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Guido Strazza. Poetica e Opere.

di Sara Milan

Introduzione.

Ho scelto tra molti quest'Autore perché ho avuto l'occasione di visitare l'antologica della Sua opera
allestita a Pisa, al Palazzo Lanfranchi dal 16 Giugno al 6 Ottobre 2009.
La mostra mi ha dato chiavi di lettura per l'arte che nessun'altra mi aveva dato prima; chiavi da
usare per capire sia l'Opera di Strazza sia l'Arte del Novecento nella sua interezza.
Per questo cercherò di riproporre la poetica di Guido Strazza, nei suoi concetti basilari, basandomi
sul suo testo “Il gesto e il segno. Tecnica dell'incisione” (ed Apeiron, 1995, Roma).

Vita, Fonti, Produzione artistica.

Guido Strazza nasce nel 1922 a Santa Fiora, in provincia di Grosseto. Tuttavia rimane poco in quel
paese perché é destinato ad una vita di trasferimenti. Studia a Genova fino al ginnasio, poi, con la
madre e la sorella, si trasferisce a Milano aspettando il padre, spedito in Somalia nel 1936.
Si iscrive ad Ingegneria a Roma e lì incontra nel 1940 F.T. Marinetti che gli farà esporre opere a
Roma e alle 34°Biennale di Venezia, prima che Strazza compisse i vent'anni.
Marinetti è il primo grande personaggio che influenza la sua poetica, trasmettendogli i concetti di
velocità, dinamica, accelerazione.
Nel 1946 si laurea in Ingegneria. Strazza capisce subito che, nonostante la brillante carriera che si
stava dipanando difronte a lui, non è la sua strada. Nel '48 lascia il lavoro e parte per il Perù.

In Sud America collabora con il Agrupaciòn Espacio per la ricostruzione della città di Callao,
distrutta dal terremoto, e a Rio de Janeiro, incontra il secondo personaggio che darà una svolta alla
sua arte: Fayga Ostrower (Tav.1). Ostrower lo inizia alla tecnica dell'incisione e alla preparazione
delle sue prime lastre.
Strazza espone quindi nel 1951 e nel 1953 alla Biennale d'Arte di San Paolo del Brasile.
Nel 1954 ritorna in Italia e si stabilisce a Venezia fino al 1957, anno in cui si trasferisce a Milano.
Strazza frequenta Fontana, Castellani, Manzoni e Crippa e acquisisce quindi il linguaggio
dell'astrattismo italiano e viene influenzato dalla ricerca informale di Wols (Tav.2). Tra il 1960 e il
1961 trascorre dei mesi in Olanda e tornato in Italia, la sua arte appare mutata: non c'erano più
grumi, intrichi, piccole esplosioni di segni, virgole, tipici dell'informale di Wols, ma il segno appare
ora disteso e rilassato, depurato dall'ansia e rappresentativo della natura olandese.
Nel 1963 si trasferisce a Roma, invitato da Maurizio Calvesi, direttore della Calcografia Nazionale,
dove terrà un laboratorio fino al 1967. In questi anni, Strazza, grazie ad un lavoro di riflessione
collettiva, sintetizza i principi della sua poetica e della rappresentazione nell'arte, pubblicati nel '79
in “Il Gesto e il segno”. Dal 1964 al 1969, Strazza si cimenta anche nella scultura, utilizzando ferro,
plastica, alluminio, realizzando segni non più emergenti dalla bidimensionalità di un foglio di carta,
ma dalla consistenza della materia.
Alla Biennale di Venezia del 1968 gli viene dedicata un'intera sala, nella quale espone le sue
ricerche al riguardo del rapporto tra luce e segno e luce e geometria. Le opere verranno poi
pubblicate ne '73 in “Ricercare”.
Dal '74 al '76 insegna presso l'Istituto di Calcografia Nazionale a Roma, sotto la direzione di Carlo
Bertelli, per poi ricevere la cattedra di tecnica dell'incisione presso l'Accademia di Belle Arti.
Nell'arco della sua carriera, sarà anche Direttore dell' Accademia delle Belle Arti di Roma.
L' esposizione delle sue opere in una sala personale alla Biennale di Venezia del 1984 gli valgono
nel 1988 il Premio Feltrinelli per la Grafica; successivamente nel 2003 riceve anche il Premio
Feltrinelli per l'Incisione. Nel 2002 riceve il Premio “Cultori di Roma”.
La prima antologica dell'opera incisa è del 1990 alla Calcografia Nazionale, la seconda a
Conegliano nel 1999, che comprende anche la pittura. Nel 2001 partecipa alla mostra Novecento
alle Scuderie del Quirinale.
Tutt' ora, continua attivamente nella sua attività di incisore, pittore, scultore.

