Sei sulla pagina 1di 8

La preghiera Relatore: Nicola Pascuzzi Chiesa di Potenza

La preghiera
1 Pietro 3:12 “perché gli occhi del Signore sono sui giusti e i suoi orecchi sono attenti alle loro preghiere...”

Questa citazione che l’apostolo Pietro fa del Salmo porta i lettori davanti ad una considerazione importante
Dio è attento alla preghiera dei suoi figli, benché Dio non ha orecchi viene usata questa espressione
antropomorfa per dichiarare che le preghiere rivolte a Dio non vanno a vuoto, non sono inascoltate, ma
bensì ascoltate attentamente.
La preghiera è un elemento importante della devozione di ogni cristiano. Nel Nuovo Testamento sono
molteplici gli inviti a pregare e a perseverare nella preghiera (Efesini 6:18; Filippesi 4:6; Colossesi 4:2-3; 1
Tessalonicesi 5:17, 25; 2 Tessalonicesi 3:1; 1 Timoteo 2:1, 8; Ebrei 13:18; Giacomo 5:16 1 Giovanni 5:16).
Gesù nei giorni della sua carne pregava (Ebrei 5:7 cfr. Matteo 14:23; Marco 6:46; Luca 6:12; 9:28; 11:1) ed
insegnò ai Suoi discepoli come pregare (Matteo 6:5-15); la chiesa apostolica pregava (Atti 1:14, 24; 2:42;
3:1; 6:4; 12:5, 12). Ne consegue da queste evidenze che la preghiera è qualcosa di importante per la vita
spirituale del credente; pertanto essa è anche un elemento essenziale della vita della Chiesa e
fondamentale nel culto cristiano.

1. Definizione di preghiera
In modo semplice ed incisivo pregare è: comunicare con Dio.
Poiché Dio è una persona desidera che i suoi fedeli si rivolgano a Lui, e la preghiera mette il credente in
comunicazione con Dio.
Nel Nuovo Testamento il termine tecnico più generale per esprimere la preghiera è la parola greca
proseuc» (proseuchê) (1 Timoteo 2:1) che indica l’orazione rivolta e fatta salire verso il Signore includendo
nel suo significato generale le supplicazioni, l'adorazione, l’intercessione, il ringraziamento e la lode.
Pertanto è esclusa l’idea ritualistica, ripetitiva e formale della preghiera alla quale il mondo cristiano
secolarizzato ci ha voluti abituare. La preghiera è un mezzo di comunicazione che Dio ha dato ai credenti
perché essi possano parlare con Lui. Perciò possiamo dire che la preghiera è il colloquio dell’uomo con Dio,
dove l’uomo si incontra con il suo Dio.
La preghiera pertanto risulta essere quell'elemento della devozione cristiana:
1) che mette l'uomo in comunicazione con Dio (Salmo 91:15; Amos 5:4-5);
2) dove Dio permette all'uomo di incontrarLo e realizzarLo nella Sua presenza, anziché respingerlo e
distruggerlo (Genesi 32:30; Giudici 13:22-23);
3) dove l’uomo può dialogare con Dio e realizzare comunione, ricevere e condividere i pensieri, i
sentimenti e realizzare volontà di Dio per essere infine benedetto da Dio (Genesi 18:17);

1.1. Il soggetto a cui è rivolta la preghiera


Per poter definire cos’è la preghiera, bisogna innanzitutto comprendere alla luce delle Scritture a chi è
possibile elevare la preghiera del proprio cuore.
La preghiera deve essere elevata unicamente a Dio (Salmo 5:2; 30:8; 65:2; 142:1; Efesini 3:14 cfr. Esodo
20:3-5) e a Cristo poiché come Figlio di Dio è vero Dio (Luca 23:42; Atti 7:59). Nell’Antico Testamento le
preghiere erano rivolte unicamente a Dio, nel Nuovo Testamento a Dio Padre e al Figlio di Dio.
Qualcuno considerando in modo improprio la grandezza di Dio nella Sua Santità e Giustizia ha creduto che
l’uomo per arrivare a Dio abbia bisogno dell’aiuto, la cosiddetta “intercessione”, di qualche suo simile
ritenuto “migliore” o di qualche altra creatura ritenuta più vicina a Dio. Ciò risulta errato dinanzi a tre
insegnamenti che la Scrittura ci pone:
1) Dio ode la preghiera di chi va direttamente a Lui (salmo 10:17, 65:2, 99:6; Isaia 58:9;), Dio stesso invita
ad invocarlo promettendo di rispondere (Salmo 50:15, 91:15; Geremia 33:3); perché Dio vuole un rapporto
personale con ogni uomo.

