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Corso ISTF 01 Introduzione al cristianesimo 2012 - Appunti lezione 3

INTRODUZIONE AL CRISTIANESIMO Sezione seconda del CCC La professione della fede cristiana Prima parte Il simbolo

1. La fede in formule brevi e normative La tradizione cristiana fin dalle origini ha ritenuto opportuno fermare lattenzione dei fedeli su "brevi formule normative" che racchiudessero l"essenziale" del loro credo (CCC 186). Tali formule riunite insieme andarono a costituire i Simboli della fede, detti anche Credo o Professioni di fede. La parola greca "symbolon" indicava originariamente un oggetto (per es. la met di un sigillo) che potesse servire come segno di riconoscimento nella ricostituzione della sua unit (CCC 188). La parola venne adoperata per indicare la fede ecclesiale nella cui professione la Chiesa manifesta se stessa e, nella comunione, viene ricondotta allunit. suggestiva letimologia del termine: synballo = metto insieme, esattamente opposto a dia-ballo = getto lontano. Se lazione diabolica quella di dividere, la professione di fede mediante il simbolo riconduce allu nit. La Chiesa nella storia ha conosciuto numerosi Simboli (CCC 192). Essa li custodisce con particolare venerazione nel suo deposito riconoscendo in essi pagine importanti della propria vicenda, nella ricerca della salvaguardia della fede e della comunione e nel tentativo di rendere espressiva la professione di fede in relazione allevoluzione del linguaggio e alle categorie concettuali che progressivamente emergevano nel confronto con il mondo e con le culture. Se il rispetto va a tutte le raccolte che segnano "le diverse tappe della storia della Chiesa" (CCC 193), la preferenza accordata: al Simbolo degli Apostoli (CCC 194), antica professione battesimale di fede della Chiesa di Roma, attestata in maniera definita in latino da Rufino (345-411) e in greco da Marcello di Ancira (nel 340 ca.). La formulazione, pur con qualche variazione rispetto al testo definitivo, conosciuta anche prima, come testimoniano Tertulliano (155-230?) e Ippolito (170-235). Successivamente ne parla Ambrogio collegando i dodici articoli al numero degli Apostoli, come ricorda il CCC (191.194); in Oriente, nel frattempo, il confronto con leresia e la risposta dei Concili conducono ad una nuova formulazione: il Simbolo Niceno-Costantinopolitano che raccoglie le definizioni del Concilio di Nicea del 325 e di Costantinopoli del 381. Si tratta di unelaborazione pur sempre essenziale ma molto pi densa dal punto di vista teologico (CCC 196).

Non si tratta di formulazioni scritte a tavolino, ma di pagine di Chiesa nelle quali riecheggia la vita liturgica, listruzione catechistica, lazione missionaria. Vi anche la passione per lunit, la collocazione della fede di fronte al mondo, lesperienza di tanti credenti che strenuamente hanno difeso la fede.
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2. Alla ricerca dellessenziale Osserva Papa Benedetto XVI:


La Chiesa ci offre una piccolissima Somma, nella quale tutto lessenziale espresso: il cosiddetto Credo degli Apostoli[]. Nella sua concezione, di fondo il Credo composto solo di tre parti principali e, secondo la sua storia, non nientaltro che unamplificazione della formula battesimale che lo stesso Signore risorto consegn ai discepoli per tutti i tempi []. In questa visione si dimostrano due cose: la fede semplice. [] Come seconda cosa possiamo constatare: il Credo non un insieme di sentenze, una teoria. , appunto, ancorato allevento del Battesimo, a un evento di incontro tra Dio e luomo. 1

Vi sono alcuni passaggi che possono essere utili per cogliere la ricchezza del Simbolo, per la sua natura, prima ancora che per i contenuti dei suoi articoli. Anzitutto vi la ricerca dellessenziale. Il termine da un lato indica la necessit di individuare ci che imprescindibile per i discepoli di Ges Cristo, ci che, se vi aderiamo, ci fa cristiani. La formulazione essenziale, tuttavia, non esclude una ricchezza ulteriore che da tale nucleo si sviluppi: la tradizione di numerose chiese che custodiscono elementi di diversit senza che questo pregiudichi lunica fede. Anche il cammino di ricomposizione delle lacerazioni in ambito ecumenico avviene nella ricerca dellessenziale. Dallaltro, il termine allude ad una realt preziosa, unessenza fondamentale che spande la sua fragranza e che variamente pu essere impiegata nelle diverse situazioni della vita cristiana perch il cristiano sia buon profumo di Cristo (2Cor 2,15) Unamplificazione della fede battesimale: ci che nel Battesimo viene consegnato nel mistero di vita e di grazia viene offerto anche alla consapevolezza della fede, perch chi creder e sar battezzato sar salvo (Mc 16,16). Non basta essere battezzati, occorre la fede. E la fede anticipo e esplicitazione della rinascita cristiana. Secondo le parole di Ges si battezzati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (cf. Mt 28,19). Il credo composto di tre parti che stabiliscono una sorta di varco tra lesperienza della grazia accolta nel Battesimo e il pi ampio disegno salvifico manifestato dal Padre creatore, mediante il Figlio redentore, nello Spirito Santo, cos come le Scritture testimoniano. laccoglienza di un progetto di cui si partecipi e che va oltre il personale coinvolgimento. La fede semplice. Non vuol dire che semplicistica: semplice nel senso etimologico del termine, che appare cio senza piega (sine plica), senza artificio. La consapevolezza cristiana pu essere tentata a volte di ricorrere a spiegazioni e a legittimare situazioni o interessi sui quali vi il dubbio sulla loro genuinit evangelica. Il credo con la sua pretesa di semplicit un invito a non rifugiarsi in zone dombra e a ritrovare la genuinit del dato iniziale.

