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Abstract: Exploring the issue of design processes, with reference to the masters of the philosophy of sciences, the
paper states a strong analogy between the logic of scientific discovery and the methodology and management of the
architectural project, in so far research process, and tries to find a demarcation criterion of quality in the management
of complexity in the architectural field.
Quadro metodologico. Con riferimento alla schema-
tizzazione proposta da Nicola Sinopoli (1) che individua
le aree operative omogenee del processo di produzione
dellarchitettura, il nostro contributo si muove nellambito
della cosiddetta area del progetto, definita dalle rela-
zioni che si instaurano tra la figura dellarchitetto e quella
degli specialisti.
Come ha rilevato Sinopoli il processo edilizio presenta
delle peculiarit che lo rendono differente da ogni altro
processo industriale: peculiarit relative alle caratteristiche
del prodotto e dellindustria edilizia ma anche e soprattutto
peculiarit relative al processo stesso, a quella tecnolo-
gia invisibile, quei saperi che consentono di finalizzare
materiali, macchine e procedimenti, l'organizzazione che
fornisce gli strumenti utili per mettere insieme un gruppo
di uomini in grado di concepirlo e costruirlo e l'intelligenza
necessaria a far s che esso sia ragionevolmente sicuro,
appropriato e duraturo. Quella regia, insomma, che noi
crediamo sia parte integrante della cultura del progetto.
A fronte della sfida ultima di garantire la qualit dellAr-
chitettura, dunque, i parametri di qualit fondati su criteri
esclusivamente prestazionali e i modelli di ingegneria ge-
stionale improntati a sistemi produttivi di servizi e industria-
li finiscono per rivelarsi inefficaci perch in certa misura
estranei alle specificit del processo della produzione edili-
zia. Ritengo quindi che debba tornare al centro della con-
siderazione il ruolo della cultura di progetto, di cui la figura
dellarchitetto portatore e al quale, in quanto design
manager, non rinuncio ad attribuire il ruolo di prestatore
dopera intellettuale piuttosto che mero fornitore di servizi
di progettazione.
Per affrontare il tema della gestione e controllo del proces-
so progettuale nellambito di interventi complessi penso sia
dunque innanzitutto necessario fornire un quadro metodo-
logico generale.
La tesi che mi sembra interessante verificare quindi quella
che pone la demarcazione della qualit non tanto e non
solo nellalto contributo ideativo e neppure nella rispon-
denza del progetto di architettura e della sua gestione rea-
lizzativa a requisiti e standard normativi, quanto, piuttosto,
nella virtuosa e proficua relazione tra due piani distinti:
quello della cultura del progetto e quello della prestazione
dei servizi di progettazione.
Propongo perci di decentrare lo sguardo e rivolgere la
nostra attenzione ad un campo apparentemente molto
distante dal processo di produzione edilizia ma che, a di-
spetto di ci, sembra offrire molte analogie con la struttura
del processo di gestione e controllo del progetto di archi-
tettura, cio quello della ricerca scientifica.
Due mi sembrano i vantaggi di tale approccio: il primo che
il campo della ricerca scientifica stato oggetto di compiu-
te riflessioni metodologiche che strutturano il campo stesso
dellepistemologia; il secondo che, applicandosi allanalisi
di campi di ricerca, si adatta meglio di altri modelli di inge-
gneria gestionale a considerare un processo che eminen-
temente di ricerca come quello del progetto di architettura.
metodologiA e gestione del processo progettuAle
laura GioEni
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La costruzione di unanalogia tra la struttura della ricerca
scientifica (nel campo della fisica, chimica, biologia ecc.)
e quello del progetto di architettura ed il confronto con la
critica metodologica sviluppata in campo epistemologico
mi sembrano dunque uno strumento utile ed efficace in
grado sia di cogliere la specificit del processo di produ-
zione dellarchitettura, sia di offrire un pi appropriato cri-
terio di demarcazione della qualit.
In tale prospettiva la nostra attenzione sar volta ad acco-
gliere alcune suggestioni del modello del falsificazionismo
ingenuo di Karl Popper, per cui la scienza conoscen-
za per congetture e confutazioni, alcuni elementi di critica
provenienti dalla struttura delle rivoluzioni scientifiche pro-
posta da Thomas Kuhn, e, infine, il falsificazionismo me-
todologico sofisticato proposto da Imre Lakatos, che cerca
di mediare fattori di continuit e discontinuit del processo
di crescita della conoscenza scientifica.
