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Storia medievale

prof. Marco Bartoli

3. Le donne
un problema storiografico
relativamente recente
• Nel 1946 le donne hanno votato per la prima volta in
Italia
• Il dopoguerra è stato il momento di maggiore
emancipazione delle donne occidentali di tutta la storia
• Alcune donne sono diventate storiche
• Due domande:
– Quali le cause che hanno portato a tutto questo?
– Nelle età precedenti quali erano le reali condizioni di vita
delle donne?
Il problema delle fonti
Quasi tutte le fonti sulle donne sono state
scritte da uomini
• Fonti narrative:
– Cronache
– Fonti agiografiche
• Fonti giuridiche:
– Codici
– Contratti
Il cristianesimo ha avuto un ruolo
positivo o negativo?
• Antichità classica: la subordinazione della donna
– non c’è nessuna donna filosofo fino all’ellenismo
– per Aristotele, la donna è un mas occasionatus
• Mondo ebraico: l’impurità
– Se una donna è stata fecondata e partorisce un maschio, è impura
per sette giorni, come al tempo delle sue regole.
– Se ha partorito una femmina, è impura per due settimane, come
nel tempo delle sue regole, e per sessantasei giorni resterà a
purificarsi dal sangue.
Lev 12,2 e 5
La teologizzazione del
pregiudizio
• Ecclesiaste 7:26 E questo ho trovato, che la donna è più amara
della morte, perché essa è un laccio, il suo cuore è una rete e
catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio ne può scampare, ma il
peccatore ci resta preso.
• 1 Tm 2,11-15: La donna impari in silenzio, con perfetta
sottomissione. Non permetto alla donna d' insegnare, né di
dominare sull' uomo, ma che stia in silenzio. Per primo infatti è
stato formato Adamo e quindi Eva. Inoltre, non fu Adamo ad
essere sedotto; la donna, invece, fu sedotta e cadde nel peccato.
Tuttavia essa si salverà mediante la generazione dei figli, a
condizione però di perseverare nella fede, nella carità e nella
santità, con saggezza.
Anche i Padri della Chiesa
• Ambrogio: « Per quel che mi riguarda,
credo che sia stata la debolezza della donna
ad originare il peccato e la menzogna. » De
Paradiso 12, 56
il peccato di Adamo è stato più
grave di quello di Eva?
Tommaso d’Aquino risponde così:
"la gravità del peccato si desume più dalla specie di esso
che dalla circostanza di persona. A considerare la
condizione della persona, cioè dell'uomo e della donna, è
più grave il peccato dell'uomo, essendo quest'ultimo più
perfetto. Rispetto invece al genere di peccato la colpa fu
uguale: perché il peccato dell'uno e dell'altra fu un peccato
di superbia… Ma quanto alla specie della superbia il
peccato della donna fu più grave, per tre motivi. Primo,
perché fu maggiore il suo orgoglio…
Essa infatti credette che fosse vero ciò che gli suggerì il serpente, cioè che
Dio aveva proibito di mangiare di quell'albero, perché non arrivassero a
una somiglianza con lui: e quindi, volendo conseguire con la trasgressione
una somiglianza con Dio, la sua superbia si innalzò fino al punto di voler
qualche cosa contro la volontà di Dio. Invece l'uomo non credette che
questo fosse vero… Secondo, la donna non si contentò di peccare essa
stessa, ma suggerì il peccato anche all'uomo, peccando così contro Dio e
contro il prossimo. Terzo, perché il peccato dell'uomo ebbe un'attenuante
nel fatto che egli vi consentì "per un legame di amicizia", dice s. Agostino
"per cui talora si offende Dio, solo perché un amico non ci diventi nemico:
cosa che egli però non doveva fare". Perciò è evidente che il peccato della
donna fu più grave di quello dell'uomo".
Summa Theologiae, II-II, q. 163, a. 4
La paura della parola delle donne
Umberto da Romans sulla Loquacitas
Ce ne sono altre [monache] che, non solo non rinchiudono
il cuore, ma anche, il che è ancora peggio, non tengono
chiusa la bocca. Quanto questo sia dannoso in una
religiosa, risulta chiaro dal racconto di Gregorio che
leggiamo al capitolo XXIII del II libro dei Dialoghi: Due
monache nobili molestavano tanto un buon uomo, che le
riforniva da fuori, che costui si vide costretto ad andare
dal Beato Benedetto e a lagnarsi con lui di questo fatto.
II Beato lo mandò dalle donne dicendogli di riportare loro
queste parole minacciose: "Correggete le vostre lingue,
altrimenti vi scomunico". Esse non obbedirono affatto all'ordine.