La sua produzione artistica in Italia si divide in capitoli. Inizialmente, negli anni '50, l'artista si
dedica ai racconti segnici e alla pittura in rotolo (esposta al Ludwig di Colonia).
Affronta poi l'importante tema delle Metamorfosi riflettendo sul Paesaggio, sui Balzi Rossi e sugli
Orizzonti Olandesi. Negli anni '60, trasferito alla Calcografia Nazionale, studia la luce e il suo
rapporto con il segno e la geometria in Trame Quadrangolari. Le ultime ricerche si riferiscono a
Segni di Roma, Cosmati, Archi e infine ancora Orizzonti. In questi ultimi capitoli della sua arte, la
costruzione delle opere avviene come se fossero sequenze video, sovrapponendo cioè gli stadi di
una trasformazione nel tempo.

Poetica e Opere.

1-Obiettivi

L'obiettivo della produzione artistica di Guido Strazza è innanzi tutto quello di ottemperare ad una
necessità. La necessità di definire la realtà nel suo divenire, in ogni istante della sua metamorfosi.
Per fare ciò, Strazza utilizza il segno, perché lo considera “il mattone di qualsiasi costruzione”,
l'elemento primo della rappresentazione. La tecnica artistica che meglio interpreta il segno e le sue
variazioni è l'incisione. Questa tecnica non permette solo la variabilità del segno in termini
espressivi, ma permette anche di seguire tutto il processo creativo. Attraverso l'incisione infatti si
delineano precisamente la fasi: dall'intuizione, alla progettazione, alla realizzazione.
Acquisita la conoscenza profonda del processo creativo, Strazza intercetta i principi guida per
piegare la tecnica alla propria volontà espressiva, per intervenire consapevolmente sul potere
espressivo dei segni. Questi principi esulano dalle convenzioni e dagli equilibri ordinati, egli crede
infatti che la creatività si nasconda nella rottura degli equilibri, in ordini nuovi, improvvisi e
contraddittori.
Le sue opere sono il frutto della sua autodidattica; sono le sue personali risposte a quesiti
sull'espressività della rappresentazione. Strazza coglie l'essenza della realtà attraverso segni che
descrivono la luce, la natura, la geometria. Ovviamente, una volta prodotte in questa chiave astratta,
le opere si arricchiscono di quei significati attribuiti dall'osservatore. In pratica, ogni opera possiede
una triplice valenza: è rappresentativa del processo di creazione (dall' intenzione alla realizzazione
attraverso il gesto); è una presentazione statica di segni; è soggetta all'interpretazione personale da
parte dell'osservatore. Strazza, inoltre, ha pubblicato le sue riflessioni sull'arte, frutto dell' attività
didattica all'Accademia, proprio per rendere chiaro, in primis ai suoi studenti, la tecnica
dell'incisione in rapporto con la sua poetica.