Sinteticamente, il modello di Lakatos, che vede al centro
un programma di ricerca circondato da una cintura pro-
tettiva di scienze ausiliarie che deve sostenere lurto dei
controlli, mi sembra rendere pienamente conto del pro-
cesso di crescita di un progetto di architettura che non
mai lineare ma procede secondo un andamento a spirale
di successive verifiche e input ed in cui il nucleo forte te-
orico deve essere corroborato dal controllo dei contributi
specialistici dei servizi complementari.
Karl r. popper: la logica della ricerca scientifica.
La citazione di Novalis che Karl Popper pone in apertu-
ra del volume della logic of Scientific Discovery (1934) -
le teorie sono reti: solo chi le butta pesca - dichiara da
subito il presupposto anti-induzionista del suo saggio sul
metodo delle scienze empiriche. Nella sua proposta meto-
dologica, nota come falsificazionismo, Popper parte infatti
dalla constatazione che le teorie universali non sono mai
deducibili da asserzioni singolari (osservazioni ed esperi-
menti), in quanto tale procedimento implicherebbe il carat-
tere universale del principio di induzione. Dal punto di vista
logico invece il tentativo di basare il principio di induzione
sullesperienza fallisce perch conduce necessariamente a
contraddizioni logiche e ad un regresso allinfinito (2).
Il nostro ragionamento quindi, asserisce Popper, non pro-
cede mai dai fatti singolari, dalla base empirica, a teorie.
Piuttosto noi cominciamo la nostra ricerca da problemi la
cui soluzione avanzata per tentativi a partire da ipotesi e
congetture che vengono sottoposte successivamente alla
discussione critica e a controlli. In altri termini Popper rile-
va che una ipotesi teorica pu essere solo empiricamente
controllata dopo che stata proposta. Dalla teoria, cio,
si ricavano predizioni da confrontare con i risultati delle
applicazioni pratiche e degli esperimenti, vale a dire con
la base empirica.
Tale controllo pu avvenire esclusivamente sulla base di un
tentativo di falsificazione: da un sistema esiger che la sua
forma logica sia tale che possa essere valutata per mezzo
di controlli empirici in senso negativo (3). La proposta di
Popper si fonda sulla asimmetria logica tra verificabilit e
falsificabilit delle asserzioni universali (proposizioni in cui
si asserisce che x P(x), cio che ogni individuo x possiede
Sulla sinistra: Frontespizio del De revolutionibus celestium di nicola Copernico
(1543) nell'edizione di Basilea (1566) con annotazioni di censura in latino.
Sulla destra: Frontespizio del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
di Galileo Galilei nell'edizione di leyda del 1635.
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la propriet P) che non
possono mai essere
derivate da asserzioni
singolari (del tipo
cio che esiste un
individuo che possiede la
propriet P) ma tuttavia
possono essere falsificate
o contraddette da asser-
zioni singolari (la nega-
zione di una asserzione
universale equivalente
allaffermazione che esi-
ste almeno un caso x in
cui la propriet P non
vera per x, cio ).
E quindi possibile, per mezzo di inferenze de-
duttive (modus tollens), dimostrare la falsit di asserzioni
universali a partire dalla verit di asserzioni singolari.
Tale criterio costituisce anche il criterio di demarcazione del-
la qualit tra teorie scientifiche e non: un sistema empirico
per essere scientifico deve poter essere confutato dallespe-
rienza. Non solo dunque il controllo della teoria congettu-
rale avviene attraverso il sistematico tentativo di falsificarla
al livello empirico, ma, secondo un atteggiamento critico
ancora pi radicale, bisogna affermare che nella scienza
non vi sono asserzioni definitive e che anzi la garanzia della
loro scientificit risiede piuttosto proprio nel fatto che, nella
loro forma logica, siano passibili di controllo.
Il progresso della scienza dunque caratterizzato da un
modello ipotetico deduttivo e dallurto tra lipotesi di ricer-
ca e il controllo empirico. Nondimeno Popper sottolinea
la dimensione puramente speculativa - e in certa misura
antiscientifica - che pertiene al nucleo teorico: la scoperta
scientifica impossibile senza la fede in idee che hanno
una natura puramente speculativa, e che talvolta sono ad-
dirittura piuttosto nebulose; fede, questa, che completa-
mente priva di garanzie dal punto di vista della scienza e
che pertanto, entro questi limiti, metafisica (4).
In sintonia con riconoscimento del ruolo euristico della
metafisica nellavanzamento della ricerca scientifica, che
trae uno slancio vitale da una sorta di intuizione creati-
va, Popper pu quindi affermare che le teorie scientifiche
sono opere darte, per criticabili oggettivamente (5).
