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Sei giapponesi hanno scelto di farla finita con un suicidio collettivo organizzato tramite Internet: si sono

asfissiati in automobile con il monossido di carbonio sprigionato da stufette per barbecue. La stessa strada
che era stata scelta il 12 ottobre scorso da un altro gruppo di persone sempre in Giappone. Allora ben nove
persone si tolsero la vita dopo un lungo ponte festivo.

Stavolta i casi di suicidio collettivo sono stati due: nel primo caso tre giovani - uno studente di 21 anni, un
ragazzo di 25 e una ragazza di 20 impiegati part time - sono stati trovati morti nella notte tra ieri e oggi in un
auto a Fukuoka, nell'isola meridionale di Kyishu. Provenivano ciascuno da parti diverse del Giappone e
hanno lasciato una lettera che ne preannunciava la morte. Stessa scena su un'automobile ferma a bordo di
una strada di campagna a Sasayama, prefettura di Hyogo, Giappone centrale: vi giacevano in tre, uno
studente di 21 anni e due disoccupati di 23 e 41 anni, con accanto una stufetta per barbecue e resti di
carbonella bruciata.

Il Giappone ha cominciato lo scorso anno a scoprire l'attrazione della morte volontaria di gruppo tramite
internet, dopo che l'11 febbraio tre giovani, due ragazzi di 24 anni e una ragazza di 22 anni, si lasciarono
asfissiare in auto nella prefettura di Saitama, una serie interminabile di città satelliti-dormitorio della metropoli
di Tokyo. Da allora proliferano i siti per aspiranti suicidi, dove ci si scambia liberamente informazioni sui posti
e sulle tecniche migliori per morire assieme. “Cerco ragazzi che vogliono morire con me nel tal giorno, nel tal
posto e a questo modo” è il tema ricorrente delle decine di avvisi che compaiono giornalmente su questi siti.

Il Giappone ha il tasso di suicidi più alto tra i paesi industrializzati: 24,1 per 100.000 abitanti. Nel 2003 il
numero di morte volontarie ha raggiunto la cifra record di 34.427 casi, più o meno dello stesso numero degli
Stati Uniti che hanno una popolazione doppia del Sol Levante. È stato un incremento medio di +7,1%
rispetto al 2002, con una punta massima di crescita, +22%, nella fascia d'età inferiore ai 19 anni. Nel 2003,
secondo la polizia, i casi di suicidio collettivo tramite internet sono stati 12 con 34 morti e nel 2004 a tutt'oggi
9 casi con 26 morti.

(Pubblicato su Ecplanet 26-11-2004)

Giappone: continuano i suicidi collettivi ideati sul web 22 novembre


2004

Giappone, suicidi di gruppo organizzati via web Corriere della Sera22


novembre 2004

The Internet Way of Death Time 26 maggio 2003

Why are suicide pacts on the rise in Japan? BBC News 15 ottobre 2004

Japan's internet 'suicide clubs' BBC News 07 dicembre 2004

JAPAN'S INTERNET SUICIDE CULTS


La Food and Drug Administration (FDA) statunitense, e a
seguire la Health Canada, hanno deciso di avviare
un'indagine sul legame tra utilizzo di antiepilettici e rischio di
suicidio, chiedendo a 14 case farmaceutiche di riesaminare i
dati in loro possesso. L'iniziativa è simile a quella decisa
l’anno scorso dalla FDA in merito al rischio di suicidio legato
agli antidepressivi in bambini e adolescenti, che ha portato
alla decisione di inserire un “black box”, il livello massimo di
avvertenza, nel foglietto illustrativo di quei farmaci.

L'indagine sugli epilettici nasce dall'iniziativa di un avvocato


di New York, Andrew Finkelstein, che nel maggio 2004 ha
inviato una petizione al giudice del Dipartimento della
Giustizia che si era occupato dell'inchiesta sulle promozioni
illecite dell'antiepilettico Neurontin, prodotto da Pfizer, conclusasi con il pagamento di una penale di 430
milioni di dollari da parte della casa farmaceutica. La petizione chiedeva di occuparsi anche degli aspetti
penali della vicenda e denunciava 160 casi di suicidio in pazienti americani che non avevano mai tentato di
uccidersi prima di aver assunto il Neurontin. Nella stessa petizione si parlava di oltre 2.000 cittadini
americani, in cura con il farmaco, ricoverati in ospedale per tentato suicidio, senza che lo avessero mai
tentato prima.

In una successiva lettera del 21 marzo scorso alla FDA, l'avvocato allungava la lista dei suicidi riusciti, che
risultavano 258, chiamando in causa l'Agenzia per non aver mai fatto sì che i pazienti e i medici fossero
informati sui rischi del farmaco e tanto meno di aver disposto la presenza nelle confezioni di Neurontin di un
“black box” su questo rischio. Ora, l'iniziativa della FDA, la cui inazione sul rischio di suicidio nei minori che
utilizzano antidepressivi l'aveva resa oggetto di dure polemiche nel 2004.

Secondo quanto pubblicato dal New York Times il 30 maggio 2003, nel 2000 le prescrizioni di Neurontin negli
Usa per patologie non autorizzate avevano raggiunto l'88% del totale delle prescrizioni. Le prescrizioni per
usi non autorizzati dalla FDA, che sono lasciate alla libera valutazione dei medici ma che non possono
costituire oggetto di promozione commerciale da parte della casa produttrice, vanno dai dolori cronici al
trattamento dei disturbi mentali bipolari, ad altri disturbi psichici.

(Pubblicato su Ecplanet 23-06-2005)

Pfizer: Neurontin associato a rischio di suicidio? Xagena 27 Aprile


2005

Suicide Risk of Neurontin Kept Hidden for Years opednews 17 febbraio


2007

Lettera Finkelstein maggio 2004

Lettera Finkelstein marzo 2005

Nuove preoccupazione per i possibili effetti collaterali del comune farmaco antidepressivo paroxetina
(Seroxat), prodotto da GlaxoSmithKline. Secondo uno studio dell’università di Oslo, il medicinale favorirebbe
gli istinti suicidi. In particolare - emerge dalla ricerca norvegese, pubblicata su BMC Medicine e ripresa dal
Times - tra i pazienti trattati con paroxetina i tentativi di togliersi la vita sarebbero sette volte più numerosi
che tra i pazienti sotto placebo, mentre i pensieri suicidi triplicherebbero. Il gruppo farmaceutico GSK e l’ente
regolatore britannico MHRA assicurano invece che i benefici della terapia superano di gran lunga i possibili
rischi. Nel 2004, il medicinale sarebbe stato prescritto 2,4 milioni di volte.

L’impiego del farmaco è già vietato negli adolescenti, proprio perchè


potrebbe moltiplicare le idee suicidarie. Ma per gli studiosi dell’ateneo di
Oslo la minaccia riguarda anche i pazienti adulti. Gli scienziati hanno
esaminato i risultati di 16 studi sul farmaco (per un totale di quasi 1.500
pazienti, 916 trattati con paroxetina e 550 con placebo), presentati alle
autorità regolatorie nel 1989 e cioè prima dell’ingresso del medicinale
sul mercato (1990). Ebbene: tra le persone che hanno assunto
paroxetina si sono registrati sette tentativi di suidicio - calcola la
metanalisi - contro un tentativo soltanto nel gruppo controllo.

«I pazienti e i medici - afferma il coordinatore dell’indagine, Ivor Aursenes - dovrebbero essere avvertiti che il
rischio di suicidio osservato in bimbi e adolescenti curati con certi prodotti antidepressivi riguarda anche gli
adulti». Pronta la replica di GSK: «Prendiamo in seria considerazione la sicurezza di tutti i nostri farmaci -
dichiara un portavoce dell’azienda, come riporta la BBC on line - e per questo esamineremo attentamente
anche questo studio. Ma al momento - aggiunge - non è ancora chiaro quale metodo e quali studi i
ricercatori abbiano utilizzato per arrivare a tali numeri».

(Pubblicato su Ecplanet 30-08-2005)


L'antidepressivo Seroxat (paroxetina) e il suicidio

Antidepressant Seroxat linked to suicide attempts among adults The Independent


22 agosto 2005

Anonime penne digitali si incontrano in chat room e programmano insieme la loro morte: dopo aver preso
piede in Giappone, il fenomeno dei suicidi collettivi via internet sbarca in Gran Bretagna.

