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PALERMO

FACOLTÀ TEOLOGIA DI SICILIA

ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE

Elaborato annuale di esegesi del Nuovo Testamento

Il singolare percorso di fede di una donna nel Nuovo Testamento: l’emorroissa

Allieva Docente

Maria Anna Gullotti Maria Armida Nicolaci

Anno accademico 2021 - 2022


PALERMO

FACOLTÀ TEOLOGIA DI SICILIA

ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE

POLO FAD “SAN LUCA”

Elaborato Annuale di esegesi del Nuovo Testamento

Il singolare percorso di fede di una donna nel Nuovo Testamento: l’emorroissa

Allieva Docente

Maria Anna Gullotti Maria Armida Nicolaci

Anno di corso I

Anno accademico 2021 - 2022


Introduzione

Durante il corso di esegesi del Nuovo Testamento mi ha profondamente colpito e fatto

riflettere il ruolo e l’immagine che le donne avevano nella Bibbia. Riguardo ad esse, e lo

stesso valeva per i poveri, i peccatori, i disabili, e in generale per tutti quelli che vengono

considerati gli «ultimi» o meglio ancora gli «emarginati» della società di quel tempo, 1 Gesù

operò un’autentica rivoluzione; gli non sviluppò alcuna dottrina né diede precise regole di

comportamento, ma il suo atteggiamento fu così nuovo, inclusivo e dirompente da provocare

scandalo non solo fra i suoi contemporanei ma anche tra i suoi stessi discepoli. 2 Le donne

erano vittime di vere e proprie ingiustizie alle quali Gesù reagì senza badare ai pregiudizi

maschilisti e alle usanze dell’epoca. Si schierò dalla parte delle donne «invitando a concepire

in maniera del tutto diversa»3 il loro ruolo nella società del suo tempo, il modo di guardarle e

di considerarle.4

Nel primo capitolo descrivo la condizione della donna sia nella società all’epoca del

Vecchio Testamento sia in quella del Nuovo Testamento e lo farò attraverso il racconto di

alcuni episodi narrati nella Bibbia.

Si comprenderà così che nelle due epoche le donne erano soggette a molte restrizioni

e non erano considerate per niente al pari degli uomini cioè vivevano in una società

patriarcale, oppressiva e razzista; Gesù, invece, le accetta sia nel gruppo dei suoi discepoli

che nella sua missione itinerante senza imporre loro né divieti né condizioni. 5 «Le donne che

seguono Gesù non soltanto lo servono con i loro beni materiali, ma hanno una partecipazione

attiva nella missione testimoniando, pregando, profetizzando…» 6 Nel momento più tragico

1
Nuria Calduch – Benages, Donne dei Vangeli, San Paolo, Milano 2021, 5
2
Ibidem 6
3
Ibidem 6
4
Ibidem 6
5
Ibidem 6
6
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4
della sua vita le donne si mantengono coraggiose e fedeli, i discepoli, invece, fuggono perché

hanno paura di subire la medesima sorte del Maestro.

Tra i brani più belli e stimolanti dei Vangeli, ed in particolare del Vangelo di Marco,

quello che narra la guarigione dell’emorroissa, la donna che perdeva sangue, occupa

certamente un posto di assoluto rilievo, ne parlerò nel secondo capitolo e approfondirò il suo

percorso di fede.

Infine, nel terzo e ultimo capitolo, farò la comparazione con gli altri evangelisti

sinottici. Prima di addentrarci nel racconto dell’emorroissa é necessario approfondire la

condizione sociale della donna sia all’epoca del Vecchio Testamento che ai tempi di Gesù, al

fine di comprendere meglio alcuni aspetti importanti.

5
Cap. 1 Cenni sulla situazione della donna nella Bibbia

1.1 Cenni sulla condizione della donna nell’Antico Testamento

Sara, Rebecca, Rachele e Lia sono delle matriarche d’Israele che hanno contribuito

alla nascita del popolo e alla costruzione delle sue identità e della sua memoria. La storia

patriarcale raccontata nelle Genesi non è soltanto la storia dei patriarchi, ma è anche la storia

delle matriarche, destinatarie privilegiate della promessa divina. 7

Sara era una donna sterile e non aveva figli. La sterilità in Israele e, in generale, in

tutti i popoli antichi, era una vera e propria tragedia per la donna: oltre ad essere

un’umiliazione era anche un segno di maledizione e per queste ragioni la donna si sentiva

rifiutata dalla società, dai propri cari e persino da Dio. La donna sterile era consapevole di

non potere diventare madre e tale rinuncia era vissuta, giorno dopo giorno, come un vero e

proprio incubo. 8

Sara attribuiva a Dio la colpa della sua sterilità e siccome Dio, a suo dire, le aveva

voltato le spalle, decise di prendere l’iniziativa e si rivolse al marito perché profondamente

decisa a non rimanere una donna incompleta: «Il Signore mi ha impedito di avere prole;

unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli» (Gen 16,2).9

Rachele, la moglie amata di Giacobbe, allo stesso modo di Sara, supplicò il marito

affinché si unisse con una schiava che le permettesse così di diventare madre. La pratica, per

una donna sterile, di ricorrere all’unione del marito con una schiava per diventare madre, era

una consuetudine prevista dal diritto mesopotamico, ma non ci sono prove che tale usanza

7
Nuria Calduch – Benages, (a cura di) Donne dell’Antico Testamento, Periodici San Paolo, Milano 2021, 17
8
Ibidem 17
9
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6
fosse utilizzata nella società ebraica; tuttavia, la narrazione di questi episodi ci presenta una

soluzione alla sterilità femminile. 10

I racconti di Sara e Rachele ci testimoniano che nella società ebraica esistevano donne

che vivevano la condizione di schiavitù, e per volontà dei loro padroni, potevano essere

“usate” al fine di essere messe incinta per generare gratuitamente prole alle donne sterili.

Una donna che sanguinava, dunque, era legalmente e socialmente immonda, era

considerata fonte di impurità per chiunque o qualunque cosa lei toccasse o sfiorasse. In

alcune società tradizionali africane, durante tutto il periodo mestruale la donna non poteva

vivere nella sua casa ed era costretta a stare in disparte all’interno di un alloggio di fortuna

all’esterno della casa; non poteva cucinare per la sua famiglia o stare in compagnia degli altri

sino a quando il suo flusso non fosse terminato. 11 Oltre al dolore mestruale che provava, si

aggiungeva il fatto che il suo valore umano veniva sminuito sia perché era considerata una

reietta sociale all’interno della sua famiglia sia per il fatto che la sua intimità era violata. 12

Nel parlare della donna che sanguina, il testo La donna dei Vangeli che ho

precedentemente citato, fa espresso riferimento al terzo libro del Pentateuco ovvero il

Levitico, nel quale è possibile trovare delle norme ben precise che regolavano il

comportamento delle donne.

