che ottenga un
riconoscimento incondizionato all’interno del paese) ed è divisa dalle lotte tra varie
fazioni, i capi delle quali cercano una protezione straniera: Belgrado e Roma attraverso
queste protezioni cercano un pieno controllo politico indiretto dell’Albania (grande
tensione tra la Jugoslavia e l’Italia).
Resistenza kemalista
La sovranità ottomana è limitata: la resistenza kemalista si è armata grazie agli armamenti
non svuotati dagli alleati e si sono costituiti ad Ankara come forza alternativa rispetto alla
dirigenza ottomana.
La resistenza turca cerca di tener testa in particolare all’unico elemento che
effettivamente si oppone ai turchi, ovvero i greci, ai quali gli italiani avevano ceduto le
pretese su Smirne che ai greci costerà una continuazione di guerra con la Turchia, con
sostegno nominale di Francia e Gran Bretagna
La capitale Costantinopoli, gli stretti e parte dell’Anatolia sono sotto il controllo alleato ed
esiste un debito dell’Impero ottomano sotto il controllo di una commissione alleata:
territorio e finanze sono sotto controllo alleato.
-> il Trattato di Sèvres determinata un vero smantellamento dell’Impero.
Gli stessi italiani si trovano a prendere atto di quanto i territori dell’Anatolia su cui avevano
pensato di poter esercitare un controllo economico in realtà costituiscano un problema
(secondo Kemal la Turchia apparteneva ai turchi -> uno stato nazionale accentrato con
una fortissima caratterizzazione nazionale, con pochissimo spazio per le minoranze).
Scontro greco-turco
La resistenza turca è estremamente efficace soprattutto nei confronti dei greci a cui
infliggono una serie di pesanti sconfitte militari (con più di 70.000 morti) e in particolare la
tragedia di Smirne, città di commercio e varietà religiosa (ortodossi, ebrei, mussulmani) e
nazionale che sparisce dopo essere stata presa e data alle fiamme dai turchi musulmani
che cacciano i cristiani (come i greci, cristiani, avevano fatto con i musulmani quando
avevano messo piede nel loro territorio).
Gli alleati non possono fare altro che raccogliere sulle proprie navi nel porto di Smirne la
popolazione in fuga -> Lloyd George vede venire meno il presupposto della propria
politica (sostegno totale dato dalla Gran Bretagna che voleva la Grecia stanziata in Tracia,
in parte dell’Anatolia e a Smirne).
-> Kemal riesce a ribaltare il trattato di Sèvres con un’azione militare che né Francia né
Inghilterra si sentono di affrontare militarmente (gli inglesi sarebbero entrati in guerra solo
a seguito di un tentativo turco di riprendersi Mosul, presidio strategico che gli inglesi non
intendevano abbandonare) e vengono meno le pretese sull’Anatolia e su tutti gli elementi
su cui avevano puntato Lloyd George e lo stesso Churchill, portando così a un
ribaltamento del Tratto di Sèvres e alla firma del nuovo trattato di Losanna.
-> la fase di passaggio tra l’Accordo di Sèvres e l’Accordo di Losanna comporta una
modifica sostanziale delle aspettative britanniche, francesi e italiane sui territori turchi e
sulla pace con la Turchia.
Nel 1922 gli alleati convocano dei periodici incontri a Genova con lo scopo di regolare il
problema dei rapporti con la Russia: i russi si rifiutavano di pagare i cospicui debiti
contratti durante la guerra dall’Impero zarista nei confronti della Francia e di altri alleati (a
loro volta indebitati con gli Stati Uniti) e si rifiutavano di riconoscere le proprietà straniere
in territorio russo.
-> non si conclude nulla tra i russi e gli alleati, ma si avvicinano i russi e i tedeschi che
escono così dalle rispettive situazioni di isolamento (a causa della loro politica, i sovietici
erano stati fino ad allora marginalizzati ed erano riusciti a trovare degli accordi solamente
con la Turchia nel ’21 e con l’Afghanistan).
Guerra russo-polacca
I polacchi, approfittando della situazione fluida e della debolezza della dirigenza russa,
cercano di spostare la loro frontiera verso est (comprendendo parte dell’Ucraina e della
Bielorussia).
Quando ci sono i primi contatti tra i vertici militari russi e tedeschi, questi si trovano subito
d’accodo sul fatto che la Polonia costituisca un grosso fastidio.
Il futuro scontro militare tra i russi e i polacchi nel 1921 vede l’armata rossa alle porte di
Varsavia e una controffensiva polacca che ripristina il confine, che diventerà uno degli
elementi determinanti per Stalin e nel corso della Seconda Guerra (è considerato un
confine vitale che mette in gioco la sicurezza sovietica, anche perché attorno a quel
confine gli alleati avrebbero voluto costruire un cordone di stati cuscinetti per isolare
l’Unione Sovietica).
Il problema delle riparazioni, non risolto nelle modalità con cui la Germania avrebbe voluto
pagare, porta al pettine i nodi precedentemente posti in rilievo da Keynes: indebolire la
Germania rende impossibile il pagamento delle riparazioni ed elimina un elemento vitale
dell’economia europea.
1923 Crisi della Ruhr
La politica del pegno produttivo viene portata all’estremo: dopo un ennesimo ritardo nei
pagamenti e consegne da parte dei tedeschi, i francesi decidono di occupare
militarmente la zona della Ruhr, il bacino carbosiderurgico e fulcro della ricchezza
industriale del paese (grazie all’industria dell’acciaio di sostentava una parte importante
dell’economia tedesca).
La reazione tedesca prevede la resistenza a oltranza: viene proclamato uno sciopero ad
oltranza dai lavoratori tedeschi e la Francia, insieme al Belgio, invia dei lavoratori
(partecipa anche l’Italia fascista, per avvicinarsi a Francia e Inghilterra).
Lo sciopero a oltranza dei lavoratori tedeschi può essere portato avanti solo grazie ai
sussidi dello stato centrale (che comporta una spesa ulteriore) e porterà a una
diminuzione nella produzione.
La Ruhr non riprenderà mai la piena efficienza produttiva che aveva prima
dell’occupazione -> la sostituzione avviene portando a un calo della metà della
produttività della Ruhr e le aspettative francesi sul frutto dell’occupazione vengono
deluse.
Lo scontro sulla Ruhr rappresenta una questione vitale per la Germania (non è pensabile
che la regione possa essere estromessa dalla sovranità tedesca) e la totale mancanza di
dialogo tra tedeschi e francesi pone la situazione politica in un vicolo cieco, per uscire dal
quale dovrà essere la Germania fare un primo passo.
Ascesa di Stresemann
Gustav Stresemann, cancelliere per 102 giorni e dunque nuovo ministro degli esteri della
Repubblica di Weimar, delineerà una nuova epoca in cui la pace tra le due guerre sembra
avere davvero qualche chances (grazie a una felice contingenza economica e perché
Stresemann è il vero statista prodotto della Repubblica di Weimar).
Stresemann decide con un atto politico molto coraggioso, in opposizione a una grossa
fetta dell’opinione pubblica e alle destre che non volevano un ulteriore passo indietro
rispetto alla Francia, di porre fine alla resistenza passiva a favore di un avvicinamento alla
Francia.
Pur essendo profondamente revisionista e pensando che la Germania dovesse riacquisire
la propria posizione di potenza in Europa (con la revisione delle clausole di Versailles),
ritiene necessario un dialogo e un negoziato con la Francia cogliendo l’ostacolo
fondamentale a questo dialogo: la mancanza di fiducia della Francia nei confronti della
Germania.
-> la Germania deve presentare al mondo un volto dialogante (Streseman, che immagina
semplicemente una Germania che si riappropri del proprio ruolo nel continente europeo,
vuole rivedere le clausole del Patto di Versailles con modalità opposte a quelle con cui le
rivedrà Hitler, che lo farà in chiave revisionista ma anche espansiva).
17.10.30 Storia delle Relazioni Internazionali
INGRESSO FRANCO-BELGA IN GERMANIA
Nel Gennaio 1923, nel momento di grande crisi tra Francia e Germania, le truppe franco-
belghe entrano nella Ruhr (apice della politica del pegno produttivo) con la finalità di
riscuotere i pagamenti (es. ritardo in una consegna di pali del telegrafo): i tedeschi
dovevano pagare la gran parte dei pagamenti in materie prime e prodotti finiti, e i francesi
aspettavano il pretesto per poter occupare la Ruhr, bacino produttivo carbosiderurgico in
cui aveva degli interessi economici (idea che si potesse costituire una sorta di cartello che
comprendesse i grandi produttori di acciaio in Germania avvantaggiando la produzione
francese).
Conseguenze in Germania
La Germania risponde con la resistenza passiva: il governo della Repubblica di Weimar
sostiene la resistenza per l’impatto sull’opinione pubblica (che credeva fosse necessario
opporsi a questo grave sopruso), ma in termini di realpolitik ciò vuol dire rinunciare alla
produzione della Ruhr e spendere ingenti somme per il mantenimento dei sussidi dei
lavoratori della Ruhr.
-> nel 1923 la politica tedesca porta in Germania una gravissima crisi inflativa con una
svalutazione del marco rapidissima: nei primi anni ’20 si comincia a sentire l’onda lunga
della Prima Guerra e l’Europa comincia a perdere la sua centralità).
STRESEMANN
Stresemann, che orienta la Germania verso un periodo aureo di ripresa (cd. "era di
Locarno”), ha una visione chiara e non teme l’impatto politico di una scelta così difficile
sull’opinione pubblica, nonostante per la Germania fosse un momento di crisi sociale
molto acuto (il ministro delle finanze Rathenau viene ucciso) e di instabilità politica con
frequenti cambi di governo e un'incapacità di governare le ali estreme, con i movimenti di
estrema destra che prendono forza nei momenti di maggiore crisi economica.
Stresemann comunque rimane un revisionista: non trova accettabile il ruolo a cui è stata
relegata la Germania e non è d’accordo con l’idea della responsabilità tedesca nello
scoppio della guerra. Tuttavia è anche un moderato ed è convinto di poter modificare la
situazione per mezzo di un tavolo negoziale in cui rivedere il ruolo della Germania in
Europa rimettendo mano sul diktat Versailles:
- riparazioni: necessario rivederle perché la politica del pegno produttivo (di cui i francesi
non erano particolarmente soddisfatti e che aveva causato anche il loro allontanamento
dalla Gran Bretagna, alleato fondamentale per garantirne la sicurezza) aveva anche ridotto
la produttività della Germania.
- frontiere: anche nella sua fase democratica la Germania ha sempre perseguito un
revisionismo teso a ridiventare grande potenza e per Stresemann è ineludibile un
riconoscimento della potenza continentale del Reich (con un ruolo però più bismarkiano,
equilibratore al centro dell’Europa, che non hitleriana). In particolare si vogliono rivedere le
frontiere orientali (Prussia Orientale separata dal resto del paese dal Corridoio di Danzica).
Con la fine dell’Impero austro-ungarico ci sono in Europa Orientale svariati gruppi di
lingua e cultura tedesca (es. sudeti) e Stresemann vuole richiamare sotto la sovranità del
Reich i territori popolati da popolazioni di lingua e cultura tedesca, ma con un realistico
ordine di priorità (es. Anschluss)
Anschluss
Torna l’idea della riunificazione tra Austria e Germania (vietato esplicitamente dall’Art. 88
del Trattato di Saint Germain e ribadito con il Protocollo di Ginevra del 1922), che fino ad
ora stava più a cuore all’Austria, entrata in una fase di grande difficoltà finanziaria ed
economica a causa del nuovo assetto di stato semi-agricolo (con difficoltà a rinsaldare i
rapporti con gli altri paesi dell’Europa Centro-danubiana, che avevano una funzionalità
economica) -> l’Austria cerca di riunirsi alla Germania, vedendo nell’Anschluss un
elemento salvifico per la propria sopravvivenza, coerente anche con l’omogeneità della
lingua e della cultura dell’Austria (il nucleo rimasto dell’Austria è interamente di lingua e
cultura tedesca).
Garanzie di Stresemann
Stresemann, con grande realismo, non nega la questione dell’Austria ma la rinvia: (come
scritto in una lettera al Kronprinz) è convinto che l’Anschluss si verificherà nel futuro, ma
non è una priorità nel negoziato aperto con i vincitori, in particolare con la Francia, alla
quale è necessario anzitutto dare fiducia (garanzia contro il ritorno aggressivo della
Germania) -> la Germania deve fare un passo ulteriore oltre alle richieste di revisione di
Versailles, garantendo alcune cose:
1) fine alla resistenza passiva nella Ruhr -> porta alla ripresa del dialogo con la Francia:
accolta dai nuovi politici francesi come la possibilità di iniziare un dialogo; la Germania
viene invitata a partecipare alla Società delle Nazioni (entra nel 1926) come stato
effettivamente dialogante con i vincitori.
2) garanzia tedesca delle frontiere occidentali con la Francia e con il Belgio (alla base della
Conferenza di Locarno nell’Ottobre 1925), non rivendicando i territori passati con
Versailles dalla Germania alla Francia o al Belgio (Alsazia-Lorena, Eupen e Malmedy).
3) accordi di arbitrato: (arbitrato: accordo in base al quale due potenze decidono che
qualsiasi vertenza debba sorgere tra loro verrà risolta da un giudice terzo preventivamente
scelto da entrambe) la garanzia della Germania alle frontiere occidentali è sotto l’egida
della Gran Bretagna e l’Italia.
Per un lungo periodo la politica estera italiana, nonostante l’ascesa al potere di Mussolini
(e la sua presupposta politica aggressiva basata sulla retorica della vittoria mutilata, del
posto al sole e dell’internazionalismo), non cambia nella sostanza.
Mussolini, che pure nel suo primo governo ha nominalmente il dicastero degli esteri, non
modifica in principio i pesi della diplomazia e la politica che aveva preso corpo nei
decenni, e la fascistizzazione e l'ideologizzazione della diplomazia avverrà solo più tardi.
Frontiere Occidentali
Nel trattato di Locarno la Germania garantisce le frontiere occidentali (Francia e Belgio) e
si accorda aggiungendo un accordo di arbitrato nel caso dovessero sorgere vertenze ti
tipo territoriale con Francia e Belgio, sotto l’egida di Gran Bretagna e Italia.
-> momento di grande speranza sul fatto che questa ripresa del dialogo possa
riequilibrare le relazioni in Europa.
Frontire Orientali
Le frontiere orientali rappresentano l’elemento di instabilità e il vulnus percepito dalla
Germania, e nel Trattato di Locarno appare il fatto che esistono alcune frontiere che
dovranno essere riviste prima o poi. L’unico elemento che lega Germania, Polonia e
Cecoslovacchia sono i trattati di arbitrato, senza alcuna garanzia a differenza di quanto
non fosse accaduto per le frontiere occidentali.
La Francia, per tranquillizzare i polacchi e i cecoslovacchi, si rende disponibile a garantire
queste frontiere (stringere degli accordi di garanzia con Cecoslovacchia e Polonia qualora
questi paesi avessero subito attacchi da parte della Germania).
-> la Francia ha negoziato con i tedeschi un accordo che è a vantaggio della sicurezza
francese ma non della sicurezza delle frontiere orientali (la Germania dava a Polonia e
Cecoslovacchia soltanto degli accordi di arbitrato), perciò stipula accordi di garanzia con
Polonia e Cecoslovacchia per garantirla da un attacco tedesco.
La Germania sa di avere ancora una serie di gravami che in questa fase le impediscono di
essere una potenza uguale alle altre: le riparazioni che verranno ridiscusse in questa fase,
l’occupazione di alcune zone (occupazione francese a Colonia e in Renania, e nella Saar,
dove era previsto un plebiscito, ma dove la politica francese cercava di creare un partito
all’interno dei grandi industriali favorevole a gravitare intorno alla Francia) e tutte le norme
riguardanti il disarmo (ancora in vigore in Germania con il Trattato di Locarno, ma
parzialmente aggirate grazie agli accordi segreti con l’Unione Sovietica).
L’Unione Sovietica a questo punto può temere di trovarsi di nuovo in una situazione di
isolamento a causa dei pessimi rapporti con le altre potenze e per la possibile perdita di
interesse della Germania nei confronti dell’Unione Sovietica.
-> Stresemann nel 1926 fa un accordo ulteriore e politicamente più corposo con l’Unione
Sovietica: c’è un accordo di non entrare in coalizioni avverse (passo ulteriore rispetto al
Trattato di Rapallo del 1922).
Situazione economica
Con il Trattato di Berlino del 1926 (trattato di controassicurazione) si completa
parzialmente il quadro politico di Stresemann, ma questa situazione aveva come antefatto
anche una revisione delle riparazioni.
La crisi che aveva portato a Locarno era partita anzitutto da una questione economico-
finanziaria (prima che territoriale): ci si rende conto, non solo che con la politica adoperata
si era dimezzata la produzione della Ruhr, ma anche che si rischia che la crisi economica
tedesca abbia esiti negativi sul resto dell'economia europea (viene a mancare un fulcro di
scambi, commerci e produttività che è centrale in Europa e a cui la Francia non è in grado
di sostituirsi efficacemente) -> intervento americano nel continente.
INTERVENTO AMERICANO
In che misura gli Stati Uniti sono realmente isolazionisti?
In realtà le logiche politiche non sono le uniche forze che muovono la politica estera di un
paese e le logiche economiche sono una forza estremamente importante -> la questione
economica e finanziaria tiene legato l’interesse americano all’andamento del continente
europeo.
Nel corso della Prima Guerra Mondiale la vera incisività della politica di Wilson è prima
economica che politica (era valso di più l’aiuto dato in termini finanziari con rifornimenti e
materie prima dell’intervento effettivo nel 1917) e tutti gli aiuti erano dati a titolo di
prestito, senza la pretesa che gli stati europei riuscissero a pagare nell’immediato.
-> il già avviato miracolo industriale americano conosce una fase di grande accelerazione
perché è chiamato a iper-produrre durante la Prima Guerra senza che il territorio
americano sia intaccato dal conflitto.
Riconsiderare la questione delle riparazioni della Germania significa anzitutto rifarsi a ciò
che aveva fatto osservare Keynes: se la Germania viene messa in condizione di non
produrre ed è paralizzata dalla crisi inflativa, non potrà far fronte ai propri debiti e verrà
meno anche uno dei pilastri dell’economia europea.
-> il mancato funzionamento dell’economia tedesca significa un mancato funzionamento
globale dell’economia europea ed è necessario anzitutto risanare l’economia tedesca.
Il Piano Dawes
Il nuovo presupposto del banchiere americano Dawes prevede di risanare finanza ed
economia tedesca: viene per esempio ricostituita la ricostituzione della Reichsbank
(Hjalmar Schacht, futuro banchiere di Hitler, diventa banchiera sotto l’egida del Piano
Dawes) e sopratutto un grande prestito che possa rimettere in funzione la produzione
industriale tedesca -> risanare la Germania finanziaria, rimettere in moto l’industria
tedesca e così poter garantire un pagamento delle riparazioni commisurato alla capacità
di pagamento (con il piano Dawes si vuole rimettere la Germania in condizione di produrre
perché solo così potrà pagare le riparazioni).
La sterlina si è dovuta svincolare dal sistema aureo (il cambio oro-sterlina non è più fisso)
mentre il dollaro è uscito rafforzato dopo la fine della Prima Guerra Mondiale e potrebbe
sostituire la sterlina negli scambi a livello internazionale.
Era di Locarno
Tra le due guerre c’è una percezione che il contesto europeo possa trovare un suo
equilibrio e che il lascito di incertezza della guerra e dei trattati di pace possa essere
risolto.
Il Giappone, entrato in guerra nel 1914 a fianco della Gran Bretagna sua alleata, ha
acquisito ulteriori diritti e ulteriore legittimazione tra le grandi potenze.
Obiettivi americani
Gli americani cominciano a sentire la presenza giapponese come qualcosa con cui dover
fare i conti e nel 1921 gli interessi degli Stati Uniti alla conferenza sono duplici:
- vogliono garantire la politica della porta aperta per la Cina: evitare in Cina (paese
debolmente governato e sottoposto a una serie di vincoli ineguali con i paesi occidentali
per mezzo di concessioni) un ruolo preponderante di qualunque potenza e in particolare
del Giappone, la cui espansione diretta è necessariamente verso la Cina (nel 1915 il
Giappone aveva imposto alla Cina il Trattato delle Ventun domande: emergeva quanto
l’influenza giapponese in Cina fosse dilagante).
- sono interessati a eliminare l’Accordo del 1902 che legava Giappone e Gran Bretagna
(che per il Giappone era stato un elemento di forza) e che sarebbe decaduto se non fosse
stato rinnovato -> gli americani fanno pressione nei confronti degli inglesi per non
rinnovare, ma dicendo anche che la vertenza si poteva risolvere attraverso una serie di
accordi, il primo dei quali era l’Accordo Navale.
-> anche attraverso la politica del disarmo, la politica estera degli Stati Uniti non è
dormiente e cerca di controllare l’espansione evidente del Giappone in un’area di primario
interesse come il Pacifico.
17.11.06 Storia delle Relazioni Internazionali
PRESA DI POTERE FASCISTA E CONTINUITÀ DELLA POLITICA ESTERA ITALIANA
Dall’Ottobre 1922, con la Marcia su Roma, Benito Mussolini è diventato Presidente del
Consiglio e con il delitto Matteotti (1924) il controllo del Partito Fascista è completo.
Il Partito Fascista sale al potere nutrendosi del mito della vittoria mutilata (funzione politica
dei reduci che tornano dalla Prima Guerra in una situazione instabile politicamente ed
economicamente), ma non avviene in realtà una cesura netta rispetto alla direzione
collaborativa all’interno della Società delle Nazioni (ribadita dagli Accordi di Rapallo del
1920, in cui si trova un modus vivendi con il regno di Jugoslavia verso cui puntano molte
delle rivendicazioni italiane).
La cesura non avviene perché, nonostante Mussolini avochi a se il ruolo di ministro degli
esteri, Salvatore Contarini (Segretario Generale agli Esteri) riesce a garantire una
continuità della politica estera italiana -> dal ’22 in poi di una politica estera non si
trasforma e non si fa più aggressiva (una parte degli obiettivi sono revisionisti, ma questi
continuano ad essere perseguiti con gli strumenti usuali) e il corpo diplomatico rimane
pressoché inalterato.
Nel 1924 Mussolini raccoglie i frutti di un lavorio politico precedente: un ulteriore accordo
tra l’Italia e il Regno di Jugoslavia (tecnicamente Regno dei Serbi, dei Croati e degli
Sloveni fino alla presa di potere di Re Alessandro nel 1929) in cui si trova un’intesa che
sembra poter essere definitiva:
- ritorno all’Italia di Fiume (non avendo funzionato la gestione internazionale e
l’indipendentismo fiumano)
- mantenimento dello status quo in Albania, rilevante sia per la politica estera Italiana sia
per quella jugoslava.
Importanza dell'Albania
L’Albania ha un valore nell’ambito della politica più ampia sul Adriatico e sul Mediterraneo
e in quella dell'espansione balcanica, che Italia e Jugoslavia stanno cercando di
perseguire a partire dallo scenario che si è aperto con la caduta dell’Impero austro-
ungarico (non è velleitaria l’ambizione italiana di diventare potenza egemone nei Balcani,
non tanto in termini territoriali, ma con un’egemonia economica e un ruolo politico in
grado di condizionare politicamente quest’area).
La capacità dell’Italia deve misurarsi con la forza politica e con la rete di alleanze
conseguite dal Regno di Jugoslavia: con il prevalere delle logiche serbe all’interno del
Regno di Jugoslavia, si convoglia l’interesse della politica estera del Regno intero sulla
necessità di un accordo riguardante l’Albania (mentre la parte parte croata guardava
maggiormente all’area adriatica, la parte serba guardava necessariamente verso il nord
dell'Albania e l’Egeo).
Compensi coloniali
L’Italia, con la firma dei Trattati di Roma del ’24, ambisce a trovare un assetto di equilibrio
nell’area balcanica e al contempo cerca un accordo con la Francia che possa consentirle
di recuperare il posto al sole che lasciavano presupporre gli accordi di pace: i compensi
coloniali che sarebbero spettati alle potenze vincitrici a scapito delle perdite coloniali
tedesche erano stati suddivisi tra la Franca e la Gran Bretagna, mentre l’Italia chiedeva
dei compensi territoriali nelle aree limitrofe alle proprie colonie (sia quelle dell’Africa
Orientale affacciate sul Mar Rosso, sia la colonia libica).
-> altro elemento di latente insoddisfazione della politica italiana (elementi di revisionismo
che facevano pendere l’Italia verso l’idea che i Trattati di Versailles dovessero essere
rivisti).
-> questi anni sono caratterizzati in particolare da una crescente competizione tra Italia e
Francia: la competizione tra Italia e Jugoslavia rimane impari finché la Jugoslavia è
isolata, e diventa una competizione vera quando il protettore della Jugoslavia diventa la
Francia -> chi contende all’Italia il ruolo di potenza dominante e di influenza nell’area
centro-danubiana è la Francia, paese per definizione contrario a ogni revisionismo e
garante per i paesi che vedono la propria sopravvivenza solo nell’anti-revisionismo (i paesi
successori dell’Austria-Ungheria, a partire dalla stessa Jugoslavia).
La distinzione tra le garanzie sui confini occidentali e orientali della Germania viene
chiaramente percepita dalla Polonia, dalla Cecoslovacchia e dagli altri paesi che potevano
temere una possibile istanza revisionista tedesca (che avrebbe per prima cosa rimesso in
discussione le frontiere di questi paesi) -> da Locarno questi paesi escono con più
insicurezza e la Francia, paladina degli Accordi di Versailles, è chiamata a rispondere
(giovatasi della garanzia tedesca, aveva dovuto a sua volta garantire Polonia e
Cecoslovacchia).
L’Italia ha un atteggiamento critico nei confronti degli accordi di pace perché ritiene di
essere stata penalizzata (non erano state rispettate tutte le promesse fatte all’Italia) e la
sua politica vive fasi alterne: nel ’24 sembra trovare la strada di un accordo anti-
revisionista dai quali si allontana con gli Accordi di Tirana firmati quando la componente
serba del Regno di Jugoslavia, avendo letto gli Accordi di Roma come una sorta di
accordo di desistenza (désistement) da parte dell’Italia nell’area balcanica, vorrebbe
riprendere l’espansionismo verso il nord dell’Albania.
Avvicinamento Francia-Jugoslavia
La Jugoslavia si avvicina sempre più alla Francia, garante dell’anti-revisionismo e tutore
della Piccola Intesa (paesi anti-revisionisti di cui fa parte la Jugoslavia e che costituisce la
longa manus della Francia nell’area): la Francia svolge un ruolo di potenza determinante in
un settore in cui il controllo economico e delle risorse è rilevante.
A) (vd. sopra) Con la piena intesa e l’accordo tra la Francia e la Jugoslavia nel 1928, il
baricentro dei contrasti italiani si sposta di nuovo verso la Francia, interessata come
l’Italia al varco aperto in quest’area.
B) È inoltre aperta con la Francia la vertenza territoriale sulle colonie: verso la Francia (che
non vuole accettare le pretese italiane formulate prima della guerra) si concentra il mito
della vittoria mutilata e del mancato posto al sole.
C) Sul piano della politica interna poi, esiste il problema del fuoriuscitismo italiano:
elementi di dissidenza politica anti-fascista che trovavano asilo in Francia (es. fratelli
Rosselli).
Tuttavia non c’è ancora una considerazione del regime fascista quale elemento illegale,
anti-democratico e di rottura degli equilibri europei, la figura di Mussolini ha una certa
autorevolezza sul piano internazionale e il regime è accettato: non c’è ancora un netto
contrasto tra i regimi totalitario e i sistemi democratici, e il contrasto diventerà più netto
solo con la polarizzazione di Italia e Germania nel Tripartito, nel Patto d’Acciaio e poi con
la guerra.
D) Con la Conferenza sul disarmo navale a Washington 1922 Francia e Italia avevano
trovato un accordo per una parità navale, ma quando gli Stati Uniti si adoperano per
convocare nel 1927 una successiva conferenza sul disarmo navale a Londra sia la Francia
che l’Italia si rifiutano di partecipare (né l’una né l’altra sono disposte a riaprire il discorso
del riarmo navale e a ritrovare lo stesso accordo trovato nel 1922 a Washington).
Il contrasto tra Stati Uniti e Inghilterra, più che un fulcro di crisi, può essere considerato
come un elemento che riporta allo scenario europeo, che è ancora centrale, per capire le
logiche con cui si muovono le potenze europee.
Siamo ancora nella fase della politica della sicurezza collettiva rappresentata dalla
Conferenza di Locarno e che ha portato Briand al successo (dando maggior sicurezza e
maggior tranquillità alla Francia).
Nel 1926 la Germania entra nella Società delle Nazioni, in linea con la visione della
potenza affidabile di Stresemann, e Briand cerca di chiudere il cerchio ritrovando anche
un nuovo dialogo con gli Stati Uniti, ancora tenuti lontani dalla questione dei debiti
interalleati. I francesi avevano sempre cercato di vincolare la questione dei debiti con
quella delle riparazioni, cosa che gli Stati Uniti si rifiutano di accettare.
L’intento è quello di aggirare l’assoluta reticenza degli Stati Uniti a vincolarsi con accordi
politici chiari con l’Europa, avendo avuto sempre gli accordi americani sul tema europeo
un valore squisitamente economico (gli Stati Uniti erano rimasti fuori anche dagli Accordi
di Locarno).
-> ricerca del sistema di sicurezza collettiva di cui gli Stati Uniti erano parte integrante e
che si era perduto con la sconfitta di Wilson.
Gli Stati Uniti fino a quel momento avevano stipulato degli accordi arbitrali con una serie
di paesi con la costante che, qualora fosse messa in gioco la sicurezza nazionale del
paese, la questione non sarebbe stata soggetta ad arbitrato -> impegni bilaterali solo
quando le questioni siano concrete e ben definite (non di grande portata come quelle
territoriali).
Briand capisce che alcune forze politiche, sia della destra isolazionista che della sinistra
pacifista, credono che gli Stati Uniti debbano trovare un impegno maggiore a favore della
pace e del disarmo.
Il progetto di Quadruplice non si realizza perché è troppo difficile per l’Italia mettere
d’accordo paesi divisi tra loro da un forte elemento di contrasto sul piano territoriale, ma
con gli accordi con Albania e Ungheria l’Italia sembra sposare definitivamente l’opzione
revisionista (maggiormente fascista rispetto alla linea precedente).
La stressa idea di sfaldare dall’interno la Jugoslavia si scontrava anche con il fatto che i
movimenti indipendentisti spesso non avevano i mezzi sufficienti per destabilizzare
davvero il Regno di Jugoslavia (il movimento Ustaše di Ante Pavelić è minoritario perché i
croati si rendevano conto dei pericoli derivanti da una Croazia totalmente indipendente
rispetto alla rivendicazioni italiane).
-> anche attraverso l’azione di forza, Mussolini si sforza di ritrovare un possibile dialogo
con la Francia (in particolare con la politica estera di Grandi dei primi anni ’30) fino
all’accordo definitivo Mussolini-Laval nel Gennaio ’35: l’Italia non voleva un contrasto
diretto con la Francia e non prevedeva che alla fine ci sarebbe stato un confronto, ma
voleva trattare con la Francia su un piano di forza.
Questione sull'Anschluss
La Germania aveva aperto un negoziato che richiedeva che il processo di parificazione
proseguisse coinvolgendo oltre al disarmo anche la questione dell’Anschluss, che
Stresemann non aveva escluso ma solo rinviato (non come una violazione
dell’indipendenza austriaca, ma come l'adempimento del desiderio della maggioranza
degli austriaci e delle forze politiche austriache di entrare a fare parte di un Reich
tedesco).
L’Austria così com’è non è in grado di sostentarsi autonomamente e continua a chiedere
soldi in cambio di indipendenza: quando le casse austriache sono allo stremo, i francesi
forniscono dei prestiti in cambio di dichiarazioni in cui l’Austria si impegna a mantenere la
propria indipendenza (in contraddizione con il principio di autodeterminazione dei popoli).
Alcune ragioni profonde (vd. ultimo capitolo lezione precedente) indicano che l’era di
Locarno, conosciuta storicamente come “periodo aureo”, è destinata a finire.
Questione giapponese
Il problema giapponese sarà una costante a partire dal momento in cui il Giappone si
affaccia prepotentemente sulla scena internazionale, in termini militari e di espansionismo
territoriale, benché finora si fosse riusciti a tenere sotto controllo l’avanzata giapponese.
Il Giappone entra in guerra affianco dell’Intesa già immediatamente nel 1914 guardando
alla possibilità di mettere mano ai possedimenti tedeschi in Estremo Oriente (che
effettivamente erano promessi al Giappone).
Anche grazie all’accordo con la Gran Bretagna, il Giappone si era fatto strada a spese
della Russia, sconfitta nella guerra russo-giapponese -> al Giappone era stato permesso
di entrare pienamente in Manciuria e di avere una sfera di interesse coerente con la linea
espansiva che aveva portato il Giappone prima a istituire un pieno protettorato sulla
Corea e poi a espandersi prima verso il Sud della Manciura e quindi verso il Nord della
Manciuria.
