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Fotogiornalismo: evoluzione o declino?

Noemi Bisio 0000285019

Fotogiornalismo Termine poco usato In Italia; una professione che gode invece di buona stima negli Stati Uniti. Unattivit che tanti praticano e pochi conoscono, sfuggevole e piena di ambiguit. Arte? Copia del reale o interpretazione? Oggettiva o soggettiva? Un mestiere spesso visto sotto una luce molto romantica, in realt molto faticoso, caratterizzato sempre pi da indipendenza e precariet; un mestiere personale ma spersonalizzato dalla mancata attribuzione dei crediti al fotografo e dallassimilazione a unagenzia. Prospettiva incredibile in una societ che consuma un numero impressionante di immagini, che anzi vive di immagini. Una societ in cui la visione si sostituisce sempre pi alla lettura, in cui limpatto di una foto vince su qualsiasi testo, in cui la memoria storica di milioni di persone costituita da un ristretto numero delle stesse immagini-simbolo. Nonostante la societ si basi ormai sulla comunicazione per immagini, leducazione visiva nelle scuole decisamente sottovalutata, col risultato di restare indifesi di fronte al bombardamento di stimoli visuali, disarmati senza strumenti adeguati allelaborazione e allanalisi necessarie per decodificare tali stimoli e andare al di l dellemozione momentanea. Lhomo videns, ormai si sostituitosi allhomo sapiens, rischia di rimanere per lo pi un ricettore passivo che raramente riconosce professionalit e identit ai produttori del prodotto per lui pi importante non riuscendo quindi a collocarlo e contestualizzarlo in maniera appropriata nellottica dello stile personale dellautore e della sua possibile inclinazione politica. Ma sempre stato cos? Davvero la fotografia una professione senza volti? Non ritornano forse alla mente nomi come Capa, Cartier Bresson, Bourke White, Seymour, Arbus, Patellani? Nel guardare al passato bisogna per mantenere distinte due prospettive ben diverse: quella italiana e quella americana, due storie e due modi di fare fotografia decisamente differenti.

Fotogiornalismo internazionale
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La storia del fotogiornalismo comincia realmente negli anni 20, quando lo strumento fotografico si era ormai sviluppato e affermato soprattutto in Germania e negli Stati Uniti. La nascita degli apparecchi di piccolo formato come la Emanox, la Leica, la Contax o la Rolleiflex danno limpulso fondamentale alla nascita del reportage fotografico. I precursori in questo genere, gli americani Riis e Hine, si muovono tra slums e miniere documentando il lavoro minorile, la fatica dei portuali, le difficolt degli immigrati, aprendo cos il filone della fotografia socialmente impegnata. Una fotografia coraggiosa, convinta del proprio obbligo morale di denuncia per tentare di modificare le realt disagiate. Ad essi fanno seguito Lange, Evans e

Shan, che, incaricati dalla Columbia University, svolgono reportage sugli effetti della crisi del
29. Negli anni 30 a New York Henry Luce da vita allo storico settimanale Life con il programma vedere la vita, vedere il mondo, essere testimoni oculari di grandi eventi, a Londra invece nasce Look, due pubblicazioni dedite allattualit e ai grandi eventi ma anche alla documentazione di paesi e popoli allora sconosciuti ai cittadini europei e americani, due pubblicazioni che contribuirono negli anni alla formazione della societ di massa. Grazie alle grandi tirature, soprattutto degli esordi, potevano pagare i migliori scrittori e fotografi, creando staff che lavorassero ad alto livello con tempi lunghi, in unorganizzazione potente e stimata. Quegli anni offrono purtroppo molto materiale per reportage di guerra, genere che domina facendo scoprire appieno le potenzialit della fotografia come strumento politico di propaganda e manipolazione o di informazione alternativa, soprattutto nella guerra civile spagnola. Durante la seconda guerra mondiale molti professionisti europei, soprattutto tedeschi e ungheresi, sono costretti a scappare negli Sati Uniti che si ritrovano quindi ad essere il centro di un forte fermento artistico e culturale. Ne un esempio Margaret Bourke White una delle prime e poche donne nella professione, la prima fotografa occidentale ammessa in Unione Sovietica e tra i primi a entrare nei campi di concentramento liberati, famosa anche per le sue vedute aeree e le foto allIndia di Ghandi. Ma la pi grande novit nel settore rappresentata da Magnum. La prima agenzia fotografica indipendente, nata dallassociazione di fotografi quali: Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, David Seymour, George Rodger, Maria Eisner e Rita Vandivert. ottenendo potere contrattuale con la costruzione un gruppo cooperativa versando 400 dollari a testa. Uno dei grandi pregi di questa associazione fu la capacit di far convivere i loro stili cos diversi luno dallaltro in unaspirazione comune: Capa con lanima da giornalista, testimone ravvicinato di grandi eventi che descrive in maniera diretta con immagini forti leggermente fuori fuoco, schierato nel lavoro e scanzonato nella vita, amante della fotografia come documento storico privo di qualsiasi effetto puramente tecnico; Bresson: ritrattista Lintento di questi fotografi, gi noti e affermati, era quello di svincolarsi dal legame di dipendenza con i giornali, capace di produrre materiale valido da offrire sul mercato, e mantenere la propriet dei negativi. Si riunirono quindi in una

