Il XIX secolo è considerato uno dei più ricchi e travagliati della storia euro-
pea: vide fiorire il Romanticismo, con tutte le sue diverse connotazioni, strettamen-
te legate alle situazioni storico – politiche e sociali dei vari Paesi europei.
In Italia il Romanticismo assunse una veste diversa e coincise con il Risorgi-
mento, contribuendo con e per esso alla creazione di un Regno Italiano Unito.
Questo secolo segnò, infatti, in Italia l’atto di nascita della Nazione ad opera
di illustri “padri fondatori” quali Cavour, diplomatico e statista, Garibaldi, il pro-
tagonista dell’azione; ma il vero ideologo del movimento patriottico fu Giuseppe
Mazzini, a cui la storia non ha reso giustizia, perché, costretto all’esilio per lungo
tempo, è stato, suo malgrado, un protagonista nascosto. Pochi altri italiani sono
stati considerati come Mazzini, la personificazione cioè di virtù tipicamente italia-
ne: la generosità, l’eroismo, l’onestà.
Mazzini è stato il personaggio storico italiano più ammirato in Inghilterra,
tanto è vero che le migliori biografie dedicate a lui sono state proprio quelle scritte
da alcuni noti studiosi britannici: dalle prime, opere di due donne che in vita gli
erano state legatissime, Emily Ashurst Venturi e Jessie White Mario; a quelle di
Balton King e di Gwillim O. Griffith.
In Italia per vari decenni ha dominato, ai danni del Mazzini, un grave pregiudi-
zio ideologico: poco amato dagli storici di area liberal – moderata, dopo la seconda
guerra mondiale, Mazzini non ha riscosso molta simpatia, neppure tra gli studiosi di
formazione marxista, che hanno spesso posto in scarsissimo rilievo il contenuto
spiritualistico del credo mazziniano e la sua avversione per il socialismo scientifico.
In molti si sono chiesti e si chiedono ancora, specie in occasione di questo
secondo centenario della nascita, se gli italiani amano veramente Mazzini. Giusep-
pe Galasso, ad esempio, in un articolo apparso il 27 febbraio del 2005, Mazzini, chi
è costui, sul «Corriere della Sera», ha affermato che “l’Italia ingrata si dimentica del
Mazzini: anche questo bicentenario della nascita appare sottotono”; e, sempre l’au-
torevole storico partenopeo, aggiunge, in un altro articolo apparso sul «Corriere
della Sera» (19 ottobre 2005) che in
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1
Giovanna ZAVATTI, Perché e nonostante, Milano, Edizioni Aries, 2000, p. 109.
118
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2
Michele FINELLI, Il prezioso elemento, Verrocchio, Pazzini, 1999, p. 16.
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Giuseppe Mazzini e la cultura inglese: testimonianze dall’Epistolario
3
G. ZAVATTI, Perché e nonostante..., cit., p. 100.
4
Cfr. Salvo MASTELLONE, Mazzini e la “Giovine Italia” (1931-1934), Pisa, Nistri-Lischi, 1960, vol. II.
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Giuseppe De Matteis
Nel 1836, all’età di 31 anni, Mazzini fu espulso dalle autorità federali della
Svizzera e raggiunse, dopo circa sei mesi di fughe e nascondimenti, l’Inghilterra,
dove riuscì finalmente a respirare un’aria di libertà e serenità.
Al primo impatto con la capitale inglese, Mazzini non ebbe buona impressione
della città, perché la trovò sporca, umida e appiccicosa; gli inglesi bevevano molto
gin, dimostrando d’essere schiavi dell’alcool. Unico aspetto affascinante della capita-
le londinese era, agli occhi di Mazzini, la nebbia che gli ricordava i Canti di Ossian.
In Inghilterra la vita era più cara delle altre città europee: “i sigari, ad esem-
pio, costavano almeno tre volte di più della Svizzera e costosissimi erano anche gli
affitti delle case”.5 Mazzini, comunque, sbarcò bene il lunario a Londra, scrivendo
articoli (15 circa) sulla società e sulla politica inglese, apparsi su «Le Monde», di
Parigi, guadagnando discretamente; continuò, intanto, a lamentarsi delle abitudini
inglesi: troppo pratici, dominati dalla filosofia utilitaristica, trascurano i sani prin-
cipi morali, i doveri, la religione e la morale.
Mazzini pose molte attenzioni alla politica estera inglese e criticò l’imperiali-
smo inglese in Cina, con la pena di morte; notò con disappunto il grande divario tra
ricchi e poveri, ammirando invece la partecipazione popolare alle manifestazioni
pubbliche (i comizi, le petizioni, la tolleranza); ma Mazzini apprezzò soprattutto la
preparazione politica degli inglesi e la loro pazienza sconfinata, anche se non poche
riserve dimostrò di avere per l’isolazionismo inglese e per lo scarso interesse degli
stessi verso i popoli stranieri. Mazzini ammirava però degli inglesi la libertà di stampa,
le loro idee repubblicane e il loro dissenso religioso.
