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Gli elementi mobili della cultura materiale del popolo Shardana.

Varie pubblicazioni e vari studi riportano che la ceramica prodotta dal Bronzo Medio al Bronzo Recente non fu particolarmente apprezzata dalle popolazioni che costruirono i nuraghi1. Le varie facies caratterizzanti let del bronzo vengono interpretate come contraddistinte da austerit e semplicit artistica. Questa semplicit nellarte viene intesa come tipica esclusivamente di individui perennemente in lotta tra loro. Il popolo Sardo viene cio visto come un gruppo umano in perenne conflitto intertribale e scarsamente dedito allattivit artistica. La ceramica della facies di SantIroxi, rinvenuta prevalentemente negli ipogei e chiaramente funeraria e non di uso quotidiano, viene definita priva di decorazione, e caratterizzata da olle panciute a due o quattro anse a gomito2 e da vasi polipodi. Le superfici delle ceramiche sono generalmente beige o di colori simili e si presentano opache e poco lisciate. La facies di Sa Turricola invece mostra del materiale proveniente sia da Protonuraghi che da Tombe dei Giganti, il cui colore varia dal beige al grigio con superfici opache, nonch vasellame da mensa ben lisciato bruno o nero3. Durante questepoca possibile rinvenire ancora materiale di cultura campaniforme amalgamato con ollette ad anse a gomito asciformi e piatti con un particolare labbro a tesa. In questo periodo i vasi tripodi di origine neolitica vengono sostituiti dai bollilatte e dai fornelli4. E da considerarsi pertinente alla facies di Sa Turricola il rinvenimento fatto a Oridda, a Sennori, di una ciotola o tazza carenata di finissima pasta buccheroide grigia finemente lisciata, definita, non senza perplessit, molto simile alla ceramica minia elladica e quindi importata5. La facies di Monti Mannu mostra pochissimi elementi campaniformi - tra laltro affini alla facies precedente -, come ad esempio le scodelle tronco coniche. La facies di San Cosimo propone una nuova forma considerata un po il fossile guida dellepoca, ovvero lolla biconica con anse ad anello contrapposte. Questa tipologia di vaso, distribuito in ipogei, tombe dei giganti e protonuraghi frequentemente ornato da motivi plastici, bozze mammellari e motivi metopali6. Le aree funerarie sono i maggiori punti di concentrazione sia della ceramica che degli utensili vari. Resta da valutare se i corredi siano contemporanei alle sepolture oppure fosse in uso impegnare le stoviglie vecchie per comporre i corredi. Sta di fatto che la red slip di interpretazione cipriota e i vasi bollilatte di tradizione Bronzo Recente7, realizzati con tornio a pedale, costituiscono gli elementi fondamentali tra i materiali messi in luce nelle necropoli del Sulcis, a confermare ancora una volta la frequentazione tra gli Shardana e le culture del Levantino. Nel contesto funerario della Domus de Janas di SantIroxi a Decimoputzu sono stati rinvenuti 5 pugnali e 13 spade, i quali, per caratteristiche simili, possono essere accostati alle 3 spade corte di Siniscola, ed essere quindi tutti inquadrati, grazie ai caratteri peculiari di officine autoctone, nel Bronzo Antico (cfr 6)8. E interessante notare che le dimensioni di
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G. Ugas, LAlba dei nuraghi, Fabula, Cagliari 2005, p.139


Ugas, Lalba dei nuraghi, p.139 Ugas, Lalba dei nuraghi, p.140 Ugas, Lalba dei nuraghi,p.141 Ugas, Lalba dei nuraghi, p.141 Ugas, Lalba dei nuraghi, ivi, p.142 P. Bartoloni, I Fenici e i Cartaginesi in Sardegna, Carlo Delfino Editore, Sassari 2009, p. 79 G. Ugas, La Tomba dei guerrieri di Decimoputzu, Edizioni Della Torre, Cagliari 1990, p.109