interessato alla vita inseguendo il momento decisivo pi significativo, quasi trascendente in cui limmagine si eleva a simbolo; Seymour Chim con le sue immagini rigorose, studiate, descrittive e mai aggressive e Rodger il classico freelance viaggiatore. Va sicuramente riconosciuta la capacit dellazienda di trovare temi e progetti di ampio respiro attraverso i molti soci sparsi nei vari continenti, sempre nellottica della documentazione sociale, riuscendo a far conoscere il mondo a una societ ancora chiusa. occidentali impararono cosa avveniva nel resto del mondo. Con il passare del tempo le attivit di Magnum si differenziarono e furono coperti molti incarichi per aziende che consentirono di bilanciare la crisi delle riviste. Ancora oggi riunisce i migliori fotografi del mondo, associati solo in base ai meriti acquisiti sul campo ed considerata la pi prestigiosa agenzia fotogiornalistica. Negli anni 50 invece si afferma un gruppo di fotografi che, pur mantenendo la critica sociale come una caratteristica fondamentale del proprio lavoro, abbandonano lintento migliorativo. Fotografi come Robert Frank, che con i suoi reportage sul disagio psicologico, la lacerazione del tessuto sociale e la noia di una normalit priva di prospettive, apre la strada alle indagini sulle diversit e sulle devianze. Ma anche Diane Arbus, Elliot Erwitt, Sebastiao Salgado maestro della documentazione sociale in bianco e nero. Con lavvento della televisione e la conseguente scomparsa delle grandi testate illustrate, negli anni 60 il centro del fotogiornalismo mondiale si sposta a Parigi. E finito il tempo dei grandi staff, a fornire le immagini sono agenzie, spesso di piccole dimensioni, nate sullesempio di Magnum: Gamma, Sygma, Sipa, Vu. I fotogiornalisti sono costretti a lavorare in condizioni spesso precarie, con tempi ridotti e risorse limitate. Per i freelance la vita ancora pi dura perch devono sostenere autonomamente le spese di realizzazione e esporsi a rischi maggiori, per portare fotografie pi interessanti di quei colleghi che hanno alle spalle grosse organizzazioni. Negli anni 70 si registra una perdita di interesse per la vita della gente comune con una maggiore focalizzazione su eventi mondiali di breve interesse e sullo star-system; cambiamento questultimo che porta a uninvadenza maggiore dei fotografi e a un inasprimento delle leggi in difesa della privacy. Il giornalismo dei settimanali illustrati tra gli anni 30 e 60 infatti fu lo strumento attraverso il quale i lettori

