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Anno di corso I
riflettere il ruolo e l’immagine che le donne avevano nella Bibbia. Riguardo ad esse, e lo
stesso valeva per i poveri, i peccatori, i disabili, e in generale per tutti quelli che vengono
considerati gli «ultimi» o meglio ancora gli «emarginati» della società di quel tempo, 1 Gesù
operò un’autentica rivoluzione; gli non sviluppò alcuna dottrina né diede precise regole di
scandalo non solo fra i suoi contemporanei ma anche tra i suoi stessi discepoli. 2 Le donne
erano vittime di vere e proprie ingiustizie alle quali Gesù reagì senza badare ai pregiudizi
maschilisti e alle usanze dell’epoca. Si schierò dalla parte delle donne «invitando a concepire
in maniera del tutto diversa»3 il loro ruolo nella società del suo tempo, il modo di guardarle e
di considerarle.4
Nel primo capitolo descrivo la condizione della donna sia nella società all’epoca del
Vecchio Testamento sia in quella del Nuovo Testamento e lo farò attraverso il racconto di
Si comprenderà così che nelle due epoche le donne erano soggette a molte restrizioni
e non erano considerate per niente al pari degli uomini cioè vivevano in una società
patriarcale, oppressiva e razzista; Gesù, invece, le accetta sia nel gruppo dei suoi discepoli
che nella sua missione itinerante senza imporre loro né divieti né condizioni. 5 «Le donne che
seguono Gesù non soltanto lo servono con i loro beni materiali, ma hanno una partecipazione
attiva nella missione testimoniando, pregando, profetizzando…» 6 Nel momento più tragico
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Nuria Calduch – Benages, Donne dei Vangeli, San Paolo, Milano 2021, 5
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della sua vita le donne si mantengono coraggiose e fedeli, i discepoli, invece, fuggono perché
Tra i brani più belli e stimolanti dei Vangeli, ed in particolare del Vangelo di Marco,
quello che narra la guarigione dell’emorroissa, la donna che perdeva sangue, occupa
certamente un posto di assoluto rilievo, ne parlerò nel secondo capitolo e approfondirò il suo
percorso di fede.
Infine, nel terzo e ultimo capitolo, farò la comparazione con gli altri evangelisti
condizione sociale della donna sia all’epoca del Vecchio Testamento che ai tempi di Gesù, al
5
Cap. 1 Cenni sulla situazione della donna nella Bibbia
Sara, Rebecca, Rachele e Lia sono delle matriarche d’Israele che hanno contribuito
alla nascita del popolo e alla costruzione delle sue identità e della sua memoria. La storia
patriarcale raccontata nelle Genesi non è soltanto la storia dei patriarchi, ma è anche la storia
Sara era una donna sterile e non aveva figli. La sterilità in Israele e, in generale, in
tutti i popoli antichi, era una vera e propria tragedia per la donna: oltre ad essere
un’umiliazione era anche un segno di maledizione e per queste ragioni la donna si sentiva
rifiutata dalla società, dai propri cari e persino da Dio. La donna sterile era consapevole di
non potere diventare madre e tale rinuncia era vissuta, giorno dopo giorno, come un vero e
proprio incubo. 8
Sara attribuiva a Dio la colpa della sua sterilità e siccome Dio, a suo dire, le aveva
decisa a non rimanere una donna incompleta: «Il Signore mi ha impedito di avere prole;
unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli» (Gen 16,2).9
Rachele, la moglie amata di Giacobbe, allo stesso modo di Sara, supplicò il marito
affinché si unisse con una schiava che le permettesse così di diventare madre. La pratica, per
una donna sterile, di ricorrere all’unione del marito con una schiava per diventare madre, era
una consuetudine prevista dal diritto mesopotamico, ma non ci sono prove che tale usanza
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Nuria Calduch – Benages, (a cura di) Donne dell’Antico Testamento, Periodici San Paolo, Milano 2021, 17
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fosse utilizzata nella società ebraica; tuttavia, la narrazione di questi episodi ci presenta una
I racconti di Sara e Rachele ci testimoniano che nella società ebraica esistevano donne
che vivevano la condizione di schiavitù, e per volontà dei loro padroni, potevano essere
“usate” al fine di essere messe incinta per generare gratuitamente prole alle donne sterili.