Unultima osservazione riguarda lo spirito anticonvenzio-
nalistico e critico del pensiero di Popper che si riflette nel
rifiuto delle partizioni specialistiche nella scienza come
nella filosofia. Nella prefazione alledizione inglese del
suo volume del 1959 Popper afferma che la salvezza del-
la scienza e della filosofia (e, noi continuiamo a credere,
anche dellarchitettura), risieda nella capacit di opporsi
allangustia della specializzazione e alla fede oscuranti-
stica nella speciale abilit dellesperto e nella sua cono-
scenza e autorit personale; fede, questa, che tanto bene
si adatta alla nostra et postrazionalistica e postcritica,
orgogliosamente impegnata nella distruzione della filoso-
fia razionalistica e dello stesso pensiero razionale (6).
thomas Kuhn: la struttura delle rivoluzioni
scientifiche. Anche lindagine di Thomas Kuhn si rivol-
ge al processo di acquisizione della conoscenza scienti-
fica. Kuhn condivide con Popper il rifiuto di un modello
di crescita della conoscenza secondo un processo di ac-
cumulazione e fondato su procedimenti di tipo induttivo:
entrambi, in certa misura, pongono laccento sul carattere
rivoluzionario del processo di sostituzione di una vecchia
teoria scientifica con una nuova: non credono cio che vi
siano regole per indurre teorie corrette dai fatti e consi-
derano le teorie come fantasiosi costrutti inventati in sol
blocco per applicarli alla natura (7).
Tuttavia Kuhn, mutuando elementi di ragionamento sia da
una psicologia di matrice gestaltica che da una analisi di
stampo sociologico e rivendicando una esigenza di maggio-
re aderenza alla realt, sostiene che la quotidiana pratica
scientifica si muove nel campo, molto meno rivoluzionario,
della scienza normale intesa come ricerca stabilmente
fondata su uno o pi risultati raggiunti dalla scienza del
passato, ai quali una particolare comunit scientifica, per
la meridiana di isaac newton
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un certo periodo di tempo, riconosce la capacit di costitu-
ire il fondamento della sua prassi ulteriore (8).
Osservando la tenacit delle teorie che, anche a fronte di
controlli cruciali, sono in grado di elaborare degli acco-
modamenti e soluzioni ad hoc per risolvere le anomalie,
Kuhn sostiene che la prassi scientifica si muove piuttosto
nellorizzonte di una tradizione di soluzione di rompica-
po, vale a dire allinterno di tradizioni di ricerca, o altri-
menti dette paradigmi di ricerca, coerenti e condivisi dal-
la comunit scientifica: Il compito della scienza normale
non affatto quello di scoprire nuovi generi di fenomeni;
anzi, spesso sfuggono completamente quelli che non si
potrebbero adattare allincasellamento. Gli scienziati non
mirano neanche, di norma, ad inventare nuove teorie, e
anzi si mostrano spesso intolleranti verso quelle inventate
dagli altri. La ricerca nellambito della scienza normale
invece rivolta allarticolazione di quei fenomeni e di quelle
teorie che sono gi fornite dal paradigma (9).
Con una abbondante dose di convenzionalismo Kuhn pu
cos affermare che il paradigma condiviso dalla comunit
ununit di misura fondamentale per lo studioso dello
sviluppo scientifico. Su tale paradigma si pu rinvenire il
fondamento dello schema istituzionale della specializzazio-
ne: lemergere di un paradigma incide sulla struttura del
gruppo che svolge la propria attivit nel campo relativo.
() Talvolta proprio laccettazione di un paradigma che
trasforma un gruppo, precedentemente interessato soltan-
to allo studio della natura, in una specializzazione o, alme-
no, in una disciplina (10).
Insomma lungi dallessere un audace scopritore, lo scien-
ziato di Kuhn piuttosto, nella definizione che ne d John
Watkins, il fedele adepto di una setta religiosa (11), che
condivide con gli altri membri una rigida matrice disci-
plinaria (12): la caratteristica pi notevole dei problemi
della scienza normale () la scarsa misura in cui essi
mirano a produrre novit fondamentali, sia concettua-
li che fattuali (13). Ambizione massima dello scienziato
che opera nella prassi scientifica sarebbe dunque quella
di affermarsi come esperto solutore di rompicapo, come
abile giocatore di scacchi:
portare un problema dal-
la ricerca normale alla sua
conclusione () richiede
la soluzione di tutta una
serie di complessi rompi-
capi strumentali, concet-
tuali, matematici. Colui
che riesce nellimpresa si
dimostra un esperto so-
lutore di rompicapo e la
sfida del rompicapo
una parte importante del-
le ragioni che lo spingo-
no avanti (14) e del suo
riconoscimento sociale.