Il primo caso riguarda un uomo di 25 anni e una donna di 42 che si sono tolti la vita in un parcheggio di
Londra. Per le autorità britanniche è scattato l'allarme rosso.

In Giappone, i patti suicidi stipulati tramite messaggi e appuntamenti sulle strade telematiche della rete sono
ormai una macabra moda e si teme che il fenomeno possa dilagare anche in Inghilterra.

(Pubblicato su Ecplanet 01-11-2005)

Action call on suicides Lancashire Evening Post 11 marzo 2006


Lo scorso venerdì, sei giovani giapponesi sono stati trovati morti dentro una macchina per asfissiamento.
Sono le ultime vittime di una catena di suicidi collettivi che si sta propagando via internet. Le autorità hanno
detto di sospettare che i 5 uomini e una donna, tutti ventenni, si siano incontrati online prima di darsi
appuntamento in un'area forestale a 50 miglia a nordovest di Tokyo e compiere il gesto.

Da quando è emerso per la prima volta nei tardi anni Novanta, il fenomeno dei suicidi collettivi orchestrati via
Internet ha raggiunto dimensioni globali. Ma è in Giappone, dove il tasso di suicidi giovanili è il più alto dei
paesi industriali, che stà conoscendo la maggiore diffusione.

Alla base, evidentemente, c'è un profondo malessere, una alienazione killer, che colpisce in particolare i più
giovani, ovvero il futuro. Nel solo 2005, si sono registrati 34 casi di suicidio collettivo via internet, con 91
vittime. Nel 2004 erano stati 19, le vittime 55. Il numero si è praticamente triplicato rispetto al 2003, anno in
cui il fenomeno ha cominciato a dilagare. Sempre la scorsa settimana, due donne, tra i 20 e i 30 anni, sono
state trovate morte asfissiate in una macchina a Aomori, 360 miglia a nordest di Tokyo.

“La depressione giovanile e internet sono un mix molto pericoloso”, ha detto Mafumi Usui, professore di
psicologia alla Niigata Seiryo University, “dalla dinamica dietro ai recenti suicidi di gruppo emerge che
spesso questi giovani aspiranti suicidi decidono di attuare il loro progetto dopo essersi ritrovati con propri
simili su un qualche sito che tratta l'argomento e che spesso suggerisce anche specifici modi di portare a
termine il suicidio”.

Questi siti ospitano delle chat-room dedicate proprio agli aspiranti suicid che così possono scambiarsi le
proprie idee su come farla finita. Sono largamente frequentati da giovani, anche da giovanissimi, assillati da
problemi esistenziali. “Quando il Giappone era povero, la comunità, specie quella rurale, svolgeva un ruolo
importante”, dice Usui, “oggi invece è tutto lasciato all'individuo, le persone sono più isolate e lasciate libere
perfino di contemplare i modi più svariati di suicidarsi”. Se poi aggiungiamo l'effetto imitazione, ecco il
risultato dell'anarco-liberismo.

Bisogna anche considerare che il suicidio nella cultura antica giapponese era un atto venerato. Nel
Giappone feudale, il rituale del seppuku era considerata una morte altamente onorevole secondo l'etica
guerriera del samurai. È evidente che i suicidi via internet non hanno niente di onorevole e non hanno nulla a
che fare con il seppuku del samurai. Si tratta di individui malati, bisognosi di cure, abbandonati a sé stessi, ai
propri desideri brutalmente alienati.

C'è chi ha proposto di chiudere tutti i siti che promuovono il suicidio. Lo scorso ottobre, la polizia, con la
cooperazione degli ISP, ha chiuso diversi siti. Prima ancora, era riuscita a intervenire in 12 casi, impedendo il
suicidio di 14 persone. Gli esperti hanno fatto notare che è impossibile controllare Internet. Altri sostengono
che l'esistenza di questi siti, dove gli utenti possono condividere il loro dramma, può essere utile alla
prevenzione.
“Purtroppo”, dice Usui, “più cresce il giovane popolo di internet, più vediamo crescere il numero di suicidi”. Il
vero problema non è internet, ma la produzione industriale, culturale, sociale, del desiderio di suicidio, che
passa anche via internet.

(Pubblicato su Ecplanet 20-03-2006)

Japanese Internet suicide clubs targeted by police physorg 07 ottobre


2005

“Suicidio. Il Rovescio del Nostro Mondo” è il titolo di un libro pubblicato da due sociologi francesi, Christian
Baudelot e Roger Establet, che hanno raccolto i dati riguardanti i tassi di suicidio degli ultimi due secoli nel
mondo. Nonostante il gesto di porre fine alla propria vita sia un atto individuale, che in molti casi resta
enigmatico, sono rintracciabili, nel verificarsi collettivo di questi atti, delle linee di tendenza che suggeriscono
la possibile esistenza (e influenza) di fattori sociologici.

Il primo ad indagare in questo senso fu Emile Durkheim, con il suo testo del 1897. Da allora le cose
sembrano essere cambiate profondamente. Nel diciannovesimo secolo (non si dispone di statistiche
precedenti al 1830), la popolazione giovanile si suicidava molto poco, molto di più le persone anziane.
Questa tendenza appare oggi invertita: il tasso di suicidio degli adulti è diminuito, mentre quello dei giovani
non cessa di aumentare nella maggioranza dei paesi dell'OCSE, soprattutto a partire dagli anni ’70.

La Francia, in particolare, si distingue per il suo elevato tasso di suicidi: 11.000 all'anno.
Secondo i due studiosi, i giovani si suiciderebbero in misura maggiore laddove sono
vittime delle nuove forme d'occupazione precaria, della disoccupazione, delle asprezze
della competitività, dell'assenza di prospettive per il futuro. Paesi come la Germania ed il
Giappone - accusato, a torto, secondo gli autori, di essere un paese dai molti suicidi – si
salverebbero in ragione delle loro politiche di inserimento professionale.

Il modello giapponese, in verità, dal 1995 assiste a una ripresa dei suicidi a tutte le età ed
è praticamente unico ospite dell’inquietante fenomeno giovanile dell'hikikomori.
Hikikomori significa “ritiro” e indica una modalità con cui alcune centinaia di migliaia di
giovani giapponesi hanno “deciso” di esprimere il proprio male di vivere. La parola fu coniata dal dott.Tamaki
Saito, direttore del Sofukai Sasaki Hospital, quando cominciò a rendersi conto della similarità
sintomatologica in un numero sempre crescente di adolescenti che mostravano letargia, incomunicabilità e
isolamento totale. Il dott. Saito è oggi il maggior esperto di questo disturbo e ha scritto decine di libri
sull'argomento, compreso: “Come salvare vostro figlio dall'hikikomori”.

Oltre all'isolamento sociale, gli hikikomori soffrono tipicamente di depressione e di comportamenti ossessivo-
compulsivi, ma non è facile comprendere se questi siano una conseguenza della reclusione forzata a cui si
sottopongono o una concausa del loro chiudersi in gabbia. Alcuni hikikomori si fanno la doccia per diverse
ore al giorno e indossano guanti spessi per tenere a bada i germi, mentre altri strofinano le mattonelle nella
doccia per ore e ore. Come se stessero tentando di pulire lo sporco nella loro mente...

Nonostante lo stereotipo sia quello di un uomo che non lascia mai la sua stanza, molti reclusi si avventurano
fuori, una volta al giorno o una volta alla settimana, per andare in un Konbini, un supermarket aperto 24 ore.
Lì possono trovare colazioni a portar via, pranzi e cene, e poiché di solito si svegliano a mezzogiorno e
vanno a dormire al mattino presto, il konbini è una scelta sicura e anonima a tarda notte. La cassiera non
parla e tutti gli altri stanno a casa a dormire.