Una donna che sanguinava, dunque, era legalmente e socialmente immonda, era
considerata fonte di impurità per chiunque o qualunque cosa lei toccasse o sfiorasse. In
alcune società tradizionali africane, durante tutto il periodo mestruale la donna non poteva
vivere nella sua casa ed era costretta a stare in disparte all’interno di un alloggio di fortuna
all’esterno della casa; non poteva cucinare per la sua famiglia o stare in compagnia degli altri
sino a quando il suo flusso non fosse terminato. 11 Oltre al dolore mestruale che provava, si
aggiungeva il fatto che il suo valore umano veniva sminuito sia perché era considerata una
reietta sociale all’interno della sua famiglia sia per il fatto che la sua intimità era violata. 12
Nel parlare della donna che sanguina, il testo La donna dei Vangeli che ho
Levitico, nel quale è possibile trovare delle norme ben precise che regolavano il
Per la donna che sanguina, nel quindicesimo capitolo del Levitico, ai paragrafi
donna che ha un flusso di sangue per molti giorni, fuori del tempo delle regole, o che lo abbia
più del normale sarà immonda per tutto il tempo del flusso, secondo le norme
dell'immondezza mestruale. Ogni giaciglio sul quale si coricherà durante tutto il tempo del
flusso sarà per lei come il giaciglio sul quale si corica quando ha le regole; ogni mobile sul
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quale siederà sarà immondo, come lo è quando essa ha le regole. Chiunque toccherà quelle
cose sarà immondo; dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell'acqua e sarà immondo fino alla
sera. Quando essa sia guarita dal flusso, conterà sette giorni e poi sarà monda.»
Anche la donna che partoriva era considerata impura: «Quando una donna sarà
rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda
come nel tempo delle sue regole. […] Poi essa resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal
suo sangue; […] Ma, se partorisce una femmina sarà immonda due settimane come al tempo
delle sue regole; resterà sessantasei giorni a purificarsi dal suo sangue.» ( Lv 12, 1 – 5). La
nascita di una femmina era considerata, dunque, causa di maggiore impurità per la madre.
«In quel tempo Giuda si separò dai suoi fratelli e si stabilì presso un uomo di
Adullam, di nome Chira. Qui Giuda vide la figlia di un Cananeo chiamato Sua, la prese in
moglie e si unì a lei».13 «Essa concepì e partorì un figlio e lo chiamò Er. Poi concepì ancora e
partorì un figlio e lo chiamò Onan. Ancora un'altra volta partorì un figlio e lo chiamò Sela.
Giuda offrì Tamar in sposa al suo primogenito Er, ma questi morì. «Allora Giuda
disse a Onan [il suo secondogenito]: «Unisciti alla moglie del fratello, compi verso di lei il
dovere di cognato e assicura così una posterità per il fratello».»14 «È curioso che Giuda faccia
osservare il dovere del levirato, che sarà codificato tra gli ebrei, figli di Sem, solo dopo
La pratica del levirato era una consuetudine presente nell’antica società ebraica le cui
ragioni erano sia di natura sociale che patrimoniale: da un lato si evitava che il patrimonio del
defunto venisse alienato e dall’altro si dava un marito alla vedova al fine di poterle garantire
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Giuda venne a sapere che Tamar si era prostituita e per questa ragione voleva farla
disonora suo padre; sarà arsa con il fuoco» (Lv 21,9).16 Era questa la punizione per una
donna, figlia di un sacerdote, che si fosse prostituita. In casi come questi l’uomo poteva
decidere della vita di una donna perché la legge gliene dava diritto.
Sono numerose le donne che Gesù incontra durante il suo ministero, parla con loro in
pubblico e rivaluta il loro corpo che da realtà impura che necessita di continua purificazione
trasforma in luogo di salvezza. 17 La Legge di quell’epoca proibiva alle donne lo studio, Gesù,
invece, le istruisce nella sua dottrina; le donne che seguono Gesù hanno una partecipazione
L’evangelista Luca parla della profetessa Anna che «non si allontanava mai del
Tempio» (Lc 2,37) e serviva Dio «notte e giorno con digiuni e preghiere» (Lc 2,37).
Attraverso queste affermazioni Luca dà un nuovo significato di profezia che non si svolge
nella pubblica piazza o nella corte dei monarchi, «ma nella presenza e nel rapporto intimo di
Dio, diventando così una totalità di vita» […] Anna risponde perfettamente a questo ‘nuovo
tipo’ di profezia.19
nell’Antico Testamento, dall’altro, nel fare del Tempio casa sua, «oltrepassa la soglia
dell’Antico Testamento, anticipando il ruolo delle donne profetesse dei primi tempi della
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«Conosciuta tradizionalmente come la peccatrice pubblica, perdonata e pentita, la
donna del profumo» 21, nel Vangelo di Luca (Lc 36-50) è colei «che sparse l’olio profumato
nell’episodio da Simone il fariseo, la considera «emarginata, esclusa dal mondo sociale, dal
Simone non si indigna per la condotta indecorosa della donna, ma si infastidisce per
«[…] l’atteggiamento di Gesù che accetta i baci e le carezze profumate di una peccatrice
pubblica»24 a cui non è concesso di toccare gli altri. «Gesti gratuiti, non necessari, insoliti se
li si guarda con gli occhi della logica, della Legge, degli strati sociali».25
processo a porte chiuse, una sentenza dettata nel segreto del suo cuore: «Se costui fosse un
profeta, saprebbe chi è, e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice» ( Lc
7,39).»26
Si intuisce che per la cultura ebraica di quell’epoca la donna peccatrice che “tocca”
inevitabilmente diffonde contagio. Ma la tenerezza che prova Gesù nei confronti di questa
donna non può essere imbrigliata nei parametri intellettuali, etici e sociali di quella società.