Per la donna che sanguina, nel quindicesimo capitolo del Levitico, ai paragrafi

compresi tra il venticinquesimo ed il ventottesimo, troviamo le seguenti prescrizioni: «La

donna che ha un flusso di sangue per molti giorni, fuori del tempo delle regole, o che lo abbia

più del normale sarà immonda per tutto il tempo del flusso, secondo le norme

dell'immondezza mestruale. Ogni giaciglio sul quale si coricherà durante tutto il tempo del

flusso sarà per lei come il giaciglio sul quale si corica quando ha le regole; ogni mobile sul

10
Ibidem 19
11
N. Calduch – Benages, Donne dei Vangeli, 36
12
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7
quale siederà sarà immondo, come lo è quando essa ha le regole. Chiunque toccherà quelle

cose sarà immondo; dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell'acqua e sarà immondo fino alla

sera. Quando essa sia guarita dal flusso, conterà sette giorni e poi sarà monda.»

Anche la donna che partoriva era considerata impura: «Quando una donna sarà

rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda

come nel tempo delle sue regole. […] Poi essa resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal

suo sangue; […] Ma, se partorisce una femmina sarà immonda due settimane come al tempo

delle sue regole; resterà sessantasei giorni a purificarsi dal suo sangue.» ( Lv 12, 1 – 5). La

nascita di una femmina era considerata, dunque, causa di maggiore impurità per la madre.

«In quel tempo Giuda si separò dai suoi fratelli e si stabilì presso un uomo di

Adullam, di nome Chira. Qui Giuda vide la figlia di un Cananeo chiamato Sua, la prese in

moglie e si unì a lei».13 «Essa concepì e partorì un figlio e lo chiamò Er. Poi concepì ancora e

partorì un figlio e lo chiamò Onan. Ancora un'altra volta partorì un figlio e lo chiamò Sela.

Essa si trovava in Chezib, quando lo partorì» (Gen 38, 1-5).

Giuda offrì Tamar in sposa al suo primogenito Er, ma questi morì. «Allora Giuda

disse a Onan [il suo secondogenito]: «Unisciti alla moglie del fratello, compi verso di lei il

dovere di cognato e assicura così una posterità per il fratello».»14 «È curioso che Giuda faccia

osservare il dovere del levirato, che sarà codificato tra gli ebrei, figli di Sem, solo dopo

l’uscita dall’Egitto, ossia diverse generazioni dopo». 15

La pratica del levirato era una consuetudine presente nell’antica società ebraica le cui

ragioni erano sia di natura sociale che patrimoniale: da un lato si evitava che il patrimonio del

defunto venisse alienato e dall’altro si dava un marito alla vedova al fine di poterle garantire

il sostentamento visto che la donna non doveva lavorare.

13
N. Calduch – Benages, Donne dell’Antico testamento, 33
14
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8
Giuda venne a sapere che Tamar si era prostituita e per questa ragione voleva farla

bruciare. Diceva, infatti, la legge: «Se la figlia di un sacerdote si disonora prostituendosi,

disonora suo padre; sarà arsa con il fuoco» (Lv 21,9).16 Era questa la punizione per una

donna, figlia di un sacerdote, che si fosse prostituita. In casi come questi l’uomo poteva

decidere della vita di una donna perché la legge gliene dava diritto.

1.2 Cenni sulla condizione della donna nel Nuovo Testamento

Sono numerose le donne che Gesù incontra durante il suo ministero, parla con loro in

pubblico e rivaluta il loro corpo che da realtà impura che necessita di continua purificazione

trasforma in luogo di salvezza. 17 La Legge di quell’epoca proibiva alle donne lo studio, Gesù,

invece, le istruisce nella sua dottrina; le donne che seguono Gesù hanno una partecipazione

attiva nella sua missione, pregano e profetizzano. 18

L’evangelista Luca parla della profetessa Anna che «non si allontanava mai del

Tempio» (Lc 2,37) e serviva Dio «notte e giorno con digiuni e preghiere» (Lc 2,37).

Attraverso queste affermazioni Luca dà un nuovo significato di profezia che non si svolge

nella pubblica piazza o nella corte dei monarchi, «ma nella presenza e nel rapporto intimo di

Dio, diventando così una totalità di vita» […] Anna risponde perfettamente a questo ‘nuovo

tipo’ di profezia.19

Se da un lato la profetessa Anna continua la lunga tradizione delle profetesse

nell’Antico Testamento, dall’altro, nel fare del Tempio casa sua, «oltrepassa la soglia

dell’Antico Testamento, anticipando il ruolo delle donne profetesse dei primi tempi della

Chiesa (cfr. At 2,17; 21,9; 1Cor 11,5)». 20

16
N. Calduch – Benages, Donne dell’Antico testamento, 38
17
N. Calduch – Benages, Donne dei Vangeli, 7
18
Ibidem 7
19
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9
«Conosciuta tradizionalmente come la peccatrice pubblica, perdonata e pentita, la

donna del profumo» 21, nel Vangelo di Luca (Lc 36-50) è colei «che sparse l’olio profumato

contenuto nel vaso di alabastro sui piedi»22di Gesù.

Il male di questa donna è il peccato e per questa ragione la Legge, impersonata

nell’episodio da Simone il fariseo, la considera «emarginata, esclusa dal mondo sociale, dal

sistema religioso, dal banchetto, dalla mensa, dal dialogo…».23

Simone non si indigna per la condotta indecorosa della donna, ma si infastidisce per

«[…] l’atteggiamento di Gesù che accetta i baci e le carezze profumate di una peccatrice

pubblica»24 a cui non è concesso di toccare gli altri. «Gesti gratuiti, non necessari, insoliti se

li si guarda con gli occhi della logica, della Legge, degli strati sociali».25

«L’azione della donna scatena il giudizio immediato e inappellabile di Simone, un

processo a porte chiuse, una sentenza dettata nel segreto del suo cuore: «Se costui fosse un

profeta, saprebbe chi è, e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice» ( Lc

7,39).»26

Si intuisce che per la cultura ebraica di quell’epoca la donna peccatrice che “tocca”

inevitabilmente diffonde contagio. Ma la tenerezza che prova Gesù nei confronti di questa

donna non può essere imbrigliata nei parametri intellettuali, etici e sociali di quella società.

