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INTRODUZIONE IL DIRITTO PENALE 1.

I tre aspetti del diritto penale moderno Il diritto penale il complesso delle norme di diritto pubblico che prevedono quei particolari fatti illeciti, per i quali sono comminate conseguenze penali, variabili anche in rapporto alla personalit dell'autore. Fatto, personalit, con seguenze, sono i tre pilastri su cui poggia il diritto penale moderno e i tre fon damentali capitoli della moderna scienza penale. Il fatto illecito costituisce la base fondamentale ed insopprimibile del diritto penale: senza il fatto o prescindendo da esso avremmo un diritto penale delle intenzioni, poliziesco e liberticida. La personalit dell'autore il momento illuminante ed umanizzante del diritto penale moderno, il cui vero oggetto non pu che essere costituito dall'azione di un uomo che ha una sua personalit. La personalit dellautore rileva anche in rapporto alle conseguenze penali che non potrebbero conseguire alcuna finalit razionale se prescindessero da essa1. Le conseguenze penali sono il marchio che contrassegna e contraddistingue, formalmente, l'illecito penale da ogni altro illecito giuridico e costituiscono gli strumenti di dissuasione e rieducazione attraverso cui ogni societ organizzata combatte e controlla il fenomeno della criminalit. Rispetto al fatto, alla personalit ed alle conseguenze si pongono i tre perenni e ricorrenti problemi del diritto penale: 1) nell'ambito dei fatti umani quali sono i fatti che vengono selezionati come reati e in base a quali criteri avviene la criminalizzazione? 2) chi delinque libero, determinato o condizionato? 3) quali sono gli strumenti penali pi idonei per contenere la delinquenza, pre venendo la caduta e la ricaduta nel reato? 2. Il fatto criminoso Primo e lacerante problema delle scienze criminali la definizione di crimina lit: la criminalit una realt ontologico-naturalista o una mera creazione po litico-sociale, una entit giusnaturalistica o un semplice dato giuspositivistico?2
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La crescente considerazione della personalit del soggetto differenzia ed allontana sempre pi il diritto pe nale dagli altri rami del diritto, per i quali ci che rileva il fatto, spersonalizzato, pi che l'autore del fatto stesso. 2 Scuole di filosofia del diritto. Le principali scuole di filosofia del diritto sono la scuola del diritto naturale, la scuola analitica, la scuola storica, la scuola comparativa e la scuola sociologica. Per il giusnaturalista il di ritto preesiste allo stato; per il giurista analitico esso creazione dello stato; per il giurista della scuola stori ca il diritto e lo stato sono prodotti della societ e si sviluppano parallelamente. Per il giusnaturalista le leg gi sono dettate dalla ragione pura; per il giurista analitico dal comando del sovrano; per il giurista della scuola storica, dalla sapienza degli uomini. Per il giusnaturalista il diritto etica applicata e il diritto ingiu sto non ha valore di diritto. Per il giurista analitico invece una norma che ordini un atto moralmente illecito o che vieti un atto eticamente giusto comunque giuridica se emanata da un potere legittimo. Il giurista del la scuola storica accetta quest'ultima posizione, ma sottolinea la necessit che le leggi siano conformi al co

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Il diritto penale presenta, accanto ad un largo coefficiente di variabili storiche, un nucleo sostanziale di costanti3, indipendenti dalle valutazioni contingenti dei singoli legislatori e dal mutare delle strutture politiche economiche e socia li. Il diritto penale, perci, se anche politica, non tutto politica. Nondimeno il diritto penale , in misura determinante, condizionato anche dal la politica e quindi dalla storia, poich ogni sistema presenta anche le variabili criminali4, strettamente dipendenti dal tipo di ordinamento politico sociale. E proprio rispetto all'area delle varianti storiche, il diritto penale pi di ogni al tro ramo del diritto lo strumento pi immediato per proteggere ma anche per negare i diritti umani fondamentali. Come la sua non sempre lusinghiera storia comprova, esso pu svolgere la funzione: 1) di un diritto penale dell'oppressione, rispondente in passato agli ordina menti di tipo assolutistico; 2) di un diritto penale del privilegio , tipico delle societ strutturate su profon de discriminazioni tra classi sociali; 3) di un diritto penale della libert, che in una equilibrata sintesi delle posi zioni della vittima e del reo, da un lato tuteli i diritti fondamentali dei citta dini e gli interessi della comunit sociale; dall'altro assicuri ai soggetti agenti la certezza e l'eguaglianza giuridica. 3. La personalit dellautore Il problema dominante in materia, se cio chi delinque sia libero, determinato o condizionato nelle proprie azioni, invece pi strettamente dipendente dalla

mune sentimento della giustizia. La scuola storica del diritto differisce principalmente dalla scuola analitica per il valore che attribuisce alla consuetudine nella formazione dell'ordinamento giuridico. Per il giurista analitico, un codice scritto di leggi dovrebbe sostituire interamente il diritto consuetudinario e il diritto giu risprudenziale. Il giusnaturalismo affonda le proprie radici nella filosofia di Aristotele e nella giurispruden za del diritto romano e si impose in Europa dalla Riforma alla fine del XVIII secolo. La pi chiara formula zione della teoria analitica del diritto risale al filosofo inglese Thomas Hobbes nell'opera Leviathan (1651). Le origini della teoria analitica non sono, tuttavia, inglesi. La tendenza a esaltare la figura del legislatore risale al pensiero continentale europeo della fine del Medioevo, il periodo di formazione degli stati nazionali, e si collega alla necessit di superare la frammentazione degli ordinamenti giuridici locali mediante l'adozione di legislazioni statali. Nel XX secolo la teoria analitica del diritto ha trovato espressione nel positivismo giu ridico, teoria secondo la quale gli ordinamenti giuridici possono essere adeguatamente descritti senza alcun riferimento al loro contenuto etico. Tra gli esponenti di questa dottrina vi sono Herbert Hart e Hans Kelsen. La scuola storica risale al XIX secolo, quale reazione alle idee del giusnaturalismo. Il manifesto della scuola fu pubblicato nel 1814 dal giurista tedesco Friedrich Karl von Savigny. La scuola comparativa, i cui espo nenti principali furono Rudolf Jhering e Albert Hermann Post, introdusse il metodo dell'analisi comparativa degli ordinamenti giuridici. Tra i maggiori comparatisti si ricordano: James Barr Ames, Oliver Wendell Hol mes, Henry Maine, Frederick William Maitland e Frederick Pollock. La scuola sociologica nasce nel XX se colo, con un approccio al diritto radicalmente nuovo. Non pi l'indagine sulla natura e sull'origine del dirit to, ma lo studio delle funzioni e dei fini che esso persegue. Figura di spicco della scuola sociologica fu il giu rista americano Roscoe Pound. 3 Le costanti sono rappresentate anzitutto dai cosiddetti delitti naturali (vita, integrit fisica, libert persona le, onore eccetera) e dalle stesse categorie razionali del pensiero criminalistico (soggetto attivo, condotta, evento offensivo, causalit eccetera). 4 Esse sono individuabili principalmente nel campo delle scriminanti, le quali, accanto ad un nucleo costante (legittima difesa, stato di necessit), presentano una larga zona di variabili e nel campo degli interessi tutela ti, in quanto ogni sistema predisposto per la tutela, oltre che dei beni esistenziali, di interessi non esistenzia li, contingenti o addirittura arbitrari (es. tutela di una determinata ideologia).

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premessa filosofico-scientifica. Sotto questo profilo si possono storicamente distinguere tre tipi fondamentali di diritto penale: 1) un diritto penale della responsabilit morale, che pone a proprio fonda mento il postulato della libert assoluta indifferenziata del volere dell'uomo come causa cosciente e libera (perci irresponsabile), e del proprio agire. 2) un diritto penale della pericolosit sociale, che muovendo dall'opposto po stulato deterministico per cui l'uomo determinato al delitto da cause ine renti alla sua struttura biologica o all'ambiente sociale in cui vissuto, si fondano non sulla responsabilit morale ma sulla pericolosit del soggetto. 3) un diritto penale misto, fondato sul dualismo responsabilit-pericolosit. Con l'apertura del diritto penale moderno verso la personalit del soggetto si gettato un ponte tra il diritto penale e la criminologia. Pur nella loro autonomia di scienze il diritto penale e la criminologia vivono in un rapporto di comple mentariet necessaria ed di interdipendenza. 4. Le conseguenze penali Il problema delle misure penali adottabili per combattere la criminalit con dizionato sia dalla premessa politico-ideologica sia dalla premessa filosoficoscientifica. Quanto alla premessa filosofico scientifica troviamo tre tipi di solu zioni fondamentali, rappresentate: 1) dal sistema classico della pena per il quale si punisce perch stato com messo un reato; 2) dal sistema positivistico delle misure di sicurezza, che rappresenta invece l'espressione di un diritto penale della pericolosit sociale; 3) dal sistema dualistico o del doppio binario, caratterizzato dalla coesistenza della pena e delle misure di sicurezza. In sintesi, la scienza penale moderna abbraccia nel proprio campo di indagine non solo il diritto penale ma anche le acquisizioni della criminologia e la poli tica penale. I DIVERSI TIPI DI DIRITTO PENALE 5. Il diritto penale delloppressione Le forme pi drastiche di diritto penale dell'oppressione si ebbero innanzitutto con l'assolutismo monarchico, dove il diritto penale fungeva da strumento dello strapotere del dispotismo regio e dell'aristocrazia, e con gli ordinamenti totali tari. 6. Il diritto penale del privilegio Il passaggio attraverso la rivoluzione francese dallo stato assoluto allo stato li berale, che vede nell'individuo l'unica realt e nei gruppi sociali una pura som ma di soggetti, segna il passaggio dal diritto penale dell'oppressione al diritto penale del privilegio.

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Ma proprio perch concepito come strumento di conservazione delle fonda mentali condizioni di vita di una societ, il diritto penale liberale fatalmente svolse una funzione conservatrice del privilegio delle classi pi ricche, le vere destinatarie della libert liberale. La crisi dello stato liberale, sotto la spinta di nuove concezioni dei rapporti tra stato e di individuo, porta alla nascita del to talitarismo, tragica connotazione di questo secolo. Nell'Europa occidentale il totalitarismo penale segna un drastico ritorno al di ritto penale dell'oppressione, che ha trovato la sua pi esasperata e paradigma tica espressione nell'ambito del totalitarismo penale nazista. 7. Il diritto penale della libert. Il principio di frammentariet Data l'irrinunciabilit storica della coercizione, il problema di concepire e co struire il diritto penale non solo come limite alla libert ma come strumento di libert. Presupposto primo la scelta di fondo tra le due contrapposte conce zioni, cui sono riconducibili le diverse soluzioni dei problemi di tutela dell'uo mo: 1) l'utilitarismo, collettivistico, maggioritario o individualistico, che concepi sce l'essere umano come mera entit bio-socio-economica; 2) il personalismo, che afferma il primato dell'uomo come valore etico in s con il divieto di ogni strumentalizzazione per finalit extra-personali. Un diritto penale a tutela della libert e dignit umana deve restare inderoga bilmente ancorato al principio personalistico operando nella duplice direttrice di fondo: 1) della liberalizzazione del diritto penale, che deve essere strumento non di compressione, ma di protezione, su un piano di uguaglianza e senza discri minazioni, dei diritti umani e delle libert inviolabili contro le aggressioni di chiunque, soggetto privato o pubblico che sia; 2) della socializzazione del diritto penale, nel senso che deve fungere anche da strumento di tutela degli interessi collettivi e di propulsione del processo di omogeneizzazione sociale e di attuazione delle finalit dello stato socia le di diritto. Il principio di necessariet si articola nei sottostanti principi: 1) della meritevolezza (o proporzionalit) della tutela penale; 2) di sussidiariet del diritto penale, dovendosi ad esso ricorrere come extre ma-ratio; 3) di legalit, che rappresenta il completamento tecnico del principio di ne cessariet. 8. La costituzione e il nuovo diritto penale Al fine di una rifondazione in termini costituzionali del diritto penale italiano, la costituzione va considerata nella triplice prospettiva: 1) dei principi fondamentali di carattere penale in essa contenuti;

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2) dei diritti di libert da essa consacrati; 3) delle clausole qualificanti il tipo del nostro ordinamento. Nell'attuale ordinamento costituzionale, il principio personalistico ed il princi pio solidaristico-sociale costituiscono i limiti fondamentali alle scelte del legi slatore penale delle linee di sviluppo del diritto penale italiano, che deve servi re pertanto come strumento di attuazione dei due pilastri costituzionali dell'ar ticolo 2 dell'articolo 3, nella loro pressoch inesauribile portata e nei contenuti via via percepiti. Il nostro diritto penale , pertanto, costituzionalmente investi to della duplice funzione: 1) di tutela dei diritti inviolabili dell'uomo, come singolo e nelle formazioni so ciali ove si svolge la sua personalit: contro soggetti privati, i soggetti pubblici e quella variet di gruppi, pi o meno istituzionalizzati, dentro i quali i diritti del singolo sono compressi e fuori dei quali sono sempre pi misconosciuti. 2) di propulsione per l'adempimento dei doveri individuali di solidariet eco nomica e sociale e per la rimozione degli ostacoli economico-sociali che si op pongono alla omogeneizzazione sociale e predispongono alla criminalit. 9. Gli aspetti autoritari del codice penale Venuto alla luce nel 1930, in pieno regime autoritario, il codice penale Rocco tuttora vigente stato profondamente vulnerato da entrambi gli eventi che por tano alla riforma di una legislazione: l'intervenuto mutamento politico istituzio nale e l'usura del tempo. Alle istanze di liberalizzazione e di socializzazione del diritto penale, espresse dalla nuova costituzione, il codice del 1930 contrappone ora, nella sua duplice anima autoritaria e borghese, un diritto penale sotto certi aspetti dell'oppressio ne e del privilegio. 10. Gli aspetti anacronistici del codice penale L'anacronismo del codice del 1930 si andato rivelando, con il passare del tempo, sia nell'esistenza di norme incriminatrici ancorate a valori che l'attuale societ non sente pi come tali, sia nella mancanza di norme incriminatrici di cui la societ attuale sente l'esigenza, sia nella sproporzione, per eccesso o per difetto, tra le pene previste e i valori tutelati. 11. Le riforme effettuate e preannunciate certamente vero che le grandi riforme presuppongono una societ saldamen te strutturata attorno a taluni nuovi principi, che nell'attuale crisi della societ in genere e di quella italiana in particolare non sono ancora emersi. Ma pur vero che le esigenze innovative, provenienti dalla nuova costituzione e dalla mutata realt socio culturale, hanno trovato solo principi di attuazione nella nostra legislazione penale, che in consistente misura rimasta ferma al codice del 1930.

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IL PRINCIPIO DI LEGALITA ARGOMENTO IN SINTESI. La genesi di tale principio risale alla teo ria del contratto sociale ed al pensiero illuministico proteso ad elimina re gli arbitri e i soprusi dello stato assoluto nei confronti dei cittadini. Il principio di legalit attualmente statuito sia dallart. 25/2 della Cost. che dallart. 1 del c.p.. La norma costituzionale sancisce che nessuno pu essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso, mentre la disposizione penale statuisce che nessuno pu essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, n con pene che non siano da essa stabilite. No nostante lart. 25/2, diversamente dallart. 1 c.p., non menzioni lavver bio espressamente e non faccia alcun riferimento alle pene, da ritenere che le due norme di legge abbiano la stessa ratio ed un contenuto del tutto corrispondente. Il principio di legalit si scompone in quattro sotto principi: la riserva di legge, la tassativit della fattispecie penale, lirre troattivit della legge penale e il divieto di analogia in materia penale. La riserva di legge vieta di sanzionare penalmente un fatto in assenza di una legge preesistente che lo configuri come reato. Il riservare esclusi vamente al legislatore la potest normativa in materia penale risponde ad esigenze di garanzia sia formali che sostanziali e tutela i diritti delle minoranze e delle forze politiche dellopposizione. La riserva di legge, nonostante alcune sentenze in senso contrario della Cassazione, deve in tendersi come riserva assoluta; esistono tuttavia, in seno alla dottrina, delle divergenze relativamente alla sua portata e ai suoi limiti. Il princi pio di tassativit attiene invece alla tecnica di formulazione delle norme che mira principalmente a salvaguardare i cittadini dagli abusi del pote re giudiziario imponendo che le norme siano formulate in modo chiaro e preciso, di modo che sia dato al cittadino distinguere senza possibilit di errore ci che lecito da ci che non lo . Gli strumenti di tecnica legi slativa che attengono alla redazione delle fattispecie penali si distinguo no in elementi descrittivi ed elementi normativi; questi ultimi a loro vol ta si suddividono in giuridici ed extragiuridici. Gli elementi descrittivi, detti anche elementi rigidi, sono quelli che meglio salvaguardano il principio di tassativit : essi traggono il loro significato direttamente dellesperienza del mondo materiale ed esprimono concetti chiari e uni voci come uomo, casa, animale, morte ecc.. Gli elementi normativi, inve ce, necessitano per la determinazione del loro contenuto il rinvio a nor me diverse rispetto a quella incriminatrice: questa etero integrazione pu riguardare, come anticipato in precedenza, norme giuridiche, come nel caso dellaltruit della cosa nel reato di furto, oppure norme extra giuridiche, sociali, etiche e di costume, come la morale, il pudore e lo nore, concetti questi, che, sfuggendo ad unesatta definizione, lasciano

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al giudice larghi margini di discrezionalit, con conseguente sacrificio del principio di tassativit che viene in questo modo inevitabilmente elu so. Per quanto riguarda il principio di irretroattivit , bisogna sottoli neare che esso, nonostante sia previsto per tutte le leggi dallart. 11 del le disposizioni preliminari (la legge non dispone che per lavvenire, essa non ha effetto retroattivo), ha rilievo costituzionale, come si desume dal lart. 25/2 Cost., solo riguardo la materia penalistica. Tale principio vie ta di applicare la legge penale a fatti commessi prima della sua entrata in vigore. Il divieto di analogia in materia penale, infine, si desume espressamente dallart. 14 delle disposizioni sulla legge in generale e implicitamente dallart. 1 c.p. (nessuno pu essere punito per un fatto che non sia espressamente previsto dalla legge come reato). Esso vieta lapplicazione analogica di sanzioni penali relativamente a fattispecie non espressamente previste e disciplinate dal legislatore; tuttavia un principio avente una valenza relativa, in quanto ammessa in materia penale lanalogia in bonam partem. IL PROBLEMA DELLA LEGALITA 12. La legalit formale Il principio di legalit formale esprime il divieto di punire un qualsiasi fatto che, al momento della sua commissione, non sia espressamente preveduto come reato dalla legge e con pene che non siano dalla legge espressamente previste. Tale principio implica, pertanto, una nozione formale di reato, dovendosi con siderare reato solo ci che previsto come tale dalla legge. Nel diritto italiano, il principio di legalit ha trovato solenne consacrazione nel codice liberale del 1889. Nonostante l'avvento del nuovo regime autoritario, sopravvisse anche nel codice del 1930 sino a raggiungere con la nuova costituzione italiana il ruolo di fondamento del sistema penale italiano, sancendo l'articolo 25 che "nessuno pu essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso" e che "nessuno pu essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge". 13. La legalit sostanziale Il principio di legalit sostanziale sta, invece, a significare che reati debbono essere considerati i fatti socialmente pericolosi, anche se non espressamente previsti dalla legge, e che ad essi vanno applicate le pene adeguate allo scopo. Esso implica una nozione sostanziale di reato, dovendosi considerare reato tut to ci che offende l'ordine sociale di un determinato tipo di stato. Il principio di legalit sostanziale esprime una scelta politica collettivistico-utilitaristica a fa vore della difesa sociale, ma anche l'esigenza di una pi sostanziale e reale giu stizia.

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14. I vantaggi e gli inconvenienti Il principio di legalit formale svolge una insostituibile funzione garantista del cittadino in quanto tende ad evitare l'arbitrio del potere esecutivo e del potere giudiziario e ad assicurare la certezza dell'eguaglianza giuridica. Due sono per le critiche di fondo: di costituire un ostacolo alla difesa sociale contro il crimi ne e di legittimare fratture tra criminalit legale e criminalit reale. Il principio di legalit sostanziale pu assicurare senza dubbio una pi efficace difesa sociale. Ma in quanto si fonda su una nozione materiale di reato ricava bile da fonti extralegali che troppo spesso sfuggono alla possibilit di una co noscenza obiettiva, elide la certezza del diritto ed apre le porte all'arbitrio e alle discriminazioni pi gravi. Mentre il principio di legalit sostanziale comporta un adeguamento pressoch automatico del diritto penale al divenire della realt sociale, per un tale ade guamento il principio di legalit formale richiede continui e tempestivi inter venti legislativi. Un diritto penale della libert non pu rinunciare alla conquista civile del prin cipio del nullum crimen nulla poena sine lege, che ha una funzione insosti tuibile di garanzia del cittadino. 15. La concezione formale del reato Per la concezione formale il reato tutto ci e solo ci che previsto dalla legge come tale. Considerato in astratto (c.d. aspetto precettivo) il reato il fat to tipico. La tipicit, cio l'essere il fatto descritto per tipi legali, un carattere essenziale del reato. Considerato in concreto (c.d. aspetto fenomenico), ossia come fatto storico che si verifica nella realt sociale, il reato il fatto confor me al fatto tipico, alla fattispecie legale. La conformit alla fattispecie legale ci che consente di considerare il fatto concreto come reato. Poich ci che contraddistingue la norma penale la particolare sanzione da essa strettamente comminata, cio la pena, reato ogni fatto per il quale la legge istituisce una pena criminale. Come sancisce l'articolo 39, sono delitti i reati per i quali sono comminate le pene della morte, dell'ergastolo, della reclusione o della multa. Sono contravvenzioni i reati puniti con l'arresto o l'ammenda5.
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Il nostro sistema penale incentrato sulla divisione dei reati in delitti e contravvenzioni. Molte sono state, nel tempo, le teorie volte a differenziare ontologicamente queste due categorie di reati; tuttavia nessuna del le teorie proposte stata in grado di dare una risposta esauriente. Lelemento di diversificazione, secondo il c.p. vigente che adotta a tal fine un criterio formale, basato sulla specie di pena comminata: mentre i delitti vengono puniti con la multa, la reclusione e lergastolo, le contravvenzioni vengono sanzionate con le pene dellarresto e dellammenda. Lesistenza della categoria di reati in oggetto, in aggiunta ai delitti, ha alla sua origine lassorbimento nel diritto penale, a partire dal secolo XVIII, di fatti che costituivano in precedenza il leciti amministrativi: tale assorbimento implicava la sottoposizione dei suddetti illeciti alle garanzie del di ritto e del processo penale. Venivano in considerazione norme attinenti allinosservanza di obblighi diretti a prevenire eventi pregiudizievoli per la comunit , la regolamentazione di particolari attivit , quali il vaga bondaggio e la prostituzione, o di mestieri, la disciplina di commerci e industrie, ecc.. A partire dal secolo scorso, accanto alle suddette incriminazioni, si sono inserite nella categoria altri reati, caratterizzati esclusi vamente dalla modesta gravit , ossia incidenti su interessi ritenuti dal legislatore secondari rispetto a quelli offesi dai delitti, con ci creando un ostacolo ad una concezione unitaria delle contravvenzioni, data la va riet di tali interessi. Si pu semplificare il problema classificatorio riassumendo e suddividendo le fattispe

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16. La concezione sostanziale del reato Per la concezione sostanziale reato tutto ci e solo ci che , in misura rile vante, socialmente pericoloso. Postulata tale nozione di reato in astratto, il rea to in concreto il fatto storico che si rileva pericoloso per la societ: ci che contrassegna il fatto come reato la sua concreta pericolosit sociale. Su una nazione sostanziale di reato si fondava il diritto penale della Germania nazio nale socialista. 17. La concezione sostanziale-formale adottata dalla Costituzione La costituzione italiana accoglie una concezione del reato n meramente for male n integralmente sostanziale bens sostanziale-formale. Essa tende a rea lizzare tale compenetrazione, da un lato confermando la propria rigorosa fedel t al "nullum crimen nulla poena sine lege", ma dall'altro imponendo di positi vizzare nella legge i valori e le finalit da essa espressi. Pertanto, reato deve es sere considerato solo ci che previsto dalla legge come tale in conformit alla costituzione: non solo per quanto riguarda i connotati strutturali-formali, ma anche e ancor prima per quanto concerne i valori tutelati. IL PROBLEMA DELLA SCIENZA PENALE 18. Cenni storici Convenzionalmente si fa risalire la nascita della moderna scienza penale all'ir rompere del pensiero illuministico imponendosi con esso il problema dei rap porti tra diritto penale e ideologia. Mai nessuna epoca fu, e forse mai sar, cos creativamente feconda per le scienze criminali come il secolo XIX. 19. Gli indirizzi formalistici e sostanzialistici Il problema della scienza penale il problema dell'oggetto e dei metodi di in dagine della medesima. La storia della scienza penale caratterizzata dalla contrapposizione dialettica tra forma e sostanza, che trova la propria espressio ne nei ricorrenti indirizzi formalistico-giuspositivistici e sostanzialistico- meta positivistici. Pur se profondamente differenziati nelle premesse e nelle finalit, sul terreno pratico gli indirizzi formalistico-giuspositivistici ci presentano il carattere co mune di limitare l'oggetto della scienza penale al diritto penale positivo, teoriz zando il culto della legge e l'assoluta fedelt ad essa, e rappresentano l'espres sione pi rigorosa del principio della legalit formale. Riflettendo come questo una esigenza statica, di conservazione e di stabilizzazione, trovano puntuale ri scontro nelle societ stabilmente strutturate sulle leggi condivise dalla coscien za sociale e in cui il diritto scritto soddisfa i bisogni della realt sociale oppure
cie contravvenzionali raggruppandole attorno a due poli: il primo costituito dallinosservanza di norme a carattere preventivo-cautelare, volte alla tutela anticipata nelle forme del pericolo indiretto, di beni giuridici altrimenti tutelati sul piano della lesione o del pericolo diretto; il secondo rappresentato dallinosservanza di norme concernenti la disciplina di attivit soggette ad un potere amministrativo. (v. anche differenze in base allelemento soggettivo; tentativo; oblazione; misure di sicurezza; concorso colposo nel reato doloso).

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in certi stati autoritari in cui la volont statale espressa dalla legge non ogget to di discussione. Nell'uno e nell'altro caso la scienza giuridica si limita ad una attivit conoscitiva e di sistematizzazione del diritto positivo. Pur muovendo da premesse e finalit diverse od opposte, gli indirizzi sostan zialistico metapositivistici presentano il carattere comune di allargare l'oggetto della scienza penale ad altre fonti sostanziali, dovendosi attingere diritto anche al di fuori o contro la legge. Esprimendo come queste esigenze dinamiche, di innovazione e trasformazione, essi trovano soprattutto riscontro nei periodi di profonde crisi o di rivoluzioni, in cui il diritto positivo collide con la mutuata realt sociale o ne frena il processo di trasformazione. Sicch la funzione della scienza giuridica non pi conoscitiva ma creativa del diritto, concorrendo a dare vita ad un ordinamento giuridico nuovo. 20. La situazione attuale della scienza penale Per quanto concerne la scienza penale italiana, essa dopo le brevi aperture del l'immediato dopoguerra, si venuta richiudendo sui temi del proprio oggetto, del proprio metodo e della propria identit, parallelamente alle battute d'arresto seguite nel processo verso una pi reale democrazia, segnata dalla nuova costi tuzione. Contro il pericolo di evoluzioni sostanzialistiche soprattutto in senso socialista, si ha una riaffermazione del dogma statalistico-giuspositivistico e del metodo tecnico-giuridico. Rotto il tradizionale nazionalismo tecnico giuri dico, la scienza penale italiana si reinserita nel pensiero penalistico-crimino logico internazionale, oltre i consueti scambi dogmatici con la Germania e cri minologici con altri paesi. IL PRINCIPIO DELLA RISERVA DI LEGGE ARGOMENTO IN SINTESI. Il principio della riserva di legge attiene alla questione delle fonti del diritto penale. In forza di tale principio, di origine illuministica, le fonti del diritto penale sono limitate alla legge, ed agli atti aventi forza di legge. La ratio della riserva di legge va indi viduata nella necessit di attribuire in via esclusiva il potere di creare norme incriminatrici allorgano deputato dallordinamento allesercizio della funzione legislativa, ossia il Parlamento, organo di natura assem bleare e rappresentativa. Ci in quanto la norma incriminatrice idonea a limitare la libert personale del cittadino, ossia il bene pi incisiva mente tutelato dallordinamento. In tal modo, si realizza la tutela di tale bene fondamentale, preservandolo dagli arbitrii del potere giudiziario (il giudice subordinato alla legge) e del potere esecutivo. Per la norma incriminatrice deve intendersi la norma che delinea il tipo di reato, e che determina la pena prevista per ognuno di essi. La riserva di legge pu essere assoluta o relativa. E assoluta qualora solo un atto avente forza di legge pu prevedere una norma incriminatrice. E relativa al

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lorch sia consentito delegare a fonti inferiori alla legge la specificazio ne di taluni elementi costitutivi dellincriminazione, lasciando allorga no legislativo il potere di fissare le linee fondamentali. Nel nostro ordi namento la riserva di legge va intesa in senso assoluto ancorch siano ammissibili integrazioni mediante fonti inferiori relative ad elementi marginali dellincriminazione (art. 1 c.p.; art. 25 Cost.). La riserva di legge statale onde non consentito alle regioni emanare norme penali. Le norme comunitarie non possono essere fonte dirette di norme penali; necessario una legge statale che recepisca la norma comunitaria. 21. Il problema delle fonti, formali e sostanziali Il principio di legalit formale si articola in tre sottostanti principi interdipen denti e inscindibili:1) il principio della riserva di legge; 2) il principio di tassa tivit; 3) il principio di irretroattivit. Oltre che negli articoli 1, 2, 199, c.p., il principio di legalit nel suo triplice contenuto sancito nei 2 capoversi dell'articolo 25 Cost. 22. La funzione della riserva di legge Di fronte alla pluralit di fonti, formali e sostanziali, l'avvento storico del prin cipio della riserva di legge ha inteso riservare il monopolio normativo penale al potere legislativo, circoscrivendo pertanto le fonti del diritto penale alla sola legge o agli atti aventi forza di legge. La funzione della riserva di legge non consiste nella salvaguardia della certezza giuridica, cui provvede invece il principio di tassativit, oltre che per altro pro filo quello dell'irretroattivit. La ratio della riserva di legge consiste nell'attribuire il monopolio della crimi nalizzazione al potere legislativo con il duplice scopo: a) di evitare una prima possibilit di arbitrio del potere giudiziario; b) di evitare ancor prima l'arbitrio del potere esecutivo. 23. La consuetudine Nell'ordinamento italiano la consuetudine occupa l'ultimo posto nella gerarchia delle fonti e le riconosciuta soltanto una funzione integratrice, non mai abro gatrice. Per questo motivo relegata ai margini del diritto penale, essendo que sto dominato dal principio della riserva di legge. In particolare viene unanimemente negata in base a tale principio ogni effica cia alla consuetudine che operi praeter legem a danno della libert del soggetto nel senso di dare vita a reati o sanzioni diversi da quelli previsti dalla legge. Viene parimenti negata ogni efficacia alla consuetudine abrogatrice o desuetu dine, che operi contra legem a vantaggio del soggetto nel senso di abrogare norme incriminatrici o comunque pregiudizievoli per il soggetto. Pi contro verso il problema se sia ammissibile una consuetudine contra legem, deroga trice, nel senso cio di creare nuovi tipi di scriminanti diversi da quelli previsti dalla legge penale.

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Di consuetudine secundum legem o integrativa sembra possa parlarsi a proposi to delle disposizioni penali che rinviano, esplicitamente o implicitamente, a norme di rami dell'ordinamento giuridico in cui la consuetudine pu essere fonte di diritto. Concorde , infine, la dottrina nel riconoscere grande impor tanza alla consuetudine secundum legem cosiddetta interpretativa. Essa non opera appunto nei limiti della norma o in opposizione ad essa, ma agisce al suo interno in quanto serve per determinare, via via, il significato di quegli elemen ti della fattispecie, definiti secondo criteri sociali di valutazione, mutevoli nel tempo e nello spazio. 24. La riserva relativa e assoluta Per la riserva relativa il legislatore tenuto a fissare le linee fondamentali della disciplina con facolt di affidarne il completamento all'amministrazione. Per la riserva assoluta solo la legge pu disciplinare la materia riservata, con esclusione dell'intervento di norme secondarie anche in ordine ad aspetti mar ginali della disciplina. Il problema si pone anche in campo penale. Triplice pu essere il rapporto tra legge e regolamenti delegati o fonti inferiori in gene re, a secondo che la legge: a) rimetta ai medesimi la sola determinazione di alcuni elementi della fatti specie da essa configurata; b) si limiti a qualificare come reato, prevenendone la sanzione, l'inosservanza di una qualunque norma che l'amministrazione emaner in certe materie; c) rimetta al regolamento la stessa facolt di stabilire quali comportamenti, fra quelli che esso disciplinata, dovranno essere sanzionati. Mentre si ritiene manifestamente contraria al principio della riserva di legge lipotesi sub c) sopraindicata, si considera legittima l'ipotesi sub a). Incerta ri mane lipotesi sub b), che riguarda le norme penali in bianco. Sono cos chia mate perch in esse, mentre la sanzione determinata, il precetto ha carattere generico, dovendo essere specificato da atti normativi di grado inferiore, quali i regolamenti, i provvedimenti amministrativi ecc. Fra i tanti esempi, tipico lart. 650 che sanziona linosservanza dei provvedimenti dellautorit emanati per ragioni di giustizia, di sicurezza, di ordine pubblico, di igiene. La teoria della norma penale in bianco oscilla tra le opposte tesi che ivi ravvi sano una norma senza precetto o una norma dal precetto completo. La prima si riallaccia alla c.d. concezione sanzionatoria del diritto penale, della cui validit le norme penali in bianco costituirebbero appunto la conferma. Poich tale di ritto conterrebbe soltanto le sanzioni di precetti stabiliti da altri rami del dirit to, del tutto normale che la legge penale, anzich ripetere il precetto extrape nale, si richiami direttamente alla fonte di esso. La seconda tesi si riallaccia, viceversa, alla concezione costitutiva del diritto penale, i cui sostenitori, al fine di negare la stessa esistenza delle norme in bianco per riconfermare il carattere costitutivo di tale diritto, hanno elargito ad esse l'apparenza di un precetto

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completo. E questo viene ravvisato nel dovere di obbedienza emergente dalla norma, in quanto il legislatore avrebbe inteso punire la disubbidienza come ta le. Ma sorta per altre finalit, nel nuovo quadro costituzionale l'idea di una nor ma senza precetto porterebbe, automaticamente, a considerare la norma in bianco sic et simpliciter come contraria alla riserva di legge. E, viceversa, l'i dea di una norma completa porterebbe, automaticamente, ad affermarne la conformit. Fuori da apriorismi fuorvianti, la verit che le norme in bianco costituiscono una autonoma categoria di norme. Se incontestabile che sono munite di precetto, altrettanto vero che si tratta di precetto generico, esauren tesi in una mera enunciazione di un obbligo di ubbidienza, senza indicare le condotte disubbidienti. Pertanto esso ha bisogno, per concretizzarsi e diveni re attuale, di essere integrato dal contenuto di atti normativi secondari: che si scriva nero sul bianco. Ed proprio in rapporto a questa peculiarit delle norme in bianco che va posto il problema della loro costituzionalit: a) con riferimento innanzitutto al principio della riserva di legge, poich solo in caso di risposta positiva va poi esaminato, caso per caso, se la norma in bianco sia integrata dall'atto normativo di grado inferiore in termini suffi cientemente determinati da soddisfare il principio di tassativit; b) limitatamente ad atti normativi futuri, poich si ritiene che non vi sia vio lazione della riserva di legge quando il legislatore assoggetti a sanzione pe nale la inosservanza di regolamenti o provvedimenti preesistenti, legiferan do egli in questi casi per relationem. Di fronte alle opposte tesi della legittimit e della illegittimit, come soluzione compromissoria, si richiede che il precetto amministrativo, che integra la nor ma penale in bianco, trovi a sua volta nella legge determinazioni sufficienti, s da porsi come svolgimento di una disciplina gi tracciata dalla legge. Ed stata inoltre sostenuta lassoggettabilit al controllo di costituzionalit della norma penale integrata, in modo che anche gli atti normativi integrativi venga no sottoposti al controllo costituzionale. Una soluzione al problema potrebbe essere costituita dalla decriminalizzazione della norma penale in bianco com minando, in sostituzione della pena, una non meno efficace sanzione ammini strativa. 25. Le fonti del diritto penale italiano Il principio della riserva di legge vale sia per le norme incriminatrici che per quelle scriminanti oppure modificative o estintive delle conseguenze sanziona torie e non solo per i delitti, ma anche per le contravvenzioni. Il termine legge viene pressoch concordemente inteso in senso espansivo, comprensivo della legge in senso tecnico e degli atti ad essa il equiparati. Pertanto, in base all'at tuale ordinamento costituzionale, le fonti del diritto penale sono: 1) le leggi formali, che comprendono, oltre alla costituzione e dalle leggi costi tuzionali emanate dall'assemblea costituente, gli atti normativi emanati dal par lamento, cio le leggi costituzionali e, in particolare, le leggi ordinarie.

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2) le leggi materiali, cio gli atti emanati da organi diversi dal potere legislati vo ma aventi forza di legge: le leggi delegate o decreti legislativi, emanati dal governo su delegazione del potere legislativo; i decreti legge, emanata su pro pria responsabilit dal governo in casi straordinari di necessit e di urgenza; nonch i decreti governativi in tempo di guerra, emanati sulla base dei poteri necessari conferiti dalle camere al governo. Pure non senza dissensi, si propende a considerare fonti penali anche i bandi militari, emanati dall'autorit militare con forza di legge nella zona territoriale in cui si esplica il comando. Circa il diritto internazionale si sempre ritenuto che esso non possa costituire fonte diretta di diritto penale. La riserva di legge non vieta al legislatore di emanare leggi personali o singola ri, dirette cio a singoli soggetti individualmente indicati o, comunque, identi ficabili a priori, anche in rapporto a fatti commessi. 26. I principali testi legislativi La principale fonte del diritto penale vigente costituita del codice penale inte grato dalle disposizioni di coordinamento e transitorie e modificato da vari provvedimenti legislativi che avremo occasione di richiamare. Accanto a esso va subito ricordato l'ordinamento penitenziario il quale da luogo al diritto peni tenziario, che tende sempre pi a collegarsi con i diritto penale, sostanziale e processuale. Tra le tante altre fonti, che danno vita al diritto penale speciale o complementare, in senso lato, applicabile solo a particolari categorie di sogget ti in ragione della loro qualit o della condizione giuridica in cui vengono a trovarsi, vanno ricordati: 1) il codice penale militare di pace ed il codice penale militare di guerra che costituiscono il diritto penale militare; 2) la legge 7/1/29, n. 4, per la repressione delle violazioni delle leggi finanzia rie, che costituisce, assieme al D.L. n. 429/82 la fonte principale del diritto pe nale tributario; 3) il D.L. 20/7/34, numero 1400, per l'istituzione e il funzionamento del tribu nale di minorenni che costituisce la fonte del diritto penale minorile; 4) il DPR 27/10/58, n. 956, sulla disciplina della circolazione stradale; 5) il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza che continua a sopravvivere nonostante gli attacchi della corte costituzionale ed i progetti di riforma. Per quanto riguarda la storia della legislazione penale italiana va accennato alla codificazione posteriore alla rivoluzione francese ed ispirata alla ideologia illuministico-liberale, che segna l'inizio del diritto penale moderno. Con l'av vento del regime del 1922 e la conseguente esigenza di una legislazione penale rispondente alla concezione politica del nuovo stato, il governo fu delegato con L. 24/12/25, numero 2260, ad emanare un nuovo codice. Nominato un comita to diretto dal Professor Arturo Rocco, fu dapprima elaborato un progetto preli

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minare, discusso dalle universit, dalla magistratura e dagli organi forensi, cui fece seguito un progetto definitivo. Sentito il parere di una commissione parla mentare, il guardasigilli Alfredo Rocco form il testo definitivo, accompagnan dolo con una relazione al Re. Approvato nel 1930, esso costituisce il codice pe nale tuttora vigente, che improntato soprattutto dal contributo di Arturo Roc co e Vincenzo Manzini. IL PRINCIPIO DI TASSATIVITA 27. La funzione della tassativit Mentre il principio della riserva di legge attiene alle fonti del diritto penale, il principio di tassativit presiede alla tecnica di formulazione della legge pena le. Esso sta ad indicare il dovere per il legislatore di procedere, al momento della creazione della norma, ad una precisa determinazione della fattispecie legale, affinch risulti tassativamente stabilito ci che penalmente illecito e che ci che penalmente lecito; e conseguentemente, per il giudice, di non applicare la stessa a casi da essa non espressamente preveduti. Principio di de terminatezza e principio di tassativit, usati come sinonimi, indicano il primo il modo di costruzione della norma e il secondo l'effetto della norma determinata. Mentre il principio della riserva di legge assicura il monopolio della legge per evitare, innanzitutto, l'arbitrio del potere esecutivo, il principio di tassativit as sicura innanzitutto la certezza della legge per evitare l'arbitrio del giudice, pre cludendogli la possibilit di punire i casi non espressamente previsti dalle leg ge. E con la certezza assicura, altres, anche la frammentariet del diritto pena le, l'eguaglianza giuridica dei cittadini a parit di condotta e la possibilit di conoscere per i consociati ci che e ci che non penalmente vietato onde consapevolmente decidere il proprio comportamento. Nella costituzione italia na il principio di tassativit desumibile in modo soltanto implicito, ma altret tanto sicuro, dalla ratio dell'articolo 25, quale corollario e completamento logi co dei principi della riserva di legge e della irretroattivit. 28. La determinatezza della fattispecie Il problema cruciale della tassativit quello di stabilire il grado di determina tezza della fattispecie, necessario e sufficiente perch tale principio possa dirsi soddisfatto. Rispondente alle esigenze di chiarezza legislativa espressa dal principio di tassativit la tecnica di normazione sintetica, fondata sulla con centrazione delle fattispecie attorno a reali tipologie ontologiche di aggressione a ben individuati oggetti giuridici. Il principio di tassativit non postula una incompatibilit logica con la formula zione delle fattispecie in termini normativi, ma solo con quegli elementi vaghi, normativi od emozionali, che comportano la indeterminatezza del precetto. Premesso che il principio di tassativit vale per ogni fattispecie, esso rispetta to quando la fattispecie raggiunga il grado di determinatezza necessario e suffi ciente a consentire al giudice di individuare, ad interpretazione compiuta, il

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tipo di fatto dalla norma disciplinato. Tale principio violato quando la norma, per la indeterminatezza dei connotati, non consente di individuare, nonostante il massimo sforzo interpretativo, il tipo di fatto disciplinato. De lege lata, il principio di tassativit porta alla luce aperti contrasti tra la nuo va visione costituzionale dell'illecito penale tassativo e la legislazione penale vigente, cosparsa di norme volutamente vaghe, fonti di pronunce contradditto rie e che violano lo spirito della Costituzione, a prescindere dall'esito di even tuali eccezioni di incostituzionalit . De lege ferenda, richiama il legislatore penale ad un pi scrupoloso rispetto della certezza giuridica, perch corregga le norme correggibili, abroghi le incorreggibili, tipizzi le proprie scelte in for me non equivoche. 29. Lanalogia L'analogia il procedimento attraverso cui vengono risolti casi non previsti dalla legge, estendendo ad essi la disciplina prevista per i casi simili o, altri menti, desunto dai principi generali del diritto. Nel diritto penale italiano il di vieto di analogia espressamente sancito dall'articolo 14 delle disposizioni preliminari, per il quale " le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considera ti "; nonch dagli articoli 1 e 199 c.p., per i quali i reati, pene e misure di sicu rezza sono soltanto quelli " espressamente " stabiliti dalla legge. 30. Lanalogia a sfavore del reo Si discute se il divieto dell'analogia sia assoluto e relativo: se abbracci anche le norme che vanno a favore dell'imputato, quali innanzitutto le norme scriminan ti, oppure sia circoscritto alle sole norme che vanno a sfavore, quali innanzitut to le norme incriminatrici. Per evitare che la fragilit di tale impostazione porti a negare, come gi in passato, lo stesso divieto di analogia, anche la portata di questo divieto va ricercata, pi che in esigenze puramente razionali di certezza, sul pi solido piano politico-garantista, conformemente alla tradizione demo cratico-liberale. Se questa la ratio storica del divieto di analogia, non vi ra gione per ritenere che l'articolo 25, nel costituzionalizzarlo, si sia discostato da tale tradizione. 31. Lanalogia a favore del reo Ma quali sono le reali possibilit applicative della analogia in bonam partem? Essa sottost, infatti, a tre limiti, rappresentati: a) dal dovere, innanzitutto, di desumere rigorosamente l'eadem ratio dal diritto scritto, di cui l'analogia costi tuisce un logico sviluppo, senza possibilit di alimentarla a quelle fonti sostan ziali che costituiscono il vero polmone dell'analogia; b) dal fatto che anche le disposizioni a favore del reo debbono presentare, in ossequio al principio di tassativit, un necessario grado di determinatezza, che ne delimita la ratio e

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consente di individuare con sufficiente precisione e certezza il rapporto di si militudine che diventerebbe ben pi evanescente ed incerto se ancorato a di sposizioni vaghe ed indeterminate; c) dal divieto generale di analogia delle norme eccezionali che costituisce un ulteriore argine contro utilizzazioni arbi trarie e discriminatorie. Stretta fra suddetti limiti, l'analogia in bonam partem resta circoscritta ad ipo tesi marginali, ma altrimenti non risolvibili in termini corretti. Di principio, non preclusa rispetto alle norme scriminanti. Lo stesso dicasi per il principio della responsabilit dei non imputabili rispetto all'opposto principio della responsabilit degli imputabili, i quali, nei rispettivi settori, della incapacit e della capacit di intendere e di volere, sono principi parimenti regolari. In realt, l'analogia per possibile solo rispetto a quelle scriminanti che non escludono gi a priori la stessa possibilit di un ragiona mento analogico, che non sono cio gi dalla legge previste nella loro massima portata logica o che non sono comunque formulate in termini tali da preludere che altre ipotesi extra legali siano riconducibili alla ratio della scriminante. IL PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITA 32. Il problema della validit nel tempo della legge penale Il principio della irretroattivit sta a significare che la legge penale si applica soltanto ai fatti commessi dopo la sua entrata in vigore. Esso completato dal principio della non ultra attivit, per il quale la legge non si applica il fatti posti in essere dopo la sua estinzione. Delimitando verso il passato e verso il futuro la validit della legge penale, tali principi permettono di risalire al superiore principio dell'attualit della legge penale, per il quale la validit della medesima rigorosamente circoscritta al tempo in cui essa in vigore. L'opposto principio della retroattivit trova, viceversa, il fondamento nell'esi genza, propria della legalit sostanziale, di una pi efficace difesa sociale ma anche di una pi sostanziale giustizia, non ritenendosi giusto lasciare impuniti, per lacune legislative, gli autori di fatti antisociali che hanno dato causa alla nuova legge penale. 33. Lirretroattivit ex art. 25 Cost. Nell'ordinamento italiano la successione delle leggi in generale regolata dal principio di irretroattivit assoluta sancita dall'articolo 11 delle disposizioni preliminari per cui " la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effet to retroattivo ". La successione delle leggi penali regolata dal principio di ir retroattivit relativa, sancendo l'articolo 2 c.p. la irretroattivit della legge sfa vorevole e la retroattivit della legge favorevole al reo. Senonch l'articolo 25 secondo comma della Costituzione, nella sua formulazione sintetica e generica, sembrerebbe sancire la irretroattivit assoluta della legge penale. Nonostante la

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imperfetta formulazione di sintesi dell'articolo 25 non vi ragione di ritenere che esso si sia discostato dalla tradizione. 34. La disciplina dellart. 2 c.p. Come risulta dalla rubrica e dal testo dell'articolo 2, la successione di leggi non si ha solo nell'ipotesi di una nuova legge che modifica soltanto il trattamento penale del fatto. Ma si ha anche nell'ipotesi di una nuova legge, che incrimina un fatto che prima non era reato, e nell'ipotesi inversa in cui un fatto cessi di essere considerato reato. L'articolo 2 disciplina le possibili ipotesi di successio ne di leggi penali. La prima quella della nuova incriminazione, che si ha quando una nuova legge crea una figura di reato prima non esistente oppure estende la portata di una norma incriminatrice esistente a fatti prima non rien tranti in essa: qui vale il principio dell'irretroattivit della legge sfavorevole. La seconda ipotesi riguarda l'abolizione di una incriminazione precedente. Essa si ha quando il fatto cessa di essere reato, in quanto una nuova legge ha abroga to la precedente figura di reato, cui tale fatto era riconducibile, oppure ne re stringe la portata applicativa soltanto a taluno dei fatti in essa prima rientranti s da escludervi il fatto suddetto: qui vale il principio della retroattivit della legge favorevole. La stessa ipotesi, per cos dire intermedia, concerne la successione di leggi mo dificative. Essa ricorre quando la nuova legge continua a considerare reato il fatto prevedendo per esso un diverso trattamento: per un fatto cio che gi pri ma costituiva reato e che continua ad essere tale. I criteri per distinguere la mo dificazione dalla abolizione quello di stabilire se un fatto concreto costituisca o meno reato anche per la nuova legge. Nel disporre che " se la legge del tem po in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono pi favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sen tenza irrevocabile ", l'articolo 2 terzo comma implicitamente distingue due ipo tesi: a) la modificazione sfavorevole, per cui vale il principio di irretroattivit; b) la modificazione favorevole, per cui vale il principio di retroattivit. L'effi cacia retroattiva della legge modificativa pi favorevole subordinata al fatto che non sia intervenuta sentenza irrevocabile. In caso contrario la condanna in flitta resta ferma. 35. Le leggi temporanee, eccezionali e finanziarie Il principio di per retroattivit della legge favorevole incontrano le deroghe ri guardanti: a) le leggi penali temporanee; b) le leggi penali eccezionali; c) le leggi penali finanziarie. Le prime due sono previste dall'articolo 2 quarto comma, il quale appunto di spone che " se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoverso precedenti ".

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Temporanee sono le leggi la cui vigenza sottoposta ad un termine prefissato dal legislatore, scaduto il quale esse cessano di esistere senza bisogno di una nuova legge abrogativa. Eccezionali sono, invece, le leggi la cui vigenza dal legislatore subordinata al persistere di una situazione eccezionale cui debbono far fronte, cessata la quale esse pure cessano di esistere. La terza deroga al principio di retroattivit della legge favorevole prevista dall'articolo 20 della legge 7/1/29, n. 4, sulla repressione delle violazioni delle leggi finanziarie: "le disposizioni penali delle leggi finanziarie e quelle che pre vedono ogni altra violazione di dette leggi si applicano ai fatti commessi quan do tali disposizioni erano in vigore, ancorch le disposizioni medesime siano bloccate o modificate al tempo della loro applicazione". Essa riguarda, pertan to, la sola ipotesi in cui i alla legge penale finanziaria succeda una legge abro gativa o modificativa pi favorevole, comune o finanziaria, e non anche l'ipote si, pi rara, in cui ad una legge comune succedano una legge finanziaria pi fa vorevole, che sar perci applicabile retroattivamente. 36. I decreti-legge non convertiti e le leggi dichiarate incostituzionali Il decreto legge non convertito e la legge dichiarata incostituzionale cessano di avere efficacia ex tunc, con reviviscenza o riespansione retroattiva della legge sospesa in tutto o in parte dal decreto legge e di quella abrogata o limitata dalla legge incostituzionale. Non dando luogo ad un fenomeno di successione di leggi, per un corretto in quadramento del problema si distingue tra: 1. fatti pregressi, cio commessi prima dell'entrata in vigore del decreto non convertito o della legge dichiarata incostituzionale, i quali sottostanno alla legge vigente al momento della loro commissione, anche se il decreto o detta legge pi favorevole. 2. fatti concomitanti, cio commessi durante la provvisoria apparente vigen za del decreto non convertito o della legge poi dichiarata incostituzionale, rispetto ai quali occorre ulteriormente distinguere tra: a) l'ipotesi del decre to non convertito o della legge dichiarata incostituzionale, pi sfavorevoli, rispetto alla quale trovano applicazione gli articoli 77 e 136-30, che sanci scono la totale caducazione degli stessi; onde va applicata la pi favorevole legge preesistente, che ha ripreso vigore, travolgendosi lo stesso eventuale giudicato penale di condanna. b) l'ipotesi, pi controversa, del decreto non convertito o della legge dichiarata incostituzionale, pi favorevoli, rispetto alla quale c' da ritenere che trovi applicazione il principio dell'articolo 25/2 costituzione, onde vanno applicati il suddetto decreto e la suddetta legge. In caso di conversione del decreto con emendamenti, se questi consistono nella mancata conversione di una o pi norme, vale quanto sopra detto. Se essi con sistono nella sola modifica di una o pi norme, trattasi di un normale caso di successione di leggi, sottoposto alle regole generali.

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37. Il tempo del commesso reato Per applicarsi le regole della successione di leggi necessario prima stabilire se il fatto stato commesso sotto una o l'altra legge. Il problema, che non sorge quando il fatto si interamente svolto sotto una delle due leggi, si pone invece quando si sia svolto in parte sotto l'una e in parte sotto l'altra come appunto pu verificarsi nei reati e tempi plurimi, quali i reati ad azione frazionata. Nel silenzio della legge la dottrina ha enunciato i seguenti criteri:1) il criterio della condotta, per il quale il reato si considera commesso nel momento in cui sta ta realizzata l'azione o l'omissione; 2) il criterio dell'evento o, pi esattamente, del completamento della fattispecie legale, secondo il quale il reato commes so nel momento in cui si realizzato l'ultimo elemento della fattispecie stessa; 3) il criterio misto, per il quale dovrebbe guardarsi dalla condotta o all'evento a seconda del risultato pi favorevole per il reo. La prevalente dottrina respinge sia il criterio misto sia quello dell'evento ed ac coglie quello della condotta. E' al momento della condotta, infatti, che il sog getto sceglie di porsi contro il diritto e che la legge pu esercitare su di lui la sua efficacia intimidatrice.