Il passaggio da una tra-
dizione di ricerca ad un
nuovo paradigma, incommensurabile con il precedente,
pu avvenire dunque per Kuhn solo attraverso un momen-
to di riorganizzazione gestaltica a fronte dalla crisi prodotta
dallincapacit della matrice disciplinaria corrente di acco-
gliere una anomalia rilevata.
Concludiamo queste considerazioni richiamando, a moni-
to, lironico commento di Popper alla raffigurazione dello
scienziato che emerge dalla teoria di Kuhn e che tanto
gli pareva rassomigliare, nello spirito a-critico e a-proble-
matico, agli studenti di ingegneria del suo amico Philip
Frank: La descrizione di Kuhn dello scienziato normale
mi richiama alla mente una conversazione che ebbi con
il mio defunto amico Philip Frank , circa nel 1933. Frank
quella volta protestava amaramente contro il modo non
critico di accostarsi alla scienza da parte della maggio-
ranza dei suoi studenti di ingegneria. Volevano solo cono-
scere i fatti. Teorie e ipotesi che non erano generalmente
accettate, ma che erano problematiche, erano rifiutate:
mettevano a disagio gli studenti. Questi studenti volevano
solo sapere quelle cose, quei fatti che potevano applicare
tranquillamente, senza batticuore (15).
Frontespizio delle Tabulae rudolphi-
nae di Giovanni Keplero, 1627
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imre lakatos: la metodologia dei programmi di
ricerca. Obiettivo della riflessione di Imre Lakatos quel-
lo di difendere il falsificazionismo popperiano in una forma
pi sofisticata in grado di rispondere alle obiezioni mosse
dalla critica di Kuhn, per mostrare che la ricerca scientifica
ed i suoi sviluppi costituiscono un progresso razionale e
non una conversione religiosa (16).
Ci che contraddistingue il falsificazionismo dogmatico
per Lakatos il riconoscimento che tutte le teorie sono
egualmente congetturali (17), vale a dire che la scienza
non pu dimostrare nessuna teoria ma solo refutare, con
procedimento logico sulla base di dati empirici. Lonest
intellettuale dello scienziato consiste dunque nello specifi-
care in anticipo un esperimento il cui risultato negativo sia
in grado di confutare la teoria. Lakatos rileva come que-
sta impostazione implichi una
netta distinzione tra il livello
teorico e il livello sperimenta-
le: il teorico propone, lo spe-
rimentale, in nome della na-
tura, dispone (18). E tuttavia
in ci risiede anche la ragione
stessa della insostenibilit del
falsificazionismo dogmatico:
nessuna proposizione fattua-
le pu mai essere dimostrata
da un esperimento. Le propo-
sizioni possono soltanto essere
derivate da altre proposizioni,
non possono essere derivate
dai fatti: non si possono dimo-
strare enunciati sulla base di
esperienze (19).
Il che corrisponde al crollo di
un qualsiasi criterio di demar-
cazione tra scientificit e non
di una teoria sulla base della
possibilit e messa a punto di
un esperimento cruciale.
Lakatos abbraccia quindi la posizione del falsificazionismo
metodologico che implica linnesto di una certa dose di
convenzionalismo per cui viene, per statuto, definita la
base empirica accettata: Il falsificazionista metodologi-
co si rende conto che nelle tecniche sperimentali dello
scienziato sono coinvolte delle teorie fallibili, alla luce del-
le quali interpreta i fatti. A dispetto di ci egli applica
queste teorie, le considera nel contesto dato non come te-
orie sottoposte a controllo, ma come conoscenza di sfondo
non problematica (20).
Il modello proposto da Lakatos dunque la sintesi dei due
elementi caratterizzati il falsificazionismo popperiano e il
paradigma di Kuhn, prevedendo la compresenza, nella
crescita della conoscenza scientifica, sia della discussione
critica che della tenacia della scienza normale.
issac newton, Philosophia naturalis Principia Mathematica, tavola di illustrazione dell'edizione parigina del 1759.