Quando morirono e furono sepolte nella chiesa, mentre il
Diacono durante la Messa diceva: "Coloro che sono fuori dalla
comunione, escano", la loro nutrice le vide alzarsi dalla tomba e
uscire dalla chiesa; e questo capitò tutte le volte, finché la
nutrice andò dal Beato Benedetto e gli raccontò il fatto. Il Beato
Benedetto mandò del pane da offrire per le due religiose, e così
non furono più viste uscire. Da questo racconto risulta chiaro
quanto sia viziosa e grave la loquacità in una religiosa.
Le tre minorità
• Debolezza fisica
• Debolezza morale
• Debolezza intellettuale
La debolezza morale
• Non era certo opportuno che mancasse un
aiuto al sesso più debole, il quale, preso dal
gorgo della libidine, era attratto al peccato
dalla volontà ed ancor più vi era spinto
dalla fragilità. Dio misericordioso suscitò
perciò la venerabile vergine Chiara ed in lei
accese una luce splendente per le donne.
Legenda Sanctae Clarae Virginis, Prologus
d’altra parte…
• Gesù ha avuto un comportamento del tutto nuovo rispetto alle
donne del suo tempo:
Durante il cammino, le folle gli si accalcavano attorno. 43Una donna che
soffriva di emorragia da dodici anni, e che nessuno era riuscito a guarire,
44
gli si avvicinò alle spalle e gli toccò il lembo del mantello e subito il flusso
di sangue si arrestò. 45Gesù disse: «Chi mi ha toccato?». Mentre tutti
negavano, Pietro disse: «Maestro, la folla ti stringe da ogni parte e ti
schiaccia». 46Ma Gesù disse: «Qualcuno mi ha toccato. Ho sentito che una
forza è uscita da me». 47Allora la donna, vedendo che non poteva rimanere
nascosta, si fece avanti tremando e, gettatasi ai suoi piedi, dichiarò davanti a
tutto il popolo il motivo per cui l`aveva toccato, e come era stata subito
guarita. 48Egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata, và in pace!».
Maria invece stava all`esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si
chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l`uno dalla parte
del capo e l`altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le
dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore
e non so dove lo hanno posto». 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che
stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. 15Le disse Gesù: «Donna, perché
piangi? Chi cerchi?». Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse:
«Signore, se l`hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo».
16Gesù le disse: «Maria!». Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico:

«Rabbunì!», che significa: Maestro! 17Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non
sono ancora salito al Padre; ma và dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e
Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». 18Maria di Màgdala andò subito ad annunziare
ai discepoli: «Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto.
Giovanni 20, 11-18
Tra i primi discepoli molte sono
le donne
11
Salpati da Troade, facemmo vela verso Samotracia e il giorno
dopo verso Neapoli e 12di qui a Filippi, colonia romana e città del
primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni
giorni; 13il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove
ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgevamo la
parola alle donne colà riunite. 14C`era ad ascoltare anche una
donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di
Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire
alle parole di Paolo. 15Dopo esser stata battezzata insieme alla sua
famiglia, ci invitò: «Se avete giudicato ch`io sia fedele al Signore,
venite ad abitare nella mia casa». E ci costrinse ad accettare .
Atti 16,11-15
La forza delle martiri
• Perpetua ha lasciato un testo noto come
”Passione di Perpetua”: un diario dei sogni
che fa in carcere: incontra Cristo che, come
pastore, le dà da mangiare il latte che le
darà la forza di affrontare il martirio.
• Perpetua dice di se stessa che Cristo le dà
forza trasformandola in uomo nel
combattimento nell’arena, rendendola virile
«La vigilia dei giochi, ebbi questa visione. Vidi il dia-
cono Pomponio giungere alla porta della prigione e bussare
energicamente. Andai ad aprirgli: indossava una bianca
tunica senza cintura, e sandali molto eleganti. Mi disse:
"Perpetua, ti aspettiamo: vieni". Poi mi prese per mano e ci
avviammo per un cammino aspro e tortuoso. Alla fine, tutti
trafelati, giungemmo all'anfiteatro. Mi fece entrare
nell'arena e mi disse: "Non temere: sono qua io,
combatterò con tè". E se ne andò. M'accorsi che c'era una
gran folla eccitata, e poiché sapevo di essere condannata
alle fiere, mi stupii che non venissero liberate contro di me.
Si fece avanti, invece, per affrontarmi in duello, un
egiziano d'aspetto ripugnante coi suoi accoliti.