Nel 1915 il Giappone aveva imposto alla Cina il Trattato delle 21 Domande: nella prima
parte la resa della Cina rispetto alle pretese giapponesi di avere vantaggi economici e
territoriali e nella seconda parte prevede un vero protettorato politico del Giappone
sull'intero territorio cinese -> contrarietà del Regno Unito (che ha precisi interessi
economici) e degli Stati Uniti.
Per gli Stati Uniti avevano dimostrato con la Prima Conferenza sul disarmo navale che vi
era una precisa necessità di porre dei limiti ben definiti al ruolo del Giappone per non
rischiare di trovarsi improvvisamente una marina giapponese sufficientemente potente da
rappresentare una preoccupazione per la sicurezza americana (il Giappone aveva
ottenuto solamente un ruolo di buon secondo, dietro Stati Uniti e Gran Bretagna).
-> a fronte di una conclamata forza militare, il Giappone è costretto comunque a mediare
con le grandi potenze che stentano ad accettare il suo ruolo di primo piano.
Ruolo dell’esercito
La divisione interna in Giappone deriva dal grandissimo peso politico che hanno le forze
armate giapponesi, che sono in grado di condizionare i governi e le loro decisioni ->
all’esercito spetta una spinta verso l’espansione del Giappone anche a costo di una
conflittualità contro l’Occidente.
L’esercito peserà sempre di più e trarrà sempre più forza quando i governi più liberali
(Shidehara) si dimostreranno più deboli sulle richieste territoriali.
-> le imposizioni esterne e i costanti tentativi di vincolare il Giappone ad accordi che non
danno riconoscimento alla sua forza militare, danno più potere ai militari e indeboliscono i
politici più liberali.
L’imperatore ha una responsabilità nell’aver avallato la presa di potere dei militari sui
politici.
-> il Johnson Act non costituisce una buona iniziativa per i rapporti bilaterali, ma più
avanti sarà evidente come la presenza giapponese in Manciuria non sarà limitata al
semplice controllo della ferrovia (il controllo della ferrovia permetteva di esercitare anche
una presenza militare attraverso la presenza dei soldati giapponesi che ne sorvegliavano
la sicurezza).
Nel Settembre 1931 le truppe giapponesi, dopo alcuni assalti alle loro forze militari
(contrasto latente con la Cina), con la scusa di dover vigilare sulla sicurezza degli snodi
ferroviari della ferrovia transmanciuriana, portano un attacco militare in piena regola verso
il Nord della Manciuria, evidenziando la totale impotenza della Società delle Nazioni, a cui
può appellarsi la Cina dal momento che l’attacco giapponese rappresenta una violazione
del covenant della Società (oltre che del Patto Briand-Kellogg e del Trattato delle 9
Potenze redatto a Washington).
Delle sanzioni economiche non vengono comminate né dagli Stati Uniti né dalla Società
delle Nazioni: di fronte all’appello di possibili sanzioni la Francia non risponde e la Gran
Bretagna svicola (perché i suoi interessi in Cina riguardano il confine con l’India e i
possedimenti lontani dalla Manciuria, per i quali l’iperattivismo giapponese in Manciuria
potrebbe essere un’utile distrazione).
Stimson nella sua dottrina prevedeva che altre potenze si sarebbero potute unire alla
dichiarazione, in una sorta di riedizione del Patto Briand-Kellogg in chiave anti-
giapponese, ma l’unico intervento oggettivo avverrà per mano dell’esercito della Gran
Bretagna che, dopo il bombardamento di Shanghai, vede minacciata la propria posizione
e i propri interessi commerciali (quando le navi della flotta britannica si presentano nel
porto di Shanghai, i giapponesi arrivano a un compromesso con i cinesi).
Creazione dello stato fantoccio del Manchukuo e varco aperto per il Giappone
Nel 1932 si arriva a una sorta di armistizio in cui, con la creazione dello stato fantoccio del
Manchukuo, la Crisi Manciuria termina con un sostanziale fallimento della Società delle
Nazioni e con un Giapponese pienamente operativo sul piano militare e convinto di
essersi aperto la strada verso passi ulteriori nei confronti della Cina.
-> crisi non risolta e che ha aperto un varco al Giappone verso un espansionismo
territoriale nei confronti della Cina (su cui pure gli Stati Uniti erano sembrati fino a quel
momento molto rigidi).
Conclusione
La Crisi Manciuriana manifesta:
- totale inefficienza e il completo indebolimento della Società delle Nazioni (della quale la
Cina è stato membro)
- piena e assoluta dichiarazione di impotenza da parte degli Stati Uniti isolazionisti (gli
isolazionisti al Congresso non vogliono comminare le sanzioni al Giappone perché le
ritengono uno strumento che può condurre alla guerra senza che vi sia una minaccia
diretta all’interesse nazionale o economico americano).
Stresemann, che aveva solamente rinviato l’Anschluss fino al momento in cui fosse
ricostituita l’immagine affidabile della Germania (e in cui le grandi potenze fossero
disposte a rivedere la propria rigidità riguardante questo divieto comminato a Germania e
Austria in contrasto con il principio di autodeterminazione).
Il governo austriaco e tedesco progettano nel 1931 un’unificazione doganale (che doveva
essere primo passo verso l’unificazione politica), ma prima di aver sensibilizzato Francia,
Gran Bretagna e Italia (garanti dell’integrità territoriale austriaca attraverso Saint-Germain
e attraverso il Protocollo di Ginevra del ’22), il progetto viene pubblicato da un giornale ->
le cancellerie europee vengono a sapere che austriaci e tedeschi stanno cercando di
erodere i vincoli imposti dai Trattati di Versailles e Saint-Germain (nessuno pensa che
l’unificazione doganale sia per l’Austria un tentativo di sopravvivenza economica).
Austria e Germania non agire come due paese che autonomamente decidono di stipulare
un accordo economico, e devono entrambe sottomettersi ai vincoli derivante dagli
accordi di pace (e per quanto riguarda l’Austria anche da un accordo aggiuntivo stipulato
nel ’22 in cui si impegnava al mantenimento della propria indipendenza rispetto alla
Germania) -> non possono fare altro che rimettersi alla volontà delle grandi potenze e al
pronunciamento della Corte di Giustizia dell’Aja, che però non necessariamente dovrà
andare nella direzione voluta dalla Francia, dall’Italia e dall’Inghilterra.
Anche i paesi della Piccola Intesa sono preoccupati dall’idea di un’unificazione doganale
tra Germania e Austria, in cui vedono la nascita di un colosso economico che può
cominciare a esercitare un peso diverso e a gravare sull’Europa Orientale.
-> c’è un allarme collettivo.
-> gli equilibri politici ormai portano a pensare che la Repubblica di Weimar stia
cominciando a vacillare e che l’Austria non sia in grado di continuare a vivere in
autonomia (poiché la sua indipendenza è strettamente legata ai continui foraggiamenti
stranieri). La pulsione austriaca a unificarsi con la Germania rappresenta una costante,
andando a indebolire ulteriormente gli accordi di pace su cui si era puntellato il sistema
successivo alla Prima Guerra Mondiale.
-> tra il 1931 e il 1932 le cose stanno andando tutte verso un’unica direzione: fine
conclamata del sistema di equilibrio (ci sono più elementi che fanno ritenere che questo
sistema si stia sgretolando).
RUOLO DELL’ITALIA
Dal ’26 l’Italia rompe un politica di dialogo e accordo con il Regno di Jugoslavia e tra il ’30
e il ’31 aveva partecipato alla Conferenza di Londra sul disarmo navale nel tentativo di
mostrare il volto negoziale e pacifico del regime.
In questa fase comunque la politica estera italiana sta cercando un accordo generale con
la Francia che possa favorire l’ottenimento delle richieste di correzioni territoriali e di tutto
ciò che aveva lasciato l’Italia insoddisfatta a seguito della guerra (opzione negoziale).
Mussolini
Mussolini immagina un direttorio delle Quattro Potenze (Patto a 4) che avrebbe dovuto
mettere mano alle vicende insolute e risolverle alla luce di quella che ritiene una politica
totalmente fallimentare di piena adesione alla Società delle Nazioni.
Mussolini ha la percezione che la politica societaria (interna alla Società delle Nazioni) sia
inutile e benché la posizione italiana in questa fase sia ancora quella di un paese aperto a
un accordo, questo accordo è al contempo revisionista (l’Italia sottolinea come ci siano
ancora molte situazioni da rivedere) e anti-revisionista (laddove l’Italia si sente
direttamente minacciata: es. Anschluss e potenziamento della Germania).
In questa fase l’Italia sta giocando una partita che si svolge in larga misura tra i Balcani e
l’Europa Centro-orientale, cercando di occupare il varco aperto con la fine dell’impero
austro-ungarico.
Dimissioni di Grandi e apertura di una nuova fase della politica estera italiana
Il Ministro degli Esteri Grandi decide di dimettersi (indicando la fine di una certa politica
estera) quando torna dalla Conferenza di Londra senza aver ottenuto un accordo
conveniente per l’Italia (es. sul disarmo navale) e senza un accordo con la Francia (che
opta invece per un accordo con la Gran Bretagna, lasciando l'Italia nuovamente a
margine di un consesso decisionale).
-> Mussolini riassume il dicastero degli Esteri e avvia una nuova fase che dovrebbe
essere più incisiva per la politica estera italiana (lo stesso Mussolini ha acquisito una
sicurezza diversa da quella che poteva avere nel ’25 quando l’Italia si era fatta garante del
Trattato di Locarno).
Elezione di Hitler (1933) e uscita della Germania dalla Società delle Nazioni
Nel Gennaio del 1933 Adolf Hitler diventa cancelliere, con un intento di politica estera
caratterizzato dal revisionismo assoluto e non necessariamente negoziale (a differenza di
quello di Stresemann).
La prima decisione che Hitler attua in politica estera è l’uscita della Germania dalla
Società delle Nazioni, quando non riesce a trovare né a ottenere né a discutere la parità
dei diritti (possibilità per la Germania di vedere riconosciuti i propri diritti a dotarsi
nuovamente di uno strumento militare a fronte del mancato disarmo internazionale).
La Germania con Hitler esce dalla Società delle Nazioni -> fine totale dell’equilibrio di
Stresemann (il cui coronamento era stato proprio l’ingresso nella Società delle Nazioni);
Si intiepidiscono oggettivamente i rapporti dell’Italia con la Società delle Nazioni (anche
se non uscirà dalla Società delle Nazioni, tutto ciò che l’Italia ha cercato di portare a casa
dalla sua partecipazione si è rivelato un insuccesso) -> complessità della situazione nel
1933.
-> l’uscita dalla Società delle Nazioni da parte della Germania rappresenta la fine
conclamata del sistema di Locarno.
Hitler va al potere con un disegno di riarmo a tappe forzate (già portato avanti grazie agli
accordi segreti con i sovietici) e contemporaneamente di atti forza, il primo dei quali è
l’uscita dalla Società delle Nazioni.
Hitler ritiene che l'Anschluss debba avvenire con il pieno accordo dell’Italia, molto
sensibile sul tema: il pangermanismo al confine del Brennero lascia presagire un
irredentismo interno pericoloso per la politica di nazionalizzazione forzata che si era
concretizzata in Alto Adige ma anche per la garanzia dell’unico confine sicuro e difendibile
(Brennero) nel momento in cui si sta riaffacciando di nuovo una Germania forte e riarmata.
Alla crisi della Società delle Nazioni e del sistema di sicurezza collettiva contribuiscono
tutti i problemi irrisolti finora (è solamente con anni di contingenze politiche ed
economiche che finiscono per succedere determinati avvenimenti) -> ciò che porta
l’Europa ai drammatici fatti del ’39 e allo scoppio della Seconda guerra non è l’ascesa
casuale di Adolf Hitler, ma piuttosto il fatto che la Germania si trovasse in una situazione
incompiuta.
Nel Gennaio del 1933 Hitler diventa cancelliere (ottenendo legalmente l’incarico da
Hindenburg con il sostegno dell’opinione pubblica, pur nel contesto di ondate
sostanziose di violenza) e a seguito dei successi elettorali del movimento
nazionalsocialista -> Hindenburg si rassegna a far diventar cancelliere un uomo per cui
non nutriva particolare simpatia, spinto soprattutto dalla dirigenza politica e militare
tedesca, che pensano di poter utilizzare Hitler come un utile strumento da accantonare
successivamente.
ESPANSIONISMO GIAPPONESE
-> si alimenta la politica militarista giapponese, che non trova un vero contraltare
Ingresso dell’Unione Sovietica nella Società delle Nazioni (1934) e politica di Stalin
Ancor prima che Hitler prendesse il potere, quando i sovietici capiscono che dovranno
fare i conti con la questione del riarmo tedesco, gli sviluppi della politica sovietica sono
ancor più tesi all’uscita dall’isolamento -> nel 1934 l’Unione Sovietica entra nella Società
delle Nazioni (verso la quale non aveva dimostrato interesse in precedenza).
Il Commissario agli Esteri Litvinov segue l’impronta che Stalin vuole dare in prima persona
alla politica estera (un autocrate ha il pieno controllo della politica estera, come nel caso
di Grandi che nel 1930 aveva interpretato l’idea della politica estera di Mussolini ma non
ne era stato l’artefice) -> il convincimento politico di Stalin è che sia vitale per l’Unione
Sovietica uscire dall’isolamento.
1935
Gennai
o
1935 Accordo Mussolini-Laval
Marzo Hitler reintroduce la
1935 coscrizione obbligatoria
Aprile Fronte di Stresa
1935 Accordo Francia-Russia
Maggi
o
Il disegno della Locarno Orientale finisce nel Luglio 1934 quando a Marsiglia vengono
uccisi il Ministro degli Esteri Barthou e Alessandro di Jugoslavia, recatosi in visita in
Francia: i responsabili dell’omicidio sono gli Ustaše (foraggiati economicamente e
addestrati dagli italiani, rispetto ai quali però Pavelić si sta garantendo una sempre
maggiore autonomia), il movimento indipendentista croato che aveva tutte le possibili
ambizioni riposte nel venir meno di una monarchia serba rappresenta da Alessandro
Karadordević e che in questo assassinio ottiene il duplice vantaggio di aver spento il
disegno di Locarno Orientale (che avrebbe creato una maggior stabilità per il Regno di
Jugoslavia) e di uccidere Alessandro (maggior rappresentate dell’elemento serbo
all’interno del regno di Jugoslavia).
Idea di Patto a 4 di Mussolini e abbandono dell’area centro-danubiana a favore dell'Africa
In Italia (altro attore fondamentale in questa fase) Mussolini, evidenziata l’inefficienza della
Società delle Nazioni, pensa invece a un Patto a 4 per ripristinare una sorta di consesso
dei decisori fondamentali che possa trovare un accordo di massima: Mussolini è sospeso
tra l’anti-revisionismo (guardando con preoccupazione al potenziamento della Germania)
e il revisionismo (laddove il mito della vittoria mutilata vuole un’Italia non appagata dai
Trattati di Pace e con l’idea del posto al sole, spostando l’interesse politico italiano
dall’area centro-danubiana verso l'Africa).
Nel ’34 Mussolini dà formalmente alla Germania un segnale di chiusura netta con il
rafforzamento militare al Brennero dopo il tentativo di Anschluss, ma capisce
realisticamente che è evidente che il varco aperto con il crollo dell’Impero austro-ungarico
si sta richiudendo con il ripotenziamento della Germania (l’area ben presto sarà occupata
economicamente e politicamente dal Reich nuovamente potenziata) -> l’oggetto
principale delle energie italiane non può limitarsi ad essere l’area centro-danubiana,
laddove comunque ci sono ancora in sospeso le promesse coloniali derivanti dagli
accordi successivi alla Prima Guerra Mondiale.
Ci sono delle chiare differenze rispetto alla Convenzione del 1892 e all’Accordo politico
del 1894:
- la Gran Bretagna limita in tutti i modi la valenza di questo accordo: è molto tiepida
all’idea di costituire un grande accordo con l’Unione Sovietica e vede la possibilità di
accordarsi con la Germania (“fase di pre-appeasement”) -> pretende dalla Francia che
questo accordo sia vincolato al Covenant (il patto della Società delle Nazioni) e al Patto di
Locarno (attutendo di molto l’efficacia politica di un patto del genere).
- pur dovendo nascere contro il riarmo della Germania (a Stalin era chiaro che
l’espansionismo tedesco fosse rivolto verso Est), non viene stipulata una convenzione
militare che renda l’accordo efficace e veramente deterrente nei confronti
dell'espansionismo tedesco perché la presenza della Polonia (non disposta a partecipare
all’accordo temendo che il passaggio sovietico possa trasformarsi in occupazione*)
ostacola stavolta un eventuale intervento russo sul fronte orientale della Germania.
* l’Armata Rossa si era ritirata dal territorio polacco pochi anni prima (Guerra russo-
polacca dei primi anni ’20 in cui i sovietici erano arrivati fino alle porte di Varsavia) e i
polacchi erano perfettamente consapevoli della percezione che i sovietici avevano della
loro esistenza: i polacchi erano scomodi per i russi da tutti i punti di vista, in particolare
perché nella psicologia difensiva di Stalin era fondamentale tenere sotto controllo la fascia
territoriale costituita da Ucraina, Bielorussia e Polonia.
-> l’accordo non risulta veramente efficace e l’assenza di alcun argine fornirà a Hitler tutta
la libertà di manovra che avrà nel 1939.
Nel ’35 la Francia è mossa dalla stessa minaccia tedesca che aveva mosso anche
Barthou, ma con mezzi diversi: Laval crede che sia meglio arrivare a un accordo con gli
italiani e poi magari anche con i tedeschi (maggior collaborazione rispetto a Barthou) ->
Laval cercare un avvicinamento con l’Italia, sistemando la vertenza rimasta in sospeso
riguardo alle vicende coloniali.
- gli italiani accettano il venir meno in un arco di tempo non molto lungo dello status
speciale degli italiani in Tunisia (vicenda che si trascinava da quando i francesi avevano
istituito il protettorato tunisino, dopo che lo status era stato garantito dal Bey di Tunisi)
- ottengono in cambio di una serie di aggiustamenti lungo la frontiere francesi in Tunisia e
in Somalia (sia per l’Africa Orientale che per la Libia).
- c’è un impegno italiano a non fortificare la costa eritrea
- c’è la concessione francese dell’isolotto di Dumeira
In un ulteriore articolo i francesi dichiarano il loro impegno a cercare null’altro che buone
condizioni economiche in territorio etiopico -> si tratta di un’implicita desistenza francese
rispetto alla presa italiana dell’Etiopia (non può essere dichiarata formalmente, essendo
l’Etiopia membro della Società delle Nazioni) e Mussolini e gli italiani sono certi di aver
portato a casa una buona preparazione diplomatica per la campagna d’Etiopia attraverso
l’assenso del paese che fino ad allora era stato l’ostacolo principale per le rivendicazioni
coloniali italiane.
Quando avviene l’atto di forza italiano in Etiopia e c’è la reazione della Gran Bretagna, che
non vuole concedere l’espansione italiana nell’area, Laval rinnega che l’accordo
prevedesse qualcosa di diverso da ciò che vi era scritto: le concessioni territoriali
dettagliate nell’accordo non prefiguravano la perdita di indipendenza dell’Etiopia e la
conquista italiana (molti storici ritengono che Laval avesse veramente inteso dare questo
consenso (pur non potendo affermarlo apertamente).
Nella lettura che invece è l'Italia a dare del proprio peso determinante in chiave anti-
tedesca, il compenso è quello coloniale (Etiopia).
-> la reazione britannica rispetto all’azione militare italiana (prendendo a pretesto
l’incidente di confine a Ual Ual gli italiani entrano in Etiopia) è negativa perché lesiva del
proprio interesse.
Non solo non si sanziona la violazione palese degli accordi di pace rappresentata dal
ripristino della coscrizione obbligatoria, ma peggio ancora viene sancito il riarmo tedesco
attraverso l’accordo che Eden, portando a casa la promessa tedesca che il riarmo navale
non andrà oltre il 35% della flotta britannica -> come il discorso sul riarmo navale era
stato utilizzato in epoca guglielmina, con altrettanta lungimiranza viene utilizzato in epoca
hitleriana per rompere il fronte e tenere divisi quelli che, uniti, potrebbero creare un
ostacolo insuperabile per la Germania.
Cattiva interpretazione inglese della minaccia tedesca
L'accordo già risponde a una fase di appeasement (idea inglese che sia possibile trovare
un accordo con la Germania e che non sia sbagliato accordarsi con Hitler).
L’accordo navale del ’35 dimostra che gli inglesi non hanno ancora una percezione
corretta della minaccia tedesca (sono spinti dalla convinzione che con i tedeschi si possa
arrivare a dei patti) e il concetto che inevitabilmente con la Germania si arriverà alla guerra
non è ancora un dato assodato nel 1935: in molti sono convinti che, con una serie di
concessioni alla Germania, questa possa essere tenuta a bada.
Vengono fatte ora alcune concessioni che, colpevolmente si erano negate prima: il
negoziato sul disarmo era stato impedito alla Repubblica di Weimar ma viene subito
consentito di fronte all’atto di forza di Hitler.
17.11.13 Storia delle Relazioni Internazionali
DIFFICOLTÀ DEL FRONTE DI STRESA
Neville Chamberlain
Nel ’35 si sono manifestate le prime forme di appeasement e nel ’37 Neville Chamberlain
rende solamente operative le premesse della precedente politica inglese.
In realtà, dopo la conquista d’Etiopia, lo spostamento della politica estera italiana verso la
Germania sembra qualcosa di inevitabile.
La Germania, non facendo parte della Società delle Nazioni dal ’33, non deve partecipare
alle sanzioni economiche nei confronti dell'Italia e vede nella conquista dell'Etiopia
un’occasione:
- allontanamento dell’Italia dal Fronte di Stresa
- l’Italia distrae le proprie forze dall’area centro-danubiana (Austria) con un grande
impegno militare ed economico (vd. sotto) in Etiopia
La conquista coloniale è ancora declinata dalla retorica nazionale: gli italiani sono il
popolo laborioso e ciò che si cerca sono colonie di immigrazioni (non colonie di
sfruttamento a distanza, ma luoghi dove far immigrare la popolazione alla ricerca di spazi
fertili da coltivare).
Eden e la dirigenza britannica non iroddisce perché l’Italia aveva violato i diritti
dell’Etiopia, ma perché la conquista del paese sarebbe andata a toccare direttamente
alcuni dei punti vitali degli interessi imperiali:
- un confine di 3000 miglia dovrebbe essere difeso con ulteriore dispendio di energie da
un paese come l’Italia di cui non si conosce il vero obiettivo (si potrebbe arrivare a uno
scontro mediterraneo e imperiale.
- il lago Tana rifornisce la sorgente del Nilo Blu e deviando quelle acque si potrebbe
assetare il Sudan (importanza delle vie d’acqua).
-> un doppio binario che determina la politica inglese: la percezione inglese di non essere
più così sicura del proprio status (vd. Vantaggio tedesco nel riarmo).
-> nel concedere a Hitler di armare, si dimostra di non aver compreso la logica all’interno
della quale si muoveva Hitler:
- non viene fatto di tutto per tenere unito il Fronte
- non si capisce che le logiche di Hitler sono diverse da quelle della weltpolitik della
Germania guglielmina e che il suo fine ultimo rimane la spinta verso Est (Drang nach
Osten) alla ricerca del proprio spazio vitale (Lebensraum) da attuare attraverso conquiste
territoriali molto al di là della weltpolitik.
C’era una certa incertezza anche rispetto all’apparato retorico che accompagnava il
regime totalitario, considerandolo necessario a Hitler in patria per scaldare il consenso
collettivo solo in un primo momento, dopo il quale avrebbe cercato di ottenere i suoi
obiettivi con dei compromessi piuttosto che con la guerra.
Solo nel 1937 la Gran Bretagna avvia una politica di riarmo a tappe forzate e la
consapevolezza del suo oggettivo ritardo orienta le politiche delle potenze, a partire da
quella inglese (es. nel caso della questione dell’Etiopia la Gran Bretagna non si può
permettere l’apertura di un altro lungo confine da difendere).
Anche se tutti sapevano che la guerra sarebbe scoppiata a Est, la remilitarizzazione della
Renania avrebbe bloccato la Francia nel momento dello scoppio della guerra (drôle de
guerre, tra il ’39 e il ’40), non mettendola in grado di agire immediatamente in difesa di
quei paesi nei confronti dei quali aveva garantito un pronto intervento. Se la Renania non
fosse stata militarizzata, la Francia avrebbe potuto invadere senza troppe preoccupazioni
la Germania qualora questa avesse attaccato la Polonia.
Hitler riesce in questa fase con abilità a muoversi in politica estera e ad arrivare
all’accordo che cercava con l’Italia (prima grazie alla Guerra d’Etiopia e poi grazie alla
Guerra Civile Spagnola).
Il 1936, con la militarizzazione della Renania e la Guerra Civile Spagnola sarà un anno di
svolta per la polarizzazione, che non era avvenuta subito tra i due regimi (i cui interessi
potevano essere molto divergenti, con la possibilità per Mussolini di stare dall’altra parte).
-> con la Guerra di Spagna le cose si polarizzano anche dal punto di vista ideologico.
L’intervento italiano in Spagna è mosso invece dalla volontà di collocare una presenza
militare veramente rilevante in un’area del Mediterraneo che non controlla (il Mediterraneo
Occidentale -> minaccia diretta al cuore dell'interesse inglese, con Gibilterra) ed è
quantitativamente superiore a quello tedesco (circa 70.000 volontari: nell’accordo per il
non-intervento ci sono anche Italia e Germania ma non può essere limitata l’iniziativa
volontaria, mossa talvolta dalla necessità economica)
La logica prevalente per gli italiani comunque è quella ideologica, ovvero l'affermazione di
grande potenza in senso ideologico: l’azione di grande potenza deve essere in grado di
affermarsi anche con il sostegno che viene dato a un regime di matrice ideologicamente
simile.
-> mentre la strategia tedesca è mirata e di lungo periodo (la Spagna è importante nella
pianificazione economica, Neuer Plan), quella italiana è declinata in termini più vaghi
(benché sia proprio l’Italia ad avere un vero interesse sul Mediterraneo) e si accontenta di
una finalità ideologica, in cui non c’è un ritorno economico positivo come per la Germania
(rappresenta ulteriore dispersione di risorse in un momento in cui sarebbe più utile
raccogliere le forze).
La prudente politica sovietica (non c’è nessuna presenza ufficiale sovietica che combatte
con il fronte repubblicano) indica che l’Unione Sovietica è in questa fase, in cui c’è ancora
Litvinov agli esteri, è ancora orientata a cercare un possibile accordo con Francia e
Inghilterra, ricavando qualcosa in più dell’accordo franco-russo del ’35 in chiave anti-
tedesca.
I sovietici più degli altri hanno delle preoccupazioni sul riarmo tedesco e non si lasciano
tentare dall’appeasement (arriveranno al Patto Molotov-Ribbentrop solo quando non
trovano altre strade percorribili).
Dal ’37 in poi, sempre di più, la Gran Bretagna utilizza la politica dell’appeasement tesa a
un negoziato a oltranza, con una serie di concessioni e di riavvicinamenti alla Germania
(altrimenti incomprensibile, avendo anche avviato una politica di riarmo).
Ragioni dell'appeasement
Non è una sola mente che dà vita all’appeasement, ma un insieme di diverse valutazioni
circa l’impatto che la politica estera del Terzo Reich ha sulla stabilità europea.
2) altro punto fondamentale è la volontà dei britannici di prendere tempo perché non sono
ancora in grado di affrontare una guerra: non sono adeguatamente armati -> il fatto che
l’Inghilterra avvii in questa fase le politiche di riarmo accelerato indica che non è pronta
per affrontare un conflitto militare, mentre la Germania si era attrezzata dal ’33 a ritmi
accelerati.
3) l’anti-comunismo viscerale poi è un altro punto che esiste in parte dell’approccio degli
appeasers: parte della dirigenza britannica pensa che tra i due mali la Germania sia il
male minore perché è pur sempre un paese capitalista e un paese che non esporta
rivoluzioni (nonostante gli orrori sempre più difficilmente trascurabili di cui giunge voce) ->
può essere più conveniente trovare un accordo con la Germania in chiave anti-bolscevica
(Hitler ritiene molto conveniente fare un accordo anti-comintern sia per puntellarsi anche
in quell’area ma anche per favorire coloro che in patria ritengono che egli sia un baluardo
anti-bolscevico, o che uno scontro Germania-Unione Sovietica sia conveniente).
Addirittura una parte del conservatorismo inglese (Edoardo VIII) riteneva che ci fosse del
giusto nell’ideologia tedesca.
Ciò che accredita maggiormente la politica di appeasement è che in fondo sia possibile
arrivare a una buona intesa con la Germania, che fino a quel momento avrebbe degli
interessi vitali che non vanno a collidere con quelli inglesi (mentre la politica di espansione
italiana verso il Mediterraneo sarebbe andata a collidere con gli interessi britannica).
-> l’Unione Sovietica viene svalutata militarmente benché riesca dal 1938 a dimostrare la
validità dell’Armata Rossa negli scontri con il Giappone nonostante le purghe staliniane (il
danno delle purghe sarà riscontrabile invece nella Campagna di Finlandia).
L’idea di un accordo con l’Unione Sovietica (che può essere l’elemento determinante
contro la Germania) ha dunque molti ostacoli e la diffidenza connaturata spiega
l’esitazione della Francia e della Gran Bretagna nel corso di mesi di trattative improduttive
che si arenano sulla mancata collaborazione polacca ma anche sulla mancanza di fiducia
reciproca (quando invece i tedeschi decideranno che bisogna arrivare a un accordo con
l’Unione Sovietica nel ’39, lo faranno in pochissimo tempo).
La Cina è divisa al suo interno è divisa nella lotta tra il Kuomintang e i comunisti cinesi,
che momentaneamente troveranno un accordo (dopo il ’37) nel momento in cui c’è la
necessità di schierarsi contro il comune nemico giapponese (che arriva ad occupare la
città di Shanghai).
GENTLEMENT’S AGREEMENT
Nel 1937 l’Italia sta ancora cercando un’intesa con la Gran Bretagna e si vede l’incertezza
della politica estera britannica nel momento in cui alcuni vorrebbero un accordo generale
con l’Italia.
L’elemento attorno al quale ruota il negoziato italo-britannico è il riconoscimento formale
dell’Impero da parte della Gran Bretagna, fondamentale per l’Italia. Nel ’37-’38 si tratta di
un riconoscimento de facto, poiché c’è già più di qualche segnale che indica un
riconoscimento sostanziale (es. agenti diplomatici inglesi in territorio etiope hanno già un
ruolo consolare).
1936: anno determinante per il progressivo avvicinamento tra il Terzo Reich tedesco e
l’Italia, ma non termina comunque la politica del peso determinante (Mussolini riteneva di
avere una libertà di manovra che gli avrebbe consentito comunque di far valere il proprio
peso politico quando avesse optato per uno schieramento o per l’altro).
Alcuni storici ritengono che nel 1938 a Monaco Mussolini avesse ancora una piena libertà
di manovra, è tuttavia evidente che, pur continuando a ritenere che vi fosse questa
possibilità, con il passare del tempo si stringono i vincoli ideologici* tra il
nazionalsocialismo del Terzo Reich e l’Italia.
* I vincoli ideologici non erano ancora consolidati nel 1933 quando Hitler divenne
cancelliere: Hitler si ispira e ha grande ammirazione per Mussolini, ma non c’è nessuna
solidarietà ideologica che viene dall’Italia. Nel 1933 l’Italia ravvede nell’ascesa del Terzo
Reich un pericolo rispetto alle proprie ambizioni nel lungo periodo nell’area centro-
danubiana e una minaccia per il confine al Brennero (minaccia che arriverà nel 1934 con
l’uccisione a Vienna di Dollfuss, cancelliere austriaco contrario all’Anschluss, e la
conseguente crisi nelle relazioni tra Italia e Germania).
Revisionismo
L’ideale revisionista di Hitler minaccia inizialmente i rapporti con l’Italia, ma in realtà il
revisionismo è anche una delle grandi tentazioni della politica estera fascista -> il sistema
di Versailles andava rivisto (il fascismo e la politica estera fascista non considerano
Versailles sacri e intoccabili).
Già nel 1935 si assiste alla demolizione tedesca dei vincoli sanciti da Versailles: divieto di
circoscrizione obbligatoria, accordo navale con la Gran Bretagna e nel 1936 la
rimilitarizzazione della Renania (offesa più grave alle capacità difensive della Francia).
Guerra di Spagna
A creare anche l’importantissimo elemento della comunanza ideologica sarà la Guerra di
Spagna, che sarà un banco di prova per Roma e Berlino che, pur avendo firmato gli
accordi di non-intervento, potranno sperimentare degli armamenti sul territorio spagnolo
con una serie di operazioni militari (il coinvolgimento quantitativo dell’Italia rappresenta un
dispendio di energie durante un periodo di già difficile riarmo a causa della guerra in
Etiopia e del tentativo della colonia libica) -> l’intervento italiano nella guerra di Spagna è
quantitativamente rilevante ma politicamente ed economicamente inutile, mentre la
Germania era riuscita a rispondere a una chiara pianificazione ottenendo un risultato
politico fondamentale, ovvero l’operazione di avvicinamento all’Italia (Hitler era
consapevole che l’Anschluss, ineludibile passaggio della politica estera tedesca, potesse
essere fatto solamente con il consenso italiano).