Censurava, inoltre, i politici inglesi che si sentivano padroni, mentre era più
giusto che si sentissero “servitori del popolo”, considerando le tristi condizioni di
vita dei bassifondi londinesi specie di molti emigrati italiani. Per questo fenomeno
di indigenza di grandi masse di persone, Mazzini pensò ad una scuola per emigrati
italiani e, come rovescio di medaglia, evidenziò varie altre pecche della vita londinese
d’allora: le grandi distanze da percorrere da un capo all’altro delle città; il clima
pessimo e il caos insopportabile che costringevano spesso il Mazzini a restare tap-
pato in casa e a desiderare solo di far ritorno in Svizzera. Tuttavia a Londra il Mazzini
ebbe modo di apprezzare alcuni aspetti della città e degli inglesi. Da qui egli ebbe
modo di incrementare vari contatti culturali con poeti e scrittori allora famosi non
solo in Inghilterra, ma in tutto il mondo: Elisa Fletcher, ad esempio, che presentò il
Mazzini al poeta Thomas Campbell, per distoglierlo dal suo isolamento; a questo
scopo Campbell procurò al Mazzini uno speciale permesso per studiare nella bi-
blioteca del British Museum, dove Mazzini conobbe l’esule Antonio Panizzi,
carbonaro, condannato anche lui a morte. Mazzini fu costretto, come si è già osser-
vato, a industriarsi nel modo migliore a Londra, per poter sopravvivere: scriveva
articoli e traduzioni. Stuart Mill lo invitò a scrivere qualcosa sulla letteratura italia-
na contemporanea e Victor Ugo gli chiese un saggio su John Kemble da pubblicare
5
Giuseppe MAZZINI, Epistolario (lettera alla madre del 13/01/1857).
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Giuseppe Mazzini e la cultura inglese: testimonianze dall’Epistolario
su «Monthly Cronicle». Nel 1851 Mazzini rientrò in Italia, dopo diciassette anni di
assenza. Andò successivamente in Svizzera e da qui a Londra nel 1851, dove restò
parecchi anni, comprendendo che solo lì poteva trovare un po’ di pace, tranquillità
e sincerità di rapporti con persone ed intellettuali che lo apprezzavano molto; qui
non smise mai di occuparsi delle vicende politiche dell’Italia: riorganizzò la rete
cospirativa della “Giovine Italia” e della “Giovine Europa”, alimentando senza tre-
gua il suo progetto repubblicano. D’ora in poi considererà Londra e l’Inghilterra
tutta la sua seconda patria, perché si sentiva più compreso e al sicuro. Solo nel 1857
egli raggiunse segretamente e per poco tempo l’Italia, per poi ritornare a Londra,
dove restò fino al 1871, allorché lasciò definitivamente l’Inghilterra per l’Italia, pri-
ma a Genova, poi a Pisa, dove morì nel 1872.
Bello il ritratto che traccia di lui e della sua casa a Londra, piena di libri e
canarini, King Hamilton: egli era confidenzialmente chiamato da lei e da altri amici
il Signor Ernest e le sue missive erano così indirizzate, anche se la Polizia sapeva
benissimo che si trattava del famoso esule italiano. Fu la frequentazione che egli
ebbe, a cominciare dal 1838, con Thomas Carlyle, che spinse il Mazzini, col tempo,
a innamorarsi di Londra e a ritrovare il suo buonumore. Mazzini, sollecitato da
Carlyle, si trasferì a Chelsea, vicinissimo all’amico; pur essendo su posizioni diver-
se, i due diventarono grandi amici e condivisero insieme la condanna contro
l’utilitarismo e la dilagante ricerca della felicità individuale. Ogni settimana, il ve-
nerdì per la precisione, Mazzini si recava a casa di Carlyle e qui ebbe modo di
stringere amicizia anche con la moglie di Thomas, Jane Welsh Carlyle. “Io non
l’amo, mamma – confessava Mazzini a sua madre – se non come sorella. È, comun-
que, una donna eccezionale”. E, fu proprio grazie a Carlyle che Mazzini riuscì ad
allargare i contatti con la società bene di Londra, conoscendo molti scrittori, poeti,
e a superare la noia e la malinconia. Conobbe Lady Byron, Dickens e i coniugi
Taylor, ricco industriale quest’ultimo, radicale e rappresentante della scuola libera-
le di Manchester. Ma a Londra Mazzini ebbe anche nemici e dovè a Taylor se, spes-
so, su «Morning Chronicle» fu difeso. Conobbe anche la scrittrice inglese Emily
Ashurst, la quale, con un cospicuo gruppo di amici, appoggiò l’azione politica del
Mazzini sia in Italia che in Inghilterra. In casa Ashurst Mazzini trovò pace, acco-
glienza ed amicizia sincere e venne definito da essi un “angelo”.