La diffusione del fenomeno in Giappone ha avuto luogo negli ultimi 10 anni e si stima che un milione di
giapponesi ne siano coinvolti, praticamente l'1% della popolazione. Stime più caute parlano di un range
compreso fra 100.000 e 320.000 individui. Sebbene esistano anche ragazze, circa l'80% di hikikomori sono
maschi, i più giovani hanno 13-14 anni e i ritiri, questa sorta di “autosequestri”, possono durare anche più di
15 anni. Come l'anoressia, la cui diffusione è pressocché limitata alle culture occidentali, anche l'hikikomori
sembra essere una sindrome culturale che si sviluppa in un paese specifico durante un particolare momento
della sua storia. Stessa cosa dicasi per i suicidi collettivi via internet, fenomeno questo ancor più recente,
esploso proprio in Giappone.
Tornando all'indagine dei due sociologi francesi, le differenze tra paesi servono, più che a stilare classifiche
comparative, a dimostrare che il suicidio giovanile non è un destino, ma una sorta di “effetto collaterale”
dell'essere giovani nella società contemporanea. Durkheim affermava che più le società si arricchiscono, più
aumenta il tasso di suicidi. Lo deduceva dalla situazione della sua epoca, in cui, insieme all'arricchimento
della società, al progresso, all’individualismo, era notevolemente aumentato il numero dei suicidi, soprattutto
tra le classi più agiate.

Ma allora è proprio vero che i soldi non fanno la felicità.

Per Durkheim era logico pensare che l'arricchimento generasse “anomia”, perdita di riferimenti, angoscia
esistenziale. Eppure, già a partire dal 1910, il suicidio subì una battuta d'arresto nella maggior parte dei
paesi europei, prima di riprendere negli anni ‘70, parallelamente alla crisi economica. Oggi, è ancora vero
che il tasso di suicidi è più alto nei paesi più ricchi. I paesi più poveri, come l'Egitto, il Perù o la Cina, fanno
registrare i tassi più bassi. In paesi con un livello di vita elevato come la Nuova Zelanda, il Canada, la
Germania o la Francia, ci si suicida molto di più.

Però, oggi il suicidio non è più un “affare” da ricchi, come lo era nel diciannovesimo secolo, ma un problema
dei poveri: dipendenti, operai, disoccupati. All'epoca di Durkheim, egli poteva affermare che “la miseria
protegge”, riferendosi alla “povertà integrata” del suo tempo, quella dei paesi poveri, dove tutti sono vicini e
solidali con la propria comunità. La miseria odierna consiste invece nel diventare povero in un paese ricco,
condizione molto più sofferta dell'essere povero in un paese povero.

Inoltre, contrariamente a quello che si sarebbe portati a credere, non è tanto nelle grandi città che ci si dà la
morte (il suicidio conosce i suoi tassi più bassi nelle metropoli, a Parigi, Londra, New York), ma nelle
campagne: per la Francia, nelle zone rurali dell'Ovest, in particolare la Bretagna. Questo perché, secondo i
due autori, le classi medie e cittadine appaiono più integrate in reti di rapporti e di relazioni, dunque più
protette, rispetto agli ambienti della provincia.

Riguardo le differenze tra i due sessi, ovunque, le donne si suicidano quattro volte meno degli uomini.
Questo perché le donne sono ancora coinvolte in diffuse e protettive reti di rapporti familiari, sembrano meno
sensibili alle crisi economiche e risentono meno della messa in discussione della propria identità quando non
trovano lavoro.

Ma perché la Francia resta uno dei paesi occidentali dove ci si suicida più?

Con 20 suicidi per 100.000 abitanti, la Francia viene dietro la Lettonia, la Lituania, i paesi dell'Est e la
Russia, che hanno tassi drammaticamente elevati, da 40 a 50 per 100.000 abitanti, ma davanti ai paesi
scandinavi, al Giappone, alla Germania, al Regno Unito. Secondo i due studiosi le ragioni sono da
rintracciarsi nella laicizzazione del paese e nella disgregazione della famiglia. La religione ha perso gran
parte della sua influenza e il numero di divorzi appare più elevato rispetto agli altri paesi. Tra le altre curiosità
casistiche: ci si suicida di più la domenica che il lunedì, l'estate più dell'inverno, in tempo di pace piuttosto
che in guerra.

(Pubblicato su Ecplanet 15-06-2006)

Suicides sous influences l’Express 12 gennaio 2006

Hikikomori - Wikipedia

Japan's Lost Generation TimeAsia 2000

In Giappone, nel 2005, 32.552 si sono tolte la vita. Un'enormità. Salita di un +0,7% rispetto al 2004. A
suicidarsi sono soprattutto giovani, poco più che bambini, figli unici adorati dalle coppie giapponesi.

Tra politica del figlio unico e suicidi, i demografi del sol levante hanno calcolato che entro il 3200 non ci sarà
più un giapponese sotto il sole. Il parlamento ha pensato allora di varare una legge per la prevenzione dei
suicidi, che passa dalla scuola e dall'educazione dei giovanissimi e dà fondi agli enti locali per creare
strutture di supporto psicologico. In questi centri entreranno soprattutto “aspiranti suicidi pentiti”.

La legge parte dal riconoscimento del suicidio come problema sociale e non prettamente individuale, le cui
cause non sono da addebitare a singoli disagi isolati ma a una più complessa rete di circostanze
concatenate tra loro.

In concreto, la normativa stabilisce di potenziare le strutture per il supporto psicologico delle persone a
rischio e lo stanziamento di fondi per eseguire ricerche mirate sul fenomeno. Il governo dovrà delineare una
strategia a lungo termine per arginare il problema, con l'obbligo di riferirne i risultati in parlamento ogni anno.
Il legislatore non vuole poi solamente un intervento istituzionale, ma intende coinvolgere anche le persone
che hanno tentato di togliersi la vita e che, superato il trauma, possono svolgere un prezioso compito di
sensibilizzazione e supporto in strutture specializzate e circoli civici.

Nell'arcipelago nipponico l'atto del togliersi la vita ha radici culturali e storiche molto profonde, che possono
giustificare il gesto come “onorevole via d'uscita” da delusioni e fallimenti della vita. Non esistono inoltre
proscrizioni religiose, al contrario della dottrina cristiana, in quanto né la religione autoctona shintoista né il
buddhismo considerano la vita come un dono ricevuto da Dio. Al contrario, nella storia giapponese sono
numerosi gli eroi realmente esistiti o leggendari (si pensi ai samurai) che hanno dato al suicidio il significato
di atto di estremo coraggio, onore o devozione ultima verso i superiori. In segno di protesta contro l'autorità,
lo scrittore nipponico Yukio Mishima, nel 1970 si tolse la vita facendo molto scalpore tra l'opinione pubblica
giapponese.

A dicembre 2005, il governo aveva varato una serie di linee guida per contrastare il fenomeno dei suicidi,
con l'obiettivo di portare il numero annuo di casi sotto quota 25.000 entro il 2015. Nei mesi scorsi, un'intesa
trasversale, composta da personalità politiche e associazioni non governative, aveva fatto pressioni
sull'esecutivo affinché emanasse una legge che rendesse più efficaci le contromisure adottate.

Cruciale il ruolo di chi ha tentato di togliersi la vita, ma ha superato il trauma. L'obiettivo è ridurre i casi sotto i
25mila all'anno entro il 2015.

(Pubblicato su Ecplanet 08-07-2006)

Japan to tackle high suicide rate BBC News 15 giugno 2006

Il Giappone vara legge anti-suicidi Tgcom 15 giugno 2006

“Se volete vivere, dovete vivere come più vi piace. Se


volete morire, dovete poter morire come preferite”.
Logica del suicidio a cura di Tsurumi Wataru, autore de
“Il Manuale Completo del Suicidio”, un successo
editoriale da 635 mila copie pubblicato nel 1993, da cui
il regista Osamu Fukutani ha anche tratto un film nel
2003. La conseguenza è stata che nella pittoresca
foresta giapponese di Aokigahara, conosciuta come il
“mare d'alberi”, alle pendici del monte Fuji, si
registrarono in un anno 73 suicidi. Accanto ad alcuni dei
corpi c'era una copia del libro. Aokigahara era il più
incantevole dei posti consigliati.