BENEDETTO XVI, Omelia alla Spianata dellIslinger Feld a Regensburg , 12 settembre 2006. In: ID., Chi crede non mai solo, Cantagalli, Siena, 2006; p. 44-45.

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Non un insieme di sentenze, ma legame con un evento. Levento lincontro con la persona di Ges Cristo e con il Dio cristiano avvenuto nel Battesimo e nuovamente attuale nella Chiesa, nella famiglia dei figli e dei fratelli. Il simbolo restituisce quanti lo professano alla comunione universale della Chiesa: chi crede non mai solo.

3. La nascita del Simbolo nelle prime confessioni neotestamentarie Lesigenza di raccogliere in maniera essenziale i contenuti della fede ha radici profonde, rintracciabili nel Nuovo Testamento dove la confessione di fede si esprime gi in brevi formule essenziali i cui nuclei riguardano: la signoria di Cristo: Ges Cristo il Signore (Fil 2,11, Rm 10,9). la fede pasquale nella quale annunciato il mistero della morte e risurrezione di Cristo e la sua singolare manifestazione del mistero di Dio. Kyrios il termine riservato a Dio nella traduzione greca della Bibbia ebraica fatta dai rabbini di Alessandria dEgitto tra III e II sec. a.C., nota con il nome di Settanta (LXX). Applicare a Ges quel termine vuol dire cos riconoscerne la divinit. La formula apparentemente semplice si scontra con quella che limperatore pretendeva dai suoi sudditi: Cesare il Signore; i misteri fondamentali della vita di Cristo. Nella prima lettera ai Corinti lannuncio essenziale della fede, legato alla pasqua, custodito in una tradizione gi riconosciuta come tale:
1Cor 15, 3

Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cio Cristo mor per i nostri peccati secondo le Scritture, 4 fu sepolto ed risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, 5 e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. 6 In seguito apparve a pi di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. 7 Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. 8 Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.

Al nucleo essenziale della pasqua viene unito anche il mistero dellincarnazione, come Paolo ricorda a Timoteo: Dobbiamo confessare che grande il mistero della piet: Egli si manifest nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli angeli, fu annunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria (1Tm 3,16); la fede trinitaria: emerge con chiarezza gi nel comando che Ges rivolge agli apostoli prima della sua ascensione al cielo: Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ci che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,19-20). Si possono ricordare anche i saluti di Paolo nelle sue lettere: La grazia del Signore Ges Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi (2Cor 13,13).

la testimonianza di una tradizione di fede gi codificata in formule ben note alla comunit e fatte oggetto di conoscenza e diffusione. Poich se confesserai con la tua bocca che Ges il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo (Rm 10, 9). Mediante Ges si accede alla vita, alla conoscenza della Trinit e alla salvezza. Come si passati da queste confessioni essenziali a quelle pi articolate che noi adoperiamo?
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4. Lo sviluppo del Simbolo nella Chiesa dei primi secoli La Chiesa ricordava le parole del suo Maestro e Signore, attestate nella Scrittura, ma ricordava anche il suo monito: Lo Spirito vi guider verso tuttintera la verit (Gv 16,15). Mentre il cristianesimo si espandeva dal contesto palestinese a quello greco e latino, vi era la necessit di integrare nuove categorie concettuali che rendessero possibile la comprensione del nucleo originario della fede e ne chiarissero i significati. In particolare, il confronto con il mondo greco poneva lesigenza di stabilire linee di continuit e di discontinuit tra pensiero filosofico e fede cristiana come ci testimonia il discorso di Paolo allareopago di Atene (cf. At 17,16-34). Egli tenta unoperazione di inculturazione, cercando di legare il messaggio cristiano alla situazione dei suoi interlocutori. Paolo, infatti, parte con un riferimento al dio ignoto, ricordato da uniscrizione dellareopago, giungendo progressivamente a parlare di Cristo. Le difficolt nascono per quando Paolo annuncia la morte e la risurrezione di Ges. Tale evento non poteva coesistere con lidea greca del divino: che un dio potesse morire era inconcepibile ancor pi che potesse risorgere. E per questo i filosofi greci liquidano Paolo: Ti ascolteremo unaltra volta. Si trattava dunque da una parte di rendere comprensibile il messaggio della salvezza, di aprirlo a nuovi approcci intellettuali, dallaltro di custodirne lintegrit e loriginalit. Gli stessi vangeli riflettono questo sforzo, come appare in maniera pi chiara nel testo giovanneo caratterizzato da una densa riflessione teologica, riconoscibile gi nel celebre prologo: levento dellincarnazione, narrato dai sinottici, trovava ricomprensione nella teologia del Logos, molto pi affine al mondo ellenistico. Lelaborazione necessaria avveniva nei luoghi tipici della vita cristiana ed ecclesiale. Lambito catechistico: nel I e II secolo si diffondono alcune formule di fede che riassumono sinteticamente linsegnamento degli apostoli e lo consegnano alle comunit (Pseudo Clemente, I,4-8). Lambito liturgico battesimale: prima del battesimo era richiesta la professione di fede che si delinea in termini triadici, la stessa formula utilizzata nel battesimo del catecumeno (Tr. Ap. 21).
Per questa ragione, la nostra nuova nascita il battesimo ha luogo grazie a questi tre articoli, che ci portano la grazia della nuova nascita in Dio Padre, per mezzo di Dio Figlio nello Spirito Santo. Poich coloro che portano lo Spirito di Dio sono condotti al Verbo, cio al Figlio, ma il Figlio li presenta al Padre, ed il Padre dona la incorruttibilit. Cos, dunque, senza lo Spirito non possibile vedere il Figlio di Dio, e senza il Figlio nessuno pu avvicinarsi al Padre, in quanto il Figlio la conoscenza del Padre, e la conoscenza del Figlio avviene mediante lo Spirito Santo.2

Lambito della celebrazione eucaristica: grande significato veniva attribuito al carattere trinitario del sanctus e allepiclesi sulle offerte.