«La tenerezza non si apprende dalla Legge ma dal cuore, non si valuta in base alla Legge ma

al perdono; non si spiega da fuori ma da dentro» 27. A Simone manca la tenerezza ed egli

dovrà imparare a guardare le cose con uno sguardo nuovo se vorrà capire la dinamica

inclusiva di Gesù.28

21
N. Calduch – Benages, Donne dei Vangeli, 43
22
Ibidem 43
23
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24
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25
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26
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27
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28
Ibidem 49

10
Nei Vangeli dei sinottici è narrato l’episodio dei sadducei che non credono alla

resurrezione e, per questa ragione, tendono un tranello a Gesù chiedendogli come applicare la

legge del levirato dopo la resurrezione della moglie e di tutti i suoi mariti, tra loro fratelli. 29

Senza entrare nel merito di quello che risponde Gesù, osserviamo che la pratica del levirato

era in uso nella società ebraica all’epoca del Nuovo Testamento.

29
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11
Cap. 2 L’emorroissa nel Vangelo di Marco (Mc. 5, 25-34)

Per sua natura la donna tende a sanguinare da tre a sette giorni al mese. E una cosa

che non dipende affatto da lei ma le è stata data da Dio. Durante il periodo mestruale, la

donna perde sangue per via di un ovulo non fecondato. Se l’ovulo è fecondato allora esso

forma il nucleo di un essere umano e dà inizio ad una nuova vita. Diversamente esso si stacca

e fuoriesce lentamente sotto forma di sangue. È Dio che ha voluto che l’essere umano

nascesse nel grembo di una donna. Per alcune donne il ciclo mestruale è spesso una prova di

prolungato e lancinante dolore che si manifesta attraverso mal di teste ed emicranie. Alcuni

ricercatori hanno affermato che il dolore mestruale è molto simile a quello del parto, ma in

forma più lieve, quindi ogni donna che concepisca o no è destinata a provare, nella sua vita,

un dolore simile a quello del parto.30

Gesù ha sperimentato i dolori del parto nei tre giorni della sua passione, dalla

dolorosa accettazione del suo infausto destino nell’orto degli ulivi, dall’umiliazione del

processo cui viene sottoposto, dai lancinanti dolori delle ferite provocate dalla crocifissione e

dall’agonia in croce sino alla sua morte. 31 «Nell’orto il suo sudore stillava come dense gocce

di sangue;» 32 «gli artisti lo dipingono con il volto macchiato di sangue e con il sangue che

cola dal suo capo incoronato di spine». 33

Dopo la sua morte un soldato gli trafisse il fianco con una lancia e uscirono sangue e

acqua. La Chiesa considera le sofferenze di Gesù come sofferenze dovute alle doglie del suo

parto per «dare vita ad una nuova creatura, all’umanità e alla Chiesa attraverso i sacramenti

dell’iniziazione: battesimo (acqua), confermazione (spirito) ed eucarestia (sangue)».34

30
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31
Ibidem 35
32
Ibidem 35
33
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34
Ibidem 36

12
Per raccontare l’episodio dell’emorroissa ho scelto di citare il brano del Vangelo di

Marco perché, fra i sinottici, è quello più ricco di informazioni.

Mc 5, 25 – 34

25 26
E una donna, che aveva un flusso di sangue (da) dodici anni e aveva sofferto

molto da parte di molti medici e aveva speso tutto quello che aveva e non aveva avuto alcun
27
giovamento, ma piuttosto era andata peggio, avendo sentito ciò (che si diceva) di Gesù,

28
venendo tra la folla, di dietro, toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se toccherò anche

29
(solo)le sue vesti, sarò salvata». E subito si inaridì la fonte del suo sangue, e conobbe nel

30
corpo che era guarita dal (suo) male. E subito, Gesù, avendo riconosciuto in se stesso la

31
forza uscita da lui, voltandosi verso la folla, diceva: «Chi mi ha toccato le vesti?» E gli

32
dicevano i suoi discepoli: «(Tu) vedi la folla che ti comprime e dici “Chi mi ha toccato?”.

33
Ed (egli) guardava attorno per vedere colei che aveva fatto questo. Ora la donna, presa da

paura e tremando, sapendo ciò che le era accaduto, venne e si gettò davanti a lui e gli disse
34
tutta la verità. Ma egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Và in pace e sii sanata

dal tuo male».

Prima di interpretare il brano di Marco, è bene evidenziare il contesto in cui Gesù

opera il miracolo. Lo scenario della guarigione è in un luogo pubblico: sull’altra riva del mare

di Galilea, dove la folla si raduna intorno a Lui. Gesù già aveva manifestato il suo potere

sulle forze naturali e sui demoni, mentre in questo contesto lo manifesta attraverso altri due

prodigi sulla malattia e sulla morte. L’evangelista ricorre spesso alla tecnica della costruzione

a incastro nota pure con il nome di inserzione o intercalazione, e colloca il brano

13
dell’emorroissa con quello della figlia di Giairo (Mc, 5,21-24; 35-43).35 Motivo per cui

conferisce alla composizione un’interessante efficacia narrativa, facendo pure concordare tra

loro molti dettagli dei due episodi: i dodici anni della fanciulla corrispondono alla durata

della malattia dell’emorroissa. Si tratta di due donne in pericolo: l’una, donna adulta, afflitta

da una malattia impura e l’altra, una bambina che sta per morire.36 Nel racconto

dell’emorroissa la folla costituisce, dapprima, la massa anonima e silenziosa al riparo della

quale la donna, in tutta segretezza, compie il suo gesto, e poi il soggetto a cui Gesù si rivolge

per chiedere chi lo ha toccato. 37

«Questa donna, che è stata ‘fabbricata’ da Dio (la prima fabbricazione di Dio nella

scrittura è la donna; cfr. il verbo banah in Gen 2,22) per collaborare con lui nel concepire,

portare e partorire altri esseri umani, ha sanguinato per dodici anni»38.