1|Pagina
La preghiera Relatore: Nicola Pascuzzi Chiesa di Potenza

2) Gesù insegnò a rivolgersi a Dio come Padre (Matteo 6:9) ciò implica che come un figlio non ha bisogno
di intermediari per giungere al proprio padre, così anche noi possiamo andare a Dio direttamente come al
“Padre nostro che è nei cieli”;
3) Gesù stesso come Figlio di Dio e Redentore dell’umanità è l’unico mediatore e quindi mezzo per
accostarsi a Dio (Efesini 2:18; 3:12; Ebrei 10:19), la Scrittura è chiara c’è “un solo mediatore fra Dio e gli
uomini” (1 Timoteo 2:5), questo esclude qualsiasi altra persona e nome; inoltre credere nella necessità di
altri intermediari renderebbe di fatto insufficiente l’opera di Cristo (Romani 5:1, 10) per la quale il
peccatore è giustificato e riconciliato con Dio e perciò messo in comunione con Dio.
Qualsiasi preghiera che non segue questi principi non è biblica, non è cristiana e non è corretta. Gesù infatti
ha insegnato ai suoi discepoli di chiedere al Padre nel Suo nome (Giovanni 14:13-14, 15:16, 16:23).
Nella Bibbia non sono contemplate preghiere ai morti, ai santi o a creature angeliche. Ciò fa parte di una
cultura pagana che aveva in sé i suoi dei, semidei e creature mitiche e che nei secoli ha cercato con forza di
entrare nella tradizione cristiana a volte dalla porta principale spalancata da uomini tutt’altro che onesti
altre volte sottilmente con l’inganno e il raggiro della filosofia sotto il velo della venerazione e della falsa
devozione. La Scrittura condanna chi rivolge la propria preghiera e di fatto il proprio culto ad altri che non
sono Dio (Matteo 4:10; Atti 10:25-26; Colossesi 2:18; Apocalisse 22:8-9).

1.2. I termini biblici della preghiera


Utili a definire il significato della preghiera sono i vari termini utilizzati nelle Scritture.

1.2.1 Termini ebraici dell’Antico Testamento


Nell’Antico Testamento troviamo diversi termini ebraici per indicare la preghiera nelle sue varie forme:
1) Šā’al in generale significa chiedere o interrogare (Genesi 24:57; 32:18; 43:7), quando è rivolto a Dio
indica la preghiera nel suo aspetto di richiesta e interrogazione (deuteronomio 18:16; 1 Samuele
1:20; Zaccaria 10:1; Salmo 27:4; Proverbi 20:4);
2) hānan da hên (grazia), il cui significato è “fare grazia” (Esodo 33:19) e da qui il significato di
implorare qualcuno per ricevere un favore (Genesi 42:21; Giobbe 19:16), quando è rivolto a Dio
indica la supplica e l’implorazione (Deuteronomio 3:23; 1 Re 8:59);
3) pillâ, in generale supplicare Dio (Salmo 65:2; 80:4; Isaia 1:15; Giobbe 16:17); usato anche per
l’intercessione nel senso di supplicare per qualcun altro (2 Re 19:4; Isaia 37:4; Geremia 7:16; 11:14);
4) pālal, giudicare ovvero interporsi fra due persone e arbitrare il loro conflitto, e quindi intercedere
(Genesi 20:7; Deuteronomio 9:20; 1 Samuele 7:5; Giobbe 42:8), in altri casi è anche usato nel senso
generale di preghiera (Salmo 5:2; 1 Samuele 1:26; 2 Samuele 7:27);
5) ˓Ātār, che indica l’azione di bruciare incenso dunque in modo figurato pregare Dio (Giobbe 33:26),
le preghiere dei giusti sono collegate all’incenso (Apocalisse 5:8);
6) lāḥash, sussurare, è una preghiera pronunciata a bassa voce (Isa. 26:16). Lāḥash indica il
sussurrare silenziosamente una preghiera perché a lungo andare il dolore porta a rimanere senza
parole, perciò chi eleva questa preghiera possiede una coscienza così completamente schiacciata
dal peccato che non osa rivolgersi a Dio ad alta voce (Isaia 29:4).