Anche a me si avvicinarono dei giovinetti di bell'aspetto,
per assistermi e incitarmi. Fui spogliata e divenni uomo. I
miei assistenti presero a massaggiarmi con l'olio, come
s'usa prima dei combattimenti nell'arena, mentre vedo che
l'egiziano si rotola nella polvere. S'avanzò infine un uomo
di mirabile statura, più alto ancora del tetto dell'anfiteatro,
con veste di porpora senza cintura e, ai lati del petto, due
bande verticali; calzava meravigliosi sandali d'oro e
argento, e portava una bacchetta da allenatore dei gladiatori
e un ramo verde con pomi d'oro. Intimo il silenzio e disse:
"L'egiziano, se sarà lui a vincere, ucciderà l'altra con la
spada; se invece sarà lei a prevalere, avrà in premio questo
ramo", e si ritirò. L'incontro ebbe inizio, cominciammo a
tirarci dei pugni.
Quello cercò di afferrarmi i piedi, ma io lo colpii al
volto con dei calci. Allora mi sollevò in aria, ma così
lo potei colpire ancor meglio, non avendo i piedi
impegnati nell'appoggio al suolo. Poi, approfittando di
un mo- mento di tregua, congiunsi le mani
intrecciando ben bene le dita e lo afferrai alla testa.
Quello crollò col volto a terra e io gli calcai la testa
sotto il tallone. La folla prese a gridare e i miei accoliti
a cantare salmi. Mi avvicinai all'allenatore e presi il
ramo. Lui mi baciò e disse: "La pace sia con tè, figlia
mia". E io mi avviai tra il tripudio della folla verso la
Porta della Vita. Qui mi svegliai. »
Passione di Perpetua, 10
Blandina
Con smisurata violenza tutta l'ira della folla, del
governatore e dei soldati si abbatté sul diacono Santo da
Vienna, su Maturo, da poco battezzato ma già valoroso
compagno di lotta, su Attalo, pergameno di stirpe, da
sempre colonna e base dell'organizzazione di laggiù, e su
Blandina, per mezzo della quale Cristo ha dimostrato
come ciò che appare agli umani vile, laido e spregevole è
nel giudizio di Dio degno di gloria grande in misura
dell'amore per lui, se esso è dimostrato con la forza dei
fatti e non solo esteriormente conclamato.
Noi tutti eravamo in grande apprensione, compresa la sua
padrona terrena, che era lei pure una compagna di lotta e
non si dava pace all'idea che la propria serva non fosse in
grado di rendere una sicura confessione di fede per via
della debole fibra del corpo. Ma Blandina era invece piena
d'una tale forza che coloro, i quali si davano il turno per
torturarla in ogni modo da mattina a sera, si ritrovarono
sfiniti e furono obbligati a darsi per vinti e a riconoscere la
propria sconfitta, non trovando più che altro potessero
farle, e si meraviglia-rono che ancora le restasse respiro,
con tutto il corpo brutalizzato e lacerato, e testimoniarono
che una sola tortura di quel gene- re sarebbe stata capace
di farle esalare l'anima, e pure non erano bastate tali e
tante.
Ma la beata martire, simile a un valente atleta,
ritrovò le forze nella confessione di fede, e fu per lei
ristoro, riposo e anestesia del dolore proferire la
frase: "Sono cristiana, e da noi non si fa niente di
male”.

Atti dei martiri di Lione, I, 16-19


Il pregiudizio antifemminile nella
letteratura cortese
Andrea Cappellano, il cui De amore è stato
considerato come il galateo o la bibbia dei
codici di comportamento cortesi caval-lereschi,
dopo aver a lungo disquisito d'amore, da lui
presentato come una "passione innata, che
procede per visione e per incessante pensiero
di persona d'altro sesso", si lascia andare ad
alcune invettive misogine di rara violenza:
“E anche per un'altra ragione condanniamo gli
innamorati, perché nella femmina non si può
trovare l'amore reciproco che si cerca. Nessuna
femmina mai ama il marito o l’amante con
vincolo di reciproco amore, perché la donna
nell'amore vuole arricchirsi piuttosto che dare
piaceri graditi all'amante; e non c'è da
meravigliarsi poiché la causa è naturale: tutte le
donne, per la natura generale del sesso, peccano
di avarizia e avidità e sono intente al guadagno e
al profitto e stanno con le orecchie attente.
E per di più, ogni donna non solo è naturalmente avida ma
è anche invidiosa e maldicente delle altre, rapace, dedita al
piacere della pancia, incostante, chiacchierona,
disobbediente e renitente ai divieti, superba e vanagloriosa,
bugiarda, ubriacona, berlingatora, incapace di segreti,
troppo lussuriosa, pronta a ogni male e incapace di amare
con sentimento di cuore…
Tutte le donne sono contagiate dal vizio di rapacità, perché
ogni donna s'ingegna con tutte le forze di rubare tutti i beni
non solo all'amante ma anche al marito regolarmente
sposato, e una volta che glieli ha rubati, li conserva senza
pensare di aiutare qualcuno. E l'avidità è così padrona della
donna che neppure per un momento pensa di trasgredire la
legge umana o divina, ma vuole arricchirsi a danno d'altri.