È difficile immaginare il dolore di questa donna, infatti, Marco, nel suo greco, ne

descrive l’afflizione con la parola mástigos (frusta)»39, e «la descrive come vittima di un

«flusso di sangue» (en rỳsai háimatos) e il flusso stesso come un «pozzo di sangue» (pegé tou

háimatos). Com’è possibile che abbia perso sangue così a lungo senza morire?».40Da una

parte l’emorroissa è stata più fortunata di tante altre donne che muoiono dissanguate durante

il parto, dall’altra parte è una donna con una forte determinazione a restare in vita. 41 Ed è tale

determinazione che «l’ha spinta a fare tutto quanto era in suo potere per dodici anni». 42

35
V.Scippa, Ricerche preliminari per uno studio su Mc 5,21-43 secondo la Redaktionsgeschichte, in RivB 51
(1983) 399-401.
36
Nuria Calduch – Benages, Il profumo del Vangelo Gesù incontra le donne, Paoline, Milano 2007, 17
37
Augusto Barbi, Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (Mc 5,24b – 34), in «Esperienza e
Teologia» 3 (1996) 29 – 48, 34
38
N. Calduch – Benages, Donne dei Vangeli, 36
39
Ibidem 36
40
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41
Ibidem 37
42
Ibidem 37

14
«A motivarla è stato il fatto di credere che Dio non intendesse farla vivere per sempre

come emorroissa? La sua speranza di trovare una cura è rimasta salda anche dopo avere speso

tutto ciò che aveva per i medici, con il risultato di peggiorare».43

Nel racconto marciano c’è una precisa nota sulla sofferenza che la donna ha dovuto

subire per via dei medici, sulle spese per le cure che l’hanno ridotta in miseria, sull’inutilità di

queste cure che ne hanno peggiorato la salute. In tal senso l’evangelista sottolinea

l’incompetenza della classe medica. 44

L’annotazione marciana circa l’inutilità delle cure oltre che essere una critica nei

confronti dei medici è anche una sorta di escamotage la cui funzione è quella di evidenziare

la grandezza del prodigio che sta per accadere. C’è una precisa corrispondenza tra l’iniziale

descrizione del rapporto di questa donna con i medici e la presentazione dei suoi sentimenti,

pensieri e azioni nei confronti di Gesù. In un certo senso è come se Marco avesse voluto

porre in risalto sia il cambiamento di attenzione della donna dai medici a Gesù, sia il

cambiamento del tipo di relazione, cioè da quello avuto con i medici a quello avuto, sia pure

molto gradualmente, con Gesù.45

2.1 Il percorso della fede nella «segretezza»

L’evangelista precisa che la donna aveva sentito parlare di Gesù. Si potrebbe supporre

che la sua fama di guaritore sia arrivata anche alla donna, tuttavia il testo non precisa nulla su

ciò che ella è venuta a sapere e sulle ragioni che la spingono a riporre le sue speranze in

Gesù. La consapevolezza della sua condizione di creatura immonda che può trasmettere la

43
Ivi 38
44
N. Calduch – Benages, Il profumo del Vangelo Gesù incontra le donne, 21
45
A. Barbi, Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (Mc 5,24b – 34), 35

15
sua impurità attraverso un semplice contatto, è, probabilmente, la ragione per cui si avvicina,

tra la folla, in maniera furtiva alle spalle di Gesù.46

Il gesto del «toccare il mantello» appartiene ad una concezione, molto diffusa a quel

tempo, circa la presenza di una potenza (dynamis) guaritrice nell’uomo divinizzato. 47 Si

potrebbe pensare, dunque, che esso possa essere l’espressione di una credenza superstiziosa e

magica che indurrebbe ad interpretare il desiderio della donna di impossessarsi, attraverso il

semplice contatto, di questa potenza impersonale. 48«Marco, infatti, accompagna la narrazione

del gesto con la parola di commento della donna stessa».49 In essa è molto profonda la fiducia

che la donna ripone in Gesù: l’espressione «anche solo il mantello» mostra l’intensità di

«questo suo desiderio»50 che «è più forte della legge, della cultura e della tradizione». 51 Il

desiderio le conferisce una forza insolita e la fa diventare una donna libera capace di superare

tutti i limiti che le sono imposti. 52

«Il mantello è inteso come un’estensione vitale della persona di Gesù» 53 come si

intuisce dalla corrispondenza tra la domanda di Gesù («chi ha toccato il mio mantello») e la

risposta dei discepoli («chi mi ha toccato»). 54La speranza di questa donna è che dal contatto

personale con Gesù possa scaturire la «salvezza». 55 Il verbo «salvare» (sozein) ha un

significato profondo: esso «interpreta le guarigioni come segni anticipatori della pienezza del

Regno. […] la speranza di salvezza della donna non è limitata alla guarigione corporea ma è

46
N. Calduch – Benages, Il profumo del Vangelo Gesù incontra le donne, 29
47
A. Barbi – Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (Mc 5,24b – 34), 36
48
Ibidem 36
49
Ibidem 36
50
N. Calduch – Benages, Il profumo del Vangelo Gesù incontra le donne, 30
51
Ibidem 30
52
Ibidem 30
53
A. Barbi – Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (Mc 5,24b – 34), 36
54
Ibidem 36
55
Ibidem 36

16
aperta alla liberazione e alla salvezza globale comprendente pure la ripresa della comunione

con Dio e con gli uomini».56

La fiducia nella salvezza è espressa al passivo: «sarò salvata». «Esso è chiaramente un

passivo al «divino» che sottintende Dio come agente della salvezza». 57L’emorroissa vive una

miserevole condizione di esistenza, è frustrata ulteriormente dal rapporto professionale e di

scambio avuto con i medici ed è alla ricerca di una relazione personale con Gesù che non

considera come uno dei tanti curatori ma l’unico Salvatore. È attraverso lui che la donna si

dispone ad accogliere l’azione divina. 58

La donna «passa dal mondo del verificabile (professionalità, denaro, quantità di cure)

al mondo del gratuito e dell’impossibile»59a cui si può accedere solamente con una grande

fiducia. In questo episodio «Gesù non è stato trattato come soggetto responsabile di ciò che

fa: non gli è stata fatta alcuna richiesta ed egli non ha dato nessun assenso». 60 Gesù è

«semplicemente il luogo di una «potenza» capace di agire al di fuori del suo controllo e di

ottenere efficacemente la guarigione della donna». 61Dove c’è fede questa potenza si libera,

non per magia, ma perché Gesù stesso ha proclamato che suo Padre ha deciso di mettere a

disposizione questa potenza regale per tutti coloro che credono. È la fede della donna che ha

permesso il dispiegarsi in lei di tale potenza divina che l’ha guarita. 62

Il brano di Marco non si limita soltanto a osservare oggettivamente il risultato della

guarigione, ma riporta anche la presa di conoscenza della donna che passa per il suo corpo: si

tratta di una sensazione fisica e diretta. «La presa di coscienza, attraverso la constatazione di

una trasformazione «accadutale», sarà allora l’elemento che la aprirà al dialogo con Gesù». 63

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57
Ibidem 37
58
Ibidem 37
59
Ibidem 37
60
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Ibidem 38
62
Ibidem 38
63
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17
La presa di conoscenza di quanto ottenuto sino ad ora dà la sensazione della incompletezza.