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IL REATO ARGOMENTO IN SINTESI6. Secondo una tradizionale definizione reato ogni fatto umano cui la legge ricollega una sanzione penale. Tale definizione rende conto tuttavia soltanto delle conseguenze giuridiche che la legge prevede nel caso in cui venga posto in essere quel determi nato fatto umano. Il tentativo di dare contenuto sostanziale alla nozione della presente voce stato proprio delle principali scuole di pensiero, che hanno affrontato lanalisi del reato. Secondo il giusnaturalismo, scuola di pensiero che fonda i proprio principi sullesistenza di un diritto naturale, sarebbe reato ogni fatto che turba lordine etico, lordine giuridico natu rale, e per tale motivo sanzionato penalmente dallo Stato. La scuola po
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VARIE FORME DI REATO. Seguono le definizioni in sintesi delle principali forme di reato. Reato aberrante: laberratio si verifica qualora vi sia una divergenza tra voluto e realizzato. Aberratio ic tus: si realizza nellipotesi in cui per errore nelluso di mezzi di esecuzione del reato o per altra causa, loffesa colpisce un soggetto diverso da quello cui loffesa era diretta. In tale fattispecie laberratio detta monolesiva, o monoffensiva. Lagente risponde come se avesse commesso il reato in danno alla persona che voleva offendere. Laberratio ictus pu essere bioffensiva, allorch , oltre alla persona offe sa, sia offesa anche la persona alla quale loffesa era diretta. Aberratio delicti: la divergenza tra il volu to e il realizzato relativa al tipo di evento realizzato con la propria condotta. Pu essere monoffensi va; in tale ipotesi, lagente risponde, a titolo di colpa, dellevento non voluto, sempre che il fatto sia previsto dalla legge come delitto colposo. Nella fattispecie di aberratio delicti bioffensiva, che si realiz za quando oltre allevento non voluto si da luogo anche allevento voluto, si applicher la disciplina del concorso di reati. Reato abituale: si realizza mediante la reiterazione nel tempo della condotta tipica, caratterizzata da un unico elemento soggettivo, che consiste nella coscienza e volont di porre in essere abitualmente la condotta. Anche in questo caso il reato abituale unico, poich unico lelemento soggettivo. Reato aggravato dallevento: tale il reato che subisce un aumento di pena se dalla commissione dello stesso derivi un ulteriore evento, del quale risponde lagente in quanto conseguenza della sua azione criminosa, prescindendo dal dolo e dalla colpa. Reato circostanziato: il reato caratterizzato dalla sussistenza di circostanze, aggravanti ovvero atte nuanti, e si distingue dal reato semplice. Le circostanze sono elementi accessori che non incidono sulla struttura del reato, ma portano soltanto una modificazione quantitativa o qualitativa della pena. Reato colposo: tale il reato nel quale lelemento soggettivo costituito dalla colpa. Reato commissivo: caratterizzato da una condotta che consiste in una attivit del soggetto agente, in una azione (uccidere, rubare). Reato complesso: tale il reato nel quale un altro assorbito nel primo quale elemento costitutivo ovve ro quale circostanza aggravante. Il delitto di rapina ha in s la fattispecie di furto e di violenza privata. Reato continuato: figura particolare di concorso materiale di reato che si realizza allorquando lagente ponga in essere pi reati, espressione di un unico disegno criminoso, mediante pi azioni ad omissio ni. Reato di attentato: o a consumazione anticipata. La condotta tipica consiste nel porre in essere atti diretti a offendere il bene giuridico tutelato. Tale tipologia di reato ha la medesima struttura del tentativo; tut tavia, per la intrinseca pericolosit di talune condotte, e per la notevole importanza del bene tutelato, in determinate ipotesi, il legislatore ha inteso elevare a reato perfetto siffatta condotta. Reato di azione : si configura allorquando posta in essere la condotta sanzionata (c.d. reato di mera con dotta) a prescindere dalla verificazione di un evento. Reato di danno: necessario che il bene giuridico della norma incriminatrice sia distrutto o menomato. Nel reato di lesioni, lintegrit fisica deve risultare lesionata; nellomicidio, la vita distrutta. Reato di evento: affinch tale tipo di reato possa realizzarsi, necessario che la condotta abbia prodotto un effetto esterno (la morte di un uomo, una malattia), legato causalmente alla condotta stessa. Talora la norma incriminatrice prevede espressamente le modalit mediante le quali levento deve essere rea lizzato (reato a forma vincolata): in altri casi, la norma fa esclusivo riferimento alla dipendenza causale dellevento rispetto alla condotta dellagente, qualunque essa sia (reato a forma libera). Reato di pericolo: il bene giuridico deve essere oggetto di minaccia. Il pericolo consiste nella probabilit di distruggere o menomare il bene tutelato. Si distingue tra reato di pericolo concreto e reato di perico lo astratto o presunto. Per la configurabilit del primo necessaria la sussistenza di un effettivo perico lo per il bene tutelato, derivante dalla condotta dellagente, che dovr essere di volta in volta accertato. In ordine al secondo il pericolo ritenuto dal legislatore insito nella condotta sanzionata, in base alla comune esperienza, e come tale presunto in modo assoluto. Reato di scopo: mediante tale tipo di reato sono sanzionati penalmente comportamenti che in s e per s non determinano loffesa di alcun bene giuridico, ma che il legislatore ha interesse ad evitarne la realiz zazione.

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sitiva ha impostato lanalisi del reato attraverso lo studio della struttura della societ in cui luomo opera. Di qui la ricerca ha portato a conside rare reato ogni fatto tale da recare danno o porre in pericolo la societ; ovvero da essere in contrasto con la moralit media di un popolo, consi derata in un determinato contesto storico e sociale. Tali definizioni, non soddisfacenti, hanno indotto ad elaborare una concezione formale-sostan ziale del reato. E evidente che qualsiasi definizione di reato non pu non fondarsi su di un sistema di valori da tutelare. La questione riguarda lin dividuazione di tale sistema, e soprattutto da parte di quale soggetto tale individuazione deve provenire. Nellambito della concezione formale-so stanziale, assume rilevanza il sistema di valori contenuto nella Carta co stituzionale, che costituisce gi un criterio selettivo dei fatti che meritino
Reato di sospetto: tale tipologia di reato incrimina comportamenti che lasciano presumere lavvento o il futuro compimento di reati pi gravi. Reato doloso: il reato commesso con dolo. Reato impossibile: configurabile quando per linidoneit dellazione o per linesistenza delloggetto, impossibile levento dannoso o pericoloso. Per azione inidonea deve intendersi lintera azione tipica prevista dalla norma, la quale, in virt di caratteristiche concrete e oggettive, inidonea a realizzare loffesa. Reato istantaneo: tale il reato nel quale loffesa istantanea, ossia si realizza nel tempo stesso in cui si pone in essere il fatto tipico (es. omicidio). Reato omissivo: la condotta rappresentata da una omissione, un non fare, giuridicamente rilevante del lagente (non soccorrere il ferito, non controllare il bilancio di una societ commerciale). Lomissione penalmente rilevante allorch il soggetto agente, pur avendone la possibilit , ha omesso di compiere lazione doverosa. Si distingue tra reato omissivo proprio ed improprio. Il primo configurabile nel caso in cui il soggetto omette di compiere lazione comandata; il secondo qualora si ometta di impedire la verificazione di un evento che si ha lobbligo giuridico di evitare. Reato ostativo: figura che tende ad incriminare determinati comportamenti che costituiscono soltanto il presupposto dellaggressione al bene tutelato. Reato permanente: per la configurabilit di tale reato necessario che loffesa al bene giuridico tutelata sia protratta nel tempo ad opera della condotta volontaria dellagente (sequestro di persona). E un rea to unico. Si perfeziona nel momento in cui la lesione dellinteresse protratta per quel minimo periodo di tempo, da rendere apprezzabile loffesa tipica e si consuma allorch la condotta dellagente cessi, e cos si esaurisca loffesa stessa. Reato plurisoggettivo: necessaria la partecipazione di pi persone (associazione a delinquere; millanta to credito). Reato plurisussistente: si oppone al reato unisussistente; la condotta tipica scomponibile in una plurali t di atti. Reato preterintenzionale: caratterizzato da un particolare elemento soggettivo, la preterintenzione, che si concreta quando dallazione allomissione deriva un evento dannoso o pericoloso pi grave di quello voluto dallagente. Reato progressivo: o progressione criminosa. si verifica quando lagente, per realizzare una determinata attivit criminosa, non pu evitare di realizzarne unaltra meno grave. Caratteristica di tale reato lof fesa crescente. Ineriscono alla progressione criminosa anche le figure dellantefatto e del postfatto non punibili. Il primo si configura nel caso in cui il reato meno grave il mezzo per la commissione del rea to pi grave. Il secondo consiste in una condotta susseguente al reato pi grave commesso in preceden za, il cui disvalore rimane assorbito nel reato pi grave. Reato proprio: pu essere commesso soltanto da un soggetto dotato di una particolare qualifica soggetti va, tale da porlo in una particolare relazione con il bene tutelato dalla norma penale (pubblico ufficiale rispetto ai delitti di peculato, corruzione; imprenditore rispetto al delitto di bancarotta). Esso si distin gue dal reato comune, che pu essere commesso da chiunque. Reato putativo: figura che si realizza qualora lagente commetta un fatto non costituente reato, nella er ronea supposizione che esso costituisca reato. Lerronea supposizione pu dipendere da: errore di di ritto penale o sul divieto (lagente crede nellesistenza di una norma che vieti un comportamento del tutto lecito); errore su legge extrapenale (chi, credendosi imprenditore, ritiene di commettere fatti di bancarotta); errori di fatto (lagente che sottrae una cosa mobile ritenuta altrui ed invece propria). In siffatta ipotesi, lagente non punibile, salvo che nel fatto concorrano gli elementi costitutivi di un rea to diverso, del quale lagente determinato a rispondere. Reato tentato: si configura qualora lagente ponga in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere un delitto. Il trattamento sanzionatorio pi mite rispetto al delitto consumato.

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una sanzione penale. Perci, divengono penalmente tutelabili i valori co stituzionalmente rilevanti, o compatibili con la Carta costituzionale, con la conseguenza che debbono qualificarsi reati soltanto quei fatti che ledo no o pongono in pericolo siffatti valori, o beni giuridici, a condizione che il ricorso alla sanzione penale sia inevitabile al fine di tutelare gli anzi detti valori costituzionalmente prodotti. In forza di tale concezione nasce innanzitutto una nuova nozione formale di reato, per cui tale ogni fatto umano che sia in contrasto con la legge penale conforme alla Costituzio ne. Inoltre reato ogni fatto che si pone in contrasto con il sistema di va lori e beni giuridici tutelati dalla Costituzione. LANALISI DEL REATO 38. Sistemi penali oggettivi, soggettivi, misti La teoria del reato presenta profonde varianti a seconda dei tipi di sistemi pe nali dai quali si muove. La storia del diritto penale caratterizzata dalla con trapposizione dialettica tra un diritto penale oggettivo ed un diritto penale sog gettivo, con le molteplici combinazioni intermedie di un diritto penale misto, oggettivo e soggettivo. Un diritto penale oggettivo puro funziona essenzialmente come un sistema di norme poste a tutela di determinati beni: esso pertanto si incentra sulla obietti va lesione di tali beni. Caratteri opposti presenta un diritto penale soggettivo, i quali per si differen ziano tra di loro a seconda che si tratti di un diritto penale soggettivo in funzio ne repressiva o di un diritto penale soggettivo in funzione preventiva. Un dirit to penale repressivo (o delle volont) funziona essenzialmente come un siste ma di norme-comando: esso pertanto si incentra sulla volont. Un diritto pena le preventivo (o della pericolosit) funzione essenzialmente come un sistema di norme-garanzie: esso si incentra sulla pericolosit del soggetto. Mentre sistemi oggettivi e di sistemi soggettivi puri rappresentano soprattutto dei tipi ideali, nella realt storica si riscontrano soprattutto dei sistemi penali misti, in cui le istanze oggettivistiche e le istanze soggettivistiche si combinano e si contemperano, funzionando la norma nella duplice direttrice sia della ga ranzia sia del comando. 39. La concezione analitica e la concezione unitaria del reato Anche per il reato, due sono i metodi fondamentali di comprensione: il metodo della considerazione razionale analitica (il reato va "capito") e il metodo della considerazione emotivo-unitaria (il reato va "sentito"). Lo studio analitico del reato costituisce una esigenza connaturale alla nozione formale del reato e al sottostante principio garantista del nullum crimen sine lege e della certezza e sicurezza giuridica.

Reato unisussistente: si realizza con un solo atto, ossia la condotta tipica consiste nel compimento di un solo atto, e non frazionabile. Non ammette il tentativo.

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La consapevole analisi del reato in funzione garantista inizio nel secolo scorso ad opera del pensiero giuridico liberale. Come reazione al formalismo analitico imperante and sviluppandosi, sotto la spinta di una concezione sostanzialisti ca del reato, la concezione unitaria del reato, per la quale il reato un "tutto in scindibile", che pu presentare al pi diversi aspetti ma che non si lascia divi dere in singoli elementi. In Italia anche coloro che hanno sostenuto la necessit di una visione unitaria del reato, si sono soprattutto limitati a sostituire il termine " aspetti " a quello di " elementi " ed hanno finito pur sempre per procedere ad un esame logicoanalitico dei vari aspetti del reato. Poich ogni considerazione unitaria del rea to porta, sostanzialmente, nel campo delle intuizioni e delle apprensioni irra zionali, il metodo da seguire nello studio del reato resta sempre il metodo ana litico. 40. La tripartizione e la bipartizione del reato La considerazione analitica del reato ha dato luogo, fondamentalmente, a due teorie: la "tripartita", per cui il reato un "fatto umano antigiuridico e colpevo le" e la "bipartita", per cui il reato "un fatto umano commesso con volont colpevole". Per la teoria della tripartizione il reato si compone di tre elementi che rappre sentano i tre il grandi capitoli della teoria generale del reato: il fatto tipico, in teso restrittivamente come fatto materiale; l'antigiuridicit obiettiva, con la quale si intende designare non l'antigiuridicit penale globale ma soltanto la contrariet del fatto materiale all'ordinamento giuridico; e la colpevolezza, cio la volont riprovevole nelle sue due forme del dolo e della colpa. Per la teoria della bipartizione, il reato si compone di due elementi, che rappre sentano i poli della nuova teoria del reato: l'elemento oggettivo, cio il fatto materiale in tutti i suoi elementi costitutivi; e l'elemento soggettivo, cio il di verso atteggiarsi della volont nelle forme del dolo e della colpa. L'antigiuridi cit intesa in senso non pi soltanto oggettivo ma globale. Essa, perci, non pu esser un elemento del reato da porsi sullo stesso piano del fatto e della col pevolezza, ma l'essenza stessa del reato. La differenza tra tripartitismo e bipartitismo sta nel modo di considerare l'anti giuridicit e di collocare le scriminanti come elementi negativi del fatto o della antigiuridicit. 41. Lantigiuridicit formale e lantigiuridicit sostanziale Il problema dell'antigiuridicit intimamente connesso al problema delle fonti. Poich il reato un fatto penalmente antigiuridico, l'antigiuridicit formale o sostanziale a seconda che si assuma come fonte del diritto penale la sola legge positiva o anche altri fonti extra-legali.

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L'antigiuridicit formale sta ad indicare il rapporto di contraddizione tra il fatto e la legge. L'antigiuridicit sostanziale o materiale sta ad indicare, viceversa, il contrasto del fatto con il diritto materiale o, pi propriamente, tra il fatto e gli interessi sociali tutelati dal diritto, legislativo o extra-legislativo che sia. Tale antigiuridicit coincide con la " pericolosit sociale " della condotta: sostan zialmente antigiuridica la condotta socialmente pericolosa. La costituzione italiana accoglie una concezione della antigiuridicit n sostan ziale, aperta all'arbitrio del giudice, n meramente formale, aperta all'arbitrio del legislatore, ma, per cos dire, formale-sostanziale. Sicch l'antigiuridicit, se sotto il profilo formale il rapporto di contraddizione tra il fatto umano e la legge penale costituzionalmente legittima, sotto il profilo sostanziale il rap porto di contraddizione tra il fatto umano e i valori costituzionali tutelati dalla legge penale. Infine, l'antigiuridicit o illiceit speciale si ha nei casi in cui la legge richiede, tra i requisiti del fatto tipico, anche elementi normativi che ne implicano, di per s, una illiceit in base a norme extra-penali, giuridiche o extra-giuridiche. Rileva, particolarmente, ai fini dell'errore. 42. Il soggetto attivo del reato Soggetto attivo o autore dell'illecito penale colui che pone in essere un fatto penalmente illecito. Tutte le persone umane possono essere soggetti attivi di un reato. Occorre distinguere tr la cosiddetta capacit penale, intesa come capa cit di essere soggetto di diritto penale e che propria di tutte le persone uma ne e la capacit alla pena (imputabilit) e la capacit alle misure di sicurezza (pericolosit), sulle quali soltanto detti fattori (fisiologici, fisico-psichici) pos sono incidere. In rapporto al soggetto attivo occorre distinguere tra: 1. reati comuni, che sono quelli che possono essere commessi da chiunque e rappresentano la maggioranza (es. omicidio, danneggiamento, ingiuria); 2. reati propri, che sono quelli che possono essere commessi soltanto da sog getti con particolari qualifiche meramente naturalistiche o giuridiche (es. la qualit di imprenditore nei delitti di bancarotta). Nell'ambito della categoria dei reati propri occorre distinguere tra: 1. reati propri ma non esclusivi, costituiti da fatti che, senza la qualifica sog gettiva, pur sempre costituirebbero illecito extra penale o resterebbero, co munque, offensivi di altrui interessi; 2. reati propri ma non esclusivi, costituiti da fatti che, senza la qualifica sog gettiva, costituirebbero un diverso reato, pi grave o meno grave (es. appro priazione indebita anzich peculato) 3. reati propri esclusivi, costituiti da fatti che, senza la qualifica soggettiva, sarebbero inoffensivi di qualsiasi interesse, e perci, giuridicamente leggi (incerto, evasione, bigamia).

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43. Il problema delle persone giuridiche Due sono i problemi che continuamente si ripropongono:1) se soggetto attivo del reato sia solo la persona fisica o possa essere anche la persona giuridica; 2) chi debba considerarsi, nella prima ipotesi, il soggetto attivo del reato. Quanto al diritto italiano, la soluzione del problema si incentra, innanzitutto, sul principio costituzionale della responsabilit personale. Al livello della leg ge ordinaria, la responsabilit penale delle persone giuridiche, pur non essendo espressamente sancita da alcuna norma, concordemente desunta dall'articolo 197 c.p. e dal fondarsi la responsabilit penale su requisiti fisico-psichici e il sistema sanzionatorio su sanzioni incidenti in larghissima parte sulla libert personale, incompatibili con soggetti non persone fisiche. 44. I responsabili negli enti e imprese Il delicato problema dell'individuazione dei soggetti personalmente responsabi li si pone oltre che rispetto alle persone giuridiche e agli enti non personificati, anche rispetto alle imprese in genere. Occorre qui conciliare, con l'inderogabile principio della responsabilit penale personale, quel processo storico di sempre pi accentuata "spersonalizzazione" della attivit imprenditoriale, sia perch sempre pi esercitata in forma societaria, sia perch, comunque esercitata, le dimensioni dell'azienda impongono sovente il trasferimento o delega di funzio ni ad altri soggetti, non potendo il formale destinatario del precetto penale provvedere personalmente a tutti gli adempimenti connessi alla sua qualifica. IL PRINCIPIO DI MATERIALITA LA CONDOTTA ARGOMENTO IN SINTESI. La condotta un elemento costitutivo del reato. Essa indica il comportamento del soggetto che pone in essere un crimine e che considerato tipico della norma per la realizzazione della fattispecie penale. Per il diritto penale la condotta non pu esaurirsi in un mero movimento corporeo, ma necessario che questo sia correlato e valutato anche alla luce della psiche e della consapevolezza dellagire del reo. A tal fine la condotta stata variamente definita come: volont che si realizza, movimento corporeo cagionato dalla volont, attivit fi nalisticamente rivolta alla realizzazione dellevento tipico. Tali defini zioni non sono per comprensive di tutti i possibili moduli di comporta mento e si riferiscono unicamente ad una condotta intenzionalmente ca gionata, ossia dolosa, ed estrinsecantesi in unattivit positiva del sog getto. Per comprendere anche i comportamenti colposi e quelli negativi, c chi ha definito la condotta come ogni comportamento socialmente ri levante, non evitare levitabile, ossia unomissione. Mentre la condotta attiva e la condotta dolosa sono concetti naturalistici, la condotta omis

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siva e quella colposa sono concetti normativi, essendo pensabili solo presupponendo, la prima, una norma impositiva dellagire, la seconda, una norma cautelare. Condotta commissiva: indica un comportamento attivo, unazione intesa come movimento del corpo idoneo ad offendere linteresse protetto dalla norma. Se lazione per essere tipica deve articolarsi attraverso determi nate modalit, il reato si dice a forma vincolata; se invece sufficiente che lazione sia idonea a cagionare levento tipico, il reato a forma li bera. Condotta omissiva: indica un comportamento passivo di fronte ad una norma penale che ha funzione di comandare al soggetto di tenere una determinata condotta. Essa dunque consiste in un non facere quod debe tur, ossia nel non compiere lazione (che il soggetto ha il potere di com piere) che il soggetto ha il dovere di compiere. Pertanto lomissione non ha un riscontro naturalistico, ma, non essendo pensabile se non sul pre supposto di una norma impositiva dellagire, ha unessenza normativa. Il nostro ordinamento ha previsto due forme di reato a condotta omissiva: il reato omissivo proprio, che consiste nel mancato compimento della zione comandata e per la sussistenza del quale non occorre il verificarsi dellevento: il reato omissivo improprio, che consiste nel mancato impe dimento dellazione materiale. 45. Il principio di materialit e il principio di soggettivit Il diritto penale del fatto contrassegnato dai tre principi: a) di materialit; b) di offensivit; c) di soggettivit. Per il moderno diritto penale il reato consiste innanzitutto in un fatto, che non pu essere un mero fatto naturale o animale, ma soltanto un fatto umano, nel senso cio che deve avere il suo principio nel soggetto. Fatti di esseri inanimati o animati, ma diversi dall'uomo, sono penalmente rilevanti solo in quanto pur sempre imputabili all'uomo. Poich da un punto di vista generale fatto umano non solo quello estrinsecan tesi nel mondo esteriore, ma anche quello esaurentesi nell'interno della psiche, sempre ricorrente il problema se il diritto penale debba avere come proprio oggetto soltanto comportamenti esterni o anche fatti meramente interni. Per il principio di materialit pu essere reato solo il comportamento umano materialmente estrinsecantesi nel mondo esteriore e, perci, suscettibile di per cezione sensoria. Per il principio di soggettivit si tende, viceversa, a considerare reato anche momenti meramente psichici, ossia la nuda cogitatio, gli atteggiamenti volon tari puramente interni sui modi di essere della persona. Con il parlare nell'articolo 25 secondo comma di "fatto commesso", la costitu zione ha inteso respingere ogni altro tipo di diritto penale ad impronta mera mente soggettivistica e fondare il nostro diritto penale sul principio della mate rialit del fatto. Il principio di materialit svolge la prima funzione di delimita

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zione dell'illecito penale, con il triplice conseguente divieto di considerare rea to: 1) un atteggiamento volontario meramente interno; 2) una intenzione meramente dichiarata, dovendo questa materializzarsi nella realt naturalistica e sociale; 3) un modo di essere della persona, sia esso consistente in un carattere del soggetto o, segnatamente, in uno stato di pericolosit sociale. La materialit del fatto di reato pu andare dalla estrinsecazione minima dell'i nizio dell'azione (es. reati di tentativo o di attentato) a quella intermedia della realizzazione dell'intera azione (es. i reati di mera condotta) fino a quella mas sima della realizzazione dell'evento materiale (es. reati di evento). 46. La condotta in generale Con il termine condotta si indica il comportamento umano che costituisce rea to. La condotta costituisce elemento fondamentale, necessario, ma non suffi ciente affinch ricorra un'ipotesi di reato7. Quanto alla funzione classificatoria, essa consente di assumere una funzione categoriale che fa dello specifico uma no il loro referente comune ed il centro del diritto penale. Quanto alla funzione limitativa, appare escludere, in rapporto alle esigenze proprie del diritto pena le, dalle estrinsecazioni umane quelle non coscienti o non volontarie o, comun que, non espressive della personalit del soggetto non imputabile. Quanto alla funzione dogmatico-applicativa, pu consentire di fondare l'unit del compor tamento soltanto nei termini che ora vedremo. 47. Lazione La condotta pu consistere in una azione o in una omissione: sono reati di azione o commissivi quelli che si pongono in essere con una condotta attiva; reati di omissione o omissivi quelli che si pongono in essere con una con dotta omissiva; reati a condotta mista quelli che esigono sia una azione che una omissione. Sotto il profilo materiale l'azione il movimento del corpo idoneo ad offendere l'interesse protetto dalla norma o un interesse statale perseguito dal legislatore attraverso l'incriminazione. Si dicono reati a forma vincolata quelli in cui la legge richiede che l'azione tipica si articoli attraverso determinate modalit o, addirittura, attraverso determinati mezzi. Un problema pu sorgere quando l'agente pone in essere comportamenti tutti tipici, ciascuno dei quali gi di per se idoneo ad offendere il bene protetto. Per capire se in tal caso siamo di fronte ad un'unica azione o ad una pluralit di azioni occorre considerare: a) l'idoneit dei diversi atti tipici ad offendere lo stesso interesse protetto; b) la loro contestualit.
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Ai fini della sussistenza di un reato non sufficiente che vi sia una condotta, anche se non vi pu essere reato senza una condotta.

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48. Lomissione Superati i tentativi di individuare una dimensione fisica dell'omissione, la dot trina in atto dominante tende ad individuare l'essenza dell'omissione in chiave negativa, come mancato compimento, da parte di un soggetto, di una azione che doveva essere compiuta. In ossequio ai principi costituzionali della materialit e della offensivit del fatto occorre procedere ad una interpretazione o ad una riformulazione in ter mini di offesa delle attuali fattispecie omissive, che sono in genere formulate in termini di mera disubbidienza. Nell'ambito dei reati omissivi fondamentale, per la diversit di strutture di pro blematiche, la bipartizione tra: 1) reati omissivi propri o di pura omissione, che consistono nel mancato com pimento dell'azione comandata e per la sussistenza dei quali non occorre, per tanto, il verificarsi di alcun evento materiale 8. Qui la legge attribuisce rilevanza penale a specifiche tipologie di omissione come tali. Pertanto si tratta di reati che sono espressamente e specificamente previsti da norme di parte sociale. 2) reati omissivi impropri o di non impedimento, che consistono nel mancato impedimento di un evento materiale e per l'esistenza dei quali occorre, pertan to, il verificarsi di un tale evento9. Qui la legge attribuisce rilevanza penale non alla omissione come tale, ma al non impedimento dell'evento. 49. I presupposti e loggetto materiale della condotta I presupposti della condotta sono gli antecedenti logici della stessa, cio le si tuazioni di fatto o di diritto, che preesistono alla condotta da cui questa deve prendere le mosse perch le reato possa sussistere10. LEVENTO ARGOMENTO IN SINTESI. Sul significato del termine evento inteso, secondo la definizione codicistica, come il risultato dellazione od omis sione, si sono scontrate nella dottrina penalistica due opposte teorie: se condo la c.d. concezione naturalistica levento consisterebbe nel risulta to naturale della condotta umana, nella modificazione esteriore della realt fenomenica prodotta dallazione od omissione del soggetto agen te. In una simile costruzione teorica levento separato dal punto di vi sta spazio-temporale dalla condotta, e ad essa risulta legato da un nesso di causalit. E evidente che intendendo il termine evento in questa ac cezione naturalistica si deve dedurne lassenza in tutti i c.d. reati di pura condotta (o formali), nei quali si richiede appunto la semplice condotta di un soggetto, senza la necessit di una modificazione della realt esterna. Al contrario, levento sarebbe chiaramente rinvenibile nei reati di evento (o materiali) nei quali risulta necessario che la condotta del
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Es. omissione di atti di ufficio, di denuncia di reato, di referto, di soccorso. Es. omicidio del neonato per mancato allattamento da parte della madre; disastro ferroviario per omesso azionamento dello scambio da parte delladdetto. 10 Es. lo stato di gravidanza nel procurato aborto o un precedente matrimonio nel reato di bigamia.

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soggetto agente produca anche un determinato effetto esterno. Secondo lopposta concezione giuridica levento dovrebbe intendersi come lesio ne o messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma, e quindi come la stessa condotta del soggetto agente vista nella prospettiva del linteresse protetto. Nellambito di una simile opzione interpretativa il nesso di causalit da intendersi in termini di derivazione logica pi che strettamente temporale: evidente, infatti, che se in alcuni reati lof fesa distaccata temporalmente dalla condotta come nei reati di pura condotta in altri contestuale ad essa, come nei reati di pura condotta. La conseguenza pi rilevante di questa teoria che essa, intendendo le vento come lesione o messa in pericolo del bene protetto, lo postula come necessariamente presente in tutti i reati, anche di mera condotta. Il nostro c.p. sembra presentare appigli testuali a sostegno di ambedue le tesi. A favore della concezione naturalistica sembrano potersi interpre tare tutte le norme che, contrapponendo levento alla condotta, lo indi cano come conseguenza dellazione od omissione (artt. 40, 42, 43, 56, 116 c.p.). Al contrario, altre norme sembrano postulare necessariamente un evento inteso in senso giuridico: in particolare gli artt. 43 e 49 c.p. nel delineare gli elementi strutturali del reato doloso, colposo e impossi bile non paiono potersi riferire allevento naturalistico poich, cos fa cendo, non prenderebbero inspiegabilmente in considerazione i reati di pura condotta. Per uscire dalle secche di una sterile contrapposizione dottrinale si da ultimo affermato che il termine evento dovrebbe inten dersi in due distinte accezioni, ossia in senso naturalistico quando si pongono problemi di causalit e in senso giuridico quando esso rilevi ad altro scopo, come a proposito del dolo o della colpa. L'evento costituisce il risultato dell'azione o dell'omissione; in dottrina vanno segnalate in proposito due distinte correnti di pensiero. 50. La concezione naturalistica L'evento il risultato dell'azione od omissione. Sul significato di tale espressio ne e sul tipo di legame che deve intercorrere tra condotta ed evento si scontra no due concezioni: la concezione naturalista e la concezione giuridica. Per la concezione naturalistica, evento l'effetto naturale della condotta uma na, penalmente rilevante ed esteriore alla condotta, da essa logicamente e cro nologicamente diverso e distinto. In base alla presente concezione l'evento non pu essere elemento costante di tutti reati, poich per la esistenza di certe fattispecie la legge richiede la sem plice condotta di un soggetto, prescindendo da ogni conseguente modificazione del mondo esteriore.

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L'evento in senso naturalistico non elemento costitutivo di tutti reati; pertan to, la concezione naturalistica distingue: reati di pura condotta, che si perfezionano con il semplice compimento di una azione od omissione; reati di evento, per i quali la legge richiede che l'azione o omissione produ ca anche un determinato effetto esteriore. Occorre inoltre distinguere tra: reati ad evento differito, in cui l'evento si verifica dopo un certo intervallo di tempo dalla condotta; reati a distanza, in cui l'evento si realizza in un luogo diverso da quello in cui si svolta la condotta. In favore della teoria naturalistica vengono richiamate le norme che pongono in contrapposizione la condotta all'evento, o comunque indicano quest'ultimo come conseguenza dell'azione od omissione e quindi momento logicamente se parato rispetto alla condotta. 51. La concezione giuridica Per la concezione giuridica l'evento , invece, l'effetto offensivo della condotta, e cio la lesione o messa in pericolo dell'interesse tutelato dalla norma, ad essa legate logicamente da un nesso di causalit. L'evento in senso giuridico esiste rebbe in tutti i reati, anche in quelli di pura condotta, essendo ravvisabile un nesso logico di causalit tra condotta ed offesa all'interesse protetto anche sen za alcun evento naturale. In favore della teoria dell'evento giuridico, si dice, depone il disposto degli arti coli 43 e 49 c.p., i quali, nel fissare le nozioni generali di dolo, di colpa e di reato impossibile, non potrebbero riferirsi all'evento naturale, perch da tali no zioni resterebbero esclusi, inconcepibilmente, i reati di pura condotta11. IL RAPPORTO DI CAUSALITA ARGOMENTO IN SINTESI. In base allart. 40/1 c.p., nessuno pu es sere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se levento dannoso o pericoloso, da cui dipende lesistenza del reato, non conse guenza della sua azione od omissione. Occorre premettere che si ritiene sussistente il rapporto di causalit tra condotta ed evento per i soli reati con evento inteso in senso naturalistico: infatti, in omaggio al principio di personalit della responsabilit penale (art. 27 Cost.), non pu consi derarsi conseguenza delloperato di un uomo una modifica del mondo esterno che non sia causalmente collegata con una sua condotta. Ma quando un evento pu dirsi per certo conseguenza di una condotta? La dottrina tradizionale ha spiegato la causalit ricorrendo a tre diverse soluzioni:
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Un terzo orientamento sostiene invece che legislatore avrebbe accolto entrambi i concetti: all'evento in senso naturalistico dovrebbe farsi riferimento in relazione al rapporto di causalit materiale, all'evento in senso giuridico, invece, dovrebbe farsi riferimento in relazione all'elemento soggettivo del reato. La disputa tuttora aperta.

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teoria della condicio sine qua non, o dellequivalenza delle cause, secondo la quale basta, a collegare condotta ed evento, laver posto in essere una qualunque delle cause dellevento stesso, senza consi derazione alcuna per la diversa importanza delle diverse cause, che quindi sono viste come tutte equivalenti nella causazione dellevento. Tale teoria presenta linconveniente di estendere troppo lambito della responsabilit penale, finendo per offrire un criterio non univo co; teoria della causalit adeguata, secondo la quale il rapporto di cau salit sussiste soltanto quando il soggetto abbia posto in essere le vento con una condotta idonea a provocarlo in termini di probabili t. Pur prescindendo dalle critiche riservate a livello teorico a que sto giudizio di probabilit, si deve sottolineare dal punto di vista pratico, la eccessiva restrizione della responsabilit umana, nel con siderare scollegate dal rapporto di causalit tutte le condotte che non presentino, allo stato attuale, probabilit di produrre levento considerato (c.d. cause ignote), e finendo quindi per offrire un crite rio, se pur in senso opposto, parimenti fuorviante rispetto a quello della teoria precedente; teoria della causalit umana: da una interpretazione sistematica de gli artt. 40 e 41 c.p., la teoria in questione ritiene di poter dedurre che per lesistenza di un rapporto di causalit occorre da un lato la ver posto in essere una condizione dellevento (40, comma 1 o , c.p.), dallaltro che il verificarsi dellevento non dipenda da fattori ecce zionali, imprevedibili. Tale teoria, pur risolvendo sotto il profilo teo rico i problemi delle due precedenti, e pur avvicinandosi sotto quello pratico alla realt delle cose, presenta il grave inconveniente di ren dere quasi invisibile il confine tra causalit e colpevolezza, col ri chiedere la prevedibilit dellevento. La giurisprudenza degli anni Settanta ha fatto propria la teoria della causalit umana, e la dottri na si dovuta dunque attivare per renderne i confini il meno possibi le soggettivi in tema di prevedibilit. Cos c chi ha ritenuto preve dibile levento che si presenta come conseguenza verosimile della condotta, secondo la scienza e lesperienza di quel dato momento storico. Come si vede, un concetto anchesso relativo, ma sicuramen te pi oggettivo del riferimento al singolo agente. Pi recentemente si rivalutata la componente della condicio sine qua non, limitando ne la portata mediante il ricorso alla verifica del giudizio di prevedi bilit innanzitutto sul fatto concreto, ed inoltre nellottica di leggi non pi genericamente scientifiche, bens specificamente statistiche (c.d. leggi di copertura). Tale orientamento stato da poco recepito dalla giurisprudenza.

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Una volta fatto il punto della situazione sullo stato attuale delle inter pretazioni dottrinali e giurisprudenziali, si vedranno ora due dei princi pali problemi relativi alla causalit, e cio: a) la causalit nei reati omissivi; b) concorso di cause ed imputazione dellevento. a) La causalit nei reati omissivi; i reati omissivi vengono tradizional mente distinti in reati omissivi propri, per i quali necessario e suffi ciente il mancato compimento di unazione che la legge penale impo ne di realizzare (ad es. omissione di soccorso, art. 593 c.p.), e reati omissivi impropri, previsti esplicitamente dallart. 40, comma 2 o , c.p., che testualmente recita: non impedire un evento che si ha lob bligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo; tali reati si dico no anche commissivi mediante omissione, e sono caratterizzati da una struttura in cui si ravvisa la violazione di un obbligo di impedire il verificarsi di un evento previsto da una ulteriore fattispecie (ad es. disastro ferroviario causato dalla mancata manovra di uno scambio da parte del manovratore). Il fatto che per quanto attiene ai reati omissivi propri non possa parlarsi di evento in senso naturalistico, ma solo giuridico, comporta (come conseguenza di quanto detto al linizio) che non si pongano problemi particolari in tema di causali t. Al contrario, il problema si pone in tutta la sua evidenza nei reati commissivi mediante omissione, proprio perch facenti riferimento ad una fattispecie base. Allo stato attuale, il complesso dibattito svi luppatosi sullart. 41/2 c.p. vede come maggioritaria la tesi che rav visa in particolari soggetti obblighi di impedire levento, detti anche posizioni di garanzia, a loro volta distinte in posizioni di controllo, originarie e derivate, spontanee, contrattuali, posizioni che, una vol ta violate, costituirebbero la condotta tipica del reato commissivo mediante omissione. In tema di causalit, la dottrina tradizionale ri tiene che levento sia causato non dallomissione in s, ma dallaliud factum; la dottrina oggi dominante, invece, in sintonia con lindivi duazione delle posizioni di garanzia, ritiene che, non potendosi rico struire nei reati omissivi un rapporto di causalit simile a quello dei reati commissivi, deva essere effettuato, allo scopo di individuare il collegamento tra condotta omissiva ed evento, un giudizio ipotetico o prognostico sul verificarsi o meno dellevento, se fosse stata realiz zata lazione doverosa omessa. In sostanza, neppure tale giudizio po tr fornire soluzioni certe, basandosi, come si detto, su di una struttura probabilistica. Si deve infine ricordare che il tema della causalit nei reati omissivi impropri non stato fino ad oggi suffi cientemente approfondito dalla giurisprudenza, nonostante sia stato definito in dottrina senza alcun dubbio il punto centrale del dibattito sul problema causale di fronte al nostro diritto positivo. b) Concorso di cause ed imputazione dellevento; una volta chiariti i termini del dibattito sul nesso causale, occorre accertare quale con

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dizione sia causa dellevento nel caso che ne concorra pi di una. Lart. 41 c.p. considera proprio tale ipotesi, specificando al primo comma che il concorso di cause estranee alloperato dellagente, an tecedenti, contemporanee o sopravvenute che siano, di regola non esclude il rapporto di causalit tra condotta ed evento. Tale assunto sembra affermare esplicitamente il principio dellequivalenza delle cause. Il secondo comma dellart. 41 c.p. stabilisce che le cause so pravvenute escludono il rapporto di causalit quando sono da sole sufficienti a determinare levento. In tal caso, se lazione od omissio ne precedentemente commessa costituisce di per s un reato, si applica la pena per questo stabilita. Tale secondo comma, nella sua prima parte, costituisce a tuttoggi laltro grande problema in mate ria di causalit. Innanzitutto ci si chiesti perch il codice preveda espressamente soltanto le cause sopravvenute e non anche quelle an tecedenti e simultanee; sul punto la dottrina ha finito per equiparare, se pur con diverse motivazioni, i tre gruppi di concause. Ma evi dente che il nodo centrale costituito dallidentificazione delle ca ratteristiche che le concause devono avere per essere da sole suffi cienti a determinare levento. Innanzitutto stato sottolineato il su peramento della vecchia posizione che intendeva come tali le c.d. se rie causali autonome: queste infatti esulano dallart. 41/2, perch escludono in radice il rapporto di causalit ex art. 40/1. Dunque, si ritiene che la locuzione usata dallart. 41/2, voglia richiamare lat tenzione sulle c.d. serie causali apparentemente indipendenti, cio su fattori che, pur essendo da soli idonei a provocare levento, presup pongono anche tutto quanto avvenuto prima, dopo o durante il loro verificarsi. Si dice allora che in tali condizioni la serie causale appa rentemente autonoma, per interrompere il rapporto causale deve es sere anormale, atipica, eccezionale, imprevedibile, tanto che taluno ha parlato addirittura di caso fortuito, laddove, secondo la dottrina dominante, il caso fortuito incide sulla colpevolezza (e quindi sulle lemento soggettivo) e non sullelemento oggettivo del reato, di cui la causalit fa parte. La giurisprudenza, in sintonia con la dottrina so pra esposta, ha fatto proprio il concetto che il rapporto causale ri sulta spezzato quando si verifica una serie causale eccezionale, ati pica ed imprevedibile, di cui il fatto dellimputato si pone come mera occasione per svilupparsi, e non come vera e propria concausa. 52. Il problema della causalit La causalit occupa un posto fondamentale nella storia del diritto penale, per ch segna il passaggio dalla responsabilit per fatto altrui verso la responsabili t per fatto proprio.

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Il problema della causalit della condotta umana sorge per una triplice ragione: a) perch ogni evento il risultato di una pluralit di condizioni, onde la causa in senso logico-naturalistico l'insieme delle condizioni necessarie e sufficien ti per il verificarsi di esso; b) perch la condotta umana realizza qualcuna, ma mai l'insieme di tali condizioni, concorrendo sempre con l'azione dell'uomo condizioni esterne poste in essere da altri uomini e da forze naturali o animali. c) perch l'insieme dei fattori causati, concorrenti e necessari, non rientra sem pre nella sfera di dominabilit umana. Sicch occorre stabilire quando che la condotta umana, pur concorrendo naturalisticamente all'evento, possa dirsi an che giuridicamente causa dello stesso. La storia della causalit giuridica la storia dei correttivi della causalit naturale. 53. Le teorie della causalit naturale, adeguata, umana Il fondamentale problema che si pone in ordine al rapporto di causalit quel lo di stabilire quando una condotta possa dirsi causa di un evento. Tradizional mente, tre sono le principali teorie che, nella dottrina penale, si sono contese il campo per definire i termini della dipendenza causale: la teoria della causalit naturale, la teoria della causalit adeguata e infine la teroria della causalit umana. La teoria della causalit naturale ritiene che deve considerarsi causa ogni singola condizione dell'evento, ogni antecedente, senza il quale l'evento non sa rebbe venuto in essere: essa considera equivalenti tutte le condizioni e compor ta l'eccessiva estensione del concetto di causa portando a conseguenze assurde. La teoria della causalit adeguata ritiene che rapporto di causalit tra condot ta ed evento sussiste quando un soggetto ha determinato l'evento con una azio ne proporzionata, adeguata, e cio idonea a determinare l'evento, in chiave di probabilit. Contro la teoria si obietta che essa, collegando la sussistenza del rapporto di causalit alla probabilit del verificarsi dell'evento, fa riferimento ad un elemento - la probabilit - che estraneo alla causazione effettiva dei fe nomeni naturali. Essa, inoltre, finisce per limitare eccessivamente il campo della responsabilit umana, e rischia di considerare come tipici degli effetti della condotta, in tutti casi in cui l'evento frutto di una data causa, ma sono ignoti i meccanismi del processo di sviluppo causale. La teoria della causalit umana, interpretando sistematicamente gli articoli 40 e 41 c.p., richiede, per la sussistenza del rapporto di causalit: che il soggetto abbia posto in essere una condizione dell'evento, un'antece dente senza il quale, l'evento stesso non sarebbe venuto in essere; che il verificarsi dell'evento non dipenda dal concorso di fattori causali ec cezionali, cio quelli che hanno una probabilit minima, insignificante, di verificarsi, se non in tantissimi casi, sfuggendo la signoria dell'uomo, e ri sultando meramente imprevedibili.

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54. La causalit scientifica Per la causalit scientifica lazione causa dell'evento quando esso ne conse guenza secondo la scienza umana. La causalit scientifica, per essere tale, esi ge: a) che il grado di conoscenza umana, richiesto per stabilire quand' che un evento , scientificamente, conseguenza dell'azione, sia non quello, di cer to, della scienza esperienza personale dell'agente e neppure della scienza ed esperienza umana media comune, ma soltanto quello della migliore scienza ed esperienza del momento storico. b) che il grado di successione tra azione ed evento, per stabilire se esso costi tuisca o meno conseguenza dell'azione, sia non quello della certezza, n quello della possibilit, bens quello della probabilit relativa, quale rile vante grado di possibilit. Tra le leggi scientifiche sono, quindi, utilizzabili non solo le cosiddette leggi universali (di certezza), che esprimono una re golarit di successioni dei fenomeni, non smentita da eccezioni, e perci offrono la massima garanzia di certezza, scientifica e giuridica. Ma anche le leggi statistiche (di probabilit), che esprimono successioni di fenomeni soltanto in una certa percentuale per il subentrare di fattori indeterministici, ma che pur sempre consentono di sussumere un evento sotto la causalit, se esso risulta percentualizzato in un rilevante grado di possibilit. c) che il caso concreto sia risolto con il metodo scientifico, consistente nella c.d. sussunzione del caso sotto le leggi scientifiche di copertura. Concludendo, l'azione causa dell'evento quando, secondo la migliore scienza ed esperienza del momento storico, l'evento conseguenza, certa o altamente probabile, dell'azione, in quanto senza di essa l'evento non si sarebbe, con cer tezza o con alto grado di probabilit, verificato. 55. La causalit nel codice Ai sensi dell'articolo 41: "Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indi pendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalit fra l'azione od omissione e l'evento". "Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalit quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento. In tal caso, se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per s un reato, si applica la pena per questo stabilita". "Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui". Nessuna particolare difficolt pone il primo comma dell'articolo 41 cos come il terzo comma, il quale, con una finalit puramente chiarificatrice, precisa che il concorso di fatti illeciti altrui soggiace alle regole causali generali, fissate nei

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precedenti commi. Le maggiori difficolt interpretative sono state sollevate, in vece, dal secondo comma. L'interpretazione pi corretta quella per cui il nesso causale escluso quando l'evento dovuto al sopravvenire di un fattore eccezionale. L'interpretazione va accolta sempre che per fattore eccezionale sopravvenuta si intenda quel fattore causale, che ha reso possibile il verificarsi di un evento che, secondo la miglio re scienza e esperienza, non conseguenza neppure probabile di quel tipo di condotta. 56. Il caso fortuito e la forza maggiore Il caso fortuito e la forza maggiore presuppongono il nesso causale tra la con dotta e l'evento; vengono pertanto studiati nell'ambito della colpevolezza, o an che della stessa condotta, quali cause di esclusione della colpevolezza o della suitas. Concettualmente il caso fortuito e la forza maggiore stanno ad esprimere il mondo degli avvenimenti obiettivamente ritenuti conseguenza non probabile o addirittura impossibile di quel tipo di condotta. Il caso fortuito abbraccia tutti quei fattori causali, non solo sopravvenuti ma anche preesistenti o concomitanti, che hanno reso eccezionalmente possibile il verificarsi di un evento che si presenta come conseguenza del tutto inverosimi le secondo la migliore scienza esperienza. La forza maggiore si identifica con tutte quelle forze naturali esterne al sogget to che lo determinano ad un determinato atto. Pertanto, entrambi escludono il rapporto di causalit tra condotta ed evento oltre che alla colpevolezza, quale riflesso soggettivo del fatto che l'agente non poteva prevedere come verosimile ci che non era tale neppure per la migliore scienza ed esperienza. 57. La causalit dellomissione Il secondo problema fondamentale dell'omissione quello dell'essenza della causalit omissiva: naturalistica o normativa? Contro l'artificioso dogma ottocentesco della causalit dell'omissione, la mo derna dottrina nega alla condotta omissiva ogni efficacia causale. Rispetto al l'omissione pu parlarsi soltanto di causalit normativa, in quanto la legge in terviene ad equiparare il non impedire l'evento al cagionare, come appunto fa l'articolo 40 secondo comma. Ci precisato, perch l'omissione dell'azione im peditiva possa essere equiparata alla causa dell'evento occorre, innanzitutto, che secondo la migliore scienza e esperienza del momento storico l'evento sia conseguenza certa o altamente probabile di detta omissione, in quanto l'azione suddetta l'avrebbe, con certezza o con alto grado di probabilit, impedito. 58. Lobbligo di impedire levento Per equiparare il non impedire al cagionare i vari ordinamenti ritengono non sufficiente la materiale possibilit di impedire l'evento, non potendo il diritto penale esigere l'intervento impeditivo da parte di ogni soggetto in grado di far

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lo. Ma richiedono l'ulteriore requisito dell'obbligo di impedire l'evento, sussi stendo per profonde divergenze sulla natura, fonti e portata di esso a seconda dei tipi di ordinamenti: nel nostro si impone quella integrazione tra teoria for male e teoria funzionale dell'obbligo di impedire quale mezzo per soddisfare ri serva di legge, tassativit e funzione della responsabilit per omesso impedi mento. Il principio della riserva di legge viene salvaguardato attraverso: 1) la cosiddetta clausola di equivalenza (non impedire un evento, che si ha l'obbligo di impedire, equivale a cagionarlo); 2) la delimitazione dei doveri di impedire ai soli doveri giuridici; 3) la delimitazione delle fonti del dovere giuridico alle sole fonti formali. 59. Gli obblighi di protezione e di controllo Il principio di tassativit va salvaguardato attraverso la determinazione degli elementi tipici del reato omissivo improprio: primo elemento l'obbligo di garanzia, cio quell'obbligo giuridico del soggetto, fornito dei necessari poteri, di impedire l'evento offensivo di beni, affidati alla sua tutela. Gli obblighi di garanzia sono classificati: a) in obbli ghi di protezione di determinati beni contro tutte le fonti di pericolo; b) in obblighi di controllo di determinate fonti di pericolo per proteggere tutti i beni ad esse esposti; secondo elemento il presupposto di fatto perch l'obbligo di garanzia si renda attuale: cio la situazione di pericolo per il bene da proteggere; terzo elemento l'astensione dall'azione impeditiva, idonea e possibile, che per solo in rari casi le fonti dell'obbligo prescrivono compiutamente; quarto elemento l'evento non impeditivo, che quello, naturalistico, pre visto dal reato commissivo. quinto elemento l'equivalente della causalit, cio il nesso di causalit normativa tra l'omissione e l'evento, nei termini gi indicati. IL PRINCIPIO DI OFFENSIVITA LOGGETTO GIURIDICO E LOFFESA 60. Il reato come offesa o come disubbidienza Per il principio di offensivit il reato deve sostanziarsi anche nell'offesa di un bene giuridico, non essendo concedibile non reato senza offesa. Esso presuppo ne ed integra il principio della materialit del fatto: mentre questo assicura contro l'incriminazione di meri atteggiamenti interni, quello garantisce altres contro la incriminazione di fatti materiali non offensivi.

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Nell'ambito del diritto penale dell'offesa occorre subito nettamente distinguere la concezione cosiddetta " realistica " o " necessariamente lesiva " del reato come fatto offensivo tipico dalla contrapposta concezione " sostanzialistica " del reato come fatto socialmente pericoloso. Espressione del liberalismo pena le ed in funzione chiaramente garantista la prima concezione. Compenetran do il principio di offensivit nel superiore principio di legalit, considera reato soltanto il fatto che non solo previsto dalla legge come tale, ma che costrui to dalla medesima in modo da essere necessariamente offensivo dell'interesse specifico tutelato dalla norma. La seconda concezione propria del socialismo penale ed attualmente raccolta nei codici dell'Europa orientale. Per aversi reato non sufficiente che il fatto tipico offenda l'interesse specifico tutelato dalla norma. Occorre altres che, nella circostanza concreta, esso sia ritenuto pericoloso in misura rilevante per la societ socialista e cio attenti anche a un pi ampio interesse sociale esterno alla norma, senza di che diventano illecite anche le offese a specifici interessi del pi grande rilievo. 61. Il reato come fatto offensivo tipico secondo la Costituzione Il principio di offensivit trova riconoscimento oltre che nella legge ordinaria gi nella stessa Costituzione con i disposti degli artt. 25, 27 e 13. In particolare: la libert personale pu essere compressa soltanto per la tutela di un diver so interesse costituzionalmente rilevante: sarebbe pertanto inammissibile una sua compressione che prescinda dall'esigenza di tutelare un diverso bene giuridico; per dare un senso alla distinzione costituzionale tra le funzioni delle pene e delle misure di sicurezza, occorre che le pene conseguono alla lesione di un bene giuridico: la incriminazione di fatti di mera disubbidienza trasforme rebbe la pena in una misura esclusivamente preventiva volta a colpire la mera pericolosit dell'agente, che farebbe venir meno la distinzione tra i due tipi di sanzione. 62. La necessaria offensivit del reato secondo lart. 49/2 c.p. Secondo una recente e contrastata dottrina il principio della necessaria offensi vit del reato troverebbe riconoscimento gi nel codice vigente da parte dell'ar ticolo 49/2. Tale norma esclude la punibilit per il cosiddetto reato impossibi le, che si ha quando per la inidoneit dell'azione impossibile l'evento dannoso o pericoloso. Tale stimolante teoria si , per, prestata a forti reazioni, oltre che per le premesse ermeneutiche, per la sua assolutezza ed ambiguit di for mulazione: in un sistema incentrato sul principio di legalit gi l'idea di un fat to tipico ma non punibile perch inoffensivo , innanzitutto, una contraddizio ne in termini. Nella sua portata generale il principio costituzionale di legalit abbraccia tutti gli elementi che riguardano l'esistenza del reato, quindi anche l'offesa. Due sono le condizioni perch il nullum crimen sine iniuria sia attuato nella nuova dimensione costituzionale: che esso si compenetri nel superiore principio di le

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galit e che all'interno del principio di legalit sia assicurata al principio di of fensivit una reale funzione garantista. 63. Loggetto giuridico del reato L'oggetto giuridico del reato quel bene o interesse, individuale o sovrindivi duale, che tutelato dalla norma ed offeso dal reato. Bench bene e interesse siano concetti distinti, poich il primo indica tutto ci che atto soddisfare una esigenza umana e il secondo la relazione tra il soggetto e il bene, essi vengono ormai usati indifferentemente, esprimendo la stessa realt sotto due distinti angoli visuali e non essendo del resto possibile tutelare l'una senza tutelare l'altro. 64. La funzione politico-garantista delloggetto giuridico Per comprendere l'autentica funzione politico-garantista dell'oggettivit giuridi ca occorre innanzitutto chiaramente distingue l'oggetto giuridico del reato, e cio il bene interesse preesistente alla norma e assunto ad elemento costitutivo della fattispecie, dallo scopo della norma, che il fine perseguito dal legislato re con l'incriminazione del fatto. La distinzione fondamentale per comprendere la funzione garantista del bene giuridico e per evitare di elevare a bene giuridico il mero scopo della norma e cos munire di bene giuridico anche reati che ne sono privi; nonch per com prendere la contrapposizione, dialettica e storica, tra la concezione metapositi vistica del bene giuridico - come entit ontologicamente preesistente al diritto positivo che la norma trova e non crea - e la concezione giuspositivistico del bene giuridico, che tutto ci che il legislatore tutela. 65. I valori costituzionali come oggettivit giuridica primaria Perch il bene giuridico possa assolvere alla sua funzione critico-garantista necessario che esso si identificati con valori n semplicemente creati dal legi slatore n soltanto pregiuridici. Secondo la innovativa impostazione costituzio nalistica, tali sono i beni costituzionalmente significativi (o al pi non incom patibili con la costituzione), ai quali va pertanto circoscritta l'oggettivit giuri dica dei reati. Il bene giuridico non offre magiche soluzioni al problema della tutela penale, per le incertezze e polivalenze della stessa costituzione, non es sendo essa un catalogo di beni e non essendo idonea, come sistema chiuso, a recepire nuovi beni emergenti. Ma per il carattere rigido e garantista personali stico della medesima, esso costituisce pur sempre un poderoso strumento per la ricostruzione della parte speciale del diritto penale, segnando le direttrici di fondo per la criminalizzazione, la decriminalizzazione e la depenalizzazione. Tali direttrici consistono, secondo il principio di necessariet del diritto penale: 1) nella enucleazione di precise tipologie di oggettivit giuridiche di catego rie, sulla base dei beni gi tutelati dalla costituzione o anche desunti dalla

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realt socio culturale del nostro tempo e con essa compatibili. Dai fonda mentali beni della persona umana ai beni sovraindividuali della famiglia, della comunit, dello stato; nella depenalizzazione dei reati che tutelano interessi non facilmente con ciliabili con la costituzione o anche interessi costituzionalmente non rile vanti e anacronistici rispetto alla realt socio culturale attuale; nella decriminalizzazione, almeno come criterio tendenziale, dei reati che tutelano interessi privati di rilievo costituzionale, pur se compatibili con la costituzione e tuttora meritevoli di protezione giuridica, o di quei reati a tu tela anticipata o di lesivit trascurabile di interessi rilevanti costituzional mente; nella criminalizzazione delle nuove tipologie di aggressione, che via via vengono ad offendere, in misura consistente, beni costituzionalmente signi ficativi; nel proporzionare la specie e quantit della pena dei diversi reati al diverso rango dei beni e al diverso grado e quantit dell'offesa; nella qualificazione del reato come delitto o contravvenzione , che, oltre certa misura, non dipende pi dalle mutevoli valutazioni del legislatore, ma dalla importanza del bene costituzionale tutelato e dal grado di offesa al medesimo; nell'adeguamento, nei limiti consentiti dalla tipicit, della legislazione pe nale ai nuovi valori costituzionali: riplasmando gli interessi tutelati nella loro accezione pi conforme alla costituzione; sostituendo agli interessi tu telati, incompatibili o discordanti con la costituzione, valori da questa pro tetti; interpretando estensivamente o restrittivamente la norma penale quando la sanzione non appaia proporzionata al valore costituzionale.