… La donna è inoltre schiava della pancia perché non si
vergogna di nulla pur di assicurarsi cibi raffinati, e se la
voglia di mangiare l'afferra, non ha mai tanta abbondanza
di cibo che pensi di saziarsi completamente o che voglia
ospiti alla sua tavola, ma quando mangia cerca sempre
luoghi nascosti e molto segreti, e mangia volentieri fuori
orario. Ma anche se il sesso femminile è avido e
sparagnino, tuttavia con molta voglia spende in leccornie
tutto quello che ha, e mai si vide femmina che tentata dal
peccato di gola non soccombesse. E questo peccato lo
possiamo vedere nella prima donna che fu Èva, la quale
pur essendo plasmata direttamente dalla mano di Dio,
senza intervento umano, tuttavia non esitò a mangiare il
cibo proibito, e per l'ingordigia della pancia fu scacciata
dalla casa del Paradiso.
E a questo proposito si racconta di un uomo molto
saggio che odiava la moglie ma non la voleva uccidere di
sua mano per non essere punito; sapendo che la donna
volentieri tendeva a ciò che era proibito, prese un vaso
preziosissimo, vi versò misto a veleno un ottimo vino
profumato e disse alla moglie: « Carissima moglie, non
toccare questo vasetto, e non assaggiare assolutamente
questo liquore, perché è cosa velenosa e nemica della
vita ». La donna, disprezzando il divieto del marito,
mentre era ancora lì, assaggiò il liquore proibito e così
morì di veleno
Ma perché fare questo esempio, quando ne conosco di
maggiori? Forse che Eva, la prima donna, creata dalla
mano di Dio, non si rovinò per il vizio della
disobbedienza e perse la gloria dell'immortalità e per
colpa sua portò all'annientamento della morte tutti i
suoi discendenti? Perciò, se vuoi che la donna faccia
qualcosa, l'otterrai ordinandole il contrario.
Il matrimonio
Nella storia dell’emancipazione della donna un fattore da non
sottovalutare è costituito dall’istituto del matrimonio.
In praticamente tutte le civiltà il matrimonio si presenta come
un contratto di alleanza tra due gruppi familiari distinti
I soggetti del contratto sono il padre della sposa e lo sposo.
La donna è il bene di scambio.
Al passaggio della donna da un gruppo familiare all’altro
corrisponde un dono: la dote (nel caso che il padre voglia
garantirne la sopravvivenza nel nuovo gruppo familiare) o il
dono dello sposo (che “risarcisce” simbolicamente del bene
sottratto).
In tutte le civiltà perché un matrimonio venga
considerato legittimo, è necessario il consenso
del padre e dello sposo.
A Roma, in età imperiale, si arriva alla
codificazione di un triplice consenso: del
padre, dello sposo e della sposa.
Con il cristianesimo si arriverà
all’affermazione che “ministri del matrimonio
sono i due sposi” (il consenso della donna
diviene vincolante)
In quasi tutte le civiltà l’adulterio maschile è
giustificato, quello femminile severamente
punito.
Due istituti pongono la donna in una
condizione di particolare debolezza nel
matrimonio:
• la poligamia
• il ripudio
Il matrimonio presso i popoli
germanici
• I popoli germanici praticavano sia la
poligamia (mogli ufficiali e mogli naturali)
• Sia il ripudio, in genere a motivo di sterilità
(dato che il matrimonio era finalizzato alla
prepetuazione del sangue)
• Tra i nobili era poi frequenti i matrimoni tra
consanguinei (o almeno tra membri di
famiglie legate già da vincoli di sangue)
La lotta per il matrimonio
A partire dall’XI secolo, in parte in coincidenza con
la lotta per le investiture, la Chiesa promuove una
“lotta per il matriomonio”.
Si vuole affermare un’idea di matrimonio:
monogamico, indissolubile ed esogamico
combattendo
incesto, bigamia e ripudio
• E’ chiaro che la Chiesa era mossa anche da
interessi politici.
• Nel momento in cui l’impero cercava di
controllare la nomina dei vescovi, i chierici, unici
detentori del potere della parola e della memoria,
potevano controllare la liceità dei matrimoni e
quindi delle alleanze dei gruppi dominanti.
• D’altra parte non si può non sottolineare come
questa lotta ebbe come conseguenza
l’affermazione del necessario consenso da parte
della donna.

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