1.2.2 Termini greci del Nuovo Testamento


In 1 Timoteo 2:1 Paolo espone l’insegnamento riguardo alla preghiera nelle pubbliche adunanze e
nell’esposizione troviamo elencati quattro termini che racchiudono la preghiera nelle sue diverse forme:
1) suppliche (N.R. e Riveduta) o richieste (Diodati) dal termine greco dšhsij (deêsis) che indica una
richiesta fatta a motivo di una necessità specifica, che sovente prende il carattere di supplica ed
implorazione;
2) preghiere dal greco proseuc» (proseuchê), indica tecnicamente la preghiera in senso generale,
includendo la lode, il ringraziamento e l’adorazione;
3) intercessioni dal termine oenteuxij (enteuxis), designa etimologicamente l'incontrarsi con uno,
quindi il fare istanza presso ad uno, per lo più a favore d'un altro, occorre solo qui e in 1 Timoteo
4:5. In questo caso è l’azione volta a portare la causa di un altro ai piedi del Signore, una preghiera
di intercessione;

2|Pagina
La preghiera Relatore: Nicola Pascuzzi Chiesa di Potenza

4) ringraziamenti da eÙcarist…a (eucharistia), è il ringraziamento e la gratitudine che deve salire a


Dio, perché il pregare non consiste solo in richieste ma anche in profonda e sincera riconoscenza
per le grazie ricevute dal Signore.
Nel Nuovo testamento troviamo ancora un altro termine che indica la preghiera:
5) domandare dal greco a„tšw (aiteô), usato per indicare l’atto del chiedere qualcosa a qualcuno
(Matteo 27:20), quando rivolto al Signore indica una preghiera con una richiesta specifica (Matteo
6:8; 1 Giovanni 5:15).

1.3. Espressioni bibliche


Nella Scrittura la preghiera è definita come:
• volgere lo sguardo verso Dio (Giobbe 16:20; Michea 7:7);
• accostarsi a Dio (1 Samuele 14:36; Isaia 58:2; Efesini 3:12; Ebrei 10:22);
• cercare Dio (Salmi 63:1; 78:34; 119:2; Isaia 55:6);
• cercare la faccia di Dio (1 Cronache 16:11; salmo 27:8; 105:4);
• avere accesso a Dio (Efesini 2:18);
• invocare Dio (1 Cronache 4:10; 21:26; Salmi 17:6; 27:7; 118:5; Isaia 55:6);
• invocare il nome del Signore (Genesi 12:8; Salmi 105:1; 116:4; Atti 2:21);
• gridare a Dio (deuteronomio 26:7; 1 Samuele 7:9; 2 Samuele 22:7; Salmi 3:4; 18:7; 28:1; 34:17;
55:17; 88:2; 138:3; Giona 3:8);
• implorare, supplicare Dio (2 Re 13:4; 2 Cronache 33:12; Salmi 119:58; 142:1; Malachia 1:9);
• elevare la propria anima (salmo 25:1; 86:4; 143:8), o il proprio cuore (Lamentazioni 3:41);
• spandere, aprire il cuore davanti a Dio (1 Samuele 1:15; Salmi 62:8; Lamentazioni 2:19):
• piegare le ginocchia (Efesini 3:14)

Queste espressioni che percorrono l’intera rivelazione biblica esprimo come la preghiera non sia un aspetto
freddo, rituale, rigido e vuoto della devozione del credente, ma anzi essa è caratterizzata da trasporto e
partecipazione emotiva e sentimentale che provengono dalla profondità di un cuore che si rivolge
interamente a Dio con bisogno, con timore e riverenza. Nella preghiera l’uomo si apre davanti a Dio in tutto
il suo essere per realizzare comunione con Lui.

2. Come pregare
Data la definizione di preghiera ora è necessario comprendere alla luce della Parola di Dio come bisogna
pregare. La preghiera è qualcosa che coinvolge l’intero essere umano: corpo, anima e spirito. Quindi
comprende l’utilizzo pieno di tutte le facoltà dell’uomo perché questi possa comparire davanti al Suo
Signore.

2.1. I sentimenti, le emozioni e i pensieri nella preghiera


L’uomo nella preghiera compare davanti alla presenza santa e gloriosa di Dio; l’intero essere umano è
coinvolto in questo incontro con Dio. Il corpo come sede dell’anima e dello spirito; l’anima come sede delle
emozioni e degli istinti basilari dalla vita; lo spirito come sede dei sentimenti, dei pensieri e dell’intelligenza.
Tutto ciò si rivolge a Dio nella preghiera mentre l’uomo per un tempo si estranea dalla faccende umane e
quotidiane per appartarsi nella presenza di Dio.

2.1.1 Le emozioni
Quando l’uomo entra in contatto con la straordinaria presenza di Dio le emozioni provate possono essere
molto forti. Ma non devono mai sfociare in comportamenti incontrollati. La gioia sarà esuberante, l’amore
traboccante, la pace e la serenità piena e sublime. Ma mentre l’anima è fortemente sollecitata non sarà mai
portata a comportamenti disordinati perché Dio porta armonia e mai disordine (Daniele 10:6-8; 16-19).