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Il modello della metodologia dei programmi di ricerca di La-
katos descritto dallepistemologo Paul Feyerabend come
quello in grado di presentare nella sua completezza il pro-
cedere della scienza: questa immagine la sintesi di due
scoperte. Primo, contiene la scoperta di Popper che la scien-
za progredisce attraverso la discussione critica di concezio-
ni alternative. Secondo, contiene la scoperta di Kuhn della
funzione della tenacia (). La sintesi consiste nellasserzione
() che proliferazione e tenacia non appartengono a perio-
di successivi della storia della scienza ma sono sempre com-
presenti. () Parler dunque della componente normale e
della componente filosofica della scienza (21).
La metodologia dei programmi di ricerca risulta cos in gra-
do di spiegare continuit e rivoluzioni nello sviluppo scien-
tifico: lunit di base di valutazione non deve essere pi
una teoria presa isolatamente o una congiunzione di teorie,
ma piuttosto un programma di ricerca, con un nucleo
convenzionalmente accettato (e dunque non confutabile
in virt di una decisione provvisoria) e con una euristica
positiva che definisce problemi, delinea la costruzione di
una cintura di ipotesi ausiliarie, prevede anomalie e le tra-
sforma con successo in esempi (). Lo scienziato elenca
le anomalie, ma fin quando il suo programma di ricerca
mantiene il suo slancio egli pu liberamente accantonarle.
principalmente leuristica positiva del suo programma e
non le anomalie a dettargli la scelta dei problemi (22).
In sostanza il modello di Lakatos si pone lobbiettivo di affina-
re il falsificazionismo popperiano innestando in esso la con-
siderazione della persistenza e tenacia delle teorie rilevata da
Kuhn, soddisfando lesigenza di una visione maggiormente
aderente al reale sviluppo storico delle discipline scientifiche.
Come chiarisce Giulio Giorello, il programma di ricerca
muove da decisioni metodologiche prese dagli scienziati
che lhanno promosso; tali decisioni hanno il compito di
dividere una data collezione di ipotesi in due gruppi: un
gruppo costituisce il nucleo metafisico del programma,
in cui rientrano le ipotesi che si vogliono difendere a ogni
costo e che quindi vengono considerate non falsificabili
per un decreto metodologico. Condizioni iniziali, ipotesi
ausiliari, ecc., che permettono di fare predizioni applicando
lipotesi del nucleo costituiscono invece il secondo gruppo,
la cintura protettiva del programma; solo questultima
pu venire modificata di fronte a confutazioni (23).
Ci sembra altres importante sottolineare che per Lakatos
anche la scienza matematica procede per congetture,
esperimenti e confutazioni cosicch le teorie matematiche,
come le scienze empiriche, non sono esenti da quelle deci-
sioni metodologiche che mettono in salvo alcune assunzio-
ni di base (come il caso del quinto postulato euclideo).
per proprio dal rifiuto degli assiomi pi accreditati che
pu scaturire una nuova e rivoluzionaria teoria.
Dunque il criterio di demarcazione proposto da Lakatos
sostituisce al criterio del fallibilismo popperiano una distin-
zione tra programmi regressivi e progressivi. Un program-
ma di ricerca si rivela regressivo quando, anche in seguito
a successive modificazioni della cintura protettiva con lin-
troduzione di opportune ipotesi ausiliarie, non riesce pi a
predire fatti nuovi. Un programma di ricerca invece pro-
gressivo se in grado predire qualche fatto nuovo e tale
predizione viene poi corroborata dallosservazione empi-
Turing Machine
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rica, cio conduce effettivamente ad una nuova scoperta.
la gestione del progetto complesso: consolazio-
ni per lo specialista? Quanto abbiamo illustrato sinora
mette in luce alcune caratteristiche della ricerca scientifica
che ritengo siano fondamentali per analizzare il processo
progettuale in campo architettonico.
Innanzi tutto la tendenza dellepistemologia a mettere in
crisi un modello di rigore razionale che la tradizione e il
senso comune attribuiscono alla scienza - matematica
compresa - mostrando, anche senza arrivare allanarchi-
smo metodologico di Feyerabend, che il percorso di svi-
luppo delle teorie scientifiche non segue rigorose linearit
ma piuttosto un andamento zigzagante (24) che non pu
mai aspirare alla definitivit e certezza.
Dunque, in prima istanza, il processo del progetto di archi-
tettura condivide con il processo della ricerca scientifica una
stretta familiarit, incarnando a pieno titolo quel modello di
scienza empirica descritto da Popper che procede non per
accumulazione di dati empirici ma per congetture e confuta-
zioni e deve mantenere al suo nucleo unaltissima carica uto-
pica, ideale e speculativa - nei termini popperiani, artistica e
metafisica - che costituisce la rete lanciata del pescatore, il
motore, la carica euristica positiva del processo di ricerca.