«La tenerezza non si apprende dalla Legge ma dal cuore, non si valuta in base alla Legge ma
al perdono; non si spiega da fuori ma da dentro» 27. A Simone manca la tenerezza ed egli
dovrà imparare a guardare le cose con uno sguardo nuovo se vorrà capire la dinamica
inclusiva di Gesù.28
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Nei Vangeli dei sinottici è narrato l’episodio dei sadducei che non credono alla
resurrezione e, per questa ragione, tendono un tranello a Gesù chiedendogli come applicare la
legge del levirato dopo la resurrezione della moglie e di tutti i suoi mariti, tra loro fratelli. 29
Senza entrare nel merito di quello che risponde Gesù, osserviamo che la pratica del levirato
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Cap. 2 L’emorroissa nel Vangelo di Marco (Mc. 5, 25-34)
Per sua natura la donna tende a sanguinare da tre a sette giorni al mese. E una cosa
che non dipende affatto da lei ma le è stata data da Dio. Durante il periodo mestruale, la
donna perde sangue per via di un ovulo non fecondato. Se l’ovulo è fecondato allora esso
forma il nucleo di un essere umano e dà inizio ad una nuova vita. Diversamente esso si stacca
e fuoriesce lentamente sotto forma di sangue. È Dio che ha voluto che l’essere umano
nascesse nel grembo di una donna. Per alcune donne il ciclo mestruale è spesso una prova di
prolungato e lancinante dolore che si manifesta attraverso mal di teste ed emicranie. Alcuni
ricercatori hanno affermato che il dolore mestruale è molto simile a quello del parto, ma in
forma più lieve, quindi ogni donna che concepisca o no è destinata a provare, nella sua vita,
Gesù ha sperimentato i dolori del parto nei tre giorni della sua passione, dalla
dolorosa accettazione del suo infausto destino nell’orto degli ulivi, dall’umiliazione del
processo cui viene sottoposto, dai lancinanti dolori delle ferite provocate dalla crocifissione e
dall’agonia in croce sino alla sua morte. 31 «Nell’orto il suo sudore stillava come dense gocce
di sangue;» 32 «gli artisti lo dipingono con il volto macchiato di sangue e con il sangue che
Dopo la sua morte un soldato gli trafisse il fianco con una lancia e uscirono sangue e
acqua. La Chiesa considera le sofferenze di Gesù come sofferenze dovute alle doglie del suo
parto per «dare vita ad una nuova creatura, all’umanità e alla Chiesa attraverso i sacramenti
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Per raccontare l’episodio dell’emorroissa ho scelto di citare il brano del Vangelo di
Mc 5, 25 – 34
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E una donna, che aveva un flusso di sangue (da) dodici anni e aveva sofferto
molto da parte di molti medici e aveva speso tutto quello che aveva e non aveva avuto alcun
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giovamento, ma piuttosto era andata peggio, avendo sentito ciò (che si diceva) di Gesù,
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venendo tra la folla, di dietro, toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se toccherò anche
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(solo)le sue vesti, sarò salvata». E subito si inaridì la fonte del suo sangue, e conobbe nel
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corpo che era guarita dal (suo) male. E subito, Gesù, avendo riconosciuto in se stesso la
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forza uscita da lui, voltandosi verso la folla, diceva: «Chi mi ha toccato le vesti?» E gli
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dicevano i suoi discepoli: «(Tu) vedi la folla che ti comprime e dici “Chi mi ha toccato?”.