La donna cercava una «salvezza» in senso pieno, ma quello che constata, in un primo

momento e per verifica diretta, è solamente una guarigione corporea perché il suo corpo

«fonte di autoconoscenza e di certezza» 64 le dice la verità e le comunica la guarigione» . 65

L’emorroissa è nella paura e nel tremore nel momento in cui Gesù la cerca per portare alla

luce ciò che le accaduto e per entrare in dialogo personale con lei: la donna non ha ancora

capito la profondità ed il pieno significato di quello che le è accaduto. 66 Gesù ha voluto fare

uscire la donna allo scoperto non per svergognarla o per rimproverarla per averlo toccato, ma

perché la folla ascoltasse la sua storia («gli disse tutta la verità»).67Gesù loda la sua fede e la

reintegra nella comunità come «figlia» e non più come «emorroissa» e reietta, ma come

persona a lui cara «e membro integrale della comunità, nel suo diritto umano di donna». 68

Nella prospettiva di Marco finché la fede rimane segreta e la donna reagisce con la

paura all’irruzione del divino, l’opera delle fede non è ancora completata.

2.2 Il percorso della fede «svelata»

La presa di coscienza di Gesù è diversa da quella della donna: «è una conoscenza

sottile, penetrante, interiorizzata: avviene «dentro di lui». 69 Questa diversa presa di coscienza

ci impedisce di pensare la «potenza» uscita da lui come una sorta di energia fisica e, a livello

corporeo, riconoscibile. Non la si può intendere come una sorta di fluido magico che si

trasmette per contatto fisico. Non è il contatto fisico a risvegliare la coscienza di Gesù perché,

come ironizzano i discepoli, tutti lo toccano dal momento che la folla lo pressa. Ciò sta a

significare che, nonostante si ignori la fonte o la causa di tale presa di coscienza, essa non

64
N. Calduch – Benages, Il profumo del Vangelo Gesù incontra le donne, 31
65
Ibidem 31
66
A. Barbi – Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (Mc 5,24b – 34), 39
67
N. Calduch – Benages, Donne dei Vangeli, 39
68
Ivi 40
69
A. Barbi – Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (Mc 5,24b – 34) , 39

18
riguarda un contatto fisico che è comune con la folla anonima, bensì «un contatto

personalizzato, carico di intenzionalità e di attese, un contatto a livello profondo che ha reso

possibile il liberarsi in lui della «potenza divina». 70 «Non si è visto né sentito nulla»71 però un

profondo cambiamento è avvenuto nel corpo della donna, «un cambiamento verso la vita che

esplode in gratitudine verso Gesù».72 Si getta ai suoi piedi: con questo gesto la donna «lo

riconosce come il Signore della vita, come il Dio che ha stabilito con lei una nuova

alleanza»73 e dimostra, «da una parte, il suo coraggio, e, dall’altra, la sua capacità di

ringraziare».74

La guarigione della donna è avvenuta senza ostacoli, il dialogo tra lei e Gesù nasce con

qualche difficoltà. Gesù chiede chi ha toccato il suo mantello, la sua domanda non è dettata

da semplice curiosità, ma è un appello personale ad una risposta libera e, a sua volta,

personale. Gesù avrebbe potuto agire diversamente, ignorando del tutto chi l’avesse toccato e

continuando il suo cammino. 75 Egli, invece, «ha il coraggio di svelare l’audacia disperata di

questa donna davanti agli occhi di tutta la gente. Egli stesso non si vergogna di lei, e non

vuole neppure che lei continui a vergognarsi della sua malattia. Il passo più coraggioso della

sua vita verso la guarigione non deve conservare più l’impressione di un furto dissimulato». 76

L’intervento ironico dei discepoli ha la sola funzione di fare comprendere al lettore che il

«tocco» della donna è del tutto singolare rispetto al premere fisico della folla. Gesù non

ascolta i discepoli e si guarda intorno «per vedere colei che aveva fatto questo». L’uso del

femminile è una sorta di ammiccamento tra narratore e lettore: entrambi sanno che si tratta di

una donna. Gesù questo non lo sa: con la parola ha invitato qualcuno a rispondere e con lo

70
Ivi 38
71
N. Calduch – Benages, Il profumo del Vangelo Gesù incontra le donne, 31
72
Ibidem 31
73
Ibidem 31
74
Ibidem 31
75
Ivi 32
76
E. Drewermann, Il messaggio delle donne, Queriniana, Brescia 1997, 137

19
sguardo mostra il desiderio che qualcuno si sveli e si mostri. D’altronde non può esserci

dialogo se non nella libera assunzione della relazione da ambedue le parti. La donna accetta

di rispondere sia pure «impaurita e tremante». L’interpretazione di questo atteggiamento, da

parte degli esegeti, non è univoca. Alcuni pensano che la paura sia dovuta al fatto che viene

pubblicamente scoperto un gesto che poteva sembrare magico e, soprattutto, portatore di

impurità. Altri esegeti spiegano che la paura della donna è dovuta alla sua presa di coscienza

(«sapendo ciò che le era accaduto») che la sfera del divino ha toccato la sua esistenza e l’ha

sconvolta. 77

È attraverso questa sua consapevolezza che la donna trova la forza di mostrarsi a Gesù

e di raccontargli «tutta la verità». In questo modo la donna instaura un rapporto di confidenza

con Gesù pur sapendo bene chi è lei e chi è Gesù per lei, e a lui si affida lasciandogli la parola

conclusiva. Gesù si rivolge a lei chiamandola «figlia»: l’uso di questo termine familiare

denota affetto e testimonia che tra Gesù e la donna si è stabilito un legame personale.

