Sei sulla pagina 1di 77

Struttura della Materia

Appunti dalle lezioni del prof. Flavio Toigo


16 gennaio 2011
2
i
Presentazione
In queste pagine sono raccolti appunti delle lezioni di Struttura della materia per il corso di
laurea (Specialistica) Magistrale in Fisica dellUniversit`a di Padova.
Gli appunti, apparsi sul web in forma manoscritta no alla.a. 2008-2009, sono stati riscritti
in latex dallo studente Tommaso Banelli e quindi ripubblicati sul web come les .pdf dalla.a.
2009-2010.
Nel corso del 2010, una seconda versione latex stata prodotta dallo studente Davide Cester.
La versione qui pubblicata basata largamente sul le di Banelli e, nel corso della.a. 2010-2011
sar rivista ed integrata usando quella gentilmente inviatami da Cester.
Rispetto alla versione manoscritta, sono state corretti gli errori e le imprecisioni dei quali mi
sono reso conto o che mi sono stati segnalati da vari studenti.
Ringrazio Banelli e Cester per aver acconsentito a pubblicare su questo sito il testo in formato
.pdf utilizzando le loro versioni latex.
Naturalmente mi assumo la responsabilit`a di tutte le imperfezioni formali e degli errori che
sicuramente sono rimasti.
Durante lo svolgimento del corso, man mano che gli argomenti saranno discussi a lezione,
rivedr` o con attenzione gli appunti e li modicher` o dove utile o necessario, chiedo comunque
di segnalarmi gli errori e di darmi suggerimenti per migliorare le prossime edizioni, a tutto
vantaggio degli studenti che ne vorranno usufruire.
Inne voglio ribadire che questi sono appunti: come tutti gli appunti essi possono costituire
un punto di partenza per lo studio della materia, ma devono esser integrati dal materiale
trattato per esteso nei testi consigliati.
Flavio Toigo
Padova, 16 gennaio 2011
ii
Indice
1 Conoscenze preliminari 1
1.1 Unit`a di misura atomiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Richiami sulle equazioni di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.3 Lagrangiana per una particella carica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2 Perturbazioni dipendenti dal tempo 7
3 Regola doro di Fermi 11
3.1 Esploriamo alcuni casi: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
3.1.1 Potenziale costante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
3.1.2 Perturbazione armonica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
4 Interazione atomo-radiazione elettromagnetica 17
4.1 Emissione spontanea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
4.2 Emissione angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
5 I coecienti di Einstein 21
6 Approssimazione di dipolo 23
6.1 Forme diverse delloperatore di dipolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
6.2 Forze di oscillatore e regola di somma di Thomas-Reiche-Kuhn . . . . . . . . 26
6.3 Regole di selezione per transizioni di dipolo elettrico . . . . . . . . . . . . . . 26
7 Larghezza di riga 29
7.1 Allargamento Collisionale e allargamento Doppler . . . . . . . . . . . . . . . . 32
7.1.1 Allargamento Doppler . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
8 Polarizzabilit`a atomica 33
9 Equazioni di Klein-Gordon e di Dirac 37
9.1 Limite non relativistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
9.2 Correzioni relativistiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
10 Teoria delle perturbazioni stazionarie 43
10.1 Livello non degenere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
10.2 Livelli degeneri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
iii
iv INDICE
11 Eetto Zeeman 49
11.1 Zeeman normale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
11.2 Eetto Paschen-Back . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
11.3 Eetto Zeeman anomalo o campo debole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
12 Eetto Stark 53
12.1 Correzioni lineari in E . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
12.2 Eetto Stark quadratico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
13 Approssimazioni per sistemi a molti elettroni 57
13.1 Approssimazione di Hartree . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
13.2 Approssimazione di Hartree-Fock . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
14 Il metodo del funzionale densit`a 65
14.1 teorema di Hohenberg e Kohn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
14.1.1 prima aermazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
14.1.2 Seconda aermazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
14.2 Approssimazione locale di densit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
14.3 Approssimazione con espansione in gradienti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
14.4 Approssimazione di Kohn e Sham . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70
Capitolo 1
Conoscenze preliminari
1.1 Unit`a di misura atomiche
La materia che osserviamo nella vita di ogni giorno `e un insieme quasi-continuo di grani, che
sono un insieme di molecole, che sono un insieme di atomi, che sono un insieme di elettroni
e di nuclei ... Quella che si indica tradizionalmente come Fisica della Materia si ferma
qui, considerando elettroni e nuclei come i mattoni da cui partire per spiegare quello che
osserviamo intorno a noi. Le unit` a di misura del SI, appropriate per la descrizione di sistemi
a misura duomo, sono ovviamente scomode per la descrizione di sistemi di taglia microscopica,
come gli atomi o le molecole. E quindi opportuno denire delle unit` a di misura che siano
appropriate per tali sistemi. Losservazione che una trattazione microscopica richiede luso
della meccanica quantistica suggerisce immediatamente che il valore delle varie grandezze
dipender`a da . Analogamente, dato che il comportamento di un insieme di elettroni e nuclei
`e dominato dallinterazione elettromagnetica tra cariche, esso dipender`a dalla quantit` a
e
2
4
0
,
che chiameremo
2
e
, dove e `e la carica elementare (la carica dellelettrone vale e) ed
0
`e la
permittivit`a dielettrica del vuoto . Per quanto riguarda la massa, `e naturale considerare la
massa dellelettrone m
e
come lunit` a appropriata.
Possiamo quindi costruire un sistema di unit` a di misura, che chiameremo unit` a di misura
atomico, nel quale le unit` a di misura fondamentali sono:
m
e
, , e e
e
.
Ricordando che in termini delle grandezze assunte come fondamentali nel SI: massa, lunghez-
za, tempo, corrente [MLT A], le dimensioni di tali quantit` a sono:
[m
e
] = [M]
[] =
_
ML
2
T
-1

[e] = [TA]
_

2
e

=
_
ML
3
T
2

,
possiamo denire le unit` a di misura atomiche per lunghezza, tempo e corrente come:
a
0
=

2
m
e

2
e
, raggio di Bohr dello stato fondamentale dell idrogeno (assumendo la massa
nucleare innita)
=

3
m
e

4
e
, tempo necessario ad un elettrone nella prima orbita dellH per percorrere una
distanza pari ad un raggio di Bohr
i
0
=
e

da cui le unit` a per le grandezze derivate:


v
0
=
a
0

, unit` a di misura per la velocit`a


1
2 CAPITOLO 1. CONOSCENZE PRELIMINARI
H =

2
e
a
0
, unit` a di misura per lEnergia, chiamata Hartree. Osserviamo che questa unit` a
`e il doppio dellenergia di legame dellatomo di H (assumendo la massa nucleare innita) nel
suo stato fondamentale, che viene chiamata Rydberg. ecc.
Ricordando i valori delle costanti fondamentali nel SI
m
e
= 9.1093897 10
31
kg
= 1.05457266 10
34
J s
e = 1.60217733 10
19
C

0
= 8.854187817 10
12
F/m
otteniamo i valori delle unit` a atomiche nel SI:

2
e
=
e
2
4
0
= 2. 307 079 6 10
28
J m,
a
0
= 0.529177249 10
10
m lunghezza
= 2. 418 884 10
17
s tempo
v
0
=
a
0

= 2.187691 7 10
6
m/s velocit`a
i
0
= 6. 623 622 10
3
A corrente
Notiamo che v
0
si pu`o anche scrivere come : v
0
=
a
0
c
c =

2
e
c
c = c.
La costante =

2
e
c
= 7.29735308 10
3
=
1
137. 035 99
prende il nome di costante di struttura
ne e misura limportanza delle correzioni relativistiche nella dinamica di un elettrone.
Inne ricordiamo che l unit` a atomica di energia:
H = 4. 359 748 4 10
18
J
pu`o anche esprimersi in come:
1 H=2 Ryd = 27.2114 eV.
1.2 Richiami sulle equazioni di Maxwell
Le equazioni che governano i campi elettromagnetici sono le equazioni di Maxwell, che
nel vuoto si scrivono:
_

_
E =

0
(a)
B = 0 (b)
E =
B
t
(c)
B =
0
j +
0

0
E
t
=
0
j +
1
c
2
E
t
(d)
(1.1)
Inserendo la (1.1 a) nellequazione che si ottiene dalla divergenza di (1.1 d) si ottiene lequazione
di continuit`a

t
+ j = 0. (1.2)
Combinando la (1.1 d) e la (1.1 c) dopo averle moltiplicate scalarmente rispettivamente per
E e B, con lausilio della relazione B EE B = (EB), si ottiene

_
EB

0
_
+

t
_

0
E
2
2
+
B
2
2
0
_
= E j. (1.3)
che si pu`o leggere come la conservazione dellenergia, avendo identicato la densit`a di energia
con
u =

0
E
2
2
+
B
2
2
0
1.2. RICHIAMI SULLE EQUAZIONI DI MAXWELL 3
la densit`a di corrente di energia o vettore di Poynting con
S =
EB

0
e la densit`a di potenza dissipata con E j.
In assenza di correnti si ha quindi lequazione di continuit` a:
u
t
+ S = 0.
Dato che il campo elettrostatico `e conservativo e che B `e solenoidale, si possono introdurre i
potenziali scalare (r, t) e vettore A(r, t) tali che:
_
E(r, t) = (r, t)

t
A(r, t) (a)
B(r, t) = A(r, t) (b)
(1.4)
Da (1.4a) e (1.4b) segue linvarianza di gauge: ai potenziali
_

(r, t) = (r, t) +

t
(r, t)
A

(r, t) = A(r, t) (r, t)


corrispondono gli stessi campi che si ottengono da e A, qualunque sia la funzione scalare
(r, t), purch`e derivabile. Possiamo ssare quindi la gauge fornendo arbitrariamente una
relazione tra le componenti di A(r, t) e (r, t).
Nella gauge di Coulomb, denita da A(r, t) = 0
1
, lequazione (1.1a) diventa

2
=

0
,
le equazioni (1.1b) e (1.1c) sono automaticamente soddisfatte e la (1.1d) diventa
A(r, t) =
1
c
2

2
A(r, t)
t
2
+
_

0
j
1
c
2
(r, t)
t
_
che tenendo conto dellidentit` a: A(r, t) = ( A(r, t))
2
A(r, t), nel vuoto
2
diventa lequazione delle onde:

2
A(r, t)
1
c
2

2
A(r, t)
t
2
= 0 (1.5)
Possiamo ora introdurre la trasformata di Fourier e la sua inversa secondo:
A(k, ) =
_
dr
_
dtA(r, t) e
i(krt)
(1.6)
A(r, t) =
_
dk
(2)
3
_
d
2
A(k, ) e
i(krt)
(1.7)
ed osservare che la realt` a di A(r, t) implica A(k, ) = A

(k, ).
1
A `e quindi un campo vettoriale trasverso
2
Nel vuoto valgono: j = 0 e = 0
4 CAPITOLO 1. CONOSCENZE PRELIMINARI
La linearit`a dellequazione (1.5) fa si che le varie componenti di Fourier non siano mescolate
tra loro, ma che obbediscano invece allequazione:
_
k
2


2
c
2
_
A(k, ) = 0 (1.8)
che ammette soluzione non banale solo se `e soddisfatta la relazione di dispersione = ck.
Tenendo conto della condizione di realt` a e della relazione di dispersione, la soluzione generale
dellequazione (1.5) pu`o quindi scriversi come:
A(r, t) =

=1,2
_
dk
(2)
3
_
d
2
A

(k, )

(k) cos(k r t +

)( ck) (1.9)
dove la gauge di Coulomb impone che i due vettori di polarizzazione,

(k), siano tali che


(k) k = 0, assicurando cos` che i campi siano trasversi.


Unonda piana monocromatica `e descritta da:
A(r, t) = 2/
0
() cos(k r t)
= /
0
(r) e
it
+/

0
(r) e
+it
(1.10)
dove = ck. Il vettore donda k ssa la direzione ed il verso di propagazione dellonda ed il
vettore di polarizzazione `e ortonormale a k (ovvero vale k = 0).
I corrispondenti campi elettrico e magnetico sono quindi:
E(r, t) = 2/
0
() sin(k r t) = c
0
(r) e
it
+c

0
(r) e
+it
(a)
B(r, t) = 2

c
/
0
()

k sin(k r t) = B
0
(r)

k e
it
+B

0
(r)

k e
+it
(b)
(1.11)
mentre la densit`a di energia e il vettore di Poynting sono dati da:
u(r, t) =

0
E
2
2
+
B
2
2
0
= 4
0

2
[/
0
()[
2
sin
2
(k r t +

), (1.12)
S(r, t) =
EB

0
= 4

kc
0

2
[/
0
()[
2
sin
2
(k r t +

) =

kc u(r, t). (1.13)
I valori medi su un periodo sono quindi:
u

=

2
_ 2

0
dt u(r, t) = 2
0

2
[/
0
()[
2
(1.14)
S

=

2
_ 2

0
dtS(r, t) = 2

kc
0

2
[/
0
()[
2
=

kc u

. (1.15)
Lintensit`a dellonda, che `e nientaltro che il usso di energia che attraversa una supercie
unitaria ortogonale alla sua direzione di propagazione nellunit` a di tempo, `e quindi:
I

= c u

= 2c
0

2
[/
0
()[
2
(1.16)
Possiamo ora fare la connessione con la descrizione quantistica dei campi elettromagnetici in
termini di fotoni. La densit`a di energia di un insieme di fotoni, tutti con la stessa pulsazione
`e data da:
u

= n() (1.17)
1.3. LAGRANGIANA PER UNA PARTICELLA CARICA 5
dove n() `e il numero di fotoni per unit` a di volume. Usando le equazioni (1.16) e (1.17),
possiamo inne mettere in relazione la densit`a di fotoni e lampiezza del potenziale vettore
con lintensit`a dellonda:
n() =
I

c
=
2
0

[/
0
()[
2
(1.18)
[/
0
()[
2
=
I

2c
0

2
(1.19)
1.3 Lagrangiana per una particella carica
Ricordiamo che una particella di carica q in moto con velocit`a v = r, in presenza di un campo
elettrico E(r, t) e di un campo magnetico B(r, t) risente della forza di Lorentz:
F = qE+qv B = q
_

A
t
+v (A)
_
(1.20)
Vogliamo ora costruire la lagrangiana classica dalla quale, tramite le equazioni di Eulero-
Lagrange
d
dt
L
r
i

L
r
i
= 0 i = x, y, z,
si possa ottenere la forza di Lorentz.
Lo scalare con le dimensioni di energia (come la lagrangiana) pi` u semplice che si possa costruire
con i potenziali ed A, con la posizione r e la velocit`a v = r della particella, `e:
L =
1
2
m r
2
q(r, t) +qv A(r, t) (1.21)
Per vericare che eettivamente da questa lagrangiana si ottiene la forza di Lorentz, basta
riscrivere le tre equazioni di Eulero-Lagrange come ununica equazione vettoriale:
d
dt
(mv +qA) = q +q(v A) (1.22)
Da questa si ottiene lequazione (1.20) notando che il termine che entra nella denizione del
campo elettrico contiene la derivata parziale
A
t
mentre in (1.22) compare la derivata totale
dA
dt
, e ricordando la formula che le lega:
dA
dt
=
A
t
+

i
r
i
A
r
i
.
Dato che (v A) = v ( A) +

i
r
i
A
r
i
si verica che la (1.22) `e proprio lespressione
che fornisce la forza di Lorentz.
Inoltre poiche p
i
=
L
r
i
= m r
i
+qA
i
(r, t) e H(p
i
, r
i
) =

i
p
i
r
i
L, abbiamo inne lHamilto-
niana di una particella in presenza di un campo elettromagnetico esterno:
H =
1
2m
(p qA(r, t))
2
+q(r, t) (1.23)
6 CAPITOLO 1. CONOSCENZE PRELIMINARI
Capitolo 2
Perturbazioni dipendenti dal tempo
Consideriamo un sistema che, per tempi t < t
0
, sia nello stato [
0
(t)) che evolve secondo
lequazione di Schrodinger imperturbata:
i
[
0
(t))
t
= H
0
[
0
(t)). (2.1)
la cui soluzione pu`o scriversi come [
0
(t)) = e

iH
0
t

[
0
(0))
Dato che leq (2.1) ammette soluzioni stazionarie della forma:
[n(t)) = e

i
n
t

[n) = e

iH
0
t

[n) (2.2)
con H
0
[n) =
n
[n), e che, ad ogni istante, gli autostati [n(t)) formano un set ortonormale
completo nello spazio di Hilbert di H
0
, la pi` u generale soluzione delleq. ((2.1) pu`o scriversi
come
[
0
(t)) =

n
c
n
[n(t)) (2.3)
con coecienti
c
n
= n(t)[
0
(t)) = (n[e
iH
0
t

)(e

iH
0
t

[
0
(0)))
= n[
0
(0)) (2.4)
che non dipendono dal tempo.
Accendiamo ora una perturbazione V (t) al tempo t
0
e cerchiamo la soluzione dellequazione
i
[(t))
t
= (H
0
+V (t))[(t)) = H(t)[(t)) (2.5)
per tempi t > t
0
, soggetta alla condiziona iniziale [(t
0
)) = [
0
(t
0
)).
La soluzione esatta `e generalmente impossibile. Tuttavia, se la perturbazione `e piccola si pu`o
procedere cercando una soluzione espressa come una serie di potenze di V .
Osserviamo che lo stato [(t)) si potr` a ancora scrivere come sovrapposizione di autostati di
H
0
, vista la loro completezza, ma in questo caso anche i coecienti c
n
dipenderanno dal
tempo.
7
8 CAPITOLO 2. PERTURBAZIONI DIPENDENTI DAL TEMPO
Infatti, se scriviamo: [(t)) =

n
c
n
(t)[n(t)) , abbiamo
c
n
(t) = n(t)[(t)) = n[e
+
iH
0
t

[(t))
= n[
I
(t)) (2.6)
dove abbiamo denito lo stato in visuale dinterazione come:
[
I
(t)) = e
i
H
0

t
[(t)) (2.7)
Varr` a quindi la seguente relazione:
(t) = e
i
H
0

I
(t) (2.8)
da cui, riprendendo lequazione (2.5):
i
(t)
t
= i

t
_
e
i
H
0

I
(t)
_
calcolo
= H
0
e
i
H
0

I
(t) +ie
i
H
0

I
t
(2.5)
= (H
0
+V (t))e
i
H
0

I
(t) (2.9)
da cui
ie
i
H
0

I
(t)
t
= V (t)e
i
H
0

I
(t) (2.10)
e quindi
i

I
(t)
t
= e
i
H
0

t
V (t)e
i
H
0

I
(t). (2.11)
Inne, denendo anche per gli operatori la visuale dinterazione come
V
I
(t) = e
i
H
0

t
V (t)e
i
H
0

t
. (2.12)
,
possiamo riscrivere lequazione (2.11) che guida levoluzione dello stato in visuale dinterazione
nella forma compatta:
i