66. La funzione dogmatico-interpretativa delloggetto giuridico All'oggetto giuridico va riconosciuta anche una funzione sia classificatoria dei reati, raggruppabili per soggettivit giuridiche omogenee, sia interpretativa, che per stata da certa dottrina esagerata. Sul postulato che ad ogni norma giuridica corrisponderebbe un oggetto giuridi co specifico si assunto l'oggetto giuridico come principium individuationis delle varie figure criminose e come strumento interpretativo e classificatorio delle singole norme penali. Prima si individua l'oggetto giuridico specifico del la figura criminosa, il quale serve poi come elemento illuminante dell'intera fattispecie, come base per risolvere le questioni che sorgono nella interpreta zione della norma. Tale dogmatica non si , per, sottratta a tre obiezioni di fondo. In primo luo go, l'oggetto giuridico insufficiente a caratterizzare e contraddistingue com piutamente il singolo reato e a graduarne la gravit, poich da un lato l'essenza di ciascuna figura di reato data da tutti connotati tipici, oggettivi e soggettivi, e, dall'altro, le norme penali non tutelano sempre beni diversi, ma spesso lo stesso bene. In secondo luogo, l'oggetto giuridico come mezzo di interpretazio

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ne da luogo al cosiddetto circolo ermeneutico o, altrimenti, ad una insufficien za logica pi profonda, in quanto esso verrebbe identificato a priori, fuori cio da una vera e propria attivit interpretativa analitico razionale ed in via intuiti va: con quel tanto di aprioristico e soggettivistico che, inevitabilmente, in esso si annida. In terzo luogo, l'oggetto giuridico si presenta spesso di difficile indi viduazione, con gravi disparit ed incertezze di vedute. Il primo rilievo incontestatabile. Se non si vuole fare coincidere l'oggetto giu ridico specifico con l'intera fattispecie legale, assorbendola in esso e cadendo nel vizio logico di confondere l'oggetto della tutela con i limiti entro cui tale oggetto tutelato, occorre riconoscere che a non poche norme corrispondono non concetti giuridici specifici, ma un identico oggetto giuridico di categoria, nell'ambito del quale le singole figure criminose si stagliano in base ad altri connotati tipici. Il secondo ed il terzo rilievo perdono di consistenza in un nuo vo sistema di fattispecie costruite attorno a precise oggettivit giuridiche pree sistenti e di significato costituzionale. L'oggetto giuridico rappresenta, comun que, il criterio per determinare il soggetto passivo del reato e, perci, legittima to a proporre la querela e l'istanza, e il soggetto titolare del consenso scrimi nante. 67. Loffesa del bene giuridico Mentre il bene giuridico il supporto, l'offesa la concretizzazione del princi pio di offensivit. Il diritto penale moderno prende in considerazione non solo i risultati lesivi della condotta, che si sono gi verificati, ma anche i risultati lesi vi che potevano derivarne. L'offesa al bene giuridico pu, perci, consistere: 1. in una lesione, che si concreta in un nocumento effettivo del bene protetto, consistente nella distruzione, nella diminuzione, nella perdita del bene giu ridico; 2. in una messa in pericolo, che si concreta in un nocumento potenziale del bene, che viene soltanto minacciato. I reati di offesa abbracciano pertanto: 1. i reati di danno, per la sussistenza dei quali necessario che il bene tutela to sia distrutto o diminuito; 2. i reati di pericolo, per i quali basta, invece, che il bene sia stato minacciato. Pu parlarsi di pericolo quando l'evento lesivo, secondo in giudizio ex ante sul la base delle circostanze al momento verosimilmente esistenti, era prevedibile come verosimile secondo la migliore scienza e esperienza. Il pericolo , per tanto, la probabilit del verificarsi dell'evento di danno. Circa il momento del giudizio, la moderna dottrina resta ferma al giudizio prognostico ex ante. Lo retrocede, per, in conformit alla funzione preven tiva dei reati di pericolo:

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al momento della condotta rispetto ai reati di condotta pericolosa o equivalenti, nei quali cio il pericolo qualifica la condotta o il presup posto o l'oggetto materiale di essa. E se la condotta plurisussistente o il reato a condotta plurima, si guarder, nell'arco dei vari atti o con dotte, al momento che consente la prognosi pi favorevole di pericolo; 2. al momento, tra la fine della condotta e la fine dell'evento tipico, pi fa vorevole alla prognosi di pericolo, se si tratta di reati di evento di peri colo o di evento pericoloso, nei quali cio il pericolo costituisce l'even to stesso o un attributo di esso. Circa la base del giudizio, essa comprende le circostanze al momento vero similmente esistenti secondo la migliore scienza e esperienza umana. Circa i criteri del giudizio, la credibilit dell'evento va determinata secondo la migliore scienza e esperienza del momento storico, utilizzandosi cio le leggi scientifiche universali. Nell'ambito dei reati di pericolo alla bipartizione tradizionale (reati di pericolo concreto e reati di pericolo astratto o presunto) va sostituita la tripartizione tra: 1. reati di pericolo concreto o effettivo, per la sussistenza dei quali il pericolo deve effettivamente esistere, costituendo esso elemento tipico espresso e dovendosi perci accertarne in ciascun caso la concreta esistenza; i reati di pericolo concreto vengono, poi, distinti in: reati di pericolo diretto, nei quali si punisce il provocato pericolo di le sione del bene giuridico; reati di pericolo indiretto, nei quali si punisce il pericolo di un evento pericoloso per il bene protetto. 2. reati di pericolo astratto, nel quale il pericolo implicito nella stessa con dotta, ritenuta per comune esperienza pericolosa, e il giudice si limita a ri scontrare la conformit di essa al tipo (es. i reati, ora decriminalizzati, di sorpasso su dosso o in curva); 3. reati di pericolo presunto, nei quali il pericolo non implicito nella stessa condotta, poich al momento di essa possibile controllare la esistenza o meno delle condizioni per il verificarsi dell'evento lesivo, ma viene presun to juris e de jure, per cui non ammessa neppure prova contraria della sua concreta inesistenza (es. il reato, ora decriminalizzato, di passaggio con se maforo rosso). Sotto il profilo della offesa occorre, altres, distinguere: 1. i reati monoffensivi, per l'esistenza dei quali necessaria e sufficiente l'of fesa di un sono bene giuridico; 2. i reati plurioffensivi, i quali offendono necessariamente pi beni giuridici (es. la rapina che lede il patrimonio e la libert personale).
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68. La funzione politico-garantista delloffesa Per comprendere la funzione politico garantista dell'offesa occorre innanzitutto chiaramente distinguere:

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i reati di offesa, in cui l'offesa elemento tipico del reato, esplicito (es. estorsione) o implicito (es. omicidio); 2) i reati di scopo, con cui si incrimina non l'offesa ad un bene giuridico, ma la realizzazione di certe situazioni che lo stato ha interesse a che non si rea lizzino. Mentre nei reati di offesa vi sempre l'offesa, anche se allo stato della sola messa in pericolo del bene giuridico, qui manca lo stesso bene giuridico. Se vi l'interesse dello stato alla non realizzazione di certe situazioni, esso per non l'oggetto giuridico del reato, ma lo scopo della incriminazione12.
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69. I reati senza bene giuridico Il principio di offensivit vulnerato dai reati senza bene giuridico e dai reati senza offesa, della legittimit dei quali si ripropone il problema. Delitti senza vittime sono chiamati quei reati che non offenderebbero alcun bene perch a sfondo esclusivamente etico quali la prostituzione, l'omosessua lit, la sterilizzazione irreversibile, l'eutanasia consensuale, l'uso di stupefacen ti, l'aborto, la pornografia, la bestemmia. Se vero che lo stato non pu impor re morali di parte e confondere il reato con il peccato, con la mera devianza e il non conformismo, anche vero - ed ecco il problema - che tali delitti siano realmente e tutti senza bene giuridico? Secondo certa dottrina - ad esempio - nell'aborto procurato vittima sarebbe il concepito; nella inseminazione artificiale della donna non coniugata offeso sa rebbe il cosiddetto diritto del nato ad avere due genitori; nei fatti offensivi del sentimento religioso oggetto giuridico sarebbe l'altrui diritto al rispetto delle proprie credenze religiose. Senza vittime sono, invece, la omosessualit e la prostituzione come tali, del resto da noi da tempo impuniti; non per l'attivit favoreggiatrice e sfruttatrice del meretricio, essendo questo pur sempre limita tivo della dignit umana. Reati con bene giuridico vago o diffuso sono quelli che offendono beni collet tivi, non ben identificabili nella loro reale consistenza, rispetto ai quali non pertanto facilmente identificabile il comportamento lesivo pericoloso, anche perch appaiono ledibili per effetto, pi che di una singola condotta, del ripe tersi generalizzato e frequente di condotte illecite. In verit non si tratta pro priamente di beni giuridici ma, o di astrazioni concettuali, comprensive dei beni specifici realmente offesi da singoli reati e che, pertanto, debbono in que sti essere concretizzate (es. reati contro la fede pubblica ove bene giuridico linteresse offeso dalla falsificazione del singolo atto); oppure di metafore con
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I reati di scopo assumono sempre pi spesso, come propria finalit, la cosiddetta tutela di una funzione, cio del modo, affidato dalla legge alla pubblica amministrazione, di soluzione di un conflitto di interessi. Cos, ad esempio, la legge, incriminatrice degli scarichi di sostanze inquinanti non come tali, ma in difetto di autorizzazione della pubblica amministrazione, investita del compito di stabilire se un certo scarico sia con sentito o meno, tutela non un bene giuridico - perch l'autorizzazione rilasciata non esclude che lo scarico sia inquinante e l'autorizzazione mancante non esclude che esso non sia tale - ma soltanto il modo con cui la pubblica amministrazione ha risolto il conflitto dei vari interessi non punendo chi vi si adegua, e punendo chi lo elude a prescindere dalla intrinseca offensivit della condotta.

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cettuali, esperimenti situazioni strumentali, beni intermedi, la cui tutela, anche se autonoma, pur sempre funzionale alla tutela di beni giuridici individuali preesistenti, non pi adeguatamente protetti, attraverso le forme tradizionali di tutela, di fronte alle nuove forme di aggressione (ecosistema, sicurezza della circolazione stradale). 70. I reati senza offesa Il principio di offensivit getta un'ombra di incostituzionalit anche rispetto ai reati a criminalizzazione anticipata che restano irrimediabilmente senza offesa del bene giuridico. Particolarmente problematiche e discusse sono le categorie dei reati di pericolo astratto o presunto, di dolo specifico, di sospetto, di osta colo, di attentato, che hanno posto il problema del grado legittimo di anticipa zione della tutela del bene giuridico. Reati di pericolo astratto. Non ammettono alternative, dato l'impossibile con trollo ex ante dell'esistenza o meno delle condizioni di verificabilit dell'evento lesivo: o vengono accettati come tali o si rinuncia alla tutela penale preventiva, anche di beni primari. Reati di pericolo presunto. Sollevano sospetti di incostituzionalit proprio perch - contrariamente a quanto avviene per i reati di pericolo astratto - l'esi stenza o meno delle condizioni di verificabilit dell'evento lesivo qui accerta bile. Reati a dolo specifico. Vanno distinti in: reati a dolo specifico di offesa, ove l'offesa prevista come risultato non oggettivo, ma meramente intenzionale, rendendo cos punibile una condot ta di per s inoffensiva; reati a dolo specifico di ulteriore offesa , dove accanto alloffesa obiettiva richiesta una ulteriore offesa meramente intenzionale, che pertanto ha una funzione restrittiva della illiceit penale di un fatto gi di per s offensivo e, quindi, meritevole di pena; reati a dolo specifico differenziale del trattamento penale di fatti di pari of fensivit oggettiva o, comunque, tutti meritevoli di pena. Delitti di attentato (detti anche a consumazione anticipata). Sono quei delit ti consistenti in atti diretti a ledere il bene protetto e dalla legge elevati a diritti perfetti, mentre potrebbero essere al pi un tentativo o anche meno di un tenta tivo, come quando si richiede tale direzione, ma hanno anche la idoneit e uni vocit degli atti. Per il timore di pericolose strumentalizzazioni politiche di tali fattispecie, la dottrina e giurisprudenza pi recenti hanno abbandonato le inter pretazioni soggettivistiche adottando una interpretazione oggettivistica, che ri conduce il reato di attentato alla struttura del tentativo ed esige, comunque, la messa in pericolo del bene protetto. Il delitto di attentato resta un inutile resi duo storico. Reati di sospetto. Si intendono quei reati che riguardano comportamenti, in es sere n lesivi n pericolosi di alcun interesse, ma che lasciano presumere l'av venuta commissione non accertata o la futura commissione di reati (cos l'esse

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re colto in possesso non giustificato di valori, di chiavi false o di documenti concernenti la sicurezza dello stato). Reati ostativi. Cio quelle incriminazione arretrate, che non colpiscono com portamenti offensivi di un interesse, ma tendono a prevenire il realizzarsi di azioni effettivamente lesive o pericolose, mediante la punizione di atti che sono la premessa idonea per la commissione di altri reati. Fra le altre, tipiche le incriminazioni del possesso non autorizzato di armi o di esplosivi o di sostanze stupefacenti. Autorevole dottrina propende per un allargamento del campo dei reati ostativi quali mezzi particolarmente idonei per la prevenzione dei reati. Altri autori ne contestano, invece, la costituzionalit. Nella logica di un diritto penale incentrato sul principio di offensivit, come direttrice generale di politi ca legislativa, i suddetti fatti pi che al campo della pena dovrebbero apparte nere a quello delle sanzioni amministrative o, quando integrino situazioni sog gettive di pericolosit, delle misure di prevenzione, nei termini in cui esse sono costituzionalmente legittime. Il principio di offensivit appartiene alla razionalit, che non sempre si conci lia con la necessit o i diritti della paura. 71. Il momento consumativo del reato Al problema della offesa legato anche quello del momento consuntivo del reato. Poich consumato il reato che integra tutti gli elementi costitutivi, ad dirittura raggiungendo la sua massima gravit concreta, il momento consuntivo si ha nel momento in cui si chiude l'iter criminis. IL SOGGETTO PASSIVO DEL REATO 72. La nozione Soggetto passivo del reato il titolare del bene che costituisce l'oggetto giuridi co del reato. Tale non pertanto qualunque persona che subisca eventualmente un danno dal reato, ma solo il titolare del bene protetto dalla norma e, quindi, colui che subisce l'offesa essenziale per la sussistenza del reato 13. Data la corre lazione tra soggetto passivo ed oggetto giuridico, vi sono: reati a soggetto passivo determinato, in cui l'interesse offeso appartiene a soggetti ben individuabili; reati a soggetto passivo indeterminato , in cui l'interesse offeso appartiene genericamente ad una collettivit indeterminata; reati senza soggetto passivo, in cui il fatto incriminato dal legislatore in vista di uno scopo assunto come proprio e rilevante dallo stato, senza che sia offeso alcun interesse specifico di alcuno. Soggetto passivo possono essere non solo le persone fisiche, pur se incapaci (minori, infermi di mente) ma anche le persone giuridiche quando la natura del
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Bench l'omicidio possa danneggiare i familiari dell'ucciso o un furto i creditori del derubato, soggetto passivo di tali reati , rispettivamente, il titolare del bene della vita soppressa e della costa sottratta.

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reato lo consenta (es. reati patrimoniali). Pu aversi anche una pluralit di sog getti passivi, allorch pi siano i titolari del bene offeso. 73. La rilevanza del soggetto passivo nella politica criminale Una politica criminale e coerente deve tendere alla costante sintesi delle posi zioni della vittima e del reo: alla costante ricerca del punto di equilibrio tra li bert individuale e difesa sociale. Originariamente si parlava - si pensi al dirit to germanico - di diritto penale per la vittima e per mezzo della vittima dove il reato veniva concepito come un fatto non pubblico ma interessante reo e vitti ma. Ad una tutela spersonalizzata della vittima porta, invece, la progressiva pubblicizzazione del diritto e dell'azione penale, poich la stessa tutela predi sposta per la vittima prescinde di regola dalla volont privata e viene sempre pi intesa come tutela non di interessi del concreto individuo, ma di istituzioni della vita comunitaria. Il valore della vittima e dei suoi diritti stato ulterior mente adombrato con lo spostamento del fuoco delle scienze criminali sull'au tore del reato. La progressiva tecnicizzazione e professionalizzazione del pro cesso, disumanizzando questo, ha spezzato ogni rapporto diretto tra reo e vitti ma anche sui punti pi cruciali pressoch affidati alla intermediazione talora affaristica, dei legali. Senza la dovuta considerazione anche della vittima non vi pu essere la neces saria fiducia dei cittadini nella legge, nella giustizia, nelle istituzioni statali. Si ritiene opportuno e fattibile includere tra gli scopi del diritto penale, accanto alla retribuzione, quello della pacificazione sociale, eseguibile innanzitutto at traverso la riparazione della vittima. Ricerche vittimologiche sembrano dimo strare che il bisogno della vittima di vendetta o di punizione si risolve, in molti casi, nel desiderio di una riparazione materiale e che la persona offesa , in mi sura assai rilevante, disposta riconciliarsi nel momento in cui il reo riconosce il danno causato e promette il pagamento. Con il triplice vantaggio: di una accre sciuta predisposizione delle vittime a denunciare, testimoniare, collaborare con la giustizia; di una possibile riduzione di quella cifra oscura della criminalit, che concorre alla crisi del diritto penale; di una aumentata fiducia nelle istitu zioni giudiziarie, volte non solo a prevenire attraverso l'applicazione della pena danni a potenziali vittime, ma anche a salvaguardare gli interessi delle vittime gi offese. 74. La rilevanza criminologica del soggetto passivo. La vittimologia La vittimologia la nuova branca che si propone di stabilire l'incidenza della vittima, per ci che essa e per ci che essa fa, nella genesi e dinamica del de litto. Innanzitutto, il reato interazione all'interno di un rapporto di tensione tra reo e vittima. La dicotomia fra criminale e vittima, tradizionalmente nettissima, in verit tale rispetto alle vittime per cos dire del tutto innocenti. Pi confusa e imprecisa essa diventa rispetto a certe vittime e a certi tipi di delinquenza, fino al crearsi delle potenziali o effettive equivalenze o alternative tra soggetto

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attivo e soggetto passivo. E pu essere addirittura il caso a decidere il ruolo del soggetto come autore o come vittima. Il soggetto pu diventare vittima o per circostanze del tutto occasionali o for tuite, in quanto egli non ha avuto alcuna incidenza nella sua scelta come sog getto passivo, oppure per le sue cosiddette predisposizioni vittimogene, che in cidono sulla sua scelta come vittima, determinando o rafforzando il proposito criminoso o facilitando il passaggio all'atto o la esecuzione criminosa. Circa i meccanismi di incontro tra reo e vittima, fondamentale la distinzione tra: vittime fungibili, che assumono il loro ruolo di vittime al di fuori di una qualsiasi relazione con l'agente, non hanno favorito in alcun modo la con dotta criminale e sono perci vittime accidentali; vittime infungibili, che diventano tali per una precisa relazione con l'agente. Per il determinante influsso esercitato dalla loro qualit o dal loro agire sul medesimo. E sono, pertanto, vittime partecipanti, quali le vittime per im prudenza, volontarie, alternative, provocatrici. Prima legge della vittimologia che le possibilit di vittimazione di un sogget to sono direttamente proporzionali alla sua infungibilit. Seconda legge che la pericolosit del delinquente direttamente proporzionale alla fungibilit della vittima: cresce con il decrescere della importanza della personalit indivi duale della vittima nella determinazione del crimine. Un ulteriore aspetto della rilevanza criminologica del soggetto passivo viene indicato nella induzione criminale, cio nella induzione ai delitti di reazione. Per l'elementare principio di azione e reazione, operante anche nel campo psi chico, la vittima o i suoi familiari possono essere portati a compiere ulteriori delitti in relazione a quelli subiti (vendette, faide). 75. La rilevanza giuridico-penale del soggetto passivo Il soggetto passivo pu rilevare ai fini della stessa esistenza o intensit della tu tela, in ragione delle sue particolari qualit o rapporti con il soggetto attivo op pure in ragione della condotta che egli pu avere avuto prima, durante o dopo il reato. Dal primo punto di vista occorre, innanzitutto, distinguere tra: reati che possono essere commessi contro chiunque; reati qualificati dal soggetto passivo. I rapporti tra soggetto attivo e soggetto passivo possono rilevare, essenzialmen te come: elemento costitutivo del reato o pi spesso come circostanza aggravante; o, all'opposto, come limite alla punibilit, quali i casi in cui i particolari rapporti di parentela rendono opportuno escludere la punibilit di certi reati patrimoniali o subordinarla alla querela dell'offeso.

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Quanto alla rilevanza della condotta del soggetto passivo, questi pu inserirsi nella dinamica del reato gi al momento della determinazione psichica dell'a zione criminosa, fornendo ad essa il movente (come la provocazione o la co siddetta causa honoris). La condotta del soggetto passivo pu incidere, altres, nella esecuzione del rea to. Infatti, accanto a reati ad esecuzione unilaterale, esistono reati che esigono la cooperazione della vittima. Con la propria condotta il soggetto passivo pu anche concorrere, assieme alla condotta del colpevole, a determinare l'evento offensivo. L'attivit del soggetto passivo pu infine rilevare, dopo la consumazione del reato, ai fini della possibilit della concreta punibilit del fatto, come nei non pochi casi di reati perseguiti a querela o ad istanza di parte. LE SCRIMINANTI 76. La definizione e il fondamento Le scriminanti - o cause di giustificazione - sono particolari situazioni in pre senza delle quali un fatto, che altrimenti sarebbe reato, tale non perch la legge lo impone o lo consente. Il fondamento politico-sostanziale della liceit del fatto viene individuato nell'interesse mancante, nell'interesse prevalente o nell'interesse equivalente. Il fondamento logico-giuridico dato, invece, dal principio di non contraddizione, per cui uno stesso ordinamento non pu, nella sua unitariet, imporre o consentire e, ad un tempo, vietare il medesimo fatto senza rinnegare se stesso della sua politica di attuazione. Infine, il fondamento tecnico-dommatico consiste nell'assenza di tipicit del fatto scriminante. Sotto il profilo sostanziale le scriminanti escludono l'offesa, costituendo dei li miti alla tutela del bene giuridico: in presenza di esse manca l'offesa per la semplice ragione che il bene non pi tutelato dalla norma. Le scriminanti vanno nettamente distinte, sotto il profilo ontologico e pratico, non solo dalle cause di esclusione della colpevolezza, ma anche dalle cause di esclusione della pena in senso tecnico e dalle cause di estinzione del reato. 77. Ladempimento del dovere La scriminante dell'adempimento del dovere costituisce l'espressione pi tipica del principio di non contraddizione (articolo 51). Si possono avere i seguenti casi: Dovere imposto da una norma giuridica. Classici esempi sono quelli del saldato che uccide in guerra, del boia che esegue la condanna a morte, del poliziotto che procede all'arresto obbligatorio in flagranza, del teste che de pone su fatti veri lesivi dell'altrui onore. Dovere imposto da un ordine della pubblica autorit. L'ordine manifestazione di volont di un superiore a un inferiore perch tenga una certa con dotta. Presupposto indiscusso della scriminante che intercorra tra chi da e

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chi riceve l'ordine un rapporto di supremazia-subordinazione di diritto pub blico. Il requisito limite della scriminante che l'ordine sia legittimo. In caso di ordi ne illegittimo, il reato sussiste e ne risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine. Ne risponde altres, in concorso con questo, l'esecutore, che pertanto deve rifiutare l'esecuzione di tale ordine eccetto che in due casi: 1) quando egli abbia ritenuto di ubbidire a ad un ordine legittimo per errore sul fatto; 2) quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimit del l'ordine. 78. Lesercizio del diritto L'esercizio di un diritto esclude la punibilit. Si pongono in materia quattro or dini di problemi, concernenti la individuazione: Della norma scriminante. Per poter individuare, tra le tante norme che prevedono un diritto, quelle scriminanti, occorre: a) che la norma sul diritto e quella penale diano luogo a una convergenza di norme in conflitto; b) che la norma sul diritto prevalga su quella incriminatrice, s che risulti essa sola applicabile al fatto in questione. Del concetto di diritto scriminante. Poich l'ordinamento giuridico non pu punire le attivit umane che esso stesso ha autorizzato, il concetto di diritto va inteso, ai fini scriminanti, nella sua massima estensione. Delle fonti del diritto. Anche rispetto al diritto scriminante si sempre ri tenuto che fonti possono essere, oltre alla legge extra-penale formale e ma teriale, statale ed ora pure regionale, anche il regolamento, la consuetudine, il provvedimento giurisdizionale, l'atto amministrativo e il contratto priva to. Dei limiti del diritto. Il diritto scrimina nei limiti in cui giuridicamente riconosciuto, essendo un diritto illimitato giuridicamente un non senso. Ogni diritto reale o personale implica il potere di predisporre "offendicula". Sono cos chiamati i mezzi di difesa contro eventuali aggressioni ed idonei a ledere la vita e la integrit fisica altrui (filo spinato, vetri sui muri di cinta, lan ce sui cancelli, armi automatiche cariche, animali feroci). 79. Il consenso dellavente diritto Non punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, con il consenso della per sona che pu validamente disporne. Si pongono in materia tre ordini di proble mi, concernenti: La natura. Circa la controversa natura giuridica, il consenso non un ne gozio n di diritto penale n di diritto privato, ma, come ormai si riconosce, un mero atto giuridico, un permesso con cui si conferisce al destinatario un potere di agire, senza che si crei alcun rapporto di diritti e obblighi e che

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ha come unico effetto di escluderne l'illiceit per il semplice abbandono del proprio interesse ed accettazione del fatto. I limiti. Circa i limiti, il consenso deve avere per oggetto: a) un diritto, co munemente inteso nel senso lato di qualsiasi bene, tutelato dalla norma pe nale; b) disponibile. Indisponibili sono i beni facenti capo allo Stato, alla collettivit non personificata o alla famiglia. Circa i beni, facenti capo i singoli, incontestabilmente disponibili sono i diritti patrimoniali. Nella pi controversa categoria dei diritti personalissimi, assolutamente indisponibile la vita. La validit del consenso. Quanto alla validit del consenso, occorre, in nanzitutto, che chi consente sia legittimato a consentire. Tale il titolare, persona fisica o giuridica, dell'interesse protetto dalla norma perch, altri menti, sarebbe soggetto passivo del reato. Il consenso deve essere effettivo, non espresso cio per scherzo, simulazione, riserva mentale; libero, cio non viziato da violenza, errore, dolo; attuale, cio preesistente al momento del fatto, e perdurante per tutta la durata di questo; determinato. E scrimina nei limiti in cui concesso, potendo il soggetto delimitarne l'oggetto e l'am bito, porre termini, condizioni e modalit di lesione del bene. Non richie sta, invece, alcuna particolare forma, essendo sufficiente che la volont sia riconoscibile dall'esterno. Pu essere, perci, non solo espresso, ma anche tacito.

80. La legittima difesa Il codice prevede la legittima difesa nell'articolo 52: non punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessit di difendere un di ritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa. La legittima difesa si incentra sui due poli: 1) della aggressione ingiusta; 2) della reazione legittima. L'aggressione ingiusta. Presupposto perch il soggetto possa legittimamente difendersi che sia ingiustamente aggredito. Perch vi sia aggressione ingiusta occorrono i seguenti requisiti: soggetto attivo dell'aggressione deve essere l'uomo, dovendo essa provenire dalla condotta umana o da animali o cose appartenenti all'uomo e, perci, soggetti alla sua vigilanza; tipi di aggressione possono essere non solo unazione anche non violenta, ma altres una omissione, contro la quale pure ammessa la legittima dife sa; oggetto della aggressione deve essere un diritto altrui; soggetto passivo dell'aggressione pu essere, oltre al soggetto che si difen de, anche un terzo. Accanto alla difesa dei diritti propri infatti prevista la difesa altruistica dei diritti altrui: il cosiddetto soccorso difensivo; laggressione al diritto deve concretare un pericolo attuale di una offesa, cio la probabilit presente della lesione o di una maggiore lesione;

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l'offesa minacciata deve essere ingiusta. Contrariamente alla comune opi nione, l'offesa ingiusta va intesa non come l'offesa antigiuridica bens come offesa ingiustificata cio arrecata al di fuori di qualsiasi norma che la im ponga o l'autorizzi. La reazione legittima. Per essere legittima la reazione deve anzitutto cadere sull'aggressore. La reazione legittima se, inoltre, ricorrono i tre requisiti se guenti: la necessit di difendersi che si ha quando il soggetto nella alternativa tra reagire o subire: non pu sottrarsi al pericolo senza offendere l'aggressore; linevitabilit altrimenti del pericolo che sta a significare la impossibilit del soggetto di difendersi con una offesa meno grave di quella arrecata; la proporzione tra difesa ed offesa che si ha quando il male inflitto all'ag gressore inferiore, uguale o tollerabilmente superiore, al male da lui mi nacciato. Contro certe opinioni dottrinali e giurisprudenziali, il giudizio di proporzione non va fatto n tra i mezzi, n tra i beni soltanto, perch en trambi non sono criteri decisivi. Come si evince dallo stesso articolo 52, il raffronto va fatto, innanzitutto, tra le offese. La necessit, la inevitabilit e la proporzione vanno valutate nella reale situa zione concreta, attraverso un giudizio ex ante, che deve essere non meccanicoquantitativo, ma relativistico e qualitativo.

81. Lo stato di necessit Ai sensi dell'articolo 54 "non punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessit di salvare s o ad altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, n al trimenti evitabile, sempre che di fatto sia proporzionato al pericolo14. Per il suo carattere utilitaristico, lo stato di necessit una scriminante amora le, che diventerebbe immorale se non fosse sottoposta ai rigorosi limiti che ve dremo. Pur presentando affinit con la legittima difesa, se ne differenzia so stanzialmente, dal punto di vista etico e giuridico: a) nelle premesse, poich viene leso il diritto non di una aggressore, ma di un terzo innocente, che non ha determinato la situazione di pericolo; b) nei conseguenti limiti, poich deve trattarsi di diritti personali ed esistere il pericolo di un danno grave e non volontariamente causato; c) nelle conseguenze, poich lascia residuare sul piano civile l'onere di versa re un equo indennizzo al soggetto pregiudicato. Lo stato di necessit implica una situazione di pericolo e una condotta lesiva da parte del soggetto che versa in pericolo. La situazione di pericolo. Il pericolo deve consistere nella minaccia di un dan no alla persona, cio ad un diritto non patrimoniale, ma personale, che come
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Classici esempi sono quelli del naufrago che, aggrappato al relitto, respinge in mare un altro naufrago per salvarsi, o dell'alpinista che fa precipitare il compagno recidendo la corda che sta per spezzarsi, o dei super stiti di un disastro aereo che sopravvivono nutrendosi dei cadaveri di passeggeri periti.

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tale comprende anche la libert fisica e morale, la libert sessuale, il pudore e l'onore, e non soltanto la vita e l'integrit fisica. Il pericolo deve essere, come gi visto per la legittima difesa, attuale. Inoltre, bisogna che sia non volontaria mente causato dall'agente. Il pericolo deve avere per oggetto un danno alla per sona, non qualsiasi ma grave, tale cio da giustificare il pregiudizio di un inno cente. La condotta lesiva. Anche nello stato di necessit debbono ricorrere i tre re quisiti autonomi, sovente oggetto invece, di sovrapposizioni: della necessit di salvarsi, della inevitabilit altrimenti del pericolo, della proporzione tra il fatto e il pericolo. la necessit di salvarsi si ha, anche qui, quando il soggetto era nell'alterna tiva tra subire o recare un danno, ma deve essere intesa in modo pi rigido; pure la inevitabilit altrimenti del pericolo, che anche qui sta a significare la impossibilit, rapportata alla situazione concreta, di salvarsi con una of fesa meno grave di quella arrecata, va interpretata pi rigorosamente che nella legittima difesa. lo stesso vale per la proporzione tra il fatto e il pericolo che si ha quando il male inflitto uguale o inferiore a quello, grave, che si evitato. L'articolo 54/3 estende, infine, l'ambito della scriminante anche l'ipotesi del co stringimento psichico, che si ha allorch un soggetto commette un reato perch indotto dalla altrui minaccia. 82. Luso legittimo delle armi Ai sensi dell'articolo 53/1 non punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di fare uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando viene costretto dalla ne cessit di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'autorit. L'articolo 53/3 richiama gli altri casi in cui la legge autorizza, entro certi limiti, l'uso delle armi o di altri mezzi di coazione fisica. Sono quelli previsti per im pedire i passaggi abusivi delle frontiere, le evasioni dei detenuti o violenza tra i medesimi, per reprimere il contrabbando e per le sentinelle nel servizio milita re. La scriminante propria dei pubblici ufficiali appartenenti alla cosiddetta forza pubblica i quali hanno istituzionalmente in dotazione armi o altri mezzi di coa zione fisica. L'articolo 53/2 equiparare altres al pubblico ufficiale la persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza. L'uso legittimo delle armi si incentra sui due poli: della situazione impediente l'adempimento del dovere concretantesi in una violenza senso latu, comprendente la violenza fisica e quella psichica, o in una resistenza all'autorit; della reazione eliminante la violenza o la resistenza : requisito primo la necessit di fare uso delle armi e degli altri mezzi coercitivi, dovendo il pubblico ufficiale trovarsi nell'alternativa di respingere la violenza o vince re la resistenza con le armi o detti mezzi o di non adempiere al proprio do

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vere. Se tali ostacoli all'adempimento del dovere sono diversamente elimi nabili, la scriminante non ricorre, perch, come pure la giurisprudenza rico nosce, il ricorso alle armi o ad altri mezzi di coazione fisica deve costituire l'extrema ratio. Deve ritenersi sottinteso il requisito della inevitabilit altrimenti del fatto osta tivo; parimenti implicito deve considerarsi requisito della proporzione tra il bene leso e quello che l'adempimento del dovere di ufficio tende a soddisfare. 83. Il problema delle scriminanti tacite15 Sono dette tacite le scriminanti non previste dalla legge, ma attinte da fonti materiali. Circa il problema della ammissibilit, tali scriminanti sono coessen ziali agli ordinamenti penali incentrati sul principio di legalit sostanziale. Esse sono invece inconciliabili con gli ordinamenti incentrati sul principio del la legalit formale, quale appunto il nostro, che non ammettono scriminanti ol tre quelle espressamente previste. Il problema che si pu porre soltanto quello della estensione analogica delle scriminanti codificate: questa risulta possibile solo per le scriminanti che sono gi previste dalla legge nella loro massima portata logica o che non sono co munque formulate in termini tali da precludere che altre ipotesi extra-legali siano riconducibili alla ratio della scriminante. In concreto, attraverso il proce dimento analogico, pu giungersi a dare rilevanza, ad esempio, alla legittima difesa anticipata ed allo stato di necessit anticipato. 84. La disciplina delle scriminanti Il codice sottopone le scriminanti alle seguenti regole: Le scriminanti esistenti rilevano, per il solo fatto di esistere. Poich le scri minanti escludono l'offesa, nell'ambito di un ordinamento a base oggettivi stica, incentrato sul principio di offensivit, il fatto scriminato non pu co

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Il trattamento medico-chirurgico. Il fondamento di limiti tale attivit sono diversi, a seconda che vengono in rilievo: Trattamenti medici non necessari o estetici: in essi la non punibilit per eventuali reati commessi dal medi co in danno del paziente frutto della combinazione tra l'esercizio del diritto ed il consenso dell'avente diritto; Interventi necessari, pur se comportano notevoli rischi per il paziente : in essi la non punibilit per eventuali reati commessi in danno del paziente, frutto della combinazione tra lo stato di necessit e l'adempi mento del dovere. In entrambi i casi, l'esonero da responsabilit per il medico dipende sempre dal rispetto delle regole dell'ar te medica. L'attivit sportiva violenta. La non punibilit per le eventuali lesioni subite da un atleta durante lo svolgi mento del gioco, deriva dalla combinazione tra la scriminante dell'esercizio del diritto, ed il consenso dell'a vente diritto, che risulta per il solo fatto di aver partecipato all'attivit violenta, fermo restando il limite del rispetto delle regole del gioco. Informazioni commerciali. Consistono nella facolt di chiedere o di fornire informazioni riservate o, altres, lesive dell'altrui reputazione. Parte della dottrina ritiene in tal caso configurabile la scriminante dell'eserci zio del diritto, la cui fonte andrebbe rinvenuta negli usi sociali. Secondo altri autori, tale facolt sarebbe vol ta prevenire i rischi dell'inaffidabilit dei propri partner commerciali, che troverebbe pertanto, implicita mente, rilievo costituzionale.

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stituire reato, anche quando l'agente, ignorando l'esistenza della situazione scriminante, credeva di commettere un fatto criminoso. Le scriminanti putative, cio erroneamente ritenute esistenti in tutti loro re quisiti di legge dall'agente, possono costituire cause scusanti. Si ha eccesso nelle scriminanti quando, nel commettere alcuni dei fatti pre visti dagli articoli 51, 52, 53, 54, si eccedono i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorit ovvero imposti dalla necessit. L'eccesso va distinto dall'erronea supposizione della scriminante, poich questa nel primo caso esiste realmente, pur se travalicata, mentre nel secondo esiste solo nella mente dell'agente. L'eccesso doloso, colposo, o incolpevole, a seconda che il soggetto ecceda i limiti della scriminante con consapevole volont oppure per colpa o senza colpa alcuna. L'eccesso doloso da luogo a respon sabilit per il reato doloso; l'eccesso colposo da luogo a responsabilit col posa, se il fatto previsto dalla legge come reato colposo.

IL PRINCIPIO DI SOGGETTIVITA LA COLPEVOLEZZA 85. Levoluzione della responsabilit penale Nell'ambito dei moderni diritti penali, il principio di soggettivit del fatto sta ad indicare che, per aversi reato, non basta che il soggetto abbia posto in es sere un fatto materiale offensivo, ma occorre altres che questo gli appartenga psicologicamente, che sussista cio non solo un nesso causale ma anche un nesso psichico tra l'agente ed il fatto criminoso, onde questo possa considerarsi opera di costui. Tale verit il risultato del processo di subiettivizzazione che ha caratterizzato la storia della responsabilit penale e che si pu schematizzare nei progressivi passaggi della responsabilit per fatto altrui, della responsabilit oggettiva, del la responsabilit colpevole fino alle forme estreme della responsabilit perso nale16. 86. La colpevolezza in senso psicologico e in senso normativo La colpevolezza, quale requisito del reato, categoria dottrinale, non trovando, a differenza che in altri codici stranieri, riscontro nel codice penale italiano. E va intesa nel senso tecnico di insieme dei requisiti per l'imputazione soggettiva del fatto all'agente. La colpevolezza si andata sviluppando attraverso due fon damentali concezioni:

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Nella responsabilit per fatto altrui il soggetto risponde del fatto di altri senza che egli abbia dato alcun con tributo causale al verificarsi di esso. La responsabilit oggettiva si ha, invece, quando il soggetto risponde di un fatto proprio, poich da lui materialmente causato, ma sulla mera base dell'esistenza del rapporto di cau salit tra condotta ed evento ed indipendentemente da qualsiasi nesso psichico tra il fatto e l'agente. Con l'affermarsi della responsabilit colpevole il soggetto chiamato a rispondere soltanto del fatto proprio, che sia a lui attribuibile anche psicologicamente, in quanto posto in essere con dolo o, quanto meno, con colpa.

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per la concezione psicologica, dominante nella seconda met del secolo scorso, la colpevolezza consiste e si esaurisce nel nesso psichico tra l'agen te ed il fatto; per la concezione normativa, elaborata all'inizio del secolo, la colpevolezza il giudizio di rimproverabilit per l'atteggiamento antidoveroso della vo lont che era possibile non assumere. Accolta oggi dalla dottrina dominante, specie di lingua tedesca, la concezione normativa della colpevolezza non segna eguale unanimit di vedute circa gli elementi costitutivi, a cominciare dallo stesso rapporto con la personalit del l'autore.

87. La colpevolezza in senso personale Le punte pi avanzate del processo di subiettivizzazione della responsabilit penale sono segnate dalla responsabilit personale, per la quale il giudizio di colpevolezza ha per oggetto la personalit del soggetto agente, trasformandosi cos l'illecito penale in illecito personale. Tale concezione - nelle sue posizioni estreme - connaturale al totalitarismo. 88. Il principio costituzionale della responsabilit personale Con laffermare che la responsabilit penale personale, lart 27 avrebbe ac colto in un asserito significato massimo il concetto di responsabilit perso nalizzata, propria di un diritto penale dellatteggiamento interiore ed esprimen te unesigenza sentita anche nella quotidiana vita giudiziaria. Al contrario, un significato minimo, banalizzerebbe la portata innovativa dellart. 27 che si li miterebbe soltanto a bandire la responsabilit per fatto altrui, principio che appartiene ai primordi del diritto penale. Alla luce delle suddette considerazioni, il principio della responsabilit penale personale non sembra possa essere inteso se non nel significato intermedio del la responsabilit per fatto proprio colpevole, in cui la colpevolezza, normativa e individualizzabile, riguarda l'atteggiamento psichico antidoveroso nei con fronti del singolo fatto e non gli elementi personalistici estranei a questo atteg giamento concreto. All'agente si rimprovera un fatto compiuto con un certo grado di partecipazione psichica, non una attitudine, una qualit personale. Circa la struttura della colpevolezza, la concezione normativa richiede: l'imputabilit; il dolo o la colpa; la conoscenza o, quanto meno, la conoscibilit del precetto penale; l'assenza di cause di esclusione della colpevolezza. 89. Colpevolezza e imputabilit Circa i rapporti tra colpevolezza ed imputabilit si discute se questa sia o meno presupposto o requisito di quella. Muovendo sostanzialmente da una concezio

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ne psicologica della colpevolezza, parte della dottrina per la tesi negativa. Quanto alle conseguenze dommatiche e pratiche, la prima tesi porta ad ammet tere la configurabilit del reato anche nei confronti dell'agente non imputabile, essendo configurabile la colpevolezza anche senza imputabilit. Considerando invece la colpevolezza inconcepibile senza la imputabilit, si pone il problema se senza imputabilit, e perci senza colpevolezza, sia confi gurabile o meno il reato. E se cos , elemento soggettivo essenziale del reato non la colpevolezza, ma la appartenenza psichica del fatto all'agente. Il principio di soggettivit del reato, quale riferibilit psichica del fatto all'a gente, ha quindi una validit generale, atteggiandosi per in modo diverso a se conda che si tratti: di soggetti imputabili, nei confronti dei quali il collegamento psicologico dato dalla colpevolezza. Non sottostanno ad alcuna conseguenza penale se non hanno realizzato il fatto con dolo o colpa; di soggetti non imputabili, nei confronti dei quali, essendo la colpevolezza inconcepibile, la riferibilit del fatto di reato al soggetto data dall'assenza di quelle cause esterne che escludono l'appartenenza della condotta al sog getto o, comunque, escluderebbero la riferibilit psichica dell'evento ad un qualsiasi altro soggetto imputabile. 90. Colpevolezza e conoscenza del disvalore del fatto La colpevolezza normativa presuppone anche la conoscenza del disvalore del fatto: intanto pu rimproverarsi al soggetto di avere commesso un fatto che non doveva volere o non doveva produrre, in quanto egli sappia che quel modo di agire antidoveroso, riprovevole. Ma imprescindibilmente necessaria la conoscenza effettiva oppure suffi ciente la conoscenza potenziale, la conoscibilit del disvalore giuridico del fat to? O basta anche la mera coscienza del disvalore sociale dello stesso? Per eccesso pecca il tradizionale dogma della inescusabilit assoluta; ma per eccesso opposto pecca pure il dogma della scusabilit assoluta della ignorantia legis. La mediatrice tesi della scusabilit relativa, che afferma la necessit non della conoscenza, ma della conoscibilit della legge e, pertanto, la scusabilit della ignoranza inevitabile e la inescusabilit dell'ignoranza evitabile, ha il duplice merito di armonizzare l'ignorantia legis coi principi costituzionali o, almeno, di eliminarne le pi drastiche contrapposizioni, e di evitare sul piano pratico gli opposti eccessi, repressivi e scusanti, della inescusabilit e della scusabilit as solute. La soluzione della scusabilit relativa stata accolta dalla corte costituzionale la quale ha dichiarato illegittimo l'articolo 5 nella parte in cui non escludeva dalla inescusabilit la ignoranza inevitabile. Sicch il vero problema resta quel lo della distinzione tra ignoranza inevitabile-scusabile ed ignoranza evitabileinescusabile, sulla quale la corte si limitata a fornire indicazioni di massima distinguendo tra:

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ignoranza colpevole17, che comprende: l'ignoranza preordinata, che si ha quando il soggetto, a conoscenza del l'esistenza della legge, non prende conoscenza del contenuto per agire con maggiore tranquillit di coscienza o per procurarsi una scusa; lignoranza volontaria, che ricorre quando l'agente, consapevole dell'e sistenza della legge, non prende conoscenza del contenuto per ostilit o indifferenza verso l'ordinamento giuridico o per pigrizia o trascuratez za; lignoranza colposa, che il punctum pruriens della teoria dell'ignoran tia legis, segnando linee demarcazione con la ignoranza incolpevole. 2) ignoranza incolpevole, che si ha per esclusione al di fuori dei suddetti casi di ignoranza colpevole. Cos quando dovuta a caso fortuito o forza mag giore, o ad errore scusabile.
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91. Linesigibilit La dottrina germanica, seguita da parte della dottrina italiana, ha ritenuto che per la colpevolezza, normativamente intesa, occorre anche la cosiddetta esigi bilit del comportamento conforme al dovere. La inesigibilit del comporta mento, dovuto al fatto che il soggetto ha agito in circostanze tali da non potersi umanamente pretende un comportamento diverso, esclude la colpevolezza. LA SUITAS DELLA CONDOTTA 92. La coscienza e volont della condotta L'articolo 42/1 dispone che nessuno pu essere punito per una azione od omis sione preveduta dalla legge come reato se non l'ha commessa con coscienza e volont. Con la prevalente dottrina si pu ritenere che l'articolo 42/1 sottolinei il principio generale che la condotta, prima che dolosa o colposa, deve essere umana, essendo tale solo la condotta dell'uomo rientrante nella signoria della volont e differenziantesi come tale dagli accadimento naturali; e che, pertan to, la responsabilit penale presuppone, innanzitutto, la coscienza e volont della condotta. 93. Limpedibilit della condotta Per non escludere dall'articolo 42/1 tutta l'ampia sfera di comportamenti non sorretti da una coscienza e volont reali, la dottrina stata costretta ad inter pretare estensivamente tale norma, includendovi anche la coscienza e volont potenziali. Ai fini dell'articolo 42, debbono perci essere considerati coscienti e volontarie tutte le condotte attribuibili alla volont del soggetto, essendo tali non solo quelle che traggono origine da un impulso cosciente, bens anche
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L'ignoranza colposa tale se ricorrono i tre requisiti della colpa: la mancanza della volontariet dell'igno rantia legis; l'inosservanza delle regole cautelari di condotta; l'attribuibilit della ignorantia o error legis all'a gente.

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quelle che derivano dalla inerzia del volere, ma che con uno sforzo del volere potevano essere impedite. Tra gli stessi atti automatici, come pure tra le omis sioni inconsapevoli, occorre perci distinguere: quelli che possono essere impediti dalla volont mediante i suoi poteri di arresto o di impulso; quelli che si svolgono al di fuori di ogni possibile controllo del volere, come appunto gli atti che la coscienza non avverte e non pu avvertire nep pure con lo sforzo dell'attenzione, nonch gli atti, che pur essendo avvertiti dalla coscienza, sono determinati da una forza fisiologica, fisica e psichica, superiore al potere della volont. Con l'incisiva espressione di suitas della condotta si designano entrambe le ipotesi di appartenenza della condotta al soggetto: quella della volontariet rea le quella della volontariet potenziale. 94. La esclusione della suitas della condotta Quali cause che escludono la attribuibilit psichica della condotta al soggetto vengono in considerazione le seguenti: l'inconoscienza indipendente dalla volont. Tali sono le situazioni di piena incoscienza che non risalgono al volere dell'agente, in quanto non sono sta te da lui procurate n volontariamente, n per imprudenza o negligenza e, comunque, non erano da lui prevedibili di impedibili. la forza maggiore. tale ogni forza esterna della natura che determina, in modo irresistibile ed inevitabile, il soggetto a tenere un comportamento at tivo o omissivo. il costringimento fisico. IL DOLO 95. La nozione Il dolo la forma fondamentale, generale ed originaria di colpevolezza. Per il nostro codice il dolo rappresentazione e volont del fatto materiale tipico, cio di tutti gli elementi oggettivi della fattispecie del reato. 96. La struttura del dolo Sull'essenza del dolo si sono succedute nel tempo tre teorie: della intenzione, della rappresentazione e della volont. la teoria della intenzione ravvisava l'essenza del dolo nella volont diretta a cagionare l'evento, come fine ultimo o come mezzo necessario per conse guire un fine ultimo; la teoria della rappresentazione ritenne, invece, che il dolo consistesse nel la volont della condotta e nella previsione dell'evento. Per la teoria della volont il dolo volont anche dell'evento tipico e nel fuoco della volont rientra non solo la intenzione, ma anche la accettazione del rischio della causazione dell'evento.

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Sotto il profilo intellettivo il dolo rappresentazione del fatto, ma non necessa riamente conoscenza, poich il dubbio non esclude il dolo, pur non essendo co scienza della realt. Sotto il profilo volitivo il dolo volont, che abbraccia: 1. sia il dolo intenzionale o diretto, che si ha quando la volont ha direttamen te di mira l'evento tipico, diretta alla realizzazione del medesimo, sia esso stato previsto dall'agente come certo o anche soltanto come possibile; 2. sia il dolo eventuale od indiretto, che si ha quando la volont non si dirige direttamente verso l'evento, ma l'agente lo accetta come conseguenza even tuale della propria condotta. 97. Loggetto del dolo Oggetto del dolo tutto ci che il soggetto deve rappresentarsi e volere per es sere in dolo: cio il fatto oggettivo del reato, nel dolo generico, e altres il fine richiesto dalla norma, nel dolo specifico. Il fatto va determinato - per quanto ri guarda gli elementi dubbi - in base alla loro incidenza sulla offensivit e, quin di, sulla illiceit del fatto. E va altres inteso come fatto tipico, astratto, essen do necessario e sufficiente che il dolo investa gli elementi della realt, rilevanti per l'integrazione della fattispecie legale, ed indifferente la erronea presenta zione di elementi storici diversi dai suddetti. E tra gli elementi del fatto alcuni possono essere solo rappresentati mentre altri possono e debbono essere anche voluti. Costituiscono soltanto oggetto di rappresentazione: 1. tutti gli elementi positivi naturalistici, precedenti e concomitanti, alla con dotta; 2. gli elementi negativi del fatto, cio l'assenza di situazioni previste dalla leg ge come scriminanti, generali o speciali. Costituiscono invece oggetto di rappresentazione e volizione: 1. la condotta; 2. l'evento naturale quale conseguenza della condotta. Nei reati omissivi propri il dolo costituito dalla rappresentazione del presup posto del dovere di agire e dalla volont di non compiere l'azione doverosa. Nei reati omissivi impropri dalla rappresentazione dell'obbligo giuridico extrapenale di garanzia e dei presupposti di esso oltre che dalla volont di non tene re l'ultima azione impeditiva e dall'evento materiale quale conseguenza di tale omissione. Ma il perenne problema del dolo se esso abbracci anche la consapevolezza del disvalore del fatto, non essendosi mai acquietata la dottrina sulla sufficien za della mera conoscenza e volont del solo fatto materiale, che ridurrebbe il dolo a categoria esangue e asignificativa. Di fronte alla irrinunciabile esigenza di una pi intima partecipazione psichica nel soggetto al fatto, una pi recente dottrina richiede la coscienza di offendere l'interesse protetto dalla norma, cer cando di fondare l'assunto sulla base del diritto positivo.

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Occorre distinguere tra: 1. il dolo dei reati di offesa, che richiede anche la coscienza e volont della offensivit, e la conoscibilit della illiceit penale; 2. Il dolo dei reati di scopo o di mera creazione legislativa, che richiede la co scienza e volont del mero fatto materiale tipico, ma non dell'offensivit e la conoscibilit della illiceit penale del fatto. 98. Laccertamento del dolo L'accertamento del dolo consiste nelle seguenti operazioni: a) nel considerare tutte le circostanze esteriori, che in qualche modo possono essere espressione degli atteggiamenti psichici o comunque accompagnarli o essere con essi collegate; per cui l'ambito delle circostanze significative non pu essere, aprioristicamente, determinato dal diritto positivo; b) nell'inferire, dall'esistenza di tali circostanze, certe e precise, l'esistenza di una rappresentazione, di una volizione o di un movente, sulla base delle co muni regole di esperienza, del modo in cui vanno comunemente le cose; c) nel valutare le eventuali circostanze che lascino ragionevolmente supporre una deviazione dal modo in cui vanno normalmente le cose. 99. Le forme del dolo Una prima distinzione tra: dolo generico, proprio della maggior parte dei reati, quando la legge richie de la semplice coscienza e volont del fatto materiale, essendo indifferente per l'esistenza del reato il fine per cui si agisce; dolo specifico, tipico di particolari figure criminose, quando la stessa legge esige, oltre alla coscienza e volont del fatto materiale, che il soggetto agi sca per un fine particolare, che appunto previsto come elemento soggetti vo costitutivo della fattispecie legale, ma che sta oltre il fatto materiale ti pico, onde il conseguimento di tale fine non necessario per la consuma zione del reato. Altra distinzione, assai ricorrente, tra: dolo di danno, quando il soggetto vuole ledere il bene protetto; dolo di pericolo, quando il soggetto vuole soltanto minacciarlo. 100.Lintensit del dolo Il giudizio sulla intensit del dolo si ispira a canoni sufficientemente precisi, desumendosi dal grado di partecipazione, di aderenza, della coscienza e della volont al reato. Ne sono criteri di commisurazione il quantum di volont del fatto, il quantum di coscienza del fatto e il quantum di coscienza del disvalore del fatto Fondamentale la distinzione, in ordine di intensit crescente tra: il dolo dimpeto, quando cio la decisione criminosa improvvisa e imme diatamente eseguita, esplodendo repentinamente nell'atto criminoso;

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il dolo di proposito, quando cio intercorre un consistente distacco tempo rale tra il sorgere dell'idea criminosa e la sua esecuzione; il dolo di premeditazione, figura discussa in dottrina e nella pratica giudi ziaria, che tradizionalmente rileva pure come aggravante dell'omicidio e delle lesioni personali. Per aversi premeditazione occorre: un intervallo temporale ampio tra l'insorgere e l'esecuzione del proposito criminoso, tale da consentire una ponderata riflessione; un consolidamento, mediante ma turata riflessione, di tale proposito; una persistenza, tenace ed ininterrotta, del medesimo.