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Ed (egli) guardava attorno per vedere colei che aveva fatto questo. Ora la donna, presa da
paura e tremando, sapendo ciò che le era accaduto, venne e si gettò davanti a lui e gli disse
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tutta la verità. Ma egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Và in pace e sii sanata
opera il miracolo. Lo scenario della guarigione è in un luogo pubblico: sull’altra riva del mare
di Galilea, dove la folla si raduna intorno a Lui. Gesù già aveva manifestato il suo potere
sulle forze naturali e sui demoni, mentre in questo contesto lo manifesta attraverso altri due
prodigi sulla malattia e sulla morte. L’evangelista ricorre spesso alla tecnica della costruzione
13
dell’emorroissa con quello della figlia di Giairo (Mc, 5,21-24; 35-43).35 Motivo per cui
conferisce alla composizione un’interessante efficacia narrativa, facendo pure concordare tra
loro molti dettagli dei due episodi: i dodici anni della fanciulla corrispondono alla durata
della malattia dell’emorroissa. Si tratta di due donne in pericolo: l’una, donna adulta, afflitta
da una malattia impura e l’altra, una bambina che sta per morire.36 Nel racconto
quale la donna, in tutta segretezza, compie il suo gesto, e poi il soggetto a cui Gesù si rivolge
«Questa donna, che è stata ‘fabbricata’ da Dio (la prima fabbricazione di Dio nella
scrittura è la donna; cfr. il verbo banah in Gen 2,22) per collaborare con lui nel concepire,
È difficile immaginare il dolore di questa donna, infatti, Marco, nel suo greco, ne
descrive l’afflizione con la parola mástigos (frusta)»39, e «la descrive come vittima di un
«flusso di sangue» (en rỳsai háimatos) e il flusso stesso come un «pozzo di sangue» (pegé tou
háimatos). Com’è possibile che abbia perso sangue così a lungo senza morire?».40Da una
parte l’emorroissa è stata più fortunata di tante altre donne che muoiono dissanguate durante
il parto, dall’altra parte è una donna con una forte determinazione a restare in vita. 41 Ed è tale
determinazione che «l’ha spinta a fare tutto quanto era in suo potere per dodici anni». 42
35
V.Scippa, Ricerche preliminari per uno studio su Mc 5,21-43 secondo la Redaktionsgeschichte, in RivB 51
(1983) 399-401.
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Nuria Calduch – Benages, Il profumo del Vangelo Gesù incontra le donne, Paoline, Milano 2007, 17
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Augusto Barbi, Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (Mc 5,24b – 34), in «Esperienza e
Teologia» 3 (1996) 29 – 48, 34
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N. Calduch – Benages, Donne dei Vangeli, 36
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«A motivarla è stato il fatto di credere che Dio non intendesse farla vivere per sempre
come emorroissa? La sua speranza di trovare una cura è rimasta salda anche dopo avere speso
Nel racconto marciano c’è una precisa nota sulla sofferenza che la donna ha dovuto
subire per via dei medici, sulle spese per le cure che l’hanno ridotta in miseria, sull’inutilità di
queste cure che ne hanno peggiorato la salute. In tal senso l’evangelista sottolinea
L’annotazione marciana circa l’inutilità delle cure oltre che essere una critica nei
confronti dei medici è anche una sorta di escamotage la cui funzione è quella di evidenziare
la grandezza del prodigio che sta per accadere. C’è una precisa corrispondenza tra l’iniziale
descrizione del rapporto di questa donna con i medici e la presentazione dei suoi sentimenti,
pensieri e azioni nei confronti di Gesù. In un certo senso è come se Marco avesse voluto
porre in risalto sia il cambiamento di attenzione della donna dai medici a Gesù, sia il
cambiamento del tipo di relazione, cioè da quello avuto con i medici a quello avuto, sia pure
L’evangelista precisa che la donna aveva sentito parlare di Gesù. Si potrebbe supporre
che la sua fama di guaritore sia arrivata anche alla donna, tuttavia il testo non precisa nulla su
ciò che ella è venuta a sapere e sulle ragioni che la spingono a riporre le sue speranze in
Gesù. La consapevolezza della sua condizione di creatura immonda che può trasmettere la
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N. Calduch – Benages, Il profumo del Vangelo Gesù incontra le donne, 21
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A. Barbi, Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (Mc 5,24b – 34), 35
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sua impurità attraverso un semplice contatto, è, probabilmente, la ragione per cui si avvicina,
Il gesto del «toccare il mantello» appartiene ad una concezione, molto diffusa a quel
potrebbe pensare, dunque, che esso possa essere l’espressione di una credenza superstiziosa e
del gesto con la parola di commento della donna stessa».49 In essa è molto profonda la fiducia
che la donna ripone in Gesù: l’espressione «anche solo il mantello» mostra l’intensità di
«questo suo desiderio»50 che «è più forte della legge, della cultura e della tradizione». 51 Il
desiderio le conferisce una forza insolita e la fa diventare una donna libera capace di superare
«Il mantello è inteso come un’estensione vitale della persona di Gesù» 53 come si
intuisce dalla corrispondenza tra la domanda di Gesù («chi ha toccato il mio mantello») e la
risposta dei discepoli («chi mi ha toccato»). 54La speranza di questa donna è che dal contatto
significato profondo: esso «interpreta le guarigioni come segni anticipatori della pienezza del
Regno. […] la speranza di salvezza della donna non è limitata alla guarigione corporea ma è
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N. Calduch – Benages, Il profumo del Vangelo Gesù incontra le donne, 29