1- Il Segno e il Gesto

Guido Strazza parte dall'idea che tutto ciò che si può esprimere sia già racchiuso nel gesto,
nell'azione creativa e quindi anche nel segno che ne deriva.
Il segno, perciò, risulta essere l'ultimo anello di un catena complessa che parte dalla necessità di
espressione dell'artista ed è determinata da intenzioni, cioè idee creative, da parametri che
definiscono il gesto e dalla tecnica utilizzata. Il segno si arricchisce quindi si una duplice valenza:
non si può valutare solo in termini formali di equilibrio e armonia, ma va valutato anche come
prodotto di un processo creativo, costituito dal gesto. In definitiva, il segno è contemporaneamente
l' espressione statica e formale di un' idea astratta e il risultato della comunione tra razionalità e
irrazionalità dell'artista.
I segni sono tracce durature di gesti (che se non si concretizzano in segni rimangono stampati solo
nella memoria dell'artista) e ne conservano la natura dinamica, esprimendola nella dimensione
spazio-temporale. Si ribadisce quindi la duplicità dei segni che si possono valutare come istantanee
apparizioni o come prodotto di un processo di creazione.
I segni vengono organizzati e combinati insieme per dare insiemi di situazioni, di provocazioni e di
tendenze, che hanno prima di tutto significato nel loro modo di essere, autonomo, e,
secondariamente si arricchiscono di significati aggiunti dall' osservatore. Emerge quindi l'idea di
una realtà interna a ciò che si crea, che cambia con il cambiare dell'artista. Questa realtà si sviluppa
nell' individuazione, comprensione e visualizzazione dei modi dello stesso cambiare. Fare segni
significa realizzare la sintesi istantanea di qualcosa che è in movimento, ed ha bisogno di una
continua ridefinizione, nel tempo e nello spazio (Tav.3-4).
Nel tracciare segni, l'artista appaga la sua necessità di definizione del mondo, individuando ordini e
rapporti preferenziali tra le infinite combinazioni di segni possibili.

Sia per un segno univoco che per una combinazione di segni, le interpretazioni sono tutte possibili e
legittime. Sono le intenzioni dell'artista ad orientare verso una lettura preferenziale, a seconda della
qualità, della tecnica e della struttura nell'opera. L'interpretazione indotta è data dalla valutazione
istantanea della qualità globale dei segni e della loro organizzazione. Riconoscere un significato
prevalente dell'opera non annulla l'ambiguità data dalle altre possibili interpretazioni. Proprio
l'ambiguità che caratterizza un'opera è l'elemento portante dell'immaginazione. Il gesto e il suo
segno sono solo risoluzioni momentanee dell'ambiguità, necessitano infatti di nuovi gesti e di nuovi
segni per poter soddisfare il processo di definizione (Tav.3-4).

Coerentemente a ciò, anche il metodo di valutazione di un'opera d'arte non può essere definitivo. Il
metodo di valutazione è infatti critico ma variabile perché teso a razionalizzare ciò che è
verificabile e chiaro contemporaneamente a ciò che è inafferrabile e ambiguo. Ragione e istinto
dell'artista convergono in ogni istante in risultati espressivi univoci, e questo è ciò che dev'essere
sottoposto a valutazione.
Per valutare un segno si parlerà più avanti di: velocità e modi di variazione, tendenza alla
trasformazione, addensamento e rarefazione.

2- Concordanza, Contraddizione, Costanti di Riferimento e Organizzazioni Fondamentali

L'organizzazione dei segni si basa su rapporti di concordanza o di contraddizione.


I rapporti di concordanza, come la valutazione del parallelismo, della simmetria, della verticalità,
dell'equilibrio sono frutto di condizionamenti, innati o acquisiti, che prescindono dalla razionalità e
trovano conferme nell'esperienza consapevole e inconsapevole di tutti i giorni.
La contraddizione, invece, si esplica nel contrasto dato da organizzazioni di segni non equilibrate,
che non si allineano con le direttrici, né seguono regole di simmetria o parallelismo. Questo
contrasto genera una tensione, causata dalla rottura dell'equilibrio tra i rapporti. La tensione è
caratterizzata da un grado, che dipende da quanto forte è il disequilibrio (Tav.5a-b).
L'espressività di un' opera trova forza, prima di tutto, in queste relazioni di concordanza e di
contraddizione e successivamente dalla cosa rappresentata. La creatività si fonda, infatti, proprio
sull'individuazione e sulla manipolazione di questi rapporti. Citando l'autore: “La creatività non
consiste nel raggiungimento di forme il più possibile equilibrate o comunque aderenti a qualche
schema ordinativo o rappresentativo, come se fossero dei valori in sé, ma, al contrario, consiste
nella capacità e nel modo di compromettere continuamente questa tendenza all'ordine consueto, con
un nuovo tipo di ordine improvviso, inatteso e provocatore di sempre nuove contraddizioni.”