Tra chi decide di togliersi la vita la scelta del posto non è mai casuale. E la percentuale di chi preferisce un
panorama “mozzafiato” per il folle gesto è altissima. Il primato spetta al Goden Gate Bridge, il ponte sospeso
che collega la Baia di San Francisco alla parte meridionale della Marin County. Terminato nel 1937, è uno
dei più notevoli esempi di ingegneria applicata alla costruzione di ponti ed è stato dichiarato una delle
moderne meraviglie del mondo. Vi sono morte 1300 persone, solo 26 i sopravvissuti al lancio nelle acque
della baia. Nel 2003, si è arrivati alla media di un morto ogni due settimane: è un luogo così popolare tra gli
aspiranti suicidi che molti vanno lì anche solo per spararsi.
La causa di un numero così elevato di suicidi non è
solo la disperazione dei singoli ma anche la mancanza
di barriere, osteggiate da molti perché considerate
antiestetiche e per la teoria secondo la quale avrebbero
solo l'effetto di far cambiare metodo e luogo al suicida.
Il conto delle vittime, però, aumenta ogni anno e a
scoraggiare chi vuol farla finita non è bastato il cartello
che recita “C'è sempre una speranza, chiama questo
numero...”, né l'idea di installare sul ponte un impianto
di bungee jumping che lo renda meno affascinante
come luogo per togliersi la vita, e neanche il polemico documentario di Eric Steel, “The Bridge”, che ha
ripreso 23 lanci nel vuoto. Piazzate sul ponte simbolo della città, alcune telecamere hanno ripreso, per tutto il
2004, 19 suicidi e altri tentativi andati a vuoto. “Voglio fare un documentario sulla crisi dell'animo umano e far
vedere gli angoli più nascosti della mente e parlare del suicidio nelle sue diverse forme”, aveva detto Steel
alle autorità di San Francisco.

Il film realizzato da Steel, che alterna alle immagini dei suicidi interviste ai familiari delle vittime, ha creato
molto scalpore ma è stato anche premiato al festival di Tribeca. In molti hanno paragonato il film alle
pellicole, illegali, degli snuff movies, che riprendono scene di morte e omicidi. Accuse che il regista ha
respinto con decisione: “Ho girato questo film nella speranza di salvare alcune vite e di alzare il livello di
guardia. Chi sceglie di saltare dal ponte è in fuga dal proprio inferno emotivo”, ha detto Steel, che ha
paragonato la sua opera alle riprese delle persone che si gettano nel vuoto dalle Torri Gemelle durante
l'attacco terroristico dell'11 settembre.

Il film di Steel, inoltre, ha gettato diverse ombre sui livelli di sicurezza del ponte. “Non so se ve ne siete
accorti - dice il regista - ma in alcuni casi siamo stati io e la mia troupe a lanciare l'allarme sui tentativi di
suicidio”. Mettendo di fatto in discussione i livelli di sicurezza della struttura e rilanciando l'idea di dotare il
ponte di una barriera anti-suicidi. Stanco di contare morti, il Consiglio di amministrazione del Golden Gate ha
recentemente approvato l'investimento di due milioni di dollari per lo studio di fattibilità delle agognate
barriere, sulla scorta di altri esempi illustri: l'Empire State Building a New York (solo 30 morti dal 1931, anno
della sua costruzione). Oppure la Torre Eiffel a Parigi,
dove dopo l'installazione delle protezioni il numero dei
suicidi è sceso a zero.

Tanto che in Europa, lo scenario più ricercato è


diventato per un po' il Palazzo della Cultura e della
Scienza di Varsavia: Il primo suicida fu un uomo che, a
causa delle barriere, non riuscì a lanciarsi dalla Tour
Eiffel e, cercando un luogo degno per la sua morte,
arrivò fino in Polonia. La chiusura al pubblico del
palazzo scoraggiò gli emuli.

Tornando ai ponti, dopo il Golden Gate, al secondo


posto, con 400 morti, c'è il canadese Prince Edward Viaduct, a Toronto. Con la sua bella vista sulla Don
Valley è un forte attrattore per gli aspiranti suicidi, che spesso provocano una doppia tragedia dato che sotto
vi passa anche una strada. La soluzione qui però è arrivata: si chiama Luminous Veil, è una spettacolare
barriera progettata dall'architetto Derek Revington e completata nel 2003. In Australia è il Sydney Harbour
Bridge a detenere il record. Costruito nel 1932, collega la city a Sydney Harbour: con la sua vista sul mare e
la città è il posto scelto per i festeggiamenti del nuovo anno e delle più importanti ricorrenze nazionali. E
anche per i suicidi.

Dove di barriere invece non si può neanche parlare è tra le scogliere (famose per i suicidi Cliff Doherty in
Inghilterra, Konyaalt in Turchia e Devil's Bridge ad
Antigua) e le cascate: gli esempi più celebri sono le
Horseshoe Falls nel cuore del Niagara. che ogni anno
attraggono sposi e suicidi e, ancor di più, le rapide di
Iguacù, uno strapiombo alto 65 metri e largo tre
chilometri nel sud del Brasile, un capolavoro della
natura che attira turisti suicidi: dopo il “salto mortale”, i
corpi vengono inghiottiti dai gorghi vorticosi del fiume e
mai più restituiti. Come quello della bellissima Naipi
della leggenda indios che spiega la nascita delle cascate: tormentata dal Dio Serpente perché amava un
giovane guerriero, Naipi fu precipitata dalla roccia nell'abisso di Iguacù.

In Italia, oltre al tristemente famoso viadotto Solari, di Cuneo, costruito nel 1934 e conosciuto anche con il
nome di “ponte dei suicidi” per i suoi 150 morti, ad unire bellezza e tragedia è il ponte di Paderno, in
provincia di Lecco: è una straordinaria opera costruita, tra il 1887 e il 1889, sopra una gola del fiume Adda,
alta 80 metri e realizzata con 100 mila chiodi e nessuna saldatura; il ponte è formato da un'unica campata in
ferro di 150 metri di diametro che sostiene, tramite sette piloni, anch'essi in ferro, un'impalcatura a due livelli
(sopra passa la strada Como-Bergamo e sotto la linea ferroviera Milano-Bergamo). Un capolavoro di
ingegneria, rimasto in piedi nonostante i pesanti bombardamenti della seconda Guerra Mondiale, immerso in
uno splendido panorama: negli ultimi due anni vi si sono uccise più di 15 persone, tra cui il ventiseienne Ciro
Milani, l'esperto informatico di Lodi che aveva creato un blog dal titolo “Primadipartire” nel quale aveva
descritto le sue intenzioni. Il parapetto esistente, alto un metro e mezzo, non basta più. Gli amministratori
stanno studiando una nuova barriera, come quella utilizzata per il viadotto Solari.

(Pubblicato su Ecplanet 06-08-2006)

Suicide manual rocks Japanese society The Independent 28 gennaio 2001

The bridge: suicidi dal Golden Gate di San Francisco 06 maggio 2006

The Bridge Corriere della Sera 17 ottobre 2006

Suicide Documentary Angers Golden Gate Bridge Officials 19 gennaio 2005

World’s 10 most popular suicide destinations 27 agosto 2008

Il 13 dicembre scorso, un comitato consultivo della Food and Drug Administration (FDA), l'Agenzia
statunitense di controllo sui farmaci, con sei voti contro di due, ha raccomandato di disporre che sui foglietti
degli antidepressivi sia inserito un black-box, il livello massimo di avvertenza per medici e pazienti, sul
rischio di suicidio che questi medicinali provocano nei giovani tra i 18 e i 24 anni. Il Comitato, dopo aver
preso in esame 372 studi clinici, per una popolazione coinvolta di quasi 100.000 pazienti adulti, ha ritenuto
che il rischio di suicidio connesso all'uso di antidepressivi sia più forte per i giovani adulti fino ai 25 anni.
Inoltre, sono stati analizzati 24 studi clinici eseguiti su più di 4.400 bambini e adolescenti: l’analisi degli studi
pediatrici ha evidenziato un aumentato rischio di suicidio durante la prima fase di trattamento.

Un'altro studio, coordinato da Ricercatori dell'University of Kuopio (Finlandia), per valutare il rischio di
suicidio e la mortalità generale durante trattamento con farmaci antidepressivi in una condizione di vita reale,
ha preso in esame 15.390 pazienti che erano stati ospedalizzati a causa di un tentativo di suicidio tra il
gennaio 1997 ed il dicembre 2003, in Finlandia. I pazienti non erano affetti da psicosi. L'impiego della
Fluoxetina (Prozac) è risultato associato al più basso rischio di suicidio, mentre quello della Venlafaxina
(Efexor/Effexor) al più alto. La più bassa mortalità è stata osservata durante l'impiego degli inibitori selettivi
del riassorbimento della serotonina (SSRI), attribuibile ad una riduzione delle morti cardiovascolari e
cerebrovascolari. Tra i soggetti che non avevano mai fatto uso dei farmaci antidepressivi, l'impiego corrente
dell’antidepressivo è risultato associato ad un sensibile aumento del rischio di tentativo di suicidio, seppur il
tasso di mortalità sia più alto nel caso di un uso non regolare dell'antidepressivo.