Fotografia Italiana
La fotografia italiana rest, sin dai suoi esordi e per molto tempo, imprigionata in una duplice connotazione tra artigianato e passatempo per signori; cosa che ne ha notevolmente condizionato lo sviluppo e la diffusione. La fotografia infatti si present sin dallinizio come una tecnica potenzialmente pericolosa, capace di mettere in mano a chiunque uno strumento di testimonianza che sottraeva al palazzo il pieno controllo sulle informazioni. Di qui il tentativo iniziale di tenerla fuori dallambito della cultura ufficiale e di considerarla al massimo un divertimento, tentativo poi abbandonato per una strategia che tendeva a inglobare il mezzo nella propaganda per usarlo a favore dellautorit. Alla fine dell800 le nuove tecniche di stampa aprirono la strada ai periodici illustrati, un nuovo prodotto che si discostava dai quotidiani, le gazzette e i fogli letterari con connotazione locale e orientamento ben definito; si affermarono settimanali che accostano incisioni e testo, che si attenevano alliconografia ufficiale e che trattavano temi rassicuranti cercando di andare incontro ai gusti di una borghesia alla moda avida di novit. Nel 1875 nasce Lillustrazione italiana venduta allaccessibile prezzo di 50 centesimi; nel 1907 la Domenica del Corriere pubblica molte pagine di fotografie di professionisti ma anche di lettori accompagnate da piccoli testi, solitamente di importanti intellettuali. La vera rivoluzione arriva con lapplicazione del metodo del rotocalco, un nuovo sistema di stampa capace di imprimere contemporaneamente testo e immagine, anche immagini a colori. La dimensione industriale raggiunta in quel momento dal settore, il confronto con il mercato e lesigenza di adattarsi agli interessi dei lettori, fecero di queste riviste un vivace terreno di prova e di confronto per il giornalismo italiano. Un imprenditore in particolare intu subito le opportunit in gioco e seppe sfruttarle appieno: Henry Luce, il padre di Life (1936) indiscusso modello internazionale. La pubblicazione che trasse maggiore ispirazione da Life e avvi in Italia la stagione dei moderni settimanali fu Tempo: un vero prodotto industriale di carattere divulgativo edito da Mondatori dal 1939 in formato tabloid, il primo a pubblicare foto a colori e il cui fotografo di punta era Federico Patellani, padre del fotogiornalismo italiano. Non bisogna dimenticare Omnibus di Longanesi, il primo rotocalco di attualit, edito da Rizzoli, chiuso nel 1939. Si fa infatti risalire a questa testata linizio del moderno giornalismo di approfondimento, con laccostamento di temi colti e rubriche dissacranti, testi e foto, fini documentativi e ironici. I cambiamenti pi profondi vengono avviati nel dopoguerra, un periodo di vera rinascita della fotografia italiana che instaura rapporti diretti con il neorealismo. La fotografia comincia infatti a esplorare il paese, soprattutto le periferie, e a documentarne larretratezza con la stessa spinta di Riis e Hine e dei fotoreporter americani degli anni 20. Si moltiplicano inoltre i periodici e si affermano fotografi come Fulvio Rotier, Mario de Biasi, Giorgio Lotti,