LA COLPA 101.La nozione Per l'articolo 43/1 il delitto " colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se previsto, non voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per l'inosservanza di leggi, regolamenti, ordi ni o discipline. Trattasi, per, di nozione incompleta, che esprime l'ipotesi co mune di colpa, ma non comprende anche la colpa nei reati di mera condotta e la cosiddetta colpa impropria. Essa si completa con il contenuto degli articoli 47, 55, 59, 83. Ma in che cosa consiste la colpa? Le vecchie teorie soggettive sull'essenza del la colpa, pur accogliendo aspetti di verit, non sono esaurienti18 cos come del resto - le teorie soggettive19. Pi esauriente la moderna teoria mista, che ha evidenziato una duplice dimensione e funzione della colpa: oggettiva, consistendo il primo elemento essenziale nella condotta violatri ce della regola cautelare obiettiva, volta a salvaguardare i beni giuridici; soggettiva, consistente il secondo elemento essenziale nella capacit sog gettiva del singolo agente di osservare tale regola. Riteniamo, perci, che l'essenza unitaria della responsabilit colposa debba ravvisarsi nel rimprovero al soggetto per avere realizzato, involontariamente ma pur sempre attraverso la violazione di regole doverose di condotta, un fat

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La teoria tradizionale e di antica origine della prevedibilit, per cui la colpa consiste nella mancata previsio ne di un evento prevedibile, il quale proprio in quanto tale sarebbe imputabile al soggetto, non tiene conto a) che la colpa pu sussistere nonostante la previsione dell'evento, come appunto nella cosiddetta colpa co sciente; b) rispetto alle attivit rischiose, ma giuridicamente autorizzate, la indubbia prevedibilit dell'even to non basta affatto a legittimare una responsabilit colposa. Analoghi rilievi possono muoversi alla teoria della evitabilit, per cui la colpa consiste nel non avere evitato l'evento evitabile: non sempre il verificarsi di un evento evitabile basta di per s a dar luogo ad una respon sabilit per colpa. Allo stesso modo non pu accogliersi la tesi dell'errore , per cui la colpa trae sempre origi ne da un errore nella valutazione o nella esecuzione. 19 Non pu condividersi la tesi che ravvisa l'essenza della colpa nella violazione di un dovere di attenzione, poi ch pu sussistere colpa anche senza alcun difetto di attenzione, come appunto nella colpa per imperizia. Stessa sorte per la tesi che individua l'essenza della colpa nella inosservanza di regole doverose di condotta, vol te a prevenire eventi dannosi, per l'opposta ragione che una tale inosservanza, da un lato, ben pu essere co mune anche al dolo e, dall'altro, non da luogo di per se a colpa, ma solo nei casi in cui l'osservanza della re gola poteva pretendersi dal soggetto, quando cio l'inosservanza sia inescusabile.

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to di reato, che egli poteva evitare mediante l'osservanza, esigibile, di tali re gole. Tre sono, pertanto, gli elementi costitutivi e caratteristici della colpa: 1. l'elemento negativo della mancanza della volont del fatto materiale tipico; 2. l'elemento oggettivo della inosservanza delle regole di condotta, dirette a prevenire danni a beni giuridicamente protetti; 3. l'elemento soggettivo della attribuibilit di tale inosservanza al soggetto agente, dovendo avere egli la capacit di adeguarsi a tali regole e potendo si, pertanto, pretenderne da lui losservanza. 102.La mancanza di volont del fatto Poich il dolo rappresentazione e volont del fatto materiale tipico, per aversi colpa occorre, innanzitutto, che l'agente non abbia voluto, n direttamente n indirettamente, tale fatto. Per la configurabilit della colpa, pertanto, suffi ciente la mancanza della coscienza o della volont di almeno uno degli ele menti positivi oppure l'erroneo convincimento della esistenza di un elemento negativo. Per questo motivo non ha ragione di essere la tradizionale distinzione tra colpa propria e colpa impropria, nella quale l'evento voluto ma l'agente ri sponde di reato colposo20. La colpa configurabile non solo quando non voluto l'evento ma anche quan do il soggetto, pur avendo voluto l'evento, non si sia rappresentato un qualsiasi altro elemento positivo o negativo. Sulla base delle premesse sovraesposte del tutto legittima appare, invece, la di stinzione tra colpa incosciente, che si ha quando l'evento non voluto e nem meno previsto dall'agente, e colpa cosciente (o con previsione dell'evento), po sta in rilievo dalla dottrina solo in tempi pi recenti e costituente ipotesi pi rara, che si ha invece, quando l'evento, pur non essendo voluto, tuttavia previ sto dall'agente21. Dolo e colpa possono differenziarsi gi rispetto alla condotta, che nel dolo de v'essere effettivamente voluta, mentre nella colpa pu essere voluta o anche non voluta, purch impedibile. Il requisito della mancanza di volont del fatto si atteggia in modo diverso a seconda che si tratti di reati colposi di evento o reati colposi di pura condotta. Nei primi sufficiente che non sia voluto l'even to, mentre la condotta pu essere cosciente e volontaria oppure essere anche essa incosciente e involontaria, pur se impedibile. 103.Linosservanza delle regole di condotta Il secondo requisito, oggettivo, della colpa la inosservanza delle regole di condotta, dirette a prevenire gli eventi dannosi involontari e, perci, a salva guardare i beni giuridici. Quanto alle fonti, occorre distinguere:
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Darebbero luogo ad una colpa impropria i tre casi eccezionali contemplati dal nostro ordinamento:1) l'ec cesso colposo nella causa di giustificazione; 2) la supposizione colposa di una causa di giustificazione inesi stente; 3) l'errore sul fatto determinato da colpa. 21 La differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente sta nell'accettazione o meno del rischio.

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regole di condotta non scritte, quali sono appunto le regole sociali, di dili genza, di prudenza e di perizia; regole di condotta scritte, cio cristallizzate in leggi, regolamenti, discipli ne, ordini. Quanto all'identificazione, le regole di condotta, scritte o non scritte, non pos sono non avere un carattere obiettivo, tale essendo la loro funzione preventiva. Possono pertanto dirsi regole di condotta preventive quelle che prescrivono comportamenti, attivi od omissivi, non tenendo i quali prevedibile e tenendo i quali prevenibile un evento dannoso, secondo la migliore scienza e espe rienza specifiche. Quanto al contenuto, le regole di condotta possono prescrivere, a seconda dei tipi di attivit: di astenersi dall'attivit pericolosa onde impedire l'insorgere del rischio; non di astenersi dalla attivit pericolosa, ma di adottare misure cautelari per contenere il rischio, onde impedire l'insorgere di un ulteriore rischio; di informarsi; di informare.

104.Lattribuibilit dellinosservanza allagente Per evitare forme di responsabilit oggettiva occulta occorre che la colpa sia all'agente anche soggettivamente imputabile, rimproverabile. Occorre anzitutto distinguere tra: colpa cosciente, che ha una indubbia base psicologica, essendo l'evento collegato soggettivamente all'agente dalla previsione e nella quale il rim provero di non aver osservato certe regole precauzionali, pur avendo pre veduto l'evento; colpa incosciente, che, mancando anche della previsione dell'evento, con cetto soltanto normativo e rispetto alla quale il rimprovero di non avere osservato certe regole precauzionali per non aver previsto l'evento, prevedi bile. Quanto alla cosiddetta colpa generica, insostituibile il criterio, anche ai fini dell'accertamento, della prevedibilit dell'evento e della prevenibilit o evita bilit del medesimo che vanno determinante, innanzitutto, tenendo presente tutte le circostanze in cui soggetto si trova ad operare in base al parametro rela tivistico dell'agente modello, cio dell'uomo giudizioso ejusdem professionis et condicionis. Ne discende: che individuabile una pluralit di agenti modello in corrispondenza dei diversi tipi di attivit e condizioni; che lo stesso soggetto pu essere ricondotto a pi agenti modello in rappor to alla specifica attivit svolta;

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che il giudizio sulla colpa relativo in quanto l'evento pu essere prevedi bile e evitabile per un'agente modello e non per un altro; che pertanto, quando l'evento poteva ritenersi prevedibile ed evitabile dal modello di soggetto cui l'agente appartiene, questi non solo ha posto in es sere una condotta obiettivamente pericolosa ma altres rimproverabile per essere stato imprudente, negligente, imperito22. Quanto alla cosiddetta colpa specifica, non vi , rispetto alla dimensione ogget tiva, differenza con la colpa generica: entrambe richiedono l'inosservanza della regola cautelare. Circa la dimensione soggettiva, mentre per la colpa generica occorre accertare caso per caso la prevedibilit ed evitabilit da parte dell'uo mo ejusdem professionis et condicionis, per la colpa specifica controverso se occorra analogo accertamento concreto oppure se basti accertare la inosservan za della regola cautelare scritta e la riconducibilit dell'evento cagionato al tipo di evento che tale regola intende prevenire. L'inosservanza delle norme cautelari scritte comporta responsabilit colposa non per tutti gli eventi cagionati, ma solo per quelli del tipo che esse mirano a prevenire, cio evitabili con la loro osservanza. D'altro canto l'osservanza delle norme cautelari scritte fa venire meno la responsabilit colposa quando esse siano esaustive delle regole prudenziali realisticamente esigibili rispetto a quel la specifica attivit o situazione pericolosa. Pu residuare, invece, una colpa generica, quando tali norme siano non esaustive delle regole prudenziali adot tabili e, perci, l'agente debba rispettare anche regole cautelari non scritte. Di maggiore rilevanza pratica la distinzione tra: colpa comune - che riguarda le attivit lecite perch non proibite - caratte rizzata dalla inosservanza di regole di condotta finalizzate alla prevenzione di qualsiasi misura di rischio e dalla prevedibilit dell'evento; colpa speciale o professionale - che riguarda le attivit giuridicamente au torizzate perch socialmente utili, anche se per natura rischiose - caratteriz zata dalla inosservanza di regole di condotta finalizzate alla prevenzione non del rischio dall'ordinamento consentito ma di un ulteriore rischio non consentito e dalla prevedibilit, non adottando tali misure, dell'evento. Nei casi di situazioni di rischio, implicanti le attivit concorrenti di soggetti con obblighi divisi, il problema della colpa va risolto in base al principio del l'affidamento nel corretto comportamento degli altri soggetti. E ci nei due se guenti casi, volti ad evitare esasperate parcellizzazioni della responsabilit: 1. della previsione o prevedibilit ed evitabilit, in rapporto alle circostanze concrete, della pericolosit del comportamento scorretto altrui; 2. dello specifico obbligo del soggetto, per la sua particolare posizione gerar chica, di prevenire o correggere l'altrui scorretto agire. Infine, la colpa pu cadere sotto tutti gli elementi del fatto tipico, commissivo ed omissivo: sui presupposti, sull'oggetto materiale, sulla condotta, sulla scelta della condotta idonea ad impedire l'evento e sulla esecuzione di tale condotta.

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La evitabilit esclusa nei casi di inutilit del comportamento alternativo corretto.

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105.Le forme e il grado della colpa Circa i criteri di graduazione, attengono alla dimensione soggettiva della colpa: 1. la consapevolezza o meno di tenere una condotta pericolosa, di creare una concreta situazione di pericolo e, quindi, della previsione o meno dell'even to dannoso come risultato verosimile della condotta, essendo ben maggiore la riprovevolezza del primo caso. Sottostanti criteri conseguenti sono, nel la colpa cosciente, il quantum di previsione; nella colpa incosciente, il quantum di prevedibilit dell'evento. 2. il quantum di esigibilit della osservanza delle regole cautelari, essendo la colpa pi o meno grave a seconda che si possa pretendere, in misura mag giore o minore, il rispetto di tali regole da parte del soggetto agente. Criteri attinenti alla dimensione soggettiva della colpa sono il quantum di evi tabilit, variando il grado della colpa a seconda che l'evento fosse altamente, mediamente o scarsamente prevedibile, astenendosi dalla condotta tenuta; il quantum di divergenza tra condotta doverosa e quella tenuta, essendo la colpa tanto maggiore quanto pi il soggetto si discostato dalla regola di condotta, che doveva osservare. LA PRETERINTENZIONE 106.La definizione e la struttura Il delitto preterintenzionale, o oltre l'intenzione, quando dalla azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso pi grave di quello voluto dall'agente. Quanto alla struttura, nel delitto preterintenzionale vi la volont di un evento minore, che ne rappresenta la base dolosa, e la non volont di un evento pi grave, neppure a titolo di dolo eventuale, che pur sempre conseguenza della condotta dell'agente. Si discute se la preterintenzione sia un dolo misto a colpa oppure un dolo misto a responsabilit oggettiva. Riteniamo che debba accogliersi l'antica e diffusa teoria del dolo mista a colpa per pi ragioni: perch sul piano sistematico, essa sola spiega perch il legislatore abbia previsto la preterintenzione come figura intermedia, fra il dolo e la colpa, inserendola materialmente tra l'una e l'altra; perch essa sola ne spiega la previsione come figura distinta dalla respon sabilit oggettiva, ad essa contrapponendo l'articolo 42. LELEMENTO SOGGETTIVO NELLE CONTRAVVENZIONI 107.La particolare disciplina dellart. 42/4 c.p. Nelle contravvenzioni l'elemento soggettivo ha una disciplina diversa da quella prevista per i delitti. l'articolo 42/4 dispone, infatti, che "nelle contravvenzioni

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ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa". Tale disposizione ha dato luogo, subito dopo l'en trata in vigore del codice, a due contrapposte interpretazioni. Per una prima opinione, nelle contravvenzioni sarebbero sufficienti la coscienza e volont della condotta, mentre non si richiederebbe n il dolo n la colpa: esse sarebbe ro, perci, imputabili a titolo di responsabilit oggettiva. Per altra opinione non basta la suitas della condotta, ma occorre anche il concorso del dolo o della colpa: pu esserci indifferentemente il dolo o la colpa, ma pur sempre neces saria quanto meno la colpa. Quest'ultima interpretazione, non contrastata e adottata dopo non poche oscil lazioni anche dalla corte di cassazione, quella imposta gi da la stessa formu lazione dell'articolo 42/4, dove l'inciso "sia essa dolosa o colposa", che altri menti sarebbe superfluo, sta appunto ad indicare che indifferente il dolo o la colpa, ma non che si pu prescinderne. Contrasti permangono, invece, circa l'accertamento di tale elemento soggetti vo. L'accertamento del dolo o della colpa appare essere necessario in tutti i casi, e non solo eventuale come sembrerebbe desumersi dall'articolo 42/2. L'ac certamento del dolo o della colpa essenziale per la stessa punibilit del fatto rispetto a quelle contravvenzioni che, per la loro intrinseca natura o per tecnica di formulazione legislativa, possono essere soltanto dolose oppure soltanto col pose. LE CAUSE DI ESCLUSIONE DELLA COLPEVOLEZZA 108.Lerrore in generale Le cause di esclusione della colpevolezza o scusanti sono cause che escludono la punibilit in quanto escludono la colpevolezza, per mancanza di rimprovera bilit, rispetto ad un fatto che oggettivamente resta illecito. L'errore falsa co noscenza della realt, naturalistica o normativa. A seconda del momento dell'i ter criminis su cui l'errore incide, occorre procedere alla fondamentale distin zione tra: errore motivo, che cade nel momento ideativo del fatto, sul processo for mativo della volont, la quale nasce perci viziata da una falsa rappresenta zione del reale; errore inabilit, che cade nella fase esecutiva del reato, cio nella fase in cui la volont si traduce in atto. Esso viene in considerazione nelle ipotesi del cosiddetto reato aberrante. 109.Il problema dellerrore Il problema della rilevanza dellerrore motivo tra i pi irti di difficolt e di controversie. Non pu infatti essere correttamente impostato e risolto sulla base della natura dellerrore ovvero attraverso lantica contrapposizione fra er rore sul precetto o errore sul fatto: su tale base non si mai riusciti a dare una spiegazione allerrore sulla legge extrapenale richiamata dalla norma penale.

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Mentre in certi paesi viene assorbito nellerrore sulla legge penale, e non scusa (come in Francia), in altri viene equiparato allerrore di fatto, e scusa. Entram be le soluzioni peccano per eccesso, poich non consentono di distinguere a se conda che lerrore sulla legge extrapenale equivalga, negli effetti psicologici ultimi, allerrore sulla legge penale oppure allerrore di fatto. Presupposto necessario perch lagente possa rendersi conto di agire in modo offensivo, antisociale e illecito che egli abbia la coscienza e volont di porre in essere un fatto identico a quello tipico e non un fatto diverso: quindi lerrore esclude il dolo a seconda che precluda o meno la coscienza e volont del fatto, previsto dalla norma penale. Il criterio razionale di distinzione recepito dagli artt. 5 e 47 quello tra: errore sul precetto penale, che si ha quando il soggetto si rappresenta e vuole un fatto che perfettamente identico a quello previsto dalla norma penale, ma che egli, per errore su questa, crede che non sia illecito e non costituisca reato; errore sul fatto, che costituisce il reato che si ha quando il soggetto, che ben pu avere una conoscenza della norma penale, crede di realizzare un fatto diverso da quello da essa previsto. Nel primo caso il soggetto erra sulla sola fattispecie legale, sulla qualificazione penale del fatto commesso; nel secondo sulla fattispecie concreta, sulla corri spondenza del fatto commesso alla fattispecie legale. In ultima analisi, la differenza fra errore sul divieto ed errore sul fatto consiste nella identit nel primo, e nella diversit nel secondo, del fatto voluto rispetto al fatto incriminato dalla norma. 110.Lerrore sul precetto dovuto ad errore su legge penale o extrapenale Lerrore sul precetto pu trarre origine: direttamente, dalla ignoranza od erronea interpretazione o sensopercezione della stessa legge penale; indirettamente, dalla ignoranza o dalla erronea interpretazione o sensoper cezione della legge extrapenale richiamata dalla norma penale, nelle sole e non frequenti ipotesi in cui tale errore di diritto extrapenale non si traduca anche in un errore sul fatto. Quanto alla disciplina, lerrore sul precetto cade sotto il disposto dellart. 5, che sancisce il principio dellerror vel ignorantia legis non excusat non pi in termini assoluti, ma solo se trattasi di ignoranza o di errore evitabili. 111.Lerrore sul fatto dovuto ad errore di fatto Lerrore sul fatto pu essere determinato: 1. da un errore di fatto, cio dalla mancata o imperfetta percezione o valuta zione di un dato della realt naturalistica; 2. da un errore sulla legge extrapenale richiamata;

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da errore sulla legge penale o su norma extragiuridica, richiamate. Per cadere sul fatto che costituisce reato, in modo che il soggetto ritenga di porre in essere un fatto concreto diverso da quello vietato dalla norma penale, lerrore deve essere essenziale, cio deve avere per oggetto uno o pi degli ele menti oggettivi richiesti per lesistenza del reato. Cominciamo dallerrore di fatto. Ne possono costituire oggetto: 1. gli elementi positivi del fatto materiale di reato, cio la condotta, gli ele menti ad essa preesistenti o concomitanti, levento, il nesso causale; 2. gli elementi negativi del fatto (assenza di scriminanti), come si ha appunto nella erronea supposizione della esistenza di una scriminante o, pi breve mente, nella scriminante putativa. Lerrore di fatto pu aversi anche rispetto agli elementi normativi. Quanto alla disciplina, in conformit del principio della responsabilit persona le lart. 47/1 dispone, in via generale, che lerrore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilit dellagente. Nondimeno, se si tratta di errore deter minato da colpa, la punibilit non esclusa, quando il fatto previsto dalla legge come delitto colposo. Dagli artt. 47/1 e 59/4 si desume, innanzitutto, che lerrore sul fatto, derivante da errore di fatto, esclude sempre e necessariamente il dolo in quando lagente si rappresentato ed ha voluto un fatto diverso da quello previsto dalla norma penale. La colpa non viene meno quando, viceversa, lerrore sia colpevole o inescusa bile, cio dovuto a imprudenza, negligenza, ecc. e perci evitabile osservando le dovute regole di attenzione e precauzione. In tal caso il soggetto risponder per colpa, allorch la legge preveda il fatto come delitto colposo.
3.

112.Lerrore sul fatto dovuto ad errore su legge extrapenale Lart. 47/3 dispone che lerrore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilit quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato. Distingue cos fra: un errore sulla legge extrapenale che si risolve in un errore sul fatto e che, pertanto, scusa; un errore sulla legge extrapenale che si risolve non in un errore sul fatto e che, perci, non scusa. Non distinguendosi chiaramente tra errore di fatto e errore sul fatto, non si capito che lerrore sulla legge extrapenale irriducibile allerrore di fatto, ma ben pu dare luogo ad un errore sul fatto23. Anche il problema dellerrore sulla legge extrapenale va risolto sulla base degli effetti psicologici ultimi delloggetto finale di esso: a seconda cio che esso si limiti soltanto ad un errore sul precetto oppure si traduca anche in un errore sul fatto.

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Un errore di diritto extrapenale pu tradursi in un errore sul fatto quando la legge extrapenale richiama ta dalla stessa norma penale per il tramite degli elementi normativi

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Quando lerrore extrapenale non si esaurisce in un errore sul precetto, ma com porta un errore sul fatto, esso ontologicamente identico, negli effetti psicolo gici ultimi, allerrore sul fatto determinato da un errore di fatto. In entrambi i casi lagente vuole un fatto concreto diverso da quello vietato dalla norma pe nale, quindi agisce senza la coscienza delloffensivit-illiceit del fatto e non gli neppure rimproverabile, perch irrilevante, la eventuale ignoranza, evita bile, della legge. Per maggiore chiarezza, va precisato che si ha sempre errore sul precetto quan do lerrore cade sul significato penalistico dellelemento normativo. Invece configurabile un errore sul fatto quando lerrore cade sulle norme extrapenali richiamate, le quali vengono in considerazione dopo che stato definito in base alla ratio della norma penale il significato penalistico di tale elemento. Danno luogo ad errore sul fatto anche: lerrore su legge extrapenale nelle ipotesi di antigiuridicit o illiceit spe ciale; lerrore sulla legge extrapenale, richiamata dagli elementi normativi delle scriminanti. Quando lerrore sulla legge extrapenale non comporti un errore sul fatto, ma si limiti ad un errore sul precetto, sulla sola norma penale, esso ontologicamen te identico, negli effetti psicologici, allerrore che cade, direttamente, sulla stessa norma incriminatrice. Qualora lerrore riguardi norme penali richiamate nella fattispecie criminosa (cio norme di origine penale ma diverse dalla norma penale violata nella spe cie), occorre risolvere il problema sulla base dei principi generali in materia di dolo, dovendosi distinguere se tale errore si esaurisce al precetto o si traduce in un errore sul fatto, e non soltanto allerrore di fatto, che dellerrore sul fatto co stituisce solo unipotesi. Negli stessi termini va pure risolto il problema dellerrore sulla norma extra giuridica richiamata da un elemento normativo extragiuridico della fattispecie criminosa24. 113.Il reato putativo Si ha reato putativo quando il soggetto crede di commettere un fatto che costi tuisca reato, mentre reato non . Lerrore agisce, qui, in senso inverso rispetto allerrore finora considerato. Ispirato al principio oggettivistico, il nostro codice coerentemente sancisce che non punibile chi commette un fatto non costituente reato nella supposizione erronea che esso costituisca reato.

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v. anche pagg. 378-379 Mantovani.

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114.Laberratio Anche nellaberratio si ha una divergenza fra il voluto e il realizzato, dovuta per a cause non incidenti sulla fase formativa, ma sulla fase esecutiva della volont: cio ad un errore inabilit o ad altri fattori. Si distingue fra: aberratio causae: si ha quando il processo causale si svolto in modo di verso da come laveva previsto e voluto lagente, pur avendo egualmente prodotto levento25. aberratio ictus: si ha quando per errore nelluso dei mezzi di esecuzione del reato o per unaltra causa, cagionata offesa a persona diversa da quel la alla quale loffesa era diretta26. aberrattio delicti: si ha quando fuori dai casi gi visti si cagiona un evento diverso da quello voluto per errore nelluso dei mezzi di esecuzione27. LA RESPONSABILIT OGGETTIVA 115.La nozione La responsabilit oggettiva consiste nel porre a carico dellagente un evento sulla base del solo rapporto di causalit, indipendentemente dal concorso del dolo o della colpa. Lagente , pertanto, chiamato a rispondere dei risultati del la sua condotta, anche se rispetto ad essi nessun rimprovero pu essergli mos so, neppure di semplice leggerezza. La responsabilit oggettiva espressa costituita dalle ipotesi espressamente previste in non poche legislazioni penali, comprese la nostra. Lart. 42 dopo aver stabilito che nessuno pu essere punito per un fatto previsto come delitto se non lha commesso con dolo, salvo i casi di delitto preterintenzionale o col poso espressamente previsti dalla legge, aggiunge che la legge determina i casi nei quali levento posto altrimenti a carico dellagente come conseguenza della sua azione od omissione. La responsabilit oggettiva occulta riguarda quelle ipotesi, o quei coefficienti, di responsabilit oggettiva, che si annidano nello stesso concetto di colpevolez za e nelle sue specifiche forme del dolo e della colpa, quando non siano non solo concepiti ma anche concretamente applicati in termini di autentica re sponsabilit colpevole. 116.I reati qualificati dallevento Si dicono qualificati o aggravati dallevento i reati che subiscono un aumento di pena allorch derivi un ulteriore evento che viene posto a carico dellagente per il solo fatto di essere stato causato dalla sua condotta criminosa, a prescin dere dal dolo o dalla colpa.
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Es. Tizio getta nel fiume, perch muoia affogato, Caio che muore invece battendo su una roccia. Si ha aberratio ictus bioffensiva qualora oltre la persona offesa, sia offesa anche quella alla quale loffesa era diretta; aberratio plurioffensiva nei casi in cui, oltre alla persona presa di mira, si offendano pi persone diver se ovvero, rimasta illesa la prima, si offendano altre persone. 27 Es. Tizio vuole danneggiare una vetrina con un sasso e, per sbaglio, ferisce un passante.

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Controversa la natura dei reati qualificati dallevento. Per una opinione pre valente sarebbero figure di reati circostanziati. Da altri si nega la natura unita ria, poich solo certe ipotesi costituirebbero reati circostanziati, mentre altre costituirebbero figure autonome di reato: e tra queste sarebbero riconducibili al delitto preterintenzionale quelle in cui levento ulteriore deve essere non volu to. Con la diversit di conseguenze pratiche, quale anzitutto la assoggettabilit o meno al bilanciamento previsto per le circostanze. Il sottolineare, come fa giustamente certa dottrina, lanalogia di struttura tra la categoria dei delitti qualificati dallevento non voluto e il delitto preterinten zionale, poich anche in quelli il risultato maggiore andato oltre l'intenzione, o il ravvisarvi un vero e proprio delitto preterintenzionale, si riduce, per, ad un problema soprattutto classificatorio, se poi si considerano le due categorie di delitti come le ipotesi pi significative di responsabilit oggettiva. In en trambi i casi l'evento ulteriore andrebbe, infatti, posto a carico dellagente sulla base del solo rapporto causale, in applicazione del vieto canone del versari in re illicita. Gi de jure condito, una completa revisione di tale categoria di delitti pu aversi allorch si ritenga, come crediamo, che la preterintenzione sia un dolo misto a colpa. In questo modo essi vengono riportati nell'ambito della colpevo lezza, in conformit del principio della responsabilit personale. E si d, altre s, un senso al fatto che il legislatore abbia previsto la preterintenzione come categoria generale, immiserita invece dalla dottrina, inverosimilmente, alla sola ipotesi dell'art. 584. Non costituisce ostacolo insuperabile il fatto che anche i suddetti delitti quali ficati dall'evento darebbero vita ad una figura non autonoma ma aggravata di reati: mentre da un lato non esistono prove che l'art. 43/3 consideri il delitto preterintenzionale come figura necessariamente autonoma, e non si mancato di sostenerne la natura di reato circostanziato, dall'altro una corretta applicazio ne dei criteri distintivi tra elementi costitutivi ed elementi aggravanti del reato porta a concludere che sono figure autonome e non circostanziate quanto meno le ipotesi pi significative e ricorrenti dei delitti qualificati dallevento. N osta il fatto che i delitti preterintenzionali debbano essere, ex. art. 42, previsti espressamente dalla legge come tali: esigenza gi soddisfatta dal fatto che i sin goli reati qualificati dallevento presentano i requisiti tipici richiesti dalla defi nizione generale di preterintenzione. Ora, poi, che tutte le circostanze sono soggette a bilanciamento, si evita, altre s, per questa via che l'evento ulteriore, quale anzitutto la morte o le lesioni, possa degradare a mera circostanza bilanciabile con altre attenuanti del tutto eterogenee. Cosa che sarebbe comunque ampiamente compensata dal ricupero dei delitti qualificati dall'evento al principio della colpevolezza. De jure condendo, sulla scia della riforma operata in Germania, ove i reati ag gravati dall' evento costituivano l'ultima isola di responsabilit oggettiva

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espressa, se ne propone il ricupero al campo della colpevolezza attraverso l'im putazione dell'evento ulteriore per colpa (e riproporzionando altres le pene delle singole ipotesi di parte speciale con quelle dei reati colposi: soluzione adottata anche dal Progetto del 1953 attraverso la gi vista modifica dell' art. 42/3. Ma ne viene pi radicalmente auspicata anche la eliminazione, totale o parziale (volta cio a circoscriverne la categoria), con conversione alla comune disciplina del concorso formale tra reato doloso e reato colposo. O anche attra verso la riformulazione delle ipotesi, configurate come reati a consumazione anticipata (es.: calunnia), in reati di danno, ove la non verificazione dell'evento dar luogo a tentativo punibile. Soluzione che, mentre sul piano politico-crimi nale non sembra comportare alcuna sovversione della generalprevenzione, sul piano dommatico e pratico comporta una grande semplificazione, data la quan tit e complessit di da tale complicatoria categoria di reati. 117.I reati di stampa Per il nuovo art. 57 sulla stampa periodica, salva la responsabilit dellautore della pubblicazione e fuori dai casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui di retto il controllo necessario ad impedire che con il mezzo della pubblicazione siano commessi reati, punito, a titolo di colpa, se un reato commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo. Lautonomo reato dellart. 57 : un reato proprio, essendone autori il direttore o il vicedirettore responsabi le; un reato omissivo improprio, consistente nel non impedire, omettendo il necessario controllo, la commissione del reato per mezzo della pubblica zione; un reato colposo, poich il mancato impedimento dellevento deve essere non voluto, ma attribuibile a colpa del direttore, accertabile caso per caso. Pertanto il direttore risponder: a) di concorso doloso nel reato commesso dallautore della pubblicazione; b) del reato colposo dellart. 57, quando il controllo abbia omesso non con in tenzione agevolatrice n accettando il rischio di tale evento, sempre che questo fosse prevedibile ed evitabile e nulla importando che lomissione del controllo sia stata volontaria oppure involontaria; c) di nessun reato quando lomesso controllo impeditivo non sia dovuto nep pure a colpa. Nellipotesi di stampa non periodica o di stampa clandestina, la disciplina pre vista dallart. 57 per il direttore si applica alleditore, se lautore della pubbli cazione ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se leditore non indicato o non imputabile.

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LE FORME DI MANIFESTAZIONE DEL REATO IL REATO CIRCOSTANZIATO 118.Le circostanze Il reato pu assumere aspetti particolari, che pur se non essenziali per la sua esistenza danno luogo, per, a conseguenze giuridiche diverse. Tali differenti modi di atteggiarsi vengono trattati in quel capitolo della teoria generale del reato che ormai va sotto il nome di forme di manifestazione del reato. Fra tali forme eventuali vengono comunemente comprese: il reato circostanziato; il reato tentato; il concorso di reati; il concorso di persone nel reato. Le circostanze sono elementi accidentali, accessori, del reato. Come tali non sono necessari per la sua esistenza ma incidono sulla sua gravit o rilevano come indice della capacit a delinquere del soggetto, comportante una modifi cazione, quantitativa e qualitativa, della pena. La loro presenza trasforma il reato semplice in reato circostanziato, aggravato o attenuato. Il nostro diritto resta fondamentalmente ancorato al duplice principio della tas sativit delle circostanze e della obbligatoriet della loro applicazione. Il prin cipio di tassativit subisce taluni temperamenti, pi accentuati nelle leggi spe ciali che rappresentano delle aperture verso i valori concreti del fatto. Accanto ad un vasto sistema di circostanze definite che sono espressamente individuate dalla legge nei loro specifici elementi costitutivi, sono previste anche circo stanze indefinite la cui individuazione rimessa, in maggiore o minore misura, alla discrezionalit del giudice. Il principio dell'obbligatoriet, enunciato dallo stesso articolo 59/1, vale per ogni tipo di circostanza, definita o indefinita. Circa gli effetti, le circostanze, oltre alla modificazione della pena, determinano gli ulteriori effetti di rilevanza edittale, concernenti principalmente: la prescrizione del reato; la procedibilit; la competenza; le misure cautelari personali e dellarresto. 119.Lindividuazione delle circostanze Problema primario stabilire quand che un elemento deve considerarsi costi tutivo del reato o circostanziante e, pertanto, se si abbia un reato autonomo o un reato circostanziato. Premesso che il problema non si pone per le circostan ze estrinseche, nella maggior parte dei casi la stessa legge ad indicare - nella rubrica o con le formule d'uso - che si tratta di una circostanza, pur se non pu sempre attribuirsi alla nomenclatura legislativa un valore decisivo. Il criterio distintivo generale, che per la sua intrinseca razionalit dovrebbe essere scru polosamente seguito anche dal legislatore, va desunto dalla diversa funzione

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degli elementi costitutivi e degli elementi circostanzianti. Poich i primi carat terizzano un tipo di reato ed i secondi non immutano tale tipo di reato, ma ne graduano soltanto la gravit, possono costituire circostanze solo gli elementi specializzanti di corrispondenti elementi della fattispecie incriminatrice sem plice. Al contrario, non potr mai costituire circostanza l'elemento che, anzich spe cificare, si sostituisca al corrispondente elemento o si aggiunga agli elementi di altra fattispecie. Il criterio esposto ha il duplice merito: a) di riportare tutta una serie di ipotesi, oggi considerate specie dalla giuri sprudenza come aggravanti, nel campo della piena colpevolezza; b) di preludere, tanto pi di fronte all'attuale crisi del valore della vita e inte grit fisica, l'assurdo logico e giuridico che le lesioni, ancor pi se gravi o gravissime, e la morte possano essere bilanciate con circostanze attenuanti del tutto eterogenee ed essere, addirittura, dichiarate soccombenti, con con seguente applicazione della pena nei limiti del reato base. 120.La classificazione delle circostanze Le circostanze si distinguono, oltre che in definite e indefinite ed in obbligato rie e facoltative, come gi visto, in: comuni e speciali, a seconda che siano previste per un numero indetermina to di reati, cio per tutti reati con cui non siano incompatibili, oppure per uno pi reati determinati; aggravanti e attenuanti, a seconda che comportino un inasprimento od una attenuazione della pena prevista per il reato semplice; ad efficacia comune e ad efficacia speciale , a seconda che la legge stabili sca la misura della pena in modo indipendente dalla pena ordinaria del rea to oppure stabilisca tale misura in modo indipendente o una pena di specie diversa; oggettive e soggettive: distinzione posta dall'articolo 70 e di particolare im portanza nel concorso di persone ai fini della comunicabilit delle circo stanze ai concorrenti secondo l'originaria disciplina dell'articolo 118, ma pressoch privata di ogni pratica rilevanza dopo la riforma di tale articolo, nonch dell'estensibilit dell'impugnazione. Sono soggettive quelle che ri guardano: a) la natura, la specie, i mezzi, loggetto, il tempo, il luogo ed ogni altra modalit dell'azione; b) la gravit del danno o del pericolo; c) le condizioni o le qualit personali delloffeso. Sono soggettive quelle che riguardano: a) le condizioni o le qualit personali del colpevole; b) lintensit del dolo o il grado della colpa; c) i rapporti tra colpevole offeso. Cos pure quelle inerenti alla persona del colpevole.

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Si possono ancora distinguere le circostanze in antecedenti, concomitanti e susseguenti. Inoltre, sono dette intrinseche le circostanze che attengono alla condotta o ad altri elementi del fatto tipico; estrinseche quelle che sono estra nee all'esecuzione e consumazione del reato, consistendo in fatti successivi, e che attengono pi strettamente alla capacit a delinquere. 121.Le aggravanti comuni Il codice del 1930, a differenza di altri codici e della precedente legislazione, prevede non solo attenuanti comuni e speciali e agravanti speciali, ma anche aggravanti comuni. Lart. 61 ne prevede undici: 1. l'avere agito per motivi abietti o futili (sog.): abietto il motivo ripugnante o spregevole; futile quello del tutto sproporzionato alla entit del reato commesso; 2. l'aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a s o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunit di un altro reato (sog.): come ad esempio lomicidio compiuto per derubare la vittima, luccisione del complice per non dividere il bottino, la distruzione del cadavere dellucciso o luccisione del testimo ne; 3. l'avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell'evento (sog.); 4. l'avere adoperato sevizie, o l'aver agito con crudelt verso le persone (sog.): sevizia linflizione di una sofferenza atroce di natura fisica; cru delt linflizione di un patimento morale che rileva parimenti la mancan za di sentimenti umanitari; 5. l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (ogg.): come in caso di calamit na turale per i fenomeni di sciacallaggio; 6. l'avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione spedito per un precedente reato (sog.); 7. l'avere, nei delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patri monio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravit (ogg.); 8. l'avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto com messo (sog.); 9. l'avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qua lit di ministro di un culto (sog.); 10. l'avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale [c.p. 357] o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualit di mi nistro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro

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un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio (ogg.); 11. l'avere commesso il fatto con abuso di autorit o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d'opera, di coabita zione, o di ospitalit (sog.). 122.Le attenuanti comuni Attenuano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze atte nuanti speciali, le circostanze seguenti: 1. l'avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale; 2. l'aver reagito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui; 3. l'avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall'autorit, e il colpevole non delinquente o contravventore abituale o professionale, o delinquente per tendenza; 4. l'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patri monio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuit ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l'avere agito per conseguire o l'avere comunque conseguito un lucro di speciale te nuit, quando anche l'evento dannoso e pericoloso sia di speciale tenuit; 5. l'essere concorso a determinare l'evento, insieme con l'azione o l'omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa; 6. l'avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risar cimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l'esser si, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell'ultimo capoverso del l'articolo 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o atte nuare le conseguenze dannose o pericolose del reato. 123.Le c.d. attenuanti generiche Ai sensi dellart. 62bis il giudice, indipendentemente dalle circostanze preve dute nell'articolo 62, pu prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini dell'applicazione di questo capo, come una sola circostanza, la quale pu anche concorrere con una o pi delle circostan ze indicate nel predetto articolo 62. Per la giurisprudenza e buona parte della dottrina i criteri di massima, cui il giudice deve attenersi, sono quelli indicati dall'articolo 133, che detta appunto le regole generali per l'uso del potere discrezionale del giudice nella determina zione concreta della pena. 124.Limputazione delle circostanze Le circostanze, sia aggravanti che attenuanti, erano imputabili - secondo l'origi nario articolo 59 - obiettivamente: se esistevano, si applicano anche se non co nosciute; se non esistevano, non si applicano anche se ritenute esistenti. Sicch

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erano parimenti irrilevanti sia lignoranza sia l'erronea supposizione della loro esistenza. Riformulando lart. 59/1 e 2, la L. n. 19/1990, oltre a tenere ferma lirrilevanza delle circostanze putative: 1. ha affermato la regola dell'imputazione obiettiva, ovviamente favorevole al reo e mai contestata, per le attenuanti: le circostanze che attenuano la pena sono valutate a favore dellagente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti; 2. ha sancito la regola dell'imputazione almeno colposa per le aggravanti, cio se conosciute o conoscibili: le circostanze che aggravano la pena sono va lutate a carico dell'agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa. In caso di error in persona cio sull'identit della vittima per uno scambio di persona, l'articolo 60 sancisce le seguenti regole: 1. che non sono poste a carico dell'agente le circostanze aggravanti, che ri guardano le condizioni o qualit della persona offesa, o i rapporti tra offeso e colpevole; 2. che sono invece valutate a suo favore le circostanze attenuanti erronea mente supposte, che concernono le condizioni, le qualit e i rapporti pre detti. 125.Il concorso di circostanze Si ha concorso di circostanze quando rispetto ad un medesimo reato si verifica no pi circostanze. Occorre distinguere a seconda che si tratti di: concorso omogeneo cio di circostanze tutte aggravanti o tutte attenuanti dove si fa luogo a tanti aumenti o diminuzioni di pena quante sono le circo stanze concorrenti, salvo i limiti stabiliti dal codice; concorso eterogeneo, cio di circostanze aggravanti ed attenuanti dove il giudice deve procedere al loro bilanciamento, cio ad un giudizio di preva lenza o di equivalenza. IL DELITTO TENTATO 126.Liter criminis Il reato, come ogni cosa umana, nasce, vive e muore. Perci esso, se considera to dal punto di vista dinamico, cio nel suo concreto divenire, si realizza di re gola passando attraverso varie fasi, che costituiscono il cosiddetto iter criminis. Tale iter, nella sua estensione massima, pu snodarsi nella ideazione, prepara zione, esecuzione, perfezione, consumazione. La fase della ideazione si svolge all'interno della psiche del reo, passando attraverso il processo di motivazione e culminando nella risoluzione crimi

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nosa, in se non punibile. riscontrabile solo nei reati dolosi e pu rilevare ai fini dell'intensit del dolo. La fase della preparazione pu aversi nei reati a dolo di proposito e, in particolare, di premeditazione. La fase di esecuzione si ha quando il soggetto compie la condotta esteriore richiesta per la sussistenza del reato. S ha la perfezione del reato allorch si sono verificati tutti i requisiti ri chiesti dalla singola fattispecie legale, nel loro contenuto minimo cio ne cessario e sufficiente per la esistenza del reato. Si ha consumazione quando il reato perfetto ha raggiunto la sua massima gravit concreta. Mentre la perfezione indica il momento in cui il reato venuto ad esistere, la consumazione indica il momento in cui venuto a cessare, in cui si chiude l'iter criminis per aprirsi la fase del postfactum. La consumazione segna il momento limite alla configurabilit della legittima difesa, del concorso formale di reati, del concorso di persone, della flagran za. In rapporto alla durata del reato si pone anche la importante distinzione tra rea ti istantanei e reati permanenti. Sono reati istantanei quelli in cui l'offesa istantanea, perch viene ad esistenza e si conclude nello stesso istante: per la sua stessa impossibilit di protrarsi nel tempo. Sono reati permanenti quelli per la cui esistenza la legge richiede che l'offesa al bene giuridico si protragga nel tempo per effetto della persistente condotta volontaria del soggetto. Il reato permanente reato unico. Si perfeziona non nel momento cui si instaura la si tuazione offensiva, ma nel momento in cui si realizza il minimum di manteni mento di essa, necessario per la sussistenza di tale reato. 127.Il problema della punibilit del tentativo Il primo problema del tentativo se punirlo e come punirlo. Nella logica di un sistema penale oggettivo, incentrato sulla effettiva lesione dell'interesse tutela to, l'istituto non trova riconoscimento, come del resto comprova il suo tardo af fermarsi nella esperienza giuridica. Nella logica di un sistema penale soggetti vo viene, viceversa, negata ogni differenza tra reato tentato e reato consumato. I sistemi penali misti adottano, invece, una soluzione intermedia, che appare la pi conforme ad una coscienza giuridica progredita. Puniscono il tentativo, ma in misura inferiore al reato perfetto di quanto vi stata la volont della lesione ma non la lesione del bene protetto. 128.Il problema dellinizio del tentativo punibile Il secondo problema in che cosa debba consistere il tentativo punibile. Se condo la concezione soggettivistica, la nozione di tentativo la pi ampia pos sibile, abbracciando tutti gli atti sintomatici della pericolosit del soggetto o della ribellione della volont alla norma fino ad estendersi al pi remoto stadio degli atti preparatori. Per la concezione oggettivistica, propria di un diritto pe nale misto incentrato sui principi di materialit-offensivit, oltre che di sogget

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tivit, del reato, la nozione di tentativo viene ristretta soltanto a quelle manife stazioni della volont criminosa concretantesi in quegli atti esterni che realiz zano una situazione di reale pericolo, non dovendosi punire gli atti ancora obiettivamente innocui. Nei sistemi a legalit formale il principio del nullum crimen sine legem impo ne, sotto i profili della riserva di legge e tassativit: 1. la previsione espressa, da parte della legge, anche dei reati tentati; 2. la tassativizzazione anche dei reati tentati. La teoria dell'inizio della esecuzione individua il tentativo punibile in base al grado di sviluppo dell'azione criminosa: costituiscono tentativo punibile solo gli atti esecutivi e non gli atti preparatori. per riconosciuto che, pur nel suo indubbio valore politico, tale teoria, mentre da un lato non soddisfa pienamen te l'esigenza di certezza giuridica, dall'altro riduce il tentativo punibile entro li miti troppo ristretti, sacrificando la difesa sociale. La teoria della idoneit-uni vocit individua il tentativo punibile non pi sulla base del grado di sviluppo dell'azione criminosa, ma sulla base della idoneit e dell'univoca direzione de gli atti a realizzare il reato perfetto, cio del pericolo di realizzazione del me desimo. questa la soluzione seguita dal codice Rocco, che ha abbandonato la formula dellinizio di esecuzione del codice del 1889, anche per la finalit po litica di anticipare la soglia della punibilit del tentativo. 129.La soluzione del nostro codice Ai sensi dell'articolo 56 "chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o levento non si verifica. Il colpevole di delitto tentato punito: con la reclusio ne non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita l'ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto diminuita da un terzo a due terzi ". 130.Lelemento soggettivo Anche sotto l'aspetto soggettivo il delitto tentato presenta caratteri propri ri spetto al delitto perfetto. Esso , anzitutto, un delitto doloso: non solo perch il tentare, se inteso nel concetto comune, incompatibile con la colpa e perch l'articolo 56 parla di "atti diretti a commettere un delitto", ma anche in base alla regola generale dell'articolo 42/2, mancando ogni espressa previsione del tentativo colposo. Per la tesi positiva il dolo del tentativo volont di commettere il delitto per fetto che , come tale, comprensivo anche del dolo eventuale. Ci in quanto, imponendo all'agente di realizzare e non tentare tale delitto, il dolo del tentati vo non pu essere che quello del delitto perfetto. Preferibile appare la tesi negativa, per cui il dolo del tentativo intenzione di commettere il delitto perfetto, con conseguente esclusione del dolo eventuale. Chi, mirando ad altro risultato, accetta il rischio che abbia a verificarsi anche

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un delitto (o un ulteriore delitto), non si rappresenta e non vuole gli atti come diretti alla commissione di questo delitto. Il che vuol dire che si ha delitto ten tato solo se il soggetto agisce con dolo intenzionale e che non possibile puni re il tentativo con dolo eventuale, senza violare il divieto di analogia in malam partem, dovendosi ammettere un tentativo con atti non diretti. Quanto all'accertamento del dolo, si ha in un certo senso, un capovolgimento del procedimento ordinario. Nel delitto perfetto si parte dal fatto materiale per accertare, poi, se il soggetto lo ha voluto. Nel delitto tentato occorre prima ac certare lintenzione, il fine cui l'agente tendeva, lo stesso piano di attuazione, perch solo in rapporto allo specifico fine ed al concreto piano dellagente possibile valutare la idoneit e la direzione univoca degli atti. La prova del dolo sottost alle stesse regole che valgono per il dolo in generale. 131.Lelemento oggettivo Sotto il profilo oggettivo il delitto tentato costituito da un elemento negativo e da un elemento positivo: l'elemento negativo consiste nel non compimento dell'azione o nel non ve rificarsi dell'evento; l'elemento positivo consiste nel duplice requisito dell'idoneit degli atti e della univoca direzione degli stessi. Quanto alla inidoneit, da sola dilaterebbe oltre misura il tentativo punibile, dovendo essere intesa in un'ampio senso prognostico. Quanto alla direzione non equivoca degli atti, essa dovrebbe riportare, quale ulteriore requisito limi tativo, entro ragionevoli limiti il tentativo punibile. Sennonch tale requisito viene inteso in due modi diversi, che ne vanificano per entrambi la funzione. Secondo l'accezione soggettiva, risultante anche dai lavori preparatori, l'univo cit starebbe ad indicare non un elemento costitutivo-limitativo, ma una sem plice esigenza processuale probatoria: che, in sede processuale, sia data la pro va che l'atto tendeva al fine criminoso, cio della intenzione di commettere il delitto perfetto. Secondo l'accezione oggettiva, l'univocit costituirebbe un re quisito oggettivo e, quindi, ulteriormente limitativo, del tentativo, in quanto starebbe a significare: a) secondo la tesi della univocit assoluta, che gli atti devono rivelare, in se e per se considerati, cio nella loro oggettivit, la loro direzione finalistica verso lo specifico reato, la specifica intenzione criminosa del soggetto; b) secondo la tesi della univocit relativa, che gli atti debbono rivelare, in rap porto al piano criminoso previamente individuato in base tutte le risultanze probatorie, la loro direzione finalistica allo specifico reato voluto dalla gente. Sennonch la prima tesi non limita, ma elimina il tentativo punibile; la seconda tesi, viceversa, non limita, ma dilata incontenibilmente il tentativo punibile. 132.La necessaria pericolosit del tentativo Per una chiarificazione del problema, va premesso:

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che, a scanso di illusioni, il tentativo, per sua natura, non consente soluzio ni parimenti appaganti le opposte esigenze di certezza giuridica e di difesa sociale; b) che la formula dell'articolo 56, pur se introdotta per superare gli angusti li miti degli atti esecutivi tipici, deve per essere interpretata in conformit del principio di offensivit, in modo cio che sia costantemente assicurata la reale pericolosit del tentativo punibile; c) che la pericolosit del tentativo non pu che consistere nel pericolo di rea lizzazione del delitto perfetto, giacch con la perfezione di esso si avrebbe gi la lesione dell'oggetto giuridico o dellinteresse statale alla non realiz zazione della situazione incriminata; d) che il pericolo di realizzazione del delitto perfetto, perch sia non ipotetico ma reale, deve, altres, presentare una sua attualit o perch gi in atto la stessa condotta tipica o perch sul punto di essere iniziata o perch il sog getto ha gi proceduto o sta procedendo all'opera di eliminazione dei mezzi di difesa o degli ostacoli materiali che si frappongono alla aggressione del bene protetto.
a)

133.La idoneit degli atti La idoneit degli atti la condizione prima per la pericolosit del tentativo. Se gli atti sono inidonei a commettere un delitto, viene meno, gi priori, ogni pro babilit di realizzazione di esso. Sono idonei gli atti che si presentano adeguati alla realizzazione del delitto perfetto, perch potenzialmente capaci di causar ne o favorirne la verificazione. Il giudizio di idoneit degli atti, come ormai pacifico: 1. un giudizio in concreto, dovendo gli atti essere considerati nel contesto della situazione cui ineriscono. Proprio per questa ragione il codice vigente ha rettificato la formula dei "mezzi idonei" del codice dell'89 in quella de gli "atti idonei", in quanto la idoneit o meno del mezzo dipende, non solo dal mezzo in s ma anche dall'attivit spiegata nel suo complesso e dall'in sieme delle circostanze concrete; 2. un giudizio ex ante, cio prognostico ipotetico, poich va rapportato, bloccato, al momento in cui il soggetto ha posto in essere la sua attivit, ed effettuato rispetto ad un reato che non si verificato; 3. un giudizio a base parziale, poich il giudice deve valutare, secondo la migliore scienza ed esperienza umana se sulla base delle circostanze con crete in quel momento verosimilmente esistenti anche se dallagente non conosciute, appariva verosimile, probabile, la capacit dell'atto a cagionare l'evento o, comunque, la sua adeguatezza allo scopo criminoso. Indipen dentemente da ci che, poi, si realmente verificato per il concorso di fat tori eccezionali impeditivi, estranei alla condotta.

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134.La univocit degli atti La seconda condizione perch possa dirsi insorto un reale pericolo che il comportamento, idoneo, lasci altres prevedere che tale realizzazione verosi mile. Gli atti sono diretti in modo non equivoco a commettere un delitto quando, per il grado di sviluppo raggiunto, lasciano prevedere come verosimile la realizzazione del delitto voluto. Univocit di direzione degli atti significa la loro attitudine a fondare un giudizio probabilistico sulla verosimile realizzazione del delitto perfetto e, quindi, anche sulla verosimile intenzione dell'agente di portare a termine il proposito criminoso. 135.Il tentativo nei singoli delitti Non tutti i reati ammettono il tentativo. E ontologicamente inconcepibile: 1. nei delitti colposi, per incompatibilit logica; 2. nei delitti unisussistenti, perch si perfezionano in un solo atto mentre il tentativo richiede un iter criminis frazionabile. E giuridicamente inammissibile: 1. nelle contravvenzioni, perch l'articolo 56 lo limita ai soli delitti per quelle ragioni di politica criminale che ne hanno sempre sconsigliato la punibilit rispetto ai reati pi lievi e perch molte contravvenzioni sono gi forme di tutela anticipata; 2. nei delitti di pericolo, poich il pericolo del pericolo un non pericolo che non si concilia con il principio di offensivit; 3. nei delitti di attentato o a consumazione anticipata, poich il minimum ne cessario a dare vita al tentativo , qui, gi sufficiente per la consumazione; 4. nei delitti preterintenzionali, o meglio in quelli dell'omicidio e dell'aborto preterintenzionali, dovendo in essi mancare la volont dell'evento perfezio nativo. Il tentativo invece ammissibile, bench sussista controversia: 1. nei delitti dolosi qualificati dall'evento, nei casi in cui l'evento ulteriore possa verificarsi anche se la condotta incriminata non portata a termine; 2. nei delitti abituali; 3. nei delitti condizionati, nei casi in cui la condizione oggettiva di punibilit possa verificarsi anche se il reato non si perfezionato e pur se la punibilit del tentativo si avr solo dopo che la condizione intervenuta; 4. nei delitti a condotta plurima, per i quali determinate condotte acquistano rilevanza se seguite da un altro tipo di condotta; 5. nei delitti permanenti, allorch la situazione offensiva non sia stata ancora instaurata o non abbia raggiunto il minimum necessario per la perfezione del reato; 6. nei delitti omissivi impropri, rispetto ai quali configurabile sia il tentativo incompiuto e quindi la desistenza, sia il tentativo compiuto e quindi il re cesso attivo;

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nei delitti omissivi propri, rispetto ai quali si sempre negato il tentativo affermandosi che, finch non scaduto il termine utile per compiere lazio ne, il soggetto pu sempre adempiervi, mentre se il termine scaduto il de litto gi perfetto.

136.Il delitto tentato circostanziato e circostanziato tentato Circa il problema della rilevanza delle circostanze del reato rispetto al delitto tentato, occorre distinguere tra: 1. delitto tentato circostanziato che si ha quando, pur non essendosi il delitto perfezionato, la circostanza si completamente realizzata. Trattasi cio di circostanza perfetta (es. tentato furto con effettuata violazione di domicilio o praticata infrazione); 2. delitto circostanziato tentato che si ha quando la circostanza non stata realizzata, ma rientra tuttavia nel proposito criminoso dell'agente e gli atti compiuti sono idonei e diretti in modo non equivoco a commettere il delit to circostanziato. Trattasi, cio, di circostanza tentata (es. tentativo di ruba re gli ingenti valori contenuti nella cassaforte da parte di soggetto, colto con la lancia termica presso la stessa). Ed il punctum pruriens della disciplina pu essere risolto nei termini seguenti: per il delitto tentato circostanziato: a) individuando la cornice edittale della pena del delitto tentato sem plice (cio diminuendo di un terzo il massimo edittale e di due terzi il minimo edittale della pena per il delitto perfetto semplice); b) determinando, tra tale massimo e minimo, la pena in concreto per il delitto tentato semplice; c) aumentando o diminuendo detta pena per la circostanza realizzata. per il delitto circostanziato tentato: a) individuando la cornice edittale della pena del delitto perfetto circo stanziato (cio aumentando, per laggravante, di un giorno il mini mo edittale e di un terzo il massimo edittale della pena del delitto perfetto semplice, diminuendo, per lattenuante, di un terzo il mini mo edittale e di un giorno il massimo edittale della suddetta pena; b) determinando, in rapporto a tale cornice, la cornice edittale della pena per il delitto circostanziato tentato; c) determinando, nell'ambito di tale cornice, la pena in concreto per il delitto tentato. In caso di delitto circostanziato tentato circostanziato, che si ha quando sussi stono circostanze perfette e circostanze tentate (es.: tentativo di furto, per motivi abbietti o futili, di cose di ingente valore), la pena va determinata calco lando, come sopra, la pena per il d.c.t. e sommando o sottraendo ad essa gli au menti o le diminuzioni per le circostanze realizzate, calcolati come sopra.