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aperta alla liberazione e alla salvezza globale comprendente pure la ripresa della comunione
passivo al «divino» che sottintende Dio come agente della salvezza». 57L’emorroissa vive una
scambio avuto con i medici ed è alla ricerca di una relazione personale con Gesù che non
considera come uno dei tanti curatori ma l’unico Salvatore. È attraverso lui che la donna si
La donna «passa dal mondo del verificabile (professionalità, denaro, quantità di cure)
al mondo del gratuito e dell’impossibile»59a cui si può accedere solamente con una grande
fiducia. In questo episodio «Gesù non è stato trattato come soggetto responsabile di ciò che
fa: non gli è stata fatta alcuna richiesta ed egli non ha dato nessun assenso». 60 Gesù è
«semplicemente il luogo di una «potenza» capace di agire al di fuori del suo controllo e di
ottenere efficacemente la guarigione della donna». 61Dove c’è fede questa potenza si libera,
non per magia, ma perché Gesù stesso ha proclamato che suo Padre ha deciso di mettere a
disposizione questa potenza regale per tutti coloro che credono. È la fede della donna che ha
guarigione, ma riporta anche la presa di conoscenza della donna che passa per il suo corpo: si
tratta di una sensazione fisica e diretta. «La presa di coscienza, attraverso la constatazione di
una trasformazione «accadutale», sarà allora l’elemento che la aprirà al dialogo con Gesù». 63
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La presa di conoscenza di quanto ottenuto sino ad ora dà la sensazione della incompletezza.
La donna cercava una «salvezza» in senso pieno, ma quello che constata, in un primo
momento e per verifica diretta, è solamente una guarigione corporea perché il suo corpo
L’emorroissa è nella paura e nel tremore nel momento in cui Gesù la cerca per portare alla
luce ciò che le accaduto e per entrare in dialogo personale con lei: la donna non ha ancora
capito la profondità ed il pieno significato di quello che le è accaduto. 66 Gesù ha voluto fare
uscire la donna allo scoperto non per svergognarla o per rimproverarla per averlo toccato, ma
perché la folla ascoltasse la sua storia («gli disse tutta la verità»).67Gesù loda la sua fede e la
reintegra nella comunità come «figlia» e non più come «emorroissa» e reietta, ma come
persona a lui cara «e membro integrale della comunità, nel suo diritto umano di donna». 68
Nella prospettiva di Marco finché la fede rimane segreta e la donna reagisce con la
paura all’irruzione del divino, l’opera delle fede non è ancora completata.
sottile, penetrante, interiorizzata: avviene «dentro di lui». 69 Questa diversa presa di coscienza
ci impedisce di pensare la «potenza» uscita da lui come una sorta di energia fisica e, a livello
corporeo, riconoscibile. Non la si può intendere come una sorta di fluido magico che si
trasmette per contatto fisico. Non è il contatto fisico a risvegliare la coscienza di Gesù perché,
come ironizzano i discepoli, tutti lo toccano dal momento che la folla lo pressa. Ciò sta a
significare che, nonostante si ignori la fonte o la causa di tale presa di coscienza, essa non
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riguarda un contatto fisico che è comune con la folla anonima, bensì «un contatto
possibile il liberarsi in lui della «potenza divina». 70 «Non si è visto né sentito nulla»71 però un
profondo cambiamento è avvenuto nel corpo della donna, «un cambiamento verso la vita che
esplode in gratitudine verso Gesù».72 Si getta ai suoi piedi: con questo gesto la donna «lo
riconosce come il Signore della vita, come il Dio che ha stabilito con lei una nuova
alleanza»73 e dimostra, «da una parte, il suo coraggio, e, dall’altra, la sua capacità di
ringraziare».74
La guarigione della donna è avvenuta senza ostacoli, il dialogo tra lei e Gesù nasce con
qualche difficoltà. Gesù chiede chi ha toccato il suo mantello, la sua domanda non è dettata
personale. Gesù avrebbe potuto agire diversamente, ignorando del tutto chi l’avesse toccato e
continuando il suo cammino. 75 Egli, invece, «ha il coraggio di svelare l’audacia disperata di
questa donna davanti agli occhi di tutta la gente. Egli stesso non si vergogna di lei, e non
vuole neppure che lei continui a vergognarsi della sua malattia. Il passo più coraggioso della
sua vita verso la guarigione non deve conservare più l’impressione di un furto dissimulato». 76
L’intervento ironico dei discepoli ha la sola funzione di fare comprendere al lettore che il
«tocco» della donna è del tutto singolare rispetto al premere fisico della folla. Gesù non
ascolta i discepoli e si guarda intorno «per vedere colei che aveva fatto questo». L’uso del
femminile è una sorta di ammiccamento tra narratore e lettore: entrambi sanno che si tratta di
una donna. Gesù questo non lo sa: con la parola ha invitato qualcuno a rispondere e con lo
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E. Drewermann, Il messaggio delle donne, Queriniana, Brescia 1997, 137
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sguardo mostra il desiderio che qualcuno si sveli e si mostri. D’altronde non può esserci
dialogo se non nella libera assunzione della relazione da ambedue le parti. La donna accetta
parte degli esegeti, non è univoca. Alcuni pensano che la paura sia dovuta al fatto che viene
impurità. Altri esegeti spiegano che la paura della donna è dovuta alla sua presa di coscienza
(«sapendo ciò che le era accaduto») che la sfera del divino ha toccato la sua esistenza e l’ha
sconvolta. 77
È attraverso questa sua consapevolezza che la donna trova la forza di mostrarsi a Gesù
con Gesù pur sapendo bene chi è lei e chi è Gesù per lei, e a lui si affida lasciandogli la parola
conclusiva. Gesù si rivolge a lei chiamandola «figlia»: l’uso di questo termine familiare
denota affetto e testimonia che tra Gesù e la donna si è stabilito un legame personale.