Si è visto che il segno nella sua globalità ammette una valutazione. Esistono modi di valutazione,
innati o acquisiti, sufficientemente chiari per tutti; così certi segni possono essere percepiti da tutti
come dinamici o statici, armonici o non armonici. Non si può quindi prescindere da alcune costanti
di riferimento come le direttrici verticale-orizzontale, che, sebbene non siano le uniche, sono
tuttavia le preminenti nell' esperienza percettiva, quindi le fondamentali. La Verticale è la direttrice
dell'azione di una forza (come quella di gravità per esempio); è orientata dall'alto verso il basso e
ha, quindi, un significato dinamico. L'artista tiene istintivamente conto di come tratta le linee
verticali per trasmettere il concetto di concordanza o di contraddizione (nel caso in cui le linee
verticali vengano trattate dal basso verso l'alto). L'Orizzontale è la direttrice lungo la quale la forza
non ha influenza e porta quindi un significato di equilibrio indifferente e imperturbabile, di staticità.
Se è uniforme, non ha orientazione.
Uno dei rapporti più importanti nell'arte è la simmetria. Secondo Strazza, la simmetria assoluta è
possibile solo lungo la direttrice Orizzontale (cioè rispetto l' asse verticale), ma non lungo quella
Verticale. Istintivamente, due oggetti uguali, che stanno uno sopra e uno sotto un' asse orizzontale,
non sono percepiti come simmetrici. D'altra parte, gli stessi oggetti posti simmetricamente ad un
asse verticale, vengono percepiti come simmetrici. E' chiaro quindi che, per le caratteristiche
attribuite alle direttrici, si stabilisce istintivamente una differenza tra alto e basso ma non tra destra
e sinistra (Tav.5c).
Infine, le direttrici inclinate intermedie hanno tutte valore di dinamismo e stanno in rapporto di
contraddizione con le direttrici fondamentali. Il grado di contraddizione è dato dall'inclinazione
delle stesse. A 30° si contraddice la direttrice Orizzontale; a 45° la contraddizione è ambigua perché
è riferita ad entrambe le direttrici fondamentali; a 60° infine, viene contraddetta la direttrice
Verticale (Tav.5d).

Per quanto riguarda le organizzazioni fondamentali, si prendano da esempio le figure più semplici e
irriducibili: quadrato, triangolo, circonferenza in rapporto con le direttrici fondamentali. In un'opera
d'arte le figure irriducibili sono dissimulate in composizioni più complesse: l'analisi delle
organizzazioni diventa anch'essa più complessa ma necessaria, perché è qui che si fonda la
variabilità del significato espressivo.
Il quadrato è in equilibrio statico se i suoi lati sono perfettamente paralleli alle direttrici; sta in
equilibrio dinamico se le bisettrici dei suoi angoli stanno sulle direttrici. Infine, si raggiunge la
massima tensione dinamica se il quadrato non ha nessun elemento in concordanza con le direttrici
(Tav.5e).
Il triangolo nega sempre con qualche suo elemento la concordanza con le direttrici. Il triangolo
trasmette, secondo Strazza, inquietudine perché non ha mai una posizione di equilibrio (Tav.5f).
La circonferenza è invece indifferente alle direttrici. E' la rappresentazione dell'equilibrio
imperturbabile (Tav.5g).