-> Hitler vede la necessità ideologica della vicinanza all’Italia, ma altresì la finalità politica
dell’amicizia che avrebbe consentito di arrivare a un Anschluss indolore (come non era
avvenuto nel 1934).
-> La percezione creata dal Discorso di Milano del Novembre 1936 è quella di un
avvicinamento serio e inevitabile tra Italia e Germania.
Nonostante volesse costituire un'altra mossa di politica estera del peso determinante,
facendo capire a Francia e Inghilterra che c’è un avvicinamento con la Germania e che
corrono un rischio qualora non si arrivi a un accordo generale -> peso determinante:
avere l’Italia come alleato è significativo sia per la Francia che per la Gran Bretagna.
Fattore sovietico
I fautori dell’appeasement possono considerare necessario un accordo con la Germania
anche alla luce del fattore sovietico:
l’Unione Sovietica è l’unico vero elemento che può fare la differenza nello schieramento
anti-tedesco a livello militare e, al contrario, la via dell’accordo con la Germania
presuppone che uno degli elementi di convergenza politica sia l’isolamento dell’Unione
Sovietica (alcuni elementi della dirigenza politica inglese considerano il bolscevismo il
vero pericolo, piuttosto che il nazionalsocialismo).
-> un presupposto di questo tipo implica che la Germania sia disposta anche a valutare
l’opzione militare (il riarmo accelerato lo dimostra) e, quando la minaccia tedesca è
militare, la risposta militare efficace deve contemplare necessariamente l’alleanza con
l’Unione Sovietica: la Germania può essere eliminata solamente comprimendola sui due
fronti (la dirigenza politica e militare prussiana aveva trascurato questa possibilità con il
Piano Schliffen e il riarmo marino ma Hiler compierà lo stesso errore cercando lo spazio
vitale tedesco, Lebensraum, nei territori ricchi di risorse ad Est).
Nell’impostazione hilteriana, che dal ’33 sembra duramente realista, c’è anche una
fortissima componente ideologica (l’accordo del ’39 con l’Unione Sovietica si spiega in
termini strumentali: piena libertà di manovra nell’invadere la Polonia).
Grazie ai precedenti accordi stipulati tra Germania e Austria (con il consenso italiano)
l’Anschluss del 1938 avviene con il festoso consenso della maggior parte della
cittadinanza austriaca (non viene sparato un solo colpo).
Dal 1936 al 1938 i tedeschi erano riusciti a costruire politicamente l'intervento: dopo
l’uccisione del cancelliere Dollfuss nel 1934, il partito nazionalsocialista austriaco era
stato messo fuori legge (divieto di propaganda e di reclutamento, in particolare tra i
giovani: ill cancelliere Schuschnigg, successore di Dollfuss, per evitare l’annessione vuole
indire un plebiscito e tenterà di alzare l’età di voto perché i giovani sono quasi
universalmente favorevoli al nazionalsocialismo).
Quando l’Italia dà il via libera agli accordi tra Austria e Germania, realizza una forma di
desistenza rispetto all’Anschluss: la Germania riconosce l’indipendenza austriaca, ma
l’Austria si impegna a riconoscere la natura germanica della propria politica e dei propri
interessi.
-> l’Austria rimette sul piano della legittimità il partito nazionalsocialista (che può riemerge
dalla fase clandestina tra il ’34 e il ’36) e ne consente poi la libera propaganda.
L’Anschluss non porta ancora alla definitiva collocazione dell’Italia all’interno di uno
schieramento stabile: alla fine del ’36, con il discorso dell’Asse, non si è arrivati ancora
alla politica che consegnerà successivamente l’Italia alle scelte della Germania (partner
più forte e aggressivo).
L’Italia cerca un accordo definitivo che vada a sancire gli obiettivi sostanziali della sua
politica estera riguardanti il ruolo sul Mediterraneo, con un riconoscimento de iure
dell’Impero (controllo italiano sull’Etiopia).
-> Mussolini si riappropria della linea caratterista della politica estera italiana che cercava
un accordo con la Gran Bretagna, e tenta di farlo (a differenza dei suoi predecessori) da
una posizione di forza che egli è convinto di avere dallo status quo (può trattare sulla
Spagna e sull’Etiopia dove c’è una presenza italiana) e dalla presenza tedesca con la
quale avrebbe potuto stipulare un accordo.
Di Nolfo afferma che con l’Etiopia viene meno la linea che aveva guidato l’Italia dalla
Clausola Mancini in poi, ma in realtà in questa fase l’Italia è ancora alla ricerca di un
accordo con l’Inghilterra, che arriva nel 1937.
All’emergere gli accordi Lavalle-Hoare che, in piena crisi etiope, garantivano 2/3
dell’Etiopia all’Italia senza che questa dovesse sparare un colpo, c’era stata una forte
opposizione -> reticenza a colpire la sensibilità collettiva che vede nella politica italiana un
affronto allo status imperiale della Gran Bretagna.
Divergenze Chamberlain-Eden
Nel 1937 l’Italia cerca un accordo generale sul Mediterraneo con la Gran Bretagna e al
contempo in Gran Bretagna il primo ministro Chamberlain è orientato verso una trattativa
più efficace con l’Italia (arrivando dunque all’accordo), mentre ministro degli esteri
Anthony Eden è contrario all’intesa con l’Italia: Eden vorrebbe piuttosto un accordo con la
Germania, ritenendo che dell’Italia non ci si possa fidare, poiché per lui è fondamentale
anzitutto perseguire una politica di difesa dell’Impero e la politica estera italiana di
espansione coloniale porterebbe una minaccia concreta alle posizioni coloniali britanniche
(addirittura fino al Medio Oriente, nucleo vitale delle posizioni britanniche) -> vedeva la
minaccia alle posizioni imperiali inglesi sul Mediterraneo da parte italiana, che sul
Mediterraneo aveva degli interessi, e non le vedeva da parte tedesca (che invece non
aveva gli stessi interessi).
-> Quando si profila l’accordo effettivo anglo-italiano, Eden si dimette.
ANSCHLUSS
Nel 1938 si reitera la stessa situazione politica: Hitler si appresta a portare a casa due
opzioni di espansione territoriale effettiva, fino a quel momento infatti le opzioni di Hitler
erano state solo in chiave di revisione delle clausole militari:
- 1933 abbandono della Conferenza sul disarmo
- 1935 accordo navale
- 1935 circoscrizione obbligatoria
- 1936 remilitarizzazione della Renania
-> nel 1938 Hitler mette mano direttamente alle frontiere che alla Germania erano state
imposte dagli Accordi di Versailles.
Anschluss
A differenza del 1934 (uccisione di Dollfuss), l’Anschluss del Marzo 1938 è politicamente
pianificato e preparato: la Germania è consapevole di aver ottenuto la desistenza italiana:
è evidente che l’Austria è considerata un’entità sacrificabile per Hitler e anche gli inglesi
non faranno alcunché per evitare l’esito, nonostante le richieste del cancelliere
Schuschnigg.
Schuschnigg è osteggiato sia dalla Germania sia da una grossa fetta dell'opinione
pubblica interna che vede nell’incorporamento nel grande Reich tedesco l’unica soluzione
per garantire la vitalità dell’Austria (ci sarà grande ed entusiastica partecipazione anche
alle purghe interne contro gli ebrei).
-> Hitler entra a Vienna da trionfatore.
Il Discorso dell’Asse e il Patto Anti-comintern sono comunque ad ora i due soli patti che
legano Italia e Germania (questi accordi non hanno ancora una sostanza militare e
l’alleanza formale avverrà soltanto con il Patto d’Acciaio nel 1939, ma nella sostanza c’è
una concreta coesione di interessi ia partire dal momento in cui si pone termine alla
vertenza che maggiormente aveva diviso fino a quel momento Germania e Italia).
-> nonostante la risoluzione della vertenza relativa all’Anschluss, nella testa di Mussolini è
ancora operativa la politica del peso determinante: l’Italia non si era ancora vincolata
formalmente a un’alleanza con la Germania e riteneva di potersi lasciare ancora libertà di
manovra con Inghilterra e Francia.
-> gli accordi dovrebbero costituire la premessa perché la politica del peso determinante
vada a portare l’Italia verso un’intesa con la Gran Bretagna, tuttavia manca una piena
convinzione da parte della stessa Gran Bretagna di potersi ciecamente fidare dell’Italia.
SUDETI
Dopo l’Anschluss, tutti sanno che il passo successivo della Germania riguarderà i Sudeti:
la Sudetendeutsche Partei, partito organizzato da parte di cittadini di lingua tedesca
nell’area, comincia a costituire un pericoloso fronte di agitazione all’interno dello stato
cecoslovacco.
-> emergono i problemi dei colossi territoriali costituiti dopo la Prima Guerra Mondiale a
cui è stato dato uno scarsissimo potenziale difensivo e che cadranno in maniera rapida
(Cecoslovacchia e Polonia).
A fronte dell’agitazione dei Sudeti (concordata a prevista con Berlino), la richiesta aperta
di Berlino è quella di una revisione piena dei confini per inglobare la regione dei Sudeti
all’interno del Reich.
-> fase dell’estensione territoriale, e non più solo economico-militare degli Accordi di
Versailles.
A Monaco si decide cosa avverrà dei cecoslovacchi, che non parteciperanno alle
decisioni di Francia, Inghilterra, Germania e Italia.
-> per un momento si realizza l’idea di Patto a Quattro di Mussolini (le vertenze territoriali
europee si accomodano attraverso un’intesa tra i quattro grandi).
Gli inglesi sono convinti che ormai l’Italia giochi a favore della Germania (pur essendo
Mussolini convinto di arrivare poi a un’intesa più larga).
Hitler rivendica con intransigenza le proprie richieste e che i territori siano inglobati
immediatamente nel Terzo Reich.
1. Nell'ottobre 1938 vengono annessi i territori sudeti da parte della
Germania.
2. Nel novembre 1938, in accordo con il Primo Arbitrato di Vienna,
l'Ungheria annette i territori di lingua ungherese.
3. Nel marzo 1939, l'Ungheria annette la Rutenia
subcarpatica (autonoma dall'ottobre 1938).
4. Nell'ottobre 1938 la Polonia annette la cittadina di Cieszyn e
la Zaolzie, a maggioranza polacca.
5. Nella primavera del 1939, la Germania occupa i territori di lingua
ceca, trasformati nel Protettorato di Boemia e Moravia.
6. Il resto della Cecoslovacchia diviene Slovacchia, uno stato satellite
della Germania nazista.
POSIZIONE SOVIETICA
Altro grande successo per la Germania a Monaco è rappresentato dalla fine apparente
dell’idea che un dialogo con l’Unione Sovietica sia l'unica possibilità per opporsi in
maniera efficace al revisionismo tedesco: l’Unione Sovietica non c’è.
Il patto a quattro a cui si arriva con la Conferenza di Monaco non prevede l’Unione
Sovietica, che viene marginalizzata -> i sovietici possono pensare che si realizzi il temuto
accordo tra forze capitaliste con la Germania coalizzata in chiave bolscevica con Francia
e Inghilterra.
La politica del commissario agli esteri sovietico Litvinov, che aveva fondato la sua politica
sull’intesa con Inghilterra e Francia, sembra fallire a Monaco, ma non è così:
Litvinov interpreta la politica di Stalin dal ’34 in poi, ovvero il tentativo di trovare una
strada per uscire dal pericoloso isolamento nei confronti della Germania (che era la vera
minaccia per l’Unione Sovietica).
Per affrontare la minaccia tedesca, si pensa a una politica all’interno della Società delle
Nazioni e a un’intesa con la Francia e l’Inghilterra (proprio per giungere a questa intesa
l’Unione Sovietica continuerà a portare avanti le trattative).
-> l’Unione Sovietica deve valutare attentamente cosa fare.
Accordo Molotov-Ribbentrop
Le considerazioni dell’Unione Sovietica rispetto alla Conferenza di Monaco permette di
spiegare anche la successiva alleanza con la Germania nell’Agosto del 1939: il Patto
Molotov-Ribbentrop spalanca le porte alla Seconda Guerra Mondiale (intesa Unione
Sovietica-Germania, il cui protocollo segreto suddivide precisamente le aree di
espansione territoriale sovietica e quelle tedesche).
17.11.17 Storia delle Relazioni Internazionali
DISPONIBILITÀ AL CONFLITTO TEDESCA (SUDETI) E POSIZIONE SOVIETICA
Nel Settembre ’38, con la Conferenza di Monaco l’Italia ha ancora una volta cercato un
ruolo di mediazione, ma quello che dovrebbe salvare la pace è il sacrificio di un’intera
parte dello stato cecoslovacco, senza che la sua dirigenza politica sia un interlocutore.
Il ruolo che avrebbe potuto valorizzare la credibilità italiana a Monaco non si realizza
perché ancora una volta gli inglesi sono scettici rispetto all’effettiva credibilità italiana ->
torna un’incertezza in campo anglo-francese che deriva dalla politica del peso
determinante (le oscillazioni dell’Italia creano una scarsa presa di fiducia dell’azione
italiana).
-> alla vigilia del Patto d’Acciaio c’è una chiara ed evidente distanza tra le posizioni
britanniche e quelle italiane: l’Italia non è più l’interlocutore possibile che sembrava
potesse essere tra il ’37 e il ’38 (soprattuto nell’Aprile del ’38 con gli Accordi di Pasqua).
1938
Set-Nov
Annessione tedesca dei
1938 Sudeti
Ottobre
Occupazione polacca
1938
di Teschen
Novemb Primo Arbitrato di Vienna
re
Invasione tedesca della
1939
Boemia e Moravia
Marzo
L’invasione della Boemia e della Moravia nel 1939 chiarisce in modo definitivo, se vi
fossero ancora dubbi, che il revisionismo hitleriano va oltre il concetto di accorpare
all’interno del Reich tutte le aree e i territori in cui c’è una forte componente germanica
(com’era stato ancora per i Sudeti nel 1938) e prevede la distruzione definitiva dello stato
cecoslovacco.
Hitler avrebbe comunque potuto ottenere la cessione di Danzica attraverso del negoziato,
perché l’indipendenza della Polonia non garantiva l’intangibilità delle sue frontiere ->
potrebbe esistere un ulteriore margine di trattativa, che però nel 1939 non viene più
cercato da Hitler.
Manca ancora ad Hitler un elemento che gli consenta di mettersi al sicuro dal pericolo
fondamentale per la riuscita dell’operazione tedesca in Polonia, e dunque l’entrata in
guerra, cioè l’eventualità che l’Unione Sovietica risponda all’attacco tedesco contro la
Polonia.
Il vero strumento con cui si sarebbe potuto efficacemente contrastare l’opzione
militare tedesca era un’alleanza con l’Unione Sovietica: accerchiare la Germania e
arrivare all’attacco su due fronti era stato lo spettro di Bismarck e Stresemann (e
aveva portato la più saggia politica tedesca a cercare sempre un’intesa con l’Unione
Sovietica).
Il disegno iniziale, secondo cui la Polonia è il punto di partenza che dovrebbe portare i
principali frutti alla politica di espansione territoriale del Reich (la prima spinta verso Est),
dovrebbe avvenire grazie al gesto disinvolto con cui Hitler ribalta il tavolo cercando un
accordo con l’Unione Sovietica, che sa bene di avere a questo punto un peso
determinante (benché si fosse trovata isolata a Monaco, in quanto non coinvolta, dopo la
dichiarazione che Chamberlain fa la dichiarazione alla Camera dei Comuni è chiaro il
coinvolgimento britannico nell’eventuale conflitto con la Germania).
Cambio di passo nella politica estera staliniana, dimissioni di Litvinov e incarico a Molotov
La percezione del proprio peso determinante porta anche l’Unione Sovietica, a partire da
Maggio, a una differente valutazione e ai primi di Maggio si Litvinov si dimette: come
Commissario agli Esteri aveva rappresentato il convincimento politico che aveva portato
l’Unione Sovietica nel ’34 a entrare nella Società delle Nazioni e che si chiude nel ’39
quando si apre la trattativa con i tedeschi (politica convinta che la risposta più efficace
che i russi possono dare alla minaccia tedesca sia l’accordo con francesi e inglesi).
Al posto di Litvinov subentra Molotov che si farà interprete di un’altra idea di politica
estera (che diventa duramente realista) portata avanti da Stalin in questa fase in cui le
trattative con inglesi e francesi pure sono ancora in corso (ma con difficoltà, anche perché
manca l'efficienza militare di un eventuale patto a causa del necessario coinvolgimento
della Polonia, stretta in questa fase dalla duplice minaccia tedesca e sovietica).
Protocolli segreti
Il Patto Molotov-Ribbentrop (23 Agosto 1939) nella sua ufficialità è un patto di non-
aggressione in un ci si promettono scambi commerciali e pieno riconoscimento, ma il suo
vero contenuto si trova nei protocolli segreti aggiuntivi al patto (tutte le cancellerie
europee sapevano comunque che un patto di non-aggressione tra Unione Sovietica
poteva probabilmente essere il preludio all’aggressione alla Polonia e rappresentare la fine
dei negoziati di con inglesi e francesi, che comunque vengono tenuti in piedi per
prudenza).
Nei protocolli del 23 Agosto 1939 l’Unione Sovietica verrebbe a incorporare la provincia di
Lublino (la Polonia etnica, abitata da polacchi) ma l’Unione Sovietica ha un interesse
preciso, che ne orienterà l’azione nel corso di tutta la guerra e soprattutto nel dopoguerra
quando si ridiscutono i suoi confini a Ovest: vuole garantirsi di avere sotto controllo tutta
la popolazione ucraina e bielorussa, che costituisce un ribaltamento del cordone di
sicurezza che si è cercato di metterle intorno per isolarla dopo la Prima Guerra Mondiale.
Stalin considera le popolazioni ucraine come qualcosa da tenere sotto stretto controllo
perché si teme che, qualora fossero esterne al territorio sovietico, possano fomentare un
irredentismo ucraino: l’Ucraina cattolica e molto renitente al controllo sovietico è un
tallone d’Achille nella concezione staliniana della sicurezza delle frontiere sovietiche -> il
cordone di sicurezza dev’essere ribaltato in favore dei sovietici (la concezione paranoica e
ossessiva di Stalin emergerà anche dopo la Seconda Guerra ed è fondamentale per
capire perché si arrivi alla Guerra Fredda).
-> Stalin realisticamente modifica poco dopo il contenuto dei protocolli segreti
rinunciando alla provincia di Lublino (Polonia etnica), che passa sotto influenza tedesca e
in cambio ottiene la Lituania e dunque il controllo totale su tutti i paesi baltici.
Allo scoppio della guerra gli Stati Uniti rientrano sulla scena europea perché, nonostante il
loro ingresso in guerra sia ritardato a dopo Pearl Harbour, essi sono coinvolti nella guerra
sin da quando decidono di affiancare lo sforzo bellico britannico.
Il fondamento teorico della Commissione Nye è la ratio delle leggi di neutralità che
verrano votate successivamente, le quali prevedono un concetto di neutralità
indiscriminata (non fa distinzione tra gli stati belligeranti, siano essi aggrediti o aggressori).
L’amministrazione cerca comunque di portare avanti l’opzione morale che voleva che gli
Stati Uniti derogassero alla neutralità incondizionata qualora ci si fosse trovati davanti a
una palese aggressione.
Nel 1935, la Prima Legge di Neutralità riguarda anche la crisi etiope: gli Stati Uniti optano
solo per un divieto assoluto di vendere armi e beni connessi all’attività bellica a entrambi
gli stati belligeranti (non passa il tentativo di Cordell Hull di lasciare che il Presidente
possa distinguere tra aggredito e aggressore in alcuni casi).
-> si vogliono evitare, da una parte enormi interessi finanziari che possano indurre gli Stati
Uniti a valutare la necessità di entrare in guerra, dall’altra un coinvolgimento attraverso
incidenti che coinvolgano beni e cittadini americani.
Tuttavia nel contesto della guerra sino-giapponese, quando nel ’37 riprendono gli scontri
tra i due paesi e c’è un’avanzata profonda in territorio cinese da parte del Giappone (che
già aveva istituito lo Stato del Manchukuo) direttamente lesiva degli interessi americani
(poiché rappresenta la fine della politica della porta aperta che gli Stati Uniti avevano
sempre portato avanti), l’amministrazione ha il potere di decidere che giuridicamente non
si tratta di un conflitto, consentendo una libertà di manovra e di aiuti soprattutto ai cinesi
altrimenti impossibile.
Con la metafora della casa che brucia (prima si spegne la casa del vicino che brucia, che
potrebbe attizzare il fuoco anche nella propria casa, e solo dopo gli si chiede di pagare
l’acqua) si ribadisce la minaccia alla sicurezza americana: la destabilizzazione totale
dell’Europa portata avanti da Hitler e il nuovo ordine che si configura nell’Europa hitleriana
rappresenta per gli Stati Uniti che necessariamente deve essere affrontato.
-> prima che gli Stati Uniti entrino in guerra (dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour)
c’è una fase in cui gli Stati Uniti combattono una guerra non dichiarata.
Gli Stati Uniti saranno sempre più coinvolti nella necessità di aiutare l’Inghilterra,
soprattutto quando rimarrà sola dopo la sconfitta francese nel Giugno 1940 e si trova a
sostenere isolata l’attacco tedesco.
Dal 1939 gli Stati Uniti avviano una politica di riarmo a tappe forzate e aumento a
dismisura il numero degli uomini sotto le armi.
-> gli Stati Uniti si stanno preparando all’ingresso in guerra.
17.11.20 Storia delle Relazioni Internazionali
ATTACCO ALLA POLONIA
Nel momento in cui Hitler decide di portare avanti l’operazione in Polonia, può ancora
valutare la possibilità che la reazione britannica sia ancora una volta in cerca di un
compromesso (che anche questa volta gli appeasers estremi cerchino un accordo).
Questo non avviene e il 3 Settembre 1939 Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla
Germania (il Patto di Garanzia che Francia e Gran Bretagna hanno con la Polonia fa sì che
non appena la Polonia viene attaccata le due potenze dichiarino guerra).
La Polonia è tra gli stati costituiti a baluardo della Germania alle sue frontiere orientali, ma
a fronte dell’attacco della panzerdivision tedesca riesce a schierare appena una brigata
corazzata -> impattato disastroso dell’attacco tedesco e resistenza di non più di 2-3
settimane da parte dei polacchi.
Quando i polacchi cercano una via verso est vengono chiusi dai sovietici e lo stato
maggiore polacco e più di 1 milione di soldati sono fatti prigionieri da sovietici e tedeschi.
Una parte dell’esercito polacco riuscirà, attraverso la Romania, a raggiungere la Gran
Bretagna (una parte dell’aviazione che attuerà l’eroica resistenza nella Battaglia
d’Inghilterra sarà proprio polacca).
Lo schieramento sul campo lascia aperta una porta rispetto all’eventualità che nel corso
del conflitto ci sia ancora una possibile intesa tra Germania e Gran Bretagna.
In questa fase (detta "drôle de guerre") c’è un fronte occidentale abbastanza immobile
(non c’è uno sfondamento a ovest che avrebbe dovuto mettere in difficoltà la Germania) -
> la guerra lampo che deve annientare la Polonia può svilupparsi senza dover opporre
grandi forze ad ovest.
Nel momento in cui scoppia la guerra, la Germania potrebbe far valere nei confronti
dell’alleato italiano il casus foederis (il casus foederis del Patto d’Acciaio del Maggio 1939
non richiede che vi sia un’aggressione non provocata e lascia libero spazio alle scelte
politico-strategiche della Germania).
Protocollo Cavallero
L’Italia porta avanti questo protocollo aggiuntivo al Patto d’Acciaio in base al quale l’Italia
si dichiara non ancora pronta (e che non lo sarebbe stata fino alla fine del ’42) a entrare
nel conflitto e pone una serie di condizioni all’eventuale ingresso nel conflitto (una lista di
onerose richieste in mezzi e risorse alla Germania).
L’ingresso in campo dell’Italia non è per Hitler vitale in questa fase. Si tratta di non-
belligeranza (=/= neutralità) e rappresenta comunque una totale alleanza politica con la
Germania.
Il Patto Molotov-Ribbentrop lascia impregiudicato il destino della Polonia (la sua esistenza
come stato autonomo o meno).
Nel giro di un mese Stalin decide con buon realismo di rinunciare alla fascia di provincia di
Lublino e di Varsavia (che sarebbe spettata all’Unione Sovietica secondo il protocollo
segreto del Patto) pensando che incamerare un gran numero di polacchi nel futuro si
sarebbe potuta rivelare una cattiva idea, mentre sarebbe stato più utile rinsaldare i
possedimenti baltici (riavere Estonia e Lettonia e anche la Lituania che inizialmente
rientrava nella sfera di interesse tedesca) -> la Polonia etnica va sotto l’egida della
Germania (cesserà di esistere come entità statale e subirà la dura occupazione tedesca).
-> Nuovo ordine di Hitler: ribaltamento totale dell’assetto europeo in cui la presenza
tedesca nell’Europa orientale è predominante (la Cecoslovacchia è incamerata e verrà
incamerata anche la Polonia).
La rimanente parte dell’Europa orientale è in forse tra il predominio tedesco e quello
sovietico: all’interno del Patto Molotov-Ribbentrop c’è anche la richiesta sovietica di poter
eventualmente estendere la propria influenza anche sulla Bessarabia (zona della
Romania).
Verranno successivamente al pettine alcuni nodi in questa relazione di quasi-alleanza che
lega Germania e Unione Sovietica fino all’Operazione Barbarossa.
Le pretese sovietiche sulla Finlandia sono un primo test sulle capacità militari della
purgata Armata Rossa (Stalin aveva ripulito il settore considerato più vicino a Trotsky).
Quando i sovietici pregano i finlandesi di assoggettarsi all’ultimatum in base al quale
avrebbero dovuto spostare il loro confine concedendo un pezzo di Carelia all’Unione
Sovietica (per allontanare il confine da Leningrado) e in cui richiedevano alcune basi navali
in territorio finlandese, i finlandesi temo di diventare una pedina in mano sovietica e
rifiutano di sottostare alle richieste -> intervento militare nel territorio finlandese.
L’esito è inaspettato perché l’Armata Rossa si trova in difficoltà, in particolare nella Guerra
d’Inverno, quando un gran numero di soldati dell’Armata Rossa rimangono isolati e un
gran numero delle perdite vengono causate dal freddo.
-> un impegno inizialmente limitato diverrà poi molto cospicuo e con un prezzo altissimo
in termini di uomini e di immagine per l’Armata Rossa: agli occhi dei tedeschi in
particolare questo rende ancora più appetibile l’idea di archiviare un domani il patto
Molotov-Ribbentrop per seguire il percorso segnato da Hitler della spinta a Est (Drang
nach Osten).
(Dopo il primo Arbitrato di Vienna con cui veniva accontentato sotto l’egida italo-tedesca
il revisionismo ungherese della Cecoslovacchia).
Nell’Agosto 1940 i tedeschi ancora una volta soddisfano i due paesi revisionisti
dell’Europa Orientale (Ungheria e Bulgaria, uscite sconfitte dalla prima guerra mondiale):
- Ungheria: ottiene la Transilvania dalla Romania
- Bulgaria: ottiene la Dobrugia, anch’essa dalla Romania
- Sulla rimanente parte della Romania c’è la garanzia italo-tedesca: se ne garantisce
l’indipendenza
-> si rispecchia l’idea del Nuovo Ordine: si intende rimaneggiare in modo che vi sia un
condizionamento totale e informale da parte della Germania:
all’Unione Sovietica deve arrivare il messaggio che non può essere fatto nessun ulteriore
passo verso la Romania (Molotov aveva rivendicato in precedenza la Bucovina e altri
territori abitati da popolazioni ucraine su cui credeva che ci sarebbero potuti essere un
domani delle complicazioni politiche*).
* Una costante della politica staliniana era il concetto di incamerare tutti gli ucraini
all’interno delle frontiere perché sarebbero potuto diventare focolai di rivolta (Ucraina
considerata come tallone d’Achille sul piano difensivo) -> concetto di chiusura: timore di
essere circondati e necessità di dover estendere il proprio potenziale difensivo
garantendosi l’impenetrabilità delle frontiere caratterizza la politica di Stalin ora e nel
dopoguerra.
-> la competizione in Europa Orientale tra Germania e Unione Sovietica è un dato di fatto:
ragioni ideologiche ma anche pratiche (non ripetersi dell’esito della Prima Guerra, in cui
erano venute a mancare le risorse e dunque necessità di avere un accesso ad
approvvigionamenti costanti che le consentano di arrivare a battere una Gran Bretagna
inaspettatamente poco propensa al negoziato) per cui la Germania decide di attaccare
l’Unione Sovietica.
POSIZIONE INGLESE
La Gran Bretagna non è più propensa al negoziato, anche nel momento in cui nel Giugno
1940 si arriva alla resa della Francia (débâcle inaspettata: la Linea Maginot si rivela inutile
poiché i tedeschi passano attraverso le Ardenne penetrando in Francia con estrema
facilità) e all’ingresso in guerra dell’Italia (“pugnalata alla schiena”), quando proprio la
Gran Bretagna è la sola a sostenere l’attacco tedesco.
-> Con la terza e ultima fase della Battaglia d’Inghilterra (che voleva distruggere il cuore
dell’Impero) viene rinsaldata la convinzione inglese di poter resistere.
STATI UNITI
Gli Stati Uniti stanno ormai modificando la loro politica neutrale avviandosi a diventare
come dice Roosevelt “l’arsenale delle democrazie” sulla base del dato etico-morale (lotta
tra il bene e il male) e del dato pratico (sicurezza stessa degli Stati Uniti: un'autentica
sconfitta britannica finirebbe per coinvolgere la libertà dei commerci).
Lend-Lease Act
L’intervento militare è preceduto da un intervento economico: Legge Affitti e
Prestiti (“Lend-Lease Act”) con cui gli Stati Uniti sosterranno in maniera massiccia le
potenze belligeranti schierate contro l’Asse.
Il Lend-Lease Act segna la fine dichiarata dell’isolazionismo americano perché ribalta il
postulato della commissione Nye (che accusava le grandi lobbies degli armamenti e
finanziarie di aver trascinato gli Stati Uniti nella Prima Guerra) che aveva prodotto il Cash
and carry (nulla si regala, tutto deve essere pagato in contanti e deve essere trasportato a
cura degli stati belligeranti).
Il Lend-Lease Act presuppone che ci siano prestiti, affitti e concessioni di beni, materie
prime e manufatti a titolo quasi gratuito -> gli Stati Uniti si espongono nuovamente sul
piano finanziario per correre in soccorso della Gran Bretagna.
Comincia un coinvolgimento sempre crescente degli Stati Uniti nella guerra e sarà il Patto
Tripartito (prima di Pearl Harbour, che segna l'ingresso ufficiale degli Stati Uniti), nel
momento in cui gli Stati Uniti vengono attaccati dal Giappone, a far scattare l’alleanza
dell’Italia e della Germania con automatica dichiarazione di guerra agli Stati Uniti.
GIAPPONE
Il Giappone nel disegno del Nuovo Ordine è coinvolto dal Patto Tripartito come paese
egemone in Estremo Oriente:
- mantiene le posizione acquisite in Indocina (giovandosi anche della sconfitta francese)
- costruisce un accesso permanente alle materie prime vitali
-> il Giappone postula di sostituire completamente la presenza occidentale in Estremo
Oriente con la propria egemonia (in particolare in Cina).
L’oggetto del negoziato con gli Stati Uniti postula l’esatto contrario: il Giappone deve
abbandonare le proprie pretese di egemonia in Cina (il Giappone dovrebbe accettare delle
posizioni che lo collocherebbero in una condizione di inferiorità in cui era stato collocato
dalla pressione diplomatica a partire dal momento in cui aveva trionfato con la Russia nel
primo conflitto russo-giapponese).
-> le condizioni negoziali poste dagli Stati Uniti al Giappone sono abbastanza dure.
L’attacco giapponese a Pearl Harbour potrebbe essere stato stimolato dagli Stati Uniti per
avere una ragione per cui sarebbe stato impossibile non entrare in guerra (gli Stati Uniti
avrebbero potuto fare il passo definitivo della politica di Roosevelt di coinvolgimento nella
Seconda Guerra Mondiale).
La mossa giapponese avviene quando si pensa che anche gli Stati Uniti possano essere
affrontati isolatamente (la Gran Bretagna è impegnata su un altro fronte): la guerra globale
dovrebbe potere garantire al Giappone l’accesso alle materie prime, fondamentale per
poter affermare la propria politica (potenza egemone in Estremo Oriente).