L’espressione è molto singolare e, nel contesto, potrebbe assumere un significato ancora più

profondo: l’accostamento dei termini «salvare» e «figlia» induce a pensare ad una vita nuova

per una donna che andava verso la morte. Gesù prosegue poi il suo discorso dicendole «la tua

fede ti ha salvata»: con questa espressione egli riconosce l’atteggiamento della donna come

un atteggiamento di fede. 78 «Il verbo sesōken (perfetto di sōzō, «salvare») indica che la donna

non è stata soltanto guarita ma salvata».79

Tutto il percorso della donna, favorito sia dalla parola di Gesù che dal suo sguardo, è

riconosciuto come cammino di fede. «In tal modo la «fede» che salva è svelata non tanto

come un sistema di credenze di pratiche, ma come un personale immediato coinvolgimento

77
A. Barbi – Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (Mc 5,24b – 34), 42
78
Ivi 43
79
N. Calduch – Benages, Il profumo del Vangelo Gesù incontra le donne, 32

20
(«la tua fede»)».80 L’espressione di Gesù mette in risalto che è la fede che genera la salvezza:

l’emorroissa sperava di essere salvata da Dio e, invece, si sente dire che è stata la sua fede ad

averla salvata. I due aspetti possono sembrare in contrasto ma in realtà non lo sono: la donna

riconosce la potenza divina che salva in Gesù e Gesù riconosce la fede che rende possibile la

salvezza come dono divino. 81

Il racconto dell’emorroissa si conclude con un doppio commiato da parte di Gesù: « Va’

in pace e sii guarita dal tuo male» (Mc 5,34). «La prima formula è una forma di benedizione

ripresa dalla tradizione biblica (Gd 18,6; 1 Sam 1,17; 2 Sam 15,9) ed essa esprime l’augurio

di una pienezza di vita derivante da un profondo rapporto con Dio e con gli altri».82 La

seconda formula potrebbe essere una variazione di un comune augurio ellenistico inteso come

«abbi cura di te per rimanere sano». In questo modo la storia si concluderebbe con una

benedizione espressa in modo adeguato sia per la cultura giudaica che quella ellenistica, così

da potere essere compresa sia da chi arriva a Gesù attraverso il giudaismo sia da chi gli arriva

attraverso l’ellenismo. 83

Lasciandosi toccare Gesù «annulla i codici sociali e religiosi del suo tempo e proclama

che i corpi delle donne non sono un luogo impuro che ha bisogno di purificazione costante,

ma un luogo di salvezza». 84

2.3 Un significativo percorso di fede

La parola conclusiva di Gesù qualifica il percorso della donna come «fede» che salva.

Vale la pena di ripercorrere le tappe di questo percorso che è di esempio per un significativo

80
A. Barbi – Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (Mc 5,24b – 34), 44
81
Ibidem 44
82
Ivi 45
83
Ibidem 45
84
N. Calduch – Benages, Il profumo del Vangelo Gesù incontra le donne, 33

21
cammino di fede.85 Numererò, in maniera crescente, ogni singola tappa in modo che il lettore

abbia chiara l’evoluzione temporale dei vari passaggi.

1. La donna parte da una condizione di bisogno frustrata dai vani tentativi di guarire

attraverso relazioni basate solamente sullo scambio quantitativo e professionale che non

coinvolge nella interrelazione personale. La sua condizione di impurità le sottrae quella

qualità di vita che è data dalla relazionalità autentica. 86

2. L’emorroissa «sente» parlare di Gesù e ciò costituisce il primo stimolo interiore ad

uscire dalla staticità di una vita frustrata e intraprendere un nuovo percorso. «La

testimonianza di un Gesù fresco e autentico può essere quindi il primo impulso ad un

cammino di apertura fiduciale».87

3. Il suo venire tra la folla denota sia il suo coraggio e la sua paura al contempo. «Ogni

atto di comunicazione e relazione personale, tanto più quella singolare relazione personale

con Gesù che è la fede»88 richiede il coraggio di uscire dalla propria chiusura e rischiare di

aprirsi all’Altro. L’apertura autentica della fede è sempre coraggio, ricerca rischiosa e

affidamento iniziale, tutto accompagnato dalla paura e dal dubbio. 89

4. La relazione tra Gesù e la donna si instaura attraverso un «tocco» del mantello. Un

gesto magico teso ad assicurarsi la potenza taumaturgica di Gesù. Un gesto attraverso il quale

l’emorroissa si apre al desiderio di un profondo mutamento della sua esistenza che parte dalla

necessità di essere guarita e arriva alla speranza di una «salvezza» globale che può soltanto

essere accolta come dono da Dio attraverso Gesù.90

85
A. Barbi – Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (M c 5,24b – 34), 46
86
Ibidem 46
87
Ibidem 46
88
Ibidem 46
89
Ibidem 46
90
Ibidem 46

22
5. La prima parte del percorso è tutta iniziativa della donna, e si chiude con la presa di

coscienza della guarigione fisica «come segno dell’efficacia della fede».91La seconda parte,

invece, è guidata da Gesù «che interviene nel rendere esplicita e più personale questa

fede».92«Il suo intervento è parola che interpella perché la donna emerga» 93dinanzi a lui e con

lui accetti, responsabilmente e pubblicamente, una relazione profonda. 94

6. La donna ha già avvertito la presenza dell’agire divino e accetta l’invito esplicito di

Gesù: esce fuori dall’anonimato e intraprende con lui una relazione profonda. Nel

«prostrarsi» riconosce sia la relazione che si è stabilita, sia che Gesù è il Salvatore e lei è

quella salvata. La donna dice tutta la verità, la sua parola «diventa impegnativa nei confronti

di Gesù» perché il suo rapporto con lui non può più essere come prima, ma è un nuovo

rapporto di legame e responsabilità. 95

7. Il percorso di questa donna termina con la parola efficace di Gesù: «la tua fede ti ha

salvata». Una parola che la donna si sente dire da chi ha l’autorevolezza di pronunciarla e che

«non solo dichiara ma realizza la salvezza dichiarata». 96 «È dunque una parola

«sacramentale» che realizza efficacemente ciò che significa». 97

Il percorso dell’emorroissa sembra essere il percorso paradigmatico di ogni credente:

«dal nascere della fiducia, carico di desiderio – speranza, alla fede espressa pubblicamente e

in modo impegnativo di fronte alla parola di Gesù che interpella, fino alla fede che rende

possibile la parola sacramentale che dichiara – realizza la salvezza. Tutto il percorso della

fede si qualifica così come un progressivo incontro personale con Gesù che salva». 98

91
Ivi 47
92
Ibidem 47
93
Ibidem 47
94
Ibidem 47
95
Ivi 48
96
Ibidem 48
97
Ibidem 48
98
Ibidem 48

23
Cap. 3 Comparazione triplice tradizione sinottica sul brano
dell’emorroissa

In questo capitolo farò una comparazione dei Vangeli sinottici circa l’episodio

dell’emorroissa. Per fare ciò mi servirò di apposite tabelle illustrative, nelle quali evidenzierò

in giallo e in carattere sottolineato le parti della pericope cui faccio riferimento. Le tabelle

saranno composte da tre righe, una per evangelista sinottico, e in esse sarà visibile la

differenza realizzata nel paragrafo immediatamente precedente.

Per agevolare il lettore nel confronto sinottico, riporterò di seguito, in un apposita

tabella, tutte e tre le pericopi.