L’espressione è molto singolare e, nel contesto, potrebbe assumere un significato ancora più
profondo: l’accostamento dei termini «salvare» e «figlia» induce a pensare ad una vita nuova
per una donna che andava verso la morte. Gesù prosegue poi il suo discorso dicendole «la tua
fede ti ha salvata»: con questa espressione egli riconosce l’atteggiamento della donna come
un atteggiamento di fede. 78 «Il verbo sesōken (perfetto di sōzō, «salvare») indica che la donna
Tutto il percorso della donna, favorito sia dalla parola di Gesù che dal suo sguardo, è
riconosciuto come cammino di fede. «In tal modo la «fede» che salva è svelata non tanto
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(«la tua fede»)».80 L’espressione di Gesù mette in risalto che è la fede che genera la salvezza:
l’emorroissa sperava di essere salvata da Dio e, invece, si sente dire che è stata la sua fede ad
averla salvata. I due aspetti possono sembrare in contrasto ma in realtà non lo sono: la donna
riconosce la potenza divina che salva in Gesù e Gesù riconosce la fede che rende possibile la
in pace e sii guarita dal tuo male» (Mc 5,34). «La prima formula è una forma di benedizione
ripresa dalla tradizione biblica (Gd 18,6; 1 Sam 1,17; 2 Sam 15,9) ed essa esprime l’augurio
di una pienezza di vita derivante da un profondo rapporto con Dio e con gli altri».82 La
seconda formula potrebbe essere una variazione di un comune augurio ellenistico inteso come
«abbi cura di te per rimanere sano». In questo modo la storia si concluderebbe con una
benedizione espressa in modo adeguato sia per la cultura giudaica che quella ellenistica, così
da potere essere compresa sia da chi arriva a Gesù attraverso il giudaismo sia da chi gli arriva
attraverso l’ellenismo. 83
Lasciandosi toccare Gesù «annulla i codici sociali e religiosi del suo tempo e proclama
che i corpi delle donne non sono un luogo impuro che ha bisogno di purificazione costante,
ma un luogo di salvezza». 84
La parola conclusiva di Gesù qualifica il percorso della donna come «fede» che salva.
Vale la pena di ripercorrere le tappe di questo percorso che è di esempio per un significativo
80
A. Barbi – Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (Mc 5,24b – 34), 44
81
Ibidem 44
82
Ivi 45
83
Ibidem 45
84
N. Calduch – Benages, Il profumo del Vangelo Gesù incontra le donne, 33
21
cammino di fede.85 Numererò, in maniera crescente, ogni singola tappa in modo che il lettore
1. La donna parte da una condizione di bisogno frustrata dai vani tentativi di guarire
attraverso relazioni basate solamente sullo scambio quantitativo e professionale che non
uscire dalla staticità di una vita frustrata e intraprendere un nuovo percorso. «La
3. Il suo venire tra la folla denota sia il suo coraggio e la sua paura al contempo. «Ogni
atto di comunicazione e relazione personale, tanto più quella singolare relazione personale
con Gesù che è la fede»88 richiede il coraggio di uscire dalla propria chiusura e rischiare di
aprirsi all’Altro. L’apertura autentica della fede è sempre coraggio, ricerca rischiosa e
gesto magico teso ad assicurarsi la potenza taumaturgica di Gesù. Un gesto attraverso il quale
l’emorroissa si apre al desiderio di un profondo mutamento della sua esistenza che parte dalla
necessità di essere guarita e arriva alla speranza di una «salvezza» globale che può soltanto
85
A. Barbi – Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (M c 5,24b – 34), 46
86
Ibidem 46
87
Ibidem 46
88
Ibidem 46
89
Ibidem 46
90
Ibidem 46
22
5. La prima parte del percorso è tutta iniziativa della donna, e si chiude con la presa di
coscienza della guarigione fisica «come segno dell’efficacia della fede».91La seconda parte,
invece, è guidata da Gesù «che interviene nel rendere esplicita e più personale questa
fede».92«Il suo intervento è parola che interpella perché la donna emerga» 93dinanzi a lui e con
Gesù: esce fuori dall’anonimato e intraprende con lui una relazione profonda. Nel
«prostrarsi» riconosce sia la relazione che si è stabilita, sia che Gesù è il Salvatore e lei è
quella salvata. La donna dice tutta la verità, la sua parola «diventa impegnativa nei confronti
di Gesù» perché il suo rapporto con lui non può più essere come prima, ma è un nuovo