Nel frattempo sono venuti al pettine i nodi della competitività crescente tra Unione
Sovietica e Germania:
Se Hitler fosse stato guidato da un sano realismo, avrebbe mantenuto in piedi un’alleanza
che, oltre a un fronte tranquillo, gli avrebbe garantito anche una serie di utili
approvvigionamenti (in questa fase di buoni rapporti tra Unione Sovietica e Germania c’è
un costante afflusso di materie prime dall’Unione Sovietica verso Germania) -> l’aspetto
commerciale e della convenienza economica nell’accordo russo-tedesco rimane
importane (come nei vecchi accordi di Rapallo: materie prime dall’Unione Sovietica e
manufatti tecnologici, spesso scadenti, dalla Germania in uno scambio che avvantaggiava
la Germania).
Fino alla mattina stessa dell’attacco tedesco, i convogli sovietici partono verso la
Germania e fino all’ultimo i sovietici tengono fede all’accordo: Stalin (che avrebbe tenuto
fede al patto) fa di tutto per non dare alla Germania la scusante per aggredire l’Unione
Sovietica.
Dopo l’attacco tedesco Stalin, unico vero responsabile di ciò che sta accadendo,
sparisce per una settimana senza nessuna dichiarazione pubblica considerando anche la
possibilità di un colpo di mano intero e un conseguente cambio di leadership, che tuttavia
in questa fase (e a seguito del travolgente attacco) non è immaginabile.
La campagna di Russia comincia più tardi di quanto non avessero preventivato i generali
tedeschi:
- condizionamento climatico (è obbligato un attacco in primavera, per poter portare
velocemente avanti i mezzi corazzati) e difficoltà logistiche enormi (territorio gigantesco):
sono coinvolti i più valenti e abili generali tedeschi (Von Manstein tra gli altri) nel
programmare una campagna che fa affidamento sulla capacità e la velocità di
penetrazione dei mezzi corazzati tedeschi in territorio sovietico.
- complicazione balcanica
BALCANI
L’Italia ha deciso di intraprendere un cammino più autonomo per non rimanere sempre
seconda accanto alla Germania e di intervenire definitivamente in Grecia (con cui erano
ancora aperte le vecchie vertenze, e che può essere un elemento di disturbo nel settore
del Mediterraneo che nel disegno italiano dovrebbe essere di totale preponderanza
italiana, ovvero il Mediterraneo Orientale (ciò significa anche andare a scalfire gli interessi
della Gran Bretagna, a cui la Grecia prestava basi, e che considera la Grecia un
caposaldo nel Mediterraneo).
Questione Jugoslava:
In Jugoslavia l’esito della firma non è scontato e alla vigilia della firma del Patto Tripartito
c’è l’ennesimo rivolgimento intero e l’ennesimo schieramento intorno alla figura del Re
Karađorđević che può resistere e rifiuta la firma del Patto
-> invasione tedesca della Jugoslavia e necessità improrogabile di portare la Jugoslavia e
i Balcani sotto il proprio controllo e (solo dopo) di aiutare gli italiani in Grecia.
Il territorio jugoslavo viene dunque diviso tra la Germania e l’Italia e per la Jugoslavia
comincia una fase drammatica caratterizzata dal rinascere della conflittualità inter-etnica e
una successiva guerra civile intera.
-> il ritardo dell’Operazione Barbarossa è causato anzitutto dal rifiuto inaspettato della
Jugoslavia di firmare il Patto Tripartito (è necessario, prima di poter affrontare
l’Operazione Barbarossa, portare saldamente sotto controllo tedesco tutta l’Europa
Orientale e la Jugoslavia è l'ultima pedina prima del compimento del Nuovo Ordine
tedesco su tutta la regione) e dunque dell’aiuto da dare all’Italia in Grecia.
OPERAZIONE BARBAROSSA
Quando Stalin percepisce con evidenza che i tedeschi attaccheranno, non prende
ulteriori provvedimenti (presidio assoluto sulle frontiere) e su questo suo
comportamento la storiografia si divide tra chi ritiene che fino all’ultimo non volesse
provocare i tedeschi e l’idea che sentisse traballare il proprio ruolo sul fronte interno: a
sostegno di quest’ultima ipotesi, si noti che nel discorso del 3 Luglio, appellandosi al
popolo russo dopo 11 giorni di silenzio, Stalin parla di un tradimento assoluto, come
se quando si fosse reso conto che sta accadendo l’inevitabile l’avesse negato agli
altri e a se stesso per produrre l’immagine di un attacco totalmente non provocato ->
si nega l’evidenza a protezione della propria stabilità politica sul fronte interno, con
l’idea che non si sarebbe potuto evitare.
C’è tuttavia un danno consistente: le cronache del primo mese di guerra descrivono il
drammatico e rapidissimo ingresso dei tedeschi. Successivamente si manifesterà la
perdita di lucidità che aveva caratterizzato la prima fase della guerra (idea di
distruggere Mosca e Pietroburgo), anche perché toglierà la propria fiducia ai suoi più
abili generali (von Manstein) prendendo lui stesso il comando senza essere al fronte.
Sempre di più Hitler prende un versante irrazionale e diventa un accentratore: dopo una
serie di intuizioni strategiche brillanti con una buona fiducia nei suoi generali, sempre più
vuole prendere in mano il comando delle operazioni militari (es. la scelta di resistere a
Stalingrado avrà conseguenze drammatiche sul piano militare).
Non c’è una spaccatura netta tra la fase in cui gli Stati Uniti sono isolazionisti/neutralisti e
quella in cui entrano a pieno titolo nel conflitto (con la Legge Affitti e prestiti, prima di
Pearl Harbour).
Il Lend-Lease Act è un ribaltamento sul piano formale della politica estera americana
precedente, ma in realtà il coinvolgimento americano c’è già ben prima, attraverso i
convogli verso la Gran Bretagna, con gli elementi simbolici che chiariscono le intenzioni
americane e anche perché gli Stati Uniti hanno avviato dopo il ’40 (conferma elettorale di
Roosevelt) un processo di riarmo a tappe forzate con il pieno consenso del Congresso.
-> ci sono evidenti segnali che ormai gli Stati Uniti sono in gioco e nemmeno lo stesso
Hitler può aggrapparsi all’idea che rimangano neutrali a tempo indefinito.
Giappone
Da un lato gli Stati Uniti conducono una politica negoziale col Giappone, tesa a porre il
Giappone innanzi a una sorta di ultimatum politico: o rinuncia allo spazio vitale che
cercava in Estremo Oriente oppure si andrà verso un crescente di tensione (che
comunque gli Stati Uniti credono di poter rinviare fino a un riarmo compiuto, senza un
ricerca di contrasto nell’immediato ma con una grande intransigenza rispetto alla
possibilità di riconoscere le conquiste giapponesi).
-> si torna alla politica che era stata la caratteristica dell’Occidente nei confronti del
Giappone nei secoli precedenti (il Giappone avrebbe dovuto arretrare politicamente
rispetto alle proprie conquiste militari).
PATTO TRIPARTITO
Dopo l’ingresso dell’Unione Sovietica nel campo anti-tedesco, si vanno profilando da un
lato il Patto Tripartito e dall’altro gli Alleati (la stessa Unione Sovietica darà il proprio
assenso alla Carta Atlantica).
La contrapposizione che dovrebbe definire in un campo la strategia del Tripartito:
suddivisione in grandi zone su cui estendere un pieno e incondizionato controllo (tedesco
sul continente europeo, italiano sul Mediterraneo e giapponese in Estremo Oriente) -> le
potenze dell’Asse si accordano intorno al Patto Tripartito, che dovrebbe poi diventare lo
strumento inclusivo, con la firma del quale i piccoli stati (Romani, Ungheria, …)
potrebbero formalizzare la propria condizione di subalternità rispetto all’Asse.
Nella fase cruciale del negoziato tra l’Unione Sovietica e la Germania, prima
dell’Operazione Barbarossa, viene chiesto all’Unione Sovietica di aderire al Tripartito, ma
non può accettare perché interessata ad altre conquiste.
Unione Sovietica
Quando l’Unione Sovietica entra a pieno titolo nel campo dei paesi che stanno attuando
una strenua resistenza alla Germania, ha una duplice necessità
- deve archiviare momentaneamente la sovrastruttura ideologica (appellandosi alla
vecchia Madre Russia e alle campagne napoleoniche) facendo passare in secondo piano
l’internazionalismo secondo cui i capitalisti erano tutti uguali.
- non possono invece essere accantonate le peculiarità strategiche della politica estera
staliniana: Stalin non è disposto ad accettare le frontiere occidentali uscite dal Trattato di
Riga (la frontiera tra la Polonia e l’Unione Sovietica che si era consolidata tra le due guerre
deve andare necessariamente rivisto, poiché anche gli inglesi si rifiutano di riconoscerla e
garantirla) -> la difficoltà è di dare pieno assenso alle frontiere uscite dal Patto Molotov-
Ribbentrop.
-> una serie di postulati implicano che vi sia una continuità di intesa con l’Unione
Sovietica: Roosevelt vuole continuare a utilizzare anche dopo la fine della guerra il
rapporto preferenziale con l’Unione Sovietica (che entra a pieno titolo nel governo degli
equilibrio mondiali) in un nuovo assetto pacifico (cosa che non avverrà nel modo in cui
Roosevelt l’aveva pensato).
A ridosso della fine della Seconda Guerra Mondiale, con l’avviarsi dei processi di
indipendenza, si assisterà comunque a uno smantellamento formale dell’Impero
britannico e a uno scambio a favore degli Stati Uniti delle posizioni che erano state
sempre monopolio britannico (es. Medio Oriente) -> non solo la fine di un impero
formale ma anche la fine di un Impero che non è più realistico, essendo i mezzi
finanziari ed economici a favore degli Stati Uniti.
La crisi inglese inizia con la Prima Guerra e sarà definitiva con la Seconda, a ridosso
della quale la moneta dominante diventerà per sempre il dollaro (inevitabile
conseguenza del dominio americano sui mercati e del fatto che gli Stati Uniti avranno
dopo la Seconda un’iperproduzione e una presenza economica a livello globale che la
Gran Bretagna non potrà più avere anche a causa dell’impoverimento determinato
dalla guerra).
-> Roosevelt chiede il riconoscimento di un processo già avviato e di cui gli inglesi
avrebbero dovuto prendere atto, soprattutto quando la Guerra li avrebbe collocati in
un ruolo di sudditanza (accettato con riluttanza, benché Churchill fosse convinto di
non aver altre strade da percorrere se non la special relationship con gli Stati Uniti): la
politica britannica deve prendere atto che il ruolo centrale dell’Europa è finito per
sempre.
-> ci sono degli elementi di contrasto all’interno dell’alleanza che sono totalmente
ricomponibili fintantoché c’è un’urgenza militare evidente.
-> dopo Stalingrado, Stalin ha maggiori possibilità di porre delle condizione politiche
(l'elemento militare condiziona l’aspetto politico).
Dal Febbraio ’43 allo sbarco in Normandia nel ’44 lo spazio di negoziato politico di Stalin
con gli alleati gli è ancora più favorevole perché può rivendicare di aver subito il grosso
dell’impatto militare tedesco e di essere il principale artefice della resistenza e della
sconfitta tedesca.
Anche l’apertura del secondo fronte è una questione militare che caratterizza in modo
consistente l’aspetto politico (inglesi e americani sono costretti a rinviare l’apertura del
secondo fronte inizialmente promessa per la fine del ’42):
- Churchill aveva molto caldeggiato i Balcani come possibile luogo di apertura del fronte
poiché agiva nell’ottica dell’occupazione militare-conseguenze politiche: pensava che se
gli anglo-americani avessero liberato quelle zone dell’Europa Orientale, queste non
sarebbero passate sotto il controllo sovietico
- Roosevelt dava già per perse Germania, Austria e Ungheria, che secondo lui sarebbero
rientrate sotto la sfera di influenza sovietica (non vuole sacrificare a degli accordi
preventivi quella che dovrà essere più tardi una pacificazione necessaria) -> Roosevelt è
attento agli scenari interni e all’opinione pubblica, e contemporaneamente sa che una
parte dell’Europa sarà necessariamente soggetta all’influenza sovietica.
Rimane l’ombra dei destini polacchi e non si sa cosa sarebbe successo del confine più
discusso, che torna in auge non a caso quando l’azione sovietica diventa più politica
(dopo Stalingrado).
Va considerato anche l’aspetto negoziale degli incontri, che non erano solo militari e
avevano anche dei risvolti politici (erano incontri di vertice e coinvolgevano i ministri degli
esteri, benché il primo a 3 sarà a Teheran) -> emerge il dato politico.
L’eventualità che gli anglo-americani possano arrivare a una pace separata con i tedeschi
sarà un cruccio costante fino alla fine del conflitto per Stalin (cosa che peraltro viene
considerata dalle alte gerarchie naziste quando le cose volgono al peggio, riprendendo il
discorso dell’anti-bolscevismo).
Accentramento di Roosevelt
Il principio della resa incondizionata a cui Roosevelt tiene molto serve a tenere in piedi
l’alleanza e a rassicurare i sovietici: nel perseguire quest’ultimo fine Roosevelt vuole
anche un rapporto di fiducia personale con Stalin e si pone come un accentratore -> la
sua morte determinerà però la poca conoscenza in politica estera del suo successore
Truman (che era stato suo vice) e il cambio di approccio da parte dei sovietici.
Nella primavera del ’43 inizia una fase più politica della guerra, in cui Churchill prende atto
della necessità di fare degli accordi con i sovietici: comincia a considerare l’ipotesi che i
sovietici alla fine riescano a estendere il loro controllo su zone ampie e non usualmente
controllate da loro (come i Balcani) e per questa ragione preme sull’intervento in guerra
della Turchia per opporsi al quadro realistico che vedeva l’Unione Sovietica, alla luce dei
successi militari conseguiti, avanzare verso Ovest (Europa Orientale).
Si profila anche l’ipotesi che alla Polonia sia dato invece il contentino a Ovest e che il suo
confine si sposti tutto verso Ovest (il tutto deve essere fatto a spese della Germania) ->
considerando una revisione della frontiera polacca nel ’43 si comincia a riconsiderare
anche le sorti della Germania nel dopoguerra.
Stalin per il futuro della Germania ha tutto l’interesse ad avallare una politica del genere,
che lo vedrebbe forte nel suo confine occidentale (inglobando i territori di Ucraina e
Bielorussia) e più tranquillo sull’assetto della Germania, a cui sarebbero stati levati tutti i
territori della Prussia Orientale e tutto il confine sull’Oder-Neiße che lascia la Germania
monca di tutta la parte orientale, con milioni di profughi che si sarebbero riversati su ciò
che della Germania sarebbe rimasto creando una già molto difficile ricostruzione nel breve
periodo dello stato tedesco e una Polonia che avrebbe dovuto affrontare in futuro il
revisionismo tedesco (collocandosi sotto protezione sovietica, secondo il solito dilemma
polacco dell’essere compressi da entrambi i lati).
Nel Luglio ’43 Mussolini viene sfiduciato dal Gran Consiglio del Fascismo -> dopo lo
sbarco alleato (che non trova nessuna resistenza, pure militarmente possibile, a causa
della stanchezza del paese che non sente propria la guerra) e dopo l'annuncio
dell’armistizio l’8 Settembre 1943, tutti i soldati italiani che si trovano nei teatri di guerra in
cui sono affiancati dai tedeschi vengono considerati traditori (Hitler già aveva dichiarato
che le gerarchie militari italiane composte da fossili e cretini, il Re un impiccio per il Duce
e quest’ultimo unico uomo degno di nota in un popolo che non era degno di avere un
simile condottiero).
Armistizio breve
L’armistizio è di tipo militare, conosciuto sotto forma di armistizio breve (clausole
strettamente militari che prevedono che l’amministrazione della cosa pubblica passi alle
forze occupanti).
L’armistizio lungo (che prevede le clausole politiche) arriverà dopo.
Le clausole dell’armistizio breve sanciscono una resa incondizionata che pone due
problemi: uno relativo a Roma e l’altro ai sovietici.
Il precedente italiano gioca a favore del concetto sovietico che prevedeva che chi
occupava il paese avrebbe dettato anche le clausole armistiziali (e condizionato
politicamente il paese): quando i sovietici liberano l’Unione Sovietica e cominciano a
dilagare nell’Europa Orientale saranno gli artefici e i monopolisti degli armistizi scritti con i
paesi dell’Europa Orientale.
-> è necessario riportare alla fase della guerra ciò che accade nel dopoguerra: non è
possibile comprendere la guerra fredda senza capire ciò che accade politicamente
durante la guerra.
Nel Novembre 1943 al Cairo c’è un ulteriore incontro tra Roosevelt e Churchill, in cui si
affronta il problema dello scenario del Pacifico.
Quando gli americani erano entrati in guerra nel Dicembre del 1941 avevano concordato
che il teatro centrale della guerra fosse la sconfitta della Germania (riconosciuta come
nucleo centrale dell’Asse) e che quella del Giappone diventasse secondaria.
Si era creata inoltre la particolarissima situazione in cui Giappone e Unione Sovietica non
erano in conflitto ma saldamente tranquillizzati da un rapporto di reciproca neutralità.
Chiang Kai-shek
In Cina le forze nazionaliste di Chiang Kai-shek (uomo molto difficile da gestire per gli
americani) dovrebbero contrapporsi ai giapponesi ma spesso sono impiegate per
affrontare i comunisti (anch’essi dovrebbero essere convogliare tutte le proprie forze
contro i giapponesi) e Chiang avanza anche delle istanze territoriali che vanno a
contrastare l’interesse sovietico.
-> dalla Conferenza del Cairo emerge che con le concessioni ai sovietici questi possano
essere persuasi a entrare in conflitto con il Giappone.
A stretto giro, dopo l'incontro del Cairo c’è la Conferenza di Teheran nel Novembre 1943
che rappresenta il momento cruciale in cui si può parlare degli accordi politici più
consistenti che vengono presi nel corso della guerra.
-> le decisioni più consistenti e rilevanti dal punto di vista politico non verrano prese a
Yalta (che rappresentò più una vetrina) ma a Teheran nel Novembre del ’43: a Teheran si
decide ciò che poi verrà ribadito a Yalta.
I sovietici (che alla fine del ’43, sulla storia di Katyn, avevano rotto completamente i
rapporti con il governo polacco in esilio a Londra) avevano pensato di costruire un
governo alternativo, prefigurando ciò che faranno d’abitudine: costituire governi
eterodiretti da Mosca (come sarà quello alternativo per la Polonia). La sistemazione della
frontiera polacca ha come logica conseguenza anche la sistemazione della Germania (vd.
fase politica della guerra).
Condizioni russe
A Tehran si dettano le condizioni russe per l’ingresso in guerra contro il Giappone (con il
portato della Conferenza del Cairo tra inglesi e americani).
Nel Dicembre ’43 (prima che l’Armata Rossa varchi la frontiera cecoslovacca) c’è
l’accordo tra Unione Sovietica e Cecoslovacchia, cercato dallo stesso Beneš cercando di
prevenire l’eventualità che Mosca possa instaurare un governo amico da una posizione di
forza (come farà definitivamente nel ’48).
-> era evidente a tutti che le scelte politiche sarebbero state una conseguenza delle azioni
militari.
17.11.24 Storia delle Relazioni Internazionali
DIVERGENZE INTERNE AGLI ALLEATI E RELAZIONI CON STALIN
Ci sono delle divergenze fondamentali tra gli alleati e delle relazioni che si stanno
stabilendo con Stalin: il leader sovietico diventa sempre più una controparte che gode
fino allo sbarco in Normandia di una posizione di vantaggio (che viene dall’aver
consolidato la vittoria nei confronti dei tedeschi e dall’aver tenuto autonomamente il fronte
orientale).
Francia
La Francia dovrà necessariamente essere un interlocutore nel momento in cui bisognerà
parlare di una pace contro la Germania, poiché ha subito ancora una volta un danno
consistente da parte dei tedeschi.
Anche la Francia sarà un interlocutore divisavo all’interno del fronte alleato: De Gaulle
avrà sempre delle grosse difficoltà a rapportarsi con gli Stati Uniti perché Roosevelt non lo
stimava particolarmente -> più a lungo possibile ci si sforza di ignorare la Francia tra gli
interlocutori che detteranno le condizioni di pace, ma sarà inevitabile quando bisognerà
parlare di pace con la Germania (e ciò verrà favorito anche dalla Gran Bretagna, sempre
con lo scopo di arginare l’avanzata Sovietica in Europa.
Sul continente europeo, un sistema di bilanciamento in grado di contrastare un eccesso
di potere dell’Unione Sovietica può passare soltanto attraverso la considerazione della
Francia.
Realismo di Roosevelt
Non è stato deciso preventivamente come si sarebbero divise le sfere di influenza e
Roosevelt, che pure non vorrebbe sentir parlare di sfere di influenza, è realista e sa che
determinate condizioni dovranno essere rispettate (es. dovrà accettare la Linea Curzon
che dividerà la Polonia lasciando all’Unione Sovietica l'Ucraina e la Bielorussia secondo la
sfera di influenza guadagnata con il Patto Molotov-Ribbentrop).
Roosevelt deve guardare anche al fronte interno (nel ’44 ci sono le elezioni negli Stati
Uniti) e considerare tutto l’apparato retorico che ha riguardato la lotta per la democrazia
(pur non avendo mai menzionato il principio dell’autodeterminazione wilsoniana), che
aveva portato al concetto di democrazia e libertà su cui si era fondata la dichiarazione
delle Nazioni Unite, e che pure aveva portato durante il conflitto a rieducare l’opinione
pubblica rispetto ai sovietici (che da bolscevichi pericolosi, diventati poi coloro che
contrastavano il nemico tedesco, tornavano a mostrarsi ora in tutta la loro pericolosità).
Rivolta di Varsavia
Il 1° Agosto a Varsavia scoppia la rivolta (con le ultime energie rimaste, la città si rivolge
contro l’occupante tedesco) e le truppe dell’Armata Rossa, schierate poco lontano,
ricevono da Stalin l'ordine di fermare l’avanzata a difesa della città.
Stalin vuole creare delle condizioni politiche favorevoli allo stretto controllo politico
sovietico della Polonia -> ancora una volta c’è un’operazione tesa a depotenziare la
classe dirigente polacca che possa contrastare il disegno di satellizzazione totale della
Polonia (piuttosto renitente a farsi controllare).
La resistenza polacca si risolve in un bagno di sangue di otto settimane, in cui l’Armata
Rossa avrebbe potuto avanzare e dare il colpo decisivo ai tedeschi) -> è già in atto
l'evidente intento di delegittimare completamente la dirigenza polacca.
La Polonia è il primo paese che, nella strategia politica di Stalin, deve necessariamente
costituire un satellite (con un governo totalmente compiacente nei confronti di Mosca) e
questa è la ragione per cui gli alleati, che pure avevano ceduto sulla frontiera polacca,
hanno grosse difficoltà a cedere sul dato politico (imposizione da parte sovietica del
governo di Lublino, che raccoglieva i rappresentanti filomoscoviti che avrebbero costruito
un governo comunista, azzerando completamente il governo in esilio a Londra).
I Balcani, che erano stati da sempre una zona di interesse britannico, improvvisamente
rischiano di passare sotto il controllo sovietico.
Contemporaneamente è in atto in Jugoslavia la resistenza passata sotto il controllo
comunista dei titini (con il pieno sostegno dei britannici) e i sovietici, che fino a quel
momento non erano stati coinvolti in Jugoslavia, mandano nel ’44 i propri emissari a Tito
per favorire una presa di contatto e un aiuto.
-> anche l’area balcanica è sotto scacco rispetto all’avanzata sovietica, essendo peraltro
scemato il progetto di Churchill di effettuare un possibile sbarco nei Balcani e di far
entrare in guerra la Turchia.
L’accordo delle Percentuali alla fine non trova un’applicazione concerta perché saranno
decisive le presenze militari sul campo: l’esercito liberatore deciderà la sorte futura dei
paesi liberati.
Anche lo scenario del Pacifico non è ancora stato risolto: era stata individuata per prima
la necessità di sconfiggere la Germania e la sconfitta del Giappone sarebbe stata un
problema successivo.
Esiste ancora un patto di neutralità tra Giappone e Unione Sovietica, che faceva comodo
a entrambi e all’interno dell’Asse, il ruolo del Giappone non è stato quello in cui si poteva
sperare.
Il potere negoziale che avrebbe dovuto garantire lo sgancio della bomba non è la
motivazione principale, perché l’amministrazione Truman non è stata capace di
avvantaggiarsi sul piano politico di un oggettivo vantaggio militare e i sovietici non sono
stati particolarmente colpiti.
Il monopolio nucleare che gli americani avranno fino al ’49 accelera inoltre il ritiro delle
forze convenzionali dall’Europa che era ciò che volevano i russi (poiché avrebbero retto
con difficoltà un dispiegamento ulteriore di forze sul teatro europeo).
-> l’approccio strategico degli americani fa il gioco che i russi avrebbero voluto.
Durante tutto il corso della sperimentazione c’è inoltre stata un’ingente attività spionistica
a livello scientifico (alcuni scienziati hanno scelto di comunicare ai sovietici la propria
sperimentazione per una convinzione ideologica) e gli stessi sovietici avevano un’ottima
scuola di fisici -> il lasso del monopolio nucleare americano dura solamente per 4 anni,
dal ’45 al ’49.
I sovietici davano per scontato che il Giappone sarebbe stata un’area di influenza
americana (non pensavano a un’espansione verso il Giappone) ma c'era la questione
della Cina e del ripristino del ruolo dell’Unione Sovietica in tutti i territori limitrofi su cui
erano emerse vertenze a partire dal 1905 (a partire dalla Guerra russo-gipponese).
Perdite del Giappone a favore dell’Unione Sovietica sancite presso la Conferenza di Yalta
(Febbraio 1945)
La Conferenza di Yalta del Febbraio 1945 tira le fila di ciò che è successo a Teheran
tenendo dei cambiamenti militari intervenuti nel frattempo.
Si fa riferimento al fatto che, dopo la sconfitta della Germania (che rimane la priorità e non
è ancora avvenuta), i sovietici riacquisiranno il diritto di avere una base militare a Port
Arthur (avevano perso il porto nel 1905 durante la Guerra russo-giapponese), ad avere
Dairen e a riacquisire azioni della ferrovia transmanciuriana (convivenza tra cinesi e
sovietici nella gestione dell’importantissima via di comunicazione, con una prevalenza
sovietica) -> è necessario ridimensionare le richieste di Chiang Kai-shek sugli stessi
settori (i sovietici sono ancora molto prudenti ed evitano gli incontri diretti con lui, per non
dare anche ai giapponesi un’impressione di eccessiva aggressività).
Quando i sovietici dichiarano guerra al Giappone non fanno altro che ritirare una sorta di
cambiale già firmata dagli angloamericani (agiscono secondo degli accordi preventivi),
pochi mesi dopo la sconfitta della Germania e quando già si è fatta chiarezza sulla
posizione sovietica in Estremo Oriente:
- Mongolia Esterna
- Dairen
- Port Arthur
- Parte meridionale dell’Isola di Sachalin
- Isole Pescadores
-> è garantita anche in Estremo Oriente una fascia di sicurezza.
NAZIONI UNITE
Elemento fondamentale su cui si fonda il gran design di Roosevelt sono le Nazioni Unite:
ci sono state varie conferenze (la principale delle quali sarà quella di San Francisco) tese a
definire le linee guida delle Nazioni Unite, che saranno un altro portato importante della
Seconda Guerra Mondiale.
Contrasti tra occidentali e futuro blocco sovietico in seno alle Nazioni Unite
Perché le Nazioni Unite possano essere uno strumento funzionante deve esserci un vero
accordo tra il (futuro) blocco sovietico e gli occidentali.
-> il gran design rooseveltiano può funzionare solo in assenza di Guerra Fredda, che
invece emergerà proprio dagli insanabili contrasti che si vengono a creare nel dopoguerra.
Emergono dei cavilli procedurali, per esempio sul fatto che l’Unione Sovietica insiste
perché vorrebbe che tutte le repubbliche sovietiche avessero rappresentanza all’interno
delle Nazioni Uniti (mentre verrà poi garantita solo a Ucraina e Bielorussia), sul ruolo sul
diritto di veto o sull’ingresso nel Consiglio di Sicurezza, di cui faranno parte Stati Uniti,
Gran Bretagna, Francia, Unione Sovietica e Cina.
Badoglio, capito che la sua posizione è a rischio, decide di fare un accordo con Vyšinskij
che garantisca il riconoscimento del governo italiano da parte degli stessi sovietici -> i
sovietici danno un valore politico a Badoglio, e in cambio i comunisti rientrano e
partecipano attivamente al governo.
-> la Svolta di Salerno (’44) prevede l’ingresso del PCI, il rientro di Togliatti e il
riconoscimento dell’Unione Sovietica.
Anche grazie alla Svolta di Salerno, l’Unione Sovietica capisce che si stanno aprendo
degli spazi e che il fatto di non aver creato accordi chiari e definiti lascia molti varchi
aperti.
I sovietici hanno il forte sospetto che ci siano degli accordi, con l’idea che ci sia in piedi
un inizio di negoziato tra tedeschi e angloamericani con una resa dei tedeschi in Italia -
> esistono delle situazioni in cui si può pensare che si arrivi a una pace “negoziata”, ma
proprio sulla Germania il principio della resa incondizionata deve dettare legge, anche
perché gli stessi sovietici sono già insospettiti del comportamento alleato.
Il gran design rooseveltiano è reso precario dalla diffidenza di Stalin, e non erano bastati
gli anni di guerra a creare una fiducia assoluta (vd. Nazioni Unite).
L’Europa Orientale viene totalmente liberata dall’Armata Rossa e i regimi che vengono via
via favoriti sono eterodiretti da Mosca (per mezzo di uomini collocati lì apposta):
- in Polonia i sovietici riescono ben presto a inserire gli uomini di Lublino emarginando
completamente il governo di Londra
- in Cecoslovacchia, essendo presente un forte partito comunista cecoslovacco con una
tradizione propria, Beneš cerca di fare un accordo con i sovietici nel ’44 prima che questi
entrino nel paese, sperando di favorire uno sviluppo politicamente autonomo del governo
cecoslovacco.
Stalin avrebbe preferito una Germania unita ma neutrale, che sarebbe potuta diventare
una sorta di Finlandia, con una sovranità limitata in politica estera e messa in condizione
di non nuocere nei confronti dell’Unione Sovietica. Tuttavia la politica di Stalin risentirà di
un disegno strategico che è ancora vago sulla sorte della Germania (non è ancora chiaro
quale sia l’opzione possibile per la Germania).
-> la maggior parte dei timori sovietici si appuntano ancora sulla Germania: un possibile
ritorno aggressivo della Germania, non autonoma, ma incorporata con un fronte
capitalista che rivolge contro l’Unione Sovietica.
CRISI DI TRIESTE
Jugoslavia
Nel ’44 gli emissari sovietici vanno da Tito, ma gli aiuti che aveva ricevuto fino a quel
momento erano stati quelli britannici (non sovietici) e questo rende la Jugoslavia un
caso unico, diventando un punto fondamentale quando ci sarà la vertenza aperta con
l’Italia sulla questione di Trieste e anche nei rapporti con l’Unione Sovietica (fin
dall’inizio i rapporti tra Belgrado e Mosca, che vorrebbe stringere le maglie, sono
molto difficili e arrivano alla rottura definitiva dopo 3 anni).
Tuttavia Tito diventa un problema quando arriva a tappe forzate a Trieste nel Maggio
’45, prima degli alleati: primo nodo da guerra fredda (per la prima volta un confronto
diretto che rischia di far arrivare allo scontro quelli fino a poco prima sono stati alleati).
Vi sono via via crescente contrasti (vd. Nuovi varchi aperti per l’Unione Sovietica), il primo
dei quali si palesa con la questione di Trieste: primo test in cui si visualizza quale sia il
reale consolidarsi dei rapporti di forza e dei rapporti politici tra i sovietici e gli
angloamericani (e in questo caso Stalin darà prova di moderazione).
Gli alleati non avevano stabilito che andasse garantita Trieste all’Italia e che non si
togliessero all’Italia le acquisizioni seguite alla Prima Guerra Mondiale -> i britannici non si
fanno carico degli interessi italiani, tuttavia Tito a Trieste significa una rottura totale degli
accordi precedenti: Trieste doveva essere occupata dagli alleati.
Trieste, che aveva già vissuto la terribile occupazione tedesca (essendo città etnicamente
composita, era stata la città con il maggior numero di delatori), dovette vivere anche i 40
giorni di pesante occupazione jugoslava (la maggioranza slovena che abitava l’altopiano
era spesso schierata con le forze di liberazione jugoslave) -> si prefigurava una situazione
complicata dal punto di vista interno.
In Giugno faranno l’ingresso in città gli angloamericani che istituiranno il Governo Militare
Alleato e il Territorio Libero di Trieste verrà suddiviso (formalmente in sede di trattato di
pace nel ’47) in Zona A, di occupazione alleata, e in Zona B, di occupazione Jugoslava.
Numerosi dubbi riguardano poi la politica americana, poiché Rooselvet non aveva mai
parlato di una permanenza americana sul continente europeo (che avrebbe dato
argomenti agli isolazionisti) -> gli Stati Uniti devono valutare con che modalità e che
misura dare al proprio impegno in Europa (si pensa ancora in questa fase che ci sia un
progressivo ritiro) mentre Stalin è già presente sul continente con le proprie forze.