Matteo 9, 20 - 26 Marco 5, 25 - 34 Luca 8, 43 - 48


20 25 43
Ed ecco una donna, che Or una donna, che da dodic i Una donna che soffriva d i
soffriva d'emorragia da dodic i anni era affetta da emorragia da dodici anni, e che
anni, gli si accostò alle spalle e emorragia 26 e aveva molto nessuno era riuscito a
toccò il lembo del suo sofferto per opera di molt i guarire, 44 gli si avvicinò alle
mantello. 21Pensava infatti: «Se medici, spendendo tutti i suo i spalle e gli toccò il lembo de l
riuscirò anche solo a toccare il averi senza nessun vantaggio, mantello e subito il flusso d i
suo mantello, sarò anzi peggiorando, 27 udito sangue si arrestò. 45 Gesù disse :
guarita». 22Gesù, voltatosi, la parlare di Gesù, venne tra la «Chi mi ha toccato?». Mentre
vide e disse: «Coraggio, folla, alle sue spalle, e gli toccò tutti negavano, Pietro disse :
figliola, la tua fede ti ha il mantello. Diceva «Maestro, la folla ti stringe da
28
guarita». E in quell'istante la infatti: «Se riuscirò anche ogni parte e ti schiaccia». 46 Ma
donna guarì. solo a toccare il suo mantello, Gesù disse: «Qualcuno mi ha
23
Arrivato poi Gesù nella sarò guarita». 29 E subito le si toccato. Ho sentito che una
casa del capo e veduti i flautist i fermò il flusso di sangue, e forza è uscita da me». 47 Allora
e la gente in agitazione, sentì nel suo corpo che era stata la donna, vedendo che non
disse: 24«Ritiratevi, perché la guarita da quel male. poteva rimanere nascosta, si
30
fanciulla non è morta, ma Ma subito Gesù, avvertita la fece avanti tremando e,
dorme». Quelli si misero a potenza che era uscita da lui, si gettatasi ai suoi piedi, dichiarò
deriderlo. 25Ma dopo che fu voltò alla folla dicendo: «Chi davanti a tutto il popolo il
cacciata via la gente egli entrò, mi ha toccato il mantello?». 31 I motivo per cui l'aveva toccato,
le prese la mano e la fanciulla si discepoli gli dissero: «Tu vedi e come era stata subito
alzò. 26E se ne sparse la fama in la folla che ti si stringe attorno guarita. 48 Egli le disse: «Figlia,
tutta quella regione. e dici: Chi mi ha la tua fede ti ha salvata, va' in
toccato?». 32 Egli intanto pace!».
guardava intorno, per vedere
colei che aveva fatto
questo. 33 E la donna impaurita
e tremante, sapendo ciò che le
era accaduto, venne, gli si gettò
davanti e gli disse tutta la
verità. 34 Gesù rispose: «Figlia,
la tua fede ti ha salvata. Va' in
pace e sii guarita dal tuo male».

24
Nessuno degli evangelisti sinottici specifica il nome della donna che pertanto rimane

anonima. Nel primo versetto di tutte e tre le pericopi è ben specificato che le sofferenze della

donna duravano da dodici anni, Luca e Matteo scrivono che la donna «soffriva di emorragia»

mentre Matteo, cambia di poco e specifica che «era affetta da emorragia».

Matteo 9,20 […] Ed ecco una donna, che soffriva d'emorragia da dodici anni […]

Marco 5,25 […] Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia […]

Luca 8,43 […] Una donna che soffriva di emorragia da dodici anni […]

Tutti e tre i sinottici specificano che la donna era affetta da «emorragia». Marco

spiega che la donna aveva speso tutti i suoi beni perché si era affidata a diversi medici senza

trarne alcun beneficio, Matteo, invece, non dice nulla di tutto ciò. Luca, invece, spiega che

nessuno era riuscito a guarire la donna. Sia Marco che Luca, a differenza di Matteo, dicono

qualcosa in più: Marco parla di cure operate da medici mentre Luca non specifica la

professione delle persone cui la donna si era affidata. Marco, rispetto a Luca, lascia intendere

che le cure cui si era sottoposta avevano peggiorato il suo stato di salute.

Matteo 9 Non dice nulla

[…] e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza
Marco 5,26
nessun vantaggio, anzi peggiorando […]

Luca 8,43 […] e che nessuno era riuscito a guarire […]

La pericope di Marco è l’unica, tra quelle dei sinottici, in cui è scritto che la donna

aveva sentito parlare di Gesù («avendo udito parlare di Gesù»).

25
Tutti e tre i sinottici spiegano che la donna si avvicina alle spalle di Gesù e tocca il

suo mantello. Per essere precisi, Luca e Matteo parlano spiegano che la donna tocca il lembo

del mantello mentre Marco parla solo di mantello.

Matteo 9,20 […] gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello […]

Marco 5,27 […] venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello […]

Luca 8,44 […] gli si avvicinò alle spalle e gli toccò il lembo del mantello […]

Sia Marco che Matteo, subito dopo avere raccontato il gesto della donna nel toccare il

mantello di Gesù, spiegano che l’azione da lei compiuta era un suo preciso desiderio: i due

evangelisti, infatti, palesano apertamente il pensiero della donna. Luca, invece, parla

solamente del gesto. Nel pensiero della donna c’è l’assoluta convinzione e, cioè, la fede che

solo toccando il mantello di Gesù lei finalmente guarirà.

Matteo 9,21 […] Pensava infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita» […]

Marco 5,27-28 […] Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita» […]

Luca Non dice nulla

Luca e Marco, subito dopo il gesto della donna, raccontano della sua immediata

guarigione. Matteo pone la sua guarigione in maniera leggermente diversa perché la fa

coincidere con l’incoraggiamento di Gesù nei suoi confronti.

[…] Gesù, voltatosi, la vide e disse: «Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita». E in
Matteo 9,22
quell'istante la donna guarì […]

[…] E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da
Marco 5,29
quel male […]

26
Luca 8,44 […] e subito il flusso di sangue si arrestò […]

Marco e Luca raccontano che Gesù si accorge che qualcuno, per un preciso scopo, lo

ha toccato. E non è un tocco casuale, cioè, causato, per forza di cose, dalla folla che si stringe

a lui. Matteo racconta, invece, che Gesù si gira e vede la donna, ma non spiega la ragione per

cui lo fa; anche se non lo scrive, Matteo, probabilmente, lascia intendere che la donna mette

in pratica il desiderio di toccare il mantello di Gesù ed è, forse, per questa ragione che il

Maestro si gira.

