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Va licenziato il cassiere che non emette scontrino e che sottrae denaro dalla cassa

La vicenda.

Un dipendente con la qualifica di cassiere, in occasione della vendita di sigarette, non provvede ad emettere scontrino fiscale. Lomissione si accompagna ad ammanchi, di entit minima, nella cassa aziendale. A questo punto lazienda intima il licenziamento al lavoratore. Il dipendente, allora, decide di impugnare il recesso e di portare la questione in tribunale. Nel corso del giudizio, la Corte dAppello di Roma stabilisce che lomesso rilascio di scontrini fiscali ai clienti in seguito allacquisto di sigarette non costituisce di per s mancanza tale da giustificare il recesso in tronco, sia perch la legge n.696 del 1990 esclude un simile obbligo per tutte le gestioni di tabacchi e altri beni commerciati esclusivamente dai monopoli di Stato, sia perch tale condotta pu dipendere da semplice colpa e non da dolo del lavoratore.

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La Corte fa notare come non sia stata provata lesistenza di un simile obbligo a carico del lavoratore, specialmente con riguardo allaffissione di un codice disciplinare ove fosse prevista la suddetta sanzione. Secondo la Corte, dunque, il licenziamento intimato va annullato perch ingiustificato e va altres disposta la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro precedentemente occupato, con il conseguente risarcimento del danno. Avverso tale decisione, lazienda datrice di lavoro propone il ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte si soffermata sulla mancata emissione degli scontrini fiscali ma non ha considerato la contestata sottrazione di denaro da parte del dipendente. Conseguentemente il comportamento non stato valutato nella sua globalit e non si tenuto conto delle ricadute di tale comportamento sul rapporto di fiducia esistente con il datore di lavoro. N si considerato che, in base alla giurisprudenza, in casi del genere, anche se il danno patrimoniale di lieve entit, ricorrono gli estremi della giusta causa di licenziamento, data la particolare fiducia riposta da parte del datore di lavoro nel cassiere, e non necessaria la preventiva affissione del codice

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disciplinare, visto che si tratta di comportamento che costituisce reato o comunque si pone in contrasto con letica comune. Limprenditore contesta inoltre il fatto che la Corte ha disposto la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro, bench la societ datrice di lavoro, fin dal primo grado di giudizio, aveva provato di avere meno di 15 dipendenti (allegando copia del libretto matricola) ed il suddetto requisito dimensionale non era stato mai oggetto di contestazione da parte del lavoratore. Fin qui la posizione dellazienda; quanto al lavoratore, invece, egli nel giudizio di cassazione rinuncia a svolgere attivit difensiva. La Corte di Cassazione, Sezione VI, con ordinanza 18 maggio 2012, n.7965, d ragione al datore di lavoro.

La motivazione. Secondo la Corte di Cassazione lattribuzione delle mansioni di cassiere indice di un particolare livello di fiducia, da parte del datore di lavoro, cui deve corrispondere una particolare diligenza nello svolgimento dei corrispondenti compiti.

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La mancata emissione degli scontrini, anche in assenza di uno specifico obbligo legislativo in tal senso, se accompagnata ad ammanchi di cassa, a prescindere dalla relativa entit, pu costituire un comportamento idoneo a giustificare lirrogazione della massima sanzione disciplinare ovvero un comportamento tale da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro. Al riguardo, il dipendente non poteva non avere consapevolezza dellesatta portata della propria condotta; il suo specifico comportamento connotato da colpa grave, anche se non emerso un vero e proprio intento fraudolento. La preventiva affissione del codice disciplinare deve considerarsi ininfluente, visto che la condotta posta in essere dal lavoratore da considerare di per s in contrasto con i fondamentali doveri connessi al rapporto di lavoro (del cassiere) e comunque contraria al c.d. minimo etico per levidente disvalore dellinfrazione immediatamente percepibile dal lavoratore. Il licenziamento deve dunque considerarsi legittimo.

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