7. Il percorso di questa donna termina con la parola efficace di Gesù: «la tua fede ti ha
salvata». Una parola che la donna si sente dire da chi ha l’autorevolezza di pronunciarla e che
«dal nascere della fiducia, carico di desiderio – speranza, alla fede espressa pubblicamente e
in modo impegnativo di fronte alla parola di Gesù che interpella, fino alla fede che rende
possibile la parola sacramentale che dichiara – realizza la salvezza. Tutto il percorso della
fede si qualifica così come un progressivo incontro personale con Gesù che salva». 98
91
Ivi 47
92
Ibidem 47
93
Ibidem 47
94
Ibidem 47
95
Ivi 48
96
Ibidem 48
97
Ibidem 48
98
Ibidem 48
23
Cap. 3 Comparazione triplice tradizione sinottica sul brano
dell’emorroissa
In questo capitolo farò una comparazione dei Vangeli sinottici circa l’episodio
dell’emorroissa. Per fare ciò mi servirò di apposite tabelle illustrative, nelle quali evidenzierò
in giallo e in carattere sottolineato le parti della pericope cui faccio riferimento. Le tabelle
saranno composte da tre righe, una per evangelista sinottico, e in esse sarà visibile la
24
Nessuno degli evangelisti sinottici specifica il nome della donna che pertanto rimane
anonima. Nel primo versetto di tutte e tre le pericopi è ben specificato che le sofferenze della
donna duravano da dodici anni, Luca e Matteo scrivono che la donna «soffriva di emorragia»
Matteo 9,20 […] Ed ecco una donna, che soffriva d'emorragia da dodici anni […]
Marco 5,25 […] Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia […]
Luca 8,43 […] Una donna che soffriva di emorragia da dodici anni […]
Tutti e tre i sinottici specificano che la donna era affetta da «emorragia». Marco
spiega che la donna aveva speso tutti i suoi beni perché si era affidata a diversi medici senza
trarne alcun beneficio, Matteo, invece, non dice nulla di tutto ciò. Luca, invece, spiega che
nessuno era riuscito a guarire la donna. Sia Marco che Luca, a differenza di Matteo, dicono
qualcosa in più: Marco parla di cure operate da medici mentre Luca non specifica la
professione delle persone cui la donna si era affidata. Marco, rispetto a Luca, lascia intendere
che le cure cui si era sottoposta avevano peggiorato il suo stato di salute.
[…] e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza
Marco 5,26
nessun vantaggio, anzi peggiorando […]
La pericope di Marco è l’unica, tra quelle dei sinottici, in cui è scritto che la donna
25
Tutti e tre i sinottici spiegano che la donna si avvicina alle spalle di Gesù e tocca il
suo mantello. Per essere precisi, Luca e Matteo parlano spiegano che la donna tocca il lembo
Matteo 9,20 […] gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello […]
Marco 5,27 […] venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello […]
Luca 8,44 […] gli si avvicinò alle spalle e gli toccò il lembo del mantello […]
Sia Marco che Matteo, subito dopo avere raccontato il gesto della donna nel toccare il
mantello di Gesù, spiegano che l’azione da lei compiuta era un suo preciso desiderio: i due
evangelisti, infatti, palesano apertamente il pensiero della donna. Luca, invece, parla
solamente del gesto. Nel pensiero della donna c’è l’assoluta convinzione e, cioè, la fede che
Matteo 9,21 […] Pensava infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita» […]
Marco 5,27-28 […] Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita» […]
Luca e Marco, subito dopo il gesto della donna, raccontano della sua immediata
[…] Gesù, voltatosi, la vide e disse: «Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita». E in
Matteo 9,22
quell'istante la donna guarì […]
[…] E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da
Marco 5,29
quel male […]
26
Luca 8,44 […] e subito il flusso di sangue si arrestò […]
Marco e Luca raccontano che Gesù si accorge che qualcuno, per un preciso scopo, lo
ha toccato. E non è un tocco casuale, cioè, causato, per forza di cose, dalla folla che si stringe
a lui. Matteo racconta, invece, che Gesù si gira e vede la donna, ma non spiega la ragione per
cui lo fa; anche se non lo scrive, Matteo, probabilmente, lascia intendere che la donna mette
in pratica il desiderio di toccare il mantello di Gesù ed è, forse, per questa ragione che il
Maestro si gira.