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137.Le desistenza e il recesso volontari Le due ipotesi si verificano quando il soggetto, dopo aver compiuto atti che gi di per s costituiscono tentativo punibile, muta proposito ed opera in modo che il delitto non si perfezioni. Sicch questa non si completa non per fattori estra nei ma per mutata volont del soggetto. Le due ipotesi sono regolate dall'articolo 56/3 e 4, che dispone: se il colpevole volontariamente desiste dallazione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per s un reato diverso. Se volontaria mente impedisce l'evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, di minuita da un terzo alla met. Circa il profilo oggettivo, la desistenza dall'azione si ha quando lagente ri nuncia a compiere gli ulteriori atti che poteva ancora compiere perch il reato si perfezionasse. Il recesso si ha, invece, quando lagente, dopo aver posto in essere tutti gli atti causali necessari, impedisce l'evento tenendo una controcondotta che arresta il processo causale gi in atto. Nei reati di evento la linea di demarcazione tra desistenza e recesso data, pertanto, dall'essersi o dal non essersi gi messo in moto il processo causale corrispondendo alle due diverse situazione quei due diversi gradi di pericolo per il bene protetto, che giustifica no il diverso trattamento penale. Per desistere, allagente basta non continuare nel proprio comportamento, pos sibile, in quanto il comportamento tenuto o non integra ancora la condotta tipi ca o, comunque, non esaurisce ancora quanto egli pu ancora compiere per perfezionare il reato con altri atti tipici contestuali. Per recedere, all'agente occorre attivarsi per interrompere il processo causale gi posto in moto dalla condotta e che, altrimenti, sfocerebbe verosimilmente nell'evento. Quanto all'elemento soggettivo, la desistenza ed il recesso debbono essere posti in essere volontariamente. Secondo la interpretazione pi diffusa, conforme alla ratio degli istituti, la volontariet non va intesa nel ristretto senso di spon taneit, come comprova il fatto che la legge, quando esige la spontaneit, espressamente lo dice. La volontariet non va, per, neppure intesa nell'opposto senso lato di una qualsiasi possibilit di scelta, perch, come tale, verrebbe meno solo quando esiste la impossibilit di portare a termine l'impresa criminosa. Bens nel senso di possibilit di scelta ragionevole, onde la volontariet viene meno allorch la continuazione dell'impresa, pur se materialmente possibile, presenta svantaggi o rischi tali da non potersi attendere da persona ragionevole. Quanto agli effetti, la desistenza comporta la impunit del soggetto per il delit to tentato, salva la responsabilit per un reato diverso se gli atti compiuti ne in tegrano gli estremi. Il recesso comporta solo una diminuzione della pena stabi lita per il delitto tentato. Se per recedere l'agente compie un altro reato, rispon der anche di questo.

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138.Il reato impossibile Due sono le ipotesi di reato impossibile: 1. per inidoneit della condotta; 2. per l'inesistenza dell'oggetto materiale. Quanto alla prima ipotesi, non si tratta di un inutile doppione negativo del de litto tentato ma si riferisce ai casi in cui il soggetto ha portato a termine l'intera condotta che per sue caratteristiche intrinseche non ha realizzato l'offesa al bene protetto. Quanto alla seconda ipotesi, le difficolt sorgono perch vi pu essere: a) una inesistenza assoluta dell'oggetto, perch in rerum natura mai esistito o estintosi; b) una inesistenza relativa, perch l'oggetto esistente in rerum natura ma manca nel luogo in cui cade la condotta criminosa. Meglio contempera i principi di legalit ed offensivit la pi recente soluzione per cui: a) il reato impossibile riguarda le sole ipotesi di inesistenza assoluta dellog getto: costituirebbe una manifesta violazione del principio di offensivit punire l dove precluso, gi a priori, un qualsiasi pericolo di perfezione del delitto; b) il tentativo punibile riguarda, invece le ipotesi di inesistenza relativa, sem pre che al momento della condotta apparisse verosimile l'esistenza dell'og getto. Circa lelemento soggettivo, il reato impossibile per chi lo intende come dop pione negativo del tentativo - necessariamente doloso ed il dolo identico a quello del delitto tentato. Per chi lo considera, invece, come figura autonoma, pu essere anche colposo essendo esso configurabile anche nei confronti reati colposi e non esistendo alcuna controindicazione nella lettera dell'articolo 49/2. Quanto agli effetti i codici a pi marcata impronta soggettivistica affida no al giudice la facolt di non punire o di applicare una pena attenuata o preve dono una pena ridotta. Per i codici, pi fermamente ancorati al principio ogget tivistico di offensivit, il reato impossibile un non reato e, come tale, non pu essere punito, ma in ragione della esigenza preventiva l'autore pu essere sottoposto a misure di sicurezza. Cos per il nostro codice. LUNIT E LA PLURALIT DI REATI 139.Il concorso di reati Si ha concorso di reati quando uno stesso soggetto ha violato pi volte la legge penale e, perci, deve rispondere di pi reati. Sul piano del diritto sostanziale, il problema quello del trattamento sanzionatorio. In un sistema penale orien tato in senso repressivo retributivo, tre sono i criteri in astratto possibili:

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il cumulo materiale, per il quale si applicano tante pene quanti sono reati commessi; 2. il cumulo giuridico, per il quale si applica la pena del reato pi grave, au mentata proporzionalmente alla gravit delle pene concorrenti, ma in modo complessivamente inferiore al loro cumulo materiale; 3. l'assorbimento, per il quale si applica soltanto la pena del reato pi grave, intendendosi in questo assorbite le pene minori. Una particolare ipotesi di concorso di reati costituita dai cosiddetti reati con nessi, cio fra loro collegati: 1. da connessione teleologica, quando cio un reato commesso allo scopo di eseguire un altro reato; 2. da connessione consequenziale, allorch un reato viene commesso per con seguire o assicurare a s o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto, ovvero l'impunit di un altro reato oppure per occultarlo. Fuori di queste ipotesi improprio parlare di concorso di reati come categoria sostanziale.
1.

140.Il concorso materiale e il concorso formale Circa il trattamento sanzionatorio il nostro diritto vigente distingue, a differen za di molti altri codici, tra concorso materiale e concorso formale di reati. Si ha concorso materiale quando il soggetto ha posto in essere pi reati con pi azioni o omissioni. Pu essere omogeneo se stata violata pi volte la stessa norma penale o eterogeneo se sono state violate norme diverse. S ha concorso formale di reati quando il soggetto ha posto in essere pi reati con una sola azione od omissione. Anchesso omogeneo o eteroge neo a seconda che si violi la stessa norma pi volte o pi norme diverse. Abbandonato il sistema del cumulo giuridico, adottato dal codice del 1889, il codice del 30 accolse il sistema del cumulo materiale temperato. Cio ha adottato come principio base il cumulo materiale delle pene, apportandovi per degli opportuni temperamenti, consistenti innanzitutto nel fissare dei limiti in superabili di pena. Con la riforma del D.L. n. 99/74 si opportunamente passa ti al cumulo giuridico, cos modificandosi l'articolo 81/1: " punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione pi grave aumentata fino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commetta pi violazioni della medesima disposizione di legge". 141.Il problema della unit e pluralit di reati Il concorso di reati presuppone risolto il problema della unit e pluralit di rea ti. Tra i pi impegnativi della scienza penale, il tema ha dato luogo a tre fonda mentali opinioni: la concezione naturalistica, la concezione normativa, la con cezione normativa su base ontologica. Per la concezione naturalistica la unit e pluralit di reati va desunta da strutture preesistenti in rerum natura ed individuabili in base ad una teoria generale della realt. Lagire umano costituir un solo reato o pi reati a se conda che esso sia naturalisticamente unico o plurimo. Si avr, quindi, un

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solo reato o pi reati a seconda che si abbia, rispettivamente, un'unica azio ne o pi azioni, un unico evento o pi eventi, un'unica volont o pi volon t. Per la concezione normativa, che la pi condivisa, l'unit o pluralit di reati va desunta esclusivamente dalla norma penale, che l'unico metro per decidere se il fatto storico sia valutato dal diritto penale come un solo ille cito o come pi illeciti. Per la concezione normativa a base ontologica , pur affermandos che la norma costituisce il prius logico per la valutazione del fatto storico come unico o plurimo e che il legislatore non rigidamente vincolato al dato pre giuridico, tuttavia si riconosce che determinati schemi ontologici fonda mentali, determinati sistemi di valori e le correlative tipologie di aggressio ne, non possono non costituire lossatura concettuale, la struttura portante, di ogni sistema penale razionale e progredito. Ci premesso, in base alla interpretazione delle norme singolarmente prese o considerate nei loro reciproci rapporti vanno risolti i due problemi, che anche la pratica giudiziaria quotidianamente pone. Quand che il soggetto con il suo comportamento viola: 1. una sola volta o pi volte la stessa norma penale; 2. oppure una sola norma o pi norme diverse? Il primo problema si pone nei cosiddetti casi di ripetizione o moltiplicazione della stessa fattispecie legale nello stesso contesto di tempo. Se tra le singole condotte ripetitive intercorresse, infatti, un apprezzabile lasso di tempo, si avrebbe sicuramente una pluralit di reati. Il secondo problema si pone, oltre che nel cosiddetto concorso di norme, anche rispetto alle norme penali miste. In tutti i casi di realizzazione congiunta di pi previsioni si pone il problema se la norma penale mista debba applicarsi tante volte quante sono le ipotesi con cretamente realizzate o invece una sola volta. La soluzione pi corretta di stinguere tra: 1. disposizioni a pi norme che contengono tante norme incriminatrici quante sono le fattispecie ivi previste, la violazione di ognuna delle quali da perci luogo ad altrettanti reati; 2. norme a pi fattispecie, che viceversa sono costituite da un'unica norma in criminatrice e che, perci, sono applicabili una sola volta in caso di realiz zazione sia di una soltanto sia di tutte le fattispecie ivi previste, trattandosi di semplici modalit di previsione di un unico tipo di reato. 142.Il concorso apparente di norme Si parla di concorso di norme allorch pi norme appaiono, almeno prima fa cie, tutte applicabili ad un medesimo fatto. Deve trattarsi di norme non antiteti che, perch in questo caso si avrebbe un conflitto di norme, ma soltanto diver se, tutte vietando, comandando o consentendo il medesimo fatto.

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Di fronte ai molti casi di concorso di norme incriminatrici si pone sempre l'i dentico ricorrente problema. Si tratta di un concorso reale di norme, nel senso che tutte debbono essere applicate, e, quindi, di un concorso formale di reati? Oppure si tratta soltanto di un concorso apparente di norme e, quindi, di un solo reato, perch solo a prima vista il fatto appare riconducibile sotto pi nor me, ma in realt una soltanto ad esso applicabile? Il fenomeno del concorso di norme pone tre ordini di indagini riguardanti: 1. i presupposti della sua esistenza; 2. il principio giuridico per stabilire l'apparenza o la realt del medesimo. 3. i criteri per individuare, nell'ambito del preaccertato concorso apparente, la norma prevalente. I presupposti sono: a) la pluralit di norme, non essendo concepibile il concorso di una norma con se stessa; b) la identit del fatto, che appare contemplato da pi nome. Il che possibile se ed in quanto intercorrano tra le fattispecie le relazioni di specialit (uni laterale) o di specialit reciproca (o bilaterale). Si ha specialit quando una norma, speciale, presenta tutti gli elementi di altra norma, generale, con almeno un elemento in pi. Tipico esempio l'art. 341 ri spetto all' art. 594, poich l'oltraggio presenta tutti gli elementi dellingiuria ed inoltre il quid pluris della qualifica di pubblico ufficiale nell'offeso. Si ha specialit reciproca allorch nessuna norma speciale o generale, ma ciascuna ad un tempo generale e speciale, perch entrambe presentano, ac canto ad un nucleo di elementi comuni, elementi specifici e elementi generici rispetto ai corrispondenti elementi dellaltra. Al di l della specialit, unilaterale e reciproca, non pi configurabile concor so di norme, poich le norme gi prima facie appaiono applicabili a fatti diver si, in quanto nessuna ipotesi, integrante luna, integra anche laltra e viceversa. Infine, un fenomeno di concorso di norme non si pone quando la legge gi espressamente esclude lapplicazione di una di esse, attraverso clausole di ri serva determinate (cio del tipo fuori del caso indicato nellart. xx). 143.Le teorie monistiche e pluralistiche Per stabilire se il concorso apparente o reale, parte della dottrina ritiene suffi ciente il solo criterio di specialit. In forza di esso quando pi leggi o pi di sposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito (art. 15 c.p.). Certi autori delimitano lambito logico del criterio di specialit alle sole norme con identico oggetto giuridico, ritenendo tale limite imposto dallinciso stessa materia. Altri autori tendono, viceversa, ad ampliare lambito del criterio di specialit interpretando linciso stessa materia come stessa situazione con creta: in tal modo lart. 15 accoglierebbe un criterio di specialit non solo in astratto ma anche in concreto.

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La dominante dottrina italiana integra linsufficiente criterio di specialit con criteri di valore, di varia denominazione e numero, che possono ridursi a quelli della sussidiariet e della consunzione: per il criterio di sussidiariet, pressoch concordemente ammesso, la norma principale esclude lapplicabilit della norma sussidiaria. E sussidiaria la norma che tutela un grado inferiore dellidentico interesse che tutelato dalla norma principale; per il criterio di consunzione, ammesso da una parte della dottrina plurali stica, la norma consumante prevale sulla norma consumata. E consumante la norma, il cui fatto comprende in s il fatto previsto dalla norma consu mata, e che perci esaurisce lintero disvalore del fatto concreto. I due suddetti criteri presentano vizi e limiti insuperabili, per il loro non dimo strato fondamento giuridico-positivo e la loro intrinseca insufficienza e vaghez za. In conclusione, tutta la storia del concorso di norme rivela una duplice esi genza: di equit, tesa a fare coincidere il concorso apparente con tutti i casi in cui un medesimo fatto rientri sotto pi norme, cio non solo con la specialit ma anche con la specialit reciproca; e di certezza giuridica, volta a trovare un principio unitario e di immediata applicazione pratica che elimini le incertezze che fanno del concorso di norme il fianco pi vulnerato del principio costitu zionale di legalit. 144.Il principio del ne bis in idem Equit e certezza sono adeguatamente soddisfatte dal principio generale del ne bis in idem sostanziale, che in tutte le ipotesi di concorso di norme vieta di ad dossare pi volte lo stesso fatto allautore. Tale principio si desume da nume rosi dati legislativi. Cominciando dallart. 15, esso si fonda sullo schema logico della specificazio ne, che, come si impone al pensiero umano ogni qual volta intende distingue re fra pi idee subordinate ad una idea superiore, cos si impone al legislatore quando, nellambito di una categoria di fatti sottoposta ad una data disciplina, ne valuta taluni meritevoli di una particolare regolamentazione. Parlando di specialit sia tra disposizioni della stessa legge sia tra leggi diverse, l'art. 15 copre i due modi in cui pu estrinsecarsi detto schema logico: 1. la specialit tra fattispecie, che emerge dalla stessa descrizione delle figure criminose, presentando l'una tutti gli elementi costitutivi dellaltra pi un quid pluris; 2. la specialit tra leggi, allorch il legislatore provvede a disciplinare, in modo particolare, una categoria di fatti in un distinto testo legislativo, in una legge speciale, in ragione della qualit dei soggetti o delle condizioni in cui vengono commessi.

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Quanto alle clausole di riserva, esse assolvono, anche per la loro frequenza, la fondamentale funzione di affermare lassorbimento nel maggior numero di fat tispecie in rapporto di specialit reciproca. Quanto all'art. 84, se non lo si vuole ridurre ad un inutile ripetizione dell'art. 15 attraverso una inammissibile interpretatio abrogans, occorre affermare che esso abbraccia: a) non solo i reati necessariamente complessi sia in senso stretto sia in senso lato, che costituiscono delle semplici ipotesi di specialit; b) ma anche i reati eventualmente complessi sia in senso stretto sia in senso lato, che costituiscono invece delle ipotesi di specialit reciproca. Quanto, infine, alle circostanze, gli artt. 15, 61-62 e 68 portano ad affermare la perfetta coincidenza del concorso apparente con tutte le ipotesi di disposizioni circostanzianti, siano esse in rapporto di specialit o di specialit reciproca. In sintesi, dal complesso dei dati legislativi esaminati risulta che allinterno dell'identica materia del concorso di norme: a) essi costituiscono particolari espressioni del sopraordinato principio giuri dico del ne bis in idem sostanziale, esprimendo tutti la comune esigenza giuridica di non addossare all'autore pi volte un fatto, capace di effetti giu ridici ad opera di pi norme; b) il ne bis in idem principio non eccezionale ma regolare. In base ai suddet ti dati il concorso apparente, infatti, copre tutte le ipotesi di concorso sia di norme circostanzianti sia di norme incriminatrici. Viceversa, la contrapposta normativa degli artt. 71-78 e degli artt. 63, 66, 67, sul concorso di reati e di circostanze, si riferisce, per esclusione, alla identica e autonoma materia del non-concorso di norme (cio alle ipotesi di fattispecie in rapporto di mera interferenza, di eterogeneit, di incompatibilit). E, nell'ambi to di tale materia, costituisce espressione del sopraordinato e regolare principio giuridico, dell'integrale valutazione giuridica, esprimendo la comune esigenza dell'applicabilit di pi norme perch nessuna di esse esaurisce integralmente l'intero disvalore del fatto. Pertanto, tra il complesso normativo degli artt. 15, 84, 61-62, 68 e clausole di riserva e quello degli artt. 71-81, 63, 66-67, non concepibile alcun problema di regola-eccezione, attenendo essi alle diverse ed autonome materie rispettiva mente del concorso e del non-concorso di norme ed esprimendo, rispettiva mente, i due principi altrettanto regolari del ne bis in idem e della integrale va lutazione. Ed eccoci al punto. Le residue ipotesi di specialit reciproca, non espressamen te risolte dalla legge, siccome rientrano anch'esse nel pi ampio settore del concorso di norme non possono che essere risolte nel senso del concorso appa rente di norme in virt del principio sopraordinato del ne bis in idem, che do mina tale materia, esistendo tutti gli estremi dell'analogia iuris: favor rei, rego larit del principio, identit di ratio di disciplina28.
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Cos, ad es., le ipotesi della truffa e del millantato credito o del falso in scrittura privata, del favoreggia mento personale e dell'omissione di denuncia da parte del pubblico ufficiale, della manifestazione sediziosa

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In conclusione, in base al nostro diritto positivo il concorso apparente comba cia con l'intero ambito del concorso di norme, cio con tutte le fattispecie in rapporto di specialit e di specialit reciproca. Il concorso eterogeneo di reati si restringe al non-concorso di norme, riguardando cio le fattispecie in rappor to di interferenza, di eterogeneit, di incompatibilit. E la relazione di interfe renza per la condotta l'unica che permette di configurare il concorso formale di reati. 145.La norma prevalente Il principio del ne bis in idem nel concorso di norme consente di affermare che una ed una sola norma applicabile, ma non dice quale. Lindividuare la nor ma prevalente un problema di interpretazione sistematica, volto a delimitare la rispettiva reale portata delle norme concorrenti, per cui il fatto, che appariva comune ad esse, in realt cade sotto la previsione di una soltanto di esse. In certe ipotesi la norma prevalente individuabile in forza di criteri che ope rano sulla base di determinati rapporti formali fra norme, quali il criterio di specialit (la legge speciale prevale sulla generale), il criterio cronologico (la legge posteriore prevale su quella anteriore), il criterio gerarchico (la legge di grado superiore prevale su quella di grado inferiore). Nelle ipotesi di norme di pari grado, coeve ed in rapporto di specialit reciproca, la norma prevalente va individuata attraverso le clausole di riserva, quando esistono. Nelle ipotesi in cui le clausole non esistono, tra gli indici rivelatori della norma applicabile, il primo e pi sintomatico , certo, quello del trattamento penale pi severo. Detto criterio non ha per un valore assoluto, per gli inaccettabili risultati cui in certi casi porterebbe; n ha un valore esclusivo, essendo inapplicabile rispet to alle norme con identica sanzione29. 146.I reati a struttura complessa Possono denominarsi reati a struttura complessa i vari tipi di reato che, pur se diversi fra loro, sono tutti composti da fatti gi costituenti di per s reati e cio: il reato complesso vero e proprio; il reato abituale; il reato continuato. 147.Il reato complesso Il reato complesso (o composto) previsto dallart. 84/1, il quale stabilisce che le disposizioni degli articoli precedenti (riferendosi al concorso di reati) non si applicano quando la legge considera come elementi costitutivi, o come cir costanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per s stessi, reato. Circa la struttura, nel reato complesso un altro reato pu rientrare come ele mento costitutivo, dando luogo ad un autonomo titolo di reato (es. rapina ri spetto al furto) oppure come circostanza aggravante, lasciando inalterato il tito
e della radunata sediziosa. 29 V. esempi pag. 482 Mantovani.

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lo del reato-base (es. furto aggravato dalla violazione di domicilio o dalla vio lenza sulle cose). Si discute se lart. 84 comprenda soltanto i reati complessi in senso stretto, per lesistenza dei quali sono necessari almeno due reati, o anche i reati complessi in senso lato, per la sussistenza dei quali basta un solo reato con laggiunta di elementi ulteriori non costituenti reato. Deve accogliersi la nozione ampia, sia perch i due tipi di reato complesso presentano problemi comuni, sia perch la disciplina degli artt. 131 e 170/2 riferibile ad entrambi. Ma ci che fonda mentale stabilire se lart. 84 comprenda soltanto i reati necessariamente complessi, in cui almeno un reato contenuto come elemento costitutivo, onde non possibile realizzare la fattispecie complessa senza commettere an che questultimo; oppure anche i reati eventualmente complessi, in cui un reato contenuto come elemento particolare, cosicch possibile realizzare tali reati senza realizzare questultima fattispecie. Species del reato complesso in senso lato il c.d. reato progressivo, che com prende quei reati che contengono come elemento un reato minore, onde la commissione del reato maggiore implica il passaggio attraverso il reato mino re. Mentre per il reato complesso basta che un reato sia contenuto in un altro, per il reato progressivo occorre altres loffesa crescente di uno stesso bene. Circa i requisiti per lunificazione dei singoli reati nel reato complesso, questi debbono essere legati tra loro non da un rapporto di mera occasionalit, ma da precise connessioni sostanziali, la cui individuazione va rimandata alle singole figure complesse. Quanto ai limiti della contenenza, per lelementare principio di proporzione giuridica il reato complesso non pu assorbire quei fatti criminosi gi di per se sanzionati in modo pi grave dallo stesso reato complesso. Infine, la disciplina del reato complesso quella del reato unico; non quella della pluralit dei reati, neppure quando sia pi favorevole al reo. 148.Lantefatto e il postfatto non punibili e la progressione criminosa Con le incerte categorie dellantefatto e del postfatto occorre intendere quei reati che costituiscono la normale premessa o il normale sbocco di altri reati. Per una parte della dottrina resterebbero assorbiti nel reato principale in base, per, agli inconsistenti criteri di sussidiariet o consunzione. In verit, le cate gorie dellantefatto e del postfatto non punibili mancano, invece, di fondamen to di diritto positivo. Per progressione criminosa deve intendersi il passaggio contestuale da un reato ad un altro pi grave, contenente il primo, per effetto di risoluzioni successive: costituisce un fenomeno, per cos dire intermedio, tra il concorso di norme sul lo stesso fatto e le ipotesi che danno sicuramente vita ad un concorso di reati. Nel silenzio della legge, la progressione si risolve nel senso della unicit del reato per analogia juris, in quanto esistono i presupposti per lapplicazione del principio, sopraordinato al concorso apparente di norme anzich di quello so praordinato al concorso di reati. La validit della soluzione appare ancor pi

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evidente rispetto alle ipotesi di progressione in cui il fatto iniziale costituisce una condizione necessaria dellevento finale. Poich il fatto minore rientra, nel suo aspetto oggettivo, nella fattispecie maggiore, se si ammettesse il concorso di reati lo stesso fatto finirebbe, anche qui, per essere addebitato due volte al lautore. 149.Il reato continuato La figura del reato continuato sorse per opera dei Pratici, che la introdussero per mitigare la eccessiva severit delle legislazioni dellepoca sul concorso di reati. Ancor oggi la funzione dellistituto quella di introdurre un trattamento penale pi mite, che trova per la sua ratio nel fatto che nel reato continuato la ripro vevolezza complessiva dellagente viene ritenuta minore che nei normali casi di concorso. Lart. 81/2, nella sua originaria formulazione, statu infatti la non applicabilit delle disposizioni sul cumulo materiale delle pene a chi con pi azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette, anche in tempi diversi, pi violazioni della stessa disposizione di legge, anche se di diversa gravit. Il D.L. 99/74 ha ampliato la portata dellarticolo ammet tendo la continuazione nei casi di pi violazioni della stessa o di diverse di sposizioni di legge: cio oltre al reato continuato omogeneo, anche quello ete rogeneo. Tre sono i requisiti del reato continuato, istituto di una vitalit espansiva senza pari: 1. Il medesimo disegno criminoso. E il coefficiente psicologico che lega e cementa i diversi episodi criminosi e contraddistingue, ontologicamente, il reato continuato dal concorso di reati. Per aversi medesimo disegno crimi noso necessario e sufficiente la iniziale programmazione e deliberazione, generiche, di compiere una pluralit di reati, in vista del conseguimento di un unico fine prefissato sufficientemente specifico. Lidentit del disegno criminoso viene meno quando fra luno e laltro fatto criminoso siano in tervenute circostanze che abbiano indotto il reo a modificare il piano crimi noso nella sua essenza sopra precisata per cui il passaggio ad ulteriori azio ni richieda un previo superamento dei nuovi motivi inibitori, generati da tali circostanze, s da aversi un nuovo atteggiamento antidoveroso del sog getto. 2. Pi violazioni di legge. Esiste una stretta interdipendenza tra lidentit del disegno criminoso e una certa omogeneit funzionale di violazioni. Intanto configurabile un disegno criminoso unitario in quanto le violazioni, pur se di leggi diverse, si presentano tutte come mezzi per conseguire il fine ultimo, cui tende il disegno. 3. La pluralit di azioni o omissioni. Il reato continuato punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione pi grave, aumentata sino al tri

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plo. Tale pena non pu, comunque, superare quella che sarebbe applicabile in base al cumulo materiale. Primo problema lindividuazione della viola zione pi grave, essendo controverso se debba intendersi quella pi grave in astratto, oppure in concreto, con riferimento cio alla pena edittale, qua litativamente o quantitativamente pi grave, o invece alla pena concreta mente applicabile, valutati tutti gli indici dellart. 133 e le circostanze. La giurisprudenza appare orientarsi nel secondo senso. Secondo problema lapplicabilit del cumulo giuridico ai reati continuati, puniti con pene ete rogenee, essendo la novella del 74, a differenza del codice del 1889 e di altri codici stranieri, del tutto carente sul punto. Sicch subito si posto il problema se e come effettuare tale cumulo tra reclusione e arresto e, so prattutto, tra pene detentive e pene pecuniarie. Ai sensi dellart. 137 delle norme di attuazione del nuovo codice di procedura penale la disciplina del reato continuato, come pure quella del concorso formale, applicabile an che quando concorrono reati, per i quali la pena applicata su richiesta del le parti, e altri reati. 150.Il reato abituale A differenza del reato complesso, continuato e permanente, il reato abituale una categoria di creazione dottrinale, non rinvenendosi nella legge n una defi nizione n una disciplina di esso. E detto abituale il reato per lesistenza del quale la legge richiede la reiterazione di pi condotte identiche o omogenee. E proprio il reato abituale consistente nella ripetizione di condotte che sono in s non punibili, come nello sfruttamento della prostituzione, o che possono essere non punibili, come nei maltrattamenti in famiglia. E improprio se consiste nella ripetizione di condotte gi di per s costituenti reato, come nella relazio ne incestuosa, costituendo il singolo fatto incestuoso delitto di incesto30. Quanto allelemento soggettivo, non pu accogliersi la tesi che, al fine di fon dare anche il reato abituale su una unit ontologica, richiede un dolo unitario, costituito dalla rappresentazione e deliberazione iniziali, anticipate, del com plesso di condotte da realizzare. Deve perci ritenersi sufficiente la coscienza e volont, di volta in volta, delle singole condotte, accompagnate dalla consape volezza che la nuova condotta si aggiunga alle precedenti, dando vita con que ste ad un sistema di comportamenti offensivi. Ci che si rimprovera allagente di aver voluto persistere in un certo modo di agire, di non aver desistito nono stante la consapevolezza del suo precedente operare. Il reato (necessariamente) abituale si perfeziona allorch stato realizzato il minimum di condotte e con la frequenza, necessari ad integrare quel sistema di comportamenti in cui si concreta tale reato e la cui valutazione affidata alla discrezionalit del giudice. Si consuma allorch cessa la condotta reiterativa.

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In luogo della ambigua denominazione di reati abituali meglio si addice quella di reati a condotta reitera ta.

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IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO 151.Il fondamento della punibilit del concorso Si ha concorso di persone nel reato quando pi persone pongono in essere in sieme un reato che, astrattamente, pu essere realizzato anche da una sola per sona. Il fenomeno viene chiamato anche concorso eventuale di persone per contraddistinguerlo dal c.d. concorso necessario di persone, che si ha quando la stessa norma incriminatrice di parte speciale che richiede, per la esistenza del reato, una pluralit di soggetti attivi. Negli ordinamenti a legalit sostanziale la punibilit dei concorrenti non ha bi sogno, a rigore, di essere espressamente prevista, ma si ricava dalla stessa no zione materiale di reato (sulla c.d. concezione estensiva dellautore). Negli ordinamenti a legalit formale la punibilit dei concorrenti deve essere, invece, espressamente prevista. Nel nostro diritto penale tale funzione estensiva assolta dallart. 110, il quale statuisce che quando pi persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita. Parlando genericamente di reato, essa incrimina il concorso sia nei delitti che nelle contravvenzioni. Tre sono le teorie formulate per spiegare, tecnicamente, la punibilit del con corso: 1. teoria della equivalenza causale, secondo la quale, poich ogni persona che concorre a produrre levento unico e indivisibile lo cagiona nella sua totalit, questo andrebbe integralmente imputato ad ognuno dei comparte cipi. Essa, connaturale agli ordinamenti a legalit sostanziale, inconcilia bile con quelli a legalit formale ove i reati sono tipizzati nei loro requisiti oggettivi e soggettivi; 2. teoria della accessoriet, secondo la quale la norma sul concorso estende rebbe la tipicit della condotta principale alle condotte accessorie dei com partecipi: in tal modo il semplice partecipe risponde del reato in quanto la sua condotta atipica accede al fatto tipico dellautore, dal quale attinge la sua rilevanza penale. Suo vizio sta nellesigere, per la punibilit dei com partecipi, una condotta principale tipica, con le due conseguenti insuperabi li limitazioni: di non riuscire a giustificare la punibilit dei concorrenti in tutti i casi c.d. di esecuzione frazionata, ove nessuno da solo realizza lintero fatto tipico, ma ciascuno ne compie una parte soltanto; di non riuscire a giustificare la punibilit dei concorrenti nel reato pro prio, allorch la condotta materiale sia posta in essere dall extraneus, dato che lautore della condotta principale non pu essere che lintra neus, cio la persona che ha la qualifica soggettiva. 3. teoria della fattispecie plurisoggettiva eventuale per la quale dalla combi nazione sulla norma sul concorso con la norma incriminatrice di parte spe

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ciale nasce una nuova fattispecie plurisoggettiva, autonoma e diversa da quella monosoggettiva e che ad essa si affianca, con una sua nuova tipicit: la fattispecie del concorso di persone nel reato. Questa appare pertanto es sere la teoria da seguire. 152.Il problema della responsabilit dei concorrenti Due sono i modelli fondamentali per valutare e punire i concorrenti, seguiti dalle varie legislazioni passate e presenti e che riflettono le due esigenze, oppo ste ma entrambe reali, di qualificare e differenziare i medesimi: quello della responsabilit differenziata, in base al quale i concorrenti sono considerati diversamente responsabili e punibili a seconda dei differenti tipi di concorso; quello della pari responsabilit, per cui essi sono considerati egualmente responsabili e punibili, in via di principio, salvo valutare in concreto la loro reale responsabilit e graduare la pena in base al ruolo effettivamente avu to. Nel solco della tradizione classica retributivo-legalistica del secolo scorso, buona parte delle legislazioni segue il principio della responsabilit differen ziata, tipizzando per figure astratte di concorrenti. Si suole distinguere infatti tra: l'autore, che colui che materialmente compie lazione esecutiva del rea to, o il coautore, che il soggetto che, assieme ad altri, esegue tale azione tipica; il partecipe (o complice), che colui che pone in essere una condotta che, di per s sola, non integra la fattispecie del reato. Si distingue, poi, la parte cipazione psichica, che ha luogo nella fase creativa, preparatoria o anche esecutiva del reato, la partecipazione fisica, che ha luogo nelle fasi della preparazione e dell'esecuzione. La prima d vita alla figura dell'istigatore, di chi cio fa sorgere in altri un proposito criminoso prima inesistente. La seconda d luogo alla figura dell'ausiliatore, cio di chi aiuta materialmente nella preparazione o nella esecuzione. A favore del principio della pari responsabilit si andata orientando la pi moderna dottrina. Oltre a presentare un solido fondamento razionale, esso me glio soddisfa le esigenze della pratica e della difesa sociale. Il principio della pari responsabilit non implica, per, una meccanica eguaglianza del quantum della pena per tutti concorrenti: esso sta a significare l'impossibilit di differen ziazioni aprioristiche di responsabilit sulla base di tipi astratti di concorrenti, ma la necessit pur sempre di una graduazione in concreto della stessa in rap porto al reale contributo apportato da ciascun concorrente. Il codice del 30 ha adottato, di principio, la soluzione corretta e semplificante della pari responsabilit dei concorrenti. Ma ad un tempo ne ammette la possi bilit di concreta graduazione sia attraverso il riconoscimento di specifiche ag gravanti ed attenuanti, sia in virt dell'articolo 133, che vale anche per la com misurazione della pena per i singoli concorrenti.

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153.Lelemento oggettivo: la pluralit di agenti Primo ed ovvio requisito del concorso che il reato sia commesso da un nume ro di soggetti superiore a quello che la legge ritiene necessario per la esistenza del reato. Nei reati monosoggettivi sono, perci, necessari e sufficienti almeno due soggetti. Nei reati plurisoggettivi il concorso possibile da parte di una o pi persone diverse dai soggetti essenziali. Secondo una diffusa opinione per poter assumere la qualifica di concorrente il soggetto dovrebbe essere im putabile ed aver agito con dolo, postulando essa l'unicit del titolo della re sponsabilit. Non vi sarebbe, dunque, concorso di persone, ma sarebbe applica bile la fattispecie del reato monosoggettivo, in tutti i casi di autore mediato 31. Nel diritto italiano la teoria, fondata in realt su una occulta analogia in ma lam partem della norma incriminatrice di parte speciale, non ha ragione di es sere. N dal punto di vista pratico, perch la reit mediata gi espressamen te punita dalla legge. N dal punto di vista dogmatico, perch in tutti i casi so pra elencati il soggetto risponde non quale autore mediato, ma come concor rente alla stregua dell'articolo 110 ed sottoposto alla disciplina del concorso e, in particolare, alle aggravanti previste dal codice. Per integrare la fattispecie incriminatrice del concorso occorre l'attivit di pi soggetti, ma non anche che questi siano tutti imputabili o abbiano tutte agito con dolo, poich ci riguarda non la sussistenza del concorso ma soltanto la punibilit o il titolo della punibi lit dei concorrenti. Il medesimo reato dell'articolo 110 va inteso come medesi mo fatto materiale di reato. 154.La realizzazione di un reato Secondo elemento costitutivo della fattispecie plurisoggettiva del concorso che sia stato posto in essere un fatto materiale di reato, consumato o tentato. Siccome il delitto tentato costituisce l'estremo limite dei fatti punibili, il mini mo indispensabile perch possa aversi un concorso punibile che siano realizzati gli estremi di un delitto tentato. Il nostro codice non punisce il ten tativo di concorso ma soltanto il concorso nel delitto tentato. Il puro accordo e la semplice istigazione a commettere un reato sono per il nostro diritto qualco sa di meno del tentativo punibile; onde per aversi concorso punibile occorre che vi sia la realizzazione quanto meno di un delitto tentato. Il reato consumato o tentato pu essere materialmente posto in essere, indifferentemente: da uno o taluni soltanto dei concorrenti; da ciascuno dei concorrenti, allorch ognuno di essi ponga in essere la azione tipica; da tutti concorrenti insieme, qualora ciascuno di essi ponga in essere sol tanto una frazione dell'intera condotta tipica.

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Per autore mediato si intende chi usa un altro essere umano non punibile come strumento materiale per commettere il reato.

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155.Il contributo dei concorrenti Problema centrale del concorso quello del comportamento atipico minimo, necessario per concorrere nel reato. Per il nostro ordinamento, misto e garanti sta, il problema va risolto alla luce, oltre che del principio di tassativit: 1. del principio di materialit, in forza del quale ciascun concorrente deve, anzitutto, porre in essere un comportamento materiale esteriore, perce pibile dai sensi, poich anche nella partecipazione criminosa vale lesi genza garantista del cogitationis poenam nemo patitur; 2. del principio della responsabilit personale, in forza del quale il comporta mento esteriore deve, altres, concretizzarsi in un contributo rilevante, materiale e morale, alla realizzazione del reato: a livello ideativo, prepa ratorio o esecutivo. Ci per evitare che attraverso il concorso filtri la re sponsabilit per fatto altrui occulta. Perch possa dirsi rispettato il principio della responsabilit per fatto proprio, nella fattispecie monosoggettiva occorre che il soggetto abbia causato anche materialmente il reato. Nella fattispecie plurisoggettiva basta chi ne abbia agevolato l'esecuzione da parte di altri, poich in forza del vincolo associa tivo diventano sue proprie anche le condotte causali dei soci. Per aversi con corso punibile , poi, sufficiente che la condotta dell'agente, concepita come partecipazione materiale, dia luogo almeno ad una partecipazione morale. For me di partecipazione psichica, necessarie o agevolatrici, sono, oltre alla istiga zione per determinazione o rafforzamento: l'accordo criminoso, cio di commettere reato e di fornire ciascuno un de terminato contributo, riconducibile, in definitiva, alla istigazione reciproca; il cosiddetto consiglio tecnico consistente nel fornire all'organizzatore o al l'esecutore notizie necessarie o agevolatrici; la promessa di aiuto da prestarsi dopo la commissione del reato, allorch abbia determinato o rafforzato l'altrui proposito criminoso. Viceversa non pu costituire concorso nel reato l'aiuto prestato dopo la commissione del reato, il quale potr dare luogo a responsabilit per altro reato (favoreggia mento, ricettazione, ecc.). Particolare menzione merita il concorso per omissione nel reato commissivo posto in essere da altri. Per aversi concorso per omissione occorre: che anche l'omissione sia condizione necessaria o agevolatrice del reato, premesso che anche l'altrui non facere pu assurgere a conditio sine qua non o soltanto favorire la realizzazione del reato; che tale omissione costituisca violazione dell'obbligo giuridico di garanzia, cio di impedimento dei reati altrui del tipo di quello commesso, per cui il soggetto, tenendo il comportamento doveroso, avrebbe impedito o reso pi ardua la realizzazione del medesimo. L'esistenza di detto obbligo impeditivo contraddistingue il concorso per omis sione dalla mera connivenza, che si ha quando il soggetto assiste passivamente alla perpetrazione di un reato, che ha la possibilit materiale ma non l'obbligo

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giuridico di impedire. Specifici obblighi impeditivi di determinati reati sono previsti dalla legge o contratto a carico di particolari categorie di soggetti, qua li il titolare di un potere di educazione, istruzione, cura, custodia, agli ammini stratori di societ, le guardie giurate. Circa gli appartenenti alla polizia giudi ziaria, alla forza pubblica, alle forze armate sussiste nei loro confronti l'obbligo di impedire i singoli reati, che vengono commessi alla loro presenza, dovendo essi rispondere di concorso se hanno assistito passivamente alla loro perpetra zione. 156.Lelemento soggettivo: il concorso doloso Dottrina e giurisprudenza hanno sempre concordemente ritenuto che nel con corso debba esistere anche un elemento soggettivo, sulla determinazione del quale permangono per incertezze e divergenze. Innanzitutto, per il principio costituzionale della responsabilit personale oc corre che al concorrente sia attribuibile psicologicamente non solo la con dotta da lui materialmente posta in essere, ma anche lintero reato realiz zato in concorso con gli altri soggetti. Secondo il nostro codice configurabi le: 1. pacificamente, sia il concorso doloso nel reato doloso, sia il concorso col poso nel reato colposo; 2. meno pacificamente, sia il concorso doloso nel reato colposo, sia il concor so colposo nel reato doloso. Quanto alla struttura del dolo di concorso pacifico che non occorre il pre vio concerto non essendo necessario che i soggetti si siano preventivamen te accordati per commettere il reato. Altrettanto pacifico che non vi pu es sere concorso nellipotesi opposta in cui pi soggetti compiono una analoga azione criminosa ai danni di un terzo, luno allinsaputa dellaltro. Si discute, invece, se sia necessaria la c.d. volont comune, se cio occorra che tutti i concorrenti abbiano la reciproca coscienza e volont di cooperare con gli altri o se basti che anche uno solo abbia la coscienza e volont della realizza zione comune del fatto. Cos, ad esempio, nel caso di chi fa trovare ad una per sona, di cui conosce il proposito omicida, unarma senza che questi sappia del lausilio che gli viene dato. Per la dottrina prevalente e ancor prima per il nostro codice non occorre, per aversi concorso, la reciproca consapevolez za dellaltrui contributo, essendo sufficiente che tale consapevolezza esista in uno solo dei concorrenti. La coscienza e volont di cooperare , invece, necessaria in ogni singolo agente perch risponda a titolo di concorso. Il concorso unilaterale rende punibili condotte altrimenti non perseguibili; in secondo luogo rende possibile configurare il c.d. concorso doloso nel reato col poso, che si ha quando con una condotta atipica il soggetto concorre dolosa mente nellaltrui fatto colposo: strumentalizza cio laltrui condotta colposa32.
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Si fa lesempio di chi istiga taluno, che versa in errore inescusabile sulla natura tossica di una sostanza, ad immetterla in acque o sostanze destinate alla alimentazione; al qual proposito nessuno dubita che listigato

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Quanto alloggetto, il dolo di concorso coscienza e volont del fatto previsto dalla fattispecie plurisoggettiva del concorso: cio di concorrere con altri alla realizzazione del reato. Esso implica perci: 1. la coscienza e volont di realizzare un fatto di reato; 2. la consapevolezza delle condotte che gli altri concorrenti hanno esplicato, esplicano o esplicheranno; 3. la coscienza e volont di contribuire con la propria condotta, assieme alle altre, al verificarsi del reato stesso. Dibattuta la questione della eventuale responsabilit dellagente provocatore, cio di colui che, istigando od offrendo loccasione, provoca la commissione di reati al fine di coglierne gli autori in flagranza o, comunque, di farli scoprire e punire. 157.Il concorso colposo Primo problema, ampiamente discusso, fu quello della stessa configurabilit ontologica del concorso colposo nei reati colposi. Il problema stato risolto per i delitti dallart. 113 del codice del 30 che statuisce: nel delitto colposo, quando levento stato cagionato dalla cooperazione di pi persone, ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso. Per le contravven zioni dallart. 110, di cui lo stesso art. 113 giustifica una interpretazione esten siva. Il secondo problema riguarda, invece, la struttura del concorso colposo, cio gli elementi che lo caratterizzano e differenziano non solo dal concorso doloso, ma soprattutto dal concorso di azioni colpose indipendenti. Nonostante qualche contraria opinione, anche il concorso colposo richiede, per la sua stessa natura plurisoggettiva, anzitutto un legame psicologico con lagire altrui, rappresentato dalla coscienza e volont di concorrere: non ovviamente, nellintero fatto criminoso, ma soltanto nella condotta violatrici delle regole cautelari di comportamento, dirette a prevenire danni a terzi. In conclusione, per aversi concorso colposo occorrono: a) la non volont di concorrere alla realizzazione del fatto criminoso; b) la volont di concorrere materialmente o psicologicamente alla realiz zazione della condotta contraria a regole cautelari e causa dellevento; c) la previsione o la prevedibilit ed evitabilit dellevento criminoso. Circa il trattamento, anche nel concorso colposo il codice segue il principio della pari responsabilit dei concorrenti, quale che sia la forma di partecipazio ne, ma ne ammette la possibilit di graduazione in concreto, sia attraverso spe cifiche aggravanti ed attenuanti, sia in virt dellart. 13333.
re risponda del delitto doloso dellart. 439 e lesecutore di quello colposo dellart. 452. 33 Concorso colposo in un reato doloso si ha, invece, nel caso ad esempio di chi partecipa alla organizzazio ne di un gioco estremamente pericoloso, che altro compagno ha intenzionalmente ideato per provocare la morte, poi verificatasi, di un rivale in amore. Il concorso in oggetto, se resta automaticamente precluso per chi muove dal dogma della necessaria unicit del titolo di responsabilit dei concorrenti, non lo invece per la pi corretta opinione che ammette il concorso anche tra soggetti che rispondono a titolo diverso. Sicch il problema va risolto sulla base del nostro diritto positivo, per il quale il concorso colposo configurabile: a) non rispetto al delitto doloso, perch l'art. 42/2 richiede una espressa previsione, che manca, in quanto l'art.

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158.La responsabilit del concorrente per il reato diverso Pu accadere che taluno dei concorrenti, nelleseguire il piano criminoso, com metta di propria iniziativa altro reato al posto di quello (o oltre a quello) voluto dagli altri concorrenti. Mancando nel concorrente il dolo di concorrere nel rea to diverso, si pone il problema di stabilire se questo possa essergli penalmente attribuito e a quale titolo. Tre sono le soluzioni astrattamente ipotizzabili ed anche concretamente seguite dai vari codici: a) quella soggettivistica di imputare a ciascuno dei concorrenti levento effet tivamente voluto; b) quella oggettivistica di imputare levento per lo stesso titolo, a tutti i con correnti sulla base del solo contributo causale materiale; c) quella, pi corretta, di imputare levento causato a titolo di dolo soltanto a chi lo volle e a titolo di colpa, se ne esistono gli estremi, a chi collabor volendo un evento diverso. La soluzione pi drastica sub b) fu accolta dallart. 116 del codice del 30, as sai contrastato perch deviante dai principi generali sulla responsabilit e dalla nostra tradizione giuridica. Lo sforzo della dottrina e giurisprudenza stato co stantemente volto a ricercare interpretazioni correttive, che mitigassero il rigo re di tale norma. Siamo cos pervenuti, nelle posizioni pi avanzate, ad una forma di responsabi lit non pi oggettiva, ma soltanto anomala, nel senso che il concorrente ri sponde di un reato doloso sulla base di un reale atteggiamento colposo. Dell'a gire colposo sono riscontrabili tutti e tre i requisiti: a) della non volont del fatto sotto il profilo del dolo sia diretto che eventuale; b) della inosservanza di regole di prudenza, consistente nell'affidarsi, per rea lizzare il proposito criminoso, anche alla condotta altrui, che come tale sfugge completamente al dominio finalistico del soggetto e sulla quale non si pu esercitare quel controllo che invece possibile esercitare sulla pro pria condotta, per evitare, almeno entro certi limiti, la causazione di fatti offensivi non voluti; c) della previsione o prevedibilit come verosimile ed evitabilit dell'evento, accettabili in concreto (cio tenendo conto di tutte le circostanze che ac compagnano l'azione dei concorrenti) e col parametro dell'uomo giudizioso ejusdem professionis et condicionis.

113 contempla il solo concorso colposo nel delitto colposo, parlando di cooperazione nel delitto colposo e non di cooperazione colposa nel delitto. b) bens, invece, rispetto alla contravvenzione dolosa, perchl'art. 113 norma non di sbarramento (come patte della dottrina sostiene: se espressamente previ sta la punibilit del concorso colposo nel delitto colposo, non dovrebbe essere ammissibile, a contrario, il concorso colposo nelle contravvenzioni), Ma che soddisfa l'esigenza dell'art. 42/2 (l'espressa previsione del la punibilit colposa nei delitti), mentre per le contravvenzioni, stante la regola dell'art. 42/4, basta l'art. 110, che parla genericamente di concorso nel reato.

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159.Il concorso nel reato proprio e il mutamento del titolo di reato Dottrina e giurisprudenza ammettono la possibilit del concorso dellestraneo nel reato proprio e lart. 117 ne d espressa conferma. In base ai principi gene rali sul concorso, devono esistere tutti gli elementi oggettivi e soggettivi del concorso stesso, quali atteggiano alla particolare figura del reato proprio. Circa lelemento oggettivo essenziale: a) che tra la pluralit di soggetti vi sia la partecipazione del soggetto avente la qualifica richiesta dalla legge; b) la commissione del reato proprio34; Quanto allelemento soggettivo la conoscenza della qualifica occorre per i reati esclusivi e per i reati propri ma non esclusivi, che senza la qualifica costitui rebbero reato comune. Non invece per i reati propri ma non esclusivi, che sen za la qualifica costituirebbero illeciti extrapenali o resterebbero, comunque, of fensivi di altrui interessi. Sicch nellipotesi in cui lestraneo ignori che il concorrente rivesta la qualit richiesta dal reato proprio, secondo i suddetti principi generali egli dovrebbe ri spondere: a) di alcun reato se si tratta di reati esclusivi; b) del reato comune nel caso che la qualifica comporti soltanto un mutamento del titolo di reato, cio trasformi in proprio un reato altrimenti comune; c) del reato proprio nel caso che senza la qualifica il fatto costituirebbe illeci to extrapenale o sarebbe comunque offensivo di altrui interessi. Diversa la soluzione del vigente diritto positivo. Derogando, parzialmente, ai principi generali, lart. 117 sancisce infatti: Se, per le condizioni o le qualit personali del colpevole, o per i rapporti tra il colpevole e loffeso, muta il titolo di reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato. Operando un ulteriore effetto estensivo del concorso nel reato proprio, questa disposizione statuisce che in caso di mutamento del titolo di reato lestraneo risponde del reato proprio, anche se non ha conoscenza della qualifica dellintraneo35. Per mitigare tale forma di responsabilit oggettiva, lart. 117 aggiunge che, se il reato pi grave, il giudice pu, rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualit o i rapporti predetti, diminuire la pena36. 160.Le circostanze del concorso Circostanze aggravanti. Nel concorso doloso la pena deve essere aumentata, come stabilisce lart. 112:
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Lintraneo deve realizzare egli stesso la condotta tipica del reato proprio solo nei casi di reati esclusivi, che per loro natura sono reati c.d. di mano propria o di attuazione personale e, pertanto, non possono essere realizzati per interposta persona (es. falso in giuramento, incesto). Non cos, invece, per i reati propri non esclusivi, che ammettono la realizzazione per mano di terzi. 35 Cos si capovolge, per, tutta la logica del dolo restando da un lato impuniti non solo i concorrenti del reato esclusivo ma anche i concorrenti nel reato proprio sub c); e dallaltro punendo i concorrenti del reato sub b). 36 Si tratta di una circostanza attenuante indefinita ma non facoltativa.

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per chi ha promosso od organizzato la cooperazione nel reato ovvero diret to lattivit delle persone che sono concorse nel reato medesimo; b) per chi nellesercizio della sua autorit, direzione o vigilanza, ha determi nato a commettere il reato persone ad esso soggette37; c) per chi, fuori dal caso previsto nellart. 111, ha determinato a commettere il reato un minore degli anni 18 o una persona in stato di infermit o di de ficienza psichica; d) se il numero delle persone che sono concorse nel reato di cinque o pi, salvo che la legge disponga altrimenti. Nel concorso colposo la pena aumentata per chi ha determinato a cooperare nel delitto: a) una persona non imputabile o non punibile; b) un minore degli anni 18 o una persona in stato di infermit o di deficienza psichica; c) persone soggette alla propria autorit, direzione o vigilanza; Circostanze attenuanti. Nel concorso sia doloso che colposo, la pena pu es sere diminuita, come stabilisce lart. 114: a) nel caso che lopera prestata da taluna delle persone che sono concorse nel reato abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato38; b) per chi stato determinato a commettere il reato da persona che esercita sul soggetto unautorit, direzione o vigilanza, o quando il soggetto deter minato sia un minore degli anni 18 o persona in stato di infermit o defi cienza psichica. A differenza delle aggravanti dellart. 112, applicabili obbligatoriamente, le suddette attenuanti vengono considerate facoltative39.
a)

161.La comunicabilit delle circostanze e delle cause di esclusione della pena Quanto alle circostanze, loriginaria disciplina dellart. 118 stata cos modifi cata dalla L. n. 19/1990: 1. le circostanze, obiettive e soggettive, sono imputate ai concorrenti nei ter mini dellart. 59/1 e 2: le attenuanti, oggettivamente (a tutti); le aggravanti, soggettivamente: se conosciute o conoscibili dal singolo concorrente;
37

Poich la legge parla non di istigazione, ma di determinazione, non basta che venga rafforzato nella mente altrui il proposito criminoso, ma occorre che si faccia sorgere un proposito criminoso prima inesi stente. 38 Lattenuante non pu essere concessa quando ricorrano le aggravanti dellart. 112. 39 In verit, pena la incostituzionalit, il pu dell'art. 114 deve essere inteso nel senso che affidato alla di screzionalit del giudice valutare se, data la minima importanza della partecipazione, ecc., sia altres ravvi sabile nella situazione concreta, valutata ex art. 133, il valore di una circostanza attenuante; che il giudice ha per l'obbligo, contrariamente a quanto si ritiene in giurisprudenza, di applicare una volta che l'abbia consi derata sussistente.

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2. le sole circostanze, aggravanti o attenuanti, strettamente personali, cio concernenti i motivi a delinquere, lintensit del dolo, il grado della colpa oppure inerenti alla persona del colpevole sono valutate soltanto riguardo alla persona cui si riferiscono, anche se conosciute o conoscibili dagli altri concorrenti. Quanto alle cause di esclusione della pena, lart. 119 stabilisce che: 1. hanno effetto rispetto a tutti i concorrenti le circostanze oggettive di esclu sione della pena (scriminanti); 2. hanno effetto soltanto nei confronti della persona cui si riferiscono le circo stanze soggettive che escludono la pena per taluno dei concorrenti, doven dosi intendere con questa espressione le c.d. cause di esclusione della col pevolezza e le cause di esclusione della sola punibilit e non anche del rea to. 162.Il reato (necessariamente) plurisoggettivo Si ha un reato necessariamente plurisoggettivo quando la stessa norma di par te speciale che richiede, per la esistenza del reato, una pluralit di soggetti atti vi. Fondamentale la distinzione fra: 1. reati plurisoggettivi propri, in cui tutti i coagenti sono assoggettati a pena in quanto lobbligo giuridico, la cui violazione integra il reato, incombe su ciascuno di essi. Cos nel duello, nellassociazione per delinquere, nella ris sa, in cui tutti i soggetti sono tenuti alla osservanza del dovere imposto dal la norma penale; 2. reati plurisoggettivi impropri in cui uno o taluni soltanto dei coagenti sono punibili in quanto su di essi soltanto incombe lobbligo giuridico di non te nere il comportamento. Il primo problema che si pone se, nel reato plurisoggettivo improprio, il con corrente necessario, non espressamente dichiarato punibile dalla legge, possa essere ritenuto responsabile a titolo di concorso unicamente per avere tenuto la condotta tipica, cio prevista dalla norma sul reato plurisoggettivo. E comune opinione che punire, in tali casi, il concorrente necessario sarebbe violare il principio di legalit. Il secondo problema se il concorrente necessario, non dichiarato punibile come tale dalla legge, possa essere punito a titolo di concorso per una condotta atipica, diversa ed ulteriore rispetto a quella di concorrente necessario e volta a far realizzare allaltro concorrente la condotta punibile. Il terzo problema se ai concorrenti necessari, dichiarati punibili dalla legge, siano applicabili le norme sul concorso di persone e, particolarmente, le circo stanze degli artt. 112 e 114 e le disposizioni sulla comunicabilit delle circo stanze e delle cause di esclusione della punibilit. Va da ultimo notato che possibile il concorso eventuale nel concorso neces sario da parte di persone diverse dai concorrenti necessari, che non realizzano le azioni tipiche della fattispecie plurisoggettiva40.
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Cos nel caso di chi istiga lamico a risolvere una contesa mediante il duello, poi verificatosi.