queste armi sono chiaramente misurate in multipli di una stessa unit, ovvero della misura di cm. 5,59, la stessa che caratterizza gli incavi passanti da parte i parte i macigni costituenti il paramento murario in calcare o in materiale ignimbritico di alcuni edifici nuragici dellIsola di SantAntioco, quali il Nuraghe SEga e Marteddu, il Nuraghe Femminedda e il Nuraghe SUttu e su Para. Come se fossero state stabilite delle taglie precise per le armi bianche, i pugnali misurano dalluna alle tre unit, le spade corte vanno dalle 5 alle sette unit, le spade medie vennero create dalla 9 alla 10 unit, e infine le spade lunghe hanno taglie dalla 11 alla 13 unit10. Questi manufatti trovano precise affinit sia con le spade della regione iberica di El Argar che coi pugnali del Mid francese, denotando una fortissima relazione tra la Sardegna e larco franco iberico11. Nonostante la forte attinenza con laltra sponda del Mar di Sardegna, le spade di SantIroxi mostrano una marcata derivazione - rimarcata dalla base arrotondata - dai pugnali di epoca campaniforme provenienti da Cungiau de Marcu di Settimo San Pietro. Da questa constatazione si pu verosimilmente dedurre che la matrice delle armi bianche rinvenute sinora in terra Sarda sia completamente indigena12. Anche analizzando i contesti urbani si pu comprendere che i corredi funerari con armi confermano leffettiva provenienza autoctona13 dei defunti e trovano precisi riferimenti nella produzione bronzea. Le fasi successive del Bronzo Medio vedono comparire modelli di lame costolate con profili a foglia di salice o ogivale, come ad esempio nelle daghe di Siniscola14. Le lame di Siniscola presentano le basi arrotondate, mentre i pugnali ritrovati a Lapideddas, Gonnosn, presentano un codolo uncinato per fissare lelsa alla lama, che trova precisi riscontri nellambiente egeo (cfr 6). Il materiale asciforme viene discutibilmente considerato, per le caratteristiche tipologiche, di pertinenza Bronzo Medio15, forse lo scrivente presume - unicamente per assenza di analisi dei componenti. Lo stato di conservazione di alcune di queste asce induce a presumere, in alcuni studiosi, che la realizzazione fosse unicamente a scopo offertorio, travisando o sottovalutando le esigenze reali di un gruppo umano fortemente metallurgico. La metallurgia in Sardegna sembra comparire sin dallepoca della cultura di San Michele di Ozieri, testimoniata dalle lesine in rame arsenicato rinvenute a Ossi, datate 3200.a.C., e da un elemento rinvenuto a Monte Baranta. Unanalisi attenta dei contesti quali quelli di SantAndrea Priu di Bonorva oppure ancora dellipogeo di Mandra Antine di Thiesi ci suggerisce che luso dei metalli, in questo caso usati per scolpire le sepolture o creare le decorazioni, non fosse esclusivamente ad uso votivo. Il boom della metallurgia avviene in Sardegna parecchi secoli precedi agli eventi caratterizzanti il Levantino, ovvero allinvasione dei Popoli del mare, il che fa presumere che nel periodo in esame ci sia stato un incremento di produzione necessario a soddisfare logisticamente gli eventi descritti nel cap. 4. Non si manifesta una discontinuit genetica tra lepoca definita nuragica e i Sardi attuali e, ad ulteriore sostegno di questo, le strutture contraddistinte da muro a sacco tipicamente occidentali e sarde - pian piano si spostano verso il Levantino, nonostante ci sia qualcuno che si ostini a ipotizzare che la Lega dei Popoli del Mare dopo aver distrutto il Levantino abbia
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Ugas, La Tomba dei guerrieri di Decimoputzu, p.109 Ugas, La Tomba dei guerrieri di Decimoputzu , p.110, tav.I Ugas, Lalba dei nuraghi, p.143 Ugas, Lalba dei nuraghi, p.143 Bartoloni, I Fenici e i Cartaginesi in Sardegna, p.95 Ugas, Lalba dei nuraghi, p.144 Ugas, Lalba dei nuraghi, p.161