3- Dimensione e Interpretazione dei segni

La dimensione dei segni è valutata non i termini numerici ma sulla base del rapporto con gli altri
segni. La dimensione cioè è valutata come rapporto tra grandezze. Oltre ad un semplice rapporto tra
dimensione, si stabiliscono anche rapporti posizionali, basati cioè sulla posizione reciproca dei
segni e il loro orientamento (Tav.6a).

Per interpretare i segni occorre, per prima cosa, considerarli come tracce di gesti, perciò soggetti a
crescita,sviluppo e aggregazioni. Occorre valutare poi, il rapporto di qualità tra i segni (rapporti di
dimensione, di forma, di aggregazione...). Infine, si legge il grado di espressività dato dal legame
che ogni segno ha con il proprio gesto. Ogni gesto, infatti, produce un segno che ne porterà in sé il
carattere distintivo ed espressivo. La vera qualità di un segno è prodotta spontaneamente dalla
coordinazione dei gesti e della tecnica.
I raggruppamenti di segni appaiono come tracce di una trasformazione, di un divenire, che si ripete
nello spazio e nel tempo ogni volta che i segni sono ripercorsi dall' osservatore. Si valuta quindi la
velocità di crescita di questa trasformazione, ma si consideri che il tempo non è misurabile
numericamente ma solo psicologicamente come rapporto tra durate. Similmente, anche lo spazio
non è numericamente misurabile ma è definito dal modo di variare la qualità.
Il segno è interpretabile come un'indicazione di velocità di esecuzione (a tempo costante), oppure
come un'indicazione di tempo (a velocità costante). Questa duplicità di lettura crea ambiguità, che si
risolve attraverso una valutazione puramente oggettiva dei rapporti (Tav.6b). I confini sfumati di un
segno indica rarefazione e movimento in una direzione di propagazione (Tav.6c).

3- Propagazione, Frequenza e Dinamicità

Prendendo in esame un addensamento di segni, si introduce il concetto di propagazione per impulsi.


La propagazione è relativa alla velocità di crescita, all'espansione di un raggruppamento di segni,
cioè alla velocità di esecuzione dei gesti. Si parla, inoltre, di impulsi come di gesti successivi,
caratterizzati da una certa velocità e ritmo di esecuzione. La propagazione e la crescita si possono
esprimere in termini vettoriali, considerando un campo energetico HxL, dove H è la velocità di
crescita e L è il tempo. L'area occupata dall'addensamento diventa così il campo energetico,
costituito da una certa propagazione, da una certa crescita e da una certa densità. Con il termine
densità si descrive spessore, distanza e qualità dei segni (Tav.6d).
Si introduce così anche il concetto di frequenza come di un effetto espressivo di ripetizione ritmata
di segni. La frequenza usata in questo contesto estetico non sottintende alcun rapporto con il
fenomeno fisico: il termine è adottato solo per analogia dal momento che, in questo contesto, il
tempo è psicologico e non misurabile in termini quantitativi. La frequenza è definita come il
numero di segni in un dato spazio o similmente, come il numero di impulsi in un dato tempo; è
descritta da un valore a di distanza tra i segni, che può essere interpretato come intervalli di tempo
di propagazione. Ovviamente, la frequenza sta in un rapporto di proporzionalità inversa con la
distanza a. Da notare è che solo se la qualità dei segni rimane costante si può parlare di frequenza,
altrimenti questa grandezza è variabile nell'aggregazione complessa dei segni e perde
automaticamente di valore (Tav.6e).
Se in un'aggregazione, mantenendo costante la qualità, varia la distanza a, rispetto alla sezione del
tracciato, si ha una frequenza variabile caratterizzata da contrazione ed espansione. Si ha quindi una
variazione della densità energetica nel tracciato e ciò determina una tensione nell'aggregazione
(Tav.6f) .
La densità energetica dipende infatti dalla distanze tra i segni e non dal numero di segni, tracciati in
un certo tempo L. Si crea quindi un'ambiguità tra spessore e distanza dei segni, risolvibile attraverso
l'introduzione del parametro di qualità ritmica. La qualità ritmica dipende dal numero di segni
presenti in un certo tempo L, cioè dalla frequenza, e descrive il rapporto tra quantità e dinamicità
dell'aggregazione (Tav.6g).
Nel caso di un addensamento complesso non è possibile valutare la frequenza, ma si valutano altre
caratteristiche come la vibrazione, la velocità di aggregazione e il rapporto tra spessori e distanze.