IRENEO, Dimostrazione della fede apostolica, 7.

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Lambito della vita cristiana quotidiana: la confessione di fede ritornava nellacrostico icqj [icthus], riconoscimento dellidentit in relazione allidentit di Ges Cristo Figlio di Dio Salvatore, nella preghiera del quotidiano e nellesperienza del martirio. Si ricordi, ad esempio, la preghiera del vecchio vescovo Policarpo di Smirne, prima di bruciare sul rogo: la preghiera al Padre, sentito ed espresso con la terminologia di sapore AT, colta per alla luce della nuova fede; chiara e affettuosa la fede in Ges Figlio di Dio; pi sobria la fede nello Spirito Santo cui attribuita lincorruttibilit.
Messe le mani dietro alla schiena, fu legato, come un montone scelto da un grande gregge in olocausto accetto a Dio onnipotente, e disse: "Padre del tuo amato e benedetto Figlio Ges Cristo, per mezzo del quale ti abbiamo conosciuto, Dio degli angeli e delle potest, ti benedico per avermi ritenuto degno di questo giorno e di questo momento, rendendomi partecipe, nel numero dei martiri, del calice del tuo Cristo per la risurrezione dell'anima e del corpo nella vita eterna e nell'incorruttibilit dello Spirito Santo. (Mart. Pol. XIV, 1-3)

Interessante la complementariet di questi approcci al mistero della fede, raggiunto e custodito con il contributo di tutti. La sforzo di riunificazione condusse alla stessa enucleazione del Simbolo degli Apostoli che raccoglieva due simboli precedenti: uno trinitario, di derivazione battesimale; uno cristologico che affermava la divinit di Ges Cristo.

Verso il 175-180 le due professioni di fede si fusero insieme dando luogo dapprima ad uno schema domanda-risposta, poi, nel IV secolo, alla versione che conosciamo. Data la posizione privilegiata della chiesa di Roma, il Simbolo degli Apostoli, riusc ad affermarsi rapidamente in tutto il mondo di lingua latina. Successivamente, lapprofondimento teologico operato nella riflessione e nella predicazione di numerosi padri e pensatori cristiani, nonch il confronto del cristianesimo con leresia o con posizioni non sempre riconoscibili nella fede, condussero la Chiesa allelaborazione di una formulazione pi estesa del simbolo sancita nel Concilio di Nicea (325) e in quello di Costantinopoli (381). Il Concilio di Nicea fu convocato da Costantino in seguito alla crisi provocata cio da Ario (256336), presbitero di Alessandria, che negava la divinit di Ges Cristo. Ario sosteneva che lunit di Dio fosse incompatibile con la pluralit delle persone divine: il Figlio di Dio, Cristo (cio il Verbo) non ha la stessa natura del Padre (Dio), ma la sua prima creatura e, insieme, il tramite per la creazione degli altri esseri. Linevitabile conseguenza di questa posizione che lincarnazione e la resurrezione di Cristo non sono eventi divini e che la redenzione non avviene attraverso di essi o tramite la mediazione della Chiesa. La polemica nasceva dalla terminologia greca impiegata: per caratterizzare la nozione di divinit, infatti, si utilizzavano i termini filosofici sostanza (ousa in greco) e persona (hypstasis in greco). L'insegnamento ortodosso del Cristianesimo ai tempi di Ario propugnava dunque la dottrina di Dio Padre e Dio Figlio come due persone distinte con una sola sostanza.
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Ora, Ario sostiene la non consustanzialit (homousa in greco) del Padre e del Figlio: essi non sono fatti della stessa sostanza e solamente il Padre Dio. Contro Ario si schiera Atanasio (295-373), vescovo di Alessandria, che propugna lunit e la Trinit di Dio, tesi accolta dal Concilio di Nicea che sancir la dottrina dellunit di Dio e della divinit del Figlio. Dopo le prime discussioni, l'assemblea adott il simbolo della chiesa di Cesarea, che modific per eliminare ogni ambiguit interpretativa.
PROFESSIONE DI FEDE DEI 318 PADRI Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili ed invisibili. Ed in un solo Signore, Ges Cristo, figlio di Dio, generato, unigenito, dal Padre, cio dalla sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato ( ), della stessa sostanza del Padre [secondo i Greci: consustanziale], ( ) mediante il quale sono state fatte tutte le cose, sia quelle che sono in cielo, che quelle che sono sulla terra. Per noi uomini e per la nostra salvezza egli discese dal cielo, si incarnato, si fatto uomo, ha sofferto e risorse il terzo giorno, sal nei cieli, verr per giudicare i vivi e i morti. Crediamo nello Spirito Santo. Ma quelli che dicono: Vi fu un tempo in cui egli non esisteva; e: prima che nascesse non era; e che non nacque da ci che esisteva, o da unaltra ipostasi o sostanza che il Padre, o che affermano che il Figlio di Dio possa cambiare o mutare, questi la Chiesa cattolica e apostolica li condanna.