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distrutto anche la civilt dei nuraghi. Lo stesso Giovanni Lilliu16 dichiara che, nel medesimo momento in cui gli Shardana attaccano lEgitto, le comunit nuragiche guidate dai rispettivi principi toccano il massimo splendore nellarchitettura e sviluppano un consistente e organizzato vivere civile, economicamente prospero. Il rinvenimento dei ripostigli ci indica una produzione dedita pi alla logistica delle attivit produttive che una destinazione cultuale del materiale rinvenuto. Dal rinvenimento di Teti, a quello di Forraxi Nioi, alla favissa di Monte Idda, emergono asce e picconi in misura sproporzionata, quasi a voler supportare unattivit mineraria ampiamente attuata gi allepoca (cfr. 1) e unattivit agricola intensiva, oltre che la gi citata attivit bellica. In questo periodo data la circolazione dei cosiddetti Ox-hide ingots- lingotti di rame dal peso che si aggira attorno ai 20 kg - e delle pannelle circolari dal peso compreso tra 0,7 kg e 1,2 kg di rame. Pare ovvio chiedersi il perch dellesistenza di due differenti pani di metallo e a che pro possederli contemporaneamente. Alcuni studi ipotizzano che il primo tipo, prodotto nel Levantino17, dovesse verosimilmente rappresentare un oggetto di prestigio, mentre il secondo tipo, di appurata provenienza indigena, costituiva ununit di misura a livello metallurgico. Questa elaborazione pare la pi attendibile, anche in virt del fatto che il Can. Giovanni Spano ritrov un ox-hide allinterno di una tomba dei giganti. A sostenere ancora la teoria relativa agli elementi di prestigio interviene anche lanalisi condotta sulle armi e sugli strumenti rinvenuti in Sardegna, la quale ci indica che i manufatti paiono fusi utilizzando esclusivamente rame locale. Naturalmente questa lettura lascia dubbi e perplessit quando si va ad interpretare i segni presenti sia sugli ox-hide che sulle pannelle. Tali segni, interpretabili come marchi di fabbrica stampigliati dallofficina fusoria, trovano precisi riferimenti nellalfabeto egeo - detto Lineare di tipo B -, il che fa scaturire nellosservatore pi attento il dubbio relativo al perch sia il rame locale che il rame cipriota presentino gli stessi segni. Il Lilliu suggerisce che si siano stanziati in Sardegna dei gruppi ciprioto micenei chiamati dai prncipi nuragici per curare lattivit mineraria18. E unelaborazione degna di rispetto, e a parte il fatto che sia resa da uno scienziato di tutto riguardo, poterebbe trovare fondamento nellelaborazione fatta dallo scrivente rispetto allo spostamento di alcuni gruppi umani alla fine delle campagne del Levantino (cfr. 4). Mentre invece, analizzando temporalmente i rinvenimenti, ne scaturisce che gli ox-hide e le pannelle siano precedenti (XIII sec.a.C.) agli scontri nel Levantino. Il che suggerisce, vista la presenza dei segni, che i fusori sardi, gi in possesso di unesperienza metallurgica vecchia di circa mille anni, creatori delle pannelle di rame nativo di Sardegna, sapessero scrivere, contro ogni supposizione di analfabetismo arrogata finora. Meglio ancora, i simboli impressi sui lingotti supportano la presenza dei Sardi sia nellEgeo che nel Levantino, a tal punto da far pensare che fossero essi stessi a gestire ivi la metallurgia e la distribuzione dei prodotti. Siamo cronologicamente a cavallo tra il XIII sec. a.C. e la fine del II millennio a.C. e si pu osservare, nel comparto minerario e nella metallurgia, una forte produzione autonoma tale da poter esportare i propri prodotti dal Mediterraneo occidentale sino al centro Europa, allItalia centrale, al Levantino e ancora sino alla penisola anatolica, come testimoniato dalla presenza, sul relitto di Uluburun, posto nello spazio di mare fronte Ugarit, di pannelle di rame sardo e di pilgrim flask (la cosiddetta fiasca del pellegrino) di tipo recente. Dalle zone minerarie dellIglesiente e dellArgentiera i prodotti bronzei pi comuni - quali accette a spalla e codolo, con doppia sporgenza marginale - partono verso i ripostigli atlantici e siciliani. Larte e la cultura
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G. Lilliu, La civilt nuragica, Carlo Delfino Editore, Sassari 1982, p.111 F. Begemann, S. Scmitt-Streker, E. Pernicka, F. Lo Schiavo, Chemical composition and lead isotopy of copper and bronze from
Lilliu, La civilt nuragica, p.111

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Nuragic Sardinia, in European Journal of Archaeology vol 4, 1 (2001), pp.43-85