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LA PERSONALITA DELLAUTORE CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE 163.Il fatto e lautore Accanto al fatto penalmente illecito, il secondo pilastro del diritto penale mo derno la personalit dellautore dellillecito penale. Circa i rapporti tra reato ed autore, la storia del diritto penale oscilla tra: 1. un diritto penale del puro fatto, che si limita ad una esclusiva e fredda con siderazione del fatto nella sua immobile tipicit; 2. un diritto penale dellautore, che sposta il proprio centro dal fatto al sog getto e costituisce laspirazione massima di personalizzazione dellillecito penale. Esso da luogo: a) alla concezione positivistico-naturalistica del tipo criminologico dau tore a fini preventivi, che considera il delinquente nella sua globale per sonalit bio-psichica, causa del delitto, e per la quale il reato non che un sintomo della pericolosit sociale del soggetto; b) alla concezione etico-sociale del tipo normativo dautore a fini repressi vo-retributivi, volta a cogliere, sullo sfondo della tipologia legale dei reati, la tipologia etico-politica degli autori, come sentita dalla co scienza sociale. 3. un diritto penale misto del fatto e della personalit dellautore, che pur re stando ancorato al principio garantista del fatto come base imprescindibile di ogni conseguenza penale, tiene conto dellaltrettanto imprescindibile esi genza di valutare la personalit del reo, per esclusivamente al fine di de terminare il tipo, la quantit e la durata delle conseguenze penali applicabi li. Quanto al modo di intendere lautore del reato, la storia della scienza penale ha oscillato fra: 1. il dogma del reo come essere morale assolutamente libero nella scelta del le proprie azioni, che come tale venne elevato a Uomo astratto ed irreale; 2. il dogma del delinquente come essere assolutamente determinato che come tale viene degradato ad entit naturalistica, bio-psico-sociologica, rimbalza to tra costituzione ed ambiente e privo di ogni spontaneit ed autodetermi nazione; 3. lacquisizione critica dellautore del reato come concreta individualit umana, n tutta libert n tutta necessit ma con una libert condizionata , motivata, la cui sfera di spontaneit e di autodeterminazione varia, am pliandosi o riducendosi fino ad annullarsi, nella concretezza dei fattori con dizionanti.

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164.La scuola classica e il diritto penale della responsabilit Maturata nellambiente politico-culturale determinato dallilluminismo, la Scuola Classica ferma la propria attenzione su presupposti razionali della puni bilit contro larbitrio e la crudelt dellepoca. Pi precisamente essa incentra il diritto penale sui tre principi fondamentali: 1. della volont colpevole: il reato violazione cosciente e volontaria della norma penale; perch la volont sia colpevole occorre che sia libera; il li bero arbitrio il fulcro del diritto penale; 2. dellimputabilit: perch si abbia volont colpevole occorre che lagente abbia la concreta capacit di intendere il valore etico-sociale delle proprie azioni e di determinarsi liberamente alle medesime, sottraendosi allinflus so dei fattori interni ed esterni; 3. della pena come necessaria retribuzione del male compiuto e, come tale, afflittiva, personale, proporzionata, determinata, inderogabile. Merito della scuola classica la razionalizzazione di taluni principi di civilt che sono alla base di ogni diritto penale garantista e progredito. Tre sono per i grandi limiti: 1. con lescludere ogni valutazione della personalit dellagente, essa relega il diritto penale ed il reo nella sfera astratta di un diritto naturale razionalisti co lontano dalla realt naturalistica, individuale e sociale, in cui essi invece sono immersi. Il postulato egualitario delluomo assolutamente libero ha portato ad ignorare gli innegabili condizionamenti dellagire umano ad opera di fattori extravolontari, endogeni e esogeni, ai fini della graduazione della responsabilit e della individualizzazione della pena; 2. i classici limitano la difesa sociale contro il delitto alla sola pena quale uni co strumento di prevenzione generale e speciale. Sicch al sistema classico resta estranea ogni idea non solo di prevenzione generale e speciale socia le, ma anche di prevenzione speciale penale attraverso misure neutraliz zatrici e risocializzatrici, adeguate alla personalit dellagente; 3. nessuna attenzione fu rivolta alla esecuzione della pena ai fini del ricupero sociale del delinquente, in quanto per i classici il problema penale si chiude con il passaggio in giudicato della sentenza. 165.La scuola positiva e il diritto penale della pericolosit Per la scuola positiva il delitto appare, nel determinismo universale dei feno meni, manifestazione necessitata di determinate cause e non gi estrinsecazio ne di una scelta libera e responsabile del soggetto. Il diritto penale va, perci, disancorato da ogni premessa metafisica e da ogni contenuto etico di riprove volezza e, innanzitutto, dal postulato del libero arbitrio, che non ha senso. Muovendo dal postulato del determinismo causale, i positivisti pongono a base del diritto penale non pi la responsabilit etica ma la pericolosit sociale del soggetto e la concezione difensiva della sanzione penale. Con un radicale ca povolgimento dei tre capisaldi della scuola classica. Infatti:

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si sposta il centro del diritto penale dal reato in astratto al delinquente in concreto, in quanto ci che interessa non pi il reato come ente giuridico staccato dall'agente, ma il reato come fatto umano individuale, che trova la sua causa nella struttura bio-psicologica del delinquente e che, perci, altro non che l'indice esteriore della pericolosit del soggetto (concezione sin tomatologica del reato); 2. alla volont colpevole, all'imputabilit, alla responsabilit morale, viene so stituito il concetto di pericolosit sociale, intesa come probabilit che il soggetto, per certe cause, sia spinto a commettere fatti criminosi; 3. la pena retributiva sostituita dal sistema di misure di sicurezza, moral mente neutrale (profilassi criminale). Tre sono i meriti della scuola positiva: 1. di avere messo a fuoco il problema della personalit del delinquente nei suoi condizionamenti bio-psico-sociologici; 2. di avere calato il reato ed il reo dentro la realt individuale e sociale, dando vita gli indirizzi criminologici, antropologici e sociologici, che si contendo no il campo della criminologia; 3. di aver aperto le frontiere alla difesa sociale. Tre sono pure i grandi limiti: 1. con le sue generalizzazioni e schematizzazioni deterministico meccanicisti che, che sono apparse ben presto ingenue ed inaccettabili, ha deresponsabi lizzato l'individuo, peccando dell'eccesso opposto della scuola classica che deresponsabilizzava la societ; 2. agganciando il reato al suo autore e, soprattutto, incentrando il diritto pena le sulla pericolosit del delinquente, sulle tipologie criminologiche di auto ri e su momenti tipicamente personali, essa rimise pure in discussione quel le garanzie di legalit e certezza, faticosamente conquistate ed il cui recu pero diventer il punto politicamente e giuridicamente pi indagato dei moderni indirizzi penalistici; 3. pi in radice pose in discussione l'abbandono del fondamentale principio del nullum crimen sine delicto, in quanto, una volta sostituita la colpevolez za per il fatto con la pericolosit sociale dell'autore, avrebbero dovuto esse re sottoposti, coerentemente, a misure di sicurezza anche i predelinquenti, cio i soggetti che, pur non avendo ancora commesso reati, risultano social mente pericolosi.
1.

166.La terza scuola e il sistema dualistico della responsabilit-pericolosit Fu innanzitutto la terza scuola o scuola eclettica, che cerc la mediazione tra gli elementi di utilit pratica, emersi dalle opposte posizioni classica e positivi sta. Ne nacque il cosiddetto sistema del doppio binario, fondato sul dualismo della responsabilit individuale-pena retributiva e della pericolosit socialemisura di sicurezza. Questo indirizzo, da un lato, tiene fermi i canoni fonda

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mentali classici, continuando a incentrare il diritto penale sulla responsabilit del fatto commesso con volont colpevole, sull'imputabilit e sulla pena, desti nata agli imputabili. Dall'altro, accoglie vari postulati pratici positivisti, in quanto ammette la pericolosit sociale di certi soggetti e, per la esigenza della difesa contro soggetti pericolosi, le misure di sicurezza. 167.La nuova difesa sociale e la responsabilit come espressione della per sonalit Il maggiore sforzo di sintesi quello tentato da quel movimento di pensiero, tra i pi fecondi del dopoguerra, della nuova difesa sociale, che ricevette la sua prima consacrazione internazionale con l'istituzione nel 1948 della sezione di difesa sociale delle nazioni unite che si svilupp soprattutto per iniziativa della societ internazionale di difesa sociale, fondata nello stesso anno. Sua essenza sono la difesa della societ contro il crimine e la risocializzazione del delin quente. Il programma minimo, accettato da tutti membri della S.I.D.S., pu riassumersi nei seguenti punti: la lotta contro la criminalit come uno dei compiti sociali pi importanti, da attuarsi attraverso mezzi di azione diversi sia predelittuali sia postdelit tuali; l'umanizzazione del diritto penale, in quanto il perseguimento di tale scopo deve avvenire attraverso il rispetto dei valori umani; la scientificizzazione del diritto penale, poich lo scopo pratico della difesa della societ e dei suoi membri contro il crimine, se da un lato deve pre scindere da premesse di ordine metafisico, dall'altra deve fondarsi su uno studio scientifico della realt; l'introduzione di un sistema di misure di difesa sociale, unitario e sufficien temente differenziato, idoneo al recupero sociale del delinquente. La proce dura giudiziaria e il trattamento penitenziario che debbono essere conside rati come un processo continuativo, di cui le successive fasi vanno concepi te secondo lo spirito e gli scopi della difesa sociale. 168.Il sistema dualistico del diritto penale italiano Come tutti diritti penali evoluti, anche diritto penale italiano di tipo misto: del fatto e dell'autore. Resta fermamente ancorato al fatto come base impre scindibile di ogni conseguenza penale, bandendo dalla fattispecie incriminatri ce ogni elemento personalistico. Ma considera, tuttavia, la personalit dell'au tore al fine di determinare il tipo e la qualit delle conseguenze penali applica bili. Nel considerare il delinquente anche nella prospettiva personalistica, il no stro diritto penale, respinti i postulati estremi delle correnti criminalistiche ra dicali e aderendo alle posizioni compromissorie della terza scuola, ha recepito il sistema dualistico del doppio binario.

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IL PROBLEMA DELLE CAUSE DELLA CRIMINALITA 169.Lindirizzo individualistico biologico Lo studio della criminalit con metodo scientifico inizi soltanto con la Crimi nologia, nata come scienza autonoma a met del secolo XIX. Gi dal suo sor gere si manifestarono in essa i due indirizzi unifattoriali, o prevalentemente in dividualistici o prevalentemente sociologici, che contrassegnarono per decenni lo sviluppo della disciplina. Essi si differenziarono in scuole che si posero fre quentemente in posizione antagonistica, prendendo come fondamento, le une, la costituzione biopsichica dellindividuo e, le altre, la realt socioambientale. Lindirizzo individualistico, per cui le cause primarie od esclusive della crimi nalit sono da ricercare in fattori endogeni, incentra lo studio della criminalit principalmente sulla personalit del singolo individuo delinquente. E sostie ne la predisposizione individuale alla delinquenza, cio la probabilit dei sog getti, segnati da certe caratteristiche, di pervenire al delitto. Esso andato svi luppandosi: 1. negli orientamenti fisico-biologici, come per le correnti che hanno studiato i rapporti tra determinate tipologie fisiche e criminalit e per i quali i delin quenti presentano particolari caratteristiche fisiche che li fanno apparire di versi e distinguibili dagli altri esseri umani41; 2. negli orientamenti psicologici, dove la moderna antropologia criminale ha posto lattenzione sui rapporti tra costituzione e condotta criminosa, pas sando dallantropometria lombrosiana alla tipologia costituzionalistica. Ad esempio, per lindirizzo costituzionalistico bio-psichico si cerca di porre in evidenza che la predisposizione al crimine ha le sue radici nel profondo dellessere biologico totale, composto indivisibile di materia e spirito, di tessuti, di umori e di coscienza42. La nota formula delinquenti si nasce, non si diventa ne esprime le posizioni deterministiche estremistiche. 170.Lindirizzo individualistico psichiatrico Nellambito dellorientamento individualistico, che accentra lattenzione sui fattori psichici della criminalit, si sono sviluppati gli indirizzi psichiatrici e gli indirizzi psicoanalitici. Gli indirizzi psichiatrici raggruppano quelle teorie che videro nei disturbi mentali il fattore di maggior significato rispetto alle condot te criminali, specialmente pi gravi e recidive. Muovendo dalla prospettiva medica e secondo un criterio classificatorio nosografico, che riflette quello classico, i disturbi psichici possono distinguersi in anomalie psichiche e malat
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Ad. Es. i frenologi per i quali esisterebbe una correlazione fra la conformazione anomala del cranio, la struttura del cervello ed il comportamento antisociale; i lambrosiani per i quali un uomo sarebbe portato al delitto dalle sue anomalie congenite (stimmate). 42 Tre teorie sono state enunciate: la teoria del perverso costituzionale, per cui esisterebbe in numerosi delin quenti una perversione costituzionale degli istinti di conservazione; la teoria della costituzione delinquen ziale; la teoria costituzionale di Kinberg. (v. pag. 577 Mantovani).

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tie mentali (o psicosi). Nellambito delle anomalie psichiche, riscontrabili in ampio numero di soggetti, si possono distinguere: le deficienze mentali, caratterizzate da uno sviluppo dellintelligenza infe riore alla media; le reazioni psicogene abnormi, caratterizzate da una risposta psichica ina deguata ad eventi esterni emotigeni o psicotraumatizzanti; le personalit nevrotiche, diverse dalle nevrosi vere e proprie, caratterizza te da un andamento processuale, un inizio e un decorso simili a quello di una malattia. Nellambito delle malattie mentali43 si distinguono: psicosi organiche, ovvero malattie psichiche provocate da un noto agente patogeno e accompagnate da ben conosciute alterazioni anatomo-patologi che; psicosi endogene, ovvero alterazioni mentali prive di cause organiche note ma considerate ugualmente malattie per il loro andamento processuale (schizofrenia, paranoia, psicosi maniaco-depressiva). 171.Lindirizzo individualistico psicogenetico Con lo sviluppo della psicologia dinamica sorsero molteplici indirizzi crimino logici che individuarono in fattori psicologici la causa prevalente od unica del la condotta criminale (teorie psicoanalitiche e teoria analitica di Jung). 172.Lindirizzo individualistico psicosociale Le teorie psicosociali ritengono che lindividuo sia, innanzitutto, mosso da istanze sociali pi che individuali e, secondariamente, influenzato e motivato dai tipi di rapporti interpersonali che nel contesto sociale si realizzano. Per la teoria dellidentit negativa il processo di formazione, in gran parte in conscio, della propria identit personale ha una sua fase determinante alla fine delladolescenza, poich successivamente ad essa lindividuo ha di s unimmagine relativamente stabile e duratura. Per le teorie riflesslologiche, dello stimolo-risposta, l'uomo va studiato non in trospettivamente, a prescindere dai concetti di volont, di coscienza, di libero arbitrio, e dai processi psicologici e motivazioni consce ed inconsce del suo agire, ma pi semplicemente nei modi in cui reagisce, con la propria condotta, agli stimoli ambientali, poich solo cos possibile la osservazione obiettiva e lo studio scientifico delle leggi che regolano il comportamento umano. 173.Lindirizzo sociologico L'indirizzo sociologico, che muove dal postulato che il reato non un fatto in dividuale isolato, ma il prodotto dell'ambiente, e che le cause della criminalit vanno pertanto cercate in fattori esogeni polarizza lo studio della criminalit
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Le malattie mentali, comunemente dette psicosi, consistono in condizioni morbose che comportano un di sordine mentale di particolare gravit, una disgregazione pi o meno avanzata di tutta la personalit, che ri sulta globalmente compromessa e non solo settorialmente alterata come nelle forme nevrotiche e psicopati che una incapacit di adeguata valutazione del reale.

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principalmente sulla realt socio-ambientale. Le note formule l'ambiente so ciale il terreno di cultura della criminalit, delinquente non si nasce, si di venta, la societ ha la criminalit che si merita ne esprimono le posizioni estremistiche. La sociologia fenomenologica. Con finalit prevalentemente descrittive, essa si sofferma, mediante l'indispensabile aiuto della statistica criminale, alla os servazione empirica dei modi di manifestazione dei fatti criminosi, delle corre lazioni con le circostanze ambientali, dei fattori macrosociali largamente in fluenzanti la condotta individuale e consente di constatare non solo la consi stenza numerica, la distribuzione e la relativa costanza negli anni dei vari tipi di delitti, ma anche la loro distribuzione quantitativa e qualitativa secondo i pi vari e rilevanti parametri socio-ambientali ed il loro relativo mutare nel tempo e nello spazio. La sociologia causale. Essenzialmente teoretica, essa abbraccia quelle teorie sociocriminologiche, quelle costruzioni teoriche organizzate in sistema, attra verso le quali si tende a rendere ragione dei fatti criminosi sulla base di deter minate cause onnicomprensive con validit generale. Tali teorie, talune delle quali hanno sensibilmente arricchito le nostre conoscenze sui fattori sociologi ci e sociopsicologici del delitto, possono fondamentalmente distinguersi in: teorie classiste, per le quali la criminalit una propriet di un particolare sistema economico-sociale e comprendono quelle spiegazioni teoretiche della criminalit basate su taluni tratti caratteristici delle diverse classi so ciali, sui conflitti esistenti fra queste e tra le sottoculture da esse create44; teorie culturalistiche (non classiste) che individuano le cause preponderan ti della criminalit nei fattori culturali inerenti cio alla cultura intesa come quel complesso insieme che include conoscenze, credenze, arte, mo rale, legge, usanze e le altre capacit acquisite dall'uomo come membro della societ o, pi brevemente, come il modo di vita creato dall'uomo. Nell'indirizzo culturalistico si annoverano alcune delle pi note teorie so ciocriminologiche, quali quelle: a) dei conflitti culturali che individua nel conflitto insorgente tra sistemi culturali contigui una delle principali cause dellinstabilit sociale; b) dell'anomia, per la quale la stessa instabilit si ravvisa nella situazione anomica45; c) della disorganizzazione sociale, che ravvisa una stretta dipendenza tra destabilizzazione dei valori culturali di una societ e la irregolarit del la condotta dei suoi membri, in quanto i fattori disorganizzativi sociali tolgono agli individui i parametri di riferimento normativo e di guida nella loro condotta;

44 45

si distingue ulteriormente tra: a) le teorie classiste marxiste; b) le teorie classiste non marxiste. Anomia = assenza di norma.

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delle aree criminali, che identifica le cause della condotta criminale nellesposizione a particolari influenze ambientali, connesse al vivere in zone urbane ad alta concentrazione delinquenziale; e) delle associazioni differenziali, secondo la quale il comportamento cri minale inteso non come mera imitazione, ma come apprendimento at traverso lassociazione interpersonale con altri individui che sono gi criminali; f) dell'identificazione differenziale, secondo la quale lapprendimento del comportamento criminale dipende non tanto dalla priorit, frequenza, intensit, dei contatti interpersonali, quanto dallidentificazione del soggetto con modelli criminali.
d)

174.Lindirizzo multifattoriale Le teorie multifattoriali pongono lintegrazione tra antropologia e sociologia come lobiettivo pi attuale della moderna criminologia. la teoria non direzionale si protende in tutte le direzioni al fine di enuclea re le caratteristiche individuali e situazionali ricorrenti nei delinquenti e pertanto utilizzabili anche per fini prognostici; la teoria dei contenitori considera in modo specifico lazione dei controlli interni ed esterni, capaci congiuntamente e vicendevolmente di regolare la condotta umana. In generale, da un lato lambiente sociale pu favorire il comportamento crimi nale dei soggetti potenzialmente predisposti; dallaltro, con laccentuarsi del carattere criminogeno dellambiente, possono pervenire al delitto categorie sempre pi ampie di soggetti meno od anche solo marginalmente predisposti. 175.La classificazione dei delinquenti Il problema della classificazione dei delinquenti stato posto, nellambito del le scienze criminali, sotto il triplice profilo del tipo criminologico, del tipo le gale, del tipo dautore. Da tempo si per contestata la validit ed utilit di tali classificazioni giungendo cos alle seguenti: 1. motivazionale, che raccoglie non solo i delinquenti per appropriazione, ag gressivit, passionalit, sessualit, ideologia, ludismo; ma anche i delin quenti professionali, occasionali, per situazioni critiche, per indisciplina so ciale; 2. clinica, fatta in funzione della presenza o meno negli autori di anomalie dal punto di vista medico-psichiatrico; 3. socio-ambientale, che distingue gli autori dei delitti a seconda dellambien te e del contesto sociale in cui la condotta criminosa si sviluppa e realizza, esistendo tipi di criminalit specifici dei diversi ambienti sociali (sottocul ture criminali, non criminali, delinquenti dei colletti bianchi, del potere po litico, dellambiente familiare).

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IL DELINQUENTE RESPONSABILE 176.La libert morale condizionata Le scienze criminali permanentemente oscillano tra gli opposti poli della re sponsabilit e della irresponsabilit umana. Ci come naturale riflesso del pe renne problema di fondo tra indeterminismo e determinismo, che da sempre oc cupa lantropologia filosofica, non ammette verifica empirica definitiva ed insolubile poich radicato nella perenne antinomia tra le due categorie, la li bert e la necessit, del pensiero umano, il quale, non potendo mai uscire da se stesso e giudicare, con i suoi stessi strumenti, della sua validit e pervenire ad una totale introspezione, riprodurr sempre, attraverso siffatta conoscenza, tale intima e irresolubile antinomia. Sta di fatto per che lidea della libert morale e della responsabilit individua le, pur con tutti i ridimensionamenti, ha sempre retto a tutti gli attacchi. 177.Limputabilit Data limpossibilit di accertare la capacit individuale di agire altrimenti nella situazione concreta, tale libert presunta come presente nel soggetto agente in assenza delle cause che valgono ad escluderla. Contro le variabili estremistiche dei delinquenti tutti responsabili o tutti irre sponsabili resta la costante realistica che, accanto ai molti responsabili, residua pur sempre un nucleo di pochi irresponsabili. Limputabilit appunto il pre supposto della responsabilit per la pena e varie sono state in passato le teorie tese a definirne la natura: per la teoria della normalit limputabilit concepita come normale fa colt di determinarsi, per cui imputabile solo chi reagisce normalmente ai motivi, e quindi, luomo psichicamente sano e maturo; per la teoria dellidentit personale limputabilit consiste nella apparte nenza dellatto allautore e sussiste quando il fatto espressione della per sonalit dellagente, mentre manca quando viene meno nel soggetto il pote re di manifestarsi secondo il proprio Io; per la teoria dellintimidibilit limputabilit la capacit di sentire leffi cacia intimidatrice della pena, onde non sono imputabili gli immaturi, gli infermi di mente ed assimilati perch incapaci di subire la coazione psico logica della pena. Manifesti sono i vizi e i limiti di tali teorie. Si perci cercato di fondare lim putabilit sulla concezione comune della responsabilit umana, essendo opi nione radicata nella coscienza collettiva che un uomo, per poter essere chiama to a rispondere dei propri atti di fronte alla legge penale, deve avere raggiunto un certo sviluppo intellettuale e non essere infermo di mente.

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Limputabilit non soltanto capacit alla pena ma anche e ancor prima ca pacit alla colpevolezza, costituendo essa il presupposto di essa: senza imputa bilit non vi colpevolezza e senza colpevolezza non vi pena. 178.La capacit di intendere e di volere In base allart. 85, un soggetto perch sia imputabile deve possedere: la capacit di intendere, cio lattitudine del soggetto non solo a conoscere la realt esterna, ci che si svolge al di fuori di lui, ma a rendersi conto del valore sociale, positivo o negativo, di tali accadimenti e degli atti che egli compie; la capacit di volere, cio lattitudine del soggetto ad autodeterminarsi, a determinarsi cio in modo autonomo tra i motivi coscienti in vista di uno scopo, volendo ci che lintelletto ha giudicato di doversi fare e, quindi, adeguando il proprio comportamento alle scelte fatte. La richiesta esistenza dellimputabilit al momento del fatto sta a significare che essa deve esistere: a) con riferimento al singolo fatto concreto, posto in essere dal soggetto, es sendo possibile, stante la c.d. divisibilit della capacit di intendere e di vo lere, una imputabilit settoriale rispetto ad un tipo di fatto e non rispetto ad un altro tipo; b) al tempo della condotta, essendo questo il momento in cui il soggetto si pone contro il diritto e deve essere, perci, in grado di comprendere il di svalore del proprio comportamento e di autodeterminarsi. Dal combinato disposto dagli artt. 85 e 88 ss. si desume: a) che limputabilit considerata normalmente esistente; b) che essa esclusa o diminuita soltanto in presenza di determinate cause; c) che, pertanto, il giudice deve accertare non, positivamente, la esistenza del la capacit di intendere e di volere, ma, negativamente, la assenza o il dub bio sulla esistenza per effetto di dette cause. 179.La incapacit procurata Oltre che dovuta a cause naturali, la incapacit di intendere e di volere pu es sere procurata dallo stesso soggetto o da terzi. Nel primo caso pu trattarsi di una incapacit: a) incolpevole, perch dovuta a caso fortuito o forza maggiore: trova applica zione il disposto dellart. 85; b) volontaria o colposa, perch voluta dal soggetto o da lui prevedibile o evi tabile: la regola dellart. 85 derogata seppur non esplicitamente (come in vece nellipotesi successiva sub c). Se lincapacit piena, il soggetto ri sponder del reato commesso a titolo di dolo eventuale, se si posto in sta to di incapacit prevedendo ed accettando il rischio del reato; oppure a tito lo di colpa se il reato, nel momento in cui egli si rese incapace, fu da lui previsto ma non accettato o, comunque, era prevedibile come conseguenza, sempre che si tratti di reato previsto dalla legge come colposo;

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preordinata, perch predisposta al fine di commettere un reato o prepararsi un scusa: lart. 87 dispone la non applicabilit dellart. 85. Occorre tuttavia notare che la permanenza dellimputabilit nelle ultime due ipotesi non implica la automatica colpevolezza per ogni fatto commesso in sta to di incapacit. Nel caso di incapacit procurata da terzi, lart. 613 punisce chiunque, median te suggestione ipnotica o in veglia, o mediante somministrazione di sostanze alcoliche o stupefacenti, o con qualsiasi altro mezzo, pone una persona, senza il consenso di lei, in stato di incapacit di intendere o di volere. Il soggetto reso incapace senza il suo consenso sottost alla comune disciplina degli artt. 88-89, 91, 93, se la incapacit procurata rispettivamente con mezzi che pro ducono una infermit di mente, con sostanze alcoliche o stupefacenti. Sar per ci non imputabile o semi-imputabile a seconda che la incapacit sia totale o parziale. Il soggetto reso incapace con il suo consenso e condividente il fine criminoso corresponsabile del reato. Quanto al soggetto che ha determinato in altri la incapacit occorre distinguere. Se ha agito al fine di far commettere un reato, risponde del reato commesso dalla persona resa incapace; se ha agito senza fini criminosi, risponder di eventuali reati commessi dallincapace se condo le regole generali sulla colpevolezza: cio a titolo di dolo eventuale se ne ha previsto e accettato il rischio oppure a titolo di colpa se il fatto fu da lui previsto ma non accettato oppure prevedibile e evitabile, sempre che tale fatto sia previsto dalla legge come reato colposo.
c)

180.La responsabilit e la capacit a delinquere Mentre la imputabilit il presupposto della responsabilit, la capacit a delin quere serve a graduare, a individualizzare la responsabilit. Cos, per il nostro ordinamento garantista, lagente risponde pur sempre di un fatto determinato, ma nei limiti in cui la commissione di esso moralmente opera sua, nella mi sura in cui il reato e la sua concreta gravit gli appartengono, e pertanto, gli possono essere moralmente rimproverati. A tal proposito lart. 133, dopo aver disposto che nella commisurazione della pena il giudice deve tenere conto del la gravit del reato, aggiunge che occorre altres considerare la capacit a de linquere del colpevole desunta: a) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; b) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo; c) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato d) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo. 181.La duplice funzione della capacit a delinquere La capacit a delinquere ha una funzione bidimensionale che consente di valu tare la personalit nella sua complessit morale e naturalistica, di compromet

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tere il dissidio tra libert e necessit, di gettare un ponte tra diritto penale e scienze delluomo: 1. una funzione retrospettivo-retributiva, ove va intesa come capacit morale di compiere il reato commesso; 2. una funzione prognostico-preventiva, in quanto serva ad accertare lattitu dine del soggetto a commettere nuovi reati. Quanto agli elementi da cui va desunta la capacit a delinquere, essi sono tutti bivalenti potendo contribuire a precisare meglio la personalit del soggetto sot to il profilo sia morale che naturalistico. Per tale ragione debbono essere ogget to di doppia valutazione. Essi possono cos elencarsi: a) il carattere del reo; b) i motivi a delinquere, ovvero la causa psichica, conscia o inconscia, della condotta umana; c) la vita anteatta, dove rilevano, oltre ai precedenti penali e giudiziari, tutti gli altri aspetti della condotta di vita del soggetto; d) il comportamento generale, anteriore, contemporaneo, susseguente al rea to; e) lambiente. 182.La recidiva La recidiva la condizione personale di chi, dopo essere stato condannato per un reato con sentenza passata in giudicato, ne commette un altro: essa costitui sce uno dei c.d. effetti penali della condanna e va inquadrata tra le circostanze inerenti alla persona del colpevole. La recidiva comporta la possibilit di una aumento di pena. Si distinguono tre tipi di recidive: a) semplice: consiste nel semplice fatto di commettere un reato dopo aver su bito una condanna irrevocabile per un altro reato, e pu comportare un au mento fino ad un sesto della pena da infliggere per il nuovo reato; b) aggravata: si ha quando viene commesso un nuovo reato: della stessa indole del precedente (recidiva specifica); oppure nei cinque anni dalla condanna precedente (infraquinquennale); oppure durante o dopo lesecuzione della pena, o durante il tempo in cui il condannato si sottratto volontariamente allesecuzione della pena; comporta un aumento di pena fino ad un terzo se concorre una sola delle tre circostanze che la determinano e fino alla met se ne concorre pi di una; c) reiterata: si ha allorch il reato commesso da chi gi recidivo; comporta un aumento di pena fino alla met se la preesistente recidiva semplice, fino a due terzi se aggravata specifica o infraquinquennale e da un terzo a due terzi se aggravata ex art. 99, n. 3. Con la riforma del D.L. 99/74 sono stati introdotti due principi:

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laumento di pena non pu mai superare il cumulo delle pene risultanti dal le condanne precedenti alla commissione del nuovo reato; 2. laumento di pena facoltativo e non pi obbligatorio. Per quanto riguarda la natura giuridica della recidiva, il problema consiste nel linquadrare la stessa come circostanza in senso tecnico o elemento di commi surazione della pena del tipo di quelli di cui allart. 133. Sulla tesi della circo stanza resta ferma la giurisprudenza, per la quale obbligatoria la contestazio ne processuale della recidiva e possibile il bilanciamento con altre circostanze. Per altra pi corretta opinione, la riforma ha ulteriormente rafforzato la tesi per cui la recidiva non pu costituire circostanza, nonostante la classificazione in questo senso del codice, che daltronde non vincolante. Sotto il profilo processuale sono pacifiche: a) la obbligatoriet della contestazione; b) la non incidenza della stessa sul regime della procedibilit.
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IL DELINQUENTE IRRESPONSABILE 183.Le cause di esclusione o diminuzione della imputabilit La cause che escludono o diminusicono la imputabilit, previste dal codice ne gli artt. 88-96, appartengono alle due species: 1. delle alterazione patologiche, dovute ad infermit di mente o allazione dellalcool o di sostanze stupefacenti; 2. della immaturit fisiologica o parafisiologica, dipendenti rispettivamente dalla minore et e dal sordomutismo. 184.La minore et Come lesperienza comune e la scienza insegnano, la capacit di intendere e di volere presuppone un certo sviluppo fisico-psichico del soggetto. Il codice ita liano pone una triplice distinzione sancendo: 1. per il minore di anni 14 una presunzione assoluta di incapacit, per presun ta immaturit, cio senza prova contraria; 2. per i maggiori degli anni 18 una presunzione di capacit per presunta matu rit, salvo che si dimostri che tale capacit esclusa o diminuita da altre cause, patologiche o parafisiologiche; 3. per il minore fra i 14 e i 18 anni nessuna presunzione, dovendo il giudice (anche dufficio) accertare caso per caso la imputabilit o inimputabilit; Circa il trattamento, il minore non imputabile viene prosciolto. Per non lascia re la societ indifesa, si applica, al minore che abbia commesso un delitto e sia ritenuto pericoloso, la misura di sicurezza del riformatorio giudiziario o della libert vigilata. Se il minore fra i 14 e i 18 anni ritenuto imputabile fruisce al lora di una diminuzione di pena e di talune agevolazioni in tema di pene acces sorie. Qualora il giudice lo ritenga pericoloso pu ordinare che dopo lesecu

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zione della pena, sia sottoposto alle suddette misure di sicurezza. Quando il minore sia incapace di intendere e di volere anche per ragioni diverse dalla mi nore et, si fa luogo al trattamento curativo. 185.Il sordomutismo Il sordomutismo previsto tra le cause che escludono o diminuiscono limpu tabilit, in quanto ludito e il linguaggio sono essenziali per lo sviluppo del pa trimonio psichico delluomo. Nel vigente codice il sordomutismo non compor ta alcuna presunzione di imputabilit, ma deve caso per caso accertarsi se esso incida o meno sulla capacit del soggetto. Per questo motivo: quando si riconosce che la capacit di intendere e di volere era piena, il sordomuto viene penalmente considerato come una persona normale e rite nuto imputabile; se, invece, si accerta che la capacit non sussisteva, egli parificato alla persona affetta da vizio totale di mente e ritenuto non imputabile; se si accerta, infine, che la capacit era grandemente scemata, parificato alla persona affetta da vizio parziale di mente, e quindi, ritenuto imputa bile, ma la pena diminuita. 186.Il vizio di mente Per vizio di mente deve intendersi uno stato mentale patologico, che esclude o diminuisce la capacit di intendere e di volere. Al fine del giudizio di imputa bilit, lalterazione dello stato mentale deve esistere al momento del fatto e ri guardare lo specifico fatto. Il nostro codice distingue tra: a) vizio di mente totale (art. 88), per cui non imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto era, per infermit, in tale stato di mente da esclu dere la capacit di intendere e di volere. Limputato dichiarato non imputa bile prosciolto ma se pericoloso sottoposto alla misura di sicurezza del lospedale psichiatrico giudiziario (art. 222); b) vizio di mente parziale (art. 89 ) che si ha quando la capacit di intendere e di volere, senza essere esclusa, grandemente scemata (seminfermit): in tal caso si opera una diminuzione della pena cui si cumula, di regola, una misura di sicurezza. Gli stati emotivi e passionali, invece, non escludono n diminuiscono limputabilit (art. 90) sempre che non siano manifestazione di uno stato patologico. 187.Lazione dellalcool e degli stupefacenti Alcolismo ed uso di stupefacenti sono fenomeni che hanno sempre interessato le scienze criminali per la loro plurima potenzialit offensiva e criminogena. Nella lotta contro tali fenomeni la nostra legge segue la duplice via: 1. della prevenzione, sia colpendo le attivit che favoriscono le autointossica zioni voluttuarie, sia attraverso interventi informativi ed educativi; 2. della repressione, incriminando ad esempio lubriachezza manifesta in luo go pubblico e la guida in stato di ebbrezza.

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Se da un punto di vista medico-legale si dovrebbe concludere che un soggetto privo di capacit di intendere e di volere a causa delluso di dette sostanze sia inimputabile o semi-imputabile, non cos dal punto di vista giuridico. Per quanto riguarda lalcolismo, il nostro codice distingue fra ubriachezza e cronica intossicazione. Nellambito della prima distingue fra: ubriachezza accidentale, derivata da caso fortuito o forza maggiore; ubriachezza volontaria o colposa a seconda che il soggetto si sia ubriacato intenzionalmente o abbia comunque accettato il rischio di ubriacarsi, oppu re, si sia ubriacato per negligenza o imprudenza non volendo il fatto ma senza evitare pur potendola evitare tale eventualit46; ubriachezza preordinata qualora abbia il fine di commettere un reato o pre pararsi una scusa; ubriachezza abituale quando il soggetto dedito alluso di alcolici e viene spesso a trovarsi, per tale motivo, in stato di ebbrezza. Oltre a non esclude re limputabilit, la ubriachezza abituale comporta un aumento di pena e lapplicazione di una misura di sicurezza; Per quanto riguarda la cronica intossicazione da alcool, poich in tale ipotesi i fenomeni sono stabili e persistenti anche dopo leliminazione dellalcool, lart. 95 richiama lo stesso regime del vizio di mente totale o parziale, per cui lin tossicato non punibile o punibile con pena ridotta a seconda che la capacit sia esclusa o grandemente scemata. Passando allazione degli stupefacenti, si ravvisa unidentit fra la disciplina dettata per gli effetti della loro azione e quella dettata per gli effetti dellalcool. Avremo pertanto anche in questo caso una intossicazione accidentale, vo lontaria o colposa, preordinata, abituale e cronica.

IL DELINQUENTE PERICOLOSO 188.La pericolosit criminale Agli effetti della legge penale, viene definita socialmente pericolosa la persona anche se non imputabile o non punibile che abbia commesso un reato o un quasi reato, quando probabile che commetta nuovi fatti previsti dalla legge come reati47. Nel nostro diritto la pericolosit rileva a fini diversi: non solo il presupposto per lapplicazione e la determinazione della durata delle misure di sicurezza, ma influisce anche sulla misura della pena ai sensi dellart. 133.
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Se non si vuole ritenerlo incostituzionale, lart. 92/1 va interpretato secondo il principio della responsabi lit personale, che richiede sia la imputabilit sia la colpevolezza. Non c nessuna fictio juris di imputabilit, ma soltanto una deroga alla regola della capacit al momento del fatto, quando la ubriachezza volontaria o colposa rientra nella colpevolezza per il fatto commesso. 47 Circa i rapporti tra capacit a delinquere e pericolosit sociale, mentre la prima rappresenta il genus (in quanto possibilit di commettere un reato), la seconda rappresenta la species (in quanto probabilit di commettere un reato).

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Nei tempi pi recenti la pericolosit divenuta oggetto di ampio dibattito nel lambito della dottrina penalistica fino a proporsi, da parte delle posizioni pi radicali, la eliminazione della stessa dal codice penale. Oggi non pare che il problema della pericolosit possa essere in tal modo superato in quanto si trat terebbe di un passo indietro per i vuoti di difesa sociale che ne conseguirebbe ro rispetto, anzitutto, ai delinquenti pericolosi non imputabili. Occorre semmai un ridimensionamento del suo tradizionale ruolo nel senso: 1. che la pericolosit deve essere considerata non una caratteristica indefetti bile, ma soltanto una qualit eventuale dellautore di un reato; 2. che necessario presupposto minimo del giudizio di pericolosit deve essere la commissione quanto meno di un illecito penale: nessuno pu, pertanto, essere dichiarato socialmente pericoloso prima della commissione di un il lecito penale e, inoltre, senza tenere conto di esso; 3. che occorre passare dallattuale pericolosit generica, quale mera probabi lit di commettere nuovi reati da parte dellautore di un illecito penale, alla pericolosit specifica, consistente nella probabilit di commettere reati spe cifici e di particolare rilevanza; 4. che si pone il problema se restare ancorati al doppio binario spurio, retti ficandone le incongruenze, o passare al doppio binario puro, limitando la pericolosit sociale e le misure di sicurezza ai soli soggetti totalmente non imputabili; 189.Laccertamento della pericolosit Il problema della pericolosit, pi che un problema di ammissibilit della cate goria dei soggetti pericolosi, essenzialmente un problema di accertabilit scientifica. Il codice del 30 prevedeva sia ipotesi di pericolosit accertata dal giudice, sia ipotesi di pericolosit presunta dalla legge. Lart. 31 della L. 663/86, abrogan do lart. 204, ha disposto invece che tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto persona socialmente pericolosa. In altre parole la pericolosit deve essere ac certata di volta in volta dal giudice. Il giudizio sulla pericolosit si articola in due momenti: 1. laccertamento delle qualit indizianti, che consente di desumere la proba bile commissione di nuovi reati; 2. la c.d. prognosi criminale, cio il giudizio sul futuro criminale del soggetto, effettuato sulla base delle qualit indizianti. Il giudizio di pericolosit si fonda sulla personalit del soggetto nel suo com plesso, sicch il reato commesso viene in rilievo non come tale, ma insieme a tutti gli elementi dellart. 133/2. 190.Il delinquente abituale, professionale, per tendenza Il delinquente abituale. La abitualit criminosa indica la qualit personale dellindividuo che, con la sua persistente attivit criminosa, dimostra una note

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vole attitudine a commettere reati. Labitualit presunta ricorre quando trattasi di persona: a) che stata condannata alla reclusione in misura superiore complessivamen te a cinque anni per almeno tre delitti non colposi, della stessa indole e commessi non contestualmente, entro dieci anni; b) che riporta altra condanna per un delitto non colposo, della stessa indole e commesso entro dieci anni successivi allultimo dei delitti precedenti. Labitualit ritenuta dal giudice si ha quando: a) il reo sia stato condannato per due delitti non colposi; b) riporti unaltra condanna per delitto non colposo; c) il giudice, tenuto conto della specie e gravit dei reati, del tempo entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere di vita del colpevole e delle altre circostanze indicate nel capoverso dellart. 133, ritenga che il colpevole dedito al delitto. Il codice prevede anche labitualit nelle contravvenzioni che, non mai presun ta, deve essere sempre accertata dal giudice. Essa ricorre quando: a) il reo sia stato condannato alla pena dellarresto48 per tre contravvenzioni della stessa indole; b) riporti condanna per unaltra contravvenzione della stessa indole; c) il giudice, tenuto conto della specie e gravit dei reati, del tempo entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere di vita del colpevole e delle altre circostanze indicate nel capoverso dellart. 133/2, ritenga che il colpevole sia dedito al reato. Il delinquente professionale. La professionalit nel reato si ha quando: a) il reo riporti una condanna definitiva per altro reato consumato o tentato trovandosi gi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualit; b) si debba ritenere che egli viva abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del reato, avuto riguardo alla natura dei reati, alla condotta e al ge nere di vita del colpevole e alle altre circostanze di cui allart. 133/2. Il delinquente per tendenza. La tendenza a delinquere si ha quando il reo: a) sebbene non recidivo o delinquente abituale o professionale, commetta un delitto non colposo (doloso o preterintenzionale), contro la vita o la incolu mit personale; b) riveli, per s e unitamente alle circostanze indicate nellart. 133/2, una spe ciale inclinazione al delitto, che trovi la sua causa nellindole particolar mente malvagia del colpevole, e quindi non sia originata da infermit totale o parziale di mente.
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Si ricordi che larresto consiste in una privazione temporanea della libert personale, compresa tra un mi nimo di 5 giorni ed un massimo di 3 mesi (art. 25 c.p.). E la pena che viene inflitta per il reato contravven zionale. Si distingue dalla reclusione perch questultima viene inflitta per un delitto. Si tratta di una distin zione soltanto formale. In relazione alluso della diversa nomenclatura facile capire se si tratta di contrav venzione o delitto. Con questo termine si fa riferimento altres allo stato di persona fermata, ovvero tempo raneamente privata della libert personale.

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Gli effetti. Quanto agli effetti, la dichiarazione di abitualit, professionalit o tendenza a delinquere importa, oltre agli aumenti di pena, dipendenti dalla re cidiva o, comunque, dalla intensa capacit a delinquere, lapplicazione di una misura di sicurezza: a) della assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro oppure ad una casa di cura o custodia, se trattasi di semimputabili; b) del ricovero in un riformatorio giudiziario, se trattasi di minori di anni 18; c) della libert vigilata, se trattasi di contravventore abituale o professionale. La dichiarazione anzidetta produce inoltre i seguenti effetti: a) linterdizione perpetua dai pubblici uffici; b) linapplicabilit dellamnistia o dellindulto, se il decreto non dispone di versamente; c) il divieto della sospensione condizionale della pena e del perdono giudizia le; d) lesclusione della prescrizione della pena per i delitti e il raddoppio del ter mine di prescrizione delle pene per le contravvenzioni; e) il raddoppio del termine corrente per ottenere la riabilitazione; f) linapplicabilit dellattenuante dellart. 62 n.3; g) il divieto di ricovero in un ospedale civile in caso di infermit psichica so pravvenuta al condannato. I contravventori abituali o professionali sottostanno oltre alle misure di sicu rezza, soltanto al divieto della sospensione condizionale della pena e alla inap plicabilit di detta attenuante. La dichiarazione di abitualit e di professionalit pu essere pronunciata dal giudice in ogni tempo, anche dopo lesecuzione del la pena. 191.Il riesame della pericolosit Il riesame della pericolosit consiste nel riprendere in esame le condizioni del lindividuo, che stato dichiarato pericoloso, per accertare se egli permane tale mentre sottoposto alla misura di sicurezza. Esso comporta sempre un accerta mento concreto della persistenza o meno della pericolosit. Oltre alla presun zione di esistenza e persistenza, fu prevista dal codice del 30 anche la presun zione di durata della pericolosit, che si identificava, con il periodo minimo di durata della misura di sicurezza. Essa stata mutata in presunzione relativa, in seguito alla sentenza n. 110 del 1974 della Corte Costituzionale: pertanto oggi possibile procedere al riesame della pericolosit anche prima della scadenza del periodo minimo di durata della misura di sicurezza, qualora sussistano fon dati motivi per ritenere che la pericolosit sia cessata.

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LE CONSEGUENZE DEL REATO IL PROBLEMA DELLA DIFESA CONTRO IL DELITTO 192.Le posizioni ottimistiche, pessimistiche e realistiche Accanto al fatto e alla personalit, il terzo pilastro su cui si fonda il diritto pe nale, sono le conseguenze penali previste per lautore del fatto criminoso. Que ste non sono altro che un aspetto del pi generale problema della difesa contro il crimine, problema che si incentra sul quesito di fondo: il delitto inelimina bile? Oppure pu essere eliminato? O soltanto contenibile? E con quali mez zi? Dieci sono le costanti criminalistiche che in qualche modo prescindono dallinquadramento del suddetto problema da ambiti ottimistici, pessimistici o realistici: 1. la criminalit una costante della storia umana; 2. il numero di coloro che pervengono al crimine cresce con il decrescere di validi sistemi di controllo sociale; 3. il problema della politica criminale quello non delleliminazione, ma di un costante impegno di contenimento della criminalit entro limiti ragione voli di sopportabilit sociale; 4. tra il sistema extrapenale e il sistema penale di controllo sociale esiste un rapporto di proporzione inversa; 5. la politica sociale preventiva la migliore politica criminale e la pena la extrema ratio della politica sociale; 6. la pena strumento irrinunciabile di controllo sociale; 7. nella politica criminale non si pu distruggere senza sostituire; 8. tra garantismo e difesa sociale esiste una potenziale tensione e, oltre certi limiti, conflitto; 9. tra andamento della criminalit e garantismo esiste un rapporto di propor zione inversa; 10. con laffievolirsi della difesa statuale contro il crimine, aumentano i feno meni dellautodifesa e dellautogiustizia. 193.La prevenzione generale Per i seguaci della teoria della prevenzione generale, scopo della pena impe dire che vengano commessi in futuro reati: nata nell'ambito dell'ideologia illu ministica, questa teoria attribuisce alla pena un andamento utilitaristico, in quanto essa costituirebbe un mezzo per distogliere i consociati dal commettere atti criminosi. In particolare, la pena viene intesa come una controspinta rispet to al desiderio di procurarsi quel piacere che costituisce la spinta criminosa. Tale funzione preventiva assolta sia nel momento in cui la pena viene minac ciata dalla legge, come conseguenza della violazione di un determinato precet to, sia nel momento in cui essa viene concretamente applicata: se alla minaccia

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non seguisse anche lapplicazione contro i trasgressori, la pena perderebbe per il futuro qualsiasi efficacia intimidatrice. 194.La prevenzione speciale Secondo la teoria della prevenzione speciale, la pena tende ad impedire che co lui che si reso responsabile di un reato torni a delinquere anche in futuro. Questo effetto positivo pu essere conseguito in tre modi diversi, attraverso l'e menda del reo, la sua rieducazione o risocializzazione; l'intimidazione e cio l'efficacia dissuasiva della condanna e dalla sua esecuzione; la neutralizzazione qualora si tratti di pena detentiva consistente nella segregazione del reo che gli impedisce di commettere altri reati. Nelle ricostruzioni della dottrina pi re cente, la prevenzione speciale assume come criterio-guida la rieducazione, concepita come risocializzazione, ossia come processo inteso a favorire la riac quisizione dei valori basilari della convivenza. In quest'ottica deve essere inter pretato lart. 27/3 Cost., secondo cui le pene non possono consistere in tratta menti contrari al senso di umanit e devono tendere alla rieducazione del con dannato. La prospettiva della risocializzazione concerne soprattutto la fase esecutiva della pena, ma svolge un ruolo importante anche nella fase preceden te della inflizione giudiziale: infatti, nella scelta del tipo e dell'entit della san zione, il giudice deve farsi guidare soprattutto dalla preoccupazione di incidere sulla personalit del reo, in modo da favorirne il recupero. 195.Il problema del trattamento Nella sua molteplicit differenziata di misure, il trattamento a braccia: la pena; i trattamenti medici; i trattamenti psicologici; i trattamenti sociali. Quanto all'esame scientifico della personalit, esso abbraccia sia la diagnosi criminologica sia la prognosi criminologica. La diagnosi criminologica consi ste in una serie di accertamenti mirante a definire le caratteristiche della perso nalit del reo. La prognosi criminologica della personalit il complesso di in dagine volta a consentire un giudizio di previsione sul comportamento futuro del reo ed la premessa essenziale per l'adozione o meno di determinate misu re o per la concessione di determinati benefici nei confronti del soggetto. 196.La realt e i miti del trattamento Gli ultimi lustri hanno segnato anche la caduta dellideologia del trattamento. E non solo perch attaccata da indirizzi contestatori di tipo politico-sociologi co. Ma anche e soprattutto perch si dovuto constatare che il trattamento umanizzato e risocializzante ha fallito lo scopo, rivelandosi persino contropro ducente. Cause determinanti della perdita di fiducia nel trattamento sono state le statistiche sulla recidiva, laumento della criminalit di pari passo con il mi glioramento delle condizioni carcerarie, ecc.

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197.Il nostro sistema dualistico La difesa contro il crimine affidata dal diritto penale italiano, al pari della maggior parte delle legislazioni straniere, al sistema dualistico della pena e della misura di sicurezza. Entrambe perseguono lo scopo di prevenire la com missione di reati. La pena ha innanzitutto una funzione di prevenzione genera le, attraverso la intimidazione connessa alla sua minaccia e allesempio della sua applicazione, e di prevenzione speciale, attraverso la sua concreta applica zione al reo. La misura di sicurezza ha, viceversa, una funzione di prevenzione speciale, attraverso, oltre che la neutralizzazione, il processo di risocializzazio ne che dovrebbe, almeno in teoria, esserle proprio. Il sistema del doppio binario, pur costituendo un indiscutibile progresso, tut taltro che scevro di inconvenienti. Il dualismo ha una sua coerenza nei casi in cui le pene e le misure di sicurezza hanno come destinatari soggetti diversi: le prime gli imputabili non pericolosi e le seconde i non imputabili pericolosi. Si rivela invece gravemente difettoso nei casi in cui porta ad applicare, pur se in tempi successivi, tanto la pena quanto la misura di sicurezza al medesimo sog getto, come appunto previsto rispetto allimputabile e al semimputabile so cialmente pericolosi. Bench la Costituzione consideri la pena come elemento non eliminabile del nostro sistema, si ritiene nondimeno che essa recepisca ma non imponga il si stema del doppio binario. Pi che cristallizzate costituzionalmente il doppio bi nario, l'art. 25/2 ha la funzione garantista di sancire la legalit anche in materia di misure di sicurezza qualora esistano. Ci significa che, se l'attuale sistema dualistico non di per se incostituzionale, non per questo sarebbe tale un siste ma che configurasse misure unitarie per i soggetti imputabili o semimputabili pericolosi, purch esse mantengano ferme, nei termini suddetti, il loro carattere primario punitivo-intimidativo. LA PENA ARGOMENTO IN SINTESI. Elemento costitutivo della norma incrimi natrice che si affianca al precetto. E la sanzione prevista dallordina mento per la violazione del precetto, e consiste, in prima analisi, in una limitazione dei diritti del soggetto colpevole. La pena una sanzione di carattere afflittivo. La pena stata interpretata come castigo divino, come ricompensa del male compiuto, come esigenza della coscienza umana, riaffermazione dello Stato (teorie retributive); ovvero come mez zo per distogliere i consociati dal compiere atti criminosi, o per evitare che il reo commetta nuovamente un reato (teorie preventive). La pena infatti retribuzione, in quanto il carattere afflittivo comporta il rendere male per male; prevenzione in quanto volta a riadattare il soggetto colpevole alla vita sociale.

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198.La nozione di pena Concettualmente la pena la limitazione dei diritti del soggetto quale conse guenza della violazione di un obbligo, che comminata per impedire tale vio lazione e ha carattere eterogeneo rispetto al contenuto dellobbligo stesso. La pena pubblica abbraccia non solo la pena criminale, ma anche la pena am ministrativa. La pena criminale la sanzione afflittiva prevista dallordinamen to giuridico per chi viola un comando di natura penale. 199.Il fondamento della pena Le opinioni in materia sono riconducibili alle seguenti quattro teorie fonda mentali, che rappresentano i momenti di una dialettica mai superata. a) Teoria della retribuzione. Per questa teoria, compendiabile nellassunto che il bene va ricompensato con il bene e il male con il male, la pena un valore positivo che trova in se stessa la sua ragione e giustificazione. Essa il corrispettivo del male commesso e viene applicata a cagione del reato commesso. Si possono distinguere per, due diversi aspetti: la retribuzione morale, secondo la quale la pena una esigenza etica profonda e insopprimibile della coscienza umana. Chi bene opera ha di ritto di ottenere dallordinamento giuridico un riconoscimento sotto for ma di un accrescimento delle sue possibilit giuridiche (diritto premia le). Chi viola gli imperativi della legge deve sottostare ad una diminu zione di beni giuridici (diritto penale). la retribuzione giuridica, secondo la quale la pena trova il proprio fon damento non al di fuori, ma allinterno dellordinamento giuridico. Poi ch il delitto ribellione del singolo alla volont della legge, come tale esige una riparazione, che valga a riaffermare la autorit della legge e che data dalla pena. Caratteri coessenziali della pena retributiva sono: 1. la personalit, in quanto il corrispettivo del male non pu che essere applicato allautore del male; 2. la proporzionalit, in quanto il male subito costituisce il corrispettivo del male inflitto se ed in quanto sia a questo proporzionato; 3. la determinatezza, in quanto la pena, dovendo essere proporzionata ad un male determinato, non pu non essere anchessa determinata; 4. la inderogabilit, nel senso che la pena, in quanto corrispettivo, deve essere sempre e necessariamente scontata dal reo; b) Teoria della emenda. Per questa dottrina la pena protesa verso la reden zione morale del reo. Per lanaloga teoria della espiazione, la pena ha fun zione di purificazione dello spirito, operando come antidoto contro la im moralit per la forza purificatrice del dolore. c) Teoria della prevenzione generale (o della intimidazione). Secondo que sta teoria la pena ha invece un fondamento utilitaristico, costituendo un mezzo per distogliere i consociati dal compiere atti criminosi.