Non sono state osservate differenze tra i risultati osservati tra i soggetti di età compresa tra 10 e 19 anni e
quelli della popolazione generale, ad eccezione di un aumentato rischio di morte con l'uso della Paroxetina
(Paxil, in Italia Seroxat).

Secondo un articolo pubblicato nella prima pagina del New York


Times, dal titolo “Proof Is Scant on Psychiatric Drug Mix for
Young”, circa 1,6 milioni di bambini e adolescenti, di cui 280.000
al di sotto dei 10 anni di età, hanno ricevuto due o più
psicofarmaci in combinazione nel solo ultimo anno. Il dott.
Thomas R. Insel, direttore dell'Istituto Nazionale di Salute
Mentale, dice: “Non esiste alcun solido dato scientifico che
giustifichi l'uso spropositato che si fa di queste medicine sugli
adolescenti, in particolare sui più giovani, per i quali i dati scientifici a disposizione sono ancora più scarsi”.
Tuttavia, i dati esistenti sono sufficienti a mettere in guardia i consumatori circa questi farmaci: uno studio. di
quest'anno, del Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, riferisce che 25 decessi, di cui 19
bambini, sono collegate all'uso di farmaci contro l'ADHD (Attention Deficit and Hyperactivity Disorder -
Disturbo da Deficit d'Attenzione e Iperattività). Gli antipsicotici si sono resi responsabili di almeno 24 decessi.

Il New York Times ha rivelato anche i risultati di un'analisi eseguita dalla Medco Health Solutions: “Dal 2001
al 2005 l'uso di farmaci antipsicotici su bambini e adolescenti è cresciuto del 73%, e tra le ragazze è più che
raddoppiato”. L'articolo riferisce anche che: “Gli stimolanti come il Ritalin sono di gran lunga lo psicofarmaco
più prescritto ai bambini. Ma spesso i dottori accoppiano gli stimolanti con antidepressivi, antipsicotici e
anticonvulsivi, sebbene alcuni di questi farmaci possano causare effetti collaterali molto gravi, sebbene ci sia
scarsità di prove sui loro benefici e manchi del tutto l'evidenza su come interagiscano tra di loro ad
influenzare lo sviluppo mentale e fisico”.

L'articolo infine rivela come “lo scorso anno la Food and Drug Administration ha richiesto ai produttori di
farmaci di stampare sulle loro etichette l'avviso che gli antidepressivi possono causare istinti e
comportamenti suicidi in alcuni bambini. Gli anticonvulsivi contengono etichette che mettono in guardia
contro i danni a fegato, pancreas e pelle. Gli effetti collaterali degli antipsicotici possono includere rapido
aumento di peso, diabete, tic irreversibili e, in pazienti anziani affetti da dementia, il decesso improvviso.
Quando questi farmaci vengono usati mescolati, i rischi si combinano”.

Nonostante gli oltre 20 avvisi di cautela sugli psicofarmaci pubblicati negli ultimi due anni, questi vengono
prescritti a bambini senza prima eseguire alcun test oggettivo e scientifico - analisi del sangue, TAC del
cervello o radiografie - che possa provare la necessità dell'impiego di questi farmaci.

Nonostante l'evidenza scientifica della pericolosità di questi farmaci, il complesso psico-farmaceutico che fa
capo a Big Pharma continua a spingere la vendita di questi farmaci potenzialmente fatali a bambini e
adolescenti, da soli o in combinazione, che fruttano alle case farmaceutiche profitti di miliardi di euro.

(Pubblicato su Ecplanet 24-01-2007)

Risk of suicide during treatment with venlafaxine, citalopram,


fluoxetine, and dothiepin: retrospective cohort study 03 febbraio 2007

Black Box Warning Linked to Suicide Spike 25 settembre 2007

Proof Is Scant on Psychiatric Drug Mix for Young New York Times 23 novembre 2006

ANTIDEPRESSIVI AD ALTO RISCHIO

Effexor Suicide Cases

VENLAFAXINE - WIKIPEDIA

Nopsych.it

Xagena Medicina

Hong Qiankun, dopo una laurea in chimica presso una delle più famose università della Cina, aveva cercato
lavoro per un anno. Il risultato era stato un impiego in una scuola nel Fujian, una provincia sperduta nella
costa est del Paese. Frustrato da una situazione di vita al limite della sopportazione, con difficoltà ad
esprimere il proprio disagio ai colleghi e ai suoi studenti, il giovane Hong ha deciso di lanciarsi dalla finestra
del dormitorio che condivideva con altri insegnanti. Ai suoi familiari e amici una lettera che spiegava le
ragioni del suo gesto: “Sono stanco di dipendere dalla mia famiglia. Non preoccupatevi vostro figlio sta
bene”.
Secondo le statistiche, nella Cina nazi-comunista del boom economico, Hong è solo uno dei tanti casi di
giovani che scelgono il suicidio come unica soluzione al grande malessere esistenziale. L'Associazione
Cinese per la Salute Mentale ha raccolto cifre allarmanti: il suicidio è la prima causa di morte dei giovani in
età compresa tra i quindici e i trentaquattro anni. Secondo il Ministero della Salute, i dati più recenti risalgono
al 2003: si sono registrati Circa 250.000 suicidi, senza contare i due milioni di persone che hanno tentato di
farlo ma non ci sono riuscite. Una media scioccante, se si pensa che per lo stesso periodo di tempo in
America, il dato raccolto dall’Associazione Americana di Sociologia del Suicidio è di 31.484 casi.

“È una questione molto delicata”, afferma Sandra Covini, religiosa che lavora come volontaria presso un
ospedale di Hong Kong, “qui và di moda. Costretti a vivere in alveari, alla ricerca del benessere economico,
soffocati dalle ore di lavoro o di studio in una società sempre più competitiva, i giovani scelgono di lanciarsi
da qualche grattacielo”. Le ricerche della Università di Pechino evidenziano che circa il 20,4% dei ragazzi in
età scolastica ha considerato il suicidio. Tra questi, il 6,5% ha cercato di metterlo in atto concretamente (gli
intervistati sono stati circa 140.000). I dati raccolti da più centri di ricerca del territorio dimostrano che i
soggetti più a rischio sono le adolescenti femmine: il 23.7% delle giovani intervistate hanno ammesso di aver
pensato a porre fine alla propria vita. Le motivazioni sono diverse: insicurezza, data dall’età o dall’incertezza
per il proprio futuro, delusioni amorose o fallimento delle proprie aspettative scolastiche o lavorative. Coloro
che si sono prestati a rispondere alle domande dei ricercatori hanno sottolineato di aver sofferto di solitudine
negli ultimi dodici mesi e che questa sensazione andava aumentando con il tempo. In generale, il 37% dei
teenagers e il 40% delle adolescenti intervistati hanno ammesso di essersi sentiti depressi, disperati, e di
soffrire d'insonnia.

Nel vicino Giappone, dove in questi ultimi anni è emerso l'inquietante


fenomeno dei suicidi collettivi via internet, è stato arrestato Hiroshi Maeue, 38
anni, un serial killer che uccideva proprio aspiranti suicidi: Maeue contattava
le sue vittime tramite un sito internet dedicato alla questione, fingeva di volersi
suicidare con loro in zone di campagna, ma poi le uccideva a mani nude e
filmava il tutto. Tra le vittime anche una liceale di soli 14 anni. Quello che è
incredibile è che esistano siti specializzati per far incontrare aspiranti sucidi.
Solo nel 2005, si stima che siano 91 le persone morte in Giappone nei suicidi
di gruppo, perlopiù giovani. E il numero è in forte aumento.