Romano Cagnoni, Mario Giacomelli, Luigi Ghirri e Ferdinando Scianna, il primo italiano associato a Magnum. Ma nelle pubblicazioni le foto continuano ad affiancare il testo, ad arricchirlo, solo nelle pubblicazioni di viaggi le immagini tendono a prendere il sopravvento; pi che per linformazione le foto vengono usate per levasione. Costretto tra lobbligo dello scoop rosa e il reportage esotico, il fotogiornalista italiano si trova confinato in un ruolo subalterno, dove esclusa ogni sua pretesa culturale, a differenza di molti altri paesi in cui i reportage di guerra avevano contribuito notevolmente a elevare gli standard professionali. La continua agitazione di scandali e il successo di Cinecitt negli anni 50, spinsero i fotografi verso la mania dello scoop e lossessione del vip: nascono i paparazzi, intraprendenti, sfrontati, invadenti e senza particolari aspirazioni artistiche diverranno ben presto limmagine stereotipata del fotografo nel sentire comune. La mancanza di coscienza collettiva del proprio ruolo di fotografi e dellimportanza del proprio lavoro incentivano un atteggiamento individualistico: ogni fotografo si sente in aperta concorrenza con gli altri. Nascono per le prime agenzie fotografiche che svolgeranno un fondamentale ruolo di raccordo, parliamo di Giancolombo Press Photos, Everphoto, Toscani&Cera, Patellani. Gi nel 1950 a Roma, vi era stato un tentativo di dar vita a unagenzia indipendente di freelance sullesempio di Magnum, ma lesperimento era fallito in un solo anno. Nel secondo dopoguerra assistiamo alla nascita di nuove testate, testate di orientamento, con ambizioni di tipo letterario, espressione di un preciso punto di vista politico e culturale come lEuropeo, il Mondo o lEspresso. La strategia di questi prodotti di rivolgersi a un bacino ben definito di pubblico adattandosi ai suoi gusti, per cercare poi di orientarli creando un legame di appartenenza tra redazione e lettori. In questo periodo i fotografi, usciti dalliconografia neorealista, seguono il cambiamento del paese raccontando la trasformazione italiana accompagnata da forti tensioni. Un esempio importante delle pubblicazioni di maggiore successo Epoca settimanale politico di grande informazione, generalista, sul modello anglosassone, puntava a un giornalismo divulgativo e a tratti spettacolare; si proponeva inoltre come prodotto da collezione con inserti centrali staccabili come fascicoli da conservare. Diretto fino al 1960 da Enzo Biagi, portava firme prestigiose come Spadolini, Silone, Buzzati e vantava uno staff di fotografi di alto livello come De Biasi, Lotti e Del Grande. La testata manteneva un felice equilibrio tra conservatorismo e modernit, impegno e pettegolezzo, carattere cosmopolita e locale, seriet e spettacolo. Riusc quindi a trovare una buona sintonia con i lettori in quanto in grado di soddisfare sia chi si accontentava di una lettura distratta, basata sulla visione delle fotografie, sia chi ne cercava una pi meditata, rivolta ai testi di approfondimento. Nel 1962 nasce Panorama da un accordo tra Mondatori e il gruppo americano Time-Life. Di piccolo formato, si sviluppa con lintento di separare i fatti dalle opinioni, senza

unimpronta precisa, usa un linguaggio semplice, sul modello anglosassone mette tutto sullo stesso piano e tende a non dar nulla per scontato. Progressivamente tutte le testate passarono al formato ridotto e si modernizzarono assicurando il predominio alla fotografia a colori. La compressione di testi e foto port a pubblicare solo foto di piccole dimensioni e a eliminare i fotografi dagli staff per contenere i costi. Di conseguenza si moltiplicarono i fotografi freelance e nacquero nuove agenzie come Grazia Neri, Contrasto (rappresentante italiana per Magnum), AGF, Olimpia (oggi Olycom) e Laura Ronchi. Parallelamente a tali cambiamenti nacquero una serie di mensili di approfondimento con una precisa specializzazione, unelegante presentazione formale e trattazione di argomenti leggeri come viaggi, ambiente e natura. Troviamo per esempio: Airone, Atlante, Le vie del mondo, Natura Oggi, Dove, Capital, Focus. La generazione di fotografi degli anni 80 non fu quindi pi dedita a seguire i grandi fatti di cronaca o le tematiche sociali, ma orientata allapprofondimento in vari settori; impegnata produrre immagini di buona qualit tecnica cercando di far s che fossero pubblicate pi volte. Inoltre laumento dellofferta e la presenza di figure ibride a met tra professionismo e dilettantismo, disposte a fornire materiali a prezzi minimi pur di vederli pubblicati, influenz al ribasso i compensi. Negli anni 90 assistiamo invece alla crisi dei settimanali generalisti e alla chiusura, per esempio, dellEuropeo e di Epoca. La comunicazione pubblicitaria si infatti spostata in maniera massiccia nel settore televisivo, inoltre, sempre grazie al boom televisivo, la scoperta del pianeta si ormai compiuta, i grandi temi sociali si sono frammentati in mille aspetti che riguardano settori diversi: i settimanali generalisti non sono pi una risposta adeguata alle esigenze del pubblico. Il panorama notevolmente frammentato: adolescenti, donne, giovani, classi dirigenti parlano linguaggi specifici e a loro i nuovi periodici si rivolgono con prodotti sofisticati, testati su target ristretti, ma di grande interesse per gli investitori pubblicitari. Il periodico classico quindi si frammenta in tante riviste specializzate. Ma non solo: i giornali, sostituiti dalla televisione nella loro funzione di principale veicolo di news, arrivano a svolgere il compito di approfondimento e commento che era proprio dei periodici. Si diffondono quindi i periodici allegati ai quotidiani come Sette, il Venerd, Musica, Viaggi, Salute o i periodici femminili. Un panorama attuale ancora oggi, almeno per quanto riguarda la carta stampata.