2.1.2 I sentimenti
Nella preghiera l’uomo entra in comunione intima e profonda con Dio. Poiché l’uomo si accosta a Dio
bisogna anche valutare attentamente quali siano i sentimenti che devono caratterizzare la preghiera rivolta
3|Pagina
La preghiera Relatore: Nicola Pascuzzi Chiesa di Potenza

all’unico e vero Dio. E’ necessario comprendere Chi è Dio per afferrare quali sentimenti devono esprimersi
ed esprimere la preghiera. Dio infatti non è un uomo.
L’uomo deve realizzare timore, rispetto, riverenza e umiltà che scaturiscono dalla consapevolezza dei propri
limiti, della propria miseria e della misericordia di Dio (Salmo 2:11; 5:7; 1 Pietro 5:7).

2.1.3 I pensieri
La mente nella preghiera non è estranea o esclusa. La preghiera sarà fatta con intelligenza, e i pensieri
saranno pensieri puri, cioè purificati dall’opera del Signore; pensieri d’amore e di pace; saranno rivolti a Dio
e alla Sua Parola per ascoltare la Sua voce. Attenti a ciò che le labbra professano, perché Dio conosce i
nostri pensieri, e la labbra non devono proferire ciò che non pensiamo (Luca 9:47).

2.1.4 La partecipazione del corpo


Il corpo come sede dell’anima e dello spirito non sarà estraneo alla preghiera; la preghiera sarà fatta con il
cuore ma espressa con la voce (Romani 10:10). il corpo sarà presente e partecipe nella preghiera, in
un’attitudine di riverenza, prostrato davanti al Signore (Luca 8:41; 18:13). Buona cosa è chiudere i propri
occhi in preghiera perché nulla di ciò che intorno possa essere di distrazione e perché la preghiera non sia
focalizzata su un punto visibile, poiché d'altronde non ci sono immagini o rappresentazioni di Dio da fissare
nella preghiera (Esodo 20:4-5); chiudendo i propri occhi il credente si immerge nella preghiera perché i veri
adoratori adorano in spirito e verità (Giovanni 4:23-24). Non saranno pertanto sollecitate le percezioni
sensoriali, (odorato, vista, udito, tatto e gusto) ma sarà lo spirito dell’uomo, che risiede nel corpo, a
mettersi in comunione con Dio che è Spirito.

2.2. La posizione e gli atteggiamenti del corpo nella preghiera


Riguardo alla partecipazione del corpo nella preghiera, attenzione va posta sulla posizione che si può
assumere nell’atto del pregare:
1. Gli israeliti generalmente usavano pregare stando in piedi (Matteo 6:5);
2. L’inginocchiarsi è un’altra posizione assunta nella preghiera che indica una maggiore devozione (2
Cronache 6:13; Esdra 9:5; Daniele 6:10; Luca 22:41)
3. Durante la preghiera, che sia in ginocchio o che sia in piedi, era consuetudine alzare le mani tese
verso Dio (1 Re 8:22; Neemia 8:6; Lamentazioni 2:19; 3:41) o verso il santuario (Salmo 28:2; 2
Cronache 6:29). L’elevare le mani è incoraggiato anche dall’apostolo Paolo nelle sue epistole (1
Timoteo 2:8);
4. A volte in segno di umiliazione si pregava prosternandosi con il volto a terra (Giosuè 7:6; Neemia
8:6; 1 Re 18:42; 2 Cronache 20:18);
5. Il penitente a volte poteva anche battersi il petto (Luca 18:13).

2.3. L’insegnamento di Gesù riguardante la preghiera


Nei Vangeli possiamo trovare l’insegnamento del Signore Gesù riguardo alla preghiera. Gesù innanzitutto ci
lascia un esempio perché la preghiera fu parte integrante del Suo ministerio terreno (Ebrei 5:7 cfr. Matteo
14:23; Marco 6:46; Luca 6:12; 9:28; 11:1).

2.3.1 La preghiera nel sermone sul monte


Nei capitoli da 5 a 7 del Vangelo di Matteo noi troviamo esposto un discorso che Gesù tenne su uno dei
monti nei pressi del Mare di Galilea, per questo è chiamato generalmente “il sermone sul monte”. Su
questo monte Gesù in due parti del discorso espone il Suo insegnamento riguardo alla preghiera.
Gesù insegna riguardo alla preghiera:
1) È un momento di intima e personale comunione con Dio (Matteo 6:5-6)
L’enfasi non è posta sul dover pregare in privato e non pubblicamente, ma sulla necessità di fare
della preghiera sincera un aspetto essenziale della propria vita, cioè coltivare il sentimento della
preghiera nel segreto del cuore e nel privato della propria vita.
Pertanto in queste parole di Gesù è evidenziato:

4|Pagina
La preghiera Relatore: Nicola Pascuzzi Chiesa di Potenza

- che bisogna pregare senza ipocrisia (v.5), l’accento è posto qui sull’ipocrisia. L’ipocrita è l’attore
che impersona una parte che non è realtà nella sua vita, non è la sua personalità ma un
personaggio frutto della recitazione, pertanto l’ipocrita usa un artificio, qualcosa che non
corrisponde a realtà, un inganno per illudere gli altri. L’ipocrisia è doppiezza d’animo e se si è
doppi nell’animo, cioè ipocriti, la preghiera è vana;
- non bisogna pregare per essere visti dagli uomini (v.5), al tempo di Gesù i farisei e gli scribi
usavano mettersi in mostra nelle sinagoghe e nelle piazze, e stando in piedi davanti agli uomini
pregavano. Ma quella preghiera non era rivolta a Dio, era uno strumento di ostentazione di
spiritualità inesistente nella loro vita. Con ciò Gesù non sta vietando la preghiera pubblica ma la
sta regolando; la preghiera pubblica non è fatta per far vedere agli altri che preghiamo, come
preghiamo e le parole che usiamo; la preghiera pubblica è rivolta a Dio ed ha un carattere
generale riguardando tutti presenti perché non è la preghiera personale che va fatta nel privato;
- non ci può essere preghiera pubblica senza vivere una preghiera privata (vv.5-6), pregare
pubblicamente è il risultato di una vita di preghiera, se vivi la preghiera personale allora la tua
preghiera pubblica non sarà ostentazione di spiritualità, ma sarà un pregare gradito al Signore;
- bisogna prendere del tempo da spendere con Dio (v.6), vi è una espressione che indica la
necessità di prendersi del tempo per pregare “quando preghi, entra nella tua cameretta e,
chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto” (entrare - chiudere - pregare).
Se non si prende il tempo, se non si fa spazio a Dio, non ci sarà mai una vita di preghiera e senza
una vita di preghiera non c’è una vita benedetta da Dio;
- Dio ascolta la preghiera di chi sinceramente va a Lui (v.6), quando nel segreto si cerca Dio, Dio
vede nel segreto e ricompensa palesemente, palesemente perché ciò che Dio ci da si vedrà nella
vita come provvidenza, trasformazione, santificazione e miracolo.
2) È l’incontrare Dio nella propria vita per comunicare con Lui (Matteo 6:7-8)
Prima Gesù parla di ipocrisia, facendo riferimento agli scribi e Farisei che amavano ostentare una
spiritualità esteriore che mancava nel profondo del loro cuore, ora Gesù parla della preghiera dei
pagani, una preghiera vuota, ritualista e superstiziosa.
Qui Gesù evidenzia:
- che non servono troppe parole che vanno ripetute allo sfinimento (v.7), è bandita l’idea
ritualistica e ripetitiva della preghiera, come un elemento superstizioso che possa piegare Dio; la
preghiera è un dialogo dove il cuore si apre, esprime il suo sentimento per Dio ed esprime il suo
bisogno unito alla sua fiducia in Dio: dopo aver chiesto con un umiltà il cuore con fede attende
di ricevere dalla mano di Dio ciò che ha chiesto nella volontà del Signore;
- che Dio conosce le cose di cui abbiamo bisogno (v.8), la preghiera non è una lista dove esporre
ogni minimo dettaglio dei propri bisogni, Dio conosce e provvede, ciò che Dio richiede non è
l’esposizione dettagliata di ogni nostro problema o bisogno ma l’apertura di cuore verso di Lui.
Se il pagano doveva mettere a conoscenza la propria divinità dei suoi bisogni non è così per il
cristiano perché il nostro Dio sa ancor prima che glielo chiediamo. Questo non vuol dire che Dio
sa e allora non è necessario pregare, ma che non sono le molteplici nostre parole a piegare
l’esaudimento di Dio. Noi chiediamo a Dio ed Egli nella Sua bontà e misericordia provvede
perché conosce il nostro bisogno e nel Suo amore ha cura della nostra vita.
3) Il “Padre nostro” un modello di preghiera (Matteo 6:9-13)
Dopo aver introdotto il tema della preghiera Gesù insegna un modello di preghiera che prende il
nome dalle prime parole “Padre nostro”. E’ un modello di preghiera che non va ripetuto a memoria,
anche se Gesù dice “voi dunque pregate così”, non sta comandando di ripetere le stesse parole ma
di prendere esempio da questa preghiera. Gesù sta lasciando un esempio di preghiera al quale fare
riferimento, infatti nelle preghiere che troviamo nel Nuovo Testamento, sia di Gesù che dei
discepoli, non troveremo mai la ripetizione di questa preghiera (Giovanni 17; Atti 4:24-30). La
preghiera essendo semplice espressione del cuore, non può esprimere ritualisticamente le stesse
parole ma a seconda del momento, del luogo e del bisogno userà le parole giuste suggerite dal
cuore seguendo questo modello di preghiera che insegna come pregare correttamente.
Con questo modello di preghiera Gesù insegna:

5|Pagina
La preghiera Relatore: Nicola Pascuzzi Chiesa di Potenza

- a chiamare Dio “Padre nostro” (v.9), per guardare a Dio non soltanto come Creatore, cioè un
Signore lontano e distaccato, ma un Padre amorevole, attento e disponibile; nonché i poter
riconoscere la nostra posizione di figli ubbidienti e sottomessi che bisognosi sanno dove
guardare e da Chi dipendere;
- a lodare e glorificare il nome di Dio prima di ogni cosa (v.9), santificare il nome di Dio è
praticamente dargli la lode e la gloria che gli appartengono. Con ciò Gesù vuole ricordarci la
necessità, non ostante l’impellenza dei nostri bisogni, che la preghiera non sia un richiedere
soltanto ma che prima di ogni cosa sia il momento in cui noi adoriamo il Signore. Da notare è
l’ordine che il Signore ci lascia: prima la lode e l’adorazione del Signore poi ogni richiesta;
- a ricercare ciò che è spirituale (v.10), le prime richieste non riguardano le necessità materiali
ma i bisogni spirituali, “il regno” indica innanzitutto l’opera di Dio nel nostro cuore e nella vita
degli altri; “la volontà” sono i propositi, i desideri e piani di Dio. Prima di ogni cosa ricercare
l’opera di Dio e l’attuazione della volontà del Signore;
- a pregare per il necessario (v.11), dopo vi è spazio anche per le richieste materiali, ma la parola
“quotidiano” sta ad indicare l’essenzialità, ciò che è necessario, senza chiedere il superfluo;
- a chiedere il perdono di Dio (v.12), poi vi è spazio per chiedere ancora il perdono di Dio,
legandolo all’esigenza di perdonare al nostro prossimo; con ciò viene sottolineato l’aspetto
trasformatore della preghiera che deve portare i nostri sentimenti a volgersi verso il Signore e
la Sua volontà, quando preghiamo qualcosa deve cambiare in meglio nella nostra vita;
- a chiedere la liberazione dalle prove (v.13), Dio non tenta però può permettere la prova, ciò
che il credente deve chiedere e la liberazione dalle prove e dalle macchinazioni del nemico,
sapendo che la prova non la può vincere con le sue forze ma solamente con l’intervento di Dio.
Riguardo alla preghiera da Gesù insegnata nel Vangelo di Luca troviamo un secondo insegnamento
riguardo a questo modello di preghiera, questa volta esposto su richiesta dei discepoli, che
chiedono di insegnare loro a pregare. Si notano così le diverse sfumature di questo modello di
preghiera, che anche in evidenza di ciò risulta chiaro come sia un semplice modello guida di
preghiera e non una preghiera da ripetere mnemonicamente (Luca 11:1-13).
4) La necessità del perdono (Matteo 6:14-15)
Il perdono è una necessità senza la quale non possiamo sperare che la nostra preghiera sia
esaudita, infatti questi versetti sono intimamente interconnessi con i versetti precedenti che
riguardano “il padre nostro”.
5) Dio esaudisce le preghiera (Matteo 7:7-11)
Dopo alcuni passaggi che riguardano altri temi Gesù insegna ancora riguardo alla preghiera e
riguardo al suo esaudimento. Gesù insegna:
- la necessità della preghiera per vedere la mano di Dio all’opera (v.7);
- le caratteristiche della preghiera (cerca, chiede, bussa) (v.8);
- la bontà di Dio nel provvedere ciò che è buono (v. 9-11).

2.3.2 L’insegnamento di Gesù ai discepoli che domandano “insegnaci a pregare”


In Luca 11:1-4 Gesù viene interrogato dai suoi discepoli riguardo alla preghiera, i quali gli domandano
“Signore insegnaci a pregare”. Questa richiesta deve essere la richiesta di ogni vero discepolo, che è
consapevole dei suoi limiti e del bisogno di essere ammaestrato dal Maestro Cristo Gesù. Quando noi
facciamo questo tipo di richieste al Signore Egli è sempre favorevole ad ammaestrarci.
Osserviamo come Gesù insegna ancora usando lo schema del “Padre Nostro”, ma notiamo come le parole
differiscano in alcuni aspetti da quelle riportate da Matteo, proprio a dimostrazione come esso sia un
esempio e modello di preghiera del quale bisogna prendere spunto per pregare spontaneamente e di cuore
al Signore e non ripeterlo formalmente più volte come una formula rituale che propizia Dio.
Dopodiché in Luca 11:5-13 Gesù continua ad insegnare loro a pregare, utilizzando un aneddoto che ha lo
stile di una parabola:
- il bisogno e la necessità che spingono alla preghiera (v. 5-6);
- la perseveranza della preghiera (v. 7-10);
- la misericordia e bontà di Dio (v. 11-13).