Gli elementi caratterizzanti del simbolo sono: Figlio di Dio pu essere inteso solo come dalla sostanza del Padre e dunque consustanziale al Padre; egli, quindi, generato, non creato: una generazione interna a Dio stesso; Vero Dio come il Padre. L'ultimo termine utilizzato stato particolarmente criticato nel corso della storia, poich si tratta di un termine filosofico. Si detto che il linguaggio della Scrittura sarebbe stato sostituito da quello filosofico: eppure, proprio la necessit di comprendere il senso della Scrittura, unito all'esigenza di trasmettere questo senso a tutti gli uomini e a tutte le generazioni, esigeva questo passo. Si tenga presente che non si us pedissequamente il linguaggio filosofico di allora, ma che lo si modific in modo creativo, per esprimente la novit irriducibile dell'evento cristiano. Con una bella formula di B. Sesbo: L'ellenizzazione del linguaggio della fede messa a servizio della deellenizzazione del suo contenuto. Il Concilio di Costantinopoli (381). Il Concilio di Nicea concludeva la sua formulazione con un breve riferimento allo Spirito Santo: Crediamo nello Spirito Santo, verit attestata gi nella confessione
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neotestamentaria della fede. Si era battezzati, infatti, uniformemente al comando di Cristo, nel nome delle tre Persone divine. Attorno al 360, per, quando si inizi a risolvere a livello teologico la questione della divinit del Figlio, sorse la difficolt nella comprensione di quella dello Spirito, poich quest'ultimo non era generato e quindi sembrava non poter essere considerato della stessa natura del Padre. Leresia nasceva da pi fronti. L'arianesimo che negava la divinit del Figlio rinasceva sotto altra forma negando quella dello Spirito: come il Figlio sarebbe stata la prima creatura del Padre, lo Spirito sarebbe stata la prima del Figlio (figlio del Figlio!). Come dissero i Padri: Larianesimo cambiava nome, ma non la sua malizia. Ricondotto lo Spirito nellambito delle realt create vi era chi lo considerava una divinit intermedia o una creatura angelica di elevata dignit che interveniva nella creazione del mondo, come credevano alcuni gruppi di cristiani in Egitto e come testimonia il carteggio tra il vescovo Serapione di Tmuis e Atanasio. Ma anche sullintervento creazionale da parte dello Spirito cera dibattito aperto poich gli pneumatomachi di oriente o macedoniani (da Macedonio, patriarca di Costantinopoli 361) affermavano che le cose non erano state create da Lui, n per mezzo di Lui, ma in Lui. La terza Persona sarebbe il Santificatore, ma non il Creatore.

La riflessione cristiana, animata soprattutto dal contributo di Atanasio e di Basilio, approd al Concilio di Costantinopoli convocato da Teodosio nel 381. Al simbolo niceno, che fu riaffermato e che si concludeva con le parole Credo nello Spirito Santo, i padri constantinopolitani aggiunsero: che Signore, e d la vita, e procede dal Padre, e con il Padre e il Figlio adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti. Con il termine "Signore" (Dominus) affermavano la piena divinit , e condannavano la subordinazione al Figlio; con le parole d la vita indicavano lonnipotenza divina dello Spirito Santo con riferimento al suo ruolo di creatore e di ricreatore; questa vita da Lui comunicata gli viene dal Padre, dal quale procede, come si dice nella terza aggiunta. Cosi la terza Persona non ingenerata come il Padre, n generata come il Figlio, ma sempre Dio, perch procede dal Padre nell'eternit, e non creato nel tempo come il resto degli esseri; in virt di tale divino procedere lo Spirito appartiene e struttura il mistero trinitario, come Cristo aveva rivelato: Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, perci ogni persona divina, essendo unita nella medesima natura, condivide la stessa gloria. Proprio per questo lo Spirito adorato e conglorificato con il Padre e con il Figlio . Con una ripetizione del con, aggiunto anche al verbo in modo tale da rafforzare l'affermazione; lidea di processione reca con s anche quella del movimento: lo Spirito il movimento damore che abita il mistero della Trinit, Amore che lega lAmante allAmat o;
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viene affermata la verit storico salvifica dello Spirito attestata nella Scrittura mediante il riferimento ha parlato per mezzo dei profeti.

IL SIMBOLO DEI CENTOCINQUANTA PADRI Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e di quelle invisibili: e in un solo signore Ges Cristo, figlio unigenito di Dio, generato dal Padre prima di tutti i secoli, luce da luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato, della stessa sostanza del Padre, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose. Per noi uomini e per la nostra salvezza egli discese dal cielo, prese carne dallo Spirito Santo e da Maria vergine, e divenne uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, fu sepolto e risuscit il terzo giorno secondo le Scritture, sal al cielo, si sedette alla destra del Padre: verr nuovamente nella gloria per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avr fine. Crediamo anche nello Spirito Santo, che Signore e d vita, che procede dal Padre; che col Padre e col Figlio deve essere adorato e glorificato, ed ha parlato per mezzo dei Profeti. Crediamo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Crediamo un solo battesimo per la remissione dei peccati e aspettiamo la resurrezione dei morti, e la vita del secolo futuro. Amen.

Ci saranno altre questioni che ulteriormente porteranno a riflettere sul Credo, in particolare in occasione del Concilio di Efeso (431) e di Calcedonia (451). Le due formulazioni originarie per Simbolo degli Apostoli e Simbolo niceno-costantinopolitano rimasero come pietre miliari per la comprensione della fede ecclesiale di ogni tempo. Ancor oggi essi rimangono come riferimento dellunica fede della Chiesa indivisa. 5. Perch il simbolo Osserva papa Benedetto XVI: Ges il Signore - la confessione comune della Chiesa, il fondamento sicuro di tutta la vita della Chiesa. Da queste parole si sviluppata tutta la confessione del Credo Apostolico, del Credo Niceno. 3 Nel Credo comprendiamo come la fede sia sempre la stessa e insieme sempre nuova, come la riflessione, la preghiera e la vita della Chiesa abbiano approfondito il dato fondamentale mettendone in evidenza sempre nuova ricchezza. Scrive Vincenzo di Lerins, monaco del V secolo:
Qualcuno forse potr domandarsi: non vi sar mai alcun progresso della religione nella Chiesa di Cristo? Vi sar certamente e anche molto grande. Bisogna tuttavia stare bene attenti che si tratti di un vero progresso della fede e non di un cambiamento. Il vero progresso avviene mediante lo sviluppo interno. Il cambiamento invece si ha quando una dottrina si trasforma in unaltra. necessario dunque che, con il progredire dei tempi, crescano e progrediscano quanto pi possibile la comprensione, la scienza e la sapienza cos dei singoli come di tutti, tanto di uno solo, quanto di tutta la Chiesa. Devono per rimanere sempre uguali il genere della dottrina, la dottrina
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BENEDETTO XVI, Discorso in occasione del convegno della Diocesi di Roma, 26 maggio 2009.