I
(t)
t
= V
I
(t)
I
(t). (2.13)
La soluzione dellequazione (2.13) si pu`o scrivere formalmente come:

I
(t) =
I
(t
0
)
i

_
t
t
0
dV
I
()
I
() (2.14)
che si pu`o risolvere in maniera ricorsiva.
Al primo ordine

I
(t) =
I
(t
0
)
i

_
t
t
0
d
1
V
I
(
1
)
I
(t
0
) (2.15)
Introducendo lespressione (2.15) in (2.14), otteniamo la soluzione al secondo ordine:

I
(t) =
I
(t
0
)
i

_
t
t
0
d
1
V
I
(
1
)
I
(t
0
) +
_

_
2
_
t
t
0
d
1
V
I
(
1
)
_

1
t
0
d
2
V
I
(
2
)
I
(t
0
) (2.16)
9
Procedendo analogamente si pu`o vedere che la correzione a
I
(t
0
) di ordine n in V
I
si scrive:
_

_
n
_
t
t
0
d
1
_

1
t
0
d
2
...
_

n1
t
0
d
n
V
I
(
1
)V
I
(
2
)...V
I
(
n
)
I
(t
0
) (2.17)
Osserviamo ora che, nellintegrale di ordine n, gli operatori V
I
compaiono con un ordinamento
temporale degli argomenti che `e decrescente da sinistra a destra. Introducendo loperatore di
ordinamento temporale secondo la denizione:
T (f(t
1
)f(t
2
)) =
_
f(t
1
)f(t
2
) se t
1
> t
2
f(t
2
)f(t
1
) se t
1
< t
2
possiamo facilmente vericare che:
T
__
t
t
0
df()
_
2
= T
_
t
t
0
d
1
_
t
t
0
d
2
f(
1
)f(
2
) =
=
_
t
t
0
d
1
_

1
t
0
d
2
f(
1
)f(
2
) +
_
t
t
0
d
2
_

2
t
0
d
1
f(
2
)f(
1
) =
= 2
_
t
t
0
d
1
_

1
t
0
d
2
f(
1
)f(
2
) (2.18)
e, in generale
T
__
t
t
0
df()
_
n
= n!
_
t
0
d
1
_

1
0
d
2
...
_

n
1
0
d
n
f(
1
)f(
2
)...f(
n
) (2.19)
Pertanto il secondo termine di (2.17) si pu`o scrivere come:
1
n!
T
_

_
t
t
0
dV
I
()
_
n

I
(t
0
) (2.20)
e quindi la soluzione dellequazione (2.5) assume la forma:

I
(t) = T
_
e

R
t
t
0
dV
I
()
_

I
(t
0
)
= U(t, t
0
)
I
(t
0
) (2.21)
avendo denito loperatore di evoluzione temporale come:
U(t, t
0
) =

n=0
1
n!
T
_

_
t
t
0
dV
I
()
_
n
= T
_
e

R
t
t
0
dV
I
()
_
(2.22)
La soluzione (2.21) `e esatta, ma del tutto formale, dato che solo in caso particolarissimi
si riesce a calcolare esattamente loperatore di evoluzione temporale. Come al solito, la
spiegazione quantitativa dei fenomeni osservati nella sica della materia richieder` a soluzioni
approssimate di equazioni esatte, ottenute combinando tecniche matematiche ed intuizione
sica. Nel prossimo capitolo discuteremo una approssimazione, introdotta da Fermi, che per
la sua semplicit`a, facilit`a di applicazione, estensione dei fenomeni cui si pu`o applicare ha
preso, giustamente, il nome di Regola doro di Fermi.
10 CAPITOLO 2. PERTURBAZIONI DIPENDENTI DAL TEMPO
Capitolo 3
Regola doro di Fermi
Ripercorriamo quanto detto nel capitolo precedente, con lintento, in questo caso di trovare
una soluzione approssimata allequazione di Schrodinger dellHamiltoniana dipendente dal
tempo.
Consideriamo un sistema che, per tempi t < t
0
, sia nello stato [
0
(t)), che evolve secondo
i
[
0
(t))
t
= H
0
[
0
(t)) (3.1)
Dato che lequazione (3.1) ammette soluzioni stazionarie della forma:
[n(t)) = e
i
H
0

t
[n) = e
i

t
[n) (3.2)
con H
0
[n) =
n
[n) e che gli autostati [n) di H
0
formano un set ortonormale completo nello
spazio di Hilbert di H
0
, la pi` u generale soluzione di (3.1) pu`o scriversi come
[
0
(t)) =

n
c
n
[n(t)) (3.3)
con coecienti c
n
= n(t)[
0
(t)) = n[e
+i
H
0

t
e
i
H
0

t
[
0
) = n[
0
) che non dipendono dal
tempo.
Se al tempo t = 0 accendiamo la perturbazione V (t), per t > 0 potremo ancora scrivere la
soluzione dellequazione di Schrodinger
i
(t)
t
= (H
0
+V (t)) (t) (3.4)
come combinazione lineare di stati [n(t)), data la loro completezza, ma con coecienti che
ora dipendono da t:
[(t)) =

n
c
n
(t)[n(t)) (3.5)
Se al tempo t = 0 [(0)) = [i(0)) = [i), ovvero date le condizioni iniziali:
c
i
(0) = 1
c
n
(0) = 0
_
n ,= i
allora [c
f
(t)[
2
esprime la probabilit`a che il sistema si trovi nello stato [f(t)) = e
i

t
[f), al
tempo t. Quindi [c
f
(t)[
2
`e la probabilit`a che la perturbazione abbia indotto una transizione
tra lo stato iniziale [i) e quello nale [f), entrambi stati stazionari di H
0
.
11
12 CAPITOLO 3. REGOLA DORO DI FERMI
Osserviamo che
c
f
(t) = f(t)[(t)) = f[e
i

t
[(t)) = f[e
i
H
0

t
[(t)) = f[
I
(t)) (3.6)
Richiamando lequazione (2.15), ricordiamo che al primo ordine in V , [
I
(t)) vale:
[
I
(t)) = [
I
(0))
i

_
t
0
dt

V
I
(t

)[
I
(0)) (3.7)
e, ricordando lequazione (2.12) per la denizione di V
I
(t), otteniamo immediatamente il
coeciente c
f
(t), nellipotesi che [
I
(0)) = [i) e [f) sia ortogonale ad [i)
c
f
(t) = f[
I
(t)) = f[i)
i

_
t
0
dt

f[e
i
H
0

V (t

)e
i
H
0

[i) =
=
i,f

i

_
t
0
dt

f[V (t

)[i)e
i

(3.8)
Pertanto la probabilit`a di transizione dallo stato [i) allo stato [f) `e semplicemente
P

(t) = [c
f
(t)[
2
=
1

_
t
0
dt

f[V (t

)[i)e
i

2
(3.9)
3.1 Esploriamo alcuni casi:
3.1.1 Potenziale costante
Supponendo che la perturbazione sia costante nel tempo ma non uniforme, ovvero in formule:
V (t) =
_
0 t < 0
V (r) t > 0
(3.10)
allora V

(t

) = f[V (r)[i) =
_
d
3
r

f
(r)V (r)
i
(r) = V

e posto

=

f

, si avr`a:
P

(t) =
1

2
[V

[
2

_
t
0
dt

e
i

2
=
1

2
[V

[
2

e
i

t
1
i

2
=
=
1

2
[V

[
2

e
i

t
2
_
e
i

t
2
e
i

t
2
_
i

2
=
1

2
[V

[
2

e
i

t
2
2i sin
_

t
2
_
i

2
=
=
1

2
[V

[
2
sin
2
_

t
2
_
_

2
_
2
. (3.11)
Esaminiamo la funzione F = 4t
2
sin
2

t
2

t
2
come funzione di
f
.
La funzione presenta un picco principale di altezza t
2
centrato in
f
=
i
e di larghezza
4
t
.
Le ampiezze dei picchi laterali, tutti di larghezza
2
t
, decrescono come (
f

i
)
2
. Per tempi
molto corti, il picco centrale `e quindi molto largo, il che signica che a tempi brevissimi dopo
laccensione di V il sistema si distribuisce su un gran numero di stati, con probabilit`a molto
simili. Man mano che il tempo passa, la probabilit`a diventa pi` u grande per quegli stati che
hanno energia vicina a quella iniziale
i
in corrispondenza del massimo della funzione. Tale
3.1. ESPLORIAMO ALCUNI CASI: 13
0 2/t 4/t -2/t -4/t
t
2
t
2
/2
t
2
/4
3t
2
/4

fi
sin
2
(
fi
t/2)/(
fi
/2)
2
Figura 3.1: La funzione F in eq. (3.11) come funzione di
f
i
massimo, la cui altezza cresce come t
2
, ha una semilarghezza E =
2
t
. Pertanto saranno
popolati solo quegli stati per i quali [
f

i
[
2
t
. Ci` o signica che lo spread energetico
degli stati legati sar` a E t = 2.
Se i livelli
i
e
f
sono discreti ed
f
,=
i
, la probabilit`a di transizione oscilla nel tempo con
un periodo T =
2
[
f

i
[
. Viceversa, nel caso degenere (
f
=
i
) la probabilit`a P

cresce come
t
2
e dopo qualche tempo dallaccensione della perturbazione la teoria perturbativa non pu`o
essere limitata al primo ordine.
Pu`o essere interessante considerare il caso in cui lo stato [f) sia uno stato del continuo,
degenere con altri, oppure appartenga ad un gruppo di livelli molto vicini energeticamente e
con energia tale che [
f

i
[ . Allora, la probabilit`a di transizione ad uno di questi stati
sar` a:
T

f nel gruppo
P

=
_

f
+

d()P

(3.12)
dove d() d`a il numero di stati con energia tra e +d. () e quindi la densit`a di stati
per unit a di energia.
Inserendo in (3.12) lespressione di P

ricavata in (3.11), otteniamo:


T

=
1

2
_

f
+

d()[V

[
2
sin
2
(
f

i
)t
2
_
(
f

i
)
2
_
2
Se la semi-larghezza del picco della funzione F, (=
2
t
), `e minore di , allora solamente il
picco contribuisce allintegrale.
Notando che larea sotto il picco della F pu`o essere approssimata ad unarea di un triangolo,
calcoliamo
1
2
_
t
2

4
t
_
= 2t
14 CAPITOLO 3. REGOLA DORO DI FERMI
T

(t) =
1

,2
()[V

[
2
2 ,t
=
2t

[V

[
2
()
Vale a dire che la probabilit`a di transizione per unit` a di tempo `e
W

=
dT

(t)
dt
=
2

[V

[
2
(
f
)

f
=
i
(3.13)
Questa formula, che d`a la probabilit`a per unit` a di tempo, `e stata chiamata da Fermi golden
rule, regola doro, per indicarne limportanza.
Un altro modo per scrivere la regola doro si basa sullosservazione che la funzione
F =
sin
2
(
f

i
)t
2
_
(
f

i
)
2
_
2
diventa via via pi` u piccata intorno ad
f
=
i
al crescere di t e sottende unarea 2t, pertanto
pu`o esser vista come una distribuzione che rappresenta F 2t (
f

i
).
Possiamo quindi scrivere
W

=
2

[V

[
2
(
f

i
) (3.14)
3.1.2 Perturbazione armonica
Supponiamo che V (t) sia una perturbazione armonica
1
:
V (t) = 1

(r)e
it
+1(r)e
it
( > 0). (3.15)
Allora lequazione (3.11) diventa
P

(t) =

_
t
0
dt

f[1

(r)e
it

+1(r)e
it

[i)e
i

2
=
=
1

e
i
(

+)
2
t
sin
_

+
2
t
_

+
2
+1

e
i
(

)
2
t
sin
_

2
t
_

2
(3.16)
La struttura dellequazione suggerisce che per un ssato valore di , solo un termine alla volta
potr` a essere grande, dato che, se

,= 0, quando un denominatore `e piccolo, laltro non pu`o


esserlo.
`
E quindi sensato trascurare il termine dinterferenza e scrivere
P

(t) =
1

2
[1

[
2
_
sin
2
_

+
2
t
_
_

+
2
_
2
+
sin
2
_

2
t
_
_

2
_
2
_
(3.17)
Usando il risultato discusso in precedenza possiamo quindi scrivere:
W
i[f]
=
2

[1

[
2
[[(
f

i
+ ) +(
f

i
)] (3.18)
Vediamo che contribuisce solo un termine alla volta:
1
sar`a questo il caso dellinterazione con la radiazione monocromatica
3.1. ESPLORIAMO ALCUNI CASI: 15
il primo, che implica
f
=
i
, descrive lemissione stimolata da fotoni con energia
pari a ,
mentre il secondo, per il quale
f
=
i
+ , corrisponde ad un processo di assorbi-
mento.
16 CAPITOLO 3. REGOLA DORO DI FERMI
Capitolo 4
Interazione atomo-radiazione
elettromagnetica
Torniamo allHamiltoniana che descrive un atomo in presenza della radiazione elettromagne-
tica (trattata classicamente) descritto nella sezione (1.3):
H =
1
2m
(p qA(r, t))
2
+q(r, t) =
=
p
2
2m

q
2m
(p A(r, t) +A(r, t) p) +
_
q
2
2m
A
2
_
+q(r, t) (4.1)
In generale p e A(r, t) non commutano, ma nella gauge di Coulomb si pu`o vericare che
commutano. Infatti, ricordando che p = i, possiamo scrivere:
(p A(r, t) +A(r, t) p) = (i A(r, t) iA(r, t) ) =
= i [ (A(r, t)) +A(r, t) ]
Vale la regola seguente: (A(r, t)) = ( A(r, t)) +A(r, t) .
Poiche nella gauge di Coulomb il primo addendo `e nullo, possiamo scrivere:

e
2m
(p A(r, t) +A(r, t) p) = i
e
2m
[A(r, t) +A(r, t) ] =
= +
e
m
A(r, t) p
Ottenendo inne lHamiltoniana di unatomo idrogenoide:
H =
p
2
2m

Ze
2
4
0
r
+
e
m
A(r, t) p +
_
e
2
2m
A
2
_
(4.2)
dove trascuriamo lultimo termine, dato che vogliamo ottenere una trattazione allordine pi` u
basso.
Richiamiamo lequazione (1.10)
A(r, t) = /
0
()
_
e
i(krt)
+e
i(krt)
_
e lequazione (1.19)
/
2
0
() =
I()
2c
0

2
(4.3)
17
18 CAPITOLO 4. INTERAZIONE ATOMO-RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA
ricordando che k = 0.
Facendo riferimento alla notazione precedente (V (t) = 1(r)e
it
+1

(r)e
it
), identichiamo
1(r) = i
e
m
e
ikr
/
0

1

(r) = i
e
m
e
ikr
/
0

[1
ba
(r)[
2
=
2
e
2
m
2

b[e
ikr
[a)

2
/
0
2
[1

ba
(r)[
2
=
2
e
2
m
2

b[e
ikr
[a)

2
/
0
2
La probabilit`a di assorbimento per unit` a di tempo `e allora
W
ba
=
2

[1
ba
[
2
(
b

a
)
=
2

2
e
2
m
2
/
0
2
[M
ba
[
2
(
b

a
)
(4.3)
=
4
2
m
2
c
e
2
4
0
I(
ba
)

2
ba
[M
ba
[
2
(
ba
) (4.4)
dove abbiamo denito M
ba
= b[e
ikr
[a) e abbiamo usato la seguente uguaglianza (
b

a
) =
(
ba
)

.
Analogamente, la probabilit`a di emissione stimolata per unit` a di tempo `e data da
W
ab
=
2

[1

ab
[
2
(
b

a
+ )
=
4
2
m
2
c
e
2
4
0
I(
ba
)

2
ba
[(M

)
ab
[
2
(
ba
+) (4.5)
Dato che (M

)
ba
= b[e
ikr
[a) = M
ab
ne consegue che W
ba
e W
ab
sono uguali (principio
del bilancio dettagliato).
Si usa denire la sezione durto di assorbimento o di emissione stimolata come la probabilit`a
di assorbimento o di emissione stimolata di energia per unit` a di tempo, per atomo e per fotone
incidente. Vale a dire

ba
=
W
ba
N()
V
c
=
W
ba
I()

=
4
2
m
2
c
e
2
4
0

ba
[M
ba
[
2
(
ba
) (4.6)
che ha le dimensioni di unarea.
4.1 Emissione spontanea
Con lausilio della formula (1.18), la probabilit`a di assorbimento per unit` a di tempo, in termini
della densit`a di fotoni del fascio incidente, assume la seguente forma:
W
ba
=
4
2
m
2
e
2
4
0
N()
V

ba
[M
ba
[
2
(
ba
)
4.2. EMISSIONE ANGOLARE 19
Analogamente per lemissione stimolata abbiamo trovato
W
ab
=
4
2
m
2
e
2
4
0
N()
V

ba
[M
ab
[
2
(
ba
+)
Una trattazione quantomeccanica mostra che la corretta espressione per la probabilit`a di
emissione per unit` a di tempo `e invece:
W
ab
=
4
2
m
2
e
2
4
0
N() + 1
V

ba
[M
ab
[
2
(
ba
+) (4.7)
Lequazione (4.7) descrive anche il caso dellemissione spontanea che corrisponde allemissione
in assenza di campo incidente N() = 0. Pertanto:
W
S
ab
=
4
2
m
2
e
2
4
0
1
V

ba
[M
ab
[
2
(
ba
+) (4.8)
Notiamo che la in (4.8) pu`o anche leggersi come la densit`a di stati fotonici con energia
=
ph
=
a

b
in modo che lenergia totale iniziale E
i
=
b
+0
ph
sia uguale allenergia
nale E
f
=
a
+ 1
ph
.
4.2 Emissione angolare
Cerchiamo ora di determinare la probabilit`a di emissione per unit` a di tempo di un determinato
angolo solido d. In una scatola cubica di lato L con condizioni periodiche al contorno:
k = k
x
x +k
y
y +k
z
z e
ikr
= e
ik
x
x
e
ik
y
y
e
ik
z
z
e
ik
j
L
= e
ik
j
0
= 1 k
j
L = 2n
j
.
gli stati fotonici sono onde piane di momento k, con k
j
=
2
L
n
j
.
Pertanto ad ogni punto k nello spazio dei momenti corrisponde un volume