-> l’Unione Sovietica dovrebbe trovarsi in una posizione di forza, anche grazie al diritto
morale che dovrebbe esserle garantito dal prezzo pagato durante il conflitto.
Stalin vuole chiudere il paese a qualunque possibile visione esterna che potrebbe
individuarne la debolezza (presente per esempio in termini di risorse perdute durante la
guerra) ed è consapevole del difficoltoso percorso necessario per rialzarsi dopo un
conflitto così oneroso.
-> si crea una certa sensazione di vulnerabilità che porta Stalin sempre più verso
un’azione percepita dagli alleati come aggressiva.
L’Iran nel corso della guerra, dopo l’Operazione Barbarossa, era stato oggetto di
un’occupazione congiunta in cui la parte Nord era andata ai sovietici e quella Sud agli
inglesi (e poi angloamericani), e dopo la guerra i sovietici stentano ad andarsene dalla
parte Nord del paese, cercando di negoziare il proprio ritiro con delle concezioni
petrolifere e cercando di appoggiarsi al Partito Comunista dell’Azerbaijan -> l’Unione
Sovietica cerca di riportare un’influenza perenne sulla parte Nord dell’Iran.
-> tutti i varchi che si sono aperti implicano per l’Unione Sovietica una possibilità ulteriore
di riposizionarsi con maggior forza sullo scenario globale.
17.11.27 Storia delle Relazioni Internazionali
PRIME RAGIONI DELLA GUERRA FREDDA
Il sistema a cui Roosevelt affidava una parte del futuro (Nazioni Unite, uno dei punti
salienti del gran design rooseveltiano) poggiava su elemento fondamentale: accordo
(analogo a quello che c’era stato durante la guerra) con l’Unione Sovietica.
Il termine blocco indica una contrapposizione netta che nel ’45 ancora non si è verificata:
ci sono ancora molte porte aperte e la possibilità che si possa arrivare all’intesa postulata
come possibile gestione futura delle relazioni internazionali a livello globale.
Con la questione di Trieste, che era stata una delle prime occasioni di confronto diretto e
verra rievocata da Churchill tracciando la “Cortina di Ferro”, Stalin si mostra prudente e
non disposto a rischiare uno scontro diretto con gli angloamericani su una situazione che
avrebbe dovuto giovare al sistema.
L’Unione Sovietica è stato un paese chiuso per lungo tempo: dopo l’affermarsi della
rivoluzione bolscevica viene isolata e contemporaneamente si isola, tendendo a chiudersi
-> è difficile comprendere le finalità politiche di Stalin: finché c’era la guerra tutto era
appiattito dalla finalità fondamentale di respingere i tedeschi e qualcosa si può percepire
quando cessa la grande emergenza militare (inizi del ’42) ma quando il percorso di Stalin
comincia a diventare maggiormente politico ci sono dei grandi punti interrogativi.
I punti di frizione sono molteplici e possono andare oltre l’Europa: l’Iran, che pure era
stato oggetto di un accordo nel corso della guerra, diventa un punto interrogativo nel
momento in cui i sovietici si mostrano reticenti ad andarsene (riappropriandosi delle linee
di espansione della classica politica estera russa: l’accordo ricalcava perfettamente
l’accordo anglo-russo in cui l’Iran veniva suddiviso in sfere d’influenza).
Le pressioni russe sugli stretti della Turchia (rivendicazione degli stretti sempre contesi tra
Turchia e Unione Sovietica, e accordo di Kars).
-> c’erano delle rivendicazioni ricalcate sulle vecchie rivendicazioni sovietiche.
Dato ideologico
I sovietici erano sempre più pervasivi nei confronti delle amministrazioni nell’Europa
Orientale: le grandi divergenze sulla Polonia inizialmente riguardano le frontiere (di fatto
accettate dagli angloamericani) ma poi diventano delle divergenze politiche (è evidente
l’intento sovietico di annullare il governo polacco in esilio, perché è chiaro che potrebbe
alimentare una dissidenza nei confronti di un pieno controllo sovietico).
Anche in Romania e Bulgaria poi, è evidente che la composizione dei governi sia sempre
più eterodiretta da Mosca (Belgrado e la Jugoslavia rimarranno una storia a se stante: Tito
sarà il protagonista della liberazione e perciò sarà l’unico dell’Europa Orientale a poter
fare affidamento sul riconoscimento sul fronte interno, garantendosi una maggior libertà
politica nei confronti di Mosca).
La Dottrina del Containment (1947, poco dopo il Long Telegram) nasce da un’esigenza
precisa: necessario ricollocamento delle posizioni imperiali britanniche (uno degli elementi
che rappresentava una debolezza nel fronte angloamericano).
L’idea di poter mantenere una serie di aree di influenza aveva spinto gli inglesi a
cercare di ridisegnare il più possibile l’assetto mediorientale tra le due guerre, ancora
secondo le logiche che venivano dalle analisi di Sykes e dalla necessità di tenersi una
serie di leader arabi amici (tramite l'Arab Bureau; il Regno di Giordania, che vive grazie
agli inglesi), nonostante in Palestina, teatro in cui gli inglesi erano stati pure attivi nel
corso della Seconda Guerra, le difficoltà fosse crescenti.
Gli inglesi sono stati inizialmente grandi difensori del sionismo e con la Dichiarazione
Balfour del ’17 avevano eletto la Palestina a luogo dell'emigrazione ebraica, che era
però era scaglionata e ancora contingentata agli ebrei dei pogrom (dei paesi baltici,
della Polonia, …), tanto che lo stesso Faisal non mostra un’inimicizia immediata nei
confronti del progetto, ipotizzando che possa esserci una tranquilla convivenza.
Nel tempo gli ebrei europei arrivano con l’idea di insediarsi, comprando le terre da
grandi proprietari arabi che risiedono altrove (che vendono senza un disegno politico
ma solo perché i territori sono diventati molto appetibili -> si crea una situazione in cui
i piccoli agricoltori arabi vengono scacciati dai terreni su cui avevano sempre lavorato
e cominciano a considerare gli insediamenti ebrei sempre più pervasivi (non c’è da
principio un’ostilità preconcetta tra i due popoli).
Quando gli inglesi si accorgono che i flussi migratori sempre più ingenti rischiano di
mettere a repentaglio non solo la Palestina ma anche tutto l’impero (perché potrebbe
emergere il concetto di solidarietà pan-araba e pan-islamica), cercano prima una
mediazione impossibile tra arabi ed ebrei e poi di contingentare i flussi:
- diventano per gli stessi ebrei il principale ostacolo alla libera emigrazione verso la
Palestina, in contrasto con quella che era stata la promessa implicita dell’Accordo
Balfour del ‘17
- rimangono per gli arabi gli artefici di tutta la politica migratoria
Movimenti ebraici
Contemporaneamente, i principali movimenti di difesa degli interessi ebraici (a
cominciare da quelli che si muovono in una logica operativa terroristica come gli Irgun)
cercano di scacciare gli inglesi dal territorio palestinese per ottenere l’indipendenza e il
territorio da destinare agli insediamenti ebraici.
Gli ebrei stessi erano politicamente divisi al loro interno (Haganah e Irgun non erano in
buoni rapporti).
Falliti i rapporti sia con l’una che con l’altra parte, gli inglesi se ne vanno dalla
Palestina (dopo una una serie crescente di attentati, il più grave dei quali fu quello al
King David Hotel organizzato dall’Irgun).
Nel ’48 si afferma lo stato di Israele, con il presupposto di una cessazione autonoma
da parte degli inglesi del loro mandato (non è più possibile per gli inglesi tenere la
Palestina) con un’uscita rapida dal territorio.
-> la situazione diventa difficile anche sotto il punto di vista finanziario: gli inglesi non
riescono più a sostenere l’invio in territorio palestinese di truppe che vengano
contemporaneamente attaccate dagli Irgun e dagli arabi.
Il riposizionamento della politica estera americana sull’Europa (che avviene benché il gran
design rooseveltiano prevedeva un ritiro degli americani) è indotto anche dal fatto che gli
inglesi non riescono più a mantenere certe posizioni considerate vitali perché di
contenimento rispetto a un pieno espansionismo sovietico che avviene in tutte le aree
dove è consentito.
Anche in Grecia (dove pure le percentuali previste erano 90-10 a favore degli inglesi),
essendoci una situazione fluida, i sovietici potrebbero cercare un presidio fondamentale
sul Mediterraneo (ragione per cui gli inglesi avevano sempre voluto mantenere le proprie
posizioni) -> i russi cercano un varco verso il Mediterraneo (anche attraverso il Medio
Oriente, che costituirà un’altra area potenzialmente possibile per i sovietici).
-> quando gli inglesi dichiarano di doversi ritirare dalla Grecia e di non essere in grado di
offrire protezione alla Turchia contro le rivendicazioni sovietiche, sono gli americani che
devono affermare che il containment è compito loro: c’è un passaggio di consegne tra
inglesi e americani (gli inglesi si ridimensioneranno veramente dopo la Crisi di Suez del
’56).
L’amministrazione Truman sempre più sta portando il paese fuori dal postulato
isolazionista (il ritiro degli Stati Uniti, che avrebbero dovuto lasciare una tranquilla gestione
in Europa, sembra sempre più irrealizzabile).
Tra il 1947 e il 1948 la vera risposta in linea con il Long Telegram di Kennan, dopo la
dichiarazione sul containment nel Marzo 1947, è nel Giugno 1947 il Piano Marshall.
Il Piano Marshall riesce a cogliere il senso del Long Telegram: la necessità di modificare
una situazione che avrebbe drammaticamente rafforzato i sovietici (un’Europa debole e in
balia di qualunque condizionamenti politico perché finanziariamente, economicamente e
politicamente fragile).
Stalin non era riuscito ad avere un vero disegno di lungo periodo sulla Germania perché si
era illuso che la Germania non sarebbe riuscita a rinascere in tempi rapidi (profughi,
perdite territoriali, possibile revisionismo) e sperava nella sua decadenza. Non aveva
inoltre previsto il disegno di una Germania divisa e avrebbe accettato il disegno di una
Germania unificata purché neutrale e disarmata.
-> con la riunificazione della trizona e con la politica che si sta delineando da parte
americana, comincia a farsi strada in Stalin l’idea che la Germania possa diventare
un’entità statale nuovamente autonoma e anche che possa essere riarmata per mano
americana, costituendo la prima minaccia europea contro l’Unione Sovietica.
La riunificazione delle tre zone e la creazione di una moneta che valga nella zona unificata
dagli occidentali sono elementi che costituiscono uno stato nuovamente autonomo ->
segnali per i sovietici che qualcosa si sta muovendo in campo occidentale: la Germania
non è più il male assoluto, ma può essere ripulita e considerata un baluardo anti-
sovietico).
L’European Recovery Program è un progetto di aiuti a lungo termine tesi a sanare i danni
prodotti in Europa dalla guerra, per rispondere a una doppia esigenza:
- esigenza politica: come descritta dal Long Telegram.
- esigenza economica: gli Stati Uniti hanno dopo la guerra un meccanismo produttivo
molto ben avviato che ha bisogno di piazzare le produzione in mercati in grado di
accoglierla (non c’è ancora un terzo mondo in grado di assorbire manufatti e prodotti
dell’industria americana) e solamente l’Europa può essere la controparte del sistema e per
esserlo deve tornare a funzionare economicamente.
L’Europa deve essere anche politicamente stabile, altrimenti nulla può impedire ai
sovietici di essere la vera potenza monopolizzante il controllo del continente europeo:
- il ruolo della Francia è segnato dai difficili rapporti di De Gaulle con le amministrazioni
statunitensi (offeso per non essere stato invitato a Yalta, rifiuterà poi di incontrare
Roosevelt)
- il ruolo della Gran Bretagna (l’altro perno su cui gli Stati Uniti avevano sperato di potersi
appoggiare) è compromesso dalle difficoltà in cui si trovano gli inglesi.
-> gli aiuti devono sanare una situazione economicamente drammatica e sono utili dal
punto di vista politico ed economico per gli Stati Uniti.
-> il Piano Marshall riesce a ottenere anche la finalità economica che si prefiggeva, cioè la
velocizzazione del processo di ricostruzione (come analisi successive consentiranno di
affermare), e al contempo a stabilizzare politicamente la parte occidentale dell’Europa (a
partire dalla Germania).
L’European Recovery Program può essere definito una sorta di Dottrina Truman in azione
e la vera efficacia della Dottrina starà più nel Piano Marshall che nel Containment.
I sovietici infatti reagiscono con maggiore preoccupazione proprio al Piano Marshall,
poiché questo prevede anche con tutta evidenza il ripristino della Germania, che si
affianca al resto dell’Europa Occidentale diventando il vulnus che tanto temevano.
-> prima grande crisi: Crisi di Berlino (vedi Crisi di Berlino).
Durante l’appuntamento elettorale del ’48, la campagna elettorale si gioca proprio sulla
questione della Guerra Fredda: non è solo una contrapposizione tra due partiti (Fronte
popolare e partiti conservatori del centro-destra come la DC, di cui nel frattempo De
Gasperi è diventato la guida) ma diventa anche una contrapposizione esistenziale.
L’Italia nel Febbraio ’47 ha avuto il proprio accordo di pace firmato a Parigi, dove De
Gasperi si presenta davanti ai delegati e riconosce la natura politica del trattato accordato
all’Italia.
Le questioni fondamentali da decidere per l’Italia erano:
- Trieste
- il confine del Brennero
- le colonie
Brennero
La questione del Brennero si era risolta nel 1946 con gli Accordi De Gasperi-Gruber che
confermavano il mantenimento della frontiera al Brennero.
Colonie
La questione delle colonie viene rinviata a trattative successive e non si riesce a risolverla.
Ci sono delle rivendicazioni sovietiche sulla Libia, tramite la richiesta di amministrazione
fiduciaria sul paese -> i sovietici cercano di coprire gli spazi di incertezza laddove nel
disegno iniziale erano gli inglesi a dare per scontato che avrebbero occupato gli spazi
lasciati liberi dagli italiani (la prima finalità degli inglesi rispetto all’Italia era la distruzione
dell’Impero coloniale italiano, ma in questa fase cominciano a non avere più la forza che
sarebbe richiesta).
Le rivendicazioni italiane riguardano le colonie pre-fasciste (viene dato per scontato che
l’Etiopia sia un paese autonomo e non viene previsto un sistema di amministrazione
fiduciaria): De Gasperi chiede l’amministrazione fiduciaria sulla Libia e sulla Somalia,
rivendicando che l’intento coloniale italiano fosse stato quello positivo di costruire colonie
di emigrazione dove portare i propri coltivatori (non uno sfruttamento bieco ma piuttosto
un’amministrazione che ha creato anche infrastrutture, culture, …).
La questione delle colonie verrà risolta solo nei primi anni ’50 e viene concessa all’Italia
l’amministrazione fiduciaria sulla Somalia (poi ci si renderà conto che le amministrazioni
fiduciarie saranno più un fardello, anche a causa dei crescenti problemi politici e contrasti
interni ai paesi).
L’unico elemento che mitiga l’accordo di pace e rende l’atteggiamento nei confronti
dell’Italia più morbido è la rilevanza che acquisisce l’Italia nell’ambito della Guerra Fredda,
anzitutto perché in Italia c’è un forte partito comunista.
Inizialmente il postulato del ’47 è quello di una pace totalmente punitiva e prevede per
esempio lo smantellamento delle forze armate, ma questo ben presto verrà rivisto alla
luce della necessità che si ha di fare dell’Italia un elemento militarmente efficiente -> si
decide che l’Italia è interessante per il confronto tra i blocchi (per la sua stessa struttura di
“portaerei nel Mediterraneo”, l’Italia diventerà un’area sempre più rilevante e un
caposaldo della Guerra Fredda).
Il ruolo differente che l’Italia acquista con la Guerra Fredda, da un lato gioca a suo favore,
ma dall’altro diventa un problema sul piano interno (l’alternanza PCI-DC sembrerà
speculare rispetto al contrasto Est-Ovest e il Partito Comunista avrà numerose difficoltà a
destreggiarsi tra la politica interna e la cappa di Mosca).
Stalin sa che l’unificazione delle 3 zone prelude alla costituzione di uno stato: la
divisione della Germania avviene come dato di fatto nel momento in cui gli americani
decidono che nella loro zona vanno a ricostituire uno stato alleato con gli occidentali
(quella che sarà la Repubblica Federale), cioè quello che i sovietici avevano sempre
temuto.
Stalin impedisce l’accesso alla città con un potenziale rischio di conflitto diretto (la Crisi di
Berlino è uno dei momenti in cui, durante la Guerra Fredda, si ha la forte percezione di
poter passare a una guerra vera e propria), che sarebbe scoppiato per esempio qualora il
blocco fosse stato esteso al cielo.
Ponte aereo
Gli americani seguono la logica di Kennan che prevedeva di non lasciare varchi e non
ritirarsi (altrimenti ci sarebbe un avanzamento) e che i sovietici si sarebbero ritirati in caso
di opposizione netta e contrasto sicuro (Stalin effettivamente sarà sempre caratterizzato
da un certo realismo per cui sapeva fin dove poteva arrivare, e da una gestione sempre
abbastanza razionale della politica estera) -> la città viene rifornita attraverso un ponte
aereo.
Il ponte aereo (tantissimi aerei decollavano e arrivavano a Berlino) rappresenta un
dispiegamento di forze economiche incredibile -> il costo che gli americani sostengono
per rifornire Berlino (che è diventato un emblema) delinea quella che sarà una difficoltà
costante per i sovietici, cioè il doversi confrontare sempre con una potenza che dalla
guerra è uscita rafforzata (mentre il potenziale sovietico è tutto da ricostruire).
Quella che nel ’46 era stata definitiva “Cortina di Ferro” (da Trieste a Stettino) rendeva
Trieste un elemento fondante nella Guerra Fredda e un peso importante per gli
occidentali, ma la conseguenza della rottura tra Tito e Stalin per l’Italia non sarà positiva.
Allontanamento di Tito
Stalin decide di non portare alle estreme conseguenze la rottura e non occupa la
Jugoslavia (conscio del peso politico di Tito, che è ancora l’eroe che ha liberato il paese
dai tedeschi, e di quanto potrebbe essere difficile organizzare un golpe a Belgrado) e si
accontenta della condanna formale e dell’allontanamento di Tito.
Per gli alleati è bene non provocare Tito, che è un potenziale utilissimo alleato: laddove
l’Italia è (benché con qualche esitazione) saldamente nel nucleo occidentale, la Jugoslavia
è qualcosa da “corteggiare”.
-> dopo la cacciata dal Cominform, la posizione negoziale di Tito sulla questione di
Trieste è più forte: gli occidentali non sono disposti a spendersi ulteriormente perché il
TLT (Zona B) torni all’Italia.
17.12.01Storia delle Relazioni Internazionali
1948: TRATTATO DI BRUXELLES E COMPLETAMENTO DELLA SATELLIZZAZIONE
SOVIETICA
Anche dopo un secolo, il ’48 è di nuovo un anno di svolta, anzitutto perché il Piano
Marshall è la misura più efficace sia nella sostanza (come possibilità per l’Europa di
recuperare economicamente e politicamente le proprie posizioni) sia perché costituisce
come consigliato da Kennan, il possibile argine contro un espansionismo sovietico la cui
natura rimane ancora oggetto di discussione (non è chiara l’origine dell’espansionismo
sovietico: concetto di difesa a oltranza, di diffidenza di Stalin, delle occasioni poste in
essere dal riequilibrio delle forze).
Il messaggio di Kennan ha però una seconda linea d’azione (che poi Kennan si troverà a
smentire), cioè quella militare.
Stalin non vuole mantenere la divisione della Germania, e al mantenimento della divisione
si arriva dopo il ’52, quando fallisce l’ultima proposta sovietica sulla possibile unificazione
tedesca (Stalin intendeva una Germania unificata entro le frontiere di Potsdam).
La Crisi di Berlino scoppia anche a causa dell’unificazione della trizona, che evidenzia agli
occhi dei sovietici il progetto alleato di formazione di uno stato tedesco sotto influenza
occidentale, con la possibilità che poi questo sia armato dagli americani (questo è
l’elemento più pericoloso nella concezione sovietica: una Germania riarmata,
potentemente se a farlo fossero gli americani, sarebbe volta contro l’Unione Sovietica).
Pur di scongiurare la possibilità della Germania riarmata contro l’Unione Sovietica, Stalin
è disposto fino al 1952 all’unificazione tedesca (oggetto di proposte sovietiche: tenere la
Germania unita ma totalmente indipendente, che non aderirà ad alcuna alleanza militare
come una sorta di paese neutrale).
Anche con i Processi di Norimberga (che pure sono effettivi e importanti dal punto di vista
del messaggio autocritico che si vuole muovere in tutti i tedeschi) non si processa l’intera
classe dirigente del paese, che pure porta gravi responsabilità sull’accaduto.
Mentre gli americani decidono presto quale sia la loro strategia sulla Germania (portare il
nucleo della Germania Occidentale verso l’Europa Occidentale, integrandola,
restituendola al benessere con il Piano Marshall e rimitarizzandola), i sovietici si cullano
con l’idea che possa esserci ancora una Germania unificata piuttosto che divisa e armata
nella sua parte occidentale (con l’ultimo progetto del ’52 Stalin vorrebbe tornare a
Potsdam, smantellando la Repubblica Federale, unificando la Germania e lasciandola
fuori da qualsiasi alleanza militare).
L’ala mediterranea è interessante anche per gli americani, che inizialmente volevo dare
all’Accordo un’esclusiva connotazione atlantica ma che si accorgono presto di quanto sia
importante il fronte mediterraneo (non ultimo anche il ruolo della Chiesa, le cui posizioni
anticomuniste possono avere una certa valenza).
Patto di Varsavia (1955) come risposta all’ingresso della Repubblica Federale Tedesca
nella NATO
L’Unione Sovietica non risponde immediatamente alla formazione dell’alleanza militare del
1949 con il Patto di Varsavia (che invece nasce 6 anni dopo, nel 1955).
Il Patto di Varsavia non rappresenta una risposta tardiva alla formazione della NATO, ma
piuttosto una risposta all’ingresso della Repubblica Federale Tedesca nell’organizzazione
nel 1955 (che definisce per l’Unione Sovietica uno schieramento militare veramente
efficace di cui è necessario tener conto con un contro-provvedimento).
-> risposta automatica sovietica con la formazione del Patto di Varsavia (organizzazione
speculare rispetto alla NATO).
La Repubblica Democratica (DDR) entra a far parte dello schieramento del Patto di
Varsavia, insieme a tutti i paesi satellite.
L’Italia però non ha questo margine negoziale perché gli Accordi di Pace del ’47 sono
quelli inflitti a un paese sconfitto e in disfacimento militare -> non può entrare in
un’alleanza portando un peso politico e militare perché questo peso non esiste.
L’Italia deve piuttosto preoccuparsi nel caso in cui rimanesse fuori da quest’alleanza e
sguarnita pericolosamente, anche alla luce del confine incerto con la Jugoslavia (che
sta diventando un ibrido incerto, che non fa parte dell’”Occidente”, e con cui si
discute di adesioni indirette alla NATO ma con cui non si arriverà a nulla di sicuro dal
punto di vista militare).
Sarà la NATO a riportare un certo interesse nei confronti dell’Italia, alla luce della sua
posizione strategica di confine (vd. Ala mediterranea della NATO).
INTEGRAZIONE EUROPEA
La Germania entra nel ’55 nel Patto Atlantico perché è fallito l’altro progetto, che
prevedeva la sua integrazione a livello europeo in uno strumento di difesa europeo.
-> nasce il Piano Pleven e la Comunità Europea di Difesa, con l’idea che la Germania (che
pochi anni prima era il nemico da sconfiggere) possa essere riarmata, diventando l’alleato
necessario (da tenere comunque sotto controllo: stato maggiore congiunto all’interno del
quale entrano anche i tedeschi).
I francesi, tra i padri fondatori del processo all’integrazione, si fanno portatori di questo
progetto ma poi lo faranno fallire perché non disposti a cedere una porzione così
importante di sovranità: vogliono ancora portare avanti una politica estera in propria,
perché hanno degli interessi concentrati anche sul retaggio imperiale della Francia (la
dolorosa decolonizzazione francese inizia in Estremo Oriente con la sconfitta di Dien Bien
Phu e la cacciata dall’Indocina, mentre è ferma la convinzione che l’Algeria debba
rimanere territorio francese) -> la Francia preferisce conservare totalmente la propria
autonomia ed è tiepida rispetto al progetto di CED partorito sotto la pressione americana.
Il crinale divisorio tra i due stia diventando insuperabile, e sempre di più la Guerra Fredda
rappresenta uno scontro tra bene e male in una sorta di isteria collettiva che, a cominciare
dagli anni ’50, prenderà dei toni propagandistici incredibili.
Nonostante qualche iniziale preoccupazione, Stalin non tratterà mai nessuno alla pari
come fece con Mao -> Stalin tiene conto che l’ascesa di Mao ha portato una vastissima
area dell’Estremo Oriente sotto il controllo comunista (le territoriali sovietiche, evidenziate
a Potsdam con la presa di Port Arthur e delle azioni della ferrovia transmanciuriana,
vengono automaticamente disconosciute da Stalin alla luce della rilevanza che questo
nuovo rapporto di forza ha nell’assetto globale).
La Cina è ancora da costruire quanto a potenza militare e ruolo politico, e per un lungo
periodo verrà marginalizzata (gli americani si rendono conto del peso cinese solo durante
la presidenza Nixon).
EISENHOWER E IL ROLLBACK
Truman viene rieletto nel ‘48 -> Truman, il containment e il Piano Marshall trovano un
pieno consenso dell’opinione pubblica americana: c’è una coesione, pur nel netto
cambiamento che vive la politica americana in questa fase, e nell’opinione pubblica si è
fatto strada il concetto della minaccia sovietica, a cui dare una risposta (propaganda
battente e che prenderà toni di collettiva isteria negli anni ’50).
Rollback e containment
Il rollback può essere visto come un contraltare rispetto al containment: la politica di
contenimento è giudicata insufficiente nella propaganda della nuova amministrazione ->
non basta contenere la spinta sovietica, è necessario respingere i sovietici.
Vuole rimettere in discussione quella che sembra una totale polarizzazione stabile in
Europa: le logiche di containment non mettevano in discussione la cortina che separava
l’Europa Orientale (prefiguravano il mantenimento della divisione e accettavano la
satellizzazione dell’Europa Orientale), mentre nel concetto di rollback c’è l’idea che si
possa anche rimettere in discussione la frontiera.
Il messaggio aggressivo della massive retaliation sembra, col senno di poi, assumere più
una funzione di deterrenza che non una funzione concreta.
MEDIO ORIENTE
Il Medio Oriente è una zona in fermento e che non ha ancora raggiunto un equilibrio (c’è
una continuità con le questioni aperte già dopo la Prima Guerra Mondiale: concetto di
autodeterminazione spostato più tardi dagli arabi e di decolonizzazione).
Autonomismo arabo
Le forme con cui si presenta l’autonomismo arabo in Medi Oriente sono ancora molto
diverse dalle attuali.
Nasser, leader egiziano, è il primo vero leader che guarda all’elemento di possibile
unificazione delle istanze arabe come unico elemento di forza -> panarabismo (non un
concetto religioso, ma l’idea di una formazione nazionale che si riunisca nell’istanza
fondamentale del processo di decolonizzazione).
-> gli arabi si devono unire per riuscire efficacemente ad accelerare un processo di
decolonizzazione che non è scontato perché francesi e inglesi sono ancora distanti
dall’idea di attuare una vera e propria decolonizzazione (vedi Crisi di Suez) e sono ancora
aderenti alle logiche imperiali (formalmente si decolonizza, ma con l’idea di avere ancora
grandi spazi di influenza).
17.12.04 Storia delle Relazioni Internazionali
Dal containment al rollback
Tra la prima e la seconda metà degli anni ’50 si realizza una progressiva estensione del
ruolo americano: la dottrina del containment si era richiamata a un’emergenza di tipo
europeo (Grecia e Turchia) e non era un’azione a 360° come quella che gli Stati Uniti sono
chiamati a svolgere di lì a breve.
Sempre di più il venir meno delle posizioni imperiali della Gran Bretagna fa sì che tanti
spazi di aperta competizione tra Unione Sovietica e Stati Uniti siano diventati oggetto
dell’attenzione degli Stati Uniti -> particolarmente evidente durante la presidenza
Eisenhower e con la politica di Dulles (“pattomania”: inscrivere Medio Oriente e Estremo
Oriente all’interno di una serie di accordi, diretti o indiretti, con una protezione esterna
degli Stati Uniti, a formare un anello con cui circondare l’Unione Sovietica).
Nel 1951 emerge in Persia (come poi succederà nel resto del Medio Oriente) una spinta
nazionale, rappresentata in particolare dal primo ministro Mossadeq che vorrebbe
accelerare la spinta di decolonizzazione in senso lato: l’Iran non era una colonia, ma
un’area di influenza economica e interesse britannico (Anglo-persian Oil Company,
successivamente Anglo-iranian Oil Company, grosso polo dell’interesse britannico
sull’attività di estrazione petrolifera).
In questo caso la special relationship è un legame ambivalente perché da un lato gli Stati
Uniti vorrebbero staccarsi, ma dall’altro la Grand Bretagna ha il know-how su come
muoversi in un settore complesso come il Medio Oriente (può offrire agli Stati Uniti
decenni di esperienza e relazioni con le società) e gli Stati Uniti lo utilizzano.
-> cambio di passo nella politica americana dal 1951 ( quando gli americani rifiutano
totalmente di dare il proprio assenso a un atto di forza interno in Iran) al 1953 (quando si
arriva all’Operazione Ajax).
Gli Stati Uniti, con il coinvolgimento sempre più ampio, perdono l’impatto positivo iniziare
in cui non erano considerati responsabili di mosse vissute nell’area come neo-coloniali, e
il ritorno al potere dello Scià, che dà il via a un’occidentalizzazione forzata in cui però la
presenza americana era vissuta con insofferenza, può essere letto in questa chiave:
Mossadeq rimane un perno della storia iraniana ed è considerato uno dei padri della
patria.
-> è evidente l’intento di opporre una serie di alleanze contro l’eventuale espansione
sovietica con una serie di patti collegati tra loro, che vengono stipulati tra il ’54 e il ’55.
Il Patto di Baghdad prevede un iniziale accordo tra Pakistan e Turchia, che viene poi
esteso a Iraq, Iran e anche la Gran Bretagna (la compresenza della quale darà al Patto
una valenza di controllo neo-coloniale, essendo Gran Bretagna e Francia i nemici peggiori
dei paesi che in quel periodo cercavano l'indipendenza).
Non riuscendo a decidersi gli europei e presentatasi una situazione speculare in Corea, gli
Stati Uniti ripenseranno ai propri impegni effettivi sul continente (che in questa fase è
ancora il vero oggetto del conflitto, che si giocherebbe anzitutto in Europa).
-> sono gli americani a tirare le fila della difesa europea mettendo fine a ulteriori
discussione accelerando il processo di integrazione tedesca all’interno della NATO
(scatenando la risposta sovietica del Patto di Varsavia).
Il momento della militarizzazione non è comunque l’apice dello scontro e nella seconda
metà degli anni ’50 sembra si stia arrivando a una sorta di coesistenza.
Nel Marzo 1953 muore Stalin e ciò rappresenta un passaggio poiché egli aveva
personificato la politica estera sovietica (prima e durante la Seconda Guerra e sul nascere
della Guerra Fredda).
Dopo l’iniziale fase di passaggio in cui si avvicendano vari triumvirati, si afferma Chruščëv,
che ha immediatamente un impatto di cambiamento sul blocco orientale.
Lo scoppio della crisi a Berlino lascia presagire i rischi insiti nel processo di ripensamento
delle posizioni staliniane successivamente avviato da Chruščëv (al XX Congresso viene
presentato il Rapporto Segreto sui crimini commessi da Stalin e Chruščëv pone l’accento
sugli errori delle politiche staliniane).
In Ungheria nell’Ottobre del 1956 scoppia una rivolta drammatica interna al sistema
guidata da Imre Nagy (espressione del Partito Comunista Ungherese): durante un periodo
di rivolte di strada drammatiche si menziona la possibilità di uscire dal Patto di Varsavia.
-> si evidenziano in questa fase i limiti in politica estera del cambiamento portato
da Chruščëv e della destalinizzazione: Chruščëv non intende consentire un processo di
reale autonomia dei paesi satelliti. La misura in cui viene allentato il controllo sui paesi
satelliti è totalmente limitata (si può favorire qualche innovazione, ma sempre circoscritta
nell’influenza di Mosca).
Riavvicinamento a Tito
L’unico vero correttivo portato da Chruščëv sul piano della politica estera nei confronti dei
paesi comunisti rispetto a Stalin è la correzione del grave errore che Stalin aveva
compiuto rompendo con Belgrado.
Chruščëv visita Tito nel ‘55, mentre fino a quel momento il maggior pericolo per la
stabilità jugoslava erano proprio i sovietici (che si temeva potessero tentare il colpo di
mano) e proprio questo aveva portato Tito a far percepire tutto il suo peso, con il
desiderio americano di ricondurre la Jugoslavia alla NATO in modo indiretto con un patto
limitrofo (cambio strategico che sarebbe stato molto produttivo in caso di conflitto).