Dallanalogico al digitale: rivoluzione o distruzione?


Abbiamo quindi constatato che il fotogiornalismo tende, almeno da una trentina di anni, a una progressiva de professionalizzazione. Un primo segnale stato il passaggio dal fotogiornalista integrato nella redazione al freelance: una conseguenza della crisi editoriale, un modo per abbassare i costi che per non permette pi di seguire la fotografia nel contesto che ha portato alla sua realizzazione. Ma il vero strappo alla categoria stato dato con lintroduzioni del digitale, anzi, per essere precisi, con labbattimento dei costi degli apparecchi fotografici digitali. Oggi chiunque pu possedere una buona macchina fotografica, anche reflex, senza spendere cifre folli per un dilettante; ma soprattutto chiunque pu scattare in ogni momento fotografando qualsiasi cosa. Non c pi bisogno di pellicola o di competenze sullo sviluppo: foto a costo zero. Con le funzioni di autofocus sono ridotti anche i problemi di esposizione: niente foto manuali, tutto automatico e se viene male? C sempre Photoshop. Il lavoro di studio, di preparazione della scena per i servizi, lo studio della luce e la camera oscura sono stati soppiantati dal lavoro di desk: davanti al computer con i programmi di fotoritocco si fanno miracoli. Paradossalmente la postproduzione ha superato la produzione. Ma che conseguenze ha portato sul mercato questa rivoluzione? La quantit di immagini disponibili in tempo reale ormai immensa, hanno quindi acquistato sempre pi importanza le agenzie, con un ruolo di filtro e connessione tra fotografo e acquirente. Oggi infatti lacquisto delle foto avviene su un mercato vastissimo fatto di banche di immagini e agenzie di stock, in cui lunica garanzia dellautenticit della foto data appunto dallagenzia. Il mercato editoriale attuale inoltre, poco interessato alla qualit dellimmagine quanto al fattore di novit che essa porta in s, tende a privilegiare la quantit di immagini o la diversit dei soggetti omettendo il fattore qualitativo. Meglio una foto sgranata e sbilanciata ma di un evento curioso che una foto di alta qualit su un soggetto gi visto, meglio la foto shock della foto ironica: poca riflessione, molto impatto. Non interessa quindi se si tratti di foto amatoriali o professionali, conta leffetto. Tendenza pericolosa per i professionisti: leccessiva offerta di immagini e le possibilit di una produzione non condizionata dallappartenenza alla professione portano progressivamente lofferta al ribasso sulla qualit e nelle retribuzioni. Non c da stupirsi se molti professionisti non abbiamo salutato lavvento del digitale con gioia.

Daltra parte, senza aver la pretesa di porlo allo stesso livello qualitativo dello strumento analogico, il digitale davvero una rivoluzione e una rivoluzione in gran parte positiva. Limmediatezza di sviluppo, di fruizione e di trasmissione, il basso costo, linfinita riproducibilit, la possibilit di ingrandimenti istantanei rendono la fotografia digitale un potentissimo mezzo di testimonianza e documentazione della realt: uno strumento in pi per il giornalismo vero, per il watch dog. Col digitale una verit pu essere racchiusa in un click e una manciata di pixel, inviata dallaltra parte del mondo in un istante e conservata per sempre nel grande flusso di internet. Ma se la verit falsa? Se la foto ritoccata? Non basta certo una breve tesina a analizzare questo strumento rivoluzionario, ma anche da queste poche righe si comprende la potenza dellimmagine digitale, una potenza di per s neutra, che se non regolamentata normativamente rischia di avere effetti devastanti.