Anche la famiglia Natham soccorse Mazzini in quest’ultimo periodo di vita,
sia economicamente che moralmente: egli conobbe ancora Harriet Hamilton King,
nota poetessa che fece di lui un idolo come poeta, mistico sognatore, profeta, mae-
stro religioso, santo, insomma, un misto di ascetismo, di dolcezza e di forza.
Molti furono anche gli scrittori inglesi che si ispirarono al Mazzini: Charles
Swinburne, Tennyson e Wordsworth. Mazzini fu molto corteggiato ed amato dalle
donne: ebbe grande ammirazione per George Sand, con la quale ebbe una lunga
corrispondenza epistolare.
Di grande interesse sono anche i rapporti tra Mazzini e la realtà politica inglese
del tempo, perché egli esercitò una grossa spinta, col suo credo politico, all’evoluzione
del liberalismo inglese e al processo di formazione dei leaders radicali e del movimento
operaio; Maddison, infatti, leader del “New Unionism” (anni ‘80), affermava:
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6
Giuseppe MAZZINI, Scritti, Edizione Nazionale, Imola, Galeati, 1906-1943, vol. XXVI.
7
Andreina BIONDI, Mazzini uomo, Bresso (Mi), Edizioni Tramontana, 1969, p. 196.
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Giuseppe Mazzini e la cultura inglese: testimonianze dall’Epistolario
smo, la tenacia per sostenere la causa della libertà della sua patria. Per questo diven-
tò bersaglio della stampa londinese («Times»), che sferrò una serrata critica al suo
pensiero e alle sue opere.
Le Lettere sentimentali: Mazzini lamenta le sue esigue condizioni economi-
che come esule a Londra, la vita carissima della città e i disagi degli alloggi. Sono
lettere che egli invia prevalentemente ai suoi familiari (dal 1837 al 1843 come si è
detto), soprattutto alla madre, dove si lamenta del cattivo clima (pioggia, fango,
umidità) di Londra, esprimendo tutta la sua nostalgia per il cielo azzurro dell’Italia
e della Svizzera; un altro gruppo di lettere sono dirette alla Sand e qui il Mazzini
racconta l’episodio della morte di Giacomo Ruffini; in un’altra bella missiva Mazzini
confessa il suo amore per la Sand, manifestando grande sensibilità. Ma, traboccante
di confidenze personali e passioni è anche l’epistolario tra Mazzini e la contessa
Agoult: Mazzini la definisce “amica e sorella di Dante” e presto diventerà
l’interlocutrice privilegiata delle conversazioni letterarie e culturali con il Mazzini.
In altre lettere alla Agoult tornano i problemi di salute del Mazzini (egli ha dolori
allo stomaco che lo intristiscono, facendolo innervosire e impedendogli di scrive-
re). Le ultime lettere del Mazzini sono piene di malinconia e di rammarico; bella è
soprattutto quella del 1871, quando Mazzini sta per abbandonare l’Inghilterra.
Il terzo ed ultimo gruppo riguardante le Lettere ideologiche tratta del pro-
gramma pedagogico mazziniano. Mazzini scrive su questo argomento otto articoli,
apparsi sul «Giornale del popolo» londinese dal 1846 al giugno 1847. Tradotti da
Salvo Mastellone, col titolo di G. Mazzini, pensieri sulla democrazia in Europa,
rappresentano una sintesi dell’idea della democrazia mazziniana, il cui compito è di
migliorare la condizione morale dell’uomo e consentirgli di comunicare con gli
altri suoi simili (è chiarita bene qui la funzione comunicativa assegnata alla demo-
crazia e la necessità di creare un programma pedagogico che non si rivolga alle
classi, ma al popolo, in una visione più ampia, più spaziata, più ecumenica). Mazzini
intendeva abbattere le barriere o ogni forma di steccato e far diventare uguali tutti,
perché “ogni ineguaglianza porta con sé – egli scriveva – una quantità proporzio-
nale di tirannia”. In una lettera alla King Mazzini afferma che l’azione è lo scopo
principale della vita e che la rassegnazione dev’essere l’ultima spiaggia. Pensiero ed
azione coincidono solo in Dio, essere perfetto; ogni pensiero in Lui è creazione, ciò
non può accadere con noi uomini, perché siamo esseri imperfetti. Bellissima è an-
che la missiva inviata alla Fletcher (Londra, aprile 1837, Epistolario).
L’impegno sociale e morale del Mazzini è ribadito, infine, anche in altre lette-
re indirizzate alla Agoult. È, però, nella istituzione scolastica italiana di Londra che
si concretizzeranno le aspirazioni del Mazzini.
E, a tal proposito, si consiglia la lettura delle missive dirette a sua madre e gli
ottimi e recenti due volumi del Finelli.8
8
Il prezioso elemento... cit.; cfr. anche Michele FINELLI, Il monumento di carta, Verrocchio, Pazzini, 2004.
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