Nel 1955 c’è la Conferenza di Bandung che porrà le basi per il successivo Movimento dei
Non Allineati.
Non dovendo sopravvalutare il valore effettivo della Conferenza, si evidenzia come molti
grandi paesi in via di decolonizzazione (India, Egitto, …) cercassero una collocazione
senza farsi schiacciare dal processo semplificatorio della Guerra Fredda e ritagliandosi un
certo spazio di manovra (che comunque preludeva sempre a rapporti più stretti con l’uno
o con l’altro blocco, fondati spesso anche su questioni anche economiche).
NASSER E LA QUESTIONE EGIZIANA
Special relationship
In questa fase crollano i puntelli che gli inglesi si erano illusi di poter collocare in Medio
Oriente dal 1916, quando si erano convinti che sarebbero riusciti ad avere un interlocutore
privilegiato nel mondo arabo grazie a una serie di monarchie amiche (la casa hashemita in
Iraq, Fārūq in Egitto) che però si mostrano intrinsecamente deboli e incapaci di tenere il
fronte grazie al quale gli inglesi pensavano di poter continuare a esercitare la propria
influenza diretta sul Medio Oriente (verranno meno sia l’Iran che l’Egitto).
-> gli inglesi capiscono che stanno perdendo posizioni e cercano costantemente di
indurre gli americani a un maggior coinvolgimento di cui però sanno di poter essere
protagonisti attraverso la fitta rete di competenze acquisito sul Medio Oriente,
evidenziando il senso della special relationship.
Un altro punto di forza per Nasser è il revanscismo nei confronti di Israele (corpo estraneo
ed esemplificazione del neo-colonialismo occidentale): l’altro elemento unificante e l’anti-
sionismo e l’idea di lavare l’onta della sconfitta del ’48.
-> la bilancia delle simpatie egiziane finisce per pendere verso il blocco sovietico, non
perché Nasser sia folgorato la marxismo, ma semplicemente perché gioca il suo peso
determinante, come spesso succede ai Non Allineati: ottiene i finanziamenti e forniture di
armi con la consapevolezza di essere un attore rilevante. I sovietici intravedono con molta
lucidità la possibilità di ottenere l’affaccio sul Mediterraneo.
L’evidenza delle politiche talvolta contraddittorie si ha nel ’56 con la Crisi di Suez
(contemporaneamente ai fatti di Ungheria).
-> gli inglesi registrano nella nazionalizzazione del Canale di Suez una drammatica perdita
di posizioni in Medio Oriente (dopo la caduta di Fārūq e l’avvento di Nasser).
A) Gli inglesi capiscono di avere una netta perdita di posizioni strategiche in Medio
Oriente con l’avvento di Nasser (per cui si vorrebbe trovare una soluzione analoga a
quella trovata per Mossadeq).
B) Gli anglo-francesi si accordano con una terza parte, cioè Israele, che ha un interesse
evidente a contrastare la mossa di Nasser:
- l’antisionismo insito nel manifesto politico di Nasser e la successiva guerra che potrebbe
vedere tutto il mondo arabo coalizzato contro Israele, spinge lo stato ebraico e valutare
un attacco preventivo (che deve essere fatto necessariamente con assenso britannico,
per evitare di scontrarsi direttamente con loro)
- Israele fa una valutazione anche sul presente: gli egiziani hanno chiuso lo stretto di Tiran
(vitale per Israele) e controllano lo spazio aereo sopra il Golfo di Aqaba, strozzando
completamente Israele (che non può più avere comunicazioni aeree con la parte
meridionale dell’Africa, né uscire dallo Stretto di Tiran).
-> l’interesse di Israele è concreto.
C) Tra i tre sono i francesi più di tutti a volere un intervento immediato perché Nasser, con
il suo panarabismo, aiuta le rivolte anti-francesi in Nord Africa (i francesi hanno bloccato
una nave carica d’armi verso l’Algeria): Nasser è un’elemento di propaganda ma anche di
aiuto concreto per gli algerini (in una fase in cui i francesi sperano ancora di bloccare la
decolonizzazione dell’Algeria) e per questo va bloccato.
-> dopo un incontro a tre a Sèvres, si opta per un’azione militare di Israele diretta a
ripristinare lo status quo ante sul canale, seguita dall’intervento anglo-francese per
ripristinare il cessate il fuoco -> gli israeliani potrebbero dare adito e giustificare
l’intervento anglo-francese.
Intervento
L’intervento israeliano si realizza in tempi rapidi (gli israeliani arrivano sulle sponde del
canale prima del previsto, quando gli anglo-francesi non erano ancora pronti) e quando
intervengono inglesi e francesi, che stabiliscono le loro truppe sul canale, l’Unione
Sovietica dichiara di essere disposta ad utilizzare il proprio armamento nucleare.
Gli americani sono costretti a questo punto a evidenziare una mancanza di unità d’intenti
all’interno del blocco occidentale: per primi devono condannare la posizione degli anglo-
francesi, richiamandoli sui loro passi.
Eden, mostratosi uomo dell’impero sin dai tempi del contrasto durante la Crisi etiope e
ritenendo che queste posizioni fossero fondamentali per la Gran Bretagna e che questo
fosse il senso della politica estera inglese, si dimette quando deve prendere atto che la
Gran Bretagna ha perso i suoi spazi di manovra e che il suo ruolo a livello globale potrà
ora giocarsi al massimo da buon secondo rispetto agli Stati Uniti: nessuna decisione
politico-militare può essere attuata in quell’area senza un preventivo assenso degli
americani (che sono in grado di bloccare l’azione inglese e francese).
-> Francia e Gran Bretagna escono totalmente ridimensionate nel loro ruolo globale e in
Medio Oriente e con l’immagine di potenze veterocoloniali.
Israele comunque ha guadagnato delle posizioni che gli permettono di prendere fiato: ha
liberato lo Stretto di Tiran e si è garantito per il futuro l’inviolabilità dello spazio aereo sul
Golfo di Aqaba e sullo Stretto di Tiran (la cui chiusura potrebbe rappresentare un casus
belli, come poi succederà) -> Israele esce con un’ulteriore conferma militare ma il divario
con gli arabi si è ulteriormente accresciuto.
La crisi di Suez rende anche più precaria la costruzione di Dulles sul Medio Oriente: i patti
recentemente acquisiti devono fare i conti con l’influenza americana su quell’area, benché
alcuni di questi patti siano più formali che sostanziali.
Un indicatore nel ’55 di coesistenza pacifica viene da quello che potrebbe sembrare un
dato marginale: viene sancito il Trattato di Stato austriaco (formalmente definito un
trattato di stato e non un trattato di pace perché si considera l’Austria potenza invasa).
In qualche misura l’Austria era speculare rispetto alla Germania, essendo divisa in due
zone d’occupazione (Vienna a sua volta).
Quando nel ’55 c’è una risoluzione che prevede il venir meno delle forze di occupazione,
qualcuno immagina che si possa riconsiderare anche la questione tedesca (laddove con
l’accesso della Repubblica Federale nella NATO e con il riarmo sembrano si stabilirsi in
via definitiva gli equilibri esistenti) -> l’Austria ormai è affrancata dall’occupazione, mentre
fino a quel momento il governo nazionale si gestiva con all’interno forze di occupazione.
Coesistenza competitiva
Nella seconda metà degli anni ’50 si va profilando una coesistenza competitiva (vd. Crisi
di Suez): si arriva parossismo della Guerra Fredda.
Tragica concomitanza tra la Crisi di Suez e l’Ottobre Ungherese (che si concluderà con
l’intervento sovietico e la fine tragica e nel sangue fine della rivolta, delegittimata anche
ideologicamente).
-> l’Occidente è paralizzato dalla consapevolezza che il rollback non è attuabile: l’idea
che si possa riconsiderare la divisione tra i blocchi in Europa e, anche nella concezione di
Dulles e Eisenhower, la polarizzazione in Europa è un dato acquisito. Anche la Rivoluzione
Ungherese indica come il concetto di rollback (respingimento dei sovietici anziché
contenimento) pare essere stato un oggetto di campagna elettorale più che non un dato
reale.
Pur con degli elementi di frizione, si arriva a un certo equilibrio che poi porterà alla
coesistenza competitiva: in Europa ci sono degli spazi ormai conclamati e non più
oggetto di discussione: dal ’56 in poi (con le crisi di Berlino e la successiva edificazione
del muro nel 1961) si va a consolidare l’idea che quel tipo di assetto sia definitivo.
La militarizzazione (NATO e Patto di Varsavia) non significa una tensione ulteriore, ma
piuttosto un’affermazione formale di ciò che già accadeva -> da un punto di vista tecnico
non fa differenza che esista il Patto di Varsavia da contrapporre alla NATO nel momento in
cui era già chiaro che ci fossero blocchi militari contrapposti (forze militari spiegate in
Europa Occidentale e Orientale).
Il lancio dello Sputnik riesce a creare un “sasso nello stagno”: pur essendo uno strumento
impreciso (vanificando quindi la sua effettiva efficacia), si riesce a ricavare il massimo in
termini propagandistici e a creare una crisi che vede gli americani preoccupati di essere
per la prima volta inferiori tecnologicamente ai sovietici (inferiorità che si gioca in
particolare sul problema balistico).
Il gap missilistico causato dal lancio dello Sputnik nel 1957 viene utilizzato anche per
giustificare l’ulteriore corsa al riarmo e alla ricerca (il discorso sulle spese per la difesa si
era aperto già con la Risoluzione di Nizza, che raccomandava il 20% del PIL sul riarmo).
Dopo il fallimento della CED (risposta autonoma di riarmo che raffigurava l’integrazione
nel settore militare) l’Europa ritrova insperabilmente un ulteriore impulso verso
l’integrazione, questa volta economica con un percorso di passaggi accelerati (Accordi di
Roma, …), per la prima volta in autonomia, senza il ruolo esercitato dagli Stati Uniti nel
favorire il processo di integrazione).
-> l’Europa comincia ad affrancarsi dagli Stati Uniti, che non sono più l’elemento di spinta
e il processo di integrazione è diventato autonomo.
17.12.07 Storia delle Relazioni Internazionali
PERCEZIONI
L’effetto dello Sputnik è la percezione di una pericolosa simmetria nel settore missilistico,
percezione che si modificherà solamente con la fase iniziale dell’amministrazione
Kennedy: lo spionaggio affidato agli U2 e l’avanzamento della tecnologia satellitare
permetteranno di capire che effettivamente i sovietici stavano bluffando e che il gap
missilistico è inesistente (benché anche Eisenhower non fosse stato mai veramente
convinto che ci fosse una superiorità sovietica).
Tra le questioni ancora aperte, un nodo centrale nelle relazioni tra Unione Sovietica e Stati
Uniti (blocco orientale e blocco occidentale) è ancora su Berlino, dove la situazione non è
ancora chiaramente definita.
L’ipotesi era che la pistola fumante fosse una crisi su Berlino, mentre gli scenari periferici
continuano a produrre il più alto livello di conflittualità perché non coperti dalla deterrenza
nucleare.
Elezione di Kennedy e concetto di risposta flessibile
Il concetto di risposta massiccia sotteso alla campagna elettorale di Eisenhower e alla
concezione strategica portata avanti dalla sua amministrazione (Dulles in particolare)
tende a sfaldarsi nel momento in cui cade l’opzione nucleare sulla Germania (possibilità di
dotare la Germania di testate nucleari).
-> dalla risposta massiccia si passa al concetto di risposta flessibile che caratterizzerà la
concezione strategica dell’amministrazione di Kennedy, eletto nel 1960 contro Nixon.
Kennedy punta molto sulla necessità di una risposta flessibile, che non cancella la
possibilità di una risposta nucleare, ma la rende commisurata: sullo scenario periferico si
potrà dare una risposta con l’armamento tradizionale, mentre rimane l’opzione di una
risposta nucleare sugli scenari fondamentali.
In questa fase il discorso sul disarmo e sulle relazioni politiche passa in gran parte
attraverso l’equilibrio strategico e il concetto di risposta flessibile ha come risultato quello
di gettare i paesi dell’Europa Occidentale in una fase di relativa incertezza rispetto alla
loro difesa (l’opzione di una maggiore garanzia nucleare degli Stati Uniti rendeva l’Europa
più sicura) e contemporaneamente potrebbe aver portato Chruščëv a prendersi rischi
ancora maggiori.
I sovietici appena un paio di settimane prima erano riusciti ad abbattere un U2, uno degli
aerei americani che dal ’58 violavano con regolarità lo spazio aereo sovietico volando in
alta quota (i sovietici non potevano essere colpiti dalla contraerea, ma nemmeno potreste
eccessivamente dimostrando la facilità con cui gli americani violavano il loro spazio
aereo).
Chruščëv, parlando con De Gaulle, fa presente di avere le prove relative al pilota e
all’aereo distrutto che sventolerà in pubblico quando l’ambasciatore americano
Stevenson aveva appena negato i voli degli U2 -> denunciando lo scandalo, pone delle
condizioni (è una caratteristica di Chruščëv questo “tirare la corda” prendendosi dei
rischi):
- fine dell’attività americana nello spazio aereo sovietico
- ridiscussione della questione di Berlino secondo le proposte avanzate dai sovietici ->
riconoscimento della DDR
Il negoziato si conclude con un nulla di fatto perché Eisenhower non cede su nessuna
delle richieste sovietiche.
Dottrina Hallstein
Sul riconoscimento della DDR, fino a quel momento (e fino all’Ostpolitik di Willy Brandt),
era valsa la regola fondamentale posta da Konrad Adenauer, cancelliere tedesco della
Germania Ovest, promotore della Dottrina Hallstein: nessun paese che intratteneva
rapporti politici o commerciali con la Germania Ovest poteva contemporaneamente
intrattenerli con la Germania Est.
-> si cercava di isolare la Germania Est, poiché era molto più conveniente sul piano
commerciale intrattenere rapporti con la Germania Ovest (in piena crescita e rinascita).
La Germania Est risentirà della Dottrina Hallstein e saranno quasi esclusivamente i paesi
del Patto di Varsavia a riconoscerla (oltre a qualche paese del Terzo Mondo).
Nella sostanza ci si rende conto che l’incertezza sta diventando scomoda per tutti (non è
più un problema solo sovietico, ma anche americano), tanto che l’inizio della costruzione
del muro nell’Agosto del 1961 rappresenta un sollievo per gli americani (pur non potendo
ammetterlo, rappresenta la chiusura di una vicenda che fino ad allora era stata una
costante fonte di frizioni nelle relazioni a due).
-> Kennedy si limita a prendere atto di ciò che avviene.
Kennedy entra in carica nel Gennaio 1961 e, benché la sua volesse essere
l’amministrazione che avrebbe rivisto il concetto strategico e proposto un cambio di
politica, subito incappa nell’incidente della Baia dei Porci.
La minaccia aveva provocato nel tempo anche un flusso di profughi cubani (sostenitori di
Batista) verso la Florida che costruirà successivamente la potente lobby degli esuli
cubani, su cui sono tra l’altro ricaduti sospetti relativi all’omicidio di Kennedy.
Tanto più gli americani si convincono che Castro sia il nemico numero uno, tanto più
Castro stringe la propria alleanza con i russi, che si fa sempre più vitale (un accordo
economico garantirà un vantaggiosissimo previsto dall’Unione Sovietica in cambio di un
prezzo stracciato sullo zucchero cubano) -> il rapporto tra Cuba e il blocco sovietico si
concretizza anche attraverso una protezione economica, vitale per la sopravvivenza
cubana nel momento in cui si va incontro alla rottura definitiva dei rapporti con gli Stati
Uniti.
Invasione della Baia dei Porci (1961) e rottura definitiva tra Stati Uniti e Cuba
La rottura tra gli Stati Uniti e Cuba si palesa quando Kennedy viene messo davanti a
un’operazione già garantita (una delle covert operations che caratterizzeranno la politica
americana) che prevedeva l’appoggio americano sotto banco al tentativo degli esuli
cubani di ribaltare Fidel Castro e riprendere il potere a Cuba. Kennedy, appena diventato
presidente, si trova un piano della CIA (il cui direttore al tempo era Allen Dulles, fratello
minore di John Foster Dulles) su cui vengono date esplicite garanzie di riuscita grazie al
fatto che gli esuli comuni avrebbero trovato una popolazione cubana pronta a sostenerli.
Tuttavia la popolazione non si rivelerà pronta a sostenere gli esuli cubani che, una volta
sbarcati, si troveranno circondati e senza la protezione aerea americana: Kennedy aveva
dato ordine di non esporsi per non palesare il marchio americano su un intervento
illegittimo teso a rovesciare un regime costituito e perché questo avrebbe potuto avere
una ricaduta negativa su tutta l’America Latina (l’idea del contagio era reale sopratutto a
Cuba, dove era presente un concetto di guerriglia rivoluzionaria che poteva essere
esportato facilmente).
Quando c’è la Crisi di Berlino nell’Agosto del ’61 e Chruščëv decide di fare il passo
definitivo (dando il suo consenso a Ulbricht perché la questione di Berlino fosse chiusa
con il muro, ostacolo fisico e psicologico che avrebbe chiuso i cittadini della Germania
Est), Kennedy è un interlocutore debole, perché è insediato da poco e ha alle spalle
l’insuccesso del tentato sbarco nella Baia dei Porci -> Chruščëv si convince di poter
“tenere gli americani per le palle”.
RAPPORTI SINO-SOVIETICI
Anche il rapporto tra l’Unione Sovietica e la Cina può rappresentare una delle possibili
spiegazioni che si possono dare all’atteggiamento di Chruščëv.
-> già nella fase della Guerra di Corea si possono vedere le prime avvisaglie di un
rapporto che comincia a incrinarsi, nonostante dovesse essere così saldo: una costante
dei rapporti sino-sovietici in questa fase sarà il ritirarsi dell’Unione Sovietica in una politica
più realista e prudente.
Rottura ideologica
La Cina è un paese in grande espansione e le considerazioni entusiastiche sull’esito della
rivoluzione del ’49 possono essere ridimensionate perché i cinesi rappresentano una sorta
di caposaldo dottrinale.
Quando Chruščëv prende formalmente il potere nel 1957 (dopo il triumvirato e la pulizia
dagli elementi più ingombranti dello stalinismo) e acquisisce un pieno controllo avviando
dunque la destalinizzazione, la costante presenza cinese rappresenta una sorta di occhio
critico sul suo operato: Chruščëv con la destalinizzazione cammina su un crinale piuttosto
esile (rispetto alla politica estera, illudendo alcuni paesi dell’Europa Orientale che vi sia
uno spazio maggiore rispetto a quello che veramente voleva concedere).
-> i cinesi non sono particolarmente entusiasti della politica revisionista di Chruščëv e del
suo tentativo (da buon realista) di avvicinarsi alla Jugoslavia per correggere l’errore
fondamentale della politica di Stalin.
I cinesi sentono di avere pieno diritto nel richiedere una dotazione nucleare, e su questo i
sovietici devono dare delle garanzie (benché avrebbero di gran lunga preferito garantire la
Cina sotto il proprio ombrello nucleare senza però dargli l’arma nucleare).
-> gli equilibri e il rapporto fondamentale che deve essere conservato fanno sì che i
sovietici promettano ai cinesi di concedere il proprio know-how nucleare (la promessa
perde nel tempo di credibilità, essendo i sovietici molto parchi nell’iniziale dotazione di
mezzi e informazioni che danno ai cinesi).
I cinesi non si spiegano perché Chruščëv faccia la voce grossa ma poi di fatto avvii una
distensione con gli americani.
Uno degli svantaggi nella politica dei colpi di mano e della millantato credito, portata
avanti da Chruščëv a partire dal lancio dello Sputnik, è che questa induce i suoi alleati
diretti a confidare su questa superiorità strategica: i cinesi o Castro potevano immaginare
che i sovietici avessero una libertà enorme proprio perché hanno posto gli americani in
una condizione di inferiorità strategica.
Punti di rottura sulla questione con Taiwan e sui test nucleari in atmosfera (1963)
I cinesi hanno in corso un rapporto molto conflittuale con Formosa (Taiwan), ultimo
baluardo di Cina anti-comunista, e sulla contesa per le isole di Quemoy e Matsu (due isole
che fanno geograficamente parte della Cina comunista) si scatenano gli incidenti tra le
due Cine, sui quali però i sovietici non vorrebbero tirare troppo la corda su questo
argomento.
Inoltre, ben presto i sovietici accettano di aprire con gli americani il discorso sulla
possibilità di vietare i test nucleare nell’atmosfera.
Nel 1963 viene ratificato il primo grande accordo in termini di distensione e riguarda
proprio la messa al bando dei test nucleari in atmosfera -> viene arrecato un danno
anzitutto a chi non ha ancora la strumentazione nucleare e la sta sviluppando (Cina e
Francia non aderiscono all’accordo, perché in una fase iniziale di dotazione nucleare la
messa al bando dei test eseguiti da americani e sovietici negli anni precedenti va a tutto
svantaggio di chi sta ancora lavorando sulla tecnologia).
Per i francesi la force de frappe è un’idea che accarezza l’orgoglio nazionale e gli
permette di garantirsi un maggior spazio di autonomia ma non rappresenta una forza
effettiva.
Chruščëv si rende conto che, pur dovendo promettere ai cinesi di dotarli della
strumentazione nucleare, quest’opzione li avrebbe messi in condizione di svolgere un
ruolo di leadership in Estremo Oriente e le implicazioni di questo ruolo sarebbero troppo
rischiose perché il concetto di equilibrio è inteso in modo molto diverso tra i due: i cinesi
sono su posizioni più estreme e potrebbero alterare il realismo che ha sempre garantito ai
sovietici che non si arrivasse al conflitto diretto con gli americani (se per i sovietici la
conclusione di ogni crisi è nell’ottica del realismo nel momento in cui il passaggio ulteriore
è lo scontro aperto, per i cinesi lo scontro aperto è da considerare).
-> i sovietici pensano che sia da rivedere la misura del sostegno dato ai cinesi e si
affievolisce via via la possibilità di dotare i cinesi di un’arma nucleare autonoma facendoli
diventare un terzo polo (vd. Punti di rottura sulla questione con Taiwan e sui test nucleari
in atmosfera).
Nella fase iniziale sono i cinesi a rappresentare il maggior pericolo, poiché si presentano
in maniera molto più estremista rispetto ai sovietici: i cinesi erano arrivati ad essere
considerati così pericolosi che Johnson, con il crescendo delle tensioni in Indocina,
ipotizza un accordo con i sovietici in chiave anti-cinese.
In realtà saranno poi Nixon e Kissinger a riconoscere i cinesi e ad accordarsi con loro per
far temere ai sovietici che questo accordo li circondi, riportandoli al negoziato -> facendo
preoccupare i sovietici accordandosi con i cinesi, si riportano i sovietici a più miti consigli.
Risposta americana
I sovietici avrebbero potuto dichiarare di essere intenzionati a tutelare l’indipendenza
cubana con un accordo e dotandoli di un armamento che avrebbe consentito ai cubani di
meglio tutelare questa indipendenza -> anziché cominciare a trasportare i missili di
nascosto avrebbero potuto in maniera dichiarata.
Gli americani si trovano invece di fronte a un’operazione che possono considerare
offensiva più che difensiva (ribaltando completamente l’assetto strategico che aveva
definito lo status quo facendolo diventare favorevole ai sovietici).
Kennedy pretende che i sovietici rinuncino al progetto e per farlo blocca l’isola all’interno
di una quarantena, impedendo il passaggio di ulteriori navi che portassero materiale verso
il territorio cubano.
-> la percezione collettiva, in Europa come negli Stati Uniti, è quella di essere prossimi a
un conflitto nucleare.
Compromesso ufficiale
Quando emergono le prove raccolte dagli americani (grazie a un’intensa attività
spionistica) che testimoniano il trasporto di materiale verso Cuba, l’ambasciatore
Dobrynin,che non era stato informato da Mosca, si trova a dover difendere l’indifendibile e
poi i sovietici risponderanno che l’utilizzo delle armi è puramente difensivo (teso a
impedire che gli americani cercassero un esito di destabilizzazione interna come
accaduto con la Baia dei Porci).
Il dato rimane comunque inaccettabile per gli americani e la crisi si conclude con una
sorta di compromesso ufficiale in cui gli Stati Uniti si impegnano con una lettera firmata
da Kennedy a non cercare in alcun modo per il futuro di violare l’indipendenza di Cuba
(tentativi di destabilizzare il regime) e l’Unione Sovietica accetta, grazie alla garanzia
americana, di ritirare i missili.
-> nel momento in cui sono ottenute le garanzie sull’indipendenza e sul fatto che gli
americani non cercheranno più di attentare a Castro e al suo regime, non c’è più ragione
per cui portare le testate nucleari a Cuba. Di fatto però rappresenta una resa davanti a un
duro realismo che non aveva vie d’uscita.
Lettera ufficiosa
È una seconda lettera a spiegare perché Chruščëv avesse cercato questa situazione di
crisi a Cuba: nella lettera ufficiosa è presente la promessa americana di ritirare i missili (a
raggio breve e intermedio) dall’Europa, essendo questi in grado di colpire dalla Turchia e
dall’Italia il territorio sovietico.
Questo secondo accordo non poteva essere declinato in via ufficiale perché sarebbe
stato inaccettabile che il colpo di mano sovietico avesse come oggetto dello scambio una
minor tutela dell’Europa.
La minor tutela in Europa comunque di fatto non sussisteva, essendo i missili oggetto
dell’accordo ormai avviati all’obsolescenza e sostituiti dalle nuove basi di lancio mobili
come i sottomarini Polaris, che consentivano di avere un numero di obiettivi uguale a
quello che si avrebbe avuto con le basi in Turchia e in Italia.
DESTITUZIONE DI CHRUŠČËV
Chruščëv farà le spese di tutta la sua politica e verrà destituito nel ‘64 (pur non a ridosso
della crisi).
Il suo errore più grande era stato quello di creare un divario eccessivo tra la propaganda
sul fronte esterno e la realtà sul fronte interno.
Chruščëv si troverà anche a gestire una situazione di estrema complessità in merito alle
problematiche interne inerenti alla destalinizzazione che rendeva tutto molto precario
(Crisi ungherese nel ’56, difficili rapporti con la Jugoslavia) e l’esplosione dei cinesi (che
non sono più l’interlocutore debole con cui aveva avuto a che fare Stalin nel ’49).
-> un filo coerente dimostra che la fase successiva alla Crisi di Cuba rappresenta un’avvio
di distensione.
17.12.11 Storia delle Relazioni Internazionali (1)
LIMITAZIONE DEGLI ARMAMENTI
Nel 1963 muore Kennedy e nel 1964 è al suo vice Johnson che spetta il compito di
portare avanti il discorso sul problema della proliferazione nucleare e, successivamente,
sulla limitazione degli armamenti.
Nel 1966 la Francia sceglie di uscire militarmente dalla NATO (che in questo momento
sposta la sede da Parigi a Bruxelles): la Francia ritira i propri contingenti ma rimane
all’interno degli accordi politici del Consiglio Atlantico -> vengono conservati tutti gli
aspetti di vicinanza politica ma le truppe francesi integrate all’interno della NATO vengono
tolte.
Special relationship
La Gran Bretagna era l'unico paese per cui si derogava al controllo totale americano
(nonostante la crisi nei rapporti anglo-americani causati nel ’56 da Suez, dal ’57 in poi è
pienamente avviata la special relationship che vale anche per la dotazione nucleare (pur
sempre sotto l’egida americana e non pensabile al di fuori di una politica coesa tra Londra
e Washington).
La Francia cercherà sempre di contrastare la special relationship (nel momento in cui
l’Inghilterra chiede l’accesso alla Comunità Europea, la Francia lo nega perché teme che
questo possa essere funzionale alle direttive di Washington e potrebbe far prevalere la
caratterizzazione atlantista anche all’interno dell’Europa.
Johnson è stato uno dei presidenti più produttivi sul piano delle riforme interne (si è
trovato a dover rendere operativi i presupposti ideologici dell’amministrazione Kennedy):
es. civil rights (accesso dei neri all’istruzione e al voto (riportando a livello federale il
controllo delle iscrizioni nelle liste elettorali) e welfare.
-> una serie di provvedimenti sociali hanno molto impegnato l’amministrazione e riescono
ad allontanare Johnson anche dalla sua origine texana, consacrandolo come il presidente
delle libertà e dei diritti.
Nel 1964 Johnson riceve anche una conferma dall’elettorato (che non aveva avuto da
vice-preseidente) contro il reazionario Goldwater.
Johnson eredita inoltre, sul fronte interno e della politica estera una serie di elementi
incompiuti: la Nuova Frontiera e le riforme interne che Kennedy avrebbe voluto portare
avanti e i problemi che si affacciavano ormai inderogabili sul piano della politica estera (il
primo e il più urgente dei quali è lo scenario dell’Estremo Oriente).
La guerra in Vietnam diventerà per Johnson una sorta di ossessione.
-> nel 1954 il passaggio non è automatico, perché anche in Estremo Oriente per gli
americani si tratta di sostituire una potenza coloniale, laddove vorrebbero invece
continuare a proporsi come paese anti-coloniale.
Nel 1954 si è anche nell’epoca Eisenhower, in cui si mette in discussione l’idea del
containment e si pensa piuttosto alla massive retaliation (reazione nucleare massiccia che
avrebbe dovuto costituire la risposta ad ogni attacco su ogni fronte) e al rollback (che ha
una valenza più propagandistica che di sostanza).
Gli americani vedono il governo comunista del Vietnam del Nord come una pedina nella
mani di Mosca, mentre questo trae origine da quella che in realtà è stata una lotta di
liberazione nazionale con delle radici locali, sottovalutandone tutto il potenziale locale e
nazionale (prima semplificazione da Guerra Fredda attuata dagli americani).
Con l'arrivo di Kennedy (paladino della risposta flessibile, della Nuova Frontiera e di
un’America giovane e diversa) ci si aspetta un epocale cambiamento sul fronte della
politica estera che dovrebbe determinare una visuale differente sui problemi del Sud-Est
asiatico ma che in realtà non avviene ed è proprio l’amministrazione democratica di
Kennedy ad attuare un primo passaggio per un impegno ulteriore (primi consiglieri politici
e militari americani).
-> anche per l’amministrazione di Kennedy vale la teoria del domino ed è il Sud-Est
asiatico è un elemento importante nel confronto bipolare.
Il regime debole presente nel Vietnam del Sud offre lo spunto per un’analisi simile a quella
che Kennan aveva fatto relativamente all’Europa Occidentale: qualora la regione fosse
rimasta povera e instabile economicamente e politicamente sarebbe potuta essere preda
dall’interno di un rafforzamento dei partiti comunisti (non solo attraverso una potenziale
invasione militare da parte dell’Unione Sovietica).
-> c’è un tentativo di intervento economico e di stabilizzazione politica: si pensa di
portare un benefit americano in Vietnam del Sud che consenta una stabilizzazione politica
(es. progetti di dighe sul Mekong per irrigare le campagne vietnamite).
Non funzioneranno i progetti di aiuto e il sostegno dato a Diem (cattolico) che comincia ad
attuare una politica di folle persecuzione dei bonzi in un paese a maggioranza buddista e
Kennedy deve tacitamente sostenere un colpo di stato contro di lui, che porterà alla sua
uccisione.
Nel 1964 (con la presidenza Johnson) l’incidente del Golfo del Tonchino viene adotto
dall’amministrazione per far approvare al Congresso la Risoluzione del Tonchino, con la
quale il Presidente degli Stati Uniti riceve un potere incontrastato e incondizionato per
intervenire nel Vietnam del Sud -> l’intervento in Vietnam del Sud dovrebbe essere teso a
contrastare la tentata invasione da parte del Vietnam del Nord.
Un altro problema per gli Stati Uniti è rappresentato dal problema di credibilità
dell’impegno americano: nel 1954 (nel periodo della pattomania di Dulles, che prevedeva
una serie di patti concentrici) nasce la SEATO, con cui si doveva garantire il settore
asiatico, e che prevedeva che i paesi firmatari (sostanzialmente gli Stati Uniti) potessero
estendere la validità di questo patto e la loro capacità di intervento a determinate aree
ricomprese all’interno di un certo perimetro (es. Formosa).
Poiché il Vietnam rientrava nel perimetro difensivo degli Stati Uniti era importante che la
serietà dell’impegno americano a livello globale non fosse messa in discussione,
altrimenti ci sarebbe stato un effetto destabilizzante a tutti i livelli (per tutti gli altri accordi
in cui gli Stati Uniti hanno messo in gioco la propria credibilità).
-> un errore fondamentale è stato il comprendere il Vietnam del Sud nel perimetro
difensivo americano (teoria del domino e concetto estensivo delle conseguenze che
avrebbe avuto un Vietnam del Sud comunista).
L’intervento americano in Vietnam sarà graduale e comincia con l’invio di 150.000 soldati
sul terreno, che è qualcosa di politicamente difficile da sostenere.