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stessa, il suo significato e il suo contenuto. La religione delle anime segue la stessa legge che regola la vita dei corpi [... ]. Questo lordine meraviglioso disposto dalla natura per ogni crescita. Anche il dogma della religione cristiana deve seguire queste leggi. Progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con let. necessario per che resti sempre assolutamente intatto e inalterato. I nostri antenati hanno seminato gi dai primi tempi nel campo della Chiesa il seme della fede. Sarebbe assurdo e incredibile che noi, loro figli, invece della genuina verit del frumento, raccogliessimo il frutto della frode cio dellerrore della zizzania. anzi giusto e del tutto logico escludere ogni contraddizione tra il prima e il dopo. Noi mietiamo quello stesso frumento di verit che fu seminato e che crebbe fino alla maturazione. Poich dunque c qualcosa della prima seminagione che pu ancora svilupparsi con landar del tempo, anche oggi essa pu essere oggetto di felice e fruttuosa coltivazione.4

Questa pagina aiuta a comprendere lesigenza intrinseca alla fede di crescere e di maturare , senza perdere se stessa. In tale maturazione vi lesigenza di mantenere una sintesi armonica e coerente che preservi dalla frammentazione e ricerchi lunit. Il simbolo garantisce lunit della fede mediante la proclamazione di quegli articoli che, come giunture di un organismo5, custodiscono la verit professata e coloro che la professano per non essere come bambini sballottati qua e l da qualsiasi vento e dottrina (cf. Ef 4,14). Unit veritativa. C ununica verit che corrisponde a Colui che la Verit (cf. Gv 14,6). Le diverse verit cristiane sono articolazione di quello che Cristo ci ha fatto conoscere di s, del mistero di Dio, di noi, del mondo. In lui, pienezza della rivelazione, tutto trova un senso, ununit di significati e una direzione. Le singole verit sono larticolazione dellunica Verit, che sempre verit dellamore che si declina in salvezza e comunione con Dio. Quando si mette in discussione una verit della fede occorre interrogare le ripercussioni sulla verit di Dio e su quello che in Cristo ci ha fatto conoscere. Si pensi ad esempio alla crisi ariana: lidea era quella di salvaguardare la trascendenza di Dio, collocando Ges nellambito delle creature. Ma le conseguenze andavano a smentire esattamente la verit dellamore che Dio in Ges voleva farci conoscere: amore che salva! Una creatura, per quanto eccelsa, non ci pu salvare. Cos importante il percorso inverso e che cio da colui che la verit se ne conservino tutte le articolazioni che consentono alla verit di raggiungerci, di potersi dire e dare, di poter agire. Pensiamo ad esempio alla distanza incolmabile tra il Ges della storia e il Cristo della fede, sancita dalla teologia liberale nel XIX sec. Secondo tale posizione il Ges raccontato dalla tradizione neotestamentaria non sarebbe quello della sua concreta vicenda storica poich la comprensione della fede avrebbe alterato il dato originario. Questo conduceva alcuni a sancirne lirrimediabile perdita, altri alla pretesa di ripulire il substrato primitivo dalle
VINCENZO DI LERINS, Primo Commonitorio, cap. 23 in: PL 50, 667-668. Di Vincenzo di Lerins la formula: quod semper, quod ubicumque, quod ab omnibus (ci che creduto da sempre, cio dalle origini del cristianesimo, ci che creduto dovunque, in ogni luogo dove vivono i cristiani, e ci che creduto da tutti, da tutti coloro che sono cristiani).
Ogni molteplicit proviene da qualcosa di semplice. Le molte membra dell'uomo, da un uovo fecondato. Le dodici

enunciazioni del credo apostolico, anzitutto da queste tre domande particolari: Credi in Dio Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo? [] Queste tre "vie di accesso" a loro volta si diramano in dodici "articoli" ("articulus" indica in latino la giuntura che tiene unite fra loro le membra). Cf. H.U. VON BALTHASAR, Il Credo, Jaca Book, Milano, 1991, p. 31.