Lo scorso luglio 2006, un sedicenne brasiliano di Porto Alegre, nel Brasile


meridionale, annunciò di suicidarsi durante una conversazione in chat. A nulla
è valso l'intervento di una ragazza di Toronto, che ha chiamato la polizia. Gli
agenti sono arrivati troppo tardi: il ragazzo era già morto. Soffriva da tempo di
disturbi mentali (Era in cura presso da uno psichiatra, che sicuramente gli
somministrava degli psicofarmaci). Sul suo blog raccontava tutto il suo dolore.
Secondo gli agenti, proprio in quella chat avrebbe trovato utili consigli e motivazioni per suicidarsi: pare infatti
che fosse un luogo di ritrovo per “aspiranti suicidi”. Nella chat room erano presenti anche altri brasiliani, ma
nessuno ha chiamato la polizia o fatto nulla per tentare di dissuadere il giovane. Quando la polizia è arrivata,
ha trovato il ragazzo impiccato al tubo della doccia.

Nel febbraio del 2000, un anonimo olandese, nella “Pagina di autodistruzione di Tisbe”, forniva su internet
dettagliate istruzioni su come farla finita, mettendo a confronto l'efficacia e i tassi di successo dei vari metodi,
segnalando anche altri siti e gruppi di discussione sull'argomento. La vicenda arrivò all'attenzione del
parlamento, provocando un dibattito incandescente. Si devono consentire siti del genere? Non è il caso di
regolamentare di più la Rete, almeno per tutelare i minori e i casi più a rischio? “La nostra società è
ossessionata dal problema della morte”, commentò Bart Cusveller, del Centro Olandese per l'Etica Medica,
“posso bene immaginarmi che qualcuno che è gravemente depresso possa vedere questa come un'opzione.
Il sito contribuisce all'idea che si tratti di una possibilità normale e accettabile”. Molti deputati, di ogni
appartenenza politica, chiesero al governo laburista di prendere provvedimenti: “Il fatto che chiunque possa
avere accesso a questa roba dal proprio salotto è l'aspettto più inquietante di Internet”, dichiarò il portavoce
dell'esecutivo Willie Swildens.

Come se fosse solo colpa del web se in così tanti giovani in tutto il mondo nasca il desiderio di darsi la
morte.
In America, invece, stanno facendo scalpore
alcune immagini (grandi cartelloni che nello
stile dei segnali stradali, avrebbero dovuto
indicare il divieto di saltare da un ponte, di
impiccarsi o di suicidarsi con l'elettricità) scelte
per la campagna promozionale di “Wristcutters:
a Love Story”, una commedia macabra del
regista indipendente Goran Dukic che ha per
protagonisti un gruppo di giovani suicidi.
Quindici gruppi per la prevenzione del suicidio,
fra i quali la National Alliance for the Mentally Ill
e l'American Foundation for Suicide Prevention
(ASFP), hanno protestato contro i curiosi
“segnali”, che sarebbero dovuti iniziare ad
apparire sulle strade americane a metà luglio, scrive l'Hollywood Reporter. “La gente spesso si prende gioco
della malattia mentale e del suicidio, mentre non scherza su altre cause di morte - spiega Robert Gebbia,
portavoce dell'ASFP - da oltre 30 anni di studi abbiamo appreso che i ritratti che i media fanno dei suicidi
possono inavvertitamente essere pericolosi per individui fragili, i quali possono anche arrivare a ripetere
l'atto (si chiama “effetto Werther”, ndr)”.

Courtney Solomon della After Dark Films, coproduttrice della pellicola, sta cercando di rimediare. La strada
scelta è quella di organizzare proiezioni del film per le associazioni che hanno protestato e di chiedere il loro
input su come “correggere” la campagna promozionale: “Il film si svolge in purgatorio e il suo messaggio è
che l'amore è meglio del suicidio”, dice Solomon, secondo cui la visione della pellicola potrebbe anche
rivelarsi utile per dissuadere qualcuno che sta pensando di togliersi la vita.

Un bel mattino Onni Rellonen, piccolo imprenditore in crisi, e il colonnello


Hermanni Kemppainen, vedovo inconsolabile, decidono di suicidarsi. Il caso
vuole che i due uomini scelgano lo stesso granaio per mettere fine ai loro giorni.
Importunati dall'incontro fortuito, rinunciano al comune proposito e si mettono a
parlare dei motivi che li hanno spinti alla tragica decisione. Pensano allora di
fondare un'associazione dove gli aspiranti suicidi potranno conoscersi e discutere
dei loro problemi. Pubblicano un annuncio sul giornale. Il successo non si fa
attendere, le adesioni sono più di seicento. Dopo un incontro al ristorante,
decidono di noleggiare un autobus e di partire insieme. Inizia così un folle viaggio
attraverso la Finlandia a bordo di un pullman turistico nuovo fiammante.
All’avventura partecipano una trentina di persone, tra cui un tipo allegro e
spiritoso che tiene alto il morale del gruppo e un vecchio Lappone, allevatore di
renne, simpatico e astuto. Le loro disavventure avranno un esito insperato.

Il romanzo allegorico di Arto Paasilinna, “Piccoli suicidi tra amici” (Iperborea),


propone una riflessione feroce sul tema del suicidio, molto sentito anche in
Finlandia. Come recita l'incipit del romanzo, “I nemici più pericolosi dei Finlandesi
sono la malinconia, la tristezza, l'apatia”.

(Pubblicato su Ecplanet 04-04-2007)

Suicide Web Site Sparks Controversy in the Netherlands 01 febbraio


2000

Suicidio? Ecco online le istruzioni per l'uso La Repubblica 01 febbraio 2000

Suicidio in internet 12 agosto 2006

Suicide Is Painless: Goran Dukic’s “Wristcutters: A Love Story” 17 ottobre 2007

Suicide the Leading Cause of Death Among Youth china.org 27 marzo


2007
Piccoli suicidi tra amici

National Alliance on Mental Illness

American Association of Suicidology

American Foundation for Suicide Prevention

Internet suicide - Wikipedia, the free encyclopedia

Un nuovo allarmante caso di suicidi collettivi si è verificato nell'Irlanda del nord: tre quindicenni si sono
impiccati e si teme che un'altra decina di teenagers possa fare la stessa fine. La scuola al centro del
dramma è la Craigavon Senior High School di Portadown, nella contea di Armagh. Nel corso di tre
settimane, si sono impiccati tre compagni di classe, Wayne Browne (il primo della serie), James Topley e Lee
Walker. Si è cominciato a sospettare di un “patto suicida” dopo che James è stato trovato appeso allo stesso
lampione usato da Wayne per darsi la morte. Uno psicologo della zona, Arthur Cassidy, ha indicato, in base
a confidenze ricevute, che una dozzina di ragazzi di quella scuola potrebbero aver deciso di togliersi la vita
con una cadenza concordata. “Ci sono dei teenagers - ha detto lo psicologo - che vengono da noi in lacrime
e esprimono il timore che questo o quel loro amico possa essere il prossimo”.

Secondo alcune fonti, il patto suicida potrebbe essere


stato discusso e messo a punto dai ragazzi della scuola
chattando online su siti molto frequentati dagli
adolescenti come MySpace, Bebo e Facebook. La
scuola di Portadown ha in tutto circa ottocento studenti
e il dott. Cassidy ha lanciato un appello alle famiglie
perché sorveglino con più attenzione i propri figli,
passino più tempo con loro, cercando di cogliere
eventuali sintomi di malessere.

Dorothy Browne, madre del primo dei tre impiccati,


affranta, non riesce a capacitarsi del gesto compiuto dal
figlio: “Wayne era felice ed espansivo. Non ci posso credere. Con i suoi soldi si era appena comprato una
vacanza alle Canarie per luglio. Non ha mai mostrato segni di depressione”. Il prete della parrocchia locale, il
reverendo Brian Harper, ha avvertito che il tam-tam sul presunto patto suicida ha peggiorato la situazione:
“La gente è diventata isterica”. I ragazzi morti vivevano tutti e tre a Laurelvale, un villaggio vicino a
Portadown dove a marzo un vicino ventottenne di James Topley si era impiccato in seguito a dispiaceri di
cuore. Un suicidio che potrebbe aver fatto da detonatore nella psiche di quindicenni particolarmente
suggestionabili e vulnerabili.

