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it r marzo/aprile 2013
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di Luigi Franchi
Progettare il cibo
Il food design, disciplina etica
La differenza tra food stylist e food designer ce la racconta Maria
Greco Naccarato che, tra i tanti ruoli professionali ama defnir-
si urban chef (ma questa un`altra storia): 'Quando svolgo il
lavoro di food stylist ho il compito di evitare l`invecchiamento
del cibo, facendone emergere la parte estetica migliore per un
set fotografco ad esempio. Mentre a volte mi capita di affron-
tare un`altra parte della valorizzazione del cibo, stimolandone il
consumo attraverso una particolare rappresentazione. Qui entra
in gioco il food designer, con specifche competenze. L`ultimo
lavoro importante stato per il marchio Sanbittr del gruppo
S.Pellegrino, per cui ho ideato ricette di food design in abbi-
namento all`aperitivo. Tra queste vien voglia di assaggiare il
Lollipop di mortadella, un fnger food con mortadella, ricotta,
Parmigiano Reggiano, pistacchi, uvetta e pepe.
Mestiere intrigante quello del food designer, arte recente che ora
dispone anche di master e vanta un crescente numero di tesi uni-
versitarie, ma che non pu prescindere da una fgura chiave che,
esattamente dieci anni fa, registr il dominio www.fooddesign.it
e diede vita al Food Design Studio, condividendone le idee con
Roberto Carcangiu, chef docente nonch collaboratore della no-
stra rivista. Il personaggio di cui parliamo l`architetto Paolo
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Barichella che, un decennio dopo, commenta l`e-
voluzione del tema: 'Il Food Design una specif-
ca area del progetto che si occupa di produrre so-
luzioni effcaci per la fruibilit del cibo in precisi
contesti e situazioni. Si propone di dare forma alle
interfacce nel modo pi adeguato alle circostanze
in cui il prodotto viene consumato. Ergonomia,
antropometria, accessibilit e usabilit sono alcu-
ne delle caratteristiche prioritarie che il progetto
deve assolutamente rispettare per potersi defnire
di Food Design. La producibilit e la riproducibi-
lit industriale sono la condizione per la quale un
progetto ha un senso oppure no. Idee creative che
non trovano possibilit di sviluppo per entrare sul
mercato con il fne di offrire un servizio alle per-
sone, sono solo pure esercitazioni stilistiche fni a
se stesse. Il design da consumare, non da guarda-
re e quello effcace quello che viene comprato e
usato. Tenendo sempre in mente questo concetto,
nel loro laboratorio di architettura alimentare, Ba-
richella e Carcangiu danno vita ad oggetti che non
seducono solamente i sensi, ma anche l`ambiente,
esaltandone il rispetto, come Take Eat, contenitori
ottenuti stampando materia alimentare a base di
farine diverse, amidi e sostanze naturali biocom-
patibili. 'Da usa e getta a usa e mangia - racconta
Roberto Carcangiu - e, per noi, non un mero eser-
cizio di stile. Anche nella creazione di piatti met-
tiamo tanta concretezza. E questa la differenza
che c` fra un piatto da fotografare in un concorso,
e quello che invece, per una serie di dati oggettivi
il piatto che si servir in azienda. Come avrete
gi capito, sono due discipline, che s`incontrano,
e cercano di mettersi l`una al servizio dell`altra,
per migliorare ed ottimizzare tutta una serie d`a-
spetti legati al mondo del cibo. In tutto questo, fra
le altre cose, esiste una forte volont di rendere il
tutto come valore aggiunto ai cibi italiani e quindi
non replicabile in qualsivoglia modo, per capirci
posso presentare il mio pecorino come voglio ma
certo che quel tipo di formaggio mi porter in
Italia, esercizio di stile per dare valore aggiunto,
ma senza snaturare il prodotto stesso.
Giovani designer avanzano
L`applicabilit resta il fattore distintivo del lavoro
di un food designer, ce lo ribadisce Sara Ferrari
che ha abbracciato con convinzione questo per-
corso, pur sapendo quanta complessit e strada da
affrontare ha davanti, nonostante una realt, come
quella italiana, dove il cibo ha un ruolo fondamen-
tale nella vita quotidiana ma con poca tendenza
all`innovazione delle sue forme. Un progetto di
design, a volte, spesso, viene scartato o non preso
in considerazione perch considerato troppo co-
stoso ai fni della produzione: 'Purtroppo questo
molto vero, ma non dovrebbe essere cos. C`
molta confusione su cosa sia davvero il design ed
colpa di chi l`ha sottovalutato o non l`ha saputo
prendere seriamente: le aziende in primis, ma an-
che i designer stessi conferma Sara Ferrari.
Ma il design una linea di pensiero, un approccio
migliorativo verso il mondo in generale. 'Con il
design thinking` si possono apportare cambia-
menti importanti non soltanto agli oggetti materia-
li. Potrebbero sicuramente nascere strategie inte-
ressanti unendo una mente creativa a un produttore
di alimenti. Il design apporta valori importanti che
possono davvero migliorare ogni cosa, se usato
nel modo giusto naturalmente sostiene la giova-
ne designer, ideatrice del progetto Dining Agenda
nato per un concorso che chiedeva di immaginare
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la pausa pranzo nel 2015. L`idea nata pensando a quanto poco
tempo sia abbia oggi per spendere il proprio lunch break e a ci
che si fa mentre si mangia, come lo scrivere dappertutto i pro-
grammi del resto della giornata o schizzare sui tovagliolini del
bar le idee che 'frullano per la testa. E quindi Sara Ferrari ha
ideato un` agenda da portarsi sempre in borsa, le cui pagine sono
tovagliette per pranzare, su cui si possono prendere appunti.
