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Fentanyl, il business del dolore
Protesta di Nan Goldin (al centro a destra) contro Purdue Pharma nel 2021 - Seth Wenig /Ap
Silvia Veroli
Culiacan è la città più grande del Sinaloa, uno stato del Messico,
quello dell’omonimo cartello di narcos fondato a suo tempo dal
Chapo Guzman. Meno di 48 ore fa, nell’inceneritore di un’azienda
specializzata della città, la procura generale del Messico ha
distrutto “27 toneladas 304 kilos 597 gramos 314 miligramos y
25 mil 26 litros 527 mililitros” (scrivono i pignoli procuratori) di
narcotici, precursori chimici per la loro produzione, eccipienti.
Oltre a altra narco-paccottiglia. Tra cui 5 milioni e 4.622 pastiglie
di fentanyl. Tutta roba destinata agli Usa.
E gli Usa, il Messico, la Cina da dove viene gran parte dei composti
con cui si sintetizza il fentanyl, avevano detto tutti: facciamo
qualcosa, adesso.
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Negli States gli oppioidi sono killer conclamati, e non solo del
dolore: attualmente uccidono circa 70mila americani
all’anno, numero che supera la somma di quello dei morti nelle
guerre in Vietnam, Iraq e Afghanistan messi insieme.
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Usa e Cina
Travolto dagli Anni Dieci del Duemila dal 2023 il Canada tenta la
strada della depenalizzazione del possesso, di cocaina, oppioidi e
metanfetamina e mdma; per i maggiorenni che, nella provincia
della Columbia Britannica, detengono fino a massimo 2,5 grammi
di queste droghe pesanti non è previsto arresto, sequestro né
denuncia.
Pubblicato 3 giorni fa
Edizione del 29 novembre 2023
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