Lo scorso gennaio, un giovane cinese diciasettenne, sconvolto dopo aver scoperto che la ragazza che aveva
conosciuto in una chat online non corrispondeva alla ragazza dei suoi sogni, ha deciso di uccidersi. Così
hanno riferito i media di stato cinesi. Per il ragazzo, proveniente da una città del nord della Cina, lo shock è
stato tanto forte perché la considerava già il suo “dolce cuore”.
Da una ricerca condotta, dalla sicurezza pubblica, sul background del teenager, è risultato che era diventato
dipendente dalle chatroom online da luglio e trascorreva buona parte della giornata negli internet café
chattando con una donna che aveva come nickname “Qunjiaofeiyang” o “flying skirt”, dicendo di essere una
bella diciannovenne. I due si erano messi d'accordo per incontrarsi a Mudanjiang, una città nella provincia
dell'Heilongjiang, dopo Natale. Con immenso disappunto, il teenager ha scoperto che la ragazza dei suoi
sogni invece era una ragazza di 10 anni più grande. L'amarezza lo ha portato a ritornare immediatamente a
casa ed ha raccontare ai suoi genitori dell'accaduto solo dopo che la donna lo ha cercato al numero di casa.
I genitori hanno cercato di consolarlo ma dopo quattro giorni è
stato ritrovato impiccato ad un albero.

Un nuovo studio sugli effetti degli antidepressivi ha identificato


variazioni genetiche collegate proprio alle intenzioni suicide: se
confermate, potrebbero fornire la base per un test genetico volto
a individuare i soggetti più a rischio. “Stiamo cercando il modo
di evitare i più rischiosi effetti collaterali prima di iniziare il
trattamento”, dice Francis McMahon, un genetista psichiatrico
del National Institute of Mental Health (NIMH) di Bethesda, MD,
che ha partecipato allo studio.

Nel 2005, dopo un'estesa analisi di test clinici e numerose


testimonianze di genitori di giovani che si erano suicidati dopo
aver cominciato il trattamento con alcuni psico-farmaci, tra cui il
Paxil, la Food and Drug Administration costrinse le case
farmaceutiche interessate a far aggiungere un avvertimento sul
rischio di suicidio. Secondo alcuni psichiatri, però, l'uso degli
antidepressivi, in generale, abbassa il tasso di suicidi, e questi
avvertimenti potrebbero dunque rivelarsi un'arma a doppio
taglio, spaventando quei pazienti che invece ne hanno davvero
bisogno.

Lo scorso maggio, la FDA ha disposto che gli avvertimenti sul


rischio suicidio fossero estesi a tutti quelli sotto i 25 anni (in
precedenza l'avvertimento era rivolto solo a adolescenti e
bambini). L'agenzia ha poi raccomandato ai medici di valutare
attentamente il rischio suicidio rispetto all'effettiva urgenza di
somministrare il farmaco. Per questo si sta pensando a dei test
genetici. Dai trials condotti da scienziati del NIMH, del
Massachusetts General Hospital e dell'Harvard Medical School,
è risultato che tra il 6 e l'8% dei pazienti hanno manifestato
tendenze suicide nel primo mese di trattamento con il
Citalopram, un antidepressivo SSRI comunemente prescritto. In
un altro studio, con 1.879 partecipanti, pubblicato sugli Archives
of General Psychiatry, Roy Perlis e il suo team a Harvard hanno
trovato dei legami significativi tra una variazione nel gene
CREB1 e le intenzioni suicide nei maschi: coloro che avevano
commesso suicidio hanno mostrato una regolazione alterata del
gene nei loro cervelli. Perlis ha sottolineato che le tendenze
suicide si sono manifestate solo dopo un mese dall'inizio del trattamento con il Citalopram. In un altro studio
separato, pubblicato dall'American Journal of Psychiatry, McMahon e i suoi colleghi hanno ricavato
l'evidenza per collegare due geni coinvolti nella comunicazione chimica dal neurotrasmettiore gluttamato. Si
tratta dei primi studoi in questo campo, per cui c'è ancora molta cautela tra gli psichiatri.

Per il momento, nessuna delle variazioni scoperte può aiutare a predire con certezza un rischio suicidio, e
dunque neanche fornire le basi per un test genetico. Secondo McMahon, per esempio, le due variazioni
identificate dal suo gruppo, potrebbero aiutare a individuare un 60% di persone a rischio. Gli scienziati
sperano che la combinazione di tutte queste variazioni potrà alla fine raggiungere una maggiore
accuratezza. Per questo motivo, si stanno effettuando ricerche nell'intero genoma. Si cercano anche
variazioni genetiche per predire il modo in cui i pazienti risponderanno a determinati farmaci. “L'ideale
sarebbe sviluppare due tipi di test, che valutino sia i rischi che i benefici derivanti dall'assunzione di un dato
farmaco”, dice David Brent, uno psichiatra della University of Pittsburgh non coinvolto negli studi.
Di sicuro, gli psico-farmaci, per poter agire sull'umore, provocano cambiamenti biochimici: “Un'improvviso
aumento della serotonina nel cervello può causare gravi squilibri in certe persone che presentano sintomi
come nervosismo, insonnia e anche tendenze suicide”, puntualizza McMahon.

(Pubblicato su Ecplanet 26-03-2007)

Triple deaths raise fear of Irish suicide pact The Guardian 19 giugno 2007

Irlanda del Nord, patto suicida degli studenti La Repubblica 19 giugno 2007

Chinese teen kills self when blind date turns ugly 05 gennaio 2007

Ragazzo suicida: online ha conosciuto la “ragazza” sbagliata 06 gennaio 2007

Genes Linked To Suicidal Thinking During Antidepressant Treatment ScienceDaily


01 ottobre 2007

SSRI-Suicide Link in Men May Have Genetic Basis 04 giugno 2007

Archives of General Psychiatry

The American Journal of Psychiatry

“Voglio morire, come posso fare?”. “Ti darò molto sonnifero. Ti aiuterò”.

La polizia giapponese ha arrestato Kazunari Saito, un elettricista


giapponese di 33 anni che gestiva un sito internet dedicato ad aspiranti
suicidi. Saito ha fornito a Sayaka Nishizawa, una aspirante suicida che
gli ha versato la somma di duecentomila yen (circa 1.200 euro), una
dose letale di sonnifero. Il padre della vittima ha scoperto il corpo senza
vita della figlia il 16 aprile scorso nel suo appartamento di Kanagawa.

Saito aveva inaugurato il suo sito web nel giugno del 2006, con lo scopo
dichiarato di fornire assistenza ad aspiranti suicidi. Il fenomeno dei siti
pro-suicidio è in aumento in Giappone, uno dei paesi con il più alto tasso
di persone che decidono di togliersi la vita. Secondo gli esperti, i siti
attraggono le persone che non hanno il coraggio di compiere l'estremo
gesto.

Più di 30.000 giapponesi hanno deciso di togliersi la vita nel 2006,


secondo i dati forniti dalla polizia.

(Pubblicato su Ecplanet 05-11-2007)

Creator Of Internet Suicide Site Arrested 11 ottobre 2007

Arrestato per omicidio il gestore del sito per suicidi La Stampa 11 ottobre 2007
Una ragazzina di origine romena di 12 anni ha tentato il suicidio lanciandosi dalla finestra, al secondo piano,
della scuola di Azzano Decimo, in provincia di Pordenone. Ha fatto un volo di circa sei metri, fortunatamente,
attutito dalle piante del giardino sottostante. Alle origini del gesto ci sarebbe una discussione con i genitori,
sfociato poi in litigio, in cui aveva manifestato l'intenzione di non recarsi più a scuola. Sul banco della sua
classe avrebbe anche lasciato uno scritto che ora si trova nelle mani dei Carabinieri.
Vicenza. Ha preso una corda da palestra, è sceso nella cantina della sua bella villa e si è impiccato. A 11
anni. A quanto pare, perché i compagni di scuola lo prendevano in giro per le orecchie a sventola.

Ha usato una sciarpa per impiccarsi nel salotto di casa, a Ponte san Giovanni, nell'immediata periferia di
Perugia. I carabinieri del nucleo provinciale impegnati nelle indagini non hanno trovato alcun messaggio che
possa dare una spiegazione a quello che i congiunti dell'adolescente hanno definito “un gesto assurdo ed
inspiegabile”.