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Teoria della prevenzione sociale. Per questa teoria la pena ha la funzione di eliminare o ridurre il pericolo che il soggetto, cui viene applicata, ricada in futuro nel reato. Le varie teorie peccano, tutte, di assolutezza. La retribuzione e la prevenzione generale ignorano la realt dei soggetti che cadono o ricadono nel delitto nono stante la minaccia del castigo e la sua concreta esecuzione. La prevenzione speciale dimentica, a sua volta, i soggetti che non abbisognano di una vera e propria opera rieducativa, nei confronti dei quali la pena non pu che avere una funzione retributivo-dissuasiva. La teoria della retribuzione morale trova, poi, il proprio limite nel fatto che limperativo morale di punire lautore del male non vale rispetto ai reati che non possono ritenersi in contrasto con i po stulati delletica. La teoria della prevenzione generale trova il proprio limite nelleffettivit della pena, per cui di fronte allaumento della criminalit o del la cifra oscura si dovrebbe pervenire o al terrorismo penale o alla rinuncia della pena. Negli ordinamenti moderni la pena ha subito continue trasformazioni in cui lidea centrale retributiva e intimidativa si combina e si contempera con le istanze preventivo-rieducative, per cercare di conciliare le varie e complesse esigenze della lotta contro il crimine, secondo le mutevoli necessit sociali.
d)

200.La pena secondo la Costituzione Anche per la pena, la Costituzione fissa dei precisi caratteri, che delineano un nuovo sistema punitivo e rendono incostituzionali le pene che da esso si disco stano. principio di necessit: per la Costituzione la pena considerata elemento garantista non eliminabile del nostro sistema giuridico e, perci, non sosti tuibile con misure di difesa sociale; principio di legalit: anche per la pena il principio di legalit si articola nei sottostanti principi della riserva di legge, della tassativit e della irretroatti vit; principio di proporzionalit: rappresenta il limite logico del potere punitivo nello stato di diritto; principio di personalit: con il sancire che la responsabilit penale per sonale, lart. 27 Cost. ha statuito non solo la personalit dellillecito pe nale, ma anche la personalit della sanzione penale; principio dellumanizzazione: sono banditi tutti i trattamenti disumani e crudeli, ogni afflizione che non sia inscindibilmente connessa alla restrizio ne della libert personale; principio del finalismo rieducativo: in quanto per lart. 27, le pene devono tendere alla rieducazione del condannato.

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201.I tipi di pena nei sistemi differenziati Nei sistemi sanzionatori differenziati, la strategia contro il crimine si fonda, ol tre che sulla pena detentiva, su pene alternative o sostitutive ad essa. La genesi storica di tali sistemi il punto di convergenza di due crisi: della pena detenti va tradizionale e delle misure clemenziali. La crisi della pena detentiva scaturisce dalla constatazione che tale sanzione: a) non sempre necessaria, poich lo Stato moderno ha ampie possibilit di creare altri strumenti sanzionatorio-dissuasivi; b) pu essere controindicata ai fini specialpreventivi ed , talora, troppo di sturbante per il soggetto (oltre che troppo costosa per la collettivit); Alla crisi della pena detentiva si accompagnata la crisi delle misure clemen ziali che hanno indebolito la prevenzione generale senza potenziare quella spe ciale, rivelandosi di scarsissimo valore emendativo quando non anche degli au tentici fattori criminogeni. A questa duplice crisi si tende a rispondere attraver so il passaggio dal dualismo del diritto punitivo-diritto clemenziale al dualismo del diritto punitivo-diritto premiale, da attuarsi nella duplice direttrice: 1. del rinvigorimento del sistema sanzionatorio-dissuasivo nel senso di recu perare quella concreta punitivit della sanzione penale che andata disper dendosi; 2. del potenziamento del sistema premiale-promozionale, nel senso che la concessione e la conservazione di ogni beneficio, di ogni misura special preventiva, devono fondarsi non su pseudoscientifici o pseudoumanitari clemenzialismi legislativi ma su ben accertati presupposti di merito: la fat tispecie meritoria sanzionata dal premio. Le misure alternative, che almeno in astratto cumulano il vantaggio di ridurre lambito applicativo della pena detentiva tradizionale e delle misure clemen ziali e di rafforzare la funzione generalpreventiva del sistema, possono cos classificarsi: 1. misure sostitutive della pena detentiva, che comprendono: le misure patrimoniali (pene pecuniarie, misure impeditive, cauzioni di buona condotta); pene paradetentive (arresto saltuario, semidetenzione, arresto domici liare); pena del lavoro libero di pubblica utilit; misure interdittive; sanzioni morali (ammonizione, reprensione giudiziale); 2. misure sospensive in prova, che consistono nella rinuncia totale o parziale alla punizione detentiva, condizionata al buon esito di un periodo di prova, controllata e assistita; 3. misure preparatorie alla liberazione, che presuppongono una condanna a pena detentiva e intervengono nella fase esecutiva (comprendono lammis sione al lavoro esterno al carcere, il regime di semilibert, licenze prelibe ratorie).

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202.I tipi di pena nel nostro diritto Le pene previste dal nostro ordinamento si distinguono in: 1. pene principali, inflitte dal giudice con sentenza di condanna; 2. pene accessorie, che conseguono di diritto alla condanna, come effetti pe nali di essa. Le pene principali stabilite per i delitti sono: a) la pena di morte, oggi completamente abolita e assorbita nellergastolo sia per i reati previsti dal codice penale e leggi speciali diverse da quelle mili tari (L. 224/44, D.Lgs. 21/48) sia per i reati previsti dal codice penale mili tare di guerra (L. 589/94); b) lergastolo, ovvero la privazione perpetua della libert personale. Perpetui t, tuttavia, non assoluta in quanto lergastolano pu essere ammesso alla liberazione condizionale quando abbia scontato almeno 26 anni di pena; c) la reclusione, ovvero la privazione temporanea della libert personale, per un tempo che va da 15 giorni a 24 anni (massimo che pu essere elevato fino a 30 anni in caso di concorso di aggravanti o di reati); d) la multa, consistente nel pagamento allo Stato di una somma non inferiore a L. 10.000 n superiore a L. 10.000.000; per le contravvenzioni: a) larresto, che si estende da 5 giorni a 3 anni (massimo elevabile a 5 anni nel concorso di aggravanti e fino a 6 anni nel concorso di reati); b) lammenda, consistente nel pagamento di una somma non inferiore a L. 4.000 n superiore a L. 2.000.000. La commisurazione della pena in concreto avviene secondo il sistema della somma complessiva, in cui si tiene conto della gravit del reato e della capaci t a delinquere, ma altres delle condizioni economiche del reo. Lordinamento prevede anche la possibilit di convertire in pena detentiva le pene pecuniarie per insolvibilit del condannato. A tal proposito la L. 689/81 prevede: a) la conversione della multa e dellammenda, non eseguite per insolvibilit, colpevole o incolpevole, del condannato, nella pena della libert controlla ta per un periodo massimo rispettivamente di un anno e di sei mesi; o la convertibilit, a richiesta del condannato, nella pena del lavoro sostitutivo qualora non superino 1.000.000 di lire; b) il ragguaglio tra le suddette pene, calcolando 25.000 lire (o frazione) per ogni giorno di lavoro sostitutivo, data la maggiore gravosit e capacit sti molante di questa sanzione; c) la facolt di fare cessare la pena sostitutiva pagando la pena pecuniaria, de dotte le somme corrispondenti alla durata della pena sostitutiva scontata; d) il limite massimo, in caso di concorso di pene pecuniarie da convertire, della durata complessiva della libert controllata, che non pu superare i 18

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e i 9 mesi a seconda che la pena convertita sia la multa o lammenda, e del lavoro sotitutivo, che non pu superare i 60 giorni; e) la conversione ulteriore della restante parte della libert controllata e del lavoro sostitutivo in egual periodo di reclusione o di arresto, quando il con dannato violi anche una sola delle prescrizioni inerenti alla pena sostituti va. Una svolta verso un sistema sanzionatorio differenziato ha avuto inizio con le L. 354/75 (sullordinamento penitenziario misure alternative) e 689/81 (mo difiche al sistema penale misure sostitutive)49. Le misure alternative introdotte, incidenti solo sulla fase esecutiva della pena detentiva, sono: a) laffidamento in prova al servizio sociale, fuori dellistituto, per un periodo uguale a quello della pena da scontare; b) il regime di semilibert, corrispondente nella concessione di trascorrere parte del giorno fuori del carcere per partecipare ad attivit lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale; c) la detenzione domiciliare, consistente nellespiazione della pena nella pro pria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo pub blico di cura o di assistenza. Ma la pi originale innovazione del nostro sistema sanzionatorio si ha con la L. 689/81 che ha introdotto, mediante la clausola dellultima ratio delle pene de tentive brevi e con frammentariet sistematica, le seguenti pene sostitutive: a) la semidetenzione, che comporta lobbligo di trascorrere almeno 10 ore al giorno in un istituto situato nel comune di residenza del condannato o in un comune vicino e la limitazione di taluni diritti. E sostitutiva delle pene de tentive determinabili dal giudice entro i limiti dei sei mesi; b) la libert controllata, che comporta il divieto di allontanarsi dal comune di residenza, lobbligo di presentarsi almeno una volta al giorno presso il lo cale ufficio di pubblica sicurezza, nonch la limitazione di alcuni diritti e la eventuale sottoposizione del condannato ad interventi dei centri di servizio sociale, idonei al suo reinserimento. E sostitutiva delle pene detentive de terminabili dal giudice entro i limiti di tre mesi; c) la pena pecuniaria della multa o dellammenda, sostitutiva della pena de tentiva rispettivamente della reclusione o dellarresto, determinabile dal giudice entro i limiti di un mese. Presupposti oggettivi della sostituzione sono altres: lappartenenza dei reati alla competenza del pretore, anche se giudicati da altro giudice; la non inclusione dei reati tra quelli tassativamente esclusi. Presupposti soggettivi sono: la non commissione del reato nei cinque anni successivi a condanne a pena detentiva complessivamente superiore a due anni di reclusione, o mentre si
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Ricordare che pene alternative e pene sostitutive sono cose ben diverse. Le prime sono quelle previste dal la L. 354/75, le seconde dalla L. 689/81).

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sottoposti a libert vigilata o sorveglianza speciale; la non condanna pi di due volte per reati della stessa indole; la non intervenuta revoca di una precedente pena sostitutiva o della semilibert; la non presunzione da parte del giudice che le prescrizioni non saranno adempiute da parte del condannato. La legge del 1981 ha introdotto, altres, la pena del lavoro sostitutivo consi stente nella prestazione di una attivit non retribuita, a favore della collettivit, da svolgere presso lo Stato o un ente minore per una giornata lavorativa alla settimana. Infine, sullesempio del plea bargaining anglosassone stata prevista anche lapplicazione della pena su richiesta della parte (patteggiamento). 203.Le pene accessorie Le pene accessorie sono misure afflittive, che comportano una limitazione di capacit, attivit o funzioni, ovvero accrescono lafflittivit della stessa pena principale, e presuppongono sempre la condanna ad una pena che sia lergasto lo, la reclusione, larresto, la multa o lammenda. Possono essere perpetue o temporanee. Ne sono caratteri normali: a) lautomaticit, poich di regola conseguono di diritto alla condanna princi pale; b) lindefettibilit, nel senso che una volta irrogate sono sempre scontate non estendendosi ad esse la sospensione condizionale della pena principale. Vediamole da vicino: linterdizione dai pubblici uffici: priva il condannato di ogni diritto politi co; di ogni pubblico ufficio o incarico, non obbligatorio, di pubblico servi zio; dei gradi e dignit accademiche, titoli e decorazioni ecc; linterdizione da una professione o arte : consiste nella perdita, durante lin terdizione, della capacit di esercitare una professione, arte, industria, com mercio o mestiere, per cui concesso uno speciale permesso, licenza ecc; la sospensione dallesercizio di una professione o arte: a differenza dellin terdizione comporta solo il divieto di esercitare una certa attivit; la interdizione legale: comporta la perdita della capacit di agire, applican dosi al condannato interdetto le norme della legge civile per linterdizione giudiziale in ordine alla disponibilit e amministrazione dei beni e alla rap presentanza negli atti relativi; la interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e imprese: pri va temporaneamente il condannato della capacit di esercitare, durante linterdizione, lufficio di amministratore, sindaco, liquidatore e direttore generale, nonch ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della per sona giuridica o dellimprenditore; la sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle impre se;

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la incapacit di contrarre con la pubblica amministrazione, importa il di vieto di concludere contratti con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; la decadenza o la sospensione dallesercizio della potest dei genitori: la decadenza consegue allergastolo e agli altri casi determinati dalla legge; la sospensione, per un tempo pari al doppio della pena inflitta, consegue alla condanna per delitti commessi con abuso della potest dei genitori; la pubblicazione della sentenza penale di condanna.

204.Il problema della commisurazione della pena La teoria della commisurazione giudiziale della pena riguarda sia la determina zione della misura concreta della pena entro i limiti fissati dalla legge, sia la scelta tra pene di specie diversa. Nel quadro della razionalizzazione di tale commisurazione, il problema dibattuto dalla dottrina quello di: determinare, innanzitutto, i criteri finalistici di valutazione, cio i fini che lordinamento assegna alla pena nella fase della sua irrogazione; individuare, conseguentemente, gli elementi di fatto da valutare alla stre gua dei criteri finalistici adottati; tradurre in ammontare di pena le valutazioni effettuate. 205.La soluzione dellart. 133 c.p. Nellesercizio del potere discrezionale il giudice deve tenere conto dei dati fat tuali della gravit del reato e, altres, della capacit a delinquere del reo. La gravit del reato va desunta: a) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dalloggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalit dellazione.; b) dalla gravit del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal rea to; c) dalla intensit del dolo o dal grado della colpa. La capacit a delinquere va desunta: a) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; b) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato; c) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato; d) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo. La Corte Costituzionale ha pi volte ribadito che lart. 133 c.p. svolge la fun zione di garantire, ai fini di una pi efficiente ed equilibrata giustizia, il proces so di individualizzazione della pena. La pena deve pertanto risultare a misura dellindividuo cos come il reato, in tutto il suo complesso atteggiarsi, ne sta ta lespressione. 206.Gli aumenti e le diminuzioni di pena In caso di circostanze, la legge pu:

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determinare laumento o la diminuzione di pena in rapporto alla pena del reato semplice; determinare la misura della pena in modo indipendente da quella del reato semplice; stabilire una pena di specie diversa. Circa lapplicazione degli aumenti e delle diminuzioni di pena, ai sensi del lart. 132/2 essi innanzitutto non possono oltrepassare i limiti stabiliti per cia scuna specie di pena, salvo i casi espressamente determinati dalla legge. Gli art. 63-65 dispongono: a) quando la legge non determina laumento o la diminuzione della pena deri vanti dalle circostanze: - se si tratta di aggravanti, la pena aumentata fino ad un terzo; - se si tratta di attenuanti, la pena diminuita fino ad un terzo; in ogni caso la pena della reclusione non pu superare i trenta anni, mentre, se si tratta di attenuanti, allergastolo sostituita la reclusione da 20 a 24 anni; b) quando la pena aumentata o diminuita entro limiti determinati, laumento o la diminuzione operano sulla pena base; c) concorrendo pi aggravanti o pi attenuanti, ogni aumento o ogni diminu zione opera sulla quantit di pena risultante dallaumento o diminuzione precedente. Se si tratta di reati commessi per finalit di terrorismo o ever sione dellordinamento costituzionale, si applica per primo laumento di pena previsto dallart. 1 L. 15/80; d) quando per una circostanza la legge prevede una pena di specie diversa o si tratta di circostanza ad effetto speciale, laumento o la diminuzione per le altre circostanze non opera sulla pena ordinaria del reato, ma su quella sta bilita per la circostanza anzidetta. Se concorrono pi circostanze aggravanti o attenuanti di tal genere, si applica soltanto, rispettivamente, la pena stabi lita per la circostanza aggravante pi grave o la pena meno grave stabilita tra quelle previste per le circostanze attenuanti, ma il giudice pu, rispetti vamente, aumentarla o diminuirla fino ad un terzo. 207.Il concorso di pene Si ha concorso di pene quando al medesimo soggetto vengono applicate pi pe ne. Esso si verifica in caso di concorso materiale di reati, per il quale vige il si stema del cumulo materiale temperato50. Ai sensi dellart. 78: a) trattandosi di reati per i quali sono previste pene detentive o pecuniarie del la stessa specie, la pena da applicare cumulando le condanne non pu mai essere superiore al quintuplo della pi grave fra le pene concorrenti, n co munque eccedere: 1. i 30 anni per la reclusione;
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Il principio del cumulo materiale mitigato dal legislatore mediante la previsione di limiti massimi oltre i quali il giudice non pu andare.

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2. i 6 anni per larresto; 3. i 30 milioni per la multa; 4. i 6 milioni per lammenda. b) trattandosi di reati per i quali sono previste pene detentive diverse, la dura ta della pena da applicare non pu comunque superare gli anni 30; la parte di pena eccedente tale limite detratta in ogni caso dallarresto. La legge prevede poi delle sostituzioni quando impossibile cumulare le varie pene da infliggere. 208.Gli effetti penali Per effetti penali della condanna si intendono la conseguenze negative che de rivano de jure dalla condanna stessa, diverse dalla pene principali, dalle pene accessorie e dalle misure di sicurezza. Si distinguono, in senso tecnico, dalle pene, perch sono una conseguenza della condanna a una pena, ma non coinci dono con la stessa. Tra gli effetti penali rientrano: limpossibilit di godere della sospensione condizionale da parte di chi ha gi usufruito, al massimo per due volte, del beneficio; lacquisto della qualifica di recidivo o di delinquente abituale o professio nale; limpossibilit di partecipare a pubblici concorsi, o di esercitare determina te attivit; liscrizione al casellario giudiziale. Gli effetti penali della condanna non vengono meno in presenza di cause di estinzione del reato o della pena, ma soltanto per effetto della riabilitazione. 209.Lesecuzione della pena Lesecuzione della pena costituisce un momento fondamentale, poich nella fase esecutiva che vengono o meno attuate le finalit astrattamente assegnate alla pena51. 210.La disciplina dellesecuzione La disciplina dellesecuzione stata profondamente rinnovata con il nuovo or dinamento penitenziario seguendo i principi: a) della finalit rieducativa del trattamento penitenziario; b) della individualizzazione del trattamento; c) della separazione dei detenuti d) della istruzione e del lavoro; e) delle misure alternative alla detenzione (affidamento in prova al servizio sociale, semilibert, liberazione anticipata); f) delle premiali della licenza e del permesso; g) del regime di sorveglianza particolare; h) del rinvio e della sospensione dellesecuzione;
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Giustamente si afferma che la pena nella sua esecuzione.

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i) della sorveglianza del giudice; j) dellistituzione dei Centri di servizio sociale e dei Consigli di aiuto sociale. LA PUNIBILITA E LE CAUSE DI ESCLUSIONE E DI ESTINZIONE 211.Le condizioni oggettive di punibilit Attorno alla categoria della punibilit, quale possibilit giuridica di applicare la pena minacciata, possono raggrupparsi tre istituti diversi, di non facile e controverso inquadramento dogmatico: 1. le condizioni obiettive di punibilit; 2. le cause di esclusione della pena; 3. le cause di estinzione del reato o della pena. Sotto la rubrica condizioni obiettive di punibilit lart. 44 statuisce: Quan do, per la punibilit del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se levento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non da lui voluto. Circa la natura, sostanziale o processuale, si esclude, oggi concordemente, che le condizioni dellart. 44 siano condizioni di procedibilit, riferendosi queste allesercizio dellazione penale ed impedendo il loro difetto non gi la punibili t del reato, ma la cognizione di esso da parte del giudice. Circa i rapporti con il fatto criminoso, la condizione obiettiva di punibilit va intesa come un avvenimento esterno, successivo o concomitante, al fatto di reato, perci distinto sia dalla condotta criminosa che dallevento tipico e che pu essere causato da azione, volontaria o involontaria del colpevole, oppure di terzi. Pertanto il reato gi perfetto ma per motivi di opportunit il legislatore ne subordina la punibilit al verificarsi di una determinata condizione. Circa i criteri di distinzione tra elementi e condizioni, mentre i primi rendono il fatto meritevole di pena (perch sufficientemente offensivo), i secondi lo rendono anche bisognoso di pena. Debbono essere considerati elementi costitu tivi gli accadimenti che attengono alla offesa del bene protetto e accentrano in s loffensivit del fatto e, quindi, la ragione stessa dellincriminazione. Deb bono, viceversa, considerarsi condizioni di punibilit gli accadimenti estranei alla sfera delloffesa del reato ma che rendono opportuna la punibilit e gli ac cadimenti che arricchiscono la sfera delloffesa del reato. 212.Le cause di esclusione della pena. Le immunit Sono cause di esclusione della pena quelle particolari situazioni esterne al fatto tipico, che non escludono il reato ma in presenza delle quali il legislatore ritie ne, per ragioni di mera opportunit, che non si debba applicare la pena e ogni altra conseguenza penale. La loro presenza esclude non la illiceit, ma soltanto la punibilit del fatto.

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Tipiche ipotesi sono quelle dei rapporti di parentela di cui allart. 649 e delle immunit derivanti dal diritto pubblico interno: 1. le immunit del Capo dello Stato, che non responsabile degli atti compiu ti nellesercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per at tentato alla Costituzione; 2. le immunit dei membri del Parlamento nazionale e dei consiglieri regiona li, dei membri del CSM e dei giudici della Corte Costituzionale, i quali non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e per i voti dati nelleser cizio delle loro funzioni; e internazionale: 1. la persona del Sommo Pontefice; 2. i Capi di Stato esteri e i Reggenti; 3. gli organi di Stati esteri; 4. gli agenti diplomatici accreditati presso il nostro Stato, che godono di im munit assoluta, sostanziale e processuale; 5. gli agenti diplomatici e gli invitati presso la Santa Sede; 6. i Consoli, Viceconsoli e gli Agenti Consolari, nei limiti dei trattati interna zionali; 7. i giudici della Corte dellAja; 8. i membri del Parlamento Europeo; 9. gli appartenenti a corpi e a reparti di truppe straniere, che si trovano nel ter ritorio dello Stato con autorizzazione di questo; 10. i membri delle istituzioni specializzate dellONU e dei rappresentanti delle Nazioni Unite; 11. i membri e le persone al seguito delle forze armate degli Stati della NATO di stanza nel territorio italiano. 213.Le cause di estinzione della punibilit Le cause estintive sopravvengono dopo che il reato gi perfetto ed incidono sulla sola punibilit per ragioni estranee o contrastanti con la tutela del bene protetto dalla norma. Sono applicabili senza il previo accertamento dellesi stenza e punibilit del reato, ma sulla mera supposizione della sua esistenza; impediscono lapplicazione delle misure di sicurezza. Dalle cause estintive parte della dottrina distingue le cause sopravvenute di non punibilit, che escludono la punibilit per ragioni di tutela del bene protetto, costituendo esse lestremo mezzo di tutela predisposto per il caso in cui la norma incriminatrice non abbia in concreto funzionato. Tra le cause estintive il codice distingue tra cause di estinzione del reato e cau se di estinzione della pena, a seconda che sopravvengano prima che intervenga o dopo che sia intervenuta la sentenza definitiva di condanna. Il codice vigente ha proceduto alla suddetta distinzione con una terminologia per non felice. Come tutti riconoscono, quanto meno inesatto parlare di causa estintiva del reato: questo, una volta commesso un dato storicamente acquisito. Il reato c.d. estinto continua, infatti, a produrre alcuni suoi effetti giuridici, perch se

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ne tiene conto ai fini della recidiva e della abitualit e professionalit nel reato, come pure della aggravante della connessione. Una causa vera e propria di estinzione del reato si ha soltanto con l'abrogazione della legge incriminatrice, che cancella il fatto dal novero dei reati con tutti i possibili effetti penali. Secondo la opinione corrente le cause estintive del reato sono quelle che estin guono la potest statale di applicare la pena minacciata, la c.d. punibilit in astratto, cio la possibilit giuridica di applicare le conseguenze penali del rea to o talune di esse. Le cause estintive della pena estinguono, invece, la c.d. pu nibilit in concreto, cio concretizzatasi nella pena irrogata con la sentenza di condanna esecutiva. Nel primo caso lo Stato rinuncia ad applicare la sanzione penale minacciata dalla norma, nel secondo alla esecuzione della pena inflitta dal giudice. Le cause estintive, come pure le cause sopravvenute di non punibi lit possono essere: a) generali, che sono previste nella parte generale del codice e sono applicabi li a tutti o a un numero indeterminato di reati; b) speciali, che sono previste nella parte speciale o nelle leggi speciali e sono applicabili a uno o pi reati determinati. Gli effetti estintivi sono pi o meno radicali a seconda che si tratti di cause di estinzione del reato o della pena. Regole comuni delle cause estintive del reato e delle cause estintive della pena, fissate dagli artt. 182 e 183 sono: a) lefficacia personale; b) la prevalenza della causa estintiva del reato; c) il cumulo degli effetti estintivi, nel senso che, in caso di concorso in tempi diversi di cause estintive del reato o della pena, la causa antecedente estin gue il reato o la pena e quelle successive agiscono sugli eventuali effetti re sidui; d) la estinzione, ad opera della causa pi favorevole, del reato o della pena, in caso di concorso contemporaneo di pi cause estintive, valendo per gli ef fetti residui la regola precedente; e) la non estinzione delle obbligazioni civili; f) limmediatezza della dichiarazione della causa estintiva, in qualsiasi stato e grado del procedimento, anche il caso di dubbio sulla loro esistenza. Regole esclusive sono previste per le sole cause di estinzione del reato e per le sole cause di estinzione della pena, cio per quelle cause previste, rispettiva mente, negli artt. 150-160 e negli artt. 171-181 e in tutti gli altri casi in cui la legge parli di estinzione del reato o di estinzione della pena. L'estinzione del reato: a) ha come effetto minimo comune, a tutte le cause, di impedire l'applicazio ne della pena principale e delle misure di sicurezza e di farne cessare l'ese cuzione (art. 210/1); b) non si estende n al reato principale (es.: ricettazione), qualora il reato estinto ne sia presupposto (es.: il delitto, da cui proviene la cosa ricettata);

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n al reato complesso (es.: rapina), qualora il reato estinto ne sia elemento costitutivo o circostanza aggravante (es.: furto); c) non esclude l'aggravamento della pena derivante dalla connessione per i reati non estinti, qualora si estingua taluno tra pi reati connessi (es.: per l'omicidio, commesso per compiere un furto, se questo poi amnistiato). Le cause di estinzione della pena operano sulla pena di volta in volta conside rata (principale o accessoria) ed impediscono, altres, l'applicazione delle misu re di sicurezza, eccetto per quelle per le quali la legge stabilisce che possono essere ordinate in ogni tempo, ma non impediscono l'esecuzione delle misure di sicurezza gi ordinate dal giudice come misure accessorie di una condanna alla pena della reclusione superiore a dieci anni. Nondimeno alla colonia agri cola e alla casa di lavoro sostituita la libert vigilata. Fra le cause generali di estinzione del reato il codice comprende: a) la morte dell'imputato prima della condanna definitiva; b) l'amnistia propria; c) la remissione della querela; d) la prescrizione; e) la oblazione nelle contravvenzioni; f) la sospensione condizionale della pena; g) il perdono giudiziale. Sono invece considerate cause generali di estinzione della pena: a) la morte del reo dopo la condanna definitiva; b) l'amnistia impropria; c) l'estinzione della pena per decorso del tempo; d) l'indulto; e) la grazia; f) la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale; g) la liberazione condizionale; h) la riabilitazione. 214.La morte del reo e la prescrizione La morte del reo, avvenuta prima della condanna definitiva, estingue il reato, mentre estingue la pena, se avvenuta dopo la condanna. La morte estingue tutti gli effetti penali del reato, incluse le pene principali e accessorie; ad essa, so pravvivono solamente le conseguenze civili, il pagamento delle spese proces suali e di mantenimento in carcere, e lesecuzione della confisca: tutte obbliga zioni inerenti al patrimonio del defunto. La prescrizione una causa estintiva legata al decorso del tempo. Consiste nel la rinuncia dello Stato a far valere la propria pretesa punitiva, in considerazio ne del lasso di tempo trascorso dalla commissione di un reato. Pu estinguere il reato o soltanto la pena. Nel caso che estingua il reato, la prescrizione presuppone che non sia interve nuta una sentenza definitiva di condanna. Il tempo necessario per la prescrizio ne di:

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a) 20 anni per la reclusione non inferiore a 24 anni; b) 15 anni per la reclusione non inferiore a 10 anni; c) 10 anni per la reclusione non inferiore a 5 anni; d) 5 anni per la reclusione inferiore a 5 anni o la multa; e) 3 anni per larresto; f) 2 anni per lammenda; Per il computo della pena ai fini della prescrizione si considera la pena edittale e, precisamente, il massimo della pena stabilita dalla legge per il reato, consu mato o tentato, tenuto conto degli aumenti e delle diminuzioni dipendenti dalle circostanze aggravanti e attenuanti. Il termine della prescrizione decorre: a) per il reato consumato, dal giorno della consumazione; b) per il reato tentato, dal giorno in cui cessata lattivit criminosa; c) per il reato permanente o continuato, dal giorno in cui cessata la perma nenza o continuazione; d) per il reato condizionato, dal giorno in cui la condizione si verificata; e) per i reati punibili a querela, richiesta od istanza, dal giorno del commesso reato. Il corso della prescrizione rimane sospeso nei casi di autorizzazione a procede re, di questione deferita ad altro giudizio e in ogni caso in cui la sospensione del procedimento penale o dei termini di custodia cautelare imposta dalla legge. La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui cessata la causa della sospensione: il tempo decorso anteriormente al verificarsi della causa so spensiva si somma con il tempo decorso dopo che tale causa venuta meno. Si ha interruzione della prescrizione quando intervengono le cause previste dal lart. 160, e cio la sentenza di condanna, il decreto di condanna, lordinanza applicativa di misure cautelari personali, quella di convalida del fermo o del larresto in flagranza, linterrogatorio reso dinanzi al P.M. od al giudice, la ri chiesta di rinvio a giudizio, il decreto di fissazione delludienza preliminare, il decreto che dispone il giudizio. Con linterruzione, il periodo di tempo in pre cedenza trascorso viene annullato, e la prescrizione ricomincia a decorrere da capo dal giorno dellinterruzione. La prescrizione rinunciabile, avendo la Corte Costituzionale con sent. 275/90 dichiarato illegittimo lart. 157 nella par te in cui non prevedeva la rinunciabilit della prescrizione. Rinunciando lim putato pu essere assolto ma anche condannato. Nel caso che estingua invece la pena, la prescrizione presuppone che sia inter venuta una sentenza definitiva di condanna. Ha per oggetto soltanto le pene principali. Non si estinguono le pene accessorie e gli altri effetti penali della condanna. E sempre esclusa per lergastolo. La pena della reclusione si estin gue in un tempo pari al doppio della pena inflitta e in ogni caso non superiore a 30 anni n inferiore a 10. La pena della multa si estingue dopo il decorso di 10 anni; la pena dellarresto o dellammenda dopo 5 anni. La prescrizione della

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pena decorre dal giorno del giudicato di condanna. Sono esclusi dal beneficio i recidivi aggravati, i delinquenti abituali, professionali, per tendenza. 215.Lamnistia Lamnistia un atto con cui lo Stato rinuncia allapplicazione della pena. La ti tolarit del potere di clemenza assegnata dalla Costituzione al Presidente del la Repubblica, che lo esercita su legge di delegazione delle Camere. Si distingue tra: a) amnistia propria: riguarda i reati il cui accertamento giurisdizionale anco ra in corso ed estingue del tutto il reato; b) amnistia impropria: interviene dopo una sentenza irrevocabile di condanna. Fa cessare lesecuzione della condanna e le pene accessorie, ma lascia sussiste re quegli effetti penali che non rientrano tra le pene accessorie (recidiva, abi tualit, professionalit). Ai fini dellamnistia si deve considerare la pena astrat tamente comminata per i reati contemplati nel provvedimento (c.d. pena editta le). Lamnistia pu essere sottoposta a condizioni ed obblighi. Non si applica a delinquenti abituali, professionali e per tendenza ai recidivi aggravati e reitera ti, salvo che il decreto disponga diversamente. E possibile rinunciare allamni stia in quanto la legge deve consentire allimputato che lo chiede di dimostrare la propria innocenza. 216.Lindulto Al pari dellamnistia, un provvedimento di carattere generale, ma ne differi sce perch opera esclusivamente sulla pena principale, la quale viene in tutto o in parte condonata oppure commutata in altra specie di pena, fra quelle con sentite dalla legge. Non estingue, pertanto, le pene accessorie, salvo che il de creto disponga in modo diverso (il che avvenuto nei pi recenti provvedimen ti di clemenza), e a maggior ragione lascia sussistere gli altri effetti penali della condanna. Lindulto non presuppone una condanna irrevocabile, potendo esse re applicato in previsione del passaggio in giudicato della sentenza. Come per lamnistia, la sua efficacia di regola circoscritta ai reati commessi a tutto il giorno precedente alla data del decreto; pu essere sottoposto a condizioni od obblighi e, salvo particolari disposizioni, non si applica nei casi di recidiva ag gravata o reiterata, di abitualit e professionalit nel reato, nonch di tendenza a delinquere. Nel concorso di pi reati lindulto si applica una sola volta, dopo cumulate le pene. 217.La grazia E un provvedimento rimesso dalla Costituzione alla competenza esclusiva del Presidente della Repubblica con il quale viene condonata in tutto o in parte la pena principale inflitta per uno o pi reati nei confronti di una persona. Il prov vedimento adottato con decreto su proposta del Ministro di grazia e giustizia. Trattasi pertanto di un provvedimento a carattere singolare, avente cio per de stinatario un singolo individuo, e, in ci differisce dallamnistia e dallindulto

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che sono contenuti in un provvedimento legislativo avente carattere generale e cio indirizzato alla generalit dei cittadini. Quanto alla forma la domanda di grazia, non soggetta a particolari vincoli di forma o di bollo deve essere diretta al Presidente della Repubblica e deve essere sottoscritta dal condannato da un suo prossimo congiunto, o dalla persona che esercita sul condannato la tutela o la cura, ovvero da un avvocato o da un procuratore legale. La grazia, al pari dellindulto intervenendo solo sulla pena principale lascia sussistere le pene accessorie e gli altri effetti penali della condanna. In tema di grazia sottoposta a condizioni si rilevato che non incostituzionale la sottoposizione della gra zia alla condizione di pagare una determinata somma alla cassa delle ammen de. 218.La sospensione condizionale della pena Listituto della sospensione condizionale della pena venne introdotto in Italia nel lontano 1904 con lesigenza di sottrarre allambiente deleterio e pericoloso del carcere chi mai ne abbia varcato le soglie e di curare in siffatta guisa le menda del colpevole. Quindi listituto trae la sua ragione iniziale dalla necessi t di evitare al condannato a pene detentive di breve durata il contagio con lambiente carcerario che, per esperienza acquisita, tende a desocializzarlo. Listituto tende, inoltre, attraverso la prospettata minaccia di esecuzione della pena inflitta, a distogliere il reo dalla commissione di ulteriori reati. La sospen sione condizionale disciplinata dagli artt. 163-168 del c.p., che varie modifi che hanno subito nel corso degli anni, dapprima con la l. n. 191 del 1962 e dopo soprattutto con la l. n. 220 del 1974. Nella concessione della sospensione condizionale lelemento essenziale dato dalla c.d. prognosi di ravvedimento, consistente in quella presunzione che il colpevole si asterr dal commettere ulteriori reati, ma prima di procedere a tanto occorre verificare la sussistenza di determinati presupposti o condizioni precostituiti ex lege. Il giudice solo dopo aver proceduto a tale accertamento pu porsi il problema del se la pro gnosi sia o meno favorevole. Tali presupposti sono: a) entit della pena. La sospensione condizionale pu essere concessa quando vi una sentenza di condanna a pena detentiva non superiore ai due anni, ovvero a pena pecuniaria che, sola o congiunta a quella detentiva e raggua gliata a norma dellart. 135, sia equivalente ad una pena privativa della li bert personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni. Il suddetto limite elevato ai tre anni se si tratta di minori degli anni diciotto e ai due anni e sei mesi se si tratta di giovani di et compresa tra i diciotto ed i ventuno anni o di ultrasettantenni; b) precedenti condanne. La sospensione condizionale non pu essere concessa a chi ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, an che se intervenuta riabilitazione, ne sia delinquente o contravventore abi tuale o professionale. In questo caso lo stesso legislatore ad operare una

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prognosi negativa per colui che, avendo una precedente condanna alla re clusione, riporti unaltra condanna; c) non ripetibilit del beneficio. Occorre che il colpevole non abbia gi usu fruito della sospensione condizionale per un altro reato, non potendo essere concessa pi di una volta. Tuttavia il giudice pu concedere nuovamente la sospensione condizionale quando la pena da infliggere con la nuova con danna, cumulata con quella precedentemente irrogata, non sia comunque superiore al limite dei due anni; d) che alla pena inflitta non debba essere aggiunta una misura di sicurezza personale. La concessione del beneficio comporta la sospensione della pena principale e delle pene accessorie per un periodo di cinque anni, nel caso di delitti, e di due anni nel caso di contravvenzioni. Se durante questo periodo il condannato non commette un altro delitto o unaltra contravvenzione della stessa indole ed adempie agli obblighi imposti, il reato estinto. Restano, invece in vita gli altri effetti penali e le obbligazioni civili. La sospensione condizionale revocata di diritto nei seguenti casi: a) se nei termini anzidetti il condannato commetta un nuovo delitto o una nuova contravvenzione della stessa indole, per cui venga inflitta una pena detentiva; b) se non adempie agli obblighi impostigli; c) se riporta unaltra condanna per un delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata con quella precedentemente sospesa, superi i limiti stabiliti dallart. 163 c.p.. Se tali limiti non sono superati, il giudice, tenuto conto dellindole e della gravit del reato, pu revocare la sospensione. 219.Il perdono giudiziale Il perdono giudiziale una causa di estinzione del reato, applicabile al solo di ritto minorile, che ricorre nel caso in cui il colpevole: a) al tempo della commissione del reato non avesse compiuto i diciotto anni; b) che questi non sia stato condannato in precedenza a pene detentive per de litto, in chi sia delinquente abituale o professionale; c) che il minore non abbia gi goduto del perdono giudiziale; d) che il giudice ritenga di potere applicare una pena, pecuniaria o detentiva contenuta entro certi limiti; e) che il giudice in base a determinate circostanze, presuma che il colpevole si asterr dal commettere ulteriori reati. Il perdono giudiziale consente di evitare il rinvio a giudizio, ovvero la condan na del minore, e quindi pu essere concesso sia alludienza preliminare sia al dibattimento. Lapplicazione del perdono giudiziale presuppone un accerta mento della responsabilit penale del minore; per tale motivo la sentenza che applica il perdono giudiziale pu essere soggetta ad impugnazione.

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220.La liberazione condizionale La liberazione condizionale prevista dallart. 176 c.p.. I presupposti di appli cazione di questo istituto sono cos riassumibili: il condannato deve aver scontato un certo periodo di pena (per i minori questo requisito non necessario) consistente in trenta mesi o almeno la met della pena inflitta, se si tratta di delinquente primario o recidivo sem plice, di quattro anni o almeno tre quarti della pena inflitta se si tratta di re cidivo qualificato; la pena residua non deve superare i cinque anni; il condannato deve aver tenuto, durante il periodo in cui stato in carcere, un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento; necessario, inoltre, che il condannato non abbia gi usufruito del benefi cio per la medesima pena e che abbia adempiuto le obbligazioni civili (tranne che dimostri di esserne impossibilitato). Per quanto riguarda lergastolano, lart. 28 della l. 10 ottobre 1986, n. 663, ha previsto lestensione della misura anche nei suoi confronti, purch abbia scon tato almeno 26 anni di pena (previo sempre ladempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato). La concessione della libert condizionale fa cessare lo stato di detenzione e comporta lapplicazione della misura di sicurezza della libert vigilata assistita dal servizio sociale. La pena si considera estinta e cessa la misura di sicurezza non il decorso della pena inflitta; per gli ergastolani, in vece, tale effetto si verifica col decorso di cinque anni dalla data del provvedi mento. 221.Loblazione E una delle cause di estinzione del reato pi frequentemente applicate riguar dante le sole contravvenzioni; il c.p. contempla due tipi di oblazione, una ex art. 162 c.p. (c.d. oblazione comune), e laltra, introdotta dalla l. n. 689 del 1981 con lart. 162 bis (c.d. oblazione speciale). Oblazione comune: bisogna innanzitutto precisare che questo tipo di obla zione non va confusa n con loblazione in via amministrativa (che si ese gue presso lAutorit amministrativa), n con loblazione in via breve con templata dal codice della strada e da alcune leggi finanziarie. Loblazione comune (detta anche giudiziale) pu applicarsi, in base allart. 162 c.p. a condizione che: a) si tratti di una contravvenzione per la quale sia prevista la sola pena dellammenda (di qualunque importo); b) che il contravventore presenti domanda di ammissione alloblazione prima dellapertura del dibattimento o del decreto penale di condanna; c) che il contravventore adempia allobbligo. In presenza di queste condizioni, loblazione si applica automaticamente, ed il reato si considera estinto.

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Oblazione speciale: condizione generale richiesta perch il soggetto sia ammesso, su domanda, al beneficio, che si tratti di contravvenzione puni ta con la pena alternativa allarresto o dellammenda; inoltre lapplicazione rimessa alla discrezionalit del giudice. I termini per la presentazione del la domanda sono gli stessi delloblazione comune, con la possibilit per di riproposizione prima della discussione finale del dibattimento di primo gra do. Daltro canto, sono previste vere e proprie ipotesi di esclusione del be neficio per la recidiva reiterata, per limputato dichiarato contravventore abituale oppure delinquente o contravventore professionale, ed inoltre nel lipotesi che permangono conseguenze dannose o pericolose del reato che siano eliminabili da parte del contravventore. La somma che il contravven tore eventualmente ammesso a pagare corrisponde alla met del massimo dellammenda prevista ex lege, oltre alle spese del procedimento. Le criti che alloblazione speciale sono state numerose e soprattutto rivolte alla di screzionalit del sistema previsto, che in pratica affida al giudice il compito di depenalizzare a piacere reati spesso anche di una certa gravit.

222.La riabilitazione La funzione di tale istituto consiste nella reintegrazione del condannato, che abbia gi scontato la pena principale, in tutte le facolt e diritti, preclusi per ef fetto dalla condanna (art. 178 c.p.). Importa lestinzione della pena accessoria e di ogni altro effetto penale della condanna. Ha lo scopo, specialpreventivo, di sottrarre il condannato, che si sia ravveduto, a quegli effetti penali che possono pregiudicare il reinserimento sociale. Condizione per la sua concessione sono: a) che siano decorsi cinque anni dal giorno in cui la pena principale stata eseguita o si in altro modo estinta; b) che il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta per i suddetti periodi; c) che egli non sia stato sottoposto a misura di sicurezza o, se sottoposto, il provvedimento sia stato revocato; d) che abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che di mostri di trovarsi nellimpossibilit di adempierle. Verificatesi le suddette condizioni, la riabilitazione costituisce un vero e pro prio diritto del condannato e non un semplice interesse. Ed il giudice ha il do vere di concederla non potendo escluderla a propria discrezione. 223.La non menzione della condanna La non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale spe cificamente contemplata allart. 175 c.p. e prevede diverse condizioni per la concessione del beneficio: a) che si tratti della prima condanna; b) che la pena inflitta sia: se detentiva, non superiore a due anni;

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se pecuniaria, non superiore al massimo di pena detentiva conteggiata ex art. 135 c.p. (secondo quanto stabilito con sentenza della Corte Co stituzionale n. 304 del 17 dicembre 1988); se congiunta, la pena detentiva non deve essere superiore a due anni e quella pecuniaria deve essere tale che, conteggiata a norma dellart. 135 c.p. e sommata con quella detentiva, non porti il condannato ad es sere privato della libert personale per pi di trenta mesi. Sotto laspetto dellapplicazione concreta, la non menzione della condanna rimessa allapprezzamento discrezionale del giudice, che la concede basandosi sulle circostanze indicate nellart. 133 c.p.; il beneficio non pu concedersi se la condanna derivi da reati elettorali, ed revocato nel caso in cui il condanna to commetta un delitto. Nel 1984 la Corte Costituzionale, con sent. n. 155 ha dichiarato lincostituzionalit dellart. 175 c.p. nella parte in cui prevede che il beneficio in oggetto possa essere concesso anche pi di una volta, fino a quan do il cumulo delle pene detentive non risulti superiore ai due anni.

224.La cause sospensive ed estintive della pena nellordinamento peniten ziario Lintroduzione degli istituti dellaffidamento in prova e della liberazione anti cipata da parte della L. 345/75 sullordinamento penitenziario, pongono delica ti problemi di coordinamento con le cause sospensive ed estintive, previste dal codice penale. Laffidamento in prova al servizio sociale per un periodo uguale a quello della pena da scontare costituisce una probation c.d. penitenziaria, che vie ne concessa ricorrendo le condizioni di legge gi viste52. Laffidamento revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova. Lesito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale, non le pene accessorie e le obbligazioni civili. La liberazione anticipata consiste nella remissione di una parte della pena quale momento del trattamento progressivo. Essa concede una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata, al con dannato che abbia dato prova di partecipazione allopera di rieducazione. Questa misura, in realt, piuttosto che da una funzione rieducativa, con notata da un aspetto premiale, dato che consiste nellincentivare il detenuto a partecipare al trattamento rieducativo con lo stimolo di una liberazione anticipata. LE MISURE DI SICUREZZA ARGOMENTO IN SINTESI. Lintroduzione delle misure di sicurezza rappresenta sicuramente una delle innovazioni pi importanti del codice
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V. paragrafo I tipi di pena nel nostro diritto.

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Rocco del 1930. Con la creazione di tali misure nato quello che viene definito il sistema del doppio binario che pone, accanto ad una pena de tentiva che ricomprende in s funzioni di carattere retributivo e generalpreventivo, una misura di carattere special-preventivo volta alla riedu cazione e alla cura del soggetto socialmente pericoloso. Inizialmente alle misure di sicurezza veniva attribuita natura amministrativa ma, nel lattuale momento storico, quasi tutta la dottrina respinge tale tesi e le considera sanzioni criminali di competenza del diritto penale, tanto pi che esse vengono applicate mediante un procedimento giurisdizionale. Destinatari delle misure di sicurezza sono sia i soggetti imputabili che i soggetti semi-imputabili e non imputabili; alle prime due categorie di in dividui le misure di sicurezza si applicano cumulativamente alla pena, dando cos vita al sistema del doppio binario, alla terza si applicano in modo esclusivo. Presupposti di applicazione sono la pericolosit sociale del soggetto, desunta dai parametri previsti dallart. 133 c.p. e la com missione di un reato. Tuttavia, questultimo requisito subisce due ecce zioni tassativamente previste dalla legge: il giudice infatti pu, nelle ipotesi di quasi-reato ex art. 115 c.p. (accordo criminoso non eseguito o istigazione a commettere un delitto non accolta, o accolta, ma non se guita dalla commissione del delitto) e di delitto impossibile ex art. 49 c.p., comminare lapplicazione di una misura di sicurezza a prescindere dalla commissione di un vero e proprio reato. Ai sensi dellart. 203 c.p. deve ritenersi socialmente pericolosa la persona che probabile che commetta nuovi fatti previsti dalla legge come reato. A tal proposito, la l. n. 663 del 1986 (legge Gozzini) ha provveduto ad abolire ogni forma di presunzione legale di pericolosit, abrogando lart. 204 c.p. e sta tuendo che tutte le misure di sicurezza personali possono essere applica te solo previo accertamento che colui che ha commesso il reato sia una persona socialmente pericolosa. Le misure di sicurezza vengono appli cate dopo lesecuzione della pena e sono indeterminate nel massimo es sendo la loro durata collegata al protrarsi o alla cessazione della peri colosit sociale; ne per fissata dalla legge un durata minima, ma il Tribunale di sorveglianza pu, ricorrendone i presupposti, revocare la misura anche prima che sia decorso il tempo corrispondente a tale dura ta. Il c.p. distingue le misure di sicurezza in due categorie: personali e patrimoniali. Le misure di sicurezza personali si distinguono, poi, in de tentive e non detentive. Sono misure di sicurezza detentive: 1) lassegna zione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro. Le misure di si curezza in questione si applicano ai soggetti imputabili e pericolosi, ge neralmente a coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali profes sionali o per tendenza, oltre a chi si trova nelle situazioni descritte dal lart. 216 c.p.. La distinzione tra queste due misure di sicurezza dovreb be essere colta in relazione al tipo di attivit che vi si svolge: agricolo nella prima, artigianale o industriale nella seconda, ma tale differenzia

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zione non ha trovato riscontro pratico. 2) Il ricovero in una casa di cura e di custodia. Questa misura ricomprende in s sia istanze curative che custodialistiche ed prevista principalmente per i condannati ad una pena diminuita per infermit psichica, per cronica intossicazione da al cool o da sostanze stupefacenti, ovvero per sordomutismo. 3) Il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario. Il manicomio giudiziario si applica: a) ai prosciolti per infermit psichica o per intossicazione cro nica da alcool o da stupefacenti ovvero per sordomutismo, salve le ecce zioni previste dalla legge; b) ai minori degli anni quattordici e ai minori tra gli anni quattordici e diciotto prosciolti per incapacit di intendere e di volere che abbiano commesso un reato negli stati di cui sopra; c) ai sottoposti ad altra misura di sicurezza detentiva colpiti da una infermit psichica tale da richiedere il ricovero in un ospedale psichiatrico giudi ziario. 4) Il ricovero in un riformatorio giudiziario. Il ricovero nellisti tuto in esame riservato ai minori di et. Esso si prescrive: a) ai minor degli anni quattordici e ai minori degli anni diciotto riconosciuti non im putabili ex art. 98 c.p., che abbiano commesso un delitto doloso, prete rintenzionale o colposo e siano considerati socialmente pericolosi; b) ai minori tra gli anni quattordici e diciotto riconosciuti imputabili condan nati a pena diminuita; c) ai minori degli anni diciotto dichiarati delin quenti abituali, professionali o per tendenza; d) ai minori tra gli anni quattordici e diciotto condannati per delitto durante lesecuzione di una misura di sicurezza precedentemente applicata per difetto di imputabili t; e) ai minori degli anni diciotto nellipotesi contemplata dallart. 212 c.p. terzo comma. Sono misure di sicurezza non detentive: 1) la libert vigilata: consiste in una serie di limitazioni della libert personale del reo mediante prescrizioni di carattere sia positivo che negativo, aventi come scopo il reinserimento sociale dellindividuo e limpedimento della commissione di nuovi reati. La sorveglianza della persona in stato di li bert vigilata affidata allautorit di pubblica sicurezza; 2) il divieto di soggiorno in uno o di pi comuni o in una o pi province: questa misura si applica facoltativamente a coloro che abbiano commesso un delitto contro la personalit dello Stato o contro lordine pubblico, oppure, nel caso di delitti politici o occasionati da particolari condizioni morali o sociali esistenti in un determinato luogo; 3) il divieto di frequentare osterie o pubblici spacci di bevande alcooliche: destinatari sono i con dannati per ubriachezza abituale o per reati commessi in stato di ubria chezza, sempre che questa sia abituale; 4) lespulsione dello straniero dallo Stato: si applica agli stranieri condannati alla reclusione per un periodo non inferiore a dieci anni ed alla reclusione, quale che sia la pena inflitta, per un delitto contro la personalit dello Stato. Sono misu re di sicurezza patrimoniali: 1) la cauzione di buona condotta: ai sensi

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della l. n. 689 del 1981, la cauzione di buona condotta data mediante deposito, nella Cassa delle ammende, di una somma non inferiore al lire duecentomila, n superiore a quattro milioni ovvero nella prestazione di una garanzia mediante ipoteca o fideiussione solidale; 2) la confisca: questa misura di sicurezza patrimoniale consiste nella espropriazione da parte dello Stato delle cose che servirono o furono destinate a commette re il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto. La confisca, generalmente facoltativa, invece obbligatoria qualora si tratti di cose che costituiscono il prezzo del reato; di cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione, o alienazione costituisce reato, anche se non stata pronunciata condanna. 225.La nozione A seconda che la prevenzione sia rivolta ad impedire che il soggetto pericoloso commetta o ricommetta reati, occorre distinguere rispettivamente fra misure di prevenzione e misure di sicurezza. Questultime hanno una finalit terapeutica, rieducativo-risocializzatrice , e sono applicabili ai soggetti pericolosi che han no gi commesso un fatto penalmente rilevante. Le misure di sicurezza si differenziano dalle pene, poich sono la conseguenza di un giudizio non di riprovazione per la violazione di un comando, ma di peri colosit, non di responsabilit, ma di probabilit di futura recidiva. Non hanno perci carattere punitivo, ma tendono a modificare i fattori predisposti allatto criminale. 226.Le misure di sicurezza secondo la Costituzione La Costituzione fissa i caratteri delineanti il nostro sistema preventivo. Il primo principio quello della legalit delle misure di sicurezza: nello Stato di diritto le garanzie della libert contro l'arbitrium judicis non possono non estendersi al temibile campo della prevenzione. Con laffermare che Nessuno pu essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge, l'art. 25/3 consacra il principio gi sancito dagli artt. 199 e 236 c.p., per i quali Nessuno pu essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti. Due sono i presupposti soggettivi e oggettivi previsti dal codice per lapplica zione delle misure di sicurezza e che debbono ritenersi accolti anche dalla Co stituzione, pur se da essa non espressamente contemplati. E cio: a) la pericolosit sociale del soggetto, consistente nella probabilit di com mettere nuovi reati b) la commissione di un fatto penalmente rilevante, cio un reato oppure un c.d. quasi-reato, indicandosi con questa espressione le ipotesi contemplate negli artt. 49 (reato impossibile) e 115 (istigazione a commettere un delitto non accolta, istigazione accolta o accordo per commettere un delitto, quan do il delitto non sia commesso).

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Bench la ragione delle misure di sicurezza stia nella pericolosit, tuttavia per esigenze garantiste si richiede che la pericolosit non sia soltanto temuta, ma si sia manifestata in comportamento indizianti, consista cio in una situazione soggettiva di cui componente sintomatica anche la commissione di reato o quasi-reato. E questi fatti debbono essere accertati giudizialmente. Anche nei confronti dei soggetti prosciolti per incapacit di intendere e di volere deve es sere, ovviamente, acquisita la certezza giurisdizionale che il fatto sussiste e che attribuibile materialmente e psicologicamente allincapace. Nei loro confron ti escluso, per assenza di imputabilit, ogni giudizio di colpevolezza, ma l'at teggiamento psichico dell'incapace ben potr essere considerato ai fini dell'ac certamento della pericolosit. Rispetto alla durata della misura di sicurezza si manifesta una ulteriore atte nuazione della tassativit. Come in genere le legislazioni che prevedono le mi sure di sicurezza, anche il nostro codice stabilisce una durata determinata nel minimo e indeterminata nel massimo. Gli artt. 207 e 208 dispongono infatti che: a) per ciascuna misura stabilita una durata minima, rispondente ad una pre sunzione di durata della pericolosit; b) la misura non pu essere revocata se la persona ad essa sottoposta non ha cessato di essere socialmente pericolosa (art. 207); c) la misura revocata se decorso un tempo corrispondente alla durata mini ma o anche prima, se risulti che la pericolosit cessata; d) il giudice fissa un nuovo termine per un ulteriore esame della pericolosit, qualora la persona risulti ancora pericolosa, e pu procedere ad un riesame in ogni tempo se vi ragione di ritenere che la pericolosit sia cessata53. Circa la irretroattivit, non espressamente sancita dalla Costituzione, va condi visa la dominante tesi secondo la quale non potr mai applicarsi una misura di sicurezza per un fatto che al momento della sua commissione non costituiva reato (o quasi-reato).
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Per evitare che la libert individuale sia indefinitivamente compressa, non si mancato di auspicare che anche il massimo di durata sia predeterminato dalla legge. A favore della legittimit della indeterminatezza si invoca la impossibilit di conoscere a priori il tempo massimo per l'eliminazione della pericolosit nei confronti di ciascun individuo, potendo al pi prevedersi, con una certa approssimazione basata sulle rego le di esperienza, il minimo di tempo necessario. Sicch, una volta ammessa la pericolosit di certi soggetti e l'esigenza della prevenzione speciale, occorre anche accettare quella indeterminatezza necessaria perch la misura assolva la sua funzione specialpreventiva. Tanto pi che l'esigenza di comminare una sanzione certa anche nel massimo propria dei carattere retributivo-intimidativo della pena, ma non anche della misura di sicurezza, non essendo necessario per la funzione che essa esplica che il cittadino ne conosca a priori la mas sima durata. Sicch si ritiene che non vi sia conflitto col principio di tassativit, quando sia assicurato che in ogni momento in cui la misura viene irrogata o prorogata esista il presupposto di legge per l'irrogazione di essa. Il che richiede: a) che la durata minima sia predeterminata in base al tempo che, secondo l'esperienza e la scienza, approssimativamente necessario per eliminare il tipo di pericolosit (es.: dell'intossicato da al cool), e non in base alla pena edittale prevista per il reato commesso, come sovente stabilisce il nostro codice (es.: artt. 219, 222), trattandosi di indice non sempre, sintomatico; b) che la misura sia revocabile in ogni mo mento in cui la pericolosit sia venuta a cessare come divenuto possibile in seguito alla dichiarata incosti tuzionalit del secondo e terzo comma dell'art. 207; c) che la proroga avvenga in base a giudizi successivi, accertanti il presupposto previsto dalla legge per l'irrogazione della misura.