3
k = k
x
k
y
k
z
=
_
2
l
_
3
=
(2)
3
V
da cui segue che il numero di punti k in un volume d
3
k nello spazio k sar` a
n(k) =
d
3
k

3
k
=
V
(2)
3
d
3
k
.
Passando in coordinate sferiche e ricordando che = ck possiamo scrivere:
d
3
k k
2
dkd =
_

c
_
2
d
c
d
Pertanto il numero di stati con frequenze tra e +d nellangolo solido d intorno a (, )
`e dato da:
d^()() =
V
(2)
3

2
c
3
dd = V

()dd
20 CAPITOLO 4. INTERAZIONE ATOMO-RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA
Possiamo quindi identicare la densit` a di stati per unit` a di frequenza e di angolo solido con

=
V
(2)
3

2
c
3
(4.9)
ed esprimere la probabilit`a di emissione di un fotone polarizzato con frequenza tra e +d
nellangolo solido d come:
W
,
ab
d =
2

2
e
2
m
2
/
0
2
[M

ab
[
2

()d
=
2e
2
m
2
I(
ab
)
2c
0

2
ab
[M

ab
[
2
()

d
=
4
2

m
2
c
e
2
4
0
I(
ab
)

2
ab
[M

ab
[
2
_
V
(2)
3

2
ab
c
3
_
d
=

2m
2
c
3
e
2
4
0

ba
I(
ab
)V

ab
c
[M

ab
[
2
d
(4.10)
Capitolo 5
I coecienti di Einstein
Per calcolare la probabilit`a di emissione spontanea di un atomo che si trovi in uno stato
eccitato, Einstein introdusse delle relazioni tra le le probabilit`a di assorbimento, di emissione
stimolata ed, appunto, di emissione spontanea. Lidea di base `e che la probabilit`a per unit` a
di tempo di assorbimento o di emissione stimolata di un fotone di energia da parte di un
atomo sia proporzionale alla distribuzione spettrale dellenergia
1
del fascio incidente, mentre
lemissione spontanea `e ovviamente indipendente da essa.
Atomi che si trovano in uno stato [a) potranno assorbire lenergia e transire ad uno stato
[b) con energia tale che
b

a
= > 0 e la probabilit`a di transizione per unit` a di tempo
di un tale processo sar` a
W
as
ba
= B
ba
() (5.1)
Analogamente atomi che si trovino nello stato [b) potranno essere stimolati a decadere nello
stato [a) con probabilit`a per unit` a di tempo data da
W
em
ab
= B
ab
() (5.2)
Inoltre atomi che si trovino nello stato [b) potranno anche decadere spontaneamente nello
stato [a) con la probabilit`a per unit` a di tempo:
W
S
ab
= /
ab
(5.3)
I coecienti /
ab
, B
ab
e B
ba
sono i famosi coecienti di Einstein.
Per quanto detto sopra, il numero di atomi negli stati [a) e [b) obbedir`a alle equazioni:
_

_
dN
a
dt
= B
ba
()N
a
+ (B
ab
() +/
ab
)N
b
dN
b
dt
=
dN
a
dt
(5.4)
In condizioni di equilibrio termodinamico dovr`a essere
dN
b
dt
=
dN
a
dt
= 0 e pertanto
B
ba
()N
a
= (B
ab
() +/
ab
)N
b
(5.5)
1
energia per unit`a di volume e di pulsazione () = 2
1
V
R
d

()n() =

3
c
3
n(), dove n()
esprime il numero medio di fotoni nello stato di energia . Nel caso di radiazione di corpo nero n() `e dato
dallespressione di Planck : n() =
1
e

1
. Il fattore 2 tiene conto dei due stati di polarizzazione
21
22 CAPITOLO 5. I COEFFICIENTI DI EINSTEIN
Daltra parte, in condizioni di equilibrio il rapporto
N
b
N
a
deve seguire la legge di Boltzmann:
N
b
N
a
=
g
b
g
a
e
(
b

a
)
=
g
b
g
a
e

ba

(5.6)
se g
b
e g
a
sono i pesi statistici, vale a dire le degenerazioni degli stati [a) e [b) (g = 2j + 1).
Da (5.5) otteniamo quindi
() =
/
ab
N
b
B
ba
N
a
B
ab
N
b
=
,
ab
B
ab
B
ba
N
a
B
ab
N
b
1
=
,
ab
B
ab
B
ba
g
a
B
ab
g
b
e

ba
1
(5.7)
Se anche la radiazione `e in equilibrio termodinamico, questa espressione deve coincidere con
la distribuzione di corpo nero
() =

3
c
3
1
e

1
(5.8)
e pertanto deve essere:
B
ba
g
a
= B
ab
g
b
(5.9)
equazione che va sotto il nome di principio del bilancio dettagliato, e
/
ab
B
ab
=

3

2
c
3
(5.10)
Osserviamo che il numero di modi con pulsazione , per unit` a di frequenza angolare e di
volume (densit di stati), `e:
1
V
d^()
d
=
2
V

k
( ck) =
1
V
2V
(2)
3
_
d
_
k
2
( ck)dk =
1

2
c
3
dove il fattore 2 davanti alla sommatoria tiene conto delle due possibili polarizzazioni.
Pertanto
B
ab

2
c
3
= /
ab
pu`o essere interpretato come la probabilit`a per unit` a di tempo e di volume per lemissione
stimolata da parte di un fotone di energia del fascio incidente. Vediamo quindi che il
rapporto tra la probabilit`a per unit` a di tempo per lemissione stimolata e quella per lemissione
spontanea in uno dei modi a frequenza `e
B
ab
()
/
ab
= n())
dove n()), `e il numero medio di fotoni di energia nel fascio incidente.
n()) =
1
e

1
se la radiazione incidente quella di corpo nero.
Capitolo 6
Approssimazione di dipolo
Abbiamo visto che i processi di assorbimento e di emissione di radiazione elettromagnetica
sono determinati dagli elementi di matrice
M
ba
= b[e
ikr
[a) =
=
_
d
3
r

b
(r) e
ikr

a
(r) = (6.1)
=
_
d
3
r

b
(r)
_
1 +ik r +
(ik r)
2
2
+...
_

a
(r)
Se kr 1 nella regione dove

b
(r)
a
`e apprezzabile, allora si pu`o approssimare lelemento
di matrice col solo primo termine dello sviluppo di e
ikr
, troncamento che prende il nome di
approssimazione di dipolo.
Osserviamo che lapprossimazione dipende da
i
e
f
, che devono essere entrambi stati lo-
calizzati, e da . `e sicuramente appropriata per descrivere linterazione di atomi, molecole e
solidi con radiazione di lunghezza donda 200nm
1
.
Infatti nel caso di atomi e molecole, le funzioni donda di stati legati decadono esponenzial-
mente e lintegrale riceve contributi da una regione delle dimensioni di qualche

A. Pertanto
kr = 2
r

1 se r 10

A.
Nel solido gli integrali possono essere riportati ad integrali su una cella primitiva, e quindi di
nuovo su un dominio molto minore di .
Il nome di tale approssimazione `e spiegato dallosservazione che segue: nelle condizioni in cui
vale la condizione e
ikr
1, la matrice M
ba
si scriver`a
M
D
ba
= b[ [a) =
i

b[p[a) =
i

b[m r[a) (6.2)


e ricordando che r =
i

[H
0
, r], possiamo scrivere
M
D
ba
=
m

2
b[H
0
r rH
0
[a) =
m

2
b[
b
r r
a
[a) =
=
m
ba

b[r[a) =
m
ba
e
b[D[a) (6.3)
dove D = er `e loperatore Momento di Dipolo, da cui lapprossimazione prende il
nome.
1
quindi dallultravioletto in su
23
24 CAPITOLO 6. APPROSSIMAZIONE DI DIPOLO
La probabilit`a per unit` a di tempo per lemissione stimolata in approssimazione di dipolo `e
quindi:
W
Dem
ab
=
4
2
c
2
1
4
0
I()[ D
ba
[
2
(
ba
+) (6.4)
e quella di assorbimento
W
Das
ba
=
4
2
c
2
1
4
0
I()[ D
ba
[
2
(
ba
) (6.5)
Raccogliamo alcune formule:
I() = cu() = cn()
W
Das
ba
=
4
2
m
2
e
2
4
0
n(
ba
)

[M
ba
[
2
(
ba
) (6.6)
W
Dem
ab
=
4
2
m
2
e
2
4
0
n(
ba
)

ba
[M

ba
[
2
(
ba
+) (6.7)
Nel processo di emissione spontanea dobbiamo considerare la (6.7) con n() =
1
V
e sommare
tutti i possibili stati nali; vale a dire
W
S
ab
=
4
2
m
2
e
2
4
0

ba
1
V

k
[M

ab
[
2
( ck)(
ba
) =
=
4
2
m
2
e
2
4
0

ba
1
(2)
3
_
d

=1,2

a[e
ikr

[b)

2

2
ba
c
3
=
=

2m
2
c
3
e
2
4
0
_
d
ba

=1,2
[M

ab
[
2
(6.8)
(vedi eq 4.61 Bransden)
Riprendendo lequazione (6.3) possiamo scrivere:
M
D
ba
=
m
ba

b[r[a) =
m
ba

r
ba
=
m
ba

r
ba
cos() (6.9)
avendo cos` esplicitato la dipendenza di M
D
ba
dallangolo tra r e . Pertanto
W
D
ba
=
4
2
m
2
c
e
2
4
0
I(
ba
)

2
ba
[M
D
ba
[
2
(
ba
) =
=
4
2
c
2
e
2
4
0
I(
ba
)[r
ba
[
2
cos
2
(
ba
) (6.10)
Se la radiazione incidente non `e polarizzata possiamo sostituire a cos
2
il suo valor medio
cos
2
) =
1
3
e ricordando la denizione di =
e
2
4
0
c

1
137
otteniamo:
per lassorbimento da [a) a [b)
W
Das
ba
=
4
2
3
I()[r
ba
[
2
(
ba
) (6.11)
per lemissione stimolata da [b) a [a)
W
Dem
ab
=
4
2
3
I()[r
ba
[
2
(
ba
+) (6.12)
6.1. FORME DIVERSE DELLOPERATORE DI DIPOLO 25
Da (6.9) e (6.8)
W
D,S
ab
d =
1
2c
3
1
4
0

3
ba
[

D
ab
[
2
d (6.13)
e quindi la probabilit`a integrata di emissione spontanea
W
D,S
ab
=
_
dW
D,S,
ab
= 2
4
3
1
2c
3

3
ab
4
0
[D
ab
[
2
=
4
3c
2

3
ab
[r
ab
[
2
(6.14)
Il risultato (6.14) `e spesso scritto come:
W
D,S
ab
= 2

ba
mc
2

ba
[f
ba
[ (6.15)
dove la forza di oscillatore f
ba
`e denita dalla relazione:
f
ba
= 2
m
ba
3
[r
ba
[
2
. (6.16)
`
E da notare che, sulla base di questa denizione, la forza doscillatore f
ba
`e positiva per
lassorbimento e negativa per lemissione.
6.1 Forme diverse delloperatore di dipolo
Osserviamo che lelemento di matrice della perturbazione pu`o scriversi in varie forme equi-
valenti. Abbiamo appena visto la prima, detta forma della lunghezza dove
D
ba
= e r
ba
(6.17)
Daltra parte da p = m r segue che p
ba
= im
ba
r
ba
e quindi
D
ba
= e r
ba
=
ie
m
ba
p
ba
(6.18)
detta forma della velocit`a.
Procedendo in maniera analoga possiamo scrivere
p
ba
=
1
i
b[[p, H
0
][a) =

a

b
i
p
ba
= i
ba
p
ba
(6.19)
ma anche
p
ba
=
1
i
b[
_
p,
p
2
2m
+V
_
[a) = V (6.20)
e quindi
p
ba
=
i

ba
(V )
ba
(6.21)
da cui segue
D
ba
=
e
m
2
ba
(V )
ba
(6.22)
detta forma del potenziale.
26 CAPITOLO 6. APPROSSIMAZIONE DI DIPOLO
6.2 Forze di oscillatore e regola di somma di Thomas-Reiche-
Kuhn
Ossrviamo che la forza doscillatore f
ba
= 2
m
ba
3
[r
ba
[
2
denita in Eq. (6.16 `e una quantit` a
adimensionale costruita a partire dallelemento di matrice M

ba
=
m
ba

b[r[a) che ha
le dimensioni dellinverso di una lunghezza, moltiplicandolo per la lunghezza

a[r[b),
mediando su tutte le direzioni di

e sommando inne sui 2 modi di polarizzazione.


La forza di oscillatore obbedisce ad una importante regola di somma

b
f
ba
= 1 [a) (6.23)
Notiamo che la sommatoria devessere estesa a tutti gli autostati di H
0
, anche a quelli nel con-
tinuo. Prende il nome di regola di somma di Thomas-Reiche-Kuhn ed `e una conseguenza
diretta della completezza degli autostati [b) di H
0
e dellequazione del moto r =
i

[H
0
, r]
La dimostrazione `e semplice: osserviamo anzitutto che
f
ba
= 2
m
ba
3
[r
ba
[
2
= 2
m
ba
3
r
ab
r
ba
(6.24)
e ricordiamo che
p
ba
= m r
ba
= im
ba
r
ba
(6.25)
p
ab
= im
ab
r
ab
= im
ba
r
ab
(6.26)
dato che
ba
=
ab
.
f
ba
=
1
2
_
2
3
i

p
ab
r
ba

2
3
i

r
ab
p
ba

_
(6.27)
dove abbiamo usato la (6.25) e la (6.26).
Se gli stati [b) formano una base completa, dalla (6.27) otteniamo immediatamente:

b
f
ba
=
1
3
i

b
(a[p[b) b[r[a) a[r[b) b[p[a)) =
=
1
3
i

a[p r r p[a) =
=
1
3
i

a[ [p, r] [a) =
=
1
3
i

3(i) = 1 c.v.d (6.28)


dato che [p, r] = [p
x
, r
x
] + [p
y
, r
y
] + [p
z
, r
z
] = 3(i)
6.3 Regole di selezione per transizioni di dipolo elettrico
Con lequazione (6.3) abbiamo visto che lelemento di matrice per transizioni di dipolo `e
M
D,

=
m

f[r[i) (6.29)
Possiamo osservare anzitutto che per un qualunque sistema descritto da unHamiltoniana
che commuti con loperatore di parit` a

T, denito da

Tf(r) = f(r), si possono costruire
6.3. REGOLE DI SELEZIONE PER TRANSIZIONI DI DIPOLO ELETTRICO 27
autofunzioni di H che siano anche autofunzioni di

T, ovvero che siano alternativamente pari
o dispari. In tal caso la funzione:
f[r[i) =
_
d
3
r

f
(r)r
i
(r) (6.30)
`e diversa da zero solo se
f
(r) e
i
(r) hanno parit` a diversa; ci` o avviene in conseguenza al fatto
che loperatore r `e dispari ed il dominio dintegrazione `e pari.
Abbiamo quindi una prima regola di selezione: transizioni tra stati con la stessa parit` a sono
proibiti in approssimazione di dipolo. Come detto sopra ci` o vale per qualunque sistema con
simmetria di inversione.
Nel caso in cui [a) e [b) siano stati atomici di atomi con un solo elettrone otticamente attivo
(un solo elettrone nella shell pi` u esterna), le funzioni sono del tipo

n,l
(r) =
n,l
(r)
m
l
(, ) (6.31)

m
l
(, ) sono le armoniche sferiche, autofunzioni di

L
2
, con autovalori
2
l(l +1), e di L
z
,
con autovalori m
z
. Esse si scrivono come

m
l
(, ) = N
lm
P
m
l
(cos )e
im
(6.32)
dove P
m
l
(cos ) `e un polinomio del tipo
P
m
l
(cos ) = (1 w
2
)
m
2
d
m
P
l
(w)
dw
m

w=cos
m = 0, 1, 2...l (6.33)
Come si vede facilmente

m
l
(, ) = (1)
l

m
l
( , +) (6.34)

m
l
(r) = (1)
l

m
l
(r) (6.35)
quindi la parit` a delle armoniche sferiche `e l.
Osserviamo che lelemento di matrice comporta un integrale angolare del tipo :
_
d
m
f

l
f
(, ) r
m
i
l
i
(, ) (6.36)
dove
r = sin cos x + sin sin y + cos z (6.37)
Ricordando che
m
l

l=1
`e una base e che le funzioni sono:

1,1
=
_
3
8
sin e
i
e
1,0
=
_
3
4
cos (6.38)
possiamo riscrivere r in funzione delle
m
l
nel modo seguente:
r =

1
1
+
1
1
2
x +

1
1

1
1
2i
y +
0
1
z (6.39)
Pertanto la (6.36) comporta a sua volta integrali del tipo:
I =
_
d
m
f

l
f

q
1

m
i
l
i
q = 1, 0, 1. (6.40)
28 CAPITOLO 6. APPROSSIMAZIONE DI DIPOLO
Data la forma delle armoniche sferiche possiamo scrivere
I = N
l
f
,m
f
N
1,q
N
l
i
,m
i
_
d(cos )P
l
f
,m
f
(cos )P
1,q
(cos )P
l
i
,m
i
(cos )
_
de
i(m
f
qm
i
)
(6.41)
Lintegrale su d`a banalmente
_
de
i(m
f
qm
i
)
=
e
i(m
f
m
i
q)2
1
i(m
f
m
i
q)
=
_
0 m
f
m
i
,= q
2 m
f
m
i
= q
(6.42)
Per lintegrale su cos , la composizione dei momenti angolari ci dice che deve valere la regola
del triangolo [l
f
l
i
[ 1 (l
f
+l
i
), inoltre l
f
e l
i
devono aver parit` a diversa, per quanto detto
sopra. Pertanto lintegrale in (6.36) `e diverso da zero solo se
_
m = 0, 1
l = 1
(6.43)
Osserviamo che la regola di selezione l = 1 ribadisce che si possono avere transizioni di
dipolo solo tra stati di parit` a diversa.
Capitolo 7
Larghezza di riga
Il principio dindeterminazione ci dice che se un livello non `e stabile per un tempo innito, la
sua energia ha unincertezza E legata al tempo di vita del livello, da E .
Dato che tutti gli stati eccitati hanno una vita media nita a causa dei processi di emissione
spontanea, le loro energie sono denite a meno di incertezze dellordine dellinverso della loro
vita media. Di conseguenza le righe di assorbimento e di emissione non sono innitamente
strette, ma acquistano una larghezza detta larghezza di riga naturale.
Possiamo determinare la forma e la larghezza naturale delle righe usando la teoria sviluppata
in precedenza. Supponiamo che il sistema (ad es. latomo) si trovi in un autostato eccitato
[b) di H
0
allistante t = 0, ci chiediamo:
1. Qual`e la sua vita media, dovuta alle transizioni spontanee?
2. Qual`e la larghezza di riga per lemissione spontanea verso lo stato [a)?
(Che per semplicit`a assumiamo esser lo stato fondamentale, cos` che la sua vita media
sia innita se si considerano solo processi di emissione spontanea e la larghezza di riga
sia determinata solo dallincertezza nellenergia di [b) )
Ricordiamo che in rappresentazione dinterazione
i