Legislazione
Nonostante sin dall800 la polizia si serva ampliamente del mezzo fotografico, il rapporto di tale mezzo con la legge non ancora definito in maniera cristallina. Le linee principali di regolamentazione della professione possono essere ricercate ne la legge 675 del 1996 sul diritto di privacy, la legge 633 del 1941 sul diritto dautore (art. 96 e 97) e larticolo 10 del codice civile sullutilizzo dellimmagine altrui. Nonch nella Carta dei doveri del giornalista e nella Carta di Treviso sui diritti dei minori. Se ne deduce che, nonostante ogni soggetto abbia il diritto esclusivo sulla propria immagine, sono prese in considerazioni eccezioni dovute alla notoriet del soggetto, lufficio pubblico da esso ricoperto, necessit di giustizia o di polizia, scopi scientifici, didattici e culturali. Altre eccezioni sono le foto scattate in avvenimenti o cerimonie di interesse pubblico o svoltesi in pubblico. Vi infatti distinzione circa il luogo di ripresa: sono consentite le riprese in luogo pubblico, mentre per le riprese in un luogo aperto al pubblico necessario un accredito e per i luoghi privati il consenso dei titolari. La tutela del domicilio e degli altri luoghi di privata dimora si estende ai luoghi di cura, detenzione o di riabilitazione. Non possono essere inoltre pubblicate foto di persone coinvolte in fatti di cronaca, se non per rilevante interesse pubblico, soprattutto quelle di condannati per reati lievi. Non vanno pubblicate immagini che presentino come colpevoli persone che non sono state ancora giudicate tali in un processo. A tal proposito sono da evitarsi accostamenti maliziosi tra fotografie e testi, che possano alludere a tesi non verificate e diffamatorie. Il giornalista, durante il suo lavoro, deve rendere note la propria identit, la propria professione e le finalit della raccolta, salvo che ci comporti rischi per la sua incolumit o

renda altrimenti impossibile lesercizio della funzione informativa; egli evita inoltre artifici e pressioni indebite. Un tema delicato quello della regolamentazione dei diritti sulle fotografie, innanzitutto nella differenziazione tra freelance e dipendenti. Il freelance infatti esercita una piena autonomia decisionale ed quindi in pieno possesso dei diritti patrimoniali e morali delle sue opere, il fotografo dipendente deve invece cedere i diritti di utilizzazione al proprio editore. Alcuni sistemi giuridici, individuano la titolarit dei diritti nel solo possesso delle matrici, nel momento per in cui il fotografo dipendente concorda la cessione illimitata in via esclusiva del diritto di utilizzazione con un editore, egli, pur restando in possesso dei negativi, non potr usarli a sua discrezione. Sono evidenti i rischi maggiori portati in questo campo dal digitale. Viene infatti a mancare lappartenenza dellimmagine al mondo materico e quindi la possibilit di verificarne la propriet. Per ora, in situazione di vuoto legislativo, si tende a tener conto che la libert di accesso alla rete non legittima lutilizzazione di immagini scaricate, salvo casi di licenze specifiche che consentano lutilizzo non commerciale delle fotografie.