La dinamicità è descritta dai seguenti parametri: velocità di crescita (accelerazione e decelerazione),


la direzione rispetto un asse, lo spessore del segno e la qualità (materiale, colore..). Tutti questi
fattori sono interdipendenti al fine dell'espressione dinamica dei segni. Vi è quindi una concordanza
tra tensione di un segno (dovuta alla somma delle tensioni per ogni parametro citato) e la dinamica
del gesto che lo genera. La dinamica del gesto dipende soprattutto dall'armonia tra concentrazione
psicologica e fisica (anche la postura può incidere sulla dinamica del gesto e quindi sulla dinamicità
del segno). Si ricordi come il segno sia l'ultimo anello di una catena complessa di creazione, che ha
origine psicologiche e fisiche (Tav.7a).
Si noti che, nella pratica, una variazione progressiva di un elemento ripetitivo tende a dare maggiore
dinamicità, o anche la percezione di una dimensione maggiore , alla figura (Tav.8).

4-Terza Dimensione

Per indurre l'idea di tridimensionalità ad una aggregazione bidimensionale occorre fare appello ad
alcuni accorgimenti, facendo leva su alcune caratteristiche della percezione umana. Dagli studi sulla
percezione umana, è provato che l'effetto della tridimensionalità si basa più sulla variazione
progressiva di alcuni parametri piuttosto che sul confronto di scala e sulle analogie.
I parametri che creano tensione dinamica e quindi infondono l'idea di tridimensionalità sono:
1. variazione progressiva di forma e dimensione
2. variazione progressiva di posizione e direzione
3. variazione progressiva di qualità
Ovviamente, in un'organizzazione complessa di segni ci sarà una combinazione di tutti questi
parametri e un reciproco condizionamento. L'interpretazione è data dalla prevalenza di un
parametro sull' altro.
Giochi di addensamento e di rarefazione, rafforzati dalla variazione di direzione, creano un effetto
di spazialità.
Le condizioni reali della materia del segno che interagisce con la luce, produrranno sempre delle
variazioni nella qualità dei segni e quindi anche un'idea di spazialità. Questo effetto può rimanere
latente perché nascosto dagli altri segni o essere percepito, perché prevale (Tav.10).

Ovviamente, se ogni segno dipende dal gesto, anche la tridimensionalità dipende dal gesto. La
concentrazione psichica e fisica impiegata nell'esecuzione dei gesti influenza inevitabilmente, la
percezione della tridimensionalità.

5- Segno e Trame Indotte

Il segno indotto è creato dall'interruzione o dalla interferenza di trame. La percezione di un segno


indotto è dato dagli effetti di vibrazione: nel primo caso per sospensione dell'effetto vibratorio della
trama (totale rarefazione); mentre nel secondo caso, per accentuazione ritmica, data dalla
sovrapposizione di due trame contigue (addensamento). Il contorno di una trama può avere vari
modo di rappresentazione, quindi, e diverse velocità: uno di questi è appunto lo sfumato, cioè la
rarefazione della trama fino all'ottenimento del segno indotto (Tav.7b).
L'autore si preoccupa di specificare che un segno continuo di contorno annullerebbe il carattere del
segno indotto. Il contorno continuo contraddice la trama e annulla il significato dello sfondo, dal
quale emerge la trama. Strazza contempla la linea continua si contorno solo per particolari artifici
espressivi, che vogliano giocare sul rapporto di materia (come ad esempio la rappresentazione di
ombre sulla materia..). Secondo Strazza, infatti, i segni di una trama emergono spontaneamente
dallo sfondo, che contiene già in sé in modo invisibile tutti i segni potenzialmente tracciabili: la
linea continua appare contrapposta a quest'effetto proprio perché sembra imposta
dall'esterno(Tav.7c) .
Le trame indotte sono invece i limiti (per sovrapposizione o per distacco) di più trame accostate.
Una trama indotta ha un ordine prevalente sulle trame e ne diventa la struttura organizzatrice.
Le trame indotte possiedono lo stesso grado di qualità delle trame complementari, ma possono,
tuttavia, essere in contraddizione con queste per quanto riguarda il tipo di organizzazione (forma,
ritmo, direttrici..), diventando così un mezzo espressivo della composizione. Con la crescita della
contraddizione, cresce la tensione dinamica della composizione e quindi la sua espressività
(Tav.7d).