I
t
= V
I
(t)
I
(t) (7.1)

I
(t) =
I
(0)
i

_
t
0
dt

V
I
(t

)
I
(t

) (7.2)
dove (t) = e
i
H
0

I
(t).
Data la completezza degli autostati di H
0
possiamo scrivere
[(t)) =

n
[n)n[(t)) =

n
[n)n[e
i

t
[
I
(t)) =

n
c
n
(t)[n(t))
con c
n
(t) = n[
I
(t)) (7.3)
Dobbiamo quindi risolvere la (7.1) con
I
(0) = [b).
29
30 CAPITOLO 7. LARGHEZZA DI RIGA
Anzitutto notiamo che moltiplicando a sinistra la (7.2) per n[ ed introducendo una comple-
tezza

m
[m)m[, segue:
c
n
(t) =
n,b

m
_
t
0
dt

n[V
I
(t

)[m)m[
I
(t

))
=
n,b

_
t
0
dt

n[V
I
(t

)[b)b[
I
(t

)) +
_
_

m,=b
_
t
0
dt

n[V
I
(t

)[m)m[
I
(t

))
_
_
(7.4)
Al primo ordine in V possiamo trascurare lultimo termine in (7.4) ottenendo quanto segue:
_

_
c
b
(t) = 1
i

_
t
0
dt

b[V
I
(t

)[b)c
b
(t

) n = b
c
m
(t) =
i

_
t
0
dt

m[V
I
(t

)[b)c
b
(t

) n = m ,= b
(7.5)
Vediamo quindi che c
b
(t) `e prossimo a 1, mentre c
m
(t) V se m ,= b.
1
Inoltre, come abbiamo detto, ogni riga dello spettro ha una larghezza determinata dai tempi
di vita niti di tutti gli stati eccitati che possono decadere con probabilit`a per unit` a di tempo
nite sui livelli sottostanti. Ci aspettiamo quindi che il livello [b) abbia una vita media
b
con
1

b
=

f
W
S
fb
(7.6)
dove W
S
fb
`e la probabilit`a per unit` a di tempo di una transizione da [b) a [f) con emissione
spontanea di un fotone.
Dato che lemissione spontanea `e un evento del tutto casuale, la sua probabilit`a per unit` a di
tempo `e costante nel tempo. Pertanto se ad un certo istante t
0
la probabilit`a che un atomo
sia nello stato [b) `e P
b
(t) , la legge che regola levoluzione temporale di P
b
(t) `e
dP
b
(t)
dt
=
P
b
(t)

(7.7)
e quindi:
P
b
(t) = e

b
P
b
(0) (7.8)
Poich`e P
b
(t) = [c
b
(t)[
2
, ci aspettiamo quindi che sia:
c
b
(t) = e

t
2
b
c
b
(0) (7.9)
Ci proponiamo di analizzare la consistenza di tale ipotesi e le sue conseguenze.
Anzitutto osserviamo che, inserendo (7.9) in (7.5) valutata in [a), otteniamo
c
a
(t) =
i

_
t
0
dt

e
i(

+)t

V
ab
e

2
b
c
b
(0) (7.10)
=
i

V
ab
e
i(
ba
)t
e

t
2
b
1
i(
ba
)
1
2
b
c
b
(0)
1
Osserviamo che se |b ha parit`a denita e V `e dispari, come nel caso delloperatore di dipolo, allora
b|V
I
(t

)|b = 0. In tal caso la prima correzione a c


b
`e del secondo ordine in V
31
dove abbiamo considerato il termine dellinterazione con la dipendenza temporale e
+it
,
responsabile dellemissione
2
.
Per tempi t , c
a
(t) diventa costante in t e
[c
a
(t)[
2
=
1

2
[V
ab
[
2
1
(
ba
)
2
+
1
4
2
b
[c
b
(0)[
2
(7.11)
GRAFICO
Vediamo che c
a
(t), funzione di , ha la forma di una lorenziana e la riga di emissione avr`a
unintensit`a proporzionale a
f() =

b
(
ba
)
2
+
b
2
(7.12)
dove
b
=
1
2
b
. La larghezza di riga `e tale che
2 = 2
b

b
= 1 (7.13)
come previsto dal principio di indeterminazione.
Osserviamo ora che, da (7.1) e (7.3) segue:
c
b
= b[

I
t
) =
i

b[V
I
(t)[
I
(t)) (7.14)
che, con lausilio di (7.2) porta a:
c
b
(t) =
i

b[V
I
(t)[b)
1

2
b[V
I
(t)
_
t
0
dt

V
I
(t

)[
I
(t

)) (7.15)
In approssimazione di dipolo b[V
I
(t)[b) = 0. Introducendo le completezze

f
[f)f[ e

m
[m)m[
ed isolando il termine in [b) dalla sommatoria di [m) otteniamo:
c
b
(t) =
1

f
b[V
I
(t)[f)
_
t
0
dt

f[V
I
(t)[b)b[
I
(t

))

m,=b
b[V
I
(t)[f)
_
t
0
dt

f[V
I
(t)[m)m[
I
(t

)) (7.16)
Pertanto, allordine considerato, possiamo trascurare lultimo termine in (7.16) e, scritto
b[
I
(t

)) = c
b
(t

) = e

2
b
c
b
(0), (7.17)
otteniamo
3
c
b
(t) =
1

f
_
d(
f
)e
+i(
bf
)t
V
bf
_
t
0
dt

V
ab
e
i(
bf
)t

2
c
b
(0)
=
1

f
[V
bf
[
2
_
d(
f
)
e

t
2
e
+i(
bf
)t
i[
bf

i
2
]
c
b
(0) (7.18)
2
Ricordiamo
b

a
=
ba
> 0
3
Anche qui
b

f
=
bf
> 0 dato che consideriamo processi di emissione spontanea
32 CAPITOLO 7. LARGHEZZA DI RIGA
Sono stati introdotti lintegrale su e la densit`a di stati nali (
f
) poich`e la completezza
introdotta in (7.16) deve tener conto anche dello stato del campo in cui `e presente un fotone
di momento k e polarizzazione . In (7.18), [f) si riferisce solo allo stato atomico, mentre si
somma sugli stati fotonici.
Ricordando che
_
dx
1
x+i
= i e
_
dx
e
ixp
x+i
= e
p
(2i) otteniamo
c
b
(t) =

f
[V
bf
[
2
(
f
)e

t
2
c
b
(0) (7.19)
Dato che (7.17) implica c
b
(t) =
1
2
e

t
2
c
b
(0), identichiamo
1

b
=
2

f
(
f
)

f
=
b

[V
bf
[
2
=

f
W
f b
7.1 Allargamento Collisionale e allargamento Doppler
7.1.1 Allargamento Doppler
Capitolo 8
Polarizzabilit`a atomica
Abbiamo visto in precedenza che D = er `e loperatore momento di dipolo. Per un sistema
dotato di simmetria di inversione (H
0
(r) = H
0
(r)) il valore di aspettazione di D `e quindi
nullo su ogni autostato di H
0
a parit` a denita. Infatti
D
mm
= m[D[m) = em[r[m) = e
_
d
3
r[
m
(r)[
2
r = 0 (8.1)
dato che lintegrando `e dispari.
In particolare, per lo stato fondamentale:
D) = 0[D[0) = e0[r[0) = 0 (8.2)
Dalla sica elementare sappiamo che in presenza di un campo elettrico E(t) latomo acquista
un momento di dipolo D(t) che si pu`o esprimere come:
D(t)) =
_

dt

(t t

)E(t

) (8.3)
dove `e la polarizzabilit`a atomica e descrive la risposta al campo esterno. Il principio di
causalit`a si riette nel fatto che (t t

) pu`o essere diversa da zero solo per t > t

.
La forma dellequazione (8.3) si traduce nella relazione tra le trasformate di Fourier: ( denite
da f() =
_
+

dtf(t)e
it
)
D()) = ().E() (8.4)
Da un punto di vista classico, possiamo determinare () schematizzando latomo come un
nucleo di carica Ze e massa innita, immerso in una distribuzione sferica uniforme di carica
negativa Ze e massa Zm, il cui centro `e nella posizione r rispetto al nucleo. Nellatomo
imperturbato r = 0 e pertanto D = 0. In presenza di un campo esterno E(t), il centro della
nuvola elettronica si sposta nella posizione r(t). Non appena r(t) ,= 0, il nucleo esercita una
forza di richiamo che si pu`o scrivere come:
F
N
(r) =
(Ze)
2
4
0
4
3
r
V
at
(8.5)
se Ze `e la carica del nucleo e V
at
=
4
3
R
3
at
`e il volume della sfera su cui `e distribuita la carica
elettronica neutralizzante (ovviamente si assume r < R
at
).
33
34 CAPITOLO 8. POLARIZZABILIT
`
A ATOMICA
Lequazione del moto per r si pu`o quindi scrivere:
Zmr(t) =
(Ze)
2
4
0
4
3

V
at
r(t) ZeE(t) (8.6)
da cui, in trasformata di Fourier:
r() =
1
(Ze)
2
Z4
0
4
3

V
at
m
2
_
Ze
Z
E()
_
(8.7)
Osservando che in questo caso (dipolo costituito dalle cariche Ze) il momento di dipolo `e
D = Zer otteniamo:
() =
Ze
2
m
1

0
2

2
, (8.8)
con:

0
2
=
Ze
2
m
1
3
0
V
at
. (8.9)
Vediamo quindi che la polarizzabilit`a statica `e proporzionale al volume atomico: (0) = 3
0
V
at
Vogliamo ora determinare () utilizzando lintero formalismo della M.Q.. Notiamo che il
procedimento che segue `e del tutto generale e permette di studiare la risposta lineare di un
qualsiasi sistema (atomo, molecola, solido ecc.).
Consideriamo quindi un atomo nello stato fondamentale di H
0
, nel quale il valore di aspet-
tazione di D `e nullo. Vogliamo sapere come varia D) a causa dellaccensione di un campo
elettrico E(r, t), vogliamo cio`e calcolare
D(t)) = (t)[ (er) [(t)) (8.10)
La trattazione delle perturbazioni dipendenti dal tempo ci permette di scrivere:
r(t)) =
(0)
I
(t)[r
I
(t)[
(0)
I
(t)) (8.11)
dato che
[(t)) = e
i
H
0

t
[
I
(t)) e r
I
(t) = e
i
H
0

t
re
i
H
0

t
(8.12)
Daltra parte [
(0)
I
(t)), che `e levoluzione dello stato fondamentale in visuale dinterazione,
obbedisce allequazione:
[
(0)
I
(t)) = [
(0)
I
(t
0
))
i

_
t
t
0
dt

V
I
(t

)[
(0)
I
(t

)) (8.13)
dove
V
I
(t

) = e
i
H
0

V (t

)e
i
H
0

(8.14)
Pertanto, se pensiamo di aver acceso la perturbazione al tempo t
0
= , quando il sistema
era nello stato fondamentale [0), di H
0
la (8.13) diventa
[
(0)
I
(t)) = [0)
i

_
t

dt

V
I
(t

)[
(0)
I
(t

)) (8.15)
e al primo ordine in V,
[
(0)
I
(t)) = [0)
i

_
t

dt

V
I
(t

)[0) (8.16)
35
Sostituendo in (8.11), abbiamo quindi la risposta al primo ordine in V (trascurando il termine
non lineare e, ricordando che 0[r[0) = 0) nella forma
r(t)) = 0[
_
1 +
i

_
t

dt

I
(t

)
_
[r
I
(t)[
_
1
i

_
t

dt

V
I
(t

)
_
[0)
0[r[0) +
i

_
t

dt

0[V

I
(t

)r
I
(t) r
I
(t)V
I
(t

)[0)
=
i

_
t

dt

0[
_
r
I
(t), V
I
(t

[0) (8.17)
In approssimazione di dipolo la perturbazione pu`o scriversi come:
V
I
(t

) = q
est
(r
I
(t

), t

) = qE(t

) r
I
(t

) = +eE(t

) rI(t

) = D
I
(t

) E(t

) (8.18)
e pertanto
r(t)) =
i

_
t

dt

0[
_
r
I
(t), (+er
I
(t

))

[0)E(t

) (8.19)
Vediamo quindi che
D(t)) = er(t)) = +e
2
i

_
t

dt

0[
_
r
I
(t), r
I
(t

[0)E(t

) (8.20)
e quindi
D()) = () E() (8.21)
avendo identicato (t t

) con
(t t

) = +e
2
i

0[
_
r
I
(t), r
I
(t

[0)(t t

) (8.22)
dato che, a causa dellinvarianza per traslazioni temporali, 0[ [r
I
(t), r
I
(t

)] [0) dipende solo


da t t

e non da t e t

separatamente.
Pertanto possiamo scrivere
() = +e
2
i

0[ [r
I
(), r
I
(0)] [0)() (8.23)
Nel caso di un atomo, lHamiltoniana H
0
`e invariante per rotazioni e `e diagonale con i tre
elementi diagonali che assumono lo stesso valore.
Scriviamo quindi:
D()) = () E() (8.24)
con () =
1
3
(
xx
+
yy
+
zz
),
xx
() =
yy
() =
zz
() con

xx
() = +e
2
i

0[x
I
()x
I
(0) x
I
(0)x
I
()[0)() =
= +e
2
i

n
_
0[e
i


xe
i


[n)n[x[0) c.c.
_
() =
= +e
2
i

n
[0[x[n)[
2
_
e
i
n0

e
i
n0

_
() (8.25)
36 CAPITOLO 8. POLARIZZABILIT
`
A ATOMICA
Pertanto
() =
1
3
ie
2

n
[r
n0
[
2
_
e
i
n0

e
i
n0

_
() (8.26)
Inne, utilizzando la rappresentazione integrale della :
() = lim
0
i
2
_
+

dx
e
ix
x +i
(8.27)
possiamo scrivere la polarizzazione () nella forma:
() =
_
+

de
i
() =
= lim
0
_
+

de
i
i
2
_
+

dx
e
ix
x +i

_
1
3
ie
2

n
[r
n0
[
2
_
e
i
n0

e
i
n0

_
_
= lim
0

1
3
e
2

n
[r
n0
[
2
_
1

n0
+i

1
+
n0
+i
_
(8.28)
Usando il risultato (valido nel senso delle distribuzioni)
1
x +i
0
T1
x
i(x)
(T sta per parte principale) possiamo separare parte reale ed immaginaria della polarizzabilit`a
e scrivere =
1
+i
2
con:

1
() =
2
3
e
2

n

n0
[r
n0
[
2

2
n0

2
(8.29)

2
() =

3
e
2

n
[r
n0
[
2
((
n0
) ( +
n0
)) (8.30)
Lapice nella somma in (8.29) ci ricorda la parte principale. La parte reale
1
() di () de-
scrive il momento di dipolo in fase col campo esterno, mentre la parte immaginaria rappresenta
la parte fuori fase ed `e quindi legata al trasferimento di energia tra atomo e campo.
La (8.29) si pu`o scrivere in termini della forza di oscillatore, denita da (6.16). In tal modo
otteniamo:

1
() =
e
2
m

n
f
n0

2
n0

2
(8.31)
Capitolo 9
Equazioni di Klein-Gordon e di
Dirac
Mentre nella relativit`a sono richieste equazioni covarianti, in meccanica quantistica si hanno
derivate prime sul tempo e derivate seconde sullo spazio.
Per rendere compatibili le due teorie ci fu lidea di utilizzare lenergia E
2
= p
2
c
2
+m
2
c
4
con le
sostituzioni E = i

t
e p = i. Per una particella libera non dotata di struttura interna,
ne risulta lequazione che va sotto il nome di equazione di Klein-Gordon:

t
2
= c
2

2
+m
2
c
4
(9.1)
`e importante notare che in questo caso per descrivere la funzione donda basta una funzione
ad una sola componente.
Per una particella in campo elettromagnetico lequazione (9.1) viene modicata con le sosti-
tuzioni p p qA e E E q, gi`a introdotte nel quarto capitolo. Si ottiene quindi
(E q)
2
= (p qA)
2
c
2
+m
2
c
4
, ovvero
_
i

t
q
_
2
=
_
(iqA)
2
c
2
+m
2
c
4
_
(9.2)
Osserviamo che per il caso non relativistico
0
= e
imc
2 t

si ritorna ad unequazione di tipo


Schrodinger:
i

0
t
=
_
1
2m
(iqA)
2
+q
_

0
(9.3)
Per particelle dotate di spin, non basta che sia un semplice scalare e per descrivere una
particella libera si usa lequazione di Dirac:
i

t
= H = (c p +mc
2
) (9.4)
e sono indipendenti da t, r, p ed E.
i

t

i
= ic
k
ij

j
+
ij
mc
2

j
(9.5)
37
38 CAPITOLO 9. EQUAZIONI DI KLEIN-GORDON E DI DIRAC
In questo caso la funzione donda `e un vettore:
=
_
_
_
_
_
_
_

4
.
.
.
_
_
_
_
_
_
_
(9.6)
e ogni sua componente deve soddisfare allequazione di Klein-Gordon. Inoltre devono valere
le seguenti relazioni:
_

1
_
2
=
_

2
_
2
=
_

3
_
2
=
2
= 1
_

i
,
i

+
= 0 i ,= j
_

i
,

+
= 0
=
_
0
0
_
=
_
I 0
0 I
_
(9.7)
Poich`e il minimo ordine di e `e 4, avr`a 4 componenti. Ricordiamo qui di seguito le
Matrici di Pauli 22:

1
=
_
0 1
1 0
_

2
=
_
0 i
i 0
_

3
=
_
1 0
0 1
_
(9.8)
In campo elettromagnetico :
H = c (p qA) +q +mc
2
(9.9)
Se ora deniamo:
+
= (

1
,

2
,

3
,

4
) e P(r, t) =
+
=
+
i

i
possiamo vericare che vale
lequazione di continuit` a:
P
t
+ (
+
c ) = 0 (9.10)
Se A e sono indipendenti dal tempo si pu`o scrivere (r, t) = e
iE
t

(r), e (r) obbedisce


lequazione di Dirac stazionaria
_
ic cq A+q +mc
2

(r) = E(r) (9.11)


Introduciamo due spinori a due componenti:
_
_
_
_

4
_
_
_
_
=
_
_
_
_

2
_
_
_
_
(9.12)
E = c(iqA) + (q +mc
2
)
E = c(iqA) + (q mc
2
) (9.13)
9.1. LIMITE NON RELATIVISTICO 39
Campo centrale In un campo centrale (A = 0 e a simmetria sferica) lHamiltoniana diventa
H = H
0
= c p +mc
2
+V (r) (9.14)
con V (r) = q(r).
Ricordiamo che L = r p cosicche: [H, L] = [c p, r p] + [V (r), r p]
Dato che [r
i
, p
j
] = i
i,j
abbiamo:
[H, L] = [c
j
p
j
,
ikl
r
k
p
l
] +
ikl
[V (r), r
k
p
l
] (9.15)
=
ikl
(ic
j

j,k
p
l
) +i
ikl
r
k

l
V (r) (9.16)
=
ikl
(ic
j
p
l
) i
ikl
r
k
r
l
r
V
r
(9.17)
Lultimo termine e nullo per la proprieta di antisimmetria del tensore di Ricci
ikl
e quindi
abbiamo nalmente:
[H, L] = ic p (9.18)
Introduciamo ora S =

2
_
0
0
_
e, ricordando che [
i
,
j
] = 2i
ijk

k
, osserviamo che
[H, S] = ic p.Se deniamo il momento angolare totale come J = L + S, vediamo che
[H, J] = 0. Pertanto:
[H, J
z
] = 0 [H, J
2
] = 0 (9.19)
9.1 Limite non relativistico
Riprendiamo lequazione di Dirac nella forma stazionaria:
_
ic cq A+q +mc
2

(r) = E(r) (9.20)


e scriviamo E = E

+mc
2
e =
_

_
allora, leq. (9.20) diventa:
E

(r) = c(iqA) +q(r)


(E

+ 2mc
2
)(r) = c(iqA) +q(r) (9.21)
Queste due equazioni sono esatte. Nel caso non relativistico valgono le relazioni: E

mc
2
e q mc
2
e possiamo scrivere:
=
(iqA)
2mc
. (9.22)
Vediamo quindi che `e pi` u piccola di per un fattore
p
mc

v
c
. Per tale motivo si dice che
`e la componente grande e la componente piccola dello spinore funzione donda .
Sostituendo lespressione (9.22) per nella prima delle due equazioni su scritte otteniamo:
E

=
1
2m
[(iqA) ]
2
+q (9.23)
`
E facile vericare che: ( a)( b) = a b +i (a b). Si puo quindi scrivere lequazione
precedente come:
1
2m
[(iqA) ]
2
=
1
2m
(iqA)
2

q
2m
(A) (9.24)
40 CAPITOLO 9. EQUAZIONI DI KLEIN-GORDON E DI DIRAC
che porta allequazione di Dirac non relativistica (ordine zero in
v
c
) nella forma:
E

(r) =
_
1
2m
(iqA)
2

q
2m
B+q
_
(r) (9.25)
detta Equazione di Pauli
Osserviamo che luso dei due spinori a due componenti, imposto dalla presenza dello spin, ha
determinatola comparsa del termine:
s
B dove
s
=
q
2m
, che corrisponde allenergia di
un dipolo magnetico di momento
s
in un campo magnetico B.
Introducendo il magnetone di Bohr come
B
=
e
2m
, il momento magnetico di spin di un
elettrone pu`o scriversi:
s
= g
s

B
S

con g
s
= 2.
In presenza di un campo magnetico, lHamiltoniana acquista quindi un termine addizionale,
non presente nellequazione di Schrodinger, anche nel caso non relativistico.
9.2 Correzioni relativistiche
Consideriamo ora le correzioni relativistiche per un elettrone nel campo del nucleo. Prendiamo
quindi:
A = 0 q = e = V (r) =
Ze
2
4
0
r
. (9.26)
In questo caso lequazione di Dirac pu`o esser risolta esattamente, ma noi discutiamo solamente
i termini di ordine v
2
/c
2
che danno origine alla struttura ne delle righe atomiche.
Riprendiamo a tale scopo lequazione per la componente dello spinore completo
(r) =
1
E

+ 2mc
2
V (r)
c(i )(r) (9.27)
e sostituiamola nellequazione per ottenendo:
E

= (ic )
1
E

+ 2mc
2
V (r)
(ic )(r) +V (r)(r) (9.28)
Scrivendo ora:
1
E

+2mc
2
V (r)

1
2mc
2
_
1
E

V (r)
2mc
2
_
abbiamo:
E

=

2
2m
( )
2


2
2m

E

V (r)
2mc
2
+V (r) (9.29)
Osserviamo che ( )
2
=
2
e che
(V (r) ) = V (r)( ) +V (r)( )
2

= V +i(V ) +V (r)
2
(9.30)
Leq. (9.29) diventa quindi:
E

=
_


2
2m

2
+V (r)
_
+

2
2m
E

V (r)
2mc
2

2


2
2m
1
2mc
2
(V +i V ). (9.31)
Dato che V `e centrale, possiamo scrivere V = r
dV
dr
e V =
dV
dr
d
dr
da cui segue che:
i (V ) = i
dV
dr
(r ) = i
dV
dr
(
r
r

p
i
)
=
1
r
dV
dr

L =
2

2
1
r
dV
dr
L S (9.32)
9.2. CORREZIONI RELATIVISTICHE 41
LEq. ( 9.31) diventa quindi:
E

=
_


2
2m

2
+V (r)
_
+

2
2m
E

V (r)
2mc
2

2


2
2m
1
2mc
2
dV
dr

r
+
1
mr
dV
dr
L S
2mc
2
(9.33)
Osserviamo inoltre che E

V (r)

2
2m

p
2
2m
e quindi:
E

=
_


2
2m

2
+V (r)
_

p
4
8m
3
c
2
+
1
2m
2
c
2
1
r
dV
dr
L S

2
4m
2
c
2
dV
dr

r
(9.34)
In questa equazione riconosciamo la correzione relativistica allenergia cinetica del secondo
ordine in v/c ed il termine di interazione spin-orbita.
Lultimo termine, detto di Darwin, che ne ha curato la patologia, presenta qualche dicolt`a
perch`e non `e hermitiano. La patologia sorge dal fatto che la normalizzazione dello spinore
completo:
_
d
3
r(

) = 1 `e solo approssimata per . Essa pu`o esser ripristinata


sostituendo lultimo termine con lespressione simmetrizzata:


2
4m
2
c
2
dV
dr

r

1
2
(

2
4m
2
c
2
)
_
dV
dr

r
+
_
dV
dr

r
_
+
_
=

2
8m
2
c
2

2
V (r) (9.35)
Per un atomo idrogenoide V (r) =
Ze
2
4
0
r
, ricordando che
2
(
1
r
) = 4(r), possiamo
scrivere :
2
V (r) = Ze
2
(r)/
0
, che ha simmetria sferica e quindi agisce solo su stati s.
Lhamiltoniana che agisce su pu`o nquindi esser scritta come:
H =
p
2
2m
+V (r)
p
4
8m
3
c
2
+
1
2m
2
c
2
1
r
dV
dr
L S +

2
2m
2
c
2
Ze
2
4
0
(r)
= H
0
+ H
1
+ H
2
+ H
3
(9.36)
dove H
0
`e lHamiltoniana non relativistica i cui autovalori ed autofunzioni sono ben noti.
La teoria perturbativa permette di calcolare le correzioni agli autovalori ed autofunzioni do-
vute ai termini relativistici Indicando con
(k)
n
il contributo di H
k
allautovalore con numero
quantico principale n abbiamo:

(0)
n
=
Z
2
n
2
e
2
2(4
0
)a
0
=
1
2
(Z)
2
n
2
mc
2
(9.37)

(1)
n
=
(0)
n
(Z)
2
n
2
_
3
4

n
l +
1
2
_
(9.38)

(2)
n
=
(0)
n
(Z)
2
2nl(l +
1
2
)(l + 1)

_
l se j = l +
1
2
l 1 se j = l
1
2
(9.39)

(3)
n
=
(0)
n
(Z)
2
n
se l = 0 (9.40)
Osserviamo che, data la presenza dellinterazione spin-orbita, l ed s non sono pi` u buoni numeri
quantici, ma come mostrato sopra, lo `e j, dato che il momento angolare totale commuta con
H.
42 CAPITOLO 9. EQUAZIONI DI KLEIN-GORDON E DI DIRAC
Sommando i vari contributi allenergia, possiamo scrivere gli autovalori relativi agli stati con
numero quantico principale n enumero quantico di momento angolare totale J nella forma
compatta:

n,j
=
(0)
n
_
1 +
(Z)
2
n
2
_
n
j +
1
2

3
4
__
Vediamo quindi che i termini relativistici danno una struttura ne ai livelli: gli autovalori
dipendono non solo da n, ma anche da j.
Capitolo 10
Teoria delle perturbazioni
stazionarie
Consideriamo un sistema con Hamiltoniana H = H
0
+V e supponiamo di conoscere le soluzioni
di H
0
H
0
[
(0)
n
) =
(0)
n
[
(0)
n
) (10.1)
Ci proponiamo di determinare autovalori ed autovettori di H = H
0
+V
H[
n
) = E[
n
) (10.2)
sotto lipotesi
1
che si possa scrivere
E =
(0)
n
+
(1)
n
+
2

(2)
n
+... =
(0)
n
+

(k)
n
(10.3)
e similmente
[
n
) = [
(0)
n
) +

k
[
(k)
n
) (10.4)
Osserviamo che (10.2) pu`o essere scritta come:
(E H
0
)[
n
) = V [
n
) (10.5)
o, introducendo unenergia
[( H
0
) ( E +V )] [
n
) = 0 (10.6)
Pertanto
( H
0
)[
n
) = ( E +V )[
n
) (10.7)
Formalmente la (10.7) si pu`o risolvere come:
[
n
) =
1
H
0
( E +V )[
n
) (10.8)
dove
1
H
0
`e la matrice inversa di ( H
0
).
1
Notiamo che non sempre questipotesi `e vericata
43
44 CAPITOLO 10. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI STAZIONARIE
10.1 Livello non degenere
Consideriamo dapprima il caso della perturbazione su un livello non degenere, vale a dire che
allautovalore
(0)
n
di H
0
corrisponde un solo [
(0)
n
) nellequazione (10.1). Normalizziamo [
n
)
in modo tale che
(0)
n
[
n
) = 1.
Possiamo a questo punto introdurre gli operatori di proiezione
P = [
(0)
n
)
(0)
n
[
Q = 1 [
(0)
n
)
(0)
n
[ =

m,=n
[
(0)
m
)
(0)
m
[ (10.9)
tali che [
n
) = P[
n
) +Q[
n
) con P[
n
) = [
(0)
n
) e Q[
(0)
n
) = 0.
Lequazione (10.8) diventa allora:
[
n
) = P[
n
) +Q[
n
) =
= [
(0)
n
) +Q
1
H
0
( E +V )[
n
) (10.10)
Iterando abbiamo inne:
[
n
) = [
(0)
n
) +

k=1
_
Q
1
H
0
( E +V )
_
k
[
(0)
n
) =
=

k=0
_
Q
1
H
0
( E +V )
_
k
[
(0)
n
) (10.11)
che `e proprio lo sviluppo di [
n
) in serie di potenze di .
Inserendo questa espressione in (10.5) otteniamo
(E H
0
)[
n
) = V [
(0)
n
) +V

k=1
_
Q
1
H
0
( E +V )
_
k
[
(0)
n
) (10.12)
e moltiplicando a sinistra per
(0)
n
[ si ha:
E
(0)
n
=

k=0

(0)
n
[V
_
Q
1
H
0
( E +V )
_
k
[
(0)
n
) (10.13)
La (10.13) mostra che dalla conoscenza della funzione donda ad ordine k in (in V ) otteniamo
la correzione allenergia ad ordine k + 1.
Rimane ancora come parametro arbitrario: due sono le scelte principali.
Se scegliamo =
(0)
n
, (10.11) e (10.13) diventano
[
n
) = [
(0)
n
) +

k=1
_
Q
1

(0)
n
H
0
(
(0)
n
E +V )
_
k
[
(0)
n
) (10.14)
E
(0)
n
=

k=0

(0)
n
[V
_
Q
1

(0)
n
H
0
(
(0)
n
E +V )
_
k
[
(0)
n
) (10.15)
10.1. LIVELLO NON DEGENERE 45
e la teoria perturbativa si dice di Rayleigh-Schr odinger.
Se invece si sceglie = E, si ha la teoria perturbativa nella forma suggerita da Brillouin e
Wigner.
[
n
) = [
(0)
n
) +

k=1
_
Q
1
E H
0
V
_
k
[
(0)
n
) (10.16)
E
(0)
n
=

k=0

(0)
n
[V
_
Q
1
E H
0
V
_
k
[
(0)
n
) (10.17)
Prima di considerare in dettaglio qualche esempio, ricordiamo che le espressioni ricavate sopra
per le correzioni alle funzioni donda, sono state ottenute normalizzando [
n
) in modo che

(0)
n
[
n
) = 1. Se vogliamo ottenere la funzione [
n
) normalizzata a 1, scriveremo
[
n
) = z
1
2
n
[
n
) =
[
n
)

n
[
n
)
1
2
(10.18)
La quantit` a z =
1

n
[
n
)
`e detta costante di rinormalizzazione della funzione donda.
Osserviamo che la probabilit`a che il sistema, che si trova nellautostato [
n
) dellHamiltoniana
completa H = H
0
+ V , possa essere osservato nello stato [
(0)
n
) del sistema imperturbato `e
[
(0)
n
[
n
)[
2
= z[
(0)
n
[
n
)[
2
= z. Pertanto la costante di normalizzazione della funzione donda
misura proprio tale probabilit`a. Ad ogni ordine n, si pu`o mostrare che z
n
=
E
n

(0)
n
.
Vediamo ora esplicitamente gli ordini pi` u bassi delle equazioni (10.14) e (10.15) seguendo la
teoria di Rayleigh-Schrodinger.
Esplicitamente la (10.15) `e:
E =
(0)
n
+
(0)
n
[V [
(0)
n
) +
(0)
n
[V Q
1

(0)
n
H
0
(
(0)
n
E +V )[
(0)
n
) +... (10.19)
e comparando con la serie E =
(0)
n
+E
(1)
n
+
2
E
(2)
n
+... , otteniamo:
E
(1)
n
=
(0)
n
[V [
(0)
n
) = V
nn
(10.20)
Iterando, sostituiamo il valore E =
(0)
n
+E
(1)
n
nel terzo addendo della (10.19) ottenendo
E
(2)
n
=
2

(0)
n
[V Q
1

(0)
n
H
0
(E
(1)
n
+V )[
(0)
n
)
A questo punto possiamo osservare che
(0)
n
[V
Q

(0)
n
H
0
E
(1)
n
[
(0)
n
) = 0. Infatti ricordando la
denizione di Q espressa nellequazione (10.9), calcoliamo esplicitamente:

(0)
n
[V Q
1

(0)
n
H
0
[
(0)
n
)E
(1)
n
=

m,=n

(0)
n
[V [
(0)
m
)
(0)
m
[
1

(0)
n
H
0
[
(0)
n
)E
(1)
n
=

m,=n
V
nm
1

(0)
n

(0)
m

n,m
E
(1)
n
= 0
Allora otteniamo:
E
(2)
n
=
(0)
n
[V
Q

(0)
n
H
0
V [
(0)
n
) =

m,=n
[V
nm
[
2

(0)
n

(0)
m
(10.21)
46 CAPITOLO 10. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI STAZIONARIE
E
(3)
n
=
(0)
n
[V
Q

(0)
n
H
0
(V E
(1)
n
)
Q

(0)
n
H
0
V [
(0)
n
)
=

m=n
p,=n
V
nm

(0)
n

(0)
m
(V
mp
E
(1)
n

m,p
)
V
pn

(0)
n

(0)
p
(10.22)
ecc.
Per quanto riguarda la funzione donda, sempre per sostituzione, si ricava invece:
[
(1)
n
) = Q
1

(0)
n
H
0
V [
(0)
n
) =

n
V
nm

(0)
n

(0)
m
(10.23)
[
(2)
n
) = Q
1

(0)
n
H
0
(
(1)
n
+V )Q
1

(0)
n
H
0
V [
(0)
n
) (10.24)
=

m=n
p,=n
[
(0)
m
)
(0)
m
[
(
(1)
n
+V )

(0)
n

(0)
m
[
(0)
p
)
(0)
p
[
V

(0)
n

(0)
p
[
(0)
n
)
=

m=n
p,=n
[
(0)
m
)
V
mp

(0)
n

(0)
m
V
pn

(0)
n

(0)
p
V
nn

m,=n
[
(0)
m
)
1

(0)
n

(0)
m
V
mn

(0)
n

(0)
m
Dalle espressioni ricavate, possiamo notare che le quantit` a che controllano la serie perturbativa
sono

nm
=
V
nm

(0)
n

(0)
m
.
Se
nm
1 per ogni m ,= n, allora ci si pu`o fermare ai primi termini degli sviluppi
perturbativi per il calcolo di [
n
) [
(0)
n
) e E
n

(0)
n
.
10.2 Livelli degeneri
Un caso da trattare con particolare cura `e quello dei livelli degeneri. Supponiamo che esistano
pi` u stati corrispondenti ad uno stesso autovalore dellHamiltoniana imperturbata H
0
.
`
E
evidente che in tal caso
nm
diverge se V
nm
,= 0 e lo stato [
(0)
m
) `e degenere con [
(0)
n
), vale a
dire se
(0)
n
=
(0)
m
. Questa patologia si pu`o trattare considerando tutti gli stati degeneri con
[
(0)
n
) insieme con [
(0)
n
) stesso.
Precisamente, supponiamo che vi sia un gruppo di stati [
(0)
n
i
) = [
(0)
n
1
), [
(0)
n
2
)...[
(0)
n
k
) con
la stessa energia
(0)
n
. Notiamo che ogni combinazione lineare [
(0)
n