6|Pagina
La preghiera Relatore: Nicola Pascuzzi Chiesa di Potenza

2.3.3 La parabola della vedova e il giudice - la tenacia della preghiera


Nel Suo insegnamento il Signore Gesù face largo uso delle parabole, che in modo semplice riuscivano a
rendere comprensibili degli insegnamenti che altrimenti potevano risultare molto astratti dalla realtà
vissuta. Anche riguardo alla preghiera il Signore Gesù usa una parabola che è definita la parabola “della
vedova e il giudice” (Luca 18:1-8).
Questa parabola mostra diversi insegnamenti riguardo alla preghiera:
- Pregare senza stancarsi (v.1)
La verità principale che Gesù vuole evidenziare è espressa dal redattore l’evangelista Luca al
versetto 1 “per mostrare che dovevano pregare sempre senza stancarsi”. Gesù insegna che la
preghiera non è soltanto qualcosa che riguarda alcuni ambienti (la Chiesa), alcuni momenti (i
momenti definiti sacri e religiosi) e alcune circostanze (il momento del bisogno). Ma il credente
deve “pregare sempre”, con l’aggiunta del “senza stancarsi”. Perché ci sono situazioni che
spingono a rinunciare alla preghiera. La parabola della vedova mette in evidenza questi
momenti, nel quale ci sembra di non essere ascoltati, sembra che le cose non cambiano e le
risposte di Dio non arrivano. In questi momenti bisogna insistere e perseverare nella preghiera;
- Dio risponde alla preghiera incessante
questa parabola insegna inoltre che Dio risponde a coloro che lo pregano incessantemente
(Luca 18:7-8);
- Dio risponde alla preghiera della fede
insegna ancora la necessità di pregare con fede, la quale è necessaria per vedere
l’esaudimento, ed implicitamente è necessaria anche per non desistere dal pregare (Luca 18:8).

2.3.4 La parabola del fariseo e il pubblicano - consapevoli della propria indegnità


Un’altra parabola riguardante la preghiera è la parabola chiamata “del fariseo e il pubblicano” in Luca 18:9-
14. I soggetti della parabola sono due persone distinte infatti Gesù prende tue stereotipi della società
giudaica:
1) I farisei si ritenevano “i puri” i santi, coloro che mettevano in pratica la Legge di Mosè. Essi
seguivano un’osservanza rigida, letterale e formale della Legge al punto da essere arrivati a
racchiudere la legge in 613 comandamenti.
2) Dall’altra parte Gesù menziona il pubblicano, un Giudeo che lavorava al saldo dell’impero romano
per la riscossione delle tasse, praticamente l’impero appaltava ad alcuni la riscossione delle tasse
in una determinata zona dietro un compenso minore della riscossione totale che il pubblicano
anticipava; la parte ristante della futura riscossione sarebbe stato il guadagno dell’esattore.
Pertanto il pubblicano era visto come un uomo che aveva rigettato i suoi ideali, la sua patria e il
suo Dio, infatti pubblicano era diventato sinonimo di peccatore.
L’insegnamento che Gesù vuole dare in questa parabola è proprio riguardo al modo di sentirsi davanti a
Dio, il fariseo si sentiva giusto e non invocava la misericordia di Dio, il pubblicano consapevole della propria
condizione invece cercava la misericordia di Dio. Il pubblicano tornò perdonato insegnandoci:
- ad esprimere i giusti sentimenti nella preghiera;
- ad avere un cuore consapevole della propria condizione, che invoca la misericordia di Dio, un
cuore che sa umiliarsi davanti a Dio.