6- Colore

Segni e trame sono strumenti caratteristici della tecnica dell'incisione, non si può quindi pretendere
da loro l'espressività del colore, come nella pittura. Con ogni tecnica si ottengono dei risultati
specifici del proprio mezzo. Segni e trame trasmettono proprietà della luce che non sono
rappresentabili con il colore. Secondo Strazza, il colore è la luce percepita relativamente alla
collocazione nello spettro visibile: non ha direzione, né verso di espansione. Il colore è uno stato.
La trama, invece, è la luce percepita come vibrazione tra il bianco e il nero. L'alternanza ritmica tra
assenza di luce (nero) e presenza di luce (bianco) genera una vibrazione per contrasto. La trama è
dinamica perché ha un verso e una direzione di espansione. La trama e il colore fanno leva, perciò,
su caratteristiche contraddittori e e complementari della luce. Contraddittori perché, se si colorano i
segni, si perde la qualità vibratoria per contrasto (non è più infatti bianco/nero, ma colore/bianco) e
contemporaneamente anche la qualità aritmica e adimensionale del colore, che non è più una
campitura ma ha preso forma.
Complementari perché in realtà non esistono assoluti: sia il bianco sia il nero sono colori; il colore
non è mai illimitato nello spazio ma è sempre contenuto in forme.
L'ambiguità di questi due aspetti si risolve considerando le intenzioni dell'artista e il significato
prevalente della composizione.
A volte si definisce di una trama il suo valore cromatico. Questo termine è impreciso perché riporta
in vista l'ambiguità della luce e la complementarietà dei suoi due modi. Il valore cromatico di un
segno è dato allora solo dal suo carattere ritmico-vibratorio, eliminando così la necessità di avere
una colorazione. Ogni trama ha la propria vibrazione di luce e ogni grado di addensamento
corrisponde ad un grado di luminosità (Tav.11).
Nel caso in cui le trame siano troppo fitte e complesse (sfumato, tratteggio fine, campiture..), non si
percepiscono più come strutture ritmiche, perché decade la loro caratteristica vibratoria, e si
possono quindi valutare in termini cromatici veri e propri, nel senso di rapporto tra gli stati della
materia-luce.
Il colore non rappresenta un gesto ma solo uno stato psicologico. Si noti comunque, che il confine
tra i colori è anch'esso un segno dove si concentra il carattere dei gesti. E' chiaro quindi che, a
seconda dell'organizzazione dei segni e della intenzione che l'ha generata, si cambia il parametro di
valutazione del modo della luce.
L'unico aspetto che accomuna le due letture è la luminosità, definita come rapporto quantitativo tra
bianco e nero. La luminosità è infatti indifferente al modo di strutturarsi di una trama e
contemporaneamente è indifferente alla tinta del colore. Tutte le altre caratteristiche che
separatamente descrivono la qualità dei due modi, sono inconciliabili e peculiari dei due modi.
Nel caso in cui la trama sia colorata, non si può considerare come un colore, perché ha solo un
valore cromatico aggiunto, non ne acquisisce cioè le proprietà peculiari.
E' chiaro quindi che non c'è corrispondenza tra trame e colore, ma sottendono entrambe a campi
diversi e, perciò, anche a tecniche diverse. Mentre il colore è il mezzo della pittura, la trama è il
mezzo dell'incisione, dell'astrazione e del disegno. Queste non possono essere considerate come fasi
preparatorie per la pittura, proprio perché utilizzano linguaggi complementari.