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nuragica, considerata ormai in declino, mostrano invece una diffusione tenace e coraggiosa verso lItalia centrale, dove diverse statuette in bronzo e diverse navicelle, tanto elaborate nella realizzazione quanto ricercate negli ambienti aristocratici proto villanoviani ed etruschi, compaiono da nord a sud dellEtruria, arredando sepolcri e corredi e comparendo dentro i ripostigli 19. Si sta toccando un arco cronologico che va dal IX al VIII sec. a.C. per osservare che forme ceramiche tipiche sarde, quali i vasi askoidi, si trovano presenti allinterno di contesti abitativi di Lipari20, nella costa nord africana, allinterno del contesto che ospiter la citt di Cartagine (Qart Hadasht), e ancora nellEtruria in abbondante quantit. Degna di nota e di valutazione losservazione, mossa dallo scrivente, relativa allinquadramento di un elemento quale la pilgrim flask e delle sue due varianti. La prima variante - nonch la pi antica - della fiasca del pellegrino quella con pancia asimmetrica che presenta quattro bugne forate per il passaggio di una corda. Elemento assai raro nel Levantino, la pilgrim flask con corda passante, viene considerata come prodotta a partire dal XIII sec. a.C.. La comparsa di questo manufatto in un bronzetto proveniente da Santa Vittoria di Serri, databile X sec. a.C., ci mostra una longevit manifatturiera di ben 300 anni, a meno che la datazione fatta sul bronzetto non sia errata e possa essere realmente pi alta. La seconda variante relativa alla fiasca del pellegrino mostra invece una pancia circolare con sezione lenticolare ed anse verticali legate a met del collo. Essa considerata non anteriore al VI sec. a.C.21. Su questultima tipologia di fiasca sorgono i maggiori dubbi di datazione e inquadramento culturale, visto che essa gi presente nel relitto di Uluburun, datato, guardacaso, attorno al XIV sec. a.C.. Come si appena introdotto, la Sardegna manifesta una forma artistica interpretabile come connessa al contesto funerario e perfettamente individuabile nella statuaria bronzea. Una capacit artistica e raffinata contraddistingue la metallurgia sarda, capace di realizzare particolari infinitesimali in pezzi di metallo grandi appena 10 cm. I bronzetti, ostinatamente datati da illustri studiosi attorno al IX sec. a.C, riproducono elementi nostrani e culturalmente legati alla Lega dei Popoli del Mare, inquadrabile - come abbiamo gi detto almeno attorno al XIII sec. a.C.. Come ad esempio il capotrib di Uta, che indossando su sereniccu, il mantello con cappuccio caratteristico del costume sardo del Sulcis, porta poggiata sulla spalla destra la spada media con lama nervata a forma di foglia di salice molto simile alle spade rinvenute a Siniscola, databile in unepoca di passaggio tra il Bronzo Antico e il Bronzo Medio. Il guerriero rinvenuto a Teti, con elmo di tipo miceneo a decorazione geometrica di zanne di cinghiale, scudo posteriore e pugnaletto alla cretese, portato appeso alla cintola, trova preciso riscontro nella testina davorio rinvenuta a Mitza Purdia di Decimoputzu, databile XIV sec. a.C. o pi tardi XIII sec. a.C.22. Questi confronti ci mostrano come si renda fortemente necessaria a questo punto una ridatazione del materiale bronzeo in virt di usi e costumi del Bronzo Medio. E doveroso sottolineare che da analisi effettuate risultato che il materiale di cui i bronzetti sono composti non venne fuso esclusivamente per le opere darte. Per la creazione dei bronzetti venne infatti usato materiale di scarto o di riciclo di vecchie fusioni o di deterioramento di strumenti gi esistenti. Tramite le analisi sopra citate si potuto verificare come i metallurghi sardi, arricchendo di componenti la lega di bronzo, riuscissero persino ad ottenere elementi pi o meno duri e resistenti relativamente allo specifico uso in cui impiegare gli strumenti forgiati. In ultima analisi pare doveroso citare le stele comparse nei contesti funerari del
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Lilliu, La civilt nuragica, p.132 Lilliu, La civilt nuragica, p.132 Bartoloni, I fenici e i cartaginesi in Sardegna, p.172 Ugas, La tomba dei guerrieri di Decimoputzu, p.27

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mediterraneo centrale e Occidentale sulle quali lo scrivente aveva gi avanzato dei dubbi riguardo linterpretazione cronologica (cfr. 7). In merito allinterpretazione delle stele funerarie delle necropoli cittadine, lo scrivente suggerisce - nonostante alcuni studiosi si ostinino ad imputarne la matrice ad una cultura di dominio - una valutazione carica di fattezze e motivi tipici sia neolitici che dellEt del Bronzo, quali figure ricorrenti della Dea Madre sia in veste umana che con i rispettivi simboli identificativi, come i motivi taurini sormontati dal crescente lunare e dal disco solare. La stessa ipotesi si pu avanzare nellosservazione della monetazione presente in Sardegna attorno al IV III sec. a.C.: parliamo ad esempio della V serie con dritto della Dea Madre e rovescio di spighe con crescente lunare e disco solare, elementi tutti tipici della protostoria sarda. Le varianti stilistiche delle stele funerarie, dallegittizzante allellenico, riflettono la cultura propria dei territori interessati durante la campagna coloniale del Levantino. Cos allo stesso modo lo riflettono le terrecotte figurate, le protomi in stile egizio e i gioielli, quali i bracciali a granulazione provenienti da Tharros oppure gli orecchini con Horus pendente sempre di Tharros, oppure ancora anelli e pendenti vari provenienti da Sulky, tutti simboli di benessere e manifestazioni di sfarzo da parte di aristocrazie locali consolidatesi durante i conflitti appena citati (cfr. 4).

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