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incrostazioni successive. Lesito fu deludente poich il Ges demitizzato risultava meno credibile di quello narrato dai vangeli che rileggono alla luce della fede - quella stessa fede che Ges suggeriva - la vicenda storica del rabbi di Galilea: non c altra strada se non quella della fede per ritrovarne lautenticit.6 Il Simbolo ci ricorda questo legame: la possibilit di incontro reale e pieno con Ges possibile nellintreccio della verit creduta su di lui senza la quale egli rimane una presenza evanescente o un personaggio della storia. Unit della Scrittura. La Scrittura ci consegna il grande dialogo tra Dio e lumanit ricco di innumerevoli passaggi e stagioni. Un dialogo che trova per il suo vertice nella Parola fatta carne: Ges Cristo. Il Simbolo ci restituisce lunit di tale disegno damore, dalle sue sorgenti nel mistero di Dio, al suo corso creazionale, alla piena manifestazione in Cristo. Il Credo diviene chiave dellinterpretazione, la vera ermeneutica delle Scritture e della loro unit. Il riferimento esplicito, nel simbolo niceno-costantinopolitano, a Cristo risuscitato secondo le Scritture ci fa comprendere come nellevento della risurrezione vi sia il compimento del mistero salvifico che nella Scrittura lungamente atteso e pazientemente realizzato. Unit antropologica. Nel Simbolo vi anche un disegno sulluomo alla luce delleconomia della salvezza per ritrovarlo alla luce di un progetto creazionale, nel mistero della redenzione, nella prospettiva della gloria futura. La traditio Symboli che la Chiesa anticamente faceva ai catecumeni non era solo un modo per consegnare loro la fede, quanto la modalit per indicare la nuova umanit che ciascuno era chiamato ad interpretare alla luce del mistero di Cristo. E la redditio Symboli ne esprimeva la consapevolezza e la tensione di ciascuno nel ricostituire in unit la propria vita. La prima parola del Simbolo gi espressiva: Io credo. Lunit delluomo cercata nella direzione della fede di cui capace e che d orientamento alla sua esistenza: trovo me stesso credendo, affidandomi ad un progetto che interpella la mia libert nel tempo. Ma lunit gli viene anche dalloggetto stesso della fede, dal modo cio con cui Dio si manifesta rivelando il modo con cui ha pensato luomo: un uomo nel quadro della sua creazione, un uomo per la cui salvezza non esita a discendere dal cielo, un uomo chiamato alla vita eterna. Mentre il cristiano professa la verit di Dio, esprime anche la propria verit contro ogni riduzione o alterazione. Unit della Chiesa. Il simbolo niceno-costantinopolitano confessa la chiesa una, ma tale verit precede la dichiarazione stessa, nel senso che professando la medesima fede la Chiesa gi consolidata nellunit. Laccento sulla personale adesione di fede io credo legato al momento battesimale (cf. Traditio di Ippolito) non deve mai perdere di vista la plurale affermazione noi crediamo (pisteomen) con cui si apre loriginaria dichiarazione niceno-costantinopolitana. Il

Cf. BENEDETTO XVI, Ges di Nazaret, Libreria Editrice Vaticana, Citt del Vaticano, 2007. Nella premessa il Papa presenta alcuni autori - cita in particolare Harnack - che hanno affermato che Ges lannunziatore di Dio come Padre, ma lui non ne il Figlio: secondo questa presentazione, che il pontefice contesta, Ges sarebbe solo uno dei tanti uomini che avrebbero detto che c un Padre nei cieli. Se questo fosse vero, sarebbe spezzato il rapporto di comunione tra il Padre ed il Figlio. Ges parlerebbe di Dio come Padre, pur non essendone Figlio.

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soggetto prioritario della professione di fede la comunit formata in risposta a ci che gli apostoli hanno visto e testimoniato (cf 1Gv 1,1-3).
1Gv 1,1

Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri 2 occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifest, noi l'abbiamo veduta e di ci diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso 3 il Padre e che si manifest a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perch anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione con il Padre e con il Figlio suo, Ges Cristo.

la risposta al seme dia-bolico della divisione e la possibilit di partecipare e affermare lappartenenza allunico corpo di Cristo e alla vita divina dischiusa dal Battesimo e corroborata dallEucaristia. un principio di unit e di fraternit universale che rende ciascuna chiesa cattolica, legata cio in maniera indissolubile alle altre, come ben chiariva la conclusione del Credo di Aquileia:
Al di fuori di questa fede, che comune a Roma, Alessandria e Aquileia, e che si professa anche a Gerusalemme, altra non ho avuto, non ho e non ne avr 7 in nome di Cristo. Amen.

un appello alla comunione universale mediante il quale la Chiesa ricorda la sua vocazione, di essere segno e strumento dell'intima unione con Dio e delunit di tutto il genere umano (LG 1). Il Credo dunque, mentre ci identifica come cristiani, ricorda lesigenza di unapertura mediante la quale ogni uomo, fino agli estremi confini della terra, possa ritrovare laccesso a Dio e la familiarit con lui.

Riportato in: A BOLLIN, Il credo della Chiesa di Aquileia, in Rivista della Diocesi di Vicenza, 97(2006)2, p. 181.