2.3.5 Chiedere nel nome di Gesù


Nell’ultima cena prima di lasciare i discepoli, per andare incontro all’arresto e alla morte di croce, Gesù da
un’ulteriore istruzione riguardo alla preghiera: essi avrebbero dovuto d’ora in poi chiedere nel nome di
Gesù (Giovanni 14:12-13; 16:23-24). Gesù che ha insegnato ai discepoli a rivolgersi a Dio come “Padre
Nostro” ora insegna a concludere la preghiera nel Suo Nome, nel Nome di Gesù. Innanzitutto notiamo il
tempo in cui Gesù lascia questa istruzione, Gesù sta andando alla croce; notiamo anche l’importanza
perché quello che è chiesto nel nome di Gesù Dio Padre lo darà; notiamo infine il profondo significato di
questa istruzione perché per l’opera della croce il credente ha ogni cosa buona, Gesù è il garante delle

7|Pagina
La preghiera Relatore: Nicola Pascuzzi Chiesa di Potenza

nostre richieste, il mezzo per cui la preghiera è accolta ed esaudita, perché ha dato la Sua vita per i nostri
peccati ed ha pagato ogni debito nei confronti della santa giustizia divina (Efesini 1:3; Ebrei 10:19-23).
In merito a ciò possiamo affermare che nella preghiera dobbiamo rivolgerci al Padre come Gesù ci ha
insegnato (Matteo 6:9) chiedendo nel nome di Gesù il quale intercede per noi (Romani 8:34), sapendo che
lo Spirito Santo ci guida nella preghiera intercedendo egli stesso con sospiri ineffabili, o vero sospingendo e
guidando la nostra preghiera (Romani 8:26)

2.4. Preghiera personale preghiera pubblica


Un aspetto importante della preghiera è anche la differenza che esiste tra una preghiera personale fatta nel
privato e una preghiera pubblica fatta nell’assemblea.
La preghiera personale deve essere costante nella vita del credente, perché gli permette di crescere
spiritualmente nonché di realizzare sempre l’opera di Dio nella propria vita. Nella preghiera personale il
credente potrà esporre a Dio quelli che sono i bisogni più intimi e personali, lì nella cameretta segreta che
Gesù indica nel suo insegnamento (Matteo 6:6).
La preghiera pubblica è qualcosa di diverso, perché non è più l’intima preghiera personale dove poter
pregare unicamente per i propri bisogni e quindi a titolo personale, la preghiera pubblica sarà innalzata a
nome di tutti i presenti.
Il culto cristiano deve essere caratterizzato dalla presenza della preghiera spontanea, spirituale e
comunitaria (Atti 2:42; Efesini 5:18-20;). Questa preghiera si differenzia dalla preghiera personale per il
contenuto espresso perché non riguarderà la propria sfera privata ma sarà fatta a nome di tutti i presenti,
sarà rivolta a Dio esponendo le richieste collettive della comunità e infine richiederà un “amen” unanime
dell’intera assemblea che confermerà ciò che è stato detto e richiesto a nome della Chiesa (Atti 4:24; 1
Corinzi 14:16). Questo comporta anche l’ordine di non sovrapporsi in più preghiere ma pregando ognuno a
turno. La preghiera deve sgorgare naturale dal cuore non deve essere d’obbligo ma non deve neanche
attendere di scaturire da “straordinarie e mistiche sensazioni”, deve nascere dal desiderio di pregare
insieme il Signore.

3. L’esaudimento di Dio alla preghiera


La preghiera fatta secondo gli insegnamenti della Scrittura è sempre ascoltata da Dio, ma l’essere ascoltata
è una cosa e l’essere esaudita è un’altra. Dio vuole rispondere alle preghiere di quanti lo invocano, ma non
sempre la risposta sarà un esaudimento, perché Dio opera secondo la Sua sovrana volontà che è anche il
meglio per la nostra vita (1 Giovanni 5:14-15 cfr. 2 Corinzi 12:8-9; Giacomo 5:16-18). Da ciò si evince:
- Dio ascolta;
- Dio risponde;
- non sempre però risponde con un esaudimento.
Il credente deve imparare a ringraziare sempre Dio anche quando non concede ciò che è richiesto in
preghiera perché la Sua volontà prevede qualcosa di migliore, riconoscendo la natura sapiente di Dio che è
Onnisapiente riuscendo a vedere al di là di quello che riesce a vedere l’uomo. Quando Dio risponde
negativamente sta proteggendo, sta curando, a volte educando e portando avanti la vita dei Suoi figli.

4. Conclusione
La preghiera è un elemento fondamentale nella vita di ogni credente, la Sua Parola ci spinge ad una vita
caratterizzata dalla preghiera. I santi servi del Signore hanno fatto della preghiera un aspetto centrale della
loro vita e hanno visto Dio all’opera nelle loro vita. Se noi oggi impariamo a vivere nella preghiera
realizzeremo sempre la mano di Dio all’opera nella nostra vita, nelle risposte positive e negative, negli
esaudimenti e nelle negazioni la nostra vita sarà benedetta e prospererà davanti al Signore.

Nicola Pascuzzi

8|Pagina

Potrebbero piacerti anche