) =

i
c

n
i
[
(0)
n
i
) `e ancora
autostato di H
0
con autovalore
n
.
Possiamo allora scegliere quegli stati k [
(0)
n

) per i quali valgono le seguenti relazioni:

(0)
n

[
(0)
n

) =
,
e
(0)
n

[V [
(0)
n

) = V
n

,
ovvero che siano ortogonali e che diagonalizziano la matrice V e, di conseguenza H = H
0
+V .
Se usiamo i [
(0)
n

) come stati imperturbati, possiamo applicare ad essi la teoria perturbativa


nella forma scritta sopra e considereremo nullo il rapporto
V
n

(0)
n

(0)
n

,= n

.
10.2. LIVELLI DEGENERI 47
Nel caso si sia interessati solo alleetto della perturbazione su un gruppo di livelli degeneri
[
(0)
n
1
), [
(0)
n
2
)...[
(0)
n
k
), allora le componenti degli autovettori c

n
= (c

n
1
, c

n
2
, ...c

n
k
) della matrice

V
n
1
,n
1
V
n
1
,n
2
. . . V
n
1
,n
k
V
n
2
,n
1
V
n
1
,n
1
.
.
.
.
.
.
V
n
k
,n
1
V
n
k
,n
2
V
n
k
,n
k

sono tali che se


[
(0)
n

) =

i
c

n
i
[
(0)
n
i
) (10.25)
allora

(0)
n

[V [
(0)
n

) =
(1)
n

,
(10.26)
Infatti sia

(0)
n
j
[V [
(0)
n
i
)c
(0)
,i
=
(1)
n

c
,j
(10.27)
con

j
[c
,j
[
2
= 1.
Moltiplicando a sinistra (10.27) per

j
c

,j
abbiamo:

j
c

,j

(0)
n
j
[V [

i
c
(0)
,i

(0)
n
i
) =
(1)
n

,
(10.28)
ma il termine di sinistra `e nientaltro che
(0)
n

[V [
(0)
n

) e quindi V
n

,n

=
(1)
n

,
come volevasi.
Non a caso, lelemento di matrice diagonale
(0)
n

[V [
(0)
n

) `e stato indicato con


(1)
n

nellequa-
zione (10.26), in quanto, conformemente allequazione (10.20) rappresenta la correzione di
ordine pi` u basso dellenergia
(0)
n
.
Vediamo quindi che la perturbazione rompe la degenerazione: i k autostati degeneri dellHa-
miltoniana H
0
, tutti con energia imperturbata
(0)
n
, si splittano in k stati [
(0)
n

) con = 1, ..., k
ed energia

=
(0)
n
+
(0)
n

[V [
(0)
n

) (10.29)
non appena si consideri la perturbazione.
Considerando il secondo ordine perturbativo troviamo immediatamente

=
(0)
n
+
(0)
n

[V [
(0)
n

) +

m,=n
[V
n

,m
[
2

(0)
n

(0)
m
(10.30)
se si denisce loperatore Q come Q = 1

[
(0)
n

)
(0)
n

[ operatore che proietta ogni spazio


ortogonale a quello che gli stati [
(0)
n

) come base.
48 CAPITOLO 10. TEORIA DELLE PERTURBAZIONI STAZIONARIE
Capitolo 11
Eetto Zeeman
Consideriamo un atomo in presenza di un campo magnetico statico B, a cui `e associato un
potenziale vettore A.
Trascurando la correzione relativistica allenergia cinetica ed il termine di Darwin, lHamilto-
niana completa che tiene conto dellaccoppiamento spin-orbita sar` a:
H =
1
2m
(p +eA)
2
+(r)L S
S
B
Ze
2
4
0
r
(11.1)
con (r) =
1
2m
2
c
2
1
r
dV
dr
=
1
2m
2
c
2
1
r
3
Ze
2
4
0
(11.2)
e
S
=
B
= g
S

S, dove
B
`e il magnetone di Bohr:

B
=
e
2m
= 9, 27 10
24
J T
1
(11.3)
S =

g
S
`e loperatore di spin ( sono le matrici di Pauli) e g
S
2.
Se il campo magnetico `e uniforme, il potenziale vettore associato `e A =
1
2
Br, come si pu`o
facilmente vericaretramite calcolo diretto, e pertanto lHamiltoniana diventa:
H =
p
2
2m

Ze
2
4
0
r
+
e
m
1
2
(Br) p +
e
m
S B+
e
2
8m
(Br)
2
+(r)L S (11.4)
Ricordiamo che per i vettori vale la formula: (a b) c = (b c) a e pertanto il terzo
addendo dellHamiltoniana pu`o esser scritto nella forma:
(Br) p = (r p) B = L B
Lequazione (11.4) si pu`o quindi scrivere
H = H
0
+
e
2m
(L + 2S) B+
e
2
8m
(Br)
2
+(r)L S (11.5)
dove H
0
`e lHamiltoniana imperturbata, della quale conosciamo le autofunzioni
H
0
[n, l, m
l
, m
s
) =
(0)
n
[n, l, m
l
, m
s
) (11.6)
con
(0)
n
=
1
n
2
e
2
4
0
z
2a
; a =

2
mZ
4
0
e
2
=
a
0
Z
(11.7)
49
50 CAPITOLO 11. EFFETTO ZEEMAN
classicabili con i numeri quantici n (principale), l (orbitale), m
l
(azimutale) e m
s
=
1
2
(di
spin), poich`e H
0
commuta con L
2
, L
z
, S
2
e S
z
.
Prima di procedere, stimiamo lordine di grandezza dei vari termini di correzione che appaiono
in (11.5).
Lenergia dinterazione spin-orbita `e gi`a stata calcolata al primo ordine nella base [n, l, j, m
j
):
E
s,o
= (r)L S) =
(0)
n
(Z)
2
2nl(l +
1
2
)(l + 1)

_
l se j = l +
1
2
l 1 se j = l
1
2
(11.8)
Lenergia del termine lineare in B detta paramagnetica si pu`o stimare:
E
P
=
e
2m
n, l, m
l
, m
s
[(L
z
+ 2S
z
)B[n, l, m
l
, m
s
) =
e
2m
(m
l
+ 2m
s
)B (11.9)
avendo scelto lasse z lungo B e quindi B = Bz. il termine stimato sar` a numericamente pari
a:
E
P
=
e
2m
(m
l
+ 2m
s
)B =
9.27 10
24
1.6 10
19
(m
l
+ 2m
s
)B
= 5.79(m
l
+ 2m
s
)B 10
5
eV
= 2.13(m
l
+ 2m
s
)B 10
6
a.u. (B in Tesla)
Inne, il termine quadratico nel campo, detto diamagnetico pu`o stimarsi come
E
D
=
e
2
8m
n, l, m
l
, m
s
[ [(y x x y)B]
2
[n, l, m
l
, m
s
) =
=
e
2
8m
n, l, m
l
, m
s
[(x
2
+y
2
)[n, l, m
l
, m
s
)B
2
=
=
e
2
8m
2
3
n, l, m
l
, m
s
[r
2
[n, l, m
l
, m
s
)B
2
=
=
e
2
8m
2
3
a
2
0
n
4
Z
2
B
2
_
dato che a
n
=
a
0
n
2
Z
_
(11.10)
Abbiamo quindi
E
D
E
P
=
e
2
12m
a
2
0
n
4
Z
2
B
2
e
2m
(m
l
+ 2m
s
)B

1
6
e

n
4
a
2
0
B
Z
2
(m
l
+ 2m
s
)

n
4
Z
2
B 10
6
(11.11)
se B `e espresso in Tesla.
Pertanto il termine diamagnetico diventa importante solo per campi di qualche migliaio di
Tesla e n 1. In pratica, in laboratorio si pu`o sempre trascurare.
Inne:
E
P
E
s.o.

2.13(m
l
+ 2m
s
)B 10
6
Z
4

2
n
3
1
l(l+
1
2
)(l+1)

_
l
(l 1)
_

n
3
Z
4
m
l
+ 2m
s
1
l(l+
1
2
)(l+1)

_
l
(l 1)
_B (B in Tesla) (11.12)
Vediamo quindi che per piccoli numeri quantici n, il termine lineare in B `e dominante se
B > Z
4
(in Tesla), cio`e per campi molto intensi. Nella maggior parte dei casi sar` a il termine
spin-orbita a dominare.
Lanalisi `e ovviamente diversa nei vari casi come si osserver`a nelle sezioni seguenti.
11.1. ZEEMAN NORMALE 51
11.1 Zeeman normale
Se B `e molto grande, allora L
z
e S
z
continuano ad essere buoni numeri quantici, quindi,
trascurando il termine diamagnetico e quello di spin-orbita, possiamo scrivere
E =
(0)
n
+
B
B(m
l
+ 2m
s
) (11.13)
che `e detto Eetto Zeeman Normale.
`
E da sottolineare che questo eetto `e raro perch`e
per n piccoli, occorre un campo B molto intenso.
GRAFICO
conti
11.2 Eetto Paschen-Back
Diminuendo B rispetto alle situazione precedente, laccoppiamento spin-orbita pu`o diventare
apprezzabile provocando lo splitting dei livelli inferiori a
B
B, pur rimanendo piccolo rispetto
alleetto del campo esterno. Usiamo quindi la base [n, l, m
l
, m
s
), poich`e m
l
e m
s
sono ancora
dei buoni numeri quantici.
In tal caso possiamo usare la teoria perturbativa non degenere e usare lespressione (11.2),
per scrivere:
E =
(0)
n
+
B
B(m
l
+ 2m
s
)

2
Z
2
n

(0)
n
1
l(l +
1
2
)(l + 1)
m
l
m
s
l ,= 0 (11.14)
che `e detto Eetto Paschen-Back.
11.3 Eetto Zeeman anomalo o campo debole
Quando il campo B `e debole, laccoppiamento spin-orbita `e dominante ed in tal caso dobbiamo
considerare come lHamiltoniana imperturbata
H
0
=

2
2m

Ze
2
4
0
r
+(r)L S (11.15)
che commuta con L
2
, S
2
, J
2
e J
z
, ma non con L
z
e S
z
. Pertanto saranno buoni numeri
quantici n, l, s, j, m
j
ma non m
l
e m
s
.
Le autofunzioni saranno prodotti di una parte radiale e di una parte angolare che chiame-
remo armoniche sferiche generalizzate che scriveremo come
jm
j
ls
= [l, s, j, m
j
) che possiamo
espandere su una qualsiasi base completa,
[l, s, j, m
j
) =

m
l
,m
s
[l, s, m
l
, m
s
)l, s, m
l
, m
s
[l, s, j, m
j
)

jm
j
ls
=

m
l
,m
s
l, s, m
l
, m
s
[j, m
j
)
m
l
l
(, )
s,m
s
dove l, s, m
l
, m
s
[j, m
j
) sono i coecienti di Klebsch-Gordon e sono diversi da zero se
[l s[ j [l +s[ [m
l
m
s
[ m
j
[m
l
+m
s
[
52 CAPITOLO 11. EFFETTO ZEEMAN
(vedere appendice 4, pag. 1005, Brandsen Ed.2) supponendo di aver risolto esattamente lHa-
miltoniana (11.15) (e le righe spettrali in assenza di campo B misurano proprio la dierenza
tra i suoi autovalori), possiamo trattare leetto del campo esterno in teoria perturbativa e
scrivere
E =

B

Bl, s, j, m
j
[L
z
+ 2S
z
[l, s, j, m
j
) =
=
B
Bm
j
+

B

Bl, s, j, m
j
[S
z
[l, s, j, m
j
) (11.16)
conti
e pertanto
S
z
) = m
j
j(j + 1) +s(s + 1) l(l + 1)
2j(j + 1)
e quindi
E = g
B
Bm
j
dove g = 1 +
j(j+1)+s(s+1)l(l+1)
2j(j+1)
`e detto fattore di Lande.
Notiamo che se la separazione tra i livelli in assenza di campo `e piccola (come succede ad
esempio per i livelli 2p1
2
e 2s1
2
dellidrogeno splittati solo dallo shift di Lamb, leetto di
B pu`o portare ad un incrocio dei livelli e quindi a rendere inapplicabile la teoria delle
perturbazioni non degeneri. La teoria per le perturbazioni di stati degeneri, mostra che tali
stati si mescolano e ci` o pu`o avere degli eetti sici importanti.
Ad esempio, proprio nellesperimento di Lamb, teso a misurare un eventuale dierenza di
energia tra i livelli 2p1
2
e 2s1
2
, era necessario creare una dierenza di popolazione tra i due
livelli, e ci` o si ottiene eccitando una frazione di atomi dallo stato 1s1
2
al 2s1
2
e studiando poi
i meccanismi di diseccitazione di questi ultimi.
Notiamo che in presenza di un campo magnetico B si avr`a la situazione in gura:
per stati s: g
s
= 2
per stati p1
2
: g
s
=
2
3
Figura
Vediamo che al variare di B il livello 2s1
2
con m
s
=
1
2
si mescola con il 2p1
2
e quindi decade
sullo stato 1s1
2
. Pertanto 2s1
2
con m
s
=
1
2
`e instabile. Solo 2s1
2
con m
s
=
1
2
`e metastabile
anche in presenza di B e quindi con una radiofrequenza si pu`o studiare la frequenza della
transizione 2s1
2
,
, 2p1
2
,
al variare di B. Il suo valore per B 0 d`a lo shift di Lamb.
Capitolo 12
Eetto Stark
Vogliamo studiare leetto di un campo elettrico su un atomo idrogenoide. Se il campo `e
uniforme e lungo z possiamo scrivere
H =
p
2
2m

e
2
4
0
r
+q =
= H
0
+eEz = H
0
+H

(12.1)
e usare la teoria perturbativa, almeno per campi non troppo intensi.
Riprendendo le formule (10.19) e (10.20) si ha:
E =
(0)
n
+n[H

[n) (12.2)
per il caso non degenere, mentre nel caso degenere i k stati degeneri di H
0
che diagonalizzano
la matrice V avranno energia:
E
n

=
(0)
n
+n

[H

[n

) (12.3)
12.1 Correzioni lineari in E
Osserviamo innanzitutto che H
0
commuta con loperatore di Parit`a, pertanto le autofunzioni
delluno sono autofunzioni anche dellaltro, quindi vale [(r)[
2
= [(r)[
2
. Ne consegue che
tutti gli elementi di matrice diagonali della perturbazione sono nulli.
Lo stato fondamentale, essendo non degenere, segue la formula (12.2) e non ha correzioni
lineari in E poich`e n[z[n) = 0.
Per gli stati eccitati dobbiamo usare la teoria perturbativa degenere. A tale scopo osserviamo
che [H

, L
z
] = 0, quindi gli elementi di matrice tra gli stati con m
l
diversi sono nulli. Questo
risultato `e generale, dato che L
z
`e una costante del moto in quanto commuta con H = H
0
+H

.
Pertanto, consideriamo ad esempio la perturbazione sugli autostati degeneri di H
0
:
[nL
m
l
) = [2s
0
), [2p
0
), [2p
1
), [2p
1
)
Gli elementi di matrice di H

diversi da zero fuori diagonale sono 2p


0
[H

[2s
0
) e 2s
0
[H

[2p
0
);
in denitiva la perturbazione mescoler`a solo i due stati 2s
0
e 2p
0
.
[2s
0
) =
1
2

2
_
Z
a

_
3/2
_
1
rZ
2a

_
e

rZ
2a

53
54 CAPITOLO 12. EFFETTO STARK
[2p
0
) =
1
4

2
_
Z
a

_
3/2
rZ
a

rZ
2a

cos
2s
0
[H

[2p
0
) = eE2s
0
[z[2p
0
) =
= eE
_

0
r
2
dr
_
2
0
d
_

0
sin d

200
(r, , )r cos
210
(r, , ) =
= eE
_

0
dr
_
2
0
d
_
1
1
d(cos )
1
16
Zr
4
a
4

_
1
Zr
2a

_
e

Zr
a

cos
2
=
= 3
a

Z
e la matrice da diagonalizzare `e
_
0 2s
0
[H

[2p
0
)
2p
0
[H

[2s
0
) 0
_
=
_
0 3
a

Z
3
a

Z
0
_
eE
con autovettori
1

2
_
1
1
_
e autovalori 3
a

Z
.
Pertanto lo stato che a ordine zero `e
1

2
([2s
0
) +[2p
0
)) ha uno shift al primo ordine 3
ea

Z
E
mentre
1

2
([2s
0
) [2p
0
)) ha uno shift 3
ea

Z
E.
Notiamo che questo corrisponde ad uno shift in frequenza
=
1
hc
3ea

E
Z
= 12.8
_
E
Z
_
10
7
cm
1
se E `e in V olt/cm. Pertanto sono necessari campi molto intensi (E 10
7
V/cm) per poter
osservare questo fenomeno. La struttura dei livelli `e come in gura
FIGURA
La trattazione si modica leggermente se si tiene conto della struttura ne e dello shift di
Lamb (bisogna allora tener conto che i termini diagonali della matrice di H non sono uguali
ma dieriscono di piccole quantit` a: la teoria perturbativa in tal caso si dice quasi degenere).
Da tale teoria si vede che non c`e eetto stark lineare se 3
ea

Z
E `e pi` u piccolo della separazione
dei livelli 2s1
2
e 2p1
2
in assenza di campo, mentre si ritrova il risultato discusso sopra nel caso
opposto.
12.2 Eetto Stark quadratico
Nello stato fondamentale (n = 1):
E E
1
== e
2
E
2

n=1
l,m
[
n,l,m
[z[
1,0,0
)[
2
E
1
E
n
dove la somma comprende tutti gli stati del continuo.
Possiamo riscrivere
E E
1
e
2
E
2

n,l,m
[
n,l,m
[z[
1,0,0
)[
2
E
2
E
1
12.2. EFFETTO STARK QUADRATICO 55
Ma

n
[
n,l,m
[z[
1,0,0
)[
2
=
1,0,0
[z
2
[
1,0,0
) =
r
2
)
3
=
a
2
0
Z
2
Pertanto
E
(2)
1,0,0
>
e
2
a
2
0
Z
2
E
2
il risultato esatto `e E
(2)
1,0,0
=
2
3
e
2
a
2
0
Z
2
E
2
che si pu`o interpretare come E
(2)
1,0,0
=
1
2
E
2
dove
`e la polarizzabilit`a statica dellatomo.
56 CAPITOLO 12. EFFETTO STARK
Capitolo 13
Approssimazioni per sistemi a molti
elettroni
In unit` a atomiche, lHamiltoniana di un sistema a molti elettroni si scrive:
H =

i
_

1
2

2
r
i
_
+

i
V
e
(r
i
) +
1
2

j,=i
1
[r
i
r
j
[
(13.1)
dove r
i
`e la coordinata dellelettrone i-esimo e V
e
(r
i
) `e qualche potenziale esterno
1
che agisce
sullelettrone i-esimo .
Il teorema variazionale ci dice che, per qualunque stato [) nello spazio di Hilbert su cui
agisce H si ha:
c
v
=
[H[)
[)
E
0
(13.2)
dove E
0
`e lenergia dello stato fondamentale ed il segno di uguaglianza vale solo se [) coincide
con lo stato fondamentale [) [
0
). La quantit` a c
v
`e detta energia variazionale.
Il teorema si dimostra facilmente osservando che ogni stato [) pu`o scriversi come [) =