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Omelia di Benedetto XVI alla Spianata dellIslinger Feld, Regensburg - Marted, 12 settembre 2006 "Chi crede non mai solo". Permettetemi di riprendere ancora una volta il motto di questi giorni e di esprimere la mia gioia perch qui possiamo vederlo realizzato: la fede ci riunisce e ci dona una festa. Ci dona la gioia in Dio, la gioia per la creazione e per lo stare insieme.[]. Ci siamo riuniti per una festa della fede. Ora, per, emerge la domanda: Ma che cosa crediamo in realt? Che cosa significa: credere? Pu una tale cosa di fatto ancora esistere nel mondo moderno? Vedendo le grandi "Somme" di teologia redatte nel Medioevo o pensando alla quantit di libri scritti ogni giorno in favore o contro la fede, si tentati di scoraggiarsi e di pensare che questo tutto troppo complicato. Alla fine, vedendo i singoli alberi, non si vede pi il bosco. Ed vero: la visione della fede comprende cielo e terra; il passato, il presente, il futuro, l'eternit e perci non mai esauribile. E tuttavia, nel suo nucleo molto semplice. Il Signore stesso, infatti, ne ha parlato col Padre dicendo: "Hai voluto rivelarlo ai semplici a coloro che sono capaci di vedere col cuore" (cfr Mt 11,25). La Chiesa, da parte sua, ci offre una piccolissima "Somma", nella quale tutto l'essenziale espresso: il cosiddetto "Credo degli Apostoli". Esso viene di solito suddiviso in dodici articoli secondo il numero dei dodici Apostoli e parla di Dio, Creatore e Principio di tutte le cose, di Cristo e la sua opera della salvezza, fino alla risurrezione dei morti e alla vita eterna. Ma nella sua concezione di fondo, il Credo composto solo di tre parti principali, e secondo la sua storia non nient'altro che un'amplificazione della formula battesimale, che lo stesso Signore risorto consegn ai discepoli per tutti i tempi quando disse loro: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19). In questa visione si dimostrano due cose: la fede semplice. Crediamo in Dio in Dio, principio e fine della vita umana. In quel Dio che entra in relazione con noi esseri umani, che la nostra origine e il nostro futuro. Cos la fede, contemporaneamente, sempre anche speranza, la certezza che noi abbiamo un futuro e non cadremo nel vuoto. E la fede amore, perch l'amore di Dio vuole "contagiarci". Questa la prima cosa: noi semplicemente crediamo in Dio, e questo porta con s anche la speranza e l'amore. Come seconda cosa possiamo costatare: il Credo non un insieme di sentenze, non una teoria. , appunto, ancorato all'evento del Battesimo ad un evento d'incontro tra Dio e l'uomo. Dio, nel mistero del Battesimo, si china sull'uomo; ci viene incontro e in questo modo ci avvicina gli uni agli altri. Perch il Battesimo significa che Ges Cristo, per cos dire, ci adotta come suoi fratelli e sorelle, accogliendoci con ci come figli nella famiglia di Dio. In questo modo fa quindi di tutti noi una grande famiglia nella comunit universale della Chiesa. S, chi crede non mai solo. Dio ci viene incontro. Incamminiamoci anche noi verso Dio, allora ci avviciniamo gli uni agli altri! Non lasciamo solo, per quanto sta nelle nostre forze, nessuno dei figli di Dio! Noi crediamo in Dio. Questa la nostra decisione di fondo. Ma ora di nuovo la domanda: questo possibile ancora oggi? una cosa ragionevole? Fin dall'illuminismo, almeno una parte della scienza s'impegna con solerzia a cercare una spiegazione del mondo, in cui Dio diventi superfluo. E cos Egli dovrebbe diventare inutile anche per la nostra vita. Ma ogniqualvolta poteva sembrare che ci si fosse quasi riusciti sempre di nuovo appariva evidente: i conti non tornano! I conti sull'uomo, senza Dio, non tornano, e i conti sul mondo, su tutto luniverso, senza di Lui non tornano. In fin dei conti, resta l'alternativa: che cosa esiste all'origine? La Ragione creatrice, lo Spirito Creatore che opera tutto e suscita lo sviluppo, o l'Irrazionalit che, priva di ogni ragione, stranamente produce un cosmo ordinato in modo matematico e anche l'uomo, la sua ragione. Questa, per, sarebbe allora soltanto un risultato casuale dell'evoluzione e quindi, in fondo, anche una cosa irragionevole. Noi cristiani diciamo: "Credo in Dio Padre, Creatore del cielo e della terra" credo nello Spirito Creatore. Noi crediamo che all'origine c' il Verbo eterno, la Ragione e non l'Irrazionalit.

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Con questa fede non abbiamo bisogno di nasconderci, non dobbiamo temere di trovarci con essa in un vicolo cieco. Siamo lieti di poter conoscere Dio! E cerchiamo di rendere accessibile anche agli altri la ragionevolezza della fede, come, nella sua Prima Lettera, san Pietro esplicitamente ha esortato a fare i cristiani del suo tempo e con loro anche noi (cfr 3,15)! Noi crediamo in Dio. Lo affermano le parti principali del Credo e lo sottolinea soprattutto la sua prima parte. Ma ora segue subito la seconda domanda: in quale Dio? Ebbene, crediamo appunto in quel Dio che Spirito Creatore, Ragione creativa, da cui proviene tutto e da cui proveniamo anche noi. La seconda parte del Credo ci dice di pi. Questa Ragione creativa Bont. Amore. Essa possiede un volto. Dio non ci lascia brancolare nel buio. Si mostrato come uomo. Egli tanto grande da potersi permettere di diventare piccolissimo. Chi ha visto me ha visto il Padre, dice Ges (Gv 14,9). Dio ha assunto un volto umano. Ci ama fino al punto da lasciarsi per noi inchiodare sulla Croce, per portare le sofferenze dellumanit fino al cuore di Dio. Oggi, che conosciamo le patologie e le malattie mortali della religione e della ragione, le distruzioni dellimmagine di Dio a causa dellodio e del fanatismo, importante dire con chiarezza in quale Dio noi crediamo e professare convinti questo volto umano di Dio. Solo questo ci libera dalla paura di Dio un sentimento dal quale, in definitiva, nacque lateismo moderno. Solo questo Dio ci salva dalla paura del mondo e dallansia di fronte al vuoto della propria esistenza. Solo guardando a Ges Cristo, la nostra gioia in Dio raggiunge la sua pienezza, diventa gioia redenta. Volgiamo durante questa celebrazione solenne dellEucaristia il nostro sguardo sul Signore che qui davanti a noi innalzato sulla croce e chiediamo a Lui la grande gioia che, nellora del suo congedo, Egli ha promesso ai discepoli (cfr Gv 16,24)! La seconda parte del Credo si conclude con la prospettiva del Giudizio finale e la terza con quella della risurrezione dei morti. Giudizio non che con ci ci viene inculcata nuovamente la paura? Ma, non desideriamo forse tutti che un giorno sia fatta giustizia per tutti i condannati ingiustamente, per quanti hanno sofferto lungo la vita e poi da una vita piena di dolore sono stati inghiottiti nella morte? Non vogliamo forse tutti che leccesso di ingiustizia e di sofferenza, che vediamo nella storia, alla fine si dissolva; che tutti in definitiva possano diventare lieti, che tutto ottenga un senso? Questa affermazione del diritto, questo congiungimento di tanti frammenti di storia che sembrano privi di senso, cos da integrarli in un tutto in cui dominino la verit e lamore: questo che sintende col concetto di Giudizio del mondo. La fede non vuol farci paura; vuole per chiamarci alla responsabilit! Non dobbiamo sprecare la nostra vita, n abusare di essa; neppure dobbiamo tenerla semplicemente per noi stessi; di fronte allingiustizia non dobbiamo restare indifferenti, diventandone conniventi o addirittura complici. Dobbiamo percepire la nostra missione nella storia e cercare di corrispondervi. Non paura ma responsabilit responsabilit e preoccupazione per la nostra salvezza, e per la salvezza di tutto il mondo sono necessarie. A ci, ciascuno deve dare il proprio contributo. Quando, per, responsabilit e preoccupazione tendono a diventare paura, allora ricordiamoci della parola di san Giovanni: Figlioli miei, vi scrivo queste cose perch non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Ges Cristo giusto (1 Gv 2,1). Qualunque cosa il nostro cuore ci rimproveri Dio pi grande del nostro cuore ed Egli conosce ogni cosa (1 Gv 3,20).