Ischia. Si è impiccato in un terreno nei pressi di casa sua. Aveva 14 anni. Ai soccorritori, la madre, disperata,
ha detto che il figlio veniva preso in giro a scuola. Il ragazzo frequentava il liceo classico “Scotti” di Lacco
Ameno, un istituto segnato da un destino tragico: negli ultimi anni altri tre studenti si sono suicidati, due
ragazze di 19 e 17 anni e un ragazzo di 17.

Quattro persone, tra i 20 e 40 anni, sono state trovate morte in un'auto parcheggiata su una strada di
montagna della regione di Tochigi, nota area di trekking, in Giappone. Si tratta dell'ennesimo suicidio
collettivo organizzato via Internet. I cadaveri di una donna di 30 anni e di tre uomini di 20, 22 e 38 anni sono
stati trovati riversi sui sedili dell'auto, all'interno della quale c'erano quattro stufette accese che avevano
saturato l'aria con il monossido di carbonio. Le indagini hanno riscontrato che la donna frequentava spesso
siti di aspiranti suicidi.

Almeno una persona su dieci va a Manhattan per togliersi la vita. Lo sostiene uno studio pubblicato sul Daily
News. Il quartiere newyorchese, secondo il dossier, sembrerebbe ispirare chi vuole togliersi la vita, complice
la presenza di monumenti come l'Empire State Building, il ponte di George Washington, Times Square. “C'è
gente che viene in città appositamente per questo”, ha spiegato David Vlahov, l'autore dello studio. Tra il
1990 e il 2004 sarebbero 274 le persone non residenti che si sono tolte la vita a Manhattan. Più della metà
ha scelto di lanciarsi da ponti o grattacieli.

Secondo l'FDA (Food and Drug Administration), i pazienti d'età compresa tra 18 e 24 anni che assumono
antidepressivi, sono ad aumentato rischio suicidio. È stato osservato che i disordini psichiatrici
rappresentano la più importante causa di suicidio.

Sono interessati al provvedimento i seguenti farmaci:

Anafranil (Clomipramina), Asendin (Amoxapina), Aventyl (Nortriptilina), Celexa (Citalopram), Cymbalta


(Duloxetina), Desyrel (Trazodone), Elavil (Amitriptilina), Effexor (Venlafaxina), Emsam (Selegilina), Etrafon
(Perfenazina/Amitriptilina), Luvox (Fluvoxamina), Lexapro (Escitalopram), Limbitrol
(Clordiazepossido/Amitriptilina), Ludiomil (Maprotilina), Marplan (Isocarbossazide), Nardil (Fenelzina),
Sermone (Nefazodone) , Norpramin (Desipramina), Pamelor (Nortriptilina), Parnate (Tranilcipromina), Paxil
(Paroxetina), Pexeva (Paroxetina), Prozac (Fluoxetina), Remeron (Mirtazapina), Sarafem (Fluoxetina),
Seroquel (Quetiapina), Sinequan (Doxepina), Surmontil (Trimipramina), Symbyax (Olanzapina/Fluoxetina),
Tofranil (Imipramina), Triavil (Perfenazina/Amitriptilina ), Vivactil (Protriptilina), Wellbutrin (Bupropione), Zoloft
(Sertralina), Zyban (Bupropione).

(Pubblicato su Ecplanet 31-12-2007)

Bimbo trovato impiccato in cantina 24 ottobre 2007

Perugia, 14enne si impicca in casa Nessun messaggio per spiegare il gesto 06


novembre 2007

Ischia, 14enne si suicida perché i compagni lo prendono in giro 01 novembre 2007

Il suicidio di Ischia e i giovani d'oggi 02 novembre 2007

Group suicide suspected in Tochigi 09 maggio 2005

Suicide tourism in Manhattan, New York City, 1990-2001 05 novembre 2007

FDA expands antidepressant suicide warnings to young adults 03 maggio 2007


Sette giovani si sono tolti la vita in un anno in alcune piccole città del Galles del Sud. Nella polizia di
Bridgend cresce il terribile sospetto che i ragazzi, che in alcuni casi neanche si conoscevano, abbiano deciso
di uccidersi facendo un “patto” suicida su internet.

L'ultima vittima è la diciassettenne Natasha Randall. La ragazza è stata trovata morta la scorsa settimana
nella casa di famiglia a Blaengarw, vicino Bridgend. Il giorno dopo, altre due ragazze hanno tentato il suicidio
senza successo.

Dei sei ragazzi che si sono tolti la vita, impiccandosi, nell'ultimo anno, alcuni avevano pubblicato i propri
profili sullo stesso sito internet, un social network frequentato dagli adolescenti britannici. Dopo ogni morte,
sul sito sono comparsi epitaffi in stile SMS. Prima di morire, Natasha aveva postato on-line dei messaggi in
memoria di Liam Clarke, ventenne trovato morto in un parco di Bridgend lo scorso 27 dicembre (2007): «RIP
(riposa in pace), caro Clarky ! Mi mancherai. Ti voglio bene». Liam era amico di un'altra vittima, il coetaneo
Thomas Davies, che si era tolto la vita due giorni dopo il funerale di David Dilling, altro ragazzo suicidatosi.

Dopo questa serie di suicidi molti ragazzi hanno creato delle pagine web per rendere omaggio ai sei giovani.
Due giorni dopo la morte di Natasha, altre due coetanee della stessa Bridgend hanno cercato di suicidarsi.
Una di loro è tuttora in rianimazione. Tim Jones, sovrintendente della polizia di Bridgend, è convinto che tutti
questi suicidi siano collegati tra loro. Potrebbe anche entrarci l' “effetto copycat”.

La madre del ventenne Thomas Davies accusa Internet di alimentare un pericoloso senso di irrealtà: «Questi
ragazzi non sanno comunicare i loro problemi con gli adulti. Devono poter parlare con qualcuno, anche solo
per telefono. Invece passano ore davanti al terminale, o a mandarsi SMS».

Anche il padre di Liam Clarke teme che una trama ferale unisca queste morti: «Non sappiamo che cosa stia
succedendo, è stranissimo che ci siano stati tanti suicidi a Bridgend. Non sappiamo se sia un culto sinistro o
se si tratti di suicidi copiati, o se ci fosse un bizzarro patto suicida. Non abbiamo idea di che cosa pensasse
Liam, siamo all'oscuro di tutto».

Nessuno ha ancora ricostruito la catena di autodistruzione che lega la prima morte di un diciottenne
disturbato, Dale Crole, che era stato in riformatorio, a quella del suo migliore amico e coetaneo David Dilling,
a quella del tranquillo Thomas Davies, che si è ucciso dopo aver comprato il vestito per il loro funerale.
Nessuno ha ancora capito che cosa c'entrino queste morti con il successivo suicidio di Zachary Barnes, un
diciassettenne bravo e volonteroso, amico di Davies, e con quello di Liam Clarke, e con quello di Gareth
Morgan, 27 anni e padre di una bambina di otto, che in città veniva considerato un gigante buono.

Anne Parry, dell'organizzazione «Papyrus» per la prevenzione del suicidio, dice: «Sono tre anni che ne
parliamo. I social network di Internet possono essere particolarmente pericolosi. Possono dare molto
appoggio ai giovani, ma possono anche fare l'opposto e alimentare sensazioni suicide».

Una portavoce del social network Bebo promette: «Collaboreremo con gli inquirenti e siamo impegnati a
fornire ai nostri membri un ambiente online il più sicuro possibile».

(Pubblicato su Ecplanet 25-02-2008)

Coroner launches probe into 'internet suicide cult' after SEVEN youngsters in one
town hang themselves mail online

Galles: 7 suicidi-fotocopia in un anno 11 febbraio 2008

Bridgend: trovato impiccato un altro diciassettenne, 24 suicidi in meno di due anni


07 gennaio 2009

Bridgend, suicide and the internet: the facts timesonline 19 febbraio 2008

New deaths revive Bridgend 'suicide cult' fears Telegraph 26 febbraio 2008
LINKS
SUICIDI VIA INTERNET

SUICIDI VIA INTERNET 2.0

Se il suicidio corre su Internet

Japan gripped by suicide epidemic timesonline 19 giugno 2008

The Mystery Suicides of Bridgend County Vanity Fair 27 febbraio 2009

I farmaci per suicidarsi si comprano su Internet La Stampa 17 marzo 2009

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