Luca e Marco, a differenza di Matteo, spiegano la ragione per cui Gesù si pone la
domanda di chi abbia toccato il suo mantello: Luca parla del fatto che Gesù si accorge di una
«forza» che è uscita da lui mentre Marco parla, invece, di una «potenza».
[…] Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo:
Marco 5,30
«Chi mi ha toccato il mantello?» […]
Luca 8,46 […] Ma Gesù disse: «Qualcuno mi ha toccato. Ho sentito che una forza è uscita da me»
[…]
Nei racconti di Luca e Marco, alla domanda che Gesù fa su chi gli ha toccato il
mantello, viene data una precisa risposta: il primo evangelista affida la risposta sia ad un
gruppo anonimo di persone che negano di averlo toccato («Mentre tutti negavano») sia a
27
Pietro («Maestro, la folla ti stringe da ogni parte e ti schiaccia»); Marco, invece, affida la
risposta ai discepoli («Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?»).
Tra gli evangelisti sinottici solamente Luca e Marco scrivono che la donna si mostra a
[…] E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò
Marco 5,33
davanti e gli disse tutta la verità […]
Luca 8,47 […] Allora la donna, vedendo che non poteva rimanere nascosta, si fece avanti tremando
e, gettatasi ai suoi piedi, dichiarò davanti a tutto il popolo il motivo per cui l'aveva toccato,
Le tre pericopi sinottiche terminano quasi allo stesso modo: in Marco e Luca il
racconto termina con le parole che Gesù rivolge alla donna, in Matteo, invece, alle parole
Matteo 9,22 […] «Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita». E in quell'istante la donna guarì […]
[…] Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male»
Marco 5,34
[…]
Luca 8,48 […] Egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata, va' in pace!» […]
28
Conclusione
Ho scelto di parlare dell’emorroissa perché nel racconto marciano, della sua storia ci
sono tanti spunti di riflessione. Innanzitutto, la storia di questa donna sottolinea la potenza di
Dio di fare, per chi crede, ciò che è umanamente impossibile. È una donna molto coraggiosa
perché si avvicina a Gesù, approfittando della folla che lo stringe, e viola tutte le prescrizioni
della società cui appartiene che le vietano qualunque forma di partecipazione alla vita
pubblica per evitare che possa contaminare qualunque cosa lei tocchi.
l’emorroissa fa eccezione, infatti, non è sua intenzione aprire un dialogo diretto con Gesù per
chiedergli l’aiuto, per lei è sufficiente avvicinarlo e toccarlo: questa sua profonda
Nel brano di Marco la parola «folla» è utilizzata tre volte; questa ripetizione è, quasi
voluta per dire che tanti sono attratti dalla parola e dalla potenza del Nazareno e per mostrare la
vicinanza compassionevole che Gesù vive con la gente. Sembra che egli non riesca a fare a meno
di vivere in mezzo al suo popolo, di essere con loro e per loro, pastore e padre, guida e conforto,
maestro e rifugio sicuro. Vive in perfetta armonia con le folle che accalcano i luoghi della sua
«L’unico mezzo che può guarire le persone è l’amore – una relazione, completamente
indipendente e libera dalle questioni di dignità e di indegnità, indipendente perfino anche dalla
questione della purezza o dell’impurità, solo semplicemente una mano che uno può tendere senza
essere rifiutato, semplicemente un contatto che non impegna e non esige niente per sé, come se si
chiudesse un circuito elettrico attraverso il quale fluisce l’energia della guarigione; ma anche
viceversa, poiché nell’altro, in Gesù, si forma qualcosa di simile a una corrente che va in senso
29
contrario, che riempie il vuoto che questa donna sente in sé, una forza che esce da lui e fa esaurire
99
E. Drewermann, Il messaggio delle donne, 135-136
30
Bibliografia
Fonti
Angelo Poppi, Sinossi e Commento, esegetico – spirituale dei quattro Vangeli, Ed.
Studi
Nuria Calduch – Benages (a cura di) Donne dei Vangeli, Periodici San Paolo, Milano
2021
Nuria Calduch – Benages (a cura di) Donne dell’Antico Testamento, Periodici San
Nuria Calduch – Benages (a cura di) Il profumo del Vangelo, Gesù incontra le donne,
Torino 2019
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Indice
Introduzione…………………………………………………………………………... p. 4
Conclusione……………………………………………………………………………. p.29
Bibliografia…………………………………………………………………………….. p.31
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