Un buon progetto di architettura, insomma, non si fa a
partire dallelenco della spesa di diktat normativi e dalla
collezione di dati prestazionali, ma parte dalla proposizio-
ne di un problema, richiede un programma di ricerca in
grado di rispondere ai desiderata, ai bisogni e alle esigen-
ze espresse dalla committenza e dalla collettivit, ma nel-
lo stesso tempo capace di proporsi come un programma
progressivo, cio in grado di predire fatti nuovi. la rete
congetturale delle ipotesi, da cui trarre quelle predizioni
che vengono in un secondo momento confrontate con la
base empirica per essere controllate, corroborate ed even-
tualmente falsificate.
Non rinuncio a credere dunque che al centro del proces-
so debba collocarsi larchitetto in quanto portatore di una
cultura non dogmatica ma critica (in senso popperiano)
del progetto architettonico.
Laver posto, anche grazie alle nuove modalit di appalti,
al centro del processo di produzione edilizia e urbana i
valori economici e finanziari, il preteso marchio di qualit
dei processi e delle rispondenze prestazionali e normative
dei prodotti e la pretesa affidabilit gestionale della tecni-
ca ingegneristica ha condotto alla perdita di terreno della
cultura architettonica, affannata dietro a modelli di forma-
zione e professionali che sviliscono il suo ruolo a mero
ornamento grafico e la disperdono nel caleidoscopio delle
specializzazioni.
In sostanza, nei termini di Feyerabend sopra chiariti, cre-
do che si debba riscattare la componente filosofica dalla
sudditanza alla componente normale del processo di pro-
duzione edilizia per ritrovare la specificit della qualit del
progetto di architettura.
Attribuire priorit alla componente ideativa risponde alla os-
servazione condivisa che il successo di un intervento dipende
dalle decisioni prese nelle prime fasi di sviluppo del progetto,
cio quelle della formulazione del programma di ricerca.
Ci non vuol dire tuttavia che una buona idea compositiva
e un buon programma preliminare siano in grado da soli
di garantire il successo di un progetto, che deve in ogni
caso fare i conti con tutta una serie di vincoli e dati empirici
che ne condizionano il processo realizzativo: deve fare i
conti insomma con le scienze normali, con le discipline
ausiliare del progetto di architettura e i loro paradigmi.
Ecco che nel processo progettuale possiamo riconoscere
proprio la compresenza e linterazione tra le due compo-
nenti individuate da Lakatos nel processo di ricerca scien-
tifica, cio quelle che Feyerabend definiva la componen-
te filosofica e la componente normale della scienza,
ovvero: il nocciolo teorico del programma di ricerca e i
servizi ausiliari alla progettazione che operano allinterno
di regole prestabilite in tutto e per tutto come tradizioni di
soluzione di rompicapo.
Dare priorit alla componente teorico-euristica della ricer-
ca architettonica vuol dire sottrarla alla egemonia della rigi-
dit dei rassicuranti paradigmi quantitativo-normativi, non
31
per affermare lanarchia dellarchitettura ma per collocare
le due componenti in un pi corretto e dialettico rapporto.
Una buona soluzione ad un problema progettuale pu
essere raggiunto solo attraverso la verifica delle discipli-
ne specialistiche, in un processo che richiede non una se-
quenzialit delle operazioni ma una costante interazione
tra il cuore del programma di ricerca e la base empiri-
ca (ad esempio dati normativi, dati strutturali, tecnologie
dellarchitettura e impiantistiche, criteri di sicurezza, rispar-
mio energetico e sostenibilit, fattori economico - finanzia-
ri e valutazioni estimative ecc.). Larchitetto insomma deve
essere in grado di formulare la propria idea progettuale
individuando e articolando le sfide al solutore di rompi-
capo che opera allinterno dei paradigmi delle specializ-
zazioni e a cui spetta il compito di verificare e corroborare
il programma di ricerca con gli strumenti della propria di-
sciplina e suggerire gli eventuali aggiustamenti.
Daltra parte risulta evidente che il modello dei programmi
di ricerca di principio applicabile anche ai domini del-
le singole specializzazioni: il che richiede da parte degli
specialisti la consapevolezza che il loro dominio non
monolitico ma si regge su decisioni metodologiche che ac-
cettano delle conoscenze di sfondo come non problema-
tiche, ma che devono essere aperte tuttavia ad accogliere
soluzioni ad hoc per la risoluzione di anomalie proposte
dal nucleo del programma di ricerca.
