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Fentanyl, il business del dolore

Protesta di Nan Goldin (al centro a destra) contro Purdue Pharma nel 2021 - Seth Wenig /Ap

DROGHE. Messico, la procura brucia 5 milioni di pastiglie dell’oppioide che


uccide 70mila americani l’anno. A un mese dalla morte di Matthew Perry, a
due settimane dall’incontro Biden - Xi, nulla è cambiato. La "opiodemics"
devasta gli Stati uniti
Pubblicato 3 giorni fa
Edizione del 29 novembre 2023

Silvia Veroli
Culiacan è la città più grande del Sinaloa, uno stato del Messico,
quello dell’omonimo cartello di narcos fondato a suo tempo dal
Chapo Guzman. Meno di 48 ore fa, nell’inceneritore di un’azienda
specializzata della città, la procura generale del Messico ha
distrutto “27 toneladas 304 kilos 597 gramos 314 miligramos y
25 mil 26 litros 527 mililitros” (scrivono i pignoli procuratori) di
narcotici, precursori chimici per la loro produzione, eccipienti.
Oltre a altra narco-paccottiglia. Tra cui 5 milioni e 4.622 pastiglie
di fentanyl. Tutta roba destinata agli Usa.

Non è (ancora) cambiato niente. Il fentanyl marcia ancora verso il


confine americano in dosi generose. Eppure la morte di Matthew
Perry, l’attore che ha interpretato per dieci anni il personaggio più
divertente e poetico di Friends, un mese fa aveva portato di nuovo
alla ribalta mediatica internazionale la piaga che affligge gli Stati
Uniti in un crescendo dagli Anni Duemila, la opiodemic, le morti
per overdose da oppioidi paragonate, appunto, a un’epidemia.

E gli Usa, il Messico, la Cina da dove viene gran parte dei composti
con cui si sintetizza il fentanyl, avevano detto tutti: facciamo
qualcosa, adesso.

MATTHEW PERRY non è morto per abuso di farmaci oppioidi:


«Non c’è traccia di fentanyl nel sangue», avrebbero dichiarato i
medici, ma ce ne sono eccome nella sua autobiografia “Friends,
amanti e la Cosa Terribile”, in Italia pubblicato dalla Nave di
Teseo dove racconta la sua dipendenza disperata in particolare da
Vicodin.

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Negli States gli oppioidi sono killer conclamati, e non solo del
dolore: attualmente uccidono circa 70mila americani
all’anno, numero che supera la somma di quello dei morti nelle
guerre in Vietnam, Iraq e Afghanistan messi insieme.

IN EUROPA è la cultura pop a parlarcene, soprattutto. Tutti


sappiamo di antidolorifici mixati a alcol e stimolanti che uccidono
star come Prince, finiscono Michael Jackson, aiutano il Dr House
a sopportare il male cronico alla gamba.

I farmaci oppioidi sono i protagonisti di Painkiller, miniserie


Netflix con protagonisti Matthew Broderick e Uzo Auba , dedicata
all’abuso di OxyContin, il primo farmaco a rilascio prolungato
approvato a base di ossicodone; in sei puntate la serie ripercorre la
vicenda giudiziaria che ha portato l’azienda farmaceutica Purdue
Pharma, e i membri della famiglia Sackler che possiedono
l’azienda dagli anni ’50, a pagare una multa record per la
responsabilità nella promozione aggressiva dell’antidolorifico
Oxy: oltre 8 miliardi di dollari per aver cospirato consapevolmente
e intenzionalmente per favorire i medici che dispensavano i
farmaci.

La serie ricalca precisamente le orme di un’altra di appena due


anni prima, Dopesick – dichiarazione di dipendenza, che è valsa a
Michael Keaton il Golden Globe. Tra le due produzioni, nel 2022,
si colloca un documentario, All the beauty and bloodshed, Leone
d’Oro a Venezia, in cui Laura Poitras racconta vita e carriera di
Nan Goldin, fotografa e attivista, ma soprattutto la sua lotta
contro i Sackler e Purdue Pharma.