Intervista Grazia Lissi, fotografa e giornalista*


- Cerchiamo di ripercorrere la tua carriera. Come iniziata la tua passione per la fotografia? Come lhai coltivata? E nata a 16-17 anni, un po per gioco con degli amici che avevano una camera oscura, feci con loro anche un viaggio fotografico in Calabria. Mentre studiavo alla Civica scuola del Teatro di Milano lavoravo come operatrice teatrale e facevo le foto di spettacolo: quello stato un momento importante perch mi sono avvicinata alla figura umana, che poi il mio soggetto preferito. Un altro momento importante stato quando feci lassistente in uno studio di moda: sistemare i fondali, le luci, gli abiti mi ha fatto conoscere anche la fotografia da studio. Quello era un momento fantastico per la moda a Milano, non era cos difficile trovare un lavoro del genere, non certo come ora, in cui avevo davvero loccasione di incontrare dei giganti. E andando avanti cos finii il Piccolo. La mia fortuna arriv quando alcune foto di danza arrivarono alla Mondadori, piacquero e fui chiamata. Cominciai a collaborare con loro, soprattutto nelle riviste femminili come Grazia per cui facevo anche qualche reportage. Poi passai cinque anni a Parigi a seguire la musica classica. E arriv la fase del Cinema, andavo ai Festival e mi occupavo di ritratti di Celebrities. Non foto da paparazzi: ritratti su appuntamento, diretti, naturali e autentici perch nati da un incontro vero. Comunque arrivavano dei personaggi pazzeschi.

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- Per esempio? Bette Davis a Villa dEste, una donnina minuta con due meravigliosi occhioni blu, era gi pronta quando arrivai per il ritratto, e si era fatta mettere le ciglia finte solo sopra, come nei film degli anni 40. O Harrison Ford, un uomo elegante e simpatico, con una delicata leggerezza nel porsi e nel relazionarsi e una moglie (ormai ex) davvero simpatica. Ah poi nel 96 feci il viaggio con Vasco da cui nacque Diario di bordo che mi fece scoprire il mondo della discografia in cui ho lavorato per un po. - Prima parlavi di reportage. Ne hai fatti molti? Di che genere? Come costruisci un reportage? Innanzitutto va detto che in Italia c unidea glamour del reportage. I reportage per i periodici, che poi sono i maggiori acquirenti, sono poco incentrati sul sociale perch di scarso interesse per i pubblicitari. Pi o meno dagli anni 80 i giornali hanno cominciato a dipendere sempre di pi dalla pubblicit, tanto da scartare certi reportage perch troppo seri o impegnativi per il target pubblicitario ( estate dobbiamo vendere i costumi da bagno). Inoltre in Italia c lidea che i reportage pi forti possano essere fatti solo da uomini e che le donne si occupino pi di personaggi o glamour. Io in fondo ho fatto un po di tutto: i backstage delle sfilate a Milano, ma anche reportage sociali, ad esempio la stazione di Milano o in Romania nel Maramures, una zona estrema non solo geograficamente, la zona delle grandi deportazioni naziste. Comunque lidea del reportage parte quasi sempre da me, non ci sono committenti ma acquirenti, solo le riviste di viaggi, come Gente Viaggi, commissionano servizi specifici. Giro cerco di relazionarmi con la gente, inserirmi nellambiente e poi scatto; comunque in genere sono abbastanza veloce, mi balza agli occhi ci che la scena mi pu raccontare e allora scatto. - Tu oggi per non sei solo fotografa, ma anche giornalista. Come nata questa seconda vocazione? In realt ho sempre scritto, anche perch a volte nei reportage veniva richiesto anche un po di testo. Lesigenza vera e propria nata nel periodo pi buio della mia carriera, dopo lintroduzione del digitale. Lavorando a un reportage sui monaci mi accorsi che stava uscendo qualcosa di pi grosso e che un semplice reportage ne avrebbe banalizzato il contenuto. Ero affascinata da questo universo un po sconosciuto, da una sorta di mistero di cui si carica per esempio la clausura. Per me era emozionante passare dalle celebrities a persone che hanno rinunciato alla loro figura pubblica. Alla fine ne feci una mostra, che grazie alla Fondazione Cariplo and benissimo, ma mi rest dentro la sensazione che ci sono cose che non si possono fotografare ma si devono scrivere. E cos ho cominciato a scrivere: ora parto dalla scrittura per fotografare.