[c

) e pertanto:
c
v
=
[H[)
[)
=

,
c

[H[c

,
c

[c

)
=

,
c

[E

[c

,
c

[c

)
=
=

[c

[
2

[E

[c

[
2

[c

[
2

[E
0
[

[c

[
2

)
= E
0
Dato che lHamiltoniana H agisce sullo spazio prodotto delle funzioni normalizzabili di N coor-
dinate spaziali r
i
e di N funzioni di spin
i
, la condizione (13.2) ci dice che la miglior appros-
simazione alla funzione donda dello stato fondamentale sar` a quella funzione f

1
...
N
(r
1
...r
N
)
che minimizza
c
v
=
_
dr
1
...dr
N
f

1
...
N
(r
1
...r
N
)Hf

1
...
N
(r
1
...r
N
)
_
dr
1
...dr
N
[f

1
...
N
(r
1
...r
N
)[
2
(13.3)
1
Pu`o essere il potenziale di un solo nucleo, come nel caso di un atomo, o di vari nuclei come nelle molecole o
il potenziale di una qualsiasi distribuzione di carica, purch`e distinguibile dagli elettroni che vogliamo descrivere.
57
58 CAPITOLO 13. APPROSSIMAZIONI PER SISTEMI A MOLTI ELETTRONI
13.1 Approssimazione di Hartree
Lapprossimazione pi` u semplice per la scelta della funzione f `e quella di considerarla come
un semplice prodotto di N funzioni, ognuna prodotto di una funzione di una sola coordinata
spaziale e di una funzione di spin. Vale a dire, in questa approssimazione, detta di Hartree,
si ha:
f = f
H

1
...
N
(r
1
...r
N
) =
n
1
,
1
(r
1
)
n
2
,
2
(r
2
)...
n
N
,
N
(r
N
) (13.4)
con
n,
(r) =
n
(r)(), = 1 dove (1) =
_
1
0
_
e (1) =
_
0
1
_
e il susso n
i
indica un insieme di numeri quantici che preciseremo nel seguito.
Notiamo che una funzione di questo tipo non `e antisimmetrica nello scambio di due particelle
e quindi non obbedisce automaticamente al principio di Pauli. Possiamo per`o imporlo richie-
dendo che le funzioni che entrano in (13.4) siano tutte diverse ed ortogonali o per la parte
spaziale o per quella di spin.
Vediamo ora di calcolare il valore di aspettazione (13.3). Osserviamo innanzi tutto che, se
richiediamo alle di esser normalizzate, il denominatore di (13.3) vale 1.
Per quanto riguarda il numeratore, ricordiamo che lHamiltoniana si pu`o scrivere:
H =

i
h(r
i
) +
1
2

i,j
j,=i
v([r
i
r
j
[) (13.5)
Pertanto
c
H
v
=

i
_
dr
1
...dr
N

n
1
,
1
(r
1
)...

n
N
,
N
(r
N
) h(r
i
)
n
1
,
1
(r
1
)...
n
N
,
N
(r
N
)
+
1
2

i,j
j,=i
_
dr
1
...dr
N
[
n
1
,
1
(r
1
)[
2
...[
n
N
,
N
(r
N
)[
2
v([r
i
r
j
[) (13.6)
Sfruttando il fatto che
_
dr
p
[
n
p
,
p
(r
p
)[
2
= 1 possiamo allora scrivere
c
H
v
=

i
_
dr
i

n
i
,
i
(r
i
)h(r
i
)
n
i
,
i
(r
i
)
+
1
2

i,j
j,=i
_
dr
i
dr
j

n
i
,
i
(r
i
)
n
i
,
i
(r
i
)v([r
i
r
j
[)

n
j
,
j
(r
j
)
n
j
,
j
(r
j
)
ricordando che la parte di spin di

n
i
e
n
i
`e la stessa, c
v
assume nalmente la forma:
c
H
v
=

i
_
dr

n
i
(r)
_

2
2
+V
e
(r)
_

n
i
(r)
+
1
2

i,j
j,=i
_
drdr

n
i
(r)

n
j
(r

)
1
[r r

n
i
(r)
n
j
(r

) (13.7)
La miglior scelta delle funzioni sar` a quindi quella che minimizza c
H
v
.
13.1. APPROSSIMAZIONE DI HARTREE 59
Possiamo determinare tali funzioni imponendo alla variazione prima di c
v
di annullarsi per
ogni variazione
n
i
delle funzioni
n
i
che sia nulla sul contorno del volume di integrazione e
che mantenga lortonormalit`a delle .
Lequazione da soddisfare `e quindi:

_
_
c
H
v

i,j

i,j
__
d
3
r

n
i
(r)
n
j
(r)
i,j
_
_
_
= 0 (13.8)
che con unopportuna trasformazione unitaria, pu`o esser portata alla forma diagonale:

_
c
H
v

i
__
d
3
r

n
i
(r)
n
i
(r) 1
_
_
= 0 (13.9)
dove
i,j
nella (13.8) e
i
nella (13.9) sono nientaltro che dei moltiplicatori di Lagrange per
assicurare il vincolo dellortonormalit`a.
Sostituendo

n
k
(r) +

n
k
(r) a

n
k
(r) nella (13.9), e considerando solo i termini lineari in
otteniamo:

_
dr

n
k
_

_
_

2
2
+V
e
(r)
_

n
k
+

j,k
j,=k
_
dr

n
j
(r

)
n
j
(r

)
[r r

[

n
k
(r)
k

n
k
_

_
(13.10)
Osserviamo che le variazioni di

n
k
e
n
k
sono indipendenti e quindi daranno contributi
indipendenti in termini proporzionali ad nella variazione (13.9).
Dato che (13.10) deve esser vericata qualunque sia

n
k
, ne consegue che si deve annullare
lespressione tra parentesi quadre. Vale a dire che la migliore scelta della corrisponde alla
soluzione delle equazioni
_
_
_
_

2
2
+V
e
(r) +

j,i
j,=i
_
dr

j
(r

)
j
(r

)
[r r

[
_
_
_
_

i
(r) =
i

i
(r) (13.11)
Vediamo quindi che le
i
obbediscono ad equazioni di tipo Schrodinger con un potenziale
ecace che `e la somma del potenziale esterno V
e
(r) e del potenziale autoconsistente
dovuto a tutti gli elettroni eccetto quello descritto dalla
i
(stessa). Le varie autofunzioni
soddisfano quindi ad equazioni con Hamiltoniane diverse, il che implica che soluzioni con auto-
valori diversi, non sono automaticamente ortogonali; lortogonalit`a, come la normalizzazione,
devono esser imposte esplicitamente. Ricordiamo inne che gli autovalori che compaiono in
(13.11), sono stati introdotti come parametri Lagrangiani e quindi non hanno necessariamente
signicato sico misurabile.
Inne osserviamo che lenergia che corrisponde alla scelta della che soddisfano la (13.11),
non `e la somma degli autovalori, come ci si potrebbe aspettare da una funzione donda glo-
bale scritta come prodotto di funzioni di singole particelle (dipendente ognuna da una sola
coordinata), ma invece risulta
c
H
v
=

1
2

i,j
i,=j
_
dr
_
dr

i
(r)

j
(r

)
1
[r r

i
(r)
j
(r

) (13.12)
come si verica facilmente sostituendo in (13.7) le soluzioni di (13.11).
60 CAPITOLO 13. APPROSSIMAZIONI PER SISTEMI A MOLTI ELETTRONI
13.2 Approssimazione di Hartree-Fock
Come gi`a detto in precedenza, la forma della funzione donda di prova dellapprossimazione
di Hartree, un semplice prodotto di funzioni di singole particelle, non soddisfa la propriet`a
di antisimmetria richiesta alle funzione donda di un insieme di fermioni e pertanto il singolo
riempimento di ogni orbitale, richiesto dalla forma debole del principio di Pauli, deve esser
imposta a mano. Una forma della funzione di prova variazionale che obbedisca al requisito di
antisimmetria e che nel contempo mantenga la semplicit`a nella trattazione, pu`o esser costruita
come combinazione antisimmetrizzata di prodotti di funzioni di particella singola:
f

1
...
N
(r
1
...r
N
) =
1

N!

p
(1)
p
T
n
1
,
1
(r
1
)...
n
N
,
N
(r
N
) =
=

N!/
n
1
,
1
(r
1
)...
n
N
,
N
(r
N
) (13.13)
dove la somma si estende a tutte le possibili permutazioni degli argomenti. Osserviamo che
la (13.13) si pu`o scrivere sotto forma di un determinante, detto determinante di Slater:
f
HF
=
1

N!

n
1
,
1
(r
1
)
n
2
,
2
(r
1
) . . .
n
N
,
N
(r
1
)

n
1
,
1
(r
2
)
n
2
,
2
(r
2
)
.
.
.
.
.
.

n
1
,
1
(r
N
)
n
2
,
2
(r
N
)
n
N
,
N
(r
N
)

(13.14)
dove lindice di colonna `e dato dal susso della funzione di particella singola e lindice di riga
dallargomento della funzione.
La forma (13.14) soddisfa automaticamente la propriet`a di antisimmetria nello scambio di
due particelle (scambio di righe) e si annulla se due particelle hanno gli stessi numeri quantici
n
i
e stesso spin
i
(due colonne uguali). Loperatore / che compare in (13.13) `e loperatore
di antisimmetria / =
1
N!

p
(1)
p
T. Esso gode della propriet`a /
2
= /, vale a dire che `e un
proiettore.
`
E immediato vericare che se le sono opportunamente ortonormalizzate, il valore di aspet-
tazione dellHamiltoniana (13.1) sulla funzione di prova f
HF
risulta essere
c
HF
v
=

i,
_
dr

i,
(r)
_

2
2
+V
e
(r)
_

i,
(r)
+
1
2

i,

j,

j,=i
_
dr
_
dr

i,
(r)

j,
(r

)
1
[r r

i,
(r)
j,
(r

1
2

i,

j,

j,=i

_
dr
_
dr

i,
(r)

j,
(r

)
1
[r r

i,
(r

)
j,
(r) (13.15)
Procedendo, come nel caso di Hartree, a calcolare la variazione prima di c
HF
v
rispetto a
variazioni di

, otteniamo le equazioni accoppiate che determinano la miglior scelta delle


funzioni con cui costruire il determinante di Slater che meglio approssima la funzione
13.2. APPROSSIMAZIONE DI HARTREE-FOCK 61
donda dello stato fondamentale:
_

2
2
+V
e
(r) +
_
dr

j
[
j,
(r

)[
2
[r r

[
_

i,
(r) +

_
dr

j,

(r

)
i,
(r

)
[r r

[

j,
(r) =
i,

i,
(r) (13.16)
Osserviamo che le equazioni di Hartree-Fock sono equazioni integro-dierenziali, nelle quali
oltre al termine col potenziale diretto coulombiano
r[ (V
d
[i)) =
_
dr

j,

[
j,
(r

)[
2
[r r

[

i,
(r) (13.17)
compare un termine di scambio che permette di denire un potenziale non locale V
exc
tramite
la
r[ (V
exc
[i)) =
_
dr

j,

j,

(r

)
j,
(r)
[r r

[

i,
(r

) (13.18)
dovuto allinterazione di scambio tra elettroni con lo stesso spin.
Notiamo che nella somma in (13.16) sono stati inclusi anche i termini con i=j, dato che i loro
contributi al termine diretto ed a quello di scambio si cancellano esattamente.
Come in precedenza, gli autovalori
i
che compaiono nellequazione di Hartree-Fock, sono stati
introdotti come parametri lagrangiani, per assicurare il mantenimento dellortonormalit`a delle
funzioni soggette alla variazione. Non si pu`o quindi attribuire loro alcun signicato sico
diretto: solo il valore di aspettazione dellHamiltoniana c
HF
v
ha signicato sico, costituendo
un limite superiore allenergia dello stato fondamentale del sistema.

E immediato vericare che:


c
HF
v
=

i,

i,

1
2
_
drdr

i,
[
i,
(r)[
2

j,
[
j,
(r

)[
2
[r r

[
+
+
1
2
_
drdr

i,

j,

i,
(r)
i,
(r

j,
(r

)
j,
(r)
[r r

[
(13.19)
Supponiamo ora di rimuovere lelettrone nellorbitale
k,
e calcoliamo il valore di aspettazione
dellHamiltoniana (13.1) nel determinante di Slater costruito con tutti gli altri orbitali presenti
nella funzione donda dello stato fondamentale.
Dalla (13.15) segue che
E
(N)
HF
E
(N1)
HF
=
N

i=1

i
[h[
i
) +
1
2
N

i=1
N

j=1
_

j
[
1
[r r

[
[
i

j
)
j

i
[
1
[r r

[
[
i

j
)
_

i,=k

i
[h[
i
)
1
2

i,=k
N

j=1
_

j
[
1
[r r

[
[
i

j
)
_
+
1
2
N

i=1

j,=k
_

i
[
1
[r r

[
[
i

j
)
_
=
=
i
[h[
i
) +
N

l=1
_

l
[
1
[r r

[
[
k

l
)
l

k
[
1
[r r

[
[
k

l
)
_
=
k
(13.20)
62 CAPITOLO 13. APPROSSIMAZIONI PER SISTEMI A MOLTI ELETTRONI
Lultima uguaglianza `e conseguenza della (13.16).
Pertanto
E
(N)
HF
E
(N1)
HF
=
k,
(13.21)
cio`e lautovalore
k,
`e lenergia di ionizzazione del sistema relativa alla rimozione dellelettrone
nello stato di particella singola
k,
, nellipotesi che tutti gli altri stati rimangano inalterati.
Questo teorema va sotto il nome di teorema di Koopman. Esso descriver`a tanto meglio la
vera energia di ionizzazione, quanto meglio `e vericata lipotesi di rigidit` a della congurazione
dello stato fondamentale per la rimozione di un elettrone. Ci aspettiamo che essa sia meglio
soddisfatta quanto pi` u il sistema `e esteso e per lo stato occupato ad energia pi` u alta.
`
E importante notare che lapprossimazione di Hartree-Fock `e self-interaction free e che tutti
gli orbitali soddisfano lequazione (13.16) con gli stessi potenziali diretto e di scambio. Ov-
viamente la simmetria delle soluzioni dellequazioni di Hartree-Fock dipende dalla simmetria
del potenziale esterno.
Nel caso di un atomo, il potenziale esterno `e il potenziale di un singolo nucleo e quindi `e
centrale. Possiamo allora cercare la soluzione della parte radiale della (13.16) nella forma
= R
nl
Y
m
l
(, ), che sar` a la forma corretta se anche i termini diretti e di scambio sono a
simmetria sferica. Questo `e sicuramente il caso quando nel determinante di Slater compaiono
tutte le autofunzioni relative ad un certo l, vale a dire quando nellatomo considerato tutte
le subshell siano piene. In tal caso infatti, ricordiamo che:
1
[r r

[
=

r
l

<
r
l

+1
>
P
l
(r r

) =

r
l

<
r
l

+1
>
P
l

m=l

4
2l

+ 1
Y

,m
(, )Y
l

,m
(

) (13.22)
dove r (, ), r

) e r
<
`e il minore tra r e r

, moduli di r r

, mentre r
>
`e il maggiore.
Allora, il contributo della subshell n, l a V
d
(13.17) e V
ex
(13.18) si pu`o scrivere
V
n,l
d
=

,m

_
dr

r
2
R
2
nl
(r

)
r
l
<
r
l+1
>
2l + 1
4
_
d

4
2l

+ 1
Y

,m
(

)Y
l

,m
(, ) (13.23)
e ricordando che
_
d

,m
(

) =

4
l

,0

,0
vediamo che
V
n,l
d
=

n,l
_
dr

r
2
R
2
nl
(r

)
r
l
<
r
l+1
>
(13.24)
indipendente da (, ).
Per quanto riguarda il potenziale di scambio si pu`o mostrare (vedi Bransden) che il suo eetto
su unarmonica sferica `e semplicemente un fattore moltiplicativo, indipendente dallangolo e
pertanto `e lo stesso di un potenziale a simmetria sferica.
`
E quindi evidente che la classicazione delle funzioni donda di particella singola negli atomi
con subshell complete sar` a la stessa di quella vista per latomo di idrogeno. Nel caso vi siano
subshell incomplete, per non perdere i vantaggi di una trattazione in termini di un potenziale
centrale, si costruiscono i potenziali V
d
e V
ex
considerando ogni funzione della subshell (i
diversi m
l
appartenenti ad uno stesso l) con unoccupazione
1
2l+1
.
In tal modo il potenziale ecace che compare nellequazione di Hartree-Fock `e ancora un
potenziale a simmetria sferica e di nuovo le soluzioni sono il prodotto di una parte radiale
13.2. APPROSSIMAZIONE DI HARTREE-FOCK 63
per unarmonica sferica. Ovviamente, il fatto che in realt` a vi siano delle subshell incomplete,
introdurr`a delle correzioni che saranno trattate in teoria perturbativa.
Va anche osservato che i determinanti di Slater costruiti come abbiamo detto sopra, sono
autofunzioni di S
z
ma non necessariamente di L
2
e di S
2
. Gli autostati di L
2
, L
z
, S
2
, S
z
oltre che di H, saranno costruiti come opportune combinazioni di determinanti di Slater, con
coecienti di nuovo determinati variazionalmente.
Ovviamente, qualora si considerino le correzioni relativistiche, ed in particolare i termini di
spin-orbita, occorrer`a costruire autostati di J
2
e J
z
, di nuovo combinando opportunamente
determinanti di Slater.
Come abbiamo ripetuto pi` u volte, il principio variazionale denito sopra, vale per lo stato
fondamentale e quindi il determinante di Slater costruito con le autofunzioni dellequazione di
Hartree-Fock ricavate sopra `e unapprossimazione dellautofunzione dello stato fondamentale,
tanto migliore quanto pi` u basso `e il corrispondente valore di c
v
.
Va notato che non necessariamente il pi` u basso valore di c
v
si ottiene considerando le autofun-
zioni con i numeri quantici corrispondenti agli autovalori pi` u bassi di un atomo idrogenoide
che sono nella sequenza:
1s, 2s, 2p, 3s, 3p, 3d, ...
In eetti si trova che nella costruzione della tabella periodica `e conveniente occupare lo stato
4s, prima del 3d.
Come detto in precedenza, lapprossimazione di Hartree-Fock non essendo unapprossimazione
a particelle indipendenti come quella di Hartree, in quanto la funzione di prova `e opportuna-
mente antisimmetrizzata, non `e la vera autofunzione dello stato fondamentale del sistema a
N-elettroni nel potenziale esterno V
e
(r). Ogni miglioramento rispetto ad essa, nel senso di con-
siderare funzioni di prova che diano c
v
< c
HF
v
, viene detto contenere eetti di correlazione
e lenergia c
v
c
HF
v
viene detta energia di correlazione.
Se si vogliono trattare gli stati eccitati del sistema, si possono ancora usare i metodi varia-
zionali.
64 CAPITOLO 13. APPROSSIMAZIONI PER SISTEMI A MOLTI ELETTRONI
Capitolo 14
Il metodo del funzionale densit`a