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Il secondo principio quello della giurisdizionalit del processo di sicurezza, del procedimento cio attraverso il quale vengono applicate, modificate, sosti tuite o revocate le misure di sicurezza. Anche a seguito di alcune sentenze del la Corte cost. il processo di sicurezza, pur mantenendo alcune sue caratteristi che particolari, va assimilandosi sempre pi al processo giurisdizionale con le correlative garanzie54. Il terzo principio quello della funzione specialpreventiva delle misure di sicu rezza, conformemente alla loro genesi storica, alla loro ratio e alla tradizione, non essendo esse dirette a punire l'autore di una riprovevole violazione di' un comando, ma a prevenire la probabile recidiva. Il quarto principio quello della tutela della dignit dell'uomo, a proposito del quale vale sostanzialmente quanto gi detto in merito al trattamento e alla pena, specie per quanto riguarda i trattamenti pericolosi per la vita e l'integrit psico-fisica del soggetto (interventi di psicochirurgia, misura della evirazione anche coattiva). Per evitare utilizzazioni aberranti le misure di sicurezza vanno concepite ed applicate alla luce del principio personalistico, concependo l'uo mo non come entit naturalistica ma come valore. Le garanzie sopraelen cate valgono quale che sia la risposta che si intenda dare al problema della na tura, penale o amministrativa, delle misure di sicurezza. 227.Le misure di sicurezza personali detentive Nel nostro codice le misure di sicurezza si distinguono in misure personali (de tentive e non detentive) e misure patrimoniali. Le misure personali detentive sono: a) lassegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro, adottata per i delinquenti imputabili e pericolosi. La durata minima di un anno; per i delinquenti abituali di due anni, per i professionali di tre e per delin quenti per tendenza di quattro; b) il ricovero in una casa di cura e di custodia, prevista per i condannati ad una pena diminuita per ragione di infermit psichica, cronica intossicazio ne o sordomutismo; in questi casi la durata minima di tre anni o di un anno a seconda che per il delitto commesso sia prevista una pena di durata minima superiore a 10 anni o inferiore a 10 ma superiore a 5; c) il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario , prevista per gli imputati prosciolti per infermit psichica, cronica intossicazione o sordomutismo; d) il ricovero in un riformatorio giudiziario, prevista per i minori; 228.Le misure di sicurezza personali non detentive Le misure di sicurezza personali non detentive sono le seguenti:
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La giurisdizionalit dovrebbe compensare la perdita delle garanzie della legalit l dove questa non pu operare rigorosamente. Ma in verit non pu giustificare l'attribuzione al giudice di poteri discrezionali se non nei limiti strettamente necessari alla fnalit specialpreventiva. L'imparzialit dei giudici qualit non carismatica, ma fondata, oltre che su talune garanzie di carattere organzzativo, anche e soprattutto sulla loro soggezione alle leggi e, quindi, sulla legalit-tassativit e sulla discrezionalit vincolata. Senza di che anche le garanzie della contestazione, della difesa, della motivazione e della impugnazione perdono di valo re, presupponendo tutte dei parametri legislativi e logici cui fare riferimento.

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la libert vigilata, consiste in una limitazione della libert, diretta ad evita re le occasioni di nuovi reati55, e in interventi di sostegno e di assistenza, svolti dal servizio sociale56. La durata minima e solitamente di un anno57. b) il divieto di soggiorno, consiste nel divieto di soggiornare in uno o pi co muni o province, designati dal giudice. Si applica facoltativamente al col pevole di un delitto contro la personalit dello Stato o contro lordine pub blico, ovvero di un delitto commesso per motivi politici; c) il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche, sempre aggiunto alla pena quando si tratti di condannati per ubriachezza abituale; d) lespulsione dello straniero dallo Stato, ordinata quando lo straniero sia condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a 10 anni;
a)

229.Le misure di sicurezza patrimoniali Le misure di sicurezza patrimoniali sono le seguenti: a) la cauzione di buona condotta, consiste nel deposito, presso la Cassa delle Ammende, si una somma che non pu essere inferiore a L. 200.000, n su periore a L. 4.000.000, oppure nella prestazione di una garanzia mediante ipoteca o fideiussione solidale. Essa intende operare come remora a com mettere nuovi reati per il timore della perdita della somma o della escussio ne della garanzia; b) la confisca, consiste nella espropriazione delle cose attinenti al reato. Soli tamente facoltativa e pu essere applicata solo con la sentenza di condan na; 230.Lapplicazione e lesecuzione Come le pene, le misure di sicurezza si applicano a tutti coloro che abbiano commesso il fatto nel territorio dello Stato, e quindi anche agli stranieri. Per questi prevista anche la misura di sicurezza della espulsione dallo Stato, a pena espiata o estinta e nei casi indicati dalla legge. L'applicazione di misure di sicurezza allo straniero non impedisce l'espulsione di lui dal territorio dello Stato, a norma delle leggi di pubblica sicurezza. Le misure di sicurezza si applicano anche, secondo la legge italiana, per i fatti commessi all'estero, quando si procede o si rinnova il giudizio nello Stato. L'applicazione di esse sempre subordinata all'accertamento della pericolosit quando, secondo la leg
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Sono imposte al vigilato delle prescrizioni solitamente consistenti nellobbligo di darsi uno stabile lavoro, di non ritirarsi la sera dopo una certa ora e di non uscire al mattino prima di unaltra, di non accompagnarsi a pregiudicati ecc. 56 La libert vigilata pu essere: facoltativa: nei casi in cui la legge stabilisce una misura di sicurezza senza indicarne la specie, nel caso di reclusione superiore ad un anno, negli altri casi previsti dalla legge; obbligatoria: nel caso di reclusione non inferiore a 10 anni, se il condannato ammesso alla liberazione condizionale, se il contravventore abituale o professionale, non pi sottoposto a misura di sicurezza, commette un nuovo reato che sia nuova manifestazione di abitualit o professionalit. 57 Di tre anni se inflitta la reclusione per non meno di dieci anni.

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ge italiana, si dovrebbe sottoporre il condannato o il prosciolto dalla sentenza straniera, che si trova nel territorio dello Stato, a misure di sicurezza personali. Le misure di sicurezza sono ordinate, di regola, dal giudice nella stessa senten za di condanna o di proscioglimento. O anche con provvedimento successivo dal magistrato di sorveglianza: 1. nel caso di condanna, durante l'esecuzione della pena o il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena; 2. nel caso di proscioglimento, qualora si tratti delle ipotesi di pericolosit ri tenuta presunta prima della riforma del 1986 (ed ora da accertarsi in con creto), e non sia decorso un tempo corrispondente alla durata minima della relativa misura di sicurezza; 3. in ogni tempo, nei casi stabiliti dalla legge. Per la confisca, non disposta dalla sentenza di condanna o di proscioglimento, provvede il giudice dell'esecuzione, con le forme non del processo di sicurezza ma degli incidenti di esecuzione (art. 655 c.p.p.). Durante l'istruzione o il giu dizio ammessa l'applicazione provvisoria delle misure di sicurezza (riforma torio, ospedale psichiatrico giudiziario, casa di cura e custodia) per i minori, per gli infermi di mente, per gli ubriachi abituati e per le persone dedite all'uso di sostanze stupefacenti o in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool o da stupefacenti. Il giudice revoca l'ordine di ricovero, quando ritenga che tali persone non siano pi socialmente pericolose. Il tempo dell'esecuzione provvi soria computato nella durata minima di essa (art. 206)58. In caso di concorso di pi misure di sicurezza della stessa specie, ne disposta una sola (unifica zione). Nel caso siano di specie diverse, il giudice valuta il caso concreto e di spone lapplicazione di una o pi misure contemporaneamente. Circa il momento dellesecuzione, le misure di sicurezza sono eseguite: 1. immediatamente, se applicate con sentenza di proscioglimento; 2. dopo che la sentenza divenuta irrevocabile, se aggiunte a pena non deten tiva; 3. dopo che la pena stata scontata o estinta, se aggiunte a pena detentiva. Qualora per effetto di grazia o indulto non debba essere eseguita in tutto o in parte la pena dellergastolo, il condannato sottoposto a libert vigilata per un tempo non inferiore a tre anni. LE MISURE DI PREVENZIONE ARGOMENTO IN SINTESI. Le misure di prevenzione, alle quali viene generalmente attribuita natura amministrativa, sono dirette ad evitare la commissione di reati da parte di determinate categorie di soggetti consi derati socialmente pericolosi. La loro peculiarit che esse vengono applicate a prescindere dalla commissione di un fatto previsto dalla leg ge come reato: per questo motivo vengono anche definite misure ante delictum. Per questa caratteristica esse si distinguono dalle misure di
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Le misure provvisorie sono, sovente, le uniche misure utili ed applicabili, data la lentezza del processo e per il fatto che la pericolosit spesso sorge e perdura per brevi periodi di tempo.

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sicurezza le quali, invece, sono applicabili ai soggetti pericolosi che ab biano gi commesso un reato. Tuttavia, proprio a causa del fatto che le misure di prevenzione possono essere applicate a prescindere dalla com missione di un reato, sussistono notevoli dubbi e contrasti sulla loro le gittimit nellambito di uno Stato di diritto; si ritiene infatti da pi parti che tali misure, poich comminate solo sulla base di indizi o sospetti di pericolosit, come la compagnia di pregiudicati, la mancanza di lavoro stabile ed il tenore di vita superiore alle proprie possibilit economiche, siano connotate da elementi di arbitrariet e si risolvano, in ultima ana lisi, in pene del sospetto. Le misure di prevenzione furono introdotte con la l. n. 1453 del 1956 ma, in materia, gli interventi legislativi sono stati molteplici. La l. n. 575 del 1965 ha esteso le misure di prevenzione per sonali della sorveglianza speciale e dellobbligo e divieto di soggiorno agli indiziati di appartenere ad associazioni mafiose. La l. n. 152 del 1975 (c.d. legge Reale) ha esteso le predette misure ai soggetti ritenuti politicamente pericolosi. La L. n. 646 del 1982 (c.d. Rognoni-La Torre) ha introdotto, potenziando il sistema antimafia, le misure patrimoniali della confisca e del sequestro. Infine, la l. n. 327 del 1988 ha eliminato gli aspetti pi discutibili e intollerabili delle tradizionali misure di sicu rezza personali. Ai sensi dellart. 1 l. n. 1423 del 1956, cos come modifi cato dalla l. n. 327 del 1988, le misure di prevenzione si applicano a tre categorie di individui: 1. a coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sia no abitualmente dediti a traffici delittuosi; 2. a coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente anche in parte, con i proventi di attivit delittuose; 3. a coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che siano dediti alla commissione di reati che of fendono o mettono in pericolo lintegrit fisica o morale dei mino renni, la societ, la sicurezza o la tranquillit pubblica. Le misure di prevenzione personali sono: 1. lavviso orale: sostituisce la diffida, eliminata dal legislatore dell88, e consiste in un invito orale a cambiare vita. Ha, in pratica, la sola funzione di costituire il presupposto per lapplicazione della sorveglianza speciale nei confronti di coloro che non si siano attenu ti allingiunzione di modificare il loro stile di vita. Lavviso orale ha unefficacia temporanea di tre anni; 2. il rimpatrio con foglio di via obbligatorio : una misura che viene adottata nei confronti degli individui che siano socialmente pericolo si per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dai luoghi di residenza. Il questore pu rinviarveli con foglio di via obbligatorio inibendo

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loro di tornare senza preventiva autorizzazione ovvero per un perio do non superiore a tre anni; la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza: questa misura pre vista per le persone, ritenute pericolose per la sicurezza pubblica, che non abbiano cambiato condotta nonostante lavviso orale. Essa pu essere applicata solo mediante un procedimento giurisdizionale ed accompagnata da una serie di prescrizioni. Alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza pu essere aggiunto il divieto di sog giorno in una o pi province o in uno o pi comuni, ove le circostan ze lo richiedano, e lobbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale, nei casi in cui le altre misure di prevenzione non garantiscano adeguatamente la sicurezza pubblica; il sequestro: questa misura di prevenzione di carattere patrimoniale disposta dal tribunale qualora, sulla base di sufficienti indizi, si so spetti che i beni di cui dispone lindiziato siano frutto di attivit ille cite o ne costituiscano il reimpiego; la confisca: costituisce un provvedimento ablativo da parte dello Stato e riguarda quei beni dei quali il possessore non sia in grado di dimostrare la legittima provenienza. Tale misura suscita perplessit in ordine alla sua legittimit costituzionale in quanto finisce per in trodurre una inversione dellonere della prova e, di conseguenza, una violazione dei principi della difesa e della presunzione di non colpevolezza.

LE CONSEGUENZE CIVILI ARGOMENTO IN SINTESI. Oltre che alla pena e alla misura di sicu rezza, dal reato derivano anche conseguenze di ordine civile: tra queste, il c.p. prevede: 1. obbligazioni verso lo Stato; 2. obbligazioni verso le vittime del reato. Rientra nel primo gruppo lobbligo del condannato a rimborsare allE rario le spese per il suo mantenimento in carcere, obbligo del quale ri sponde con tutti i suoi beni, in base alle leggi civili (art. 188 c.p.). Del secondo gruppo fanno parte: 1. lobbligo delle restituzioni ex art. 185 c.p., consistente nel ripristino della situazione di fatto preesistente rispetto alla commissione del reato: chiaro che tale ripristino deve essere possibile sia sotto la spetto giuridico che sotto laspetto naturalistico; 2. lobbligo del risarcimento del danno, che grava sul colpevole e sulle persone che, in base alle leggi civili, devono rispondere per il fatto di lui (art. 185 c.p.). Il danno patrimoniale costituito dai tradizionali elementi del danno emergente e del lucro cessante; il danno non patrimoniale il turbamen to morale derivato dalla commissione del reato (offesa, angoscia ecc.).

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In base allart. 1223 c.c., il danno (patrimoniale e non) per essere risar cibile deve porsi in rapporto di immediatezza col reato; inoltre nelle po sizione di debitore si trova non solo il colpevole, ma anche il responsabi le civile, nel caso che ci sia; daltro canto nella posizione di creditore si trova il danneggiato, che pu essere persona diversa dal soggetto passi vo del reato. Gli artt. 186 e 187 c.p. contemplano inoltre la possibilit che il colpevole sia tenuto alla pubblicazione a sue spese della sentenza di condanna, qualora la pubblicazione costituisca mezzo ritenuto ade guato a riparare il danno non patrimoniale determinato dal reato (tale pubblicazione va distinta da quella prevista dallart. 19 c.p., che costi tuisce una pena accessoria). Nel caso che il condannato alla pena pecu niaria sia insolvibile, lart. 196 c.p. prevede lobbligazione sussidiaria al pagamento, a carico della persona rivestita dellautorit o incaricato della direzione o della vigilanza sul soggetto condannato. Infine, si ri cordi che in base allart. 198 c.p., lestinzione del reato o della pena non estingue le obbligazioni civili derivanti dal reato, ad eccezione delle ob bligazioni civili per le ammende ex artt. 196 e 197 c.p.. 231.Le obbligazioni verso la vittima del reato Le obbligazioni civili a favore della vittima sono le restituzioni ed il risarci mento del danno. Per quanto riguarda la restituzione, lart. 185/1 stabilisce che Ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili. Quanto al ri sarcimento del danno, lart. 185/2 stabilisce che Ogni reato, che abbia cagio nato un danno patrimoniale, o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il col pevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui59. Nel nostro paese leffettivit del risarcimento dei danni da reato rinforzata dagli istituti complementari: 1. dellassicurazione obbligatoria della responsabilit civile per danni deri vanti dalla circolazione stradale; 2. della Cassa per il soccorso e lassistenza alle vittime del delitto. 232.I rapporti tra reato e danno risarcibile Il danno risarcibile, detto anche danno civile, si differenzia dal c.d. danno cri minale, cio dalla offesa necessaria per lesistenza del reato. Nelle lesioni per sonali, ad es., mentre loffesa tipica la lesione della integrit fisica, il danno risarcibile rappresentato dalle perdite patrimoniali, dal pregiudizio alla salute e dalle sofferenze, patite dalla vittima. Da quanto sopra precisato deriva altres che la figura del danneggiato civilmen te non coincide necessariamente con quella del soggetto passivo del reato.
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Quale altra forma di riparazione del danno morale il codice prevede, altres, la pubblicazione della senten za di condanna.

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233.Le obbligazioni verso lo Stato Verso lo Stato il condannato obbligato al rimborso delle spese per il manteni mento negli istituti di pena, durante lesecuzione della pena e durante la custo dia preventiva. Lobbligazione non si estende alla persona civilmente responsa bile e non si trasmette agli eredi del condannato. Accanto a questa obbligazione prevista anche quella del rimborso allo Stato delle spese processuali penali, stabilita dallart. 535 e disciplinata dagli artt. 691-695 c.p.p. I condannati per lo stesso reato o per reati connessi sono obbli gati in solido. Lart. 56 del nuovo Ordinamento penitenziario prevede la possibilit di remis sione del debito per le spese del procedimento e del mantenimento nei con fronti dei condannati e degli internati che versino in disagiate condizioni eco nomiche e si siano distinti per regolare condotta. 234.Le garanzie per le obbligazioni civili Il codice ha previsto particolari garanzie per le obbligazioni civili da reato: lipoteca legale dello Stato sui beni immobili dellimputato garantisce il pagamento: a) delle pene pecuniarie; b) delle spese del procedimento; c) delle spese di mantenimento; d) delle spese sostenute dal pubblico istituto sanitario; e) delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno; f) delle spese anticipate dal difensore e delle somme a lui dovute a titolo di onorario; il sequestro conservativo penali dei beni mobili dellimputato pu essere ordinato se vi ragione di temere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni per le quali ammessa lipoteca legale; lazione revocatoria costituisce una ulteriore garanzia stabilendo lineffica cia rispetto ai creditori indicati nellart. 189: a) degli atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole dopo il reato; b) degli atti a titolo oneroso compiuti dopo il reato, che eccedano la sem plice amministrazione ovvero la gestione dellordinario commercio, i quali pure si presumono fatti in frode rispetto ai creditori, sempre che sia fornita la prova della malafede dellaltro contraente; c) degli atti a titolo gratuito compiuti nellanno anteriore al reato, qualora si provi che furono compiuti dal colpevole in frode; d) degli atti a titolo oneroso compiuti nellanno anteriore al reato, che ec cedono la semplice amministrazione ovvero la gestione dellordinario commercio, sempre che vi sia la prova della malafede dellaltro con traente;

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il prelievo sulla remunerazione per il lavoro prestato dai condannati viene effettuato sui due quinti della medesima e salvo che ladempimento delle obbligazioni sia altrimenti eseguito.

235.Le obbligazioni civili per le pene pecuniarie Il codice vigente ha disposto particolari ipotesi di obbligazioni civili per le multe e le ammende: lobbligazione civile per le pene pecuniarie inflitte a persona dipendente: prevista dallart. 196 nei confronti della persona rivestita della autorit o incaricata della direzione o vigilanza su altro soggetto; lobbligazione civile delle persone giuridiche per il pagamento delle pene pecuniarie: prevista dallart. 197 per gli enti forniti di personalit giuridi ca (eccettuati lo Stato, le Province, i Comuni); lobbligazione civile per il pagamento delle multe inflitte per i delitti di contrabbando: prevede lobbligazione civile di determinate persone ed enti per il pagamento delle multe inflitte per delitti di contrabbando, se il con dannato insolvibile. I PROBLEMI INTERNAZIONALI DEL DIRITTO PENALE IL DIRITTO PENALE INTERNAZIONALE 236.La nozione Il diritto penale internazionale sta ad indicare il complesso di norme di diritto interno con cui ogni Stato risolve i problemi che ad esso si pongono per il fatto di coesistere con altri Stati sovrani nella superiore comunit internazionale. Esso abbraccia fondamentalmente le norme che regolano il campo di applica zione della legge penale nazionale nello spazio e le norme che regolano latti vit di collaborazione dello Stato con gli altri Stati in materia penale. I LIMITI DI APPLICAZIONE DELLA LEGGE PENALE NAZIONALE 237.I principi di universalit, di territorialit, di personalit, di difesa Quattro sono i criteri astrattamente ipotizzabili per determinare il campo di applicazione della legge penale nazionale, e precisamente: 1. il principio di universalit, secondo il quale la legge penale nazionale do vrebbe applicarsi a tutti gli uomini e che riconosce al giudice del luogo darresto il potere di giudicare tutti i reati, ovunque commessi; 2. il principio di territorialit, per il quale la legge nazionale obbliga tutti co loro che si trovano nel territorio dello Stato; 3. il principio della personalit attiva del reo, per il quale ad ogni autore di reato dovrebbe applicarsi la legge dello Stato a cui appartiene;

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4. il principio della difesa che comporta lapplicazione della legge dello Sta to, cui appartengono gli interessi offesi oppure il soggetto passivo del reato. La maggior parte degli Stati adotta solitamente un principio base (normalmente quello territoriale) temperato dalla adozione parziale di altri principi. 238.Il principio di territorialit quale principio base del nostro codice Il codice penale italiano accoglie, dichiaratamente (art. 6/1: chiunque com mette un reato nel territorio dello Stato punito secondo la legge italiana), il principio della territorialit temperato dal principio della universalit. 239.Le deroghe: i reati commessi allestero punibili incondizionatamente Lart. 7 prevede alcune ipotesi di reati punibili incondizionatamente la maggior parte delle quali ispirate al principio di difesa dello Stato. 240.I delitti politici commessi allestero Il c.p. prevede due tipi di delitto politico. Esso pu essere inteso in senso og gettivo ed tale in base alla stessa natura del bene o interesse leso. Si tratta di un delitto che offende un interesse politico dello Stato, che attiene alla vita del lo Stato nella sua essenza unitaria (integrit del popolo e del territorio, indipen denza, pace esterna, forma di governo). Rientrano in questa nozione i delitti contro la personalit dello Stato e quelli previsti dalla legislazione speciale, che aggrediscono lo Stato in una delle predette componenti. Delitto oggettiva mente politico anche, secondo il codice, quello che offende un diritto politico del cittadino: cio il diritto che il cittadi no ha di partecipare alla vita dello Stato e di contribuire alla formazione della sua volont (es. diritto di elettorato attivo e passivo). In senso soggettivo, il de litto politico inteso come delitto comune determinato da motivi politici, che vanno opportunamente differenziati dai meri motivi sociali: per motivo politi co si intende ogni motivo del reato che determina la condotta in funzione di una concezione ideologica attinente alla struttura dei poteri dello Stato e ai rap porti tra Stato e cittadino; mentre di considera motivo sociale quello che deter mina la condotta dellagente in funzione di una visione dei rapporti umani, che non si riflette necessariamente sulla struttura dello Stato. 241.I delitti comuni commessi allestero La legge italiana si applica anche ai reati comuni commessi allestero, sia da cittadini che da stranieri. Condizione comune che lautore sia presente nel territorio italiano, almeno nel momento in cui viene esercitata lazione penale. In particolare: a) delitti comuni commessi dal cittadino allestero: per lart. 9 punito secon do la legge italiana il cittadino che commette in territorio estero un delitto, a danno dello Stato o di un cittadino italiano, per il quale la legge preveda lergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni oppure un delitto a danno di uno Stato estero o di uno straniero per il quale siano

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previste le pene suddette e sempre che, ci sia la richiesta del Ministro e non sia stata concessa lestradizione; b) delitti comuni commessi dallo straniero allestero. Per lart. 10 punito se condo la legge italiana lo straniero che commette in territorio estero un de litto a danno dello Stato o di un cittadino italiano per il quale sia prevista la pena dellergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo ad un anno, sempre che vi sia richiesta del Ministro ovvero istanza o querela della per sona offesa oppure un delitto a danno di uno Stato o un cittadino estero, per il quale sia prevista la pena dellergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni sempre che ci sia la richiesta del Ministro e non sia stata concessa lestradizione. 242.Il rinnovamento del giudizio Lart. 11 dispone che il cittadino o lo straniero, che sia stato giudicato alleste ro, deve essere nuovamente giudicato in Italia. Le sentenze straniere non hanno alcuna efficacia preclusiva di un nuovo giudizio in Italia e, a fortiori, non han no alcuna efficacia esecutiva. Tuttavia, al fine di adeguare il diritto penale ita liano alla personalit etico-criminologica del delinquente, lart. 12 ammette il riconoscimento della sentenza straniera per fini secondari e precisamente: 1. per stabilire la recidiva o un altro effetto penale della condanna; 2. quando la condanna comporterebbe per la legge italiana una pena accesso ria; 3. quando secondo la legge italiana si dovrebbe sottoporre la persona interes sata a misure di sicurezza personali; 4. quando la sentenza straniera comporta effetti civili. Il riconoscimento presuppone le seguenti condizioni: 1. che si tratti di un delitto; 2. che esista con lo Stato interessato un trattato di estradizione; 3. che se tale trattato non esiste vi sia richiesta del ministro della Giustizia. LA COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE CONTRO IL CRIMINE 243.Lestradizione E la consegna di un individuo da parte di uno Stato ad altro Stato, al fine della sottoposizione di esso alla giurisdizione penale dello Stato richiedente. E pre vista esclusivamente da norme convenzionali, quali la Convenzione europea di Parigi del 13 dicembre 1957 e disciplinata nellambito dei singoli ordinamenti interni. Lo Stato italiano la distingue in attiva (quando esso il richiedente) e passiva (quando il richiedente uno Stato estero), ponendo la condizione per questultima che il fatto che forma oggetto della domanda sia previsto come reato sia dalla legge straniera che da quella italiana. Per quanto concerne la di sciplina codicistica dellestradizione verso lestero (passiva) si pu affermare

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che essa contempla le ipotesi della condanna irrevocabile o del provvedimento cautelare comportanti limitazioni o privazioni della libert personale: in base a ci appare evidente la non applicabilit delle garanzie per procedimenti o prov vedimenti non incidenti sulla libert personale, adottati da autorit estere nei riguardi di persone, cittadini o stranieri che siano, presenti in Italia. In dottrina si registra comunemente laffermazione secondo cui la procedura di estradizio ne passiva avrebbe carattere misto: amministrativo e giurisdizionale. La fase di carattere pi strettamente amministrativo di competenza del Ministro di gra zia e giustizia: a questo soggetto, infatti, che spetta liniziale potere di impul so, costituito dalla presentazione della domanda estera di estradizione al procu ratore generale presso la Corte di appello, individuato in base alla residenza, dimora o domicilio del condannato da sottoporre a estradizione. Il procuratore generale, compiuti i necessari accertamenti preliminari sulla base del fascicolo pervenuto dallestero, presenta la sua requisitoria alla corte (art. 703 c.p.p.). Da questo momento in avanti ha inizio la fase giurisdizionale nella quale saranno pienamente tutelati i diritti della difesa (art. 701 c.p.p.). Infatti, compito della corte in primo luogo verificare se allattivit di estradizione sono di ostacolo principi fondamentali in materia di reati politici o lesioni di diritti fondamenta li della persona. A questo scopo si proceder ad unapposita udienza, in camera di consiglio, con la presenza necessaria di un difensore (eventualmente duffi cio) e del p.m., dello stesso estradando e del rappresentante dello Stato richie dente (la presenza di questi ultimi due soggetti non per obbligatoria). La corte emetter sentenza favorevole o contraria allestradizione e contro di essa potr presentarsi ricorso per Cassazione (art. 706 c.p.p.). C da rilevare come la decisione favorevole possa comportare anche limmediata riduzione in vin culis dellestradando. Per quanto concerne il procedimento di estradizione pas siva necessario sottolineare che la sentenza favorevole del giudice ha valore di condizione necessaria ma non sufficiente per lestradizione, costituendo in pratica una semplice autorizzazione per il Ministro: infatti spetter poi a costui adottare la decisione finale entro un limite temporale prefissato, ed eventual mente curare la consegna dellinteressato allo Stato estero. C da notare infine che la estradizione concessa risulta vincolata al c.d. principio di specialit: essa infatti vale solo per il fatto per cui stata concessa ed ostativa a restrizioni di libert (cautelari o definitive) per altra causa. Passando ora ad analizzare la c.d. estradizione attiva o dallestero, si pu riba dire che essa mira a conseguire la disponibilit fisica dellestradato su richiesta del nostro Stato, tramite un procedimento di tipo amministrativo: in Italia non infatti previsto un procedimento preventivo di garanzia giurisdizionale a fa vore dellestradando, dal momento che questi potr eventualmente valersi di un simile beneficio tramite le apposite garanzie estere. Trattandosi di scelte che possono basarsi su valutazioni politiche attinenti a rapporti internazionali spetter al Ministro per la giustizia formulare la richiesta di estradizione o dif ferirne la presentazione, anche se richiesto dallautorit giudiziaria, e accettare o meno le condizioni eventualmente apposte dallo Stato estero. Anche per le

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stradizione in Italia dallestero vige il limite dellesperibilit in correlazione al lespiazione di pena detentiva in forza di sentenza irrevocabile o allesecuzione di una misura di custodia cautelare detentiva. Infine c da rilevare che anche per lestradizione attiva vige il c.d. principio di specialit con il conseguente divieto di riduzione in vinculis per ipotesi di reato differenti da quelle previste nella estradizione conseguita. 244.I limiti dellestradizione Lestradizione sottost a particolari limiti, attinenti al soggetto, al reato, alla pena e al trattamento. In particolare: a) lestradizione del cittadino pu essere consentita soltanto ove sia espressa mente prevista dalle convenzioni internazionali; b) non pu essere concessa lestradizione per i delitti politici; c) molte convenzioni escludono la estradizione per i reati militari e fiscali; d) non pu essere concessa lestradizione per un paese in cui vige la pena di morte se lo stesso paese non d sufficienti assicurazioni sul fatto che la pena capitale non sar applicata; e) pu non concedersi lestradizione se esiste il fondato timore che il soggetto possa essere sottoposto a trattamenti disumani. IL DIRITTO INTERNAZIONALE PENALE 245.La nozione e levoluzione Si parla di diritto internazionale penale per designare quel complesso di norme del diritto internazionale generale, che sanciscono la responsabilit penale de gli individui per quei fatti che turbano lordine pubblico internazionale e costi tuiscono crimini contro il diritto delle genti. Tali crimini internazionali sono: a) i crimini contro la pace; b) i crimini di guerra (sia per quanto riguarda le regole da seguirsi in combat timento, sia per la protezione delle popolazioni civili); c) i crimini contro lumanit. IL DIRITTO PENALE AMMINISTRATIVO 246.La nozione Il sistema del diritto punitivo si sta sempre pi articolando sul doppio binario dei due sottosistemi del diritto penale in senso stretto e del diritto penale am ministrativo. Fonte di questa nuova branca del diritto costituita dalla L. 689/81 che prevede appunto gli illeciti perseguiti con la sanzione amministra tiva del pagamento di una somma di denaro, siano essi o meno illeciti ammi nistrativi da decriminalizzazione.

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247.Il principio di legalit Anche in materia di diritto penale amministrativo tale principio si articola nei sottostanti principi: 1. della riserva di legge, non solo statale ma anche regionale e delle province di Trento e Bolzano; 2. della irretroattivit; 3. della tassativit-determinatezza. 248.Il fatto illecito Rispetto allillecito amministrativo si avvertita la duplice esigenza di indivi duare i criteri distintivi tra illecito penale e illecito amministrativo e di deter minare la struttura dellillecito amministrativo. Quanto allelemento oggettivo, ci si pu tendenzialmente richiamare alla teoria generale dellillecito penale per ci che riguarda sia gli elementi positivi, sia gli elementi negativi. Quanto allelemento soggettivo, la legge del 1981, elimi nando il dubbio che lillecito penale amministrativo fosse imputabile obiettiva mente secondo un principio tradizionalmente affermato per lillecito ammini strativo in genere, ha anche per esso espressamente previsto come essenziale lelemento psicologico. Circa le forme di manifestazione dellillecito amministrativo, si pu rilevare: 1. che la legge del 1981 non ha provveduto n ad una tipizzazione di circo stanze comuni, n ad una disciplina delle circostanze, per cui circostanze del tipo di quelle degli artt. 61 e 62 potranno rilevare solo ai fini della com misurazione in concreto della pena pecuniaria amministrativa; 2. che tale legge non prevede la punibilit del tentativo; 3. che, per quanto riguarda il problema della univocit o pluralit di illeciti amministrativi, occorre anche qui distinguere tra il problema della violazio ne una sola volta o pi volte della stessa norma e il problema della viola zione di una sola norma o pi norme diverse che vanno risolte alla stregua della disciplina penalistica; 4. che tale legge ha previsto la punibilit del concorso di persone nellillecito amministrativo, adottando anche qui opportunamente il principio della pari responsabilit. 249.Lautore Il diritto penale amministrativo si incentra non sul sistema del doppio binario, ma sul solo principio della responsabilit personale. Rinviando a quanto gi esposto per la imputabilit penale, va qui precisato: 1. che la minore et prevista come causa di esclusione della imputabilit elevata a 18 anni; 2. che la assoggettabilit alla pena amministrativa non esclusa dalla incapa cit preordinata o dovuta a colpa;

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3.

che per lillecito amministrativo commesso dal non imputabile risponde chi era tenuto alla sorveglianza del medesimo, salvo che provi di non avere potuto impedire il fatto.

250.La sanzione Nel disciplinare laspetto sanzionatorio dellillecito amministrativo, la legge del 1981 ha previsto due tipi di sanzioni: 1. la pena amministrativa pecuniaria quale sanzione principale, consistente nel pagamento di una somma di denaro che deve essere contenuta entro li miti edittali minimi e massimi, non potendo essere inferiore a L. 4.000 n superiore a L. 20.000.000. 2. le sanzioni amministrative accessorie, costituite: a) dalle originarie sanzioni penali accessorie; b) dalla confisca amministrativa; c) dalle sanzioni amministrative accessorie previste per specifici illeciti, consistenti nella confisca del veicolo o natante e nella sospensione del la licenza. Quanto ai criteri per la commisurazione della pena amministrativa pecuniaria e per lapplicazione delle pene accessorie facoltative, la legge del 1981 ha dispo sto che bisogna avere riguardo: a) alla gravit dellillecito; b) allopera svolta dallagente per la eliminazione o attenuazione delle conse guenze dellillecito; c) alla personalit dello stesso; d) alle sue condizioni economiche. La morte del trasgressore comporta lestinzione della sanzione amministrativa con la relativa intrasmissibilit agli eredi di pagare la pena pecuniaria. Circa la prescrizione del diritto a riscuotere la somma dovuta per le violazioni commes se, il termine di 5 anni dal giorno della commissione delle medesime. 251.I rapporti tra illecito penale e illecito amministrativo Il problema dei rapporti tra illecito penale e illecito amministrativo va corretta mente impostato e risolto distinguendo tra: 1. il concorso di norme sullillecito penale e sullillecito amministrativo di natura eterogenea dove entrambe le norme devono trovare applicazione perch nessuna delle due esaurisce integralmente lintero disvalore del fat to e le diverse finalit da esse perseguite; 2. il concorso di norme sullillecito penale e sullillecito amministrativo di natura omogenea, stante la primaria finalit punitiva delle rispettive sanzio ni, il quale sottost al generale principio del ne bis in idem sostanziale. La legge del 1981 ha quindi espressamente sancito:

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la prevalenza, come regola, della norma speciale, sia essa penale o ammini strativa; b) la prevalenza, come eccezione, della norma penale, anche se generale, sulle concorrenti norme amministrative regionali o delle province autonome: ci per evitare che il legislatore regionale incida direttamente sulla legislazione penale, con violazione della riserva di legge statuale in campo penale; c) la prevalenza altres delle norme penali generali degli artt. 5, 6, 9, 13 L. 283/62 sulla disciplina igienica degli alimenti anche quando i fatti stessi siano puniti da disposizioni amministrative sostituenti disposizioni penali speciali.
a)

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APPENDICE CARATTERI SPECIFICI DELLE CONTRAVVENZIONI Il carattere contravvenzionale di un reato rileva sotto diversi profili: come detto, le contravvenzioni sono punite con le pene dellarresto o del lammenda (congiunte o disgiunte); la procedibilit dufficio; la competenza del Pretore (salve alcune ipotesi previste da leggi speciali); non consentito larresto in flagranza, n il fermo, n lapplicazione di mi sure cautelari personali; ai fini della sussistenza dellelemento soggettivo, sono di norma sufficienti, indifferentemente sia il dolo che la colpa; il tentativo non configurabile; per il concorso di persone nelle contravvenzioni, mentre da un lato si ritie ne pacifica lammissibilit del concorso nelle contravvenzioni dolose, da un altro nascono problemi per le contravvenzioni colpose; sono applicabili loblazione e la sospensione condizionale della pena; possibile la dichiarazione di abitualit nelle contravvenzioni; non si applicano alcune circostanze riferite espressamente dal legislatore ai soli delitti; i termini di prescrizione sono fissati dallart. 157 cp in tre o due anni, salvo laumento previsto dallart. 160, a seconda che la pena sia larresto o lam menda; la pena dellarresto pu essere scontata interamente in regime di semiliber t; per tutte le contravvenzioni punibili con larresto sono, in generale, appli cabili le sanzioni sostitutive previste dalla L. 689/81; il riconoscimento della sentenza straniera possibile solo per i delitti e non per le contravvenzioni.

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INDICE GENERALE
INTRODUZIONE....................................................................................................................... 1 IL DIRITTO PENALE......................................................................................................... 1
1. I tre aspetti del diritto penale moderno.......................................................................................... 1 2. Il fatto criminoso........................................................................................................................... 1 3. La personalit dellautore..............................................................................................................2 4. Le conseguenze penali...................................................................................................................3

I DIVERSI TIPI DI DIRITTO PENALE.............................................................................. 3


5. Il diritto penale delloppressione................................................................................................... 3 6. Il diritto penale del privilegio........................................................................................................ 3 7. Il diritto penale della libert. Il principio di frammentariet.......................................................... 4 8. La costituzione e il nuovo diritto penale........................................................................................4 9. Gli aspetti autoritari del codice penale.......................................................................................... 5 10. Gli aspetti anacronistici del codice penale...................................................................................5 11. Le riforme effettuate e preannunciate.......................................................................................... 5

IL PRINCIPIO DI LEGALITA................................................................................................6 IL PROBLEMA DELLA LEGALITA................................................................................. 7


12. La legalit formale...................................................................................................................... 7 13. La legalit sostanziale................................................................................................................. 7 14. I vantaggi e gli inconvenienti.......................................................................................................8 15. La concezione formale del reato.................................................................................................. 8 16. La concezione sostanziale del reato.............................................................................................9 17. La concezione sostanziale-formale adottata dalla Costituzione...................................................9

IL PROBLEMA DELLA SCIENZA PENALE..................................................................... 9


18. Cenni storici................................................................................................................................ 9 19. Gli indirizzi formalistici e sostanzialistici................................................................................... 9 20. La situazione attuale della scienza penale................................................................................. 10

IL PRINCIPIO DELLA RISERVA DI LEGGE.................................................................. 10


21. Il problema delle fonti, formali e sostanziali............................................................................. 11 22. La funzione della riserva di legge..............................................................................................11 23. La consuetudine........................................................................................................................ 11 24. La riserva relativa e assoluta..................................................................................................... 12 25. Le fonti del diritto penale italiano............................................................................................. 13 26. I principali testi legislativi.........................................................................................................14

IL PRINCIPIO DI TASSATIVITA...................................................................................

15

27. La funzione della tassativit......................................................................................................15 28. La determinatezza della fattispecie............................................................................................15 29. Lanalogia................................................................................................................................. 16 30. Lanalogia a sfavore del reo...................................................................................................... 16 31. Lanalogia a favore del reo........................................................................................................16

IL PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITA.......................................................................... 17
32. Il problema della validit nel tempo della legge penale............................................................. 17 33. Lirretroattivit ex art. 25 Cost................................................................................................. 17 34. La disciplina dellart. 2 c.p........................................................................................................18 35. Le leggi temporanee, eccezionali e finanziarie.......................................................................... 18 36. I decreti-legge non convertiti e le leggi dichiarate incostituzionali............................................ 19 37. Il tempo del commesso reato..................................................................................................... 20

IL REATO................................................................................................................................. 21 LANALISI DEL REATO.................................................................................................. 23


38. Sistemi penali oggettivi, soggettivi, misti..................................................................................23 39. La concezione analitica e la concezione unitaria del reato.........................................................23 40. La tripartizione e la bipartizione del reato.................................................................................24 41. Lantigiuridicit formale e lantigiuridicit sostanziale.............................................................24

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42. Il soggetto attivo del reato......................................................................................................... 25 43. Il problema delle persone giuridiche..........................................................................................26 44. I responsabili negli enti e imprese............................................................................................. 26

IL PRINCIPIO DI MATERIALITA.................................................................................. 26 LA CONDOTTA..................................................................................................................26


45. Il principio di materialit e il principio di soggettivit.............................................................. 27 46. La condotta in generale............................................................................................................. 28 47. Lazione.................................................................................................................................... 28 48. Lomissione...............................................................................................................................29 49. I presupposti e loggetto materiale della condotta..................................................................... 29

LEVENTO..........................................................................................................................29
50. La concezione naturalistica....................................................................................................... 30 51. La concezione giuridica.............................................................................................................31

IL RAPPORTO DI CAUSALITA....................................................................................... 31
52. Il problema della causalit.........................................................................................................34 53. Le teorie della causalit naturale, adeguata, umana...................................................................35 54. La causalit scientifica.............................................................................................................. 36 55. La causalit nel codice...............................................................................................................36 56. Il caso fortuito e la forza maggiore............................................................................................37 57. La causalit dellomissione....................................................................................................... 37 58. Lobbligo di impedire levento..................................................................................................37 59. Gli obblighi di protezione e di controllo....................................................................................38

IL PRINCIPIO DI OFFENSIVITA.................................................................................... 38 LOGGETTO GIURIDICO E LOFFESA..........................................................................38


60. Il reato come offesa o come disubbidienza................................................................................38 61. Il reato come fatto offensivo tipico secondo la Costituzione................................................. 39 62. La necessaria offensivit del reato secondo lart. 49/2 c.p........................................................ 39 63. Loggetto giuridico del reato..................................................................................................... 40 64. La funzione politico-garantista delloggetto giuridico...............................................................40 65. I valori costituzionali come oggettivit giuridica primaria........................................................ 40 66. La funzione dogmatico-interpretativa delloggetto giuridico.................................................... 41 67. Loffesa del bene giuridico........................................................................................................42 68. La funzione politico-garantista delloffesa................................................................................43 69. I reati senza bene giuridico........................................................................................................44 70. I reati senza offesa.....................................................................................................................45 71. Il momento consumativo del reato.............................................................................................46

IL SOGGETTO PASSIVO DEL REATO............................................................................ 46


72. La nozione.................................................................................................................................46 73. La rilevanza del soggetto passivo nella politica criminale.........................................................47 74. La rilevanza criminologica del soggetto passivo. La vittimologia.............................................47 75. La rilevanza giuridico-penale del soggetto passivo................................................................... 48

LE SCRIMINANTI.............................................................................................................. 49
76. La definizione e il fondamento.................................................................................................. 49 77. Ladempimento del dovere........................................................................................................ 49 78. Lesercizio del diritto................................................................................................................ 50 79. Il consenso dellavente diritto....................................................................................................50 80. La legittima difesa.....................................................................................................................51 81. Lo stato di necessit.................................................................................................................. 52 82. Luso legittimo delle armi......................................................................................................... 53 83. Il problema delle scriminanti tacite........................................................................................... 54 84. La disciplina delle scriminanti...................................................................................................54

IL PRINCIPIO DI SOGGETTIVITA................................................................................ 55 LA COLPEVOLEZZA......................................................................................................... 55


85. Levoluzione della responsabilit penale...................................................................................55 86. La colpevolezza in senso psicologico e in senso normativo...................................................... 55

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87. La colpevolezza in senso personale...........................................................................................56 88. Il principio costituzionale della responsabilit personale.......................................................... 56 89. Colpevolezza e imputabilit...................................................................................................... 56 90. Colpevolezza e conoscenza del disvalore del fatto.................................................................... 57 91. Linesigibilit............................................................................................................................ 58

LA SUITAS DELLA CONDOTTA..................................................................................58


92. La coscienza e volont della condotta....................................................................................... 58 93. Limpedibilit della condotta.................................................................................................... 58 94. La esclusione della suitas della condotta............................................................................... 59

IL DOLO.............................................................................................................................59
95. La nozione.................................................................................................................................59 96. La struttura del dolo.................................................................................................................. 59 97. Loggetto del dolo..................................................................................................................... 60 98. Laccertamento del dolo............................................................................................................ 61 99. Le forme del dolo...................................................................................................................... 61 100. Lintensit del dolo................................................................................................................. 61

LA COLPA.......................................................................................................................... 62
101. La nozione...............................................................................................................................62 102. La mancanza di volont del fatto............................................................................................ 63 103. Linosservanza delle regole di condotta.................................................................................. 63 104. Lattribuibilit dellinosservanza allagente............................................................................64 105. Le forme e il grado della colpa................................................................................................ 66

LA PRETERINTENZIONE................................................................................................. 66
106. La definizione e la struttura.....................................................................................................66

LELEMENTO SOGGETTIVO NELLE CONTRAVVENZIONI.........................................66


107. La particolare disciplina dellart. 42/4 c.p...............................................................................66

LE CAUSE DI ESCLUSIONE DELLA COLPEVOLEZZA................................................ 67


108. Lerrore in generale................................................................................................................. 67 109. Il problema dellerrore.............................................................................................................67 110. Lerrore sul precetto dovuto ad errore su legge penale o extrapenale......................................68 111. Lerrore sul fatto dovuto ad errore di fatto..............................................................................68 112. Lerrore sul fatto dovuto ad errore su legge extrapenale......................................................... 69 113. Il reato putativo....................................................................................................................... 70 114. Laberratio.............................................................................................................................. 71

LA RESPONSABILIT OGGETTIVA.................................................................................71
115. La nozione...............................................................................................................................71 116. I reati qualificati dallevento................................................................................................... 71 117. I reati di stampa.......................................................................................................................73

LE FORME DI MANIFESTAZIONE DEL REATO........................................................... 74 IL REATO CIRCOSTANZIATO..........................................................................................74


118. Le circostanze......................................................................................................................... 74 119. Lindividuazione delle circostanze.......................................................................................... 74 120. La classificazione delle circostanze.........................................................................................75 121. Le aggravanti comuni..............................................................................................................76 122. Le attenuanti comuni...............................................................................................................77 123. Le c.d. attenuanti generiche..................................................................................................... 77 124. Limputazione delle circostanze..............................................................................................77 125. Il concorso di circostanze........................................................................................................ 78

IL DELITTO TENTATO..................................................................................................... 78
126. Liter criminis......................................................................................................................... 78 127. Il problema della punibilit del tentativo.................................................................................79 128. Il problema dellinizio del tentativo punibile...........................................................................79 129. La soluzione del nostro codice................................................................................................ 80 130. Lelemento soggettivo.............................................................................................................80 131. Lelemento oggettivo.............................................................................................................. 81 132. La necessaria pericolosit del tentativo................................................................................... 81 133. La idoneit degli atti................................................................................................................82

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134. La univocit degli atti..............................................................................................................83 135. Il tentativo nei singoli delitti....................................................................................................83 136. Il delitto tentato circostanziato e circostanziato tentato...........................................................84 137. Le desistenza e il recesso volontari......................................................................................... 85 138. Il reato impossibile..................................................................................................................86

LUNIT E LA PLURALIT DI REATI..............................................................................86


139. Il concorso di reati...................................................................................................................86 140. Il concorso materiale e il concorso formale............................................................................. 87 141. Il problema della unit e pluralit di reati................................................................................87 142. Il concorso apparente di norme............................................................................................... 88 143. Le teorie monistiche e pluralistiche......................................................................................... 89 144. Il principio del ne bis in idem.................................................................................................. 90 145. La norma prevalente................................................................................................................92 146. I reati a struttura complessa.................................................................................................... 92 147. Il reato complesso................................................................................................................... 92 148. Lantefatto e il postfatto non punibili e la progressione criminosa......................................... 93 149. Il reato continuato................................................................................................................... 94 150. Il reato abituale........................................................................................................................95

IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO..................................................................... 96


151. Il fondamento della punibilit del concorso.............................................................................96 152. Il problema della responsabilit dei concorrenti...................................................................... 97 153. Lelemento oggettivo: la pluralit di agenti.............................................................................98 154. La realizzazione di un reato.....................................................................................................98 155. Il contributo dei concorrenti.................................................................................................... 99 156. Lelemento soggettivo: il concorso doloso............................................................................ 100 157. Il concorso colposo................................................................................................................101 158. La responsabilit del concorrente per il reato diverso........................................................... 102 159. Il concorso nel reato proprio e il mutamento del titolo di reato............................................. 103 160. Le circostanze del concorso...................................................................................................103 161. La comunicabilit delle circostanze e delle cause di esclusione della pena............................104 162. Il reato (necessariamente) plurisoggettivo.............................................................................105

LA PERSONALITA DELLAUTORE................................................................................106 CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE........................................................................... 106


163. Il fatto e lautore....................................................................................................................106 164. La scuola classica e il diritto penale della responsabilit...................................................... 107 165. La scuola positiva e il diritto penale della pericolosit..........................................................107 166. La terza scuola e il sistema dualistico della responsabilit-pericolosit................................ 108 167. La nuova difesa sociale e la responsabilit come espressione della personalit.................... 109 168. Il sistema dualistico del diritto penale italiano...................................................................... 109

IL PROBLEMA DELLE CAUSE DELLA CRIMINALITA............................................ 110


169. Lindirizzo individualistico biologico................................................................................... 110 170. Lindirizzo individualistico psichiatrico................................................................................110 171. Lindirizzo individualistico psicogenetico.............................................................................111 172. Lindirizzo individualistico psicosociale............................................................................... 111 173. Lindirizzo sociologico..........................................................................................................111 174. Lindirizzo multifattoriale..................................................................................................... 113 175. La classificazione dei delinquenti..........................................................................................113

IL DELINQUENTE RESPONSABILE............................................................................

114

176. La libert morale condizionata.............................................................................................. 114 177. Limputabilit....................................................................................................................... 114 178. La capacit di intendere e di volere....................................................................................... 115 179. La incapacit procurata......................................................................................................... 115 180. La responsabilit e la capacit a delinquere.......................................................................... 116 181. La duplice funzione della capacit a delinquere.................................................................... 116

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182. La recidiva............................................................................................................................ 117

IL DELINQUENTE IRRESPONSABILE......................................................................... 118


183. Le cause di esclusione o diminuzione della imputabilit....................................................... 118 184. La minore et........................................................................................................................ 118 185. Il sordomutismo.................................................................................................................... 119 186. Il vizio di mente.....................................................................................................................119 187. Lazione dellalcool e degli stupefacenti............................................................................... 119

IL DELINQUENTE PERICOLOSO.....................................................................................120
188. La pericolosit criminale....................................................................................................... 120 189. Laccertamento della pericolosit..........................................................................................121 190. Il delinquente abituale, professionale, per tendenza.............................................................. 121 191. Il riesame della pericolosit...................................................................................................123

LE CONSEGUENZE DEL REATO......................................................................................124 IL PROBLEMA DELLA DIFESA CONTRO IL DELITTO............................................. 124


192. Le posizioni ottimistiche, pessimistiche e realistiche............................................................ 124 193. La prevenzione generale........................................................................................................124 194. La prevenzione speciale........................................................................................................ 125 195. Il problema del trattamento................................................................................................... 125 196. La realt e i miti del trattamento........................................................................................... 125 197. Il nostro sistema dualistico....................................................................................................126

LA PENA.........................................................................................................................

126

198. La nozione di pena................................................................................................................ 127 199. Il fondamento della pena....................................................................................................... 127 200. La pena secondo la Costituzione........................................................................................... 128 201. I tipi di pena nei sistemi differenziati.................................................................................... 129 202. I tipi di pena nel nostro diritto...............................................................................................130 203. Le pene accessorie.................................................................................................................132 204. Il problema della commisurazione della pena........................................................................133 205. La soluzione dellart. 133 c.p................................................................................................133 206. Gli aumenti e le diminuzioni di pena.....................................................................................133 207. Il concorso di pene................................................................................................................ 134 208. Gli effetti penali.................................................................................................................... 135 209. Lesecuzione della pena........................................................................................................ 135 210. La disciplina dellesecuzione.................................................................................................135

LA PUNIBILITA E LE CAUSE DI ESCLUSIONE E DI ESTINZIONE........................ 136


211. Le condizioni oggettive di punibilit..................................................................................... 136 212. Le cause di esclusione della pena. Le immunit.................................................................... 136 213. Le cause di estinzione della punibilit...................................................................................137 214. La morte del reo e la prescrizione..........................................................................................139 215. Lamnistia............................................................................................................................. 141 216. Lindulto............................................................................................................................... 141 217. La grazia............................................................................................................................... 141 218. La sospensione condizionale della pena................................................................................ 142 219. Il perdono giudiziale..............................................................................................................143 220. La liberazione condizionale...................................................................................................144 221. Loblazione........................................................................................................................... 144 222. La riabilitazione.................................................................................................................... 145 223. La non menzione della condanna...........................................................................................145 224. La cause sospensive ed estintive della pena nellordinamento penitenziario.........................146

LE MISURE DI SICUREZZA..........................................................................................

146

225. La nozione.............................................................................................................................149 226. Le misure di sicurezza secondo la Costituzione.................................................................... 149 227. Le misure di sicurezza personali detentive............................................................................ 151 228. Le misure di sicurezza personali non detentive..................................................................... 151 229. Le misure di sicurezza patrimoniali.......................................................................................152

172

Diritto Penale

230. Lapplicazione e lesecuzione............................................................................................... 152

LE MISURE DI PREVENZIONE.................................................................................... LE CONSEGUENZE CIVILI...........................................................................................

153 155

231. Le obbligazioni verso la vittima del reato............................................................................. 156 232. I rapporti tra reato e danno risarcibile................................................................................... 156 233. Le obbligazioni verso lo Stato...............................................................................................157 234. Le garanzie per le obbligazioni civili.................................................................................... 157 235. Le obbligazioni civili per le pene pecuniarie......................................................................... 158

I PROBLEMI INTERNAZIONALI DEL DIRITTO PENALE......................................... 158 IL DIRITTO PENALE INTERNAZIONALE................................................................... 158
236. La nozione.............................................................................................................................158

I LIMITI DI APPLICAZIONE DELLA LEGGE PENALE NAZIONALE........................ 158


237. I principi di universalit, di territorialit, di personalit, di difesa.........................................158 238. Il principio di territorialit quale principio base del nostro codice........................................ 159 239. Le deroghe: i reati commessi allestero punibili incondizionatamente.................................. 159 240. I delitti politici commessi allestero...................................................................................... 159 241. I delitti comuni commessi allestero......................................................................................159 242. Il rinnovamento del giudizio..................................................................................................160

LA COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE CONTRO IL CRIMINE..........................160


243. Lestradizione....................................................................................................................... 160 244. I limiti dellestradizione........................................................................................................ 162

IL DIRITTO INTERNAZIONALE PENALE................................................................... 162


245. La nozione e levoluzione......................................................................................................162

IL DIRITTO PENALE AMMINISTRATIVO.....................................................................162


246. La nozione.............................................................................................................................162 247. Il principio di legalit............................................................................................................ 163 248. Il fatto illecito........................................................................................................................163 249. Lautore.................................................................................................................................163 250. La sanzione........................................................................................................................... 164 251. I rapporti tra illecito penale e illecito amministrativo............................................................164

APPENDICE............................................................................................................................166
Caratteri specifici delle contravvenzioni................................................................................... 166

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