Citazioni

“La mia passione per l'arte nasce come una necessità e non come una vera ambizione. In effetti, sin
da bambino amavo la pittura e dipingevo, ma non ho fatto degli studi artistici, non ho frequentato
l'accademia; io ho studiato ingegneria e la mia carriera era piuttosto promettente.” (da “Io, l'Artista”
di Guido Strazza, pubblicato su www.sguardi.info)

“Il punto è, come sempre, di rendersi conto delle cose e di saperne cosa farne.” (da “Il gesto e il
segno” pag.58 )

“Il segno costituisce il moto primo dell'arte; è il mattone di qualsiasi costruzione e, attraverso
l'incisione, ho potuto osservarlo nel suo farsi, vale a dire, mentre si trasforma da progetto a
realizzazione.” (da “Io, l'Artista” di Guido Strazza, pubblicato su www.sguardi.info)

“Apparentemente definiti e definitori i segni sono lì, nuove apparizioni, a riproporci con molta
precisione l'ambiguità di ogni loro possibile significato.” (da “Il gesto e il segno” pag. 20)

“Il gesto è già un segno che non lascia traccia se non nella memoria. Il segno, traccia visibile e
duratura di un gesto, ne conserva la natura dinamica di concentrazione di energia, in una nuova e
ambigua dimensione spazio-temporale: possiamo vedere un segno o un insieme di segni come
istantanea apparizione, ma anche ripercorrere il processo temporale di formazione.” (da “Il gesto e
il segno” nota a pag.14)

“La vera innovazione del linguaggio artistico avviene sempre all'interno della tradizione; è uno
sviluppo di ciò che c'è stato prima...” (da “Io, l'Artista” di Guido Strazza, pubblicato su
www.sguardi.info)

“La creatività non consiste nel raggiungimento di forme il più possibile equilibrate o comunque
aderenti a qualche schema ordinativo o rappresentativo, come se fossero dei valori in sé, ma, al
contrario, consiste nella capacità e nel modo di compromettere continuamente questa tendenza
all'ordine consueto, con un nuovo tipo di ordine improvviso, inatteso e provocatore di sempre nuove
contraddizioni.” (da “Il gesto e il segno” pag. 23)

Bibliografia e Sitografia

● “Il gesto e il segno. Tecnica dell'incisione” Ed. Apeiron, 1995, Roma.


● “Guido Strazza. Dipinti, disegni, sculture dal 1952 al 2008” Catalogo della mostra al Museo
Pericle Fazzini, Assisi. De Luca editori d'Arte, 2009, Roma
● “Arte Moderna. Dal postimpressionismo all'informale” a cura di Francesco Poli. Ed Electra,
2007, Milano.
● “Arte Contemporanea. Le ricerche internazionali dalla fine degli anni '50 a oggi” a cura di
Francesco Poli. Ed Electra, 2009, Milano.
● “Sugli specchi e altri saggi. Il segno, la rappresentazione, l'illusione, l'immagine” di
Umberto Eco. Ed.Bompiani. 1985, Milano.
● “Arte e Illusione” di Ernst Gombrich. Ed. Einaudi, 1985, Torino.

● “Le metamorfosi di Guido Strazza” di Marino, pubblicato in “La Repubblica” del 27


novembre 2006, pag. 38, sezione Cultura.
● “Il Novecento di Guido Strazza” di Paolo Vagheggi, pubblicato in “La Repubblica” del 9
dicembre 2002, pag.32, sezione Cultura.
● “Strazza la verità in un segno lontano” di Fabrizio D'Amico, pubblicato in “La Repubblica”
del 27 settembre 1999, pag.28, sezione Cultura.
● “Io,l'Artista” di Guido Strazza, pubblicato in Sguardi.info

● www.sguardi.info
● www.wikipedia.it
● www.undo.net/Pressrelease
● www.repubblica.it

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