E chiaro dalle discussioni precedenti che i metodi variazionali, come il metodo di Hartree-Fock
con un solo determinante di Slater o, a maggior ragione, con combinazioni di determinanti
di Slater (Conguration interaction methods), che mirino alla determinazione di una buona
funzione donda per lo stato fondamentale o per gli stati eccitati di un sistema a molti elettroni
diventano impraticabili anche coi moderni calcolatori, se il numero di elettroni supera qualche
decina, a meno che il potenziale esterno non goda di particolari simmetrie, vale a dire a
meno che le cariche positive che lo generano non abbiano particolari e speciche distribuzioni
spaziali.
Va per`o notato che una funzione donda di molti elettroni contiene molte pi` u informazioni di
quelle accessibili sperimentalmente ed in eetti non `e mai richiesta la conoscenza completa dei
suoi dettagli. Un po come succede nei sistemi classici, per descrivere i quali non si usano mai
le informazioni dettagliate sulle posizioni e velocit`a delle singole molecole, ma si usano invece
poche variabili termodinamiche, cos` anche per i sistemi quantistici possiamo chiederci se le
loro propriet`a siano deducibili dalla conoscenza di funzioni molto pi` u semplici della funzione
donda.
14.1 teorema di Hohenberg e Kohn
La risposta `e contenuta nellormai famoso teorema di Hohenberg e Kohn che mostra
come la densit`a elettronica dello stato fondamentale di un sistema a molti elettroni sia la
quantit` a che determina tutte le propriet`a del sistema.
Notiamo che la densita elettronica (r) `e funzione di una sola coordinata spaziale r (cio`e di
una terna di numeri), contrariamente alla funzione donda che dipende invece da N vettori
posizione (r
1
, r
2
, ...r
N
) cio`e da 3N numeri, se N `e il numero di elettroni. Questo teorema, del
quale riportiamo la dimostrazione per la sua semplicit`a, consiste di due aermazioni.
14.1.1 prima aermazione
Esiste una corrispondenza biunivoca tra la densit`a elettronica dello stato fondamentale non
degenere di un sistema a molti elettroni ed il potenziale esterno che la genera.
Che ad un determinato V (r) corrisponda una sola densit`a dello stato fondamentale `e ovvio,
infatti lequazione di Schrodinger del sistema a molti elettroni si scrive
_

T+

U+

V
_
[
0
) = E
0
[
0
) (14.1)
65
66 CAPITOLO 14. IL METODO DEL FUNZIONALE DENSIT
`
A
dove

T `e loperatore energia cinetica,

U descrive linterazione coulombiana tra gli elettroni e

V `e il potenziale esterno. In altra notazione


_
_
_
_

2
i
2
+
1
2

i,j
i,=j
1
[r
i
r
j
[
+

i
V (r
i
)
_
_
_
_

0
(r
1
, r
2
, ..r
N
) = E
0

0
(r
1
, r
2
, ...r
N
) (14.2)
Data lipotizzata non degenerazione dello stato fondamentale, la soluzione
0
`e unica e quindi
V , che determina univocamente
0
, determina univocamente anche
(r) =
0
[ n(r)[
0
) =
0
[

i
(r r
i
)[
0
) =
_
dr
1
dr
2
...dr
N
[
0
(r
1
, r
2
, ...r
N
)[
2
Vogliamo ora mostrare che ad una densit`a dello stato fondamentale (r) corrisponde un solo
1
V (r).
Supponiamo, per assurdo, che esistano due potenziali diversi V e V

tali che:

H[
0
) =
_

T+

U+

V
_
[
0
) = E
0
[
0
) (14.3)

0
) =
_

T+

U+

V

_
[

0
) = E
0
[

0
) (14.4)
con
0
[ n(r)[
0
) =

0
[ n(r)[

0
) = (r)
Il teorema variazionale ci dice che, se [

0
) , = [
0
)

0
[

H[

0
) >
0
[

H[
0
) = E
0
(14.5)

0
[

[
0
) >

0
[

0
) = E
0
(14.6)
Dato che

H =

H

+
_

V

V

_
, lequazione (14.5) implica

0
[

+
_

V

V

_
[

0
) > E
0
e,
usando (14.4),

0
[V V

0
) =
_
dr(r)[V (r) V

(r)] > 0 (14.7)


Analogamente lequazione (14.6) porta a

0
[V

V [
0
) =
_
dr(r)[V

(r) V (r)] > 0 (14.8)


Vediamo quindi che laver assunto

V

,=

V porta alle due relazioni (14.7) e (14.8), tra loro in-
compatibili. Concludiamo che il potenziale che ha (r) come densit`a dello stato fondamentale
`e unico.
Notiamo anche che da (14.3) otteniamo

0
[

T+

U[
0
) +
_
d
3
r(r)V (r) = E
0
(14.9)
e quindi

0
[

T+

U[
0
) = E
0

_
d
3
r(r)V (r) (14.10)
1
A meno di una costante additiva, ovviamente
14.1. TEOREMA DI HOHENBERG E KOHN 67
il che implica che
0
[

T +

U[
0
) `e un funzionale universale della densit`a dello stato fonda-
mentale, in quanto questultima determina in maniera univoca

V e quindi E
0
e pertanto dato
che il termine a destra nellequazione (14.10) `e univocamente determinato da (r), cos` deve
essere anche per quello di sinistra.
`
E usuale denire il funzionale universale
T([]) =
0
[

T+

U[
0
) = (([]) +
1
2
_
drdr

(r)(r

)
[r r

[
(14.11)
esplicitando lenergia coulombiana diretta.
14.1.2 Seconda aermazione
La seconda parte del teorema di Hohenberg e Kohn, stabilisce che, se `e noto il potenziale
esterno V (r) allora la densit`a dello stato fondamentale corrispondente `e quella che minimizza
il funzionale T([]) +
_
dr(r)V (r) con la condizione che
_
d
3
r(r) = N
se N `e il numero totale di elettroni del sistema.
La dimostrazione `e banale in quanto il teorema ci dice che per ogni [) si ha:
[

T+

U+

V[) E
0
con il segno di uguaglianza che vale se [) `e la corretta autofunzione [
0
).
Ora, per ogni [) si ha
[ n(r)[) = (r)
[

T+

U[) = T([])
[

V[) =
_
d
3
r(r)V (r)
e pertanto la migliore sar` a quella per cui
_
T[] +
_
d
3
r(r)V
e
(r)
__
d
3
r(r) N
__
(14.12)
assume il valore minimo.
Separando, come prima, il termine coulombiano a lungo range, possiamo quindi determinare
la densit`a dello stato fondamentale e la corrispondente energia risolvendo lequazione

_
([] +
1
2
_
dr
_
dr

(r)(r

)
[r r

[
+
_
d
3
r(r)V
e
(r)
_
d
3
r(r)
_
= 0 (14.13)
dove V
e
(r) `e il potenziale esterno, nel quale si muovono gli elettroni del sistema considerato.
Va detto a questo punto che abbiamo spostato la tremenda complessit`a del problema a N
corpi nel funzionale ([] del quale conosciamo a tuttoggi poche propriet`a generali, sucienti
tuttavia a trattare i sistemi altrimenti non trattabili e addirittura a considerarne gli aspetti
dinamici, come quelli che nascono quando si lascino le cariche esterne, che determinano V
e
(i
nuclei), libere di muoversi, proprio in conseguenza delle forze che gli elettroni stessi esercitano
su di loro.
68 CAPITOLO 14. IL METODO DEL FUNZIONALE DENSIT
`
A
Prima di arontare un problema di cos` grande complessit`a `e per`o necessario esaminare alcune
approssimazioni semplici per il funzionale ([]. A tal ne osserviamo innanzitutto che ([]
dovr`a contenere lenergia cinetica e le energie di scambio (come lapprossimazione di Hartree-
Fock) e di tutti i contributi detti di correlazione che migliorano la trattazione di Hartree-
Fock.
14.2 Approssimazione locale di densit`a
La forma esatta di ([] non `e nota, basti pensare che non `e nota nemmeno la forma esplicita
della dipendenza da dellenergia cinetica [

T[), addirittura non `e noto se essa sia, da


sola, un funzionale universale della densit`a.
`
E quindi evidente che si deve ricorrere a forme
approssimate del funzionale ([]. Lapprossimazione di base, detta approssimazione lo-
cale della densit`a (LDA), parte dal calcolo dellenergia di un sistema di N elettroni con
densit`a uniforme .
`
E allora possibile scrivere
([] = N[
k
() +
x
() +
c
()] (14.14)
dove, posto k
F
= (3
2
)
1
3
,

k
=
3
5

2
k
2
F
2m
`e lenergia cinetica per particella singola di un sistema uniforme di elettroni non interagenti.
Analogamente

x
=
3
4
e
2
k
F
4
0
`e lenergia di scambio e
c
lenergia di correlazione per particella, calcolata con qualche ap-
prossimazione analitica o numerica.
Vediamo quindi che
k
= c
k

2
3
e
x
= c
x

1
3
.
Lapprossimazione consiste nello scrivere ([] nel caso in cui non sia uniforme, sommando
i contributi di volumetti innitesimi d
3
r, contenenti ognuno dn(r) = d
3
r(r) particelle ed
assumendo che per ognuna di queste lenergia sia data dallespressione (14.14) con la densit`a
che assume il valore locale (r).
In formule
([] =
_
d
3
r(r) [
k
((r)) +
x
((r)) +
c
((r))] (14.15)
Pertanto, in presenza di un potenziale esterno V
e
(r), la densit`a dello stato fondamentale sar` a
tale da minimizzare il funzionale
c
v
=
_
d
3
r(r)
_
c
k

2
3
(r) +
xc
((r))
_
+
1
2
_
dr
_
dr

(r)(r

)
[r r

[
+
_
dr(r)V
e
(r)
__
d
3
r(r) N
_
(14.16)
dove abbiamo scritto lenergia si scambio e correlazione
x
+
c
come un unico termine
xc
.
Lultimo termine impone la condizione che il numero totale di particelle del sistema sia N.
Osserviamo en passant che se si trascurano gli eetti di scambio e correlazione (ponendo

xc
= 0) in un atomo, la minimizzazione di (14.16),
_
c
v
(r)
= 0
_
porta allequazione:
5
3
c
k

2
3
+
_
dr

(r

)
[r r

[
+V
e
(r) = (14.17)
14.3. APPROSSIMAZIONE CON ESPANSIONE IN GRADIENTI 69
che pu`o esser scritta come
(r) =
_
3
5c
k
( (r))
_3
2
(14.18)
dove (r) = V
e
(r) +v
H
(r) =
z
r
+
_
dr

(r

)
[r r

[
(14.19)
`e la somma del potenziale coulombiano nucleare e di quello, autoconsistente, di Hartree,
generato dalla carica stessa. Lequazione (14.18) `e la famosa equazione che va sotto il nome
di Thomas-Fermi.
14.3 Approssimazione con espansione in gradienti
`
E evidente che la forma (14.16) `e del tutto inadeguata per la descrizione di un sistema,
come latomo o una molecola, in cui la densit`a varia rapidamente. In particolare, per lener-
gia cinetica si possono introdurre correzioni che tengono conto delle variazioni spaziali della
densit`a.
La pi` u semplice consiste nello scrivere lenergia cinetica come unespansione in gradienti della
densit`a: T = T
0
+T
2
+... dove
T
0
= c
k
_
d
3
r
5
3
(r)
`e il termine usato sopra e
T
2
=

8
_
d
3
r
()
2

con una opportuna costante, `e la prima approssimazione di densit`a locale.


Il funzionale da minimizzare e allora
c
v
=

8
_
d
3
r
()
2

+ c
k
_
d
3
r
5
3
(r) +
_
d
3
r(r)
xc
()
+
1
2
_
dr
_
dr

(r)(r

)
[r r

[
+
_
dr(r)V
e
(r) (14.20)
la cui equazione di Eulero
_
c
v

_
d
3
r(r)
_
= 0 porta a

+

8
()
2

2
+
5
3
c
k

2
3
+v
xc
+v
H
+V
e
= (14.21)
e si traduce in unequazione autoconsistente di tipo Schrodinger:

2
+v
e
(r)(r) =

(r) (14.22)
dove il potenziale autoconsistente v
e
`e denito da:
v
e
=
1
4
()
2

2
+
10
3
c
k


2
3
+
2

(v
xc
+v
H
+V
e
) (14.23)
e

=
2

. Come prima, v
H
=
_
dr

(r

)
[rr

[
mentre il potenziale di scambio e correlazione v
xc
`e
denito da: v
xc
=

(
xc
()).
70 CAPITOLO 14. IL METODO DEL FUNZIONALE DENSIT
`
A
`
E da osservare che il primo termine nellequazione (14.20) pu`o essere pensato come unener-
gia di supercie, ed in eetti si pu`o mostrare che, per un liquido classico, un termine analogo
determina la tensione superciale alla separazione tra un liquido ed un vapore. `e proprio per
questo che nella formulazione del modello a goccia del nucleo, Von Weiszacker introdusse un
termine di quel tipo quale contributo della supercie allenergia del nucleo.
Mentre si pu`o mostrare che inserendo in (14.20) la densit`a ottenuta con un calcolo Hartree-
Fock, per un atomo si ottengono energie entro qualche percento dal risultato di Hartre-Fock,
si pu`o vedere che la soluzione dellequazione (14.21), non produce una soluzione altrettanto
buona per la densit`a. La soluzione della (14.21) non presenta infatti le oscillazioni corri-
spondenti alle varie shell atomiche. Unanalisi accurata dellorigine sica delle oscillazioni
e dei limiti di validit` a dellespansione in gradienti dellenergia cinetica mostra che in eetti
questespansione `e incompatibile con la struttura a shell.
14.4 Approssimazione di Kohn e Sham
Un metodo alternativo a quello descritto sopra, nel quale anche lenergia cinetica del sistema
non interagente `e trattata in maniera approssimata, `e stato introdotto da Kohn e Sham ed
`e alla base di tutte le moderne trattazioni da principi primi delle propriet`a a di sistemi con
molti elettroni.
Esso fa uso di orbitali ausiliari
i
(r) tali che
(r) =
N

i=1
[
i
(r)[
2
e scrive lenergia cinetica del sistema non-interagente nella forma esatta
T =
_
d
3
r
N

i=1
[
i
(r)[
2
2
(14.24)
Il vantaggio rispetto alla trattazione precedente `e che, ora, lenergia cinetica di riferimento,
quella cio`e del sistema non interagente, `e quella esatta anche quando la densit`a non `e uniforme,
contrariamente a quanto succedeva sopra.
Lenergia variazionale diventa quindi:
c
v
=
_
d
3
r
N

i=1
[
i
(r)[
2
2
+
_
d
3
r(r)
xc
()+
1
2
_
dr
_
dr

(r)(r

)
[r r

[
+
_
dr(r)V
e
(r) (14.25)
Osserviamo ora che la variazione rispetto a , mantenendo costante
_
d
3
r(r) = N, si pu`o
esprimere anche attraverso la variazione delle

i
, mantenendole normalizzate. Vale a dire:

_
c
v

__
d
3
r(r) N
__
(r)
=

i
_

_
c
v

__
d
3
r(r) N
_

j
[
j
[
2
_

i
(r

i
(r

)
(r)
dr
(14.26)
`
E allora evidente che

_
c
v

j
_
d
3
r ( +
j
) [
j
[
2
+N
_

i
(r

)
= 0 (14.27)
14.4. APPROSSIMAZIONE DI KOHN E SHAM 71
comporta

_
c
v

__
d
3
r N
_
(r)
= 0 (14.28)
La (14.26) si traduce immediatamente nelle equazioni di Kohn e Sham per gli orbitali
i

i
(r)
2
+ (v
xc
+v
H
+V
e
)
i
(r) =
i

i
(r) i = 1, ...N (14.29)
Osserviamo che queste equazioni sono locali, come quelle di Hartree, con lo stesso kernel
per tutti gli orbitali, che sono quindi ortogonali se appartenenti ad autovalori diversi. Come
nel caso di Hartree, lenergia totale non `e la semplice somma degli autovalori, ma `e invece
ottenuta inserendo le soluzioni di (14.29) in (14.25).
`
E immediato vericare che
c
v
=

i
+
_
d
3
r(r)(
xc
() v
xc
)
1
2
_
dr
_
dr

(r)(r

)
[r r

[
(14.30)
Osserviamo inne che, poiche lenergia di scambio introdotta in
xc
`e solo unapprossimazione
(locale) alla vera energia di scambio, non vi `e perfetta cancellazione tra lautointerazione
coulombiana diretta e quella di scambio, come avviene invece nella trattazione di Hartree-
Fock. Nel caso di sistemi localizzati lautointerazione pu`o non essere trascurabile. In tal caso
occorre formulare la teoria in modo da renderla esente da autointerazioni.

Potrebbero piacerti anche