Il design delle ricette
Cosa signifca, per un designer, passare dal singolo
oggetto commestibile ad una vera e propria ricetta?
' un po` come progettare un oggetto usa e getta,
ma che rispetta l`ambiente! Credo sia importan-
te, se si parla ad esempio di un libro di cucina, il
non dimenticare che l`obiettivo proprio quello
di arrivare a una ricetta. A differenza di un pro-
getto/oggetto, quando si pensa con il cibo entra in
gioco anche il gusto, il senso, in questo caso, pi
importante da appagare. essenziale ricordare che
quei materiali 'commestibili poi dovranno essere
mangiati, ed essere buoni. come se ci fossero
delle linee guida in pi da tenere in considerazione
nel percorso progettuale rispetto al solito: ci sono
ancora i materiali (gli ingredienti) le tecnologie di
produzione (la preparazione e la cottura), l`esteti-
ca (la messa in piatto) e la funzionalit, che in un
progetto legato al cibo vuol dire essere gustoso, e
facile da mangiare spiega Sara Ferrari.
Ma gli chef, quanto sono disposti a condividere
e aiutare un nuovo modo di consumare, pi so-
stenibile, che passa anche attraverso la ricerca e
il design? E dare nuove forme al cibo che valo-
re conferisce al cibo stesso? Lo abbiamo chiesto
a Francesca Negri, giornalista e curatrice di una
sessione della mostra Progetto Cibo. La forma del
gusto, in corso al MART di Rovereto fno a giu-
gno 2013: a lei spetta il compito di organizzare gli
show cooking in cui una decina di grandi chef pre-
senteranno le loro ricette di food design.
'Da consumatrice, posso dire che la forma del
cibo pu invogliare o scoraggiare l`assaggio, per-
ch una cosa legata in primis all`estetica. Talvol-
ta, per, la forma anche funzionale a come una
determinata ricetta deve venire gustata, una sorta
di percorso guidato che lo chef mette nel piatto:
l`importante che questo itinerario sia intellegibile e non trop-
po complicato per il consumatore, altrimenti lo si pu mettere a
disagio. In generale, comunque, dare nuove forme al cibo pu
sicuramente aumentarne il valore. Ritengo che i cuochi, specie
quelli di alta cucina, siano in generale molto attenti al consumo
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responsabile e al km 0, e probabilmente lo saranno sempre di pi
anche nell`ottica di contenere i costi dei loro men. Per Claudio
Sadler, chef e patron dell`omonimo ristorante a Milano, 'la for-
ma certamente importante ma solo se rispetta il gusto. Un`o-
pinione condivisa da molti altri tra gli chef che partecipano alle
giornate della mostra che nobilita ulteriormente il food design,
come spiega Davide Scabin del Combal Zero di Rivoli, nelle in-
terviste di Francesca Negri a corredo del catalogo: 'Uno chef non
pu fermarsi al gusto, deve andare oltre, prendendo in considera-
zione tutto quanto infuisce sul piacere legato al cibo. Dal 2000
ho codifcato un metodo di ricerca e l`ho chiamato: gusto della
forma. Chi fa ricerca deve studiare tutti gli aspetti che infuiscono
sul piacere come i colori, l`ergonomia, l`architettura del piatto.
Progettare il cibo del futuro
'Essere designer signifca essere ottimisti afferma il designer
Ezio Manzini e forse con quest`ottica che bisogna guardare
con speranza al cibo del futuro. 'La parte conclusiva dell`espo-
sizione del MART indaga e mette in evidenza - racconta Beppe
Finessi, curatore della mostra - quanta intelligenza viene messa
oggi in gioco da progettisti e ricercatori, da designer e creativi,
che immaginano il futuro del cibo. E la sintesi racchiusa nella
forza lampante di un lingotto di ghiaccio progettato da Giulio
Iacchetti che ci ricorda il valore della materia prima pi impor-
tante di tutte, l`acqua, e che con un semplice segno ribadisce un
presupposto che, giorno dopo giorno, pu cambiare il mondo.
Anche questa funzionalit che assolve al compito di far rifet-
tere sull`importanza di 'progettare il cibo e la qualit, afferma-
zione che anche il titolo di un libro, edito da Agra Editrice, in
cui sono raccolte numerose idee sul cibo del futuro, a partire dal
packaging, come quello progettato da Sandi Grigoryan, studente
della Fort Hays State University (USA) che ha sviluppato un kit
che contiene ortaggi e cereali bio preconfezionati e predosati per
la ricetta, senza dover pianifcare la spesa.
Last but not least, abbiamo stimolato l`architetto Massimo Mus-
sapi, progettista di ambienti e tecnologie per il food&beverage,
a rifettere sul futuro del cibo che 'vedr, nei prossimi anni, un
aumento rapido ed esponenziali dei vegetariani. Questo obbli-
gher ad un cambio di paradigmi: si dovranno ripensare i menu
dei ristoranti, con l`estensione di proposte che il mondo vegetale
consente in ampia gamma, ma anche l`organizzazione della cuci-
na e del servizio di sala con nuovi concept di attrezzature e locali.
E la mise en place e la presentazione dei piatti dovranno essere
all`altezza anche sul piano estetico a cominciare dalla realizza-
zione del menu. Io, ad esempio, sono favorevole alle abitudini
orientali che presentano i piatti con le foto, ben eseguite.
Forse, in questo modo, si tornerebbe anche a buone regole com-
portamentali, intimorendo, con l`estetica perfetta di un menu fo-
tografco, l`esercito di avventori che, al ristorante, scattano foto
ad ogni piatto, senza nemmeno chiedere il permesso.

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