Per approfondire J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia, 2005, p. 74-92. (Cap. II - La forma ecclesiale della fede).

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Alcuni passaggi del Credo del popolo di Dio pronunciato solennemente da Paolo VI il 30 giugno 1968

"Noi crediamo in un solo Dio..."


Noi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, Creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altres angeli, e Creatore in ciascun uomo dell'anima spirituale e immortale. [] Noi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Figlio; al Figlio, Verbo di Dio, che eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal Figlio come loro eterno Amore. In tal modo, nelle tre Persone divine, coeterne e coeguali, sovrabbondano e si consumano, nella sovreccellenza e nella gloria proprie dell'Essere increato, la vita e la beatitudine di Dio perfettamente uno; e sempre deve essere venerata l'Unit nella Trinit e la Trinit nell'Unit. [] Noi crediamo in nostro signore Ges Cristo, Figlio di Dio. Egli il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri; e per mezzo di lui tutto stato fatto. Egli si incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria, e si fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la divinit, e inferiore al Padre secondo l'umanit, ed egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature, ma per l'unit della persona. [] Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verit. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in s ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo comandamento nuovo, di amarci gli uni gli altri com'egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povert in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volont di pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di s i peccati del mondo, ed morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo sangue redentore. Egli stato sepolto e, per suo proprio potere, risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Risurrezione alla partecipazione della vita divina, che la vita della grazia. Egli salito al cielo, e verr nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicch andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all'Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all'ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto. E il suo Regno non avr fine. [] Noi crediamo nello Spirito Santo, che Signore e dona la vita; che adorato e glorificato col Padre e col Figlio. Egli ci ha parlato per mezzo dei Profeti, ci stato inviato da Cristo dopo la sua Risurrezione e la sua Ascensione al Padre; egli illumina, vivifica, protegge e guida la Chiesa, ne purifica i membri, purch non si sottraggano alla sua grazia. La sua azione, che penetra nell'intimo dell'anima, rende l'uomo capace di rispondere all'invito di Ges: Siate perfetti com' perfetto il Padre vostro celeste. Noi crediamo nella Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, edificata da Ges Cristo sopra questa pietra, che Pietro. Essa il Corpo mistico di Cristo, insieme societ visibile, costituita di organi gerarchici, e comunit spirituale; essa la Chiesa terrestre, Popolo di Dio pellegrinante quaggi, e la Chiesa ricolma dei beni celesti; essa il germe e la primizia del Regno di Dio, per mezzo del quale continuano, nella trama della storia umana, l'opera e i dolori della Redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di l del tempo, nella gloria. Nel corso del tempo, il Signore Ges forma la sua Chiesa mediante i Sacramenti, che emanano dalla sua pienezza. E con essi che la Chiesa rende i propri membri partecipi del mistero della Morte e della Risurrezione di Cristo, nella grazia dello Spirito Santo, che le dona vita e azione. Essa dunque santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacch essa non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l'irradiazione della Sua Santit. Perci la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui ha il potere di guarire i suoi figli con il Sangue di Cristo ed il dono dello Spirito Santo. [] Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggi nella Chiesa di Cristo, non di questo mondo, la cui figura passa; e che la sua vera crescita non pu esser confusa con il progresso della civilt, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre pi profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre pi fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre pi ardentemente all'amore di Dio, e nel dispensare sempre pi abbondantemente la grazia e la santit tra gli uomini. Ma questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che essi non hanno quaggi stabile dimora, essa li spinge anche a contribuire ciascuno secondo la propria vocazione ed i propri mezzi al bene della loro citt terrena, a promuovere la giustizia, la pace e la fratellanza tra gli uomini, a prodigare il loro aiuto ai propri fratelli, soprattutto ai pi poveri e ai pi bisognosi. L'intensa sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per le necessit degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in lui, unico loro Salvatore. Tale sollecitudine non pu mai significare che la Chiesa conformi se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l'ardore dell'attesa del suo Signore e del Regno eterno. [] Sia benedetto Dio santo, santo, santo. Amen. Pronunciato davanti alla Basilica di San Pietro, il 30 giugno dell'anno 1968, sesto del Nostro Pontificato. PAOLO PP. VI

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