Difficoltà militare
I soldati si trovano davanti a un conflitto asimmetrico: mezzi militari che rispondevano ai
mezzi classici della guerriglia, un nemico che conosceva perfettamente il territorio e aveva
degli appoggi territoriali (es. il sentiero di Ho Chi Minh che lasciava ai Viet Cong dei punti
di passaggio dal Nord verso il Sud, con un’estensione sempre più ampia e coinvolgendo
anche Cambogia e Laos) -> l’intervento americano potrebbe aver addirittura aumentato la
capacità di espansione del conflitto e dei Viet Cong.
Difficoltà politica
L’intervento americano avviene in un momento in cui ancora vige la coscrizione
obbligatoria (con una modalità di selezione poco limpida che spesso riguardava le classi
meno agiate).
Si passa dai primi 150.000 ai circa 525.000 soldati sul terreno nel ’68 (quando Johnson
rifiuta le richieste del comandante Westmoreland di ulteriori contingenti).
-> la guerra è sempre più pesante anche sul piano politico, in una presidenza già
particolare (vd. Presidenza Johnson).
La Guerra del Vietnam si rivela una resa dei conti della politica di contenimento
americana, che deve essere rivista alla luce di quanto accade in Vietnam; coincide inoltre
con il malessere che nel ’68 cresce nelle università (e in parte lo scatena) e sarà la prima
in cui i giornali mettono a conoscenza gli americani che non sempre i soldati americani
sono portatori di libertà e diritti umani -> il concetto stesso di questo tipo di guerra è più
crudele (stanare i Viet Cong nella foresta con il napalm).
NIXON E KISSINGER
Bob Kennedy, candidato della sinistra democratica, viene ucciso dopo le primarie del
Partito Democratico e Humphrey viene sconfitto da Nixon (che aveva perso le elezioni
con Kennedy).
Linkage
Il linkage teorizzato da Kissinger (grande stratega della politica estera americana in questa
fase, benché Consigliere alla Sicurezza e non ancora Segretario di Stato) afferma che
nella politica estera c’è una correlazione tra tutte le situazioni.
Il discorso sulla limitazione degli armamenti (che non cessa mai, né con Johnson né con
Nixon) deve ricollegarsi per esempio con tutti i problemi che la politica estera americana
si trova a fronteggiare -> in occasione dei SALT (colloqui sulla limitazione) bisognerà
trovare una mediazione di interessi che riporti anche il discorso sullo scenario vietnamita.
-> la politica estera di Kissinger tende alla risoluzione del problema vietnamita attraverso
una serie di politiche differenti come l’avvicinamento alla Cina (vd. Two-Chinas Policy) e la
limitazione degli armamenti (vd. SALT I).
TWO-CHINAS POLICY
Gli Stati Uniti si rendono conto con estrema chiarezza alla fine degli anni ’60
(amministrazione Nixon) che il campo avversario non è più omogeneo: è evidente che gli
americani possano ricavare qualcosa dai contrasti sino-sovietici, diventati a questo punto
molto pesanti (addirittura con degli scontri di frontiera).
Questione di Taiwan
Il problema fondamentale fino ad allora tra americani e cinesi era quello relativo a
Formosa, che aveva una sua rappresentanza nel Consiglio di Sicurezza ed era
riconosciuta come l’unica Cina legittima (in occasione della Guerra di Corea, i sovietici
non si presentano al Consiglio di Sicurezza perché contestano la rappresentanza di
Taiwan rispetto a quella della Cina maoista).
C’erano stati periodici incidenti tra Taiwan e la Cina comunista (es. il bombardamento
delle Isole Quemoy e Matsu) che periodicamente avvelenavano i rapporti diplomatici tra le
due.
Taiwan cercava di far valere una sorta di Dottrina Hallstein nei confronti della Cina
comunista (il riconoscimento di Taiwan avrebbe dovuto significare l’isolamento della Cina
comunista).
L’avvicinamento alla Cina è inteso dagli americani come una pressione da indirizzare
verso Mosca: questa pressione farà arrivare l’Unione Sovietica a un negoziato vero sugli
armamenti e la ammorbidirà sul Vietnam (il Vietnam del Nord ha un sostegno anzitutto da
Mosca e questo rappresenta un altro evidente scontro di interessi tra Cina e Unione
Sovietica in Estremo Oriente, che si paleserà quando i cinesi riusciranno a mettere piede
in Cambogia sostenendo i Khmer Rossi contro i Viet Cong): dal momento che Mosca
riusciva a garantire degli aiuti più consistenti, il Vietnam del Nord doveva necessariamente
rifarsi al suo appoggio, e quando Nixon pensa a una via d’uscita dal Vietnam, deve
anzitutto ammorbidire le posizioni dell’Unione Sovietica.
-> l’avvicinamento americano alla Cina crea una minaccia per i sovietici che li porterà
necessariamente al tavolo negoziale.
Il sacrificio di Taiwan non è in termini drastici: non si lascia libertà di manovra ai cinesi su
Taiwan, ma piuttosto di riconsiderare quale sia il ruolo effettivo della Cina (che aveva più
realisticamente diretto a sedere nel Consiglio di Sicurezza).
SALT I (1969-1972)
Il concetto del linkage (collegamento tra tutte le problematiche) deve essere ricondotto
anche alla questione della limitazione degli armamenti.
In una fase di equilibrio nucleare non si parla di disarmo, che non sarebbe realistico, e
anzi sarebbe controproducente perché un disarmo unilaterale di una potenza nucleare
significherebbe la rottura di un equilibrio (è l’equilibrio che garantisce la pace).
È più corretto parlare (soltanto) in questa fase parlare di limitazione degli armamenti
nucleari.
La IAEA (International Atomic Energy Agency) nasce nel 1957 come agenzia di controllo
sulla limitazione degli armamenti e sul nucleare.
Il problema dell’incidenza sul bilancio vale per l’Unione Sovietica ma anche per gli Stati
Uniti, poiché nell’era Nixon ci sono degli squilibri nella bilancia dei pagamenti, in
particolare quando gli Stati Uniti non riescono più a compensare con la loro bilancia
commerciale (gli Stati Uniti cominciano a importare più di quanto non esportino):
- i beni americani avevano cominciato a perdere la loro competitività perché esiste un
mercato di beni tecnologici che si sta facendo strada in Europa e in Giappone, e
contemporaneamente c’è un esporti.
- gli Stati Uniti sono, contemporaneamente, costretti a un esborso pauroso dalla
campagna in Vietnam che incideva notevolmente sul PIL e dal progresso tecnologico
sempre più oneroso (la corsa al riarmo non è solamente quantitativa, ma anche
qualitativa)
SALT I (1972)
Il discorso sulla limitazione, avviato con la messa al bando della sperimentazione e poi
con il Trattato sulla Non-Proliferazione Nucleare, è portato avanti anche
dall’amministrazione Johnson (il primo che cerca di portare i sovietici al tavolo negoziale) -
> si continua a tenere in piedi il tavolo negoziale con i sovietici cercando di capire quale
sia la chiave del compromesso in termini di limitazione tra sovietici e americani.
Vengono avviati nel 1969 i SALT (Strategic Arms Limitation Talks), colloqui sulla
limitazione degli armamenti che avranno un loro esito attraverso il SALT I (1972),
nonostante vengono portati avanti con qualche difficoltà a causa di alcune interruzioni
(vd. Primavera di Praga).
Negli accordi SALT ci sarà la legittimazione dei controlli satellitari che andrà a sostituire
l’idea degli anni ’50 dei controlli fatti con gli U2: tramite i satelliti, i due blocchi si
controllavano reciprocamente.
I due punti sostanziali dei SALT saranno: gli ABM e i missili intercontinentali.
Dopo la Crisi dello Sputnik e la percezione del gap missilistico americano (che dopo due
anni viene sfatata), nella seconda metà degli anni ’60 i sovietici tendono sempre di più a
recuperare posizioni rispetto alla dotazione di armamento strategico e riescono ad
acquisire la capacità di risposta: si erano messi nella situazioni in cui un primo attacco
americano non avrebbe definitivamente annientato la capacità di risposta sovietica e
avrebbe determinato una risposta uguale-contraria da parte dei sovietici.
-> l’equilibrio a due si basava sulla capacità di risposta.
Sia occidentali che sovietici erano riusciti a rendere operativa la tecnologi degli ABM
(sistemi anti-missili): qualora una delle due parti fosse riuscita a intercettare i missili
nemici, la capacità di risposta si moltiplica.
-> l’equilibrio viene alterato.
Sovietici e americani trovano un punto di incontro sulla necessità di limitare l’utilizzo degli
ABM (altrimenti si andrebbe incontro tra l’altro a una spesa insostenibile) e i SALT
stabiliscono che questi possano essere collocati solo a terra in due posizioni (non
potevano essere collocati su basi mobili):
- a difesa di una città, solitamente la capitale (il sistema sovietico anti-missile Galosh
difendeva Mosca e Leningrado)
- a difesa di una postazione missilistica intercontinentale (un attacco strategico poteva
prevedere come bersaglio i missili avversari a terra, privandolo della capacità di risposta)
-> si garantisce nuovamente l’equilibrio (Mosca e Washington decidono dove collocare le
due possibilità)
Missili intercontinentali
L’altra parte dell'accordo riguarda la limitazione dell'armamento strategico: missili a lunga
gittata il cui utilizzo era previsto in caso di scontro nucleare apocalittico (mirando a colpire
i centri vitali del nemico).
In questo caso di parla di limitazione (non di disarmo) -> limitare la costruzione di missili
strategici.
La dottrina della sovranità limitata comprimerà sempre più l’Europa Orientale, mentre in
Germania (fulcro dell’Europa dove la divisione Est-Ovest è palpabile e si sostanzia nella
divisione tra la DDR e la BRD e tra Berlino Est e Berlino Ovest) qualcosa di nuovo sta
venendo avanti.
Nel 1969, con il cancellierato del socialdemocratico Willy Brandt (che era stato Ministro
degli Esteri con Kiesinger) si apre una nuova fase per la politica della Repubblica
Federale, che prevede la fine della Dottrina Hallstein (che aveva orientato la politica della
Germania Federale nei confronti della Repubblica Democratica secondo la logica del non-
riconoscimento).
Ostpolitik
Willy Brandt avvia un discorso di apertura che prende le mosse dalla distensione che si
sta attuando tra i due blocchi: nel 1969 è evidente quanto si sia avviato il discorso
distensivo e quanto in Europa ci sia stato l’impatto psicologico della Guerra del Vietnam
(come l’opinione pubblica americana è stata colpita dalle implicazioni della guerra del
Vietnam, anche in Europa ci si interroga sul modello che si vuole perseguire).
-> si fa strada l’idea di una politica differente, l’Ostpolitik (politica orientale), da parte di
Billy Brandt: apertura di un dialogo (che non c’era mai stato) tra la Repubblica
Democratica e la Repubblica Federale.
L’idea della distensione viene declinata da Brandt in chiave tutta europea: mentre Nixon e
Kissinger vanno nei SALT a negoziare su questioni di riarmo, in Europa si fa strada un
concetto di riavvicinamento politico, che avrà un peso nel processo di distensione (molto
più importante di quello che gli Stati Uniti gli avevano attribuito).
-> c’è un importante significato politico nell’avvicinamento tra le due Germanie e nell
riconoscimento reciproco (insieme all’accordo della Germania con l’Unione Sovietica che
per la prima volta garantisce ai sovietici un riconoscimento delle frontiere dell’Europa
Orientale e dell’assetto difensivo pensato da Stalin nell’immediato dopoguerra).
Questa politica sfocerà poi nella CSCE (Conferenza sulla Sicurezza e sulla Cooperazione
in Europa).
17.12.11 Storia delle Relazioni Interanzionali (2) -
Conferenza Coree
GUERRA DI COREA (1950-1953)
La gestione sovietica della Corea del Nord sarà più brillante di quella americana nel Sud.
Gli americani in Estremo Oriente, oltre a perdere la Cina (libro bianco di Marshall),
gestiscono con poca lungimiranza la Corea (Dean Acheson con il discorso del Gennaio
1950 colloca la Corea del Sud fuori dal perimetro difensivo americano).
L’iniziativa di Stalin poteva essere giustificata da una sicurezza che veniva da diversi
fattori:
- segnali di desistenza dati dagli americani
- presenza sovietica che voleva avere un significato politico proprio
- primo test nucleare sovietico nel 1949
- vittoria cinese (i sovietici, sorpresi della vittoria comunista, ripongono ogni possibile
spirito di competizione con i cinesi) e totale fiducia nei confronti del nuovo alleato.
Tuttavia i documenti riveleranno che l’iniziativa è stata coreana: Kim Il-sung insisteva con
Stalin che diede inizialmente una risposta negativa, dimostrando un grande realismo
politico anche nella gestione di questa prima fase di Guerra Fredda (se gli americani
erano giunti a una forma di containment, i sovietici non volevano fare nulla per superare il
limite che avrebbe portato allo scontro diretto tra Stati Uniti e Unione Sovietica).
Il realismo da parte di entrambi le parti ha garantito una certa stabilità e i sovietici si sono
presi dei rischi solamente perché si sono presentate delle occasioni in un mondo che
stava cercando un nuovo equilibrio, favorivano un ricollocamento della potenza sovietica
su scenari nuovi, come il Medio Oriente, o su scenari in linea con le vecchie politiche di
espansione russe, come l’Estremo Oriente.
-> inizialmente Stalin non vuole provocare con un intervento che potrebbe portare a uno
scontro diretto tra Unione Sovietica e Stati Uniti, e nega a Kim qualsiasi sostegno (Kim
non poteva pensare di intervenire senza un sostegno politico e materiale dei sovietici).
La chiave di lettura del Dipartimento di Stato dell’operazione della Corea del Nord è quella
che questa sia ispirata e voluta da Mosca (secondo le logiche semplificatorie della Guerra
Fredda) e la logica dell’intervento statunitense è di contenimento: per prima cosa isolano
Formosa con l’invio della Settima Flotta, con l’intento di non permettere che il conflitto
diventi globale (per evitare il rischio di uno scontro diretto tra sovietici e americani è
fondamentale tenere lontano la questione cinese dalla vicenda della Guerra di Corea).
Fin dall’inizio, inoltre, l’amministrazione Truman sceglie di riportare la situazione allo status
quo, senza varcare il 38° parallelo.
-> logica di contenimento in cui non si deve lasciare che i sovietici acquistino ulteriore
spazio (che significherebbe una drammatica perdita di credibilità per gli americani, che si
sono già lasciati sfuggire la Cina).
Scontro Truman-MacArthur
Sugli obiettivi politici del conflitto si scatena l’acceso scontro tra il Generale McArthur
(eroe della Seconda Guerra Mondiale, che aveva costruito la sua autorevolezza anche a
livello politico, avendo un’azione totalmente discrezionale nella pace col Giappone) e
l’amministrazione Truman: la visione di MacArthur, che era al comando delle operazioni in
Corea, è militarmente efficiente che necessariamente a coinvolgere la Cina.
L’intervento cinese rimette in forse l’esito del conflitto, che sembrava deciso dopo
l’intervento degli americani, ma soprattutto lo mette a rischio di globalizzazione
(facendolo diventare un conflitto tra sovietici e americani).
La crisi coreana aiuta a fare una maggior chiarezza su dei possibili equilibri.
I due regimi rispecchiano perfettamente il quadro della guerra Fredda: quello nordcoreano
è totalmente asservito alle logiche di Mosca e quello sudcoreano ripropone la solita
immagine dell’alleato difficile per gli americani (Syngman Rhee non è un leader
particolarmente amato).
Nazioni Unite
La Guerra di Corea inoltre mette alla prova le Nazioni Unite e il loro funzionamento: nella
fase iniziale gli Stati Uniti sembravano poter fare i padroni nel Consiglio di Sicurezza,
soprattutto finché i sovietici sono assenti, ma nel momento in cui l’Unione Sovietica
rientra nel Consiglio di Sicurezza comincia il gioco dei veti incrociati.
-> con la Risoluzione 377 (Uniting for peace) vengono dati maggiori poteri all’Assemblea
Generale in assenza di capacità decisionale da parte del Consiglio di Sicurezza.
Rapporto sino-sovietico
La Guerra di Corea rappresenta anche un banco di prova dell’alleanza sino-sovietica,
caratterizzata da un rapporto che diventerà molto difficile negli anni successivi: i limiti del
sostegno sovietico all’azione cinese prefigurano un primo elemento di parziale diffidenza
della Cina (che ancora soggiace totalmente a Mosca dal punto di vista ideologico).
Europa
La crisi in Corea evoca per gli europei ovviamente uno scenario analogo sulla Germania:
ci si interroga sul futuro e sull’effettività dell’ombrello difensivo americano in Europa. Sono
ancora aperte le discussioni sull’eventualità di un autonomo riarmo europeo integrato
(CED) che verranno poi interrotte da Dulles che, minacciando gli angosciosi ripensamenti,
porterà nel ’55 all’ingresso della Germania Ovest nella NATO e alla piena effettività di un
riarmo efficace.
Corea
Permane tutt’oggi e sembra ancora impossibile mettere in discussione (se non a prezzo di
una conflittualità troppo densa di rischi e incognite) il 38° parallelo, la cui origine è frutto
dell’Armistizio di Panmunjom.
17.12.14 Storia delle Relazioni Internazionali
DA JOHNSON A NIXON
Nel ’63 inizia la fase della distensione, che segue la Crisi di Cuba. La distensione si avvia
in uno scenario in cui c’è un crescendo di problemi per la politica estera americana
derivanti dalla scelta di intervenire in Vietnam (a partire dalla Risoluzione del Golfo del
Tonchino nel 1964).
Nixon, pur ottenendo una serie di successi importanti in politica estera, nel 1974 viene
costretto alle dimissioni a causa della possibilità di un impeachment che si sarebbe risolto
negativamente (Watergate).
Nel caso del Vietnam in particolare sarebbe limitante la classica chiave di lettura da
Guerra Fredda: il Vietnam del Nord ha delle forze militari e ideologiche proprie che non
sono eterodirette da Mosca, e la sua motivazione è forte ideologicamente
. Al contrario, la presenza americana nel Vietnam del Sud non riesce mai a diventare
veramente efficace, anche dal punto di vista economico (tutti i progetti di investimento
erano falliti) -> la classica opzione di successo americana, che prevedeva un intervento a
rafforzare il governo da un punto di vista economico e finanziario, non ha successo e
l’intervento militare prende il sopravvento.
Nel frattempo la scelta di Nixon porta comunque in questa fase, che dovrebbe essere
dell’exit strategy, a un allargamento del conflitto: si cominciano a bombardare Laos e
Cambogia (seguendo la necessità strategica di interrompere le vie di passaggio e
rifornimento dei Viet Cong).
-> i bombardamenti porteranno di fatto a una destabilizzazione totale e nella fase di uscita
gli effetti locali si fanno ancora più drammatici: nel caso della Cambogia (dove era stato
ribaltato Sihanouk a favore del più compiacente regime di Lon Nol) si consumerà ancor
più drammaticamente la competizione sino-sovietica, quando i Khmer Rossi troveranno il
loro appoggio a Pechino piuttosto che a Mosca.
Con la politica di avvicinamento alla Cina, Nixon ha anche un obiettivo realistico: in seno
al Consiglio di Sicurezza, è impossibile disconoscere il ruolo della Cina (a favore di quello
di Taiwan), anche alla luce dell’acquisita capacità nucleare (1964) -> non si possono non
fare i conti con la Cina.
Da un lato non si può rinnegare la protezione che gli Stati Uniti concedono a Taiwan, ma
dall’altro la si ridimensiona arrivando a un riconoscimento del ruolo della Cina (prima
sostanziale, poi formale)
Solo l’equilibrio delle forze è il vero deterrente, e proprio sull’equilibrio tra i due blocchi ci
sono una serie di assestamenti progressivi.
Con la Crisi di Cuba, Chruščëv cerca di forzare la superiorità strategica americana (gli
Stati Uniti erano in grado di compire direttamente l’Unione Sovietica e non viceversa).
Quando i sovietici hanno il pieno controllo di missili a lunga gittata cade il discorso
dell’invulnerabilità americana, ma è necessario definire i limiti che è logico porsi per
evitare che l’impatto economico delle spese militari diventi devastante per entrambi.
La politica di Adenauer (e del CDU) aveva sempre portato avanti il concetto della Dottrina
Hallstein, in base alla quale si cercava di isolare completamente la DDR: la Repubblica
Federale, ormai forte economicamente, poteva scegliere di utilizzare la propria forza per
isolare la Germania Est (non intrattenere rapporti economici con chi li avesse con la
Germania Est e non riconoscere politicamente chi avesse riconosciuto la Germania Est) -
> la DDR si trovava ed essere riconosciuta dai paesi del blocco orientale e da alcuni paesi
del Terzo Mondo che rientravano nell’area di egemonia sovietica.
Brandt sale al potere proponendo la Neue Ostpolitik (“nuova politica tedesca verso
Oriente”), che mette in discussione la Dottrina Hallstein: immagina che la politica proposta
dalla Dottrina Hallstein sia sterile e non porti ai risultati sperati.
Nel 1969 Brandt riesce a portare l’SPD al governo con il Partito Liberale (estromettendo la
CDU dal governo) e a partire da questo momento prende avvio questa nuova politica
estera tedesca, con l’idea è quella di normalizzare le relazioni della Germania con i paesi
dell’Europa Orientale.
-> l’Ostpolitik comporta una serie di passaggi non scontati nel 1969.
Spinta economica
In realtà Brandt non fa altro che interpretare il processo di sempre più strette relazioni tra
l’Europa Occidentale e l’Europa Orientale -> c’è una necessità di stringere sempre più
strette relazioni che anche in questo caso viene da un’esigenza economica (attraverso il
riconoscimento reciproco passano una serie di relazioni economiche di cui l’Europa
Orientale ha sempre più bisogno.
-> la spinta economica avrà un peso nel processo di distensione (anche a livello
europeo).
ACCORDI DELL’OSTPOLITIK
L’accordo implica delle garanzie reciproche sulle frontiere: si sanciscono come inviolabili
le frontiere uscite dalla Seconda Guerra Mondiale (la Germania garantisce la frontiera
sull’Oder-Neisse, che inizialmente era considerata inaccettabile).
Nell’accordo si riconosce in maniera palese anche la frontiera tra la Germania Occidentale
e la Germania Orientale -> si dovrebbe stabilizzare concretamente la situazione (benché
Mosca avesse già avuto ripetutamente il riconoscimento della sistemazione dell’Europa
Orientale).
La ratio degli accordi (in cui la Germania sembra inizialmente essere la controparte che
porta a casa poco) emergerà più tardi, in seno al processo di pace più ampio che ci sarà
in Europa (CSCE: Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa) a cui si collega
l’Ostpolitik.
Willy Brandt però vede oltre e capisce che la strada per una vera pacificazione può essere
percorsa soltanto attraverso una serie di garanzie date prima di tutto all’Unione Sovietica
(da cui poi discenderanno una serie di accordi con gli altri paesi confinanti dell’Europa
Orientale).
Dimissioni di Ulbricht
Al culmine dell’Ostpolitik, rappresentato dall’accordo tra la Germania Occidentale e la
Germania Orientale, Ulbricht (Segretario del Partito Comunista e capo del paese in
Germania Orientale) si dimette con un chiaro stimolo di Mosca, poiché rappresentava
l’elemento oltranzista nei confronti della Germania Occidentale e quindi l’ostacolo alla
politica distensiva che anche Mosca stava portando avanti, con la percezione che questa
possa essere un’ottima occasione sia dal punto di vista economico che politico.
Il rapporto piuttosto complesso che si instaura tra l’Europa e gli Stati Uniti nella fase
della distensione è sintetizzabile nell’approccio di diffidenza iniziale di Kissinger e
Nixon rispetto all'Ostpolitik di Willy Brandt.
Kissinger non tiene conto di quanto questo elemento possa diventare rilevante in
chiave multipolare: quando in Europa si arriva alla CSCE (allargando l’Ostpolitik a un
più ampio discorso europeo), il realismo di Kissinger gli fa considerare l’atto finale di
Helsinki del ’75 come delle semplici dichiarazioni di principio, mentre i SALT erano
considerati degli accordi veri e sostanziali.
-> durante gli anni della distensione gli Stati Uniti, potenza egemone, devono farsi
carico del problema della difesa europea (il discorso sulla difesa integrata era stato
abbandonato).
Nel Febbraio del 1969 Nixon, poco dopo l’elezione, aveva visitato Berlino e, pur
ribadendo fermamente l’intenzione di far rimanere la parte occidentale della città sotto la
piena protezione americana, aveva colto l’occasione per lanciare un messaggio distensivo
-> lo stimolo ad avviare il discorso distensivo sul fronte di Berlino parte da Washington.
Con l’avvio dell’Ostpolitik arrivano anche le aperture da parte di Mosca -> idea che si
possa raggiungere un accordo.
Nel Trattato del 1971 c’è un nuovo regime per quanto riguarda gli spostamenti da Berlino
Est a Berlino Ovest (dalla Germania Est alla Germania Ovest) e cominciano a cadere
alcuni dei rigidissimi paletti che fino ad allora avevano regolato questi rapporti, in
particolare quelli che riguardavano la possibilità per i cittadini della Repubblica Federale di
recarsi nella Repubblica Democratica -> i cittadini della Repubblica Federale vengono
equiparati agli altri stranieri (con un centro timbro sul passaporto avrebbero potuto
ottenere il permesso di recarsi nella Germania Democratica). Ci sarebbe poi stato il
celebre discorso che riguardava la possibilità per i cittadini dell’Europa Orientale di recarsi
a trovare i parenti nell’Europa Occidentale per motivi urgenti.
-> quello che fino ad allora era stato considerato un muro assoluto comincia a mostrare
dei varchi ineludibili (Ulbricht, che era stato il fautore del muro, si dimette perché lo
considera inaccettabile).
La Dichiarazione delle Tre Potenze (Francia, Stati Uniti e Regno Unito), che seguirà
l’accordo, garantisce che Berlino Ovest continui a non essere parte integrante della
Repubblica Federale (Berlino Ovest aveva uno status a parte, per esempio lì non si
potevano svolgere azioni di governo, e questo garantiva all’Unione Sovietica che
rimanesse formalmente staccata dal resto della Germania Federale).
-> Mosca accetta un avvicinamento fisico (miglior comunicazione tra le due Germanie) ma
lo fa in cambio di ulteriori garanzie sul fatto che Berlino Ovest mantenga comunque uno
status a parte.
Per la DDR c’è un vantaggio concreto nella fine della Dottrina Hallstein e nell’avvento
dell’Ostpolitik: raddoppia il numero di paesi che la riconoscono politicamente.
Il successore di Ulbricht è Honecker (molto più in linea di Ulbricht con l’idea che Mosca
aveva della distensione, vista come un’occasione in Europa).
Nel Settembre 1973 sia la Germania Federale che la Repubblica Democratica vengono
ammesse alle Nazioni Unite (nessuna delle due era entrata a farne parte fino ad allora).
Si ribadisce il rispetto delle frontiere e c’è una reciproca rinuncia all’uso della forza.
DISTENSIONE IN EUROPA
Arrivati al ’73, è importante capire come l’Ostpolitik vada a coinvolgere in modo molto più
diffuso tutto l’avvio della distensione in Europa e non solo i rapporti della Germania con
l’Europa Orientale, ma i rapporti europei (la distensione non può declinarsi soltanto
attraverso i SALT, perché i paesi europei sono esclusi dagli accordi sugli armenti).
Nel 1970 il Consiglio Atlantico decide di aprire un dialogo sulle forze convenzionali in
Europa (secondo il vecchio tema dell’equilibrio delle forze convenzionali in territorio
europeo): la conferenza avrà sede dal 1973 a Vienna ma non riuscirà a concludere mai
nulla di decisivo.
Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione Europea (1972-1975) e Accordi di Helsinki
(1975)
Con la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione Europea c’è anche l’avvio di un
discorso politico in Europa (che rispetto all'aspetto strategico avrà molta più rilevanza).
La conferenza prende avvio a Helsinki (che era stata anche la sede dei primi SALT): a
partire dal Novembre 1972 cominciano degli incontri di vertice tra le delegazioni
dell’Europa Occidentale e quelle dell’Europa Orientale e l’Unione Sovietica.
I negoziati dureranno per un triennio e porteranno nel 1975 all’Accordo di Helsinki: pur
non essendo un trattato vincolante, afferma una serie di principi che i paesi firmatari si
impegnano a rispettare.
Negli accordi del 1975 emerge l’idea dei 3 cesti, ovvero 3 macro-settori che riguardano:
1) sicurezza (ovvero inviolabilità dei confini): viene affermato uno status pacificato in tutta
l’Europa -> si estende il discorso dell’Ostpolitik
2) cooperazione (in campo scientifico, tecnologico e culturale)-> si comincia a parlarsi e
ad aver maggior consapevolezza gli uni degli altri (la politica dei blocchi aveva come
precondizione un isolamento dell’Europa Orientale, evidenziata in molti aspetti).
3) diritti umani: si riconosce il diritto dei popoli a stabilire come e quando desiderano il
loro regime politico.
La dichiarazione viene firmata da tutti, anche l’Unione Sovietica (che si basava su quella
che all’epoca era la Dottrina Breznev, ovvero della sovranità limita: diritto di tutela da
parte di Mosca nei confronti dei possibili sovvertimenti nei paesi dell’Europa Orientale),
che in cambio ottiene il riconoscimento pieno della divisione europea attraverso il
riconoscimento dei confini.
Diritti Umani
La questione sui diritti umani (che inizialmente sembrava proposto dalla CSCE come un
discorso di principio) finisce un elemento non irrilevante con Carta 77 cui si farà
riferimento nelle successive pulsioni libertarie che nasceranno nell’Europa Orientale sul
finire degli anni ’70.
-> l’appello ai diritti umani diventa un elemento importante a cui i paesi dell’Europa
Orientale fanno riferimento nella fase successiva (fase di sfaldamento).
SALT II (1972-1979)
Per gli americani (Nixon e Kissinger prima, Ford e Kissinger poi) il vero nucleo e
l’elemento essenziale della distensione rimangono gli accordi sulla limitazione degli
armamenti (SALT).
I SALT I hanno avuto come limite quello di essere stati considerati accordi un po’ generici:
erano stati completamente esclusi i MIRV (missili a testata multipla), non ponendo un
serio discorso sul dato quantitativo e qualitativo.
-> la prerogativa dei secondi colloqui sulla limitazione degli armamenti sarà la volontà di
essere più precisa e attenta a porre dei distinguo (riaprendo il discorso sull’equilibrio
quantitativo tra Unione Sovietica e Stati Uniti).
SALT II
Il discorso dei SALT II si apre con Ford (guidato da Kissinger, che garantiva continuità con
la politica precedente).
Nel Novembre 1974 c’è l’incontro tra Ford e Breznev in Siberia a Vladivostok (incontro tra
i ghiacci) in cui si pongono le basi per i negoziati SALT II (i SALT I sarebbero scaduti nel
’77).
I negoziati dovranno avere come risultato degli accordi sui MIRV (multi-testate) e sui
vettori strategici nucleari, ma cominciano a farsi strada una serie di critiche piuttosto
consistenti da parte del Congresso americano nei confronti di questa seconda ondata
negoziale: dal punto di vista teorico, per concludere la trattativa sui SALT è necessario
che gli Stati Uniti partano da una condizione di vantaggio strategico che dia loro maggior
forza negoziale.
Anche in questo caso, il fine ultimo del negoziato sulla limitazione degli armamenti rimane
il raggiungimento di un effettivo equilibrio quantitativo e quantitativo (che potrà garantire e
mantenere la pace).
I MIRV sono delle armi su cui l’Unione Sovietica ha puntato moltissimo e questo per gli
Stati Uniti pone in essere una possibili asimmetria pericolosa e inaccettabile: gli americani
ritengono che, attraverso i MIRV, i sovietici si siano garantiti la possibilità di rimanere in
grado di rimanere attivi dopo una prima ondata nucleare e di colpire in modo decisivo
(teoria del secondo colpo).
I sovietici affermano in risposta che, pur avendo loro i MIRV, gli americani hanno i Cruise
(missili leggeri che volano bassi, eludendo il controllo dei radar, con una percorrenza di
2500km): se i Cruise venissero adottati nell’arsenale strategico americano
costringerebbero i sovietici anche in questo caso a una costosissima rincorsa ->
qualunque progresso tecnologico della controparte costringe a una risposta.
Da Ford a Carter
Jimmy Carter invece propone una visione diversa e nuova della politica estera
americana (è comunque la politica interna a condizionare maggiormente l’elettorato
americano, con l’eccezione della non-rielezione proprio di Carter a seguito della
debacle iraniana) e vince le elezioni del 1976.
-> i sovietici devono di nuovo resettare la propria percezione della politica americana
alla luce della novità del democratico Carter: il più delle volte i russi si trovavano
meglio a trattare con i repubblicani perché i democratici, nella logica bipolare, avevano
avuto dei presupposti più aggressivi nei confronti dell’Unione Sovietica (portando
avanti il discorso sull’universalismo liberale e sui diritti umani).
-> il dialogo sulla limitazione degli armamenti diventa ancora più difficile con l’ascesa di
Carter (anche perché la disposizione d’animo americana si sta modificando e tutto il
discorso teorico che sta dietro al problema della limitazione degli armamenti sta
cominciando a cambiare con una serie di suggestioni che arrivano all’amministrazione,
pronta a recepirle).