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realtà in costante peggioramento, con numeri che crescono in tutti
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gli Stati uniti e vedono gli oppioidi sintetici come prima causa di
morte per gli americani di età compresa tra i 18 e i 45 anni; il
fentanyl è responsabile di quasi il 70% degli oltre 107.000 decessi
per overdose degli Stati Uniti nel 2023.

All’indomani dalla morte di Perry, il ministro all’istruzione


statunitense Miguel A. Cardona, e il responsabile dell’Ufficio per
le politiche sulla droga Rahul Gupta hanno inviato una lettera a
tutte le scuole dell’Unione invitandole a dotarsi di scorte di
naloxone, come fossero dei defibrillatori o degli estintori: invece è
l’antagonista del fentanyl vendibile negli States come farmaco da
banco.

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Usa e Cina

E il fentanyl è finito anche all’ordine del giorno dell’incontro del 15


novembre scorso tra Biden e Xi Jiping a San Francisco: Pechino,
che in passato avrebbe già posto stop alla produzione del farmaco,
ora si impegnerebbe anche a limitarne l’esportazione.

In precedenza i divieti erano stati bypassati dalle società cinesi


con la vendita dei precursori del fentanyl in Messico, dove
finiscono dritti nelle mani dei cartelli dei narcos che producono e
vendono negli Usa, in una guerra dell’oppio al contrario dove è il
mercato americano ad aprirsi all’oppioide sintetico proveniente
non dall’India Britannica ma dalla Cina. «Entro la prossima
settimana conoscerete le nostre nuove iniziative», hanno detto le
autorità americane e cinesi: ne sono passate due, ancora nessuna
notizia.

Protesta contro l’abuso di oppioidi e Purdue Pharma, foto Ap


E L’EUROPA? Ricorda l’Economist che il farmaco è nato in
Belgio, ma si è sviluppato solo grazie al capitalismo americano. I
morti in Europa per overdose degli stessi farmaci non arrivano a
duecento l’anno, lo Stato dove se ne è registrato un picco è la
Lituania; il consumatore di questi farmaci è quello che usa eroina
e che si rivolge all’oppioide sintetico per carenza di quello
naturale: la minore disponibilità di eroina in Europa, dovuta al
contrasto talebano alle coltivazioni di papaveri afghani da oppio,
orienta la domanda verso l’alternativa fentanyl.

CI SI CHIEDE che possa avvenire in Italia, dove si rileva


l’opposta questione di una certa resistenza ospedaliera all’uso di
farmaci oppioidi, ancora sotto dosati, e nel trattamento del dolore,
storicamente negletto forse anche per retaggio culturale e
religioso.

Lo scudo più rassicurante alle derive catastrofiche statunitensi


dovrebbe essere in Italia la presenza di un sistema sanitario
pubblico in grado di fornire percorsi mirati, sicuri e gratuiti di
terapie a chi ne ha bisogno. Ma il Medicare, sistema sanitario
finanziato sostanzialmente dal pubblico, non ha risparmiato il
Canada da un’imponente emergenza di morti per oppioidi.

Travolto dagli Anni Dieci del Duemila dal 2023 il Canada tenta la
strada della depenalizzazione del possesso, di cocaina, oppioidi e
metanfetamina e mdma; per i maggiorenni che, nella provincia
della Columbia Britannica, detengono fino a massimo 2,5 grammi
di queste droghe pesanti non è previsto arresto, sequestro né
denuncia.

JUSTIN TRUDEAU, primo ministro canadese e compagno di


scuola di Matthew Perry, all’inizio di quest’anno ha costituito un
comitato trilaterale con Biden e il messicano Lopez Obrador per
fronteggiare il trasferimento del fentanyl, dei suoi precursori
chimici e delle attrezzature utilizzate nella sua produzione.

Antony Blinken, segretario di Stato americano, nei mesi scorsi ha


invitato l’Europa ad «alzare la guardia», un messaggio ai colleghi
ministri degli esteri. Il nostro, per la cronaca è fermo alla famosa
battuta che tutti hanno cominciato con una canna.

Pubblicato 3 giorni fa
Edizione del 29 novembre 2023

il manifesto / fentanyl, il business del dolore

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