Ad esempio in campo urbanistico, nel rapporto cruciale
pubblico-privato che di necessit viene coinvolto in un in-
tervento edilizio, i nuovi paradigmi normativi prevedono la
possibilit di interazione tra il livello architettonico e quello
urbano, implicando possibili modifiche concertate ai piani
approvati di gestione della citt e del territorio.
chiaro che quanto pi un programma di ricerca forte
sviluppato in reale e sintonica collaborazione, sin dal-
le prime fasi di verifica, tra larchitetto coordinatore e gli
specialisti, tanto meno si richiederanno drastiche modifi-
che nel corso dello sviluppo del progetto e tanto pi sar
garantita, anche dal punto di vista economico, laderenza
del risultato al programma formulato in partenza.
Non disgiunto da questi aspetti si colloca, a mio pare-
re, il tema della conservazione delledilizia storica e del
progetto sul costruito, che costituisce il paradigma esem-
plare di una specifica articolazione della complessit. In
tal caso infatti lesame dei fattori in gioco mostra come
la multimensionale complessit caratterizzi ogni intervento
che debba rapportarsi ad una preesistenza storica a causa
della stratificazione materiale di segni e significati, della
pluralit dei soggetti coinvolti, della specificit dei vincoli
Schema di dimostrazione del teorema di Gdel sull'indecidibilit attraverso la macchina universale di Turing
32
legislativi ma anche della intrinseca progettualit connessa
ad ogni scelta conservativa (25).
Una considerazione non secondaria riguarda poi eviden-
temente le modalit di comunicazione e condivisione del
programma di ricerca tra i diversi operatori nella fase della
definizione del progetto, perch ci che deve emergere
una documentazione di progetto esaustiva e non equivo-
cabile che possa fornire la base delle verifiche interdisci-
plinari. Crediamo poi che base del confronto tra i diversi
operatori debba essere in primo luogo il disegno in quanto
forma logica del progetto, in grado di esprimere, con
coerenza interna, i dati di progetto e fornire gli eventuali e
complementari rimandi alle indicazioni di capitolato.
Il quadro cos articolato mostra insomma come la que-
stione della gestione del processo progettuale non possa
e non debba divenire una disciplina a s stante, una con-
solazione per lo specialista (26), ma costituisca il com-
pito proprio dellarchitetto progettista, capace di proporsi
come gestore e coordinatore dellintero processo ideativo
di unopera di architettura.
conclusioni. La tesi (polemica) sulla quale mi sembre-
rebbe interessante lavorare quindi coincide con la sfida
stessa che la cultura architettonica deve lanciare a fron-
te della diffusa constatazione della crisi della professione
dellarchitetto, apparentemente confinato in una visione
tradizionalista e romantica dellartista solitario, creatore
di un inutile ed antieconomico surplus formale allopera
edilizia, ovvero nel ruolo di mero fornitore di servizi grafici
o di certificatore e verificatore normativo, ed incapace di
adeguarsi a processi di trasformazione in atto, ai nuovi
modelli di gestione conformati a criteri puramente quanti-
tativo ingegneristici.
la sfida stessa che la cultura architettonica deve racco-
gliere per arginare il progressivo squagliamento del con-
cetto di qualit dellarchitettura come valore aggiunto,
anche economico, in favore di un concetto puramente
quantitativo di qualit come mera risposta a richieste nor-
mative-prestazionali.
Credo che allinterno di questa sfida, lo ripeto, debba
tornare ad acquisire centralit proprio il processo proget-
tuale, inteso come prestazione dopera intellettuale e non
prestazione di servizi.
Il processo progettuale deve a mio giudizio tornare ad es-
sere nucleo forte, centro di gravit e motore del processo di
produzione edilizia, restituendo alla cultura architettonica il
ruolo di protagonista e promotore di nuovi modelli e non
solo di passivo attore di scelte finanziarie e imprenditoriali.