17.12.15 Storia delle Relazioni Internazionali
CARTER E GLI ACCORDI SALT II
Carter parte da una volontà di tutelare i diritti umani e dare un’impronta meno realistica
alla propria politica, mentre in quella di Kissinger e Nixon c’era stato quel tanto di realismo
che consentiva di andare oltre il dato universalistico liberale americano (uno degli elementi
che alterava i rapporti con l’Unione Sovietica).
SALT II (1972-1979)
Carter si presenta a discutere l’accordo (il SALT I scadeva nel 1977) con la proposta
onnicomprensiva: dovrebbe riguardare una riduzione molto più dettagliata e precisa
rispetto alla genericità con cui si erano affrontati i SALT I (questione dei MIRV e riduzione
puntuale di armamento).
Inizialmente la proposta con cui Carter cerca di portare avanti il negoziato viene rigettata
dai sovietici perché il presidente americano voleva porre un tetto sui missili multi-testata
(settore in cui i sovietici erano più evoluti) che corrispondeva al livello massimo di
dotazione degli americani e avrebbe costretto i sovietici a ridurre della metà la propria
dotazione.
-> Gromyko (Ministro degli Esteri sovietico) liquida le proposte di Carter considerandole
maschie e unilaterali, volte a stabilire il vantaggio americano e non una razionale
limitazione.
Nel Giugno 1979 si arriva comunque alla stesura dei SALT, ma l’accordo salterà nel
momento in cui si arriva alla spaccatura tra Unione Sovietica e Stati Uniti (che avviene
anzitutto per l’invasione sovietica dell’Afghanistan nel Dicembre 1979): gli accordi SALT
sono stati presentati da Carter al Senato, la cui approvazione era necessaria alla ratifica
degli accordi internazionali, ma sarà poi lo stesso Carter a ritirare la proposta, non
volendo stipulare un accordo fondamentale per la distensione mentre l’Unione Sovietica
stava dimostrando di non essere su presupposti distensivi.
I SALT II avrebbero avuto nelle intenzioni il buon proposito di arrivare a una limitazione più
consistente di quanto non avessero fatto i SALT I, grazie a una serie di compromessi
derivanti da più questioni che opponevano gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica: es. Backfire
(bombardieri strategici supersonici sovietici, che costituivano l’ultima tecnologia sovietica
e gli americani avrebbe voluto ridotti); euromissili; missili Cruise.
TEATRO EUROPEO
Dopo il ’79 l’Europa sembra essere tornata il teatro fondamentale su cui si sarebbero
giocate le sorti di un’eventuale guerra: l’Europa è nuovamente, e suo malgrado, proiettata
al centro del dibattito sul possibile confronto strategico tra Stati Uniti e Unione Sovietica.
Lo schieramento degli SS-20 vuole avere una valenza più politica che militare: i sovietici
avevano schierato gli SS-20 perché hanno capito che il problema della difesa europea era
uno dei nodi più delicati nelle relazioni transatlantiche (tra Stati Uniti ed Europa) ->
ponendo una nuova minaccia sull’Europa si sarebbe costituito un fattore di crisi all’interno
dell’alleanza perché ancora una volta si sarebbe messa alla prova la credibilità
dell’ombrello difensivo statunitense sul continente europeo.
Uno degli elementi che periodicamente avevano sempre alterato i rapporti tra l’Europa e
gli Stati Uniti era stat proprio la credibilità della difesa americana sul vecchio continente:
gli europei si trovavano a chiedersi fino a che misura gli Stati Uniti sarebbero stati disposti
a difenderli nel momento in cui l’Europa fosse diventato il teatro primario di uno scontro
(gli SS-20 erano in grado di colpire più o meno ovunque il continente europeo).
Euromissili
Nel Dicembre del 1979 il Consiglio Atlantico aveva deciso di schierare in Europa dei
missili di teatro (a gettata breve) come risposta allo schieramento degli SS-20.
L’idea americana è quella di schierare i missili in Europa per aprire un negoziato (era
necessario aprire il negoziato su un piano di parità) -> gli americani aprono un negoziato
dopo aver schierato gli euromissili sul continente europeo perché così possono giocarsi
una carta in più per far ritirare gli SS-20 ai sovietici, che hanno come obiettivo il teatro
europeo (problema di equilibrio strategico).
Lo schieramento degli euromissili (a raggio corto o intermedio, tipo i Pershing) viene
previsto per il 1983 e i paesi designati come base per i missili sono il Belgio, l’Olanda, la
Gran Bretagna, la Germania e l’Italia.
Alla fine del ’79, nell’ultima fase del primo mandato del presidente Carter, si innestano una
serie di problemi contingenti determinanti per quella che sembra essere una ripresa dello
scontro bipolare (fine della distensione).
L’Unione Sovietica entra in Afghanistan con un intervento armato, nella convinzione che
questo non determini quello che poi effettivamente sarà l’impegno militare sovietico: i
sovietici pensavano di chiudere la faccenda dell’Afghanistan in un mese, ma questo si
rivelerà una sorta di “Vietnam sovietico”.
Quello che inizialmente sembrava un conflitto asimmetrico in cui i sovietici intervenivano
con mezzi corazzati, elicotteri e un numero ingente di uomini, ma si trovano a contrastare
un nemico che utilizza azioni di guerriglia su un territorio ostile e difficile.
I mujaheddin afghani, secondo le logiche della Guerra Fredda, sono foraggiati con ricchi
aiuti e armamento moderno (missili contraerei Stinger, utilizzati dai guerriglieri afghani per
abbattere gli elicotteri sovietici).
-> difficoltà per i sovietici, che avevano pensato di far passare l’azione in Afghanistan
senza creare troppi problemi nelle relazioni con gli Stati Uniti (che però nel ’79 sono già
messi in scacco da quello che sta succedendo in Iran).
Patto di Baghdad, SEATO e NATO erano dei patti inanellati che andavano a costituire
la Northern Tier, una sorta catena fondata su dei legami pattizi grazie ai quali gli Stati
Uniti speravano di creare uno schieramento strategico imbattibile.
Il Patto di Baghdad salta in realtà quando c’è la fuoriuscita dell’Iraq (colpo di stato) ma
gli Stati Uniti cercano di tenerlo in piedi tramite la CENTO (una riedizione del patto di
Baghdad senza l’Iraq e in cui l’Iran è un presidio saldamente controllato dagli Stati
Uniti attraverso lo Scià).
Quando scoppia la rivoluzione iraniana nel 1979 Stati Uniti e Iran sono ancora collegati
dal Patto Cento (attraverso un patto in cui gli Stati Uniti garantiscono aiuti all’Iran).
Lo Scià, il cui regime era sostenuto dagli Stati Uniti per ovvie ragioni geopolitiche ma
senza avere una vera forza sul piano interno, ha governato l’Iran attraverso un sistema
autocratico che ha seguito un sistema di occidentalizzazione forzata del paese (raggiunta
solo in parte e non dalle classi più povere) ma non era riuscito a creare il benessere
economico diffuso che avrebbe garantito una maggiore incisività alla sua politica di
occidentalizzazione.
La posizione di occidentalizzazione significava poi una perdita di potere e di entrate per le
autorità religiose sciite -> c’è un contrasto diretto tra lo Scià e le autorità religiose.
-> l’elemento religioso è il punto di maggior forza e coesione nella rivoluzione iraniana
(benché esistesse anche un’opposizione allo Scià prettamente laica), perché riesce a far
leva sul dissenso generalizzato, anche nelle campagne e nelle fasce di popolazione meno
abbiente che non avevano mai avuto un sentimento di reale fiducia nell’operato dello Scià
(circondato da una corte corrotta e da una polizia poco attenta ai diritti umani).
Le esitazioni rispetto alle risposte da dare alle rivolte determineranno la caduta dell’Iran e
l’accusa mossa a Carter di aver avuto una politica esitante. Le esitazioni tuttavia sono
spiegabili perché il regime iraniano era piuttosto contraria a tutti i principi per i quali
l’amministrazione si era impegnata fino a quel momento (la Guerra Fredda determinava
alleanze e sostegno a leader che sono abbastanza insostenibili dal punto di vista dei
principi).
A posteriori tutte le mosse fatte dallo Scià o quelle suggerite dagli americani si rivelano
sbagliate.
La rivoluzione iraniana prende ben presto una piega di oltranzismo religioso, che si sposta
con uno spiccato anti-americanismo: gli Stati Uniti sono per l’Iran coloro che nel 1953
hanno determinato la caduta di Mossadeq, e l’emblema dell’occidentalizzazione
combattuta con fermezza dall’elemento sciita (secondo cui l’Iran si sarebbe dovuto
riappropriare delle proprie tradizioni religiose) -> l’Ayatollah Khomeini ha un buon
riscontro a livello popolare.
Nel 1979 la minaccia deve essere vista a 360°: l’Iran destabilizzato e l’Afghanistan
rigidamente sotto controllo militare sovietico rappresentano una minaccia diretta sul Golfo
Persico, un’instabilità sullo Stretto di Hormuz e un possibile indebolimento su una delle
vie principali attraverso cui passano i rifornimenti verso l’Occidente (grande traffico delle
petroliere che passa attraverso lo Stretto di Hormuz).
-> l’amministrazione Carter ritiene drammaticamente indebolite le proprie posizioni.
La crisi degli ostaggi provocherà anche un’infelice tentativo di colpo di mano che però
fallì e finì per irrigidire le posizioni iraniane (gli ostaggi vengono disseminati in vari punti e
rimangono per un anno nelle mani degli iraniani).
L’Unione Sovietica viene nuovamente presentata come il nemico nei toni della campagna
elettorale di Ronald Regan (candidato inaspettato), che riprende i toni maggiormente
ideologici del bipolarismo: nel corso della campagna elettorale afferma la necessità di
ridare potenza militare agli Stati Uniti, che avrebbero potuto negoziare con l’Unione
Sovietica soltanto da una posizione di forza.
In realtà la posizione americana nei confronti dell’Unione Sovietica non si irrigidisce con
Regan, e il discorso sul potenziamento americano è relativo nel momento in cui Carter
non aveva dato segnali molto differenti (aveva ritirato la ratifica dei SALT II al Senato e
aveva deciso lo schieramento degli Euromissili in Europa).
Tuttavia, stante gli insuccessi di Carter in politica estera e il (percepito) dilagare
dell’Unione Sovietica, per Regan si crea un’enorme facilità nella propria affermazione
elettorale -> Carter perderà in quasi tutti gli stati (Carter è comunque l’unico presidente
americano che, con l'Accordo di Camp David, riesce a ottenere un accordo tra arabi e
israeliani e paradossalmente, anche in pensione, verrà impiegato in importantissimi
negoziati).
Il tono della propaganda elettorale di Regan sono quelli della Guerra Fredda e della
campagna ideologica ma, guardando alla sostanza, Regan decide di rispettare i limiti
previsti dai SALT II in termini di riarmo (benché non fossero stati ratificati dal Senato).
Regan, riprendendo quella che era stata l’iniziale opzione di Carter, cerca inoltre di avviare
dei negoziati che riguardassero l’Europa favorendo la scelta dell'opzione zero (proporre ai
sovietici di ritirare gli SS-20 in cambio di una rimozione degli Euromissili).
Questa possibilità però rischiava di scontentare gli europei (preoccupati che potessero
giocarsi sulla propria pelle le relazioni tra Unione Sovietica e Stati Uniti) e trova una
risposta negativa da parte dei sovietici (che ritenevano impensabile rinunciare a missili già
installati rispetto a missili che devono ancora essere installati).
Nel 1982 muore Breznev (che pure da circa un anno era piuttosto limitato nell’azione) e il
suo successore è Andropov, che avrebbe potuto attuare tutte le riforme necessarie,
avendo una chiarissima cognizione di quale fosse la reale situazione interna dell’Unione
Sovietica (come tutti coloro che come lui venivano dal KGB). Tuttavia Andropov, già
malato dura pochissimo e viene sostituito da Černenko.
-> si semplificano attraverso questa successione le difficoltà concrete di un regime che
percepisce la necessità di autoriformarsi.
Nel 1970 comincia in Polonia la prima rivolta operaia, che come tale minaccia di più la
stabilità del sistema dell’Europa Orientale: una rivolta operaia sottintende
un’insoddisfazione latente che non può essere tacciata di impulsi reazionari o borghesi e
parte da esigenze di tipo sociale.
Nel caso delle rivolte polacche degli anni ’80 il fatto è ancora più evidente, trattandosi di
rivolte sindacali: i grandi sindacati operai di Danzica (grandi cantieri navali) iniziano una
rivolta portando avanti precise rivendicazioni sociali e chiedendo il pluralismo sindacale.
Colpo di stato di Jaruzelski e difficoltà ideologica nella risposta a una protesta dal basso
La Dottrina Breznev agisce in Polonia per mezzo di un’azione preventiva polacca tesa a
evitare un esito sul modello cecoslovacco per Varsavia: a un certo punto sono i militari
(nella persona del generale Jaruzelski) che decidono di prendere il controllo del governo
polacco con un’azione atta a prevenire che ci fosse un intervento sovietico in territorio
polacco.
Nell’Europa Orientale si era cercato di dare dei modelli di maggior libertà: l’Europa
Orientale si era ritagliata degli spazi di maggiore autonomia rispetto ai vent’anni
precedenti (Ungheria di Kádár; proprietà privata in alcuni paesi). Nel caso polacco,
Solidarność riesce ad acquistare dello spazio: inizialmente vengono accolte le
rivendicazioni di Walęsa, il leader sindacale, perché da Mosca si capisce che non ci può
essere una risposta analoga a quella che Chruščëv aveva dato nel 1956 alla rivolta
ungherese, essendosi nel frattempo venuta a creare un’interdipendenza economica tra
l’Europa Orientale e l’Europa Occidentale, basata sulla necessità di scambio dei sovietici.
-> necessariamente si allenta il peso sovietico sull’Europa Orientale, anche se non può
essere ribaltato l’assioma che prevede che i governi debbano essere ideologicamente
solidi (ineccepibilmente di tipo comunista) e sono inaccettabili le istanze libertarie che
fanno pendere verso l’idea che si possa instaurare un multipartitismo.
Gorbačëv
Verranno rimproverati anche a Gorbačëv i tentativi fatti dall’85 in poi di modernizzare
l’Unione Sovietica e l’intero blocco, poiché l’opzione di Gorbačëv prevedeva
una modernizzazione a livello economico mantenendo l’approccio ideologico e non
rinnegando il comunismo -> contraddizione di fondo: la liberalizzazione a livello
politico ed economico avrebbe necessariamente determinato una caduta del
comunismo.
Gorbačëv rinuncia anche alla Dottrina Breznev (elemento fondamentale su cui si erano
appoggiati tutti i suoi predecessori): rinuncia all’idea che l’Unione Sovietica possa
mantenere il proprio controllo a tempo indefinito sull’Europa Orientale.
-> attraverso la disgregazione dell’Europa Orientale si determinerà anche la
disgregazione dell’Unione Sovietica.
Nel 1989 la situazione è sfuggita dal controllo: gli ungheresi hanno cominciato ad
abbattere la cortina alla frontiere a con l’Austria, dalla Germania Est c’è stata una
transumanza di turisti che caricavano le proprie Trabant per passare le vacanze sul Lago
Balaton. Ben presto si assiste a un vero e proprio assedio dei cittadini della Germania Est
alle ambasciate della Repubblica Federale (es. a Budapest) in cerca di asilo.
I dirigenti della DDR sono costernati ma non c’è nessuna risposta dura da parte di Mosca
(rispetto a quella che sarebbe stata la linea rigida di Breznev, con una risposta militare che
Gorbačëv non ha assolutamente voluto).
Quando si visualizza con chiarezza il peso internazionale dell’Afganistan, coi fatti dell’11
Settembre, i russi sottolineeranno quanto la responsabilità ricadesse sugli americani che
avevano armato e finanziato i mujaheddin.
-> l’Afghanistan aveva costituito un altro ricadere nelle logiche da Guerra Fredda (il
nemico del mio nemico è mio amico).
Guerre arabo-israeliane
1948 Guerra arabo-israeliana
1956 Crisi di Suez
1967 Guerra dei Sei Giorni
1973 Guerra dello Yom Kippur
Conflitto israelo-palestinese
1978 Operazione Litani
1982 Operazione Pace in Galilea
Dopo il ’56 (Crisi di Suez): superata la fase della formazione di Israele, il Medio Oriente
diventa uno scenario via via più rilevante e la Crisi di Suez segna un passaggio di
consegne in cui la presunzione imperiale della Gran Bretagna viene punita e gli Stati Uniti
si fanno carico del ruolo britannico in Medio Oriente (ogni azione politica autonoma
nell’area è ormai esclusivo appannaggio americano).
-> l’Unione Sovietica trova uno spazio di intervento la cui finalità perseguita per esempio
in Egitto non è tanto quella di avere una nazione comunista, ma piuttosto quella di avere
un rapporto amichevole e fondato sull’interesse egiziano a scongiurare l’isolamento, a
svolgere un ruolo di leadership (come volevano prima Nasser e poi Sadat).
La logica con cui si procede nel ’57 è inevitabilmente una logica di Guerra Fredda ->
prosecuzione della politica di containment: per gli americani l’intervento in Medio Oriente
significa l’impiego eventuale delle forze armate americane per assicurare e proteggere
l’integrità territoriale e l’indipendenza delle nazioni che richiedono tale aiuto contro
l’aggressione armata proveniente da qualsiasi nazione controllata dal comunismo
internazionale.
-> rientrano in questa teoria gli accordi (es. northern tier) con cui Dulles aveva sperato di
inanellare una sorta di rete che avrebbe garantito una stabile presenza americana nelle
aree strategicamente fondamentali del Medio Oriente: un anello che andava dall’Iran
(saldamente sotto il controllo occidentale, dalla deposizione di Mossadeq e il successivo
rientro dello Scià) verso l’Iraq (che dovrebbe essere un aggancio finché tiene il regime
politico), garantendo una presenza americana sempre più rilevante a fronte del rischio
comportato dalla presenza sovietica.
Interesse petrolifero
Gli americani tuttavia sono dei neofiti nella politica in Medio Oriente e sono gli inglesi gli
esperti formatisi in anni e anni di relazioni più o meno segreti. Gli americani, quando si
devono affidare a esperti di Medio Oriente, inizialmente possono solamente affidarsi a
coloro che negli Stati Uniti intrattengono rapporti economici con il Medio Oriente -> nella
fase iniziale il rapporto è viziato dal fatto che gli esperti di Medio Oriente per gli americani
siano i petrolieri: i rapporti economici con il Medio Oriente e con il mondo arabo sono
essenzialmente mediati da uomini condizionati dall’interesse economico americano nella
regione.
Gli Stati Uniti hanno delle fonti proprie e non sono, come spesso avviene per l’Europa,
quasi totalmente dipendenti dalle forniture di greggio del Medio Oriente ma in realtà è
chiaro che nel tempo, man mano che l’economia si lega sempre di più alle forniture di
petrolio, l’interesse americano è forte.
-> sempre più l’interesse petrolifero va a incidere, anche quando il greggio del mondo
arabo ricopre circa il 10% del fabbisogno americano.
Vincolo politico
Accanto all’interesse petrolifero, esiste anche il vincolo politico che lega gli Stati Uniti a
Israele: la lobby sionista al Congresso esiste e ha una capacità di condizionare la politica
americana.
La politica americana nei confronti del Medio Oriente non è comunque costantemente e
univocamente diretta al solo sostegno di Israele e sono molteplici i punti di vista che
vanno a formare le scelte americane (uno tra i quali è dettato dalle esigenze della Guerra
Fredda).
Panarabismo
Il discorso del panarabismo e il tentativo di unificare nasce dall’Egitto (Nasser in
particolare), con un elemento di coesione che non è quello religioso, ma il senso di
unità contro i principi della colonizzazione e contro Israele (esemplificazione dei una
nuova forma di neocolonialismo) -> l’antisionismo è uno degli elementi che fanno da
collante al panarabismo.
Il panarabismo nasce e cresce in una fase in cui ancora il percorso anti-coloniale non
è ancora definito: Nasser ha un ruolo importante nei movimenti di liberazioni, in
particolare in Algeria (ragione per cui venne detestato dai francesi, che si impegnarono
poi nell’impresa di Suez).
Egitto rinforzato
Il mondo arabo ha la capacità di digerire le sconfitte militare, che non si traducono
necessariamente in sconfitte politiche: il nasserismo esce rafforzato dalla Crisi di Suez.
L’Egitto nel ’56 si era visto sopraffare da forze coloniali (per quanto l’intervento anglo-
francese fosse di stampo vetero-coloniale a fronte del legittimo diritto egiziano di
nazionalizzare il canale) ma successivamente il controllo del canale passa agli egiziani e la
nazionalizzazione del canale è un principio che viene riconosciuto -> l’Egitto (e Nasser)
riesce ad affermare un ruolo rilevante di leadership che si accompagna alla leadership nel
Movimento dei Non Allineati.
Il Movimento dei Non Allineati chiarisce la logica di principio (il valore politico sarà relativo)
che vuole far presente l’impossibilità di allinearsi ideologicamente al blocco dei paesi
comunisti e la contestazione nei confronti degli Stati Uniti, considerati sempre di più come
portatori degli interessi occidentali (grande nemico dell’Egitto insieme al sionismo).
-> si arriva a una forma di panarabismo declinato secondo i criteri dei regimi ba'thisti (in
Iraq e in Siria) in cui via via si troverà una figura di leader dominante (Saddam in Iraq e
Assad in Siria), istituendo un regime totalmente dittatoriale. Anche al regime egiziano di
Sadat si rimprovera di aver sempre più orientato il sistema del paese verso un autocrazia
totale piuttosto che verso un processo di democratizzazione (il contrario rispetto a quella
che avrebbe potuto essere una naturale evoluzione).
Nel frattempo però la situazione dopo la crisi di Suez non può che essere totalmente
provvisoria perché in realtà c’è da parte dell’Egitto e del mondo arabo la volontà di
riuscire ad assestare finalmente un colpo militarmente efficace a Israele e tutta la
propaganda sul fronte interno evidenzia come l’obiettivo di vincere una guerra con Israele
sia un obiettivo fondamentale -> crescendo di tensione che determina la Guerra dei Sei
Giorni del (1967), conflitto arabo-israeliano successivo alla Crisi di Suez.
La Guerra dei Sei Giorni nasce come un’offensiva israeliana su 3 fronti:
- Sinai: contro l'Egitto
- Cisgiordania: contro la Giordania
- Alture del Golan: contro l’Egitto
Nasser chiede a U Thant (Segretario Generale delle Nazioni Unite) di ritirare dal Sinai
contingenti della Nazioni Uniti e questo accorderà il permesso senza passare attraverso
particolari procedure, peraltro in una fase in cui Israele sente sempre più quanto pesino
all’interno dell’Assemblea Generale delle Nazioni Uniti le posizioni terzomondiste. Il
Movimento dei Non-Allineati ha da questo punto di vista una sua efficacia proprio perché
diventa anche il portatore degli interessi e del riscatto del Terzo Mondo (nell’Assemblea
Generale questi rappresentano dei voti).
Ruolo Sovietico
I sovietici non vogliono garantire una pacificazione in Medio Oriente in questa fase, e anzi
alimentano la tensione tra i due avvisando l’un l’altro che dall’altra parte si sta preparando
qualcosa.
Attacco israeliano
Arrivando informazioni di varia entità, Israele vuole attuare un attacco preventivo che lo
metta al sicuro, pur rischiando di perdere qualche consenso perché si presenterebbe per
la prima volta sulla scena come stato aggressore (mentre nel ’56 poteva essere utilizzato il
pretesto dello Stretto di Tiran, che pure era stato chiuso di nuovo nonostante l’esplicito
divieto che era seguito alla Crisi di Suez senza che ci fosse un’azione internazionale
precedente alla guerra).
Con la Guerra dei Sei Giorni Israele si estende in tutto il Sinai comprendendo la Striscia di
Gaza, prende tutta la Cisgiordania e le Alture del Golan, e riesce finalmente a prendere
possesso delle parte orientale di Gerusalemme (relativamente alla quale la situazione
rimane impregiudicata).
-> Israele si estende con l’intento di ottenere una sicurezza assoluta, ma col
sopraggiungere del realismo si va a mettere in una situazione sempre più ingestibile.
Il colpo del ’67 è stato un colpo terribile per l’Egitto che con la drammatica perdita del
Sinai si trova senza gli introiti del Canale di Suez (che rimarrà fuori uso per 7 anni). La
Giordania si trova senza tutta la Cisgiordania (perdita territoriale anche in questo caso non
indifferente).
Il fatto che questi territori non siano annessi significa che lo status degli arabi palestinesi
non prevede la cittadinanza (che invece era stata concessa agli arabi palestinesi che
vivevano nelle zone assegnate a Israele in precedenza).
-> in questa fase i laburisti (secondo un’idea di Peres e Rabin) si apprestano a favorire
una qualche forma di autonomia: con delle elezioni municipali si pensa di consentire una
sorta di autogoverno municipale, sempre sotto autorità israeliana.
Risoluzione 242
La risoluzione delle Nazioni Unite che segue la Guerra dei Sei Giorni è la 242 che prevede
che ci sia un ritiro israeliano dai territori occupati e un riconoscimento reciproco con
reciproca garanzia alle frontiere.
Ci sono tuttavia delle ambiguità costruttive dovute al fatto che c’è una versione francese e
una versione inglese: una recita “ritiro da territori occupati”, l’altra “ritiro dai territori
occupati”: una risoluzione sembra indicare che può esserci un ritiro parziale, l’altra invece
che deve esserci un ritiro da tutti i territori occupati.
-> sul piano negoziale ci si muove su un terreno fragile e nemmeno per le forze che non
sono direttamente coinvolte è facile lavorare sulla materia.
Palestinesi in Libano
I palestinesi cacciati dalla Giordania tenderanno a spargersi, ma la maggior parte dei loro
insediamenti sarà in Libano: un’altra situazione fortemente instabile si presta alla
costituzione di un’ulteriore enclave, dove è lasciato un margine di manovra maggiore alla
struttura politica e militare palestinese.
I profughi come tali vengono accolti quasi ovunque, ma diverso sarebbe dare loro la
cittadinanza (che significherebbe stabilizzare la situazione).
Anche all’interno del mondo arabo comincia a crearsi una situazione sempre più
complessa.
Terrorismo internazionale
La situazione di grande rafforzamento strategico per Israele è comunque di instabilità e
potrebbe avere un esito solo se si avviasse una trattativa, ma non ci sono interlocutori per
questa trattativa.
Per i palestinesi l’unica arma è il terrorismo, che all’inizio degli anni ’70 viene sempre più
declinato in chiave internazionale (attentato alle Olimpiadi di Monaco del 1972;
dirottamenti), da cui Arafat prenderà le distanze soltanto nel ’73-’74, quando si rende
conto che lo strumento del terrorismo internazionale (che coinvolge l’Occidente) rischia di
essere un fattore controproducente che può non giovare alla lotta del movimento
palestinese.
Successivo è anche l’ondata di islamismo che prende piede in Egitto nel momento in cui
si registra via via il fallimento politico delle autorità laiche (OLP; politica interna di Sadat in
Egitto, che prima cerca la convivenza con i Fratelli Musulmani ma poi si trova contro tutto
l’estremismo islamico).
Kissinger, che ha un’idea piuttosto chiara di quella che dorrebbe essere la politica
americana in Medio Oriente, benché sia lui stesso ebreo, non è convinto che Israele
debba infliggere una sconfitta schiacciante all’Egitto: Kissinger sa che la politica
americana deve sostenere e tenere in vita Israele, ma anche che è necessario arrivare a
una trattativa per la quale è necessario che l’Egitto non abbia subito un’umiliazione che gli
impedirebbe di trovare spazi di trattativa.
Kissinger è convinto anche che questa sia la politica che può portare gli Stati Uniti a
ritrovare un ruolo dominante in Medio Oriente (scalzando l’Unione Sovietica) -> riportare
l’Egitto al tavolo delle trattative può significare che il ruolo americano nei confronti del
mondo arabo possa modificarsi riguadagnano nei confronti dei paesi arabi le proprie
posizioni, ripristinando un miglior rapporto con l’Egitto e così scalzando definitivamente i
sovietici.
-> il piano di Kissinger si realizza: nel momento in cui gli americani riescono a ritrovare un
minimo di equilibrio in Medio Oriente e a portare gli egiziani al tavolo delle trattative con
Israele, riescono anche a riguadagnare delle posizioni.
Gli Stati Uniti sono dipendenti dal petrolio arabo solo per una minima parte del loro
fabbisogno, ma gli europei e il Giappone lo sono per oltre il 50% -> un aumento del
prezzo del greggio ha un effetto non solo come risorsa energetica ma anche su tutti i costi
di produzione (e su tutti i prezzi), causando il rischio di arrivare a processi che incidano
pesantemente sul mercato monetario globale.
Per gli Stati Uniti c’è una duplice minaccia: il fabbisogno per la produzione ma anche la
risposta alla crisi monetaria in cui si verrebbe a trovare l’Europa (con effetti
necessariamente anche sugli Stati Uniti).
All’interno del Dipartimento di Stato si predica prudenza rispetto a una politica di grande
sostegno a Israele (in Iraq vengono nazionalizzate la Exxon e la Shell).
-> in questa fase le politiche si giocano sulla capacità araba di incidere direttamente sulle
politiche monetarie occidentali. Anche gli americani sentono a questo punto che gli arabi
hanno uno strumento di pressione che prima non era così ben coordinato.
Sadat, che si era trovato in un vicolo cieco, per arrivare a delle trattative era riuscito a
muovere le cose attraverso un intervento militare -> la Risoluzione 338 delle Nazioni Uniti
riconferma la 242, richiamando i belligeranti alla necessità di arrivare a un negoziato.
Nel 1974 Arafat si pronuncia contro il terrorismo internazionale e in Ottobre l’OLP viene
riconosciuta (non da Israele) come un organo rappresentativo dei palestinesi e viene
ammessa alle Nazioni Unite come osservatore.
OLP e israeliani sono ancora lontani da una trattativa: le delegazioni israeliane non sono
presenti dove sono presenti delegazioni dell’OLP.
-> c’è via via una crescente considerazione politica nei confronti dell’OLP ma ancora non
un dialogo con Israele.
Nel 1977 la politica condotta fino a quel momento da Israele conosce una fase di
indebolimento: i laburisti perdono le elezioni e va al potere Likud di Menachem Begin (che
era stato capo dell’Irgun). Likud è un partito conservatore legato a una visione più rigida
dei rapporti tra arabi e israeliani.
Sarà comunque proprio Menachem Begin il protagonista della trattativa con l’Egitto
(Sadat chiede di recarsi a Gerusalemme e parla di fronte al Knesset).
Jimmy Carter, che aveva dovuto assorbire i colpi derivanti dalla fine della distensione e
gestire lo sgretolamento delle posizioni americane soprattutto in riferimento alla crisi
iraniana, è il presidente che si prende in carico il difficilissimo negoziato di pace tra Egitto
e Israele.
A Camp David inizia il lunghissimo negoziato in cui la presidenza degli Stati Uniti si sforza
il più possibile di essere super partes (meno filo-israeliana della precedente presidenza
Ford, benché Camp David abbia una certa continuità dal momento che ad adoperarsi per
il negoziato tra arabi e israeliani è proprio Kissinger).
Nel 1979, nella fase declinante della distensione, i sovietici vengono scalzati dal Medio
Oriente attraverso gli Accordi di Camp David (rimangono solo i baluardi della Siria e dello
Yemen).
Conseguenze nei rapporti tra Egitto e arabi
Non viene comunque risolto il problema fondamentale: quando l’Egitto firma la pace con
Israele, viene recepito dai palestinesi come il paese che firma una pace per sé (per avere il
Sinai) ma che in realtà non riesce a trovare nessun accordo sulle questioni che riguardano
principalmente i palestinesi: Cisgiordania, Gaza, Gerusalemme -> i punti fondamentali
della questione tra palestinesi e israeliani vengono rimandati a ulteriori trattati.
L’Egitto viene cacciato dalla Lega Araba dopo Camp David e Sadat diventa un “traditore”
della causa dell’anti-sionismo nel mondo arabo (Sadat verrà ucciso in un attentato, anche
a causa dell’ostilità che aveva suscitato negli integralisti sul fronte interno).
-> Camp David risolve una posizione americana in Medio Oriente e la potenziale minaccia
egiziana per Israele (che riesce ad assestarsi in una situazione meno emergenziale), ma di
fatto mentre Begin tratta con Sadat continuano gli insediamenti e la contraddittoria
politica israeliana nei confronti dei territori occupati.
GUERRE ISRAELE-LIBANO
Negli anni ’80 con l’Operazione Pace in Galilea si evidenziano i problemi che vengono
dalla necessità di Israele di far fronte a una minaccia che sempre più si caratterizza
nell'OLP strettamente palestinese -> non si parla più di conflitto arabo-israeliano ma di
conflitto tra israeliani e palestinesi.
Se Israele vede all’inizio la pacificazione libanese attraverso la pax siriana come una
possibilità, successivamente la ritiene una minaccia -> interviene con l’Operazione Pace
in Galilea.