Matteo 9,22 […] Gesù, voltatosi, la vide e disse […]

Marco 5,30 […] Chi mi ha toccato il mantello? […]

Luca 8,45 […] Gesù disse: «Chi mi ha toccato?» […]

Luca e Marco, a differenza di Matteo, spiegano la ragione per cui Gesù si pone la

domanda di chi abbia toccato il suo mantello: Luca parla del fatto che Gesù si accorge di una

«forza» che è uscita da lui mentre Marco parla, invece, di una «potenza».

Matteo Non dice nulla

[…] Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo:
Marco 5,30
«Chi mi ha toccato il mantello?» […]

Luca 8,46 […] Ma Gesù disse: «Qualcuno mi ha toccato. Ho sentito che una forza è uscita da me»

[…]

Nei racconti di Luca e Marco, alla domanda che Gesù fa su chi gli ha toccato il

mantello, viene data una precisa risposta: il primo evangelista affida la risposta sia ad un

gruppo anonimo di persone che negano di averlo toccato («Mentre tutti negavano») sia a

27
Pietro («Maestro, la folla ti stringe da ogni parte e ti schiaccia»); Marco, invece, affida la

risposta ai discepoli («Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?»).

Tra gli evangelisti sinottici solamente Luca e Marco scrivono che la donna si mostra a

Gesù spiegando le ragioni del suo gesto.

Matteo Non dice nulla

[…] E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò
Marco 5,33
davanti e gli disse tutta la verità […]

Luca 8,47 […] Allora la donna, vedendo che non poteva rimanere nascosta, si fece avanti tremando

e, gettatasi ai suoi piedi, dichiarò davanti a tutto il popolo il motivo per cui l'aveva toccato,

e come era stata subito guarita […]

Le tre pericopi sinottiche terminano quasi allo stesso modo: in Marco e Luca il

racconto termina con le parole che Gesù rivolge alla donna, in Matteo, invece, alle parole

proferite da Gesù all’emorroissa, fa seguire un breve periodo conclusivo in cui si apprende

l’avvenuta guarigione della donna.

Matteo 9,22 […] «Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita». E in quell'istante la donna guarì […]

[…] Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male»
Marco 5,34
[…]

Luca 8,48 […] Egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata, va' in pace!» […]

28
Conclusione

Ho scelto di parlare dell’emorroissa perché nel racconto marciano, della sua storia ci

sono tanti spunti di riflessione. Innanzitutto, la storia di questa donna sottolinea la potenza di

Dio di fare, per chi crede, ciò che è umanamente impossibile. È una donna molto coraggiosa

perché si avvicina a Gesù, approfittando della folla che lo stringe, e viola tutte le prescrizioni

della società cui appartiene che le vietano qualunque forma di partecipazione alla vita

pubblica per evitare che possa contaminare qualunque cosa lei tocchi.

A differenza di altri personaggi che chiedono direttamente a Gesù il suo intervento,

l’emorroissa fa eccezione, infatti, non è sua intenzione aprire un dialogo diretto con Gesù per

chiedergli l’aiuto, per lei è sufficiente avvicinarlo e toccarlo: questa sua profonda

convinzione non è che una forte testimonianza di fede.

Nel brano di Marco la parola «folla» è utilizzata tre volte; questa ripetizione è, quasi

voluta per dire che tanti sono attratti dalla parola e dalla potenza del Nazareno e per mostrare la

vicinanza compassionevole che Gesù vive con la gente. Sembra che egli non riesca a fare a meno

di vivere in mezzo al suo popolo, di essere con loro e per loro, pastore e padre, guida e conforto,

maestro e rifugio sicuro. Vive in perfetta armonia con le folle che accalcano i luoghi della sua

predicazione e non si sente infastidito dalle loro pretese.

«L’unico mezzo che può guarire le persone è l’amore – una relazione, completamente

indipendente e libera dalle questioni di dignità e di indegnità, indipendente perfino anche dalla

questione della purezza o dell’impurità, solo semplicemente una mano che uno può tendere senza

essere rifiutato, semplicemente un contatto che non impegna e non esige niente per sé, come se si

chiudesse un circuito elettrico attraverso il quale fluisce l’energia della guarigione; ma anche

viceversa, poiché nell’altro, in Gesù, si forma qualcosa di simile a una corrente che va in senso

29
contrario, che riempie il vuoto che questa donna sente in sé, una forza che esce da lui e fa esaurire

il “flusso” della donna».99

99
E. Drewermann, Il messaggio delle donne, 135-136

30
Bibliografia

Fonti

 Angelo Poppi, Sinossi e Commento, esegetico – spirituale dei quattro Vangeli, Ed.

Messaggero, Padova 2012.

 Bibbia di Gerusalemme, Edizione Dehoniane Bologna 1990

Studi

 Augusto Barbi, Un significativo percorso di fede. L’emorroissa e Gesù (Mc 5,24b –

34), in «Esperienza e Teologia» 3 (1996) 29 – 48.

 E. Drewermann, Il messaggio delle donne, Queriniana, Brescia 1997

 Nuria Calduch – Benages (a cura di) Donne dei Vangeli, Periodici San Paolo, Milano

2021

 Nuria Calduch – Benages (a cura di) Donne dell’Antico Testamento, Periodici San

Paolo, Milano 2021

 Nuria Calduch – Benages (a cura di) Il profumo del Vangelo, Gesù incontra le donne,

Paoline, Milano 2009

 R. A. Monasterio, A. R. Carmona, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, Paideia,

Torino 2019

 V.Scippa, Ricerche preliminari per uno studio su Mc 5,21-43 secondo la

Redaktionsgeschichte, in RivB 51 (1983)

31
Indice

Introduzione…………………………………………………………………………... p. 4

Cap. 1 Cenni sulla situazione della donna nella Bibbia………...…………………... p. 6

1.1. Cenni sulla condizione della donna nell’Antico Testamento…………………… p. 6

1.2. Cenni sulla condizione della donna nel Nuovo Testamento……...……………... p. 9

Cap. 2 L’emorroissa nel Vangelo di Marco………...……………………………..… p.12

2.1. Il percorso della fede nella «segretezza»…………….………………………...... p.15

2.2. Il percorso della fede «svelata»………………..……………………………….... p.18

2.3. Un significativo percorso di fede……………………………….……………...... p.21

Cap. 3 Comparazione triplice tradizione sinottica sulle pericopi dell’emorroissa... p.24

Conclusione……………………………………………………………………………. p.29

Bibliografia…………………………………………………………………………….. p.31

32

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