Per far ci credo occorra :
1) delineare la figura di Architetto come portatore di una
cultura di progetto che supera, integrandola, la fram-
mentazione tecnicistica delle discipline afferenti al proces-
so di produzione edilizia, che devono essere intese come
mezzi e non come fini del processo, e che sia in grado
di orientare le pesanti trasformazioni del territorio che gli
interventi implicano, anche in rapporto con la qualit e
quantit del costruito esistente e in sinergia di interessi tra
pubblico e privato (l dove ogni modifica del territorio e
dellambiente implica una dimensione pubblica sulla qua-
le si gioca la qualit della nostra vita);
2) chiarire a che livello della complessit dei meccanismi
gestionali del processo di produzione edilizia questa figura
deve pi proficuamente inserirsi in rapporto alla commit-
tenza e agli esecutori;
3) comprendere in quali modelli e come allinterno dei
meccanismi normativi e gestionali sia possibile tutelare da
potenziali travisamenti lidea e le scelte progettuali;
4) capire quali dei nuovi modelli e meccanismi gestionali
possano garantire la reale e paritetica opportunit di ac-
cesso a tutti i professionisti qualificati e non solo a pochi
monopolistici attori.
Questi credo siano i compiti che enti e organizzazioni che
abbiano a cuore la tutela, promozione e formazione della
cultura architettonica dovranno porsi nei tempi a venire.
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1. Cfr. N. SiNopoli, la tecnologia invisibile. il processo di produzione dell'ar-
chitettura e le sue regie, F. Angeli, Milano, 2002: L'assunto di questo libro
che la qualit di quest'opera dipenda certamente dalla cultura degli uomini
che la hanno concepita e dalla qualit dei materiali, delle macchine e dei
procedimenti costruttivi impiegati, ma anche, e forse in modo decisivo, dalla
regia del suo processo di produzione, dall'informazione che vi circolata e
dai ruoli che in questo processo hanno giocato il committente, il progettista e i
costruttori: dalla qualit della tecnologia invisibile, appunto.
2. K. R. poppeR, logica della scoperta scientifica, 1934, Einaudi, Torino, 1995, p.7
3. Ibidem, p.22
4. Ibidem, p.18
5. Ibidem, Prefazione alledizione italiana del 1970, p. XLVII.
6. Ibidem, Prefazione alla prima edizione inglese, p.XLII.
7. T. KuhN, logica della scoperta o psicologia della ricerca?, in AAVV, Critica e
crescita della conoscenza, a cura di i. laKaToS e a. MuSgRave, 1970, Feltrinelli,
Milano, I ed. 1976, 1993, p.81. il corsivo nostro.
8. T. KuhN, la struttura delle rivoluzioni scientifiche, 1962, Einaudi, Torino, I
ed.1969, 1995, p.29.
9. Ibidem, p.44.
10. Ibidem, p.38-39.
11. J. WaTKiNS, Contro la scienza normale, in AAVV, Critica e crescita della
conoscenza, op.cit., p.103.
12. T. KuhN, la struttura delle rivoluzioni scientifiche, op.cit., Poscritto, p.220.
13. Ibidem, p.56.
14. Ibidem, p.57.
15. K. poppeR, la scienza normale e i suoi pericoli, in AAVV, Critica e crescita
della conoscenza, op.cit, p.123.
16. i. laKaToS, la falsificazione e la metodologia dei programmi di ricerca
scientifici, in AAVV, Critica e crescita della conoscenza, op.cit, p.166.
17. Ibidem, p.170.
18. Ibidem.
19. Ibidem, p.171.
20. Ibidem, p.181.
21. p. FeyeRabeNd, Consolazioni per lo specialista, in AAVV, Critica e crescita
della conoscenza, op.cit., p.291-293.
22. i. laKaToS, la storia della scienza e le sue ricostruzioni razionali, in AAVV,
Critica e crescita della conoscenza, op.cit., p.375.
23. g. gioRello, Introduzione, in AAVV, Critica e crescita della conoscenza,
op.cit., p.34,
24. Si veda ad esempio a. KoeSTleR, The Sleepwalkers: a History of Man's
Changing Vision of the universe, 1959 e il commento che ne d S. ToulMiN
in The Journal of Philosophy, vol.59, n.18 (30 agosto 1962), p.502: The
conclusion he puts forward at the end of the book is that modern science is
trying too hard to be rational. Scientists have been at their best when they al-
lowed themselves to behave as sleepwalkers, instead of trying too earnestly
to ratiocinate.
25. Per il rapporto tra conservazione e progetto si veda ad esempio il capitolo
finale del nostro Genealogia e progetto. Per una riflessione sul problema del
restauro, F. Angeli, Milano, 2006.
26. Consolazioni per lo specialista il titolo di un saggio di p. FeyeRabeNd del 1969
inserito in Critica e crescita della conoscenza, dove lautore critica la teoria di KuhN
come inefficace a determinare la specificit della ricerca scientifica.
rappresentazione grafica del principio di indeterminazione di Werner Heisemberg

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