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- Abbiamo toccato uno dei temi cruciali: il digitale. Cosa ne pensi? Che cosa ha comportato dal punto di vista tecnico? E nel mercato? Sicuramente ha abbassato la qualit delle foto, il loro grado di realismo e autenticit. Certo ha dato alla fotografia il pregio dellimmediatezza, utilissimo in campo giornalistico. Ma luso di Photoshop de realizza la foto, la appiattisce, crea effetti artificiosi. Per esempio i ritocchi: prima del digitale venivano fatti con giochi di luce, si potevano levare anche quindici anni a una persona con delle buone luci, ma restava una forte carica realistica, con Photoshop i ritratti ritoccati sembrano ritratti di bambolotti, limmagine si appiattisce. Per non parlare dei ritocchi che cambiano il senso della foto, i fotomontaggi si facevano anche prima ma erano pi facilmente individuabili. Il digitale ha cambiato il modo di lavorare in studio, anzi ha fatto andare in crisi vari studi a Milano: col digitale non serve pi una preparazione minuziosa del set, lo sfondo pu essere aggiunto a computer, quindi il lavoro in studio diminuisce. E cambiato inoltre il peso della foto: fino agli anni 80 la fotografia era molto determinante, capitava di restare colpiti da una bella foto e decidere di usarla e quindi costruirle un pezzo intorno, adesso accade pi spesso il contrario, si pensa il tema e poi si cercano le foto.

- Con lintroduzione del digitale, la sua diffusione e limmissione nel mercato di apparecchi di buona qualit a basso costo sembra quasi che chiunque possa fare il fotografo Non vero che chiunque pu fare il fotografo, non solo per una questione di capacit ma anche per la mancanza di una vera e propria etica. Parlo di fotografi non di paparazzi. In realt la mancanza di etica non riguarda solo i paparazzi ma le testate e le agenzie. Ci vorrebbero pi regole nellacquisto delle immagini. Purtroppo in Italia il settore stato poco e regolamentato, abbiamo una legislazione che ci costringe a restare sul filo di un rasoio. - Forse il problema risiede anche nella mancanza di coscienza di categoria Tu che clima senti con i colleghi? Quello del fotografo un mestiere solitario, si possono avere rapporti pi stretti lavorando in studio, ma solitamente si soli. Con luso massiccio del computer diventato ancora pi solitario, un po come in tutte le professioni libere, ma soprattutto c una competizione davvero agguerrita. Lassenza di rapporti reali e la comunicazione via mail o via telefono complica notevolmente i rapporti lavorativi sia con i colleghi che con le testate perch si resta sempre sul vago, le risposte si fanno attendere: c pi vaghezza e pressapochismo. Se conti poi che nelleditoria italiana devi essere sempre tu a proporti, intuisci quanto la vaghezza possa essere dannosa. male

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- Tornando alla domanda di prima Perch non tutti possono essere fotografi? E una questione di tecnica? No, non solo una questione tecnica ma di capacit e passione. Non basta la tecnica, per fare una foto significativa ed efficace ci vuole lo sguardo. La capacit, che magari come nel mio caso pu derivare da studi artistici, di comporre la scena o di vedere la scena composta davanti ai propri occhi e sfruttarla al meglio in modo che trasmetta, anche indirettamente un messaggio. Quella che Bresson chiamava la visione fotografica e quella o si ha o non si pu imparare o costruire.

*Grazia Lissi ha iniziato come fotografa a Parigi. Libera professionista, pubblica con le pi importanti testate italiane: Mondadori e RCS. Collabora con alcune tra le pi importanti case discografiche, occupandosi dell'immagine di artisti. Specializzata in ritratti di personaggi, attori e musicisti. Ha gi pubblicato libri fotografici. Nel 1996 ha realizzato con Vasco Rossi il libro "Diario di bordo" per Mondadori. Impegnata in diversi reportage, dal 1998 con particolare attenzione porta avanti la ricerca sul monachesimo e sulla spiritualit. Scrive sulle pagine culturali del quotidiano La Provincia di Como.

Bibliografia

- Arciero, Gianfranco Corso di giornalismo fotografico, 2003 Nuova Arnica Editrice - Barthes, Roland La camera chiara: nota sulla fotografia, 1980 Einaudi - De Paz, Alfredo Fotografia e societ, 2001 Liguori - Fadigati, Neri Il mestiere di vedere, 2006 Plus - Levi-Stauss, David Politica della fotografia, 2007 Postmedia - Sartori, Giovanni Homo videns, 1997 Laterza - Wikipedia

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