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31
261
~·-
Q. M,l.l01HLA
ELMNTI DI
lPICA NAVALI
L'Organizzazione opera attraverso gli organi sottoindicati:
a) Ufficio Internazionale del Lavoro (BIT - Bureau International du
Travail): esercita le funzioni di segretariato permanente ed elabora i pro-
getti di regolamenti internazionali;
b) Consiglio di Amministrazione (composto da 56 rappresentanti go-
vernativi, 28 rappresentanti dei datori di lavoro e 28 rappresentanti dei la-
voratori): provvede alla nomina del Direttore Generale del BIT, controlla
le attività svolte dallo stesso BIT e fissa l'ordine del giorno della Conferen-
za Internazionale del Lavoro;
c) Conferenza Internazionale del Lavoro: sorta di parlamento mon-
diale per la trattazione delle questioni sociali, nel quale ciascuno Stato ade-
rente all'Organizzazione è rappresentato da 2 delegati governativi, da un
delegato dei datori di lavoro e da un delegato dei lavoratori.
10
L'Italia ha accettato e dato esecuzione alla convenzione internazionale relativa alla
sua creazione, con D.L.C.P.S. 4/3/47 n. 1068 (Suppi. Ord. G.U. n. 236 del 14/10/47); con legge
25/1/83 n. 35 (Suppi. Ord. G.U. n. 44 del 15/2/83 ha ratificato gli emendamenti apportati a
tale convenzione nel 1976).
11
Ricordiamo per la sua importanza il «Regolamento sanitario internazionale» adottato
a Boston il 25/7/69, modificato dal «Regolamento addizionale» adottato a Ginevra il 23/5/73
e approvato e reso esecutivo in Italia con legge 9/2/82 n. 106 (pubblicata nel Suppi. Ord. alla
G.U. n. 87 del 30/3/82).
10
L'Assemblea fissa gli obiettivi dell'Organizzazione, approva le conven-
zioni e gli accordi internazionali, elegge i componenti del Consiglio Esecuti-
vo, nomina un Direttore Generale (su proposta del Consiglio stesso), discu-
te e approva i rapporti e le attività di entrambi questi organi.
Il Consiglio Esecutivo propone all'Assemblea il programma di lavoro e
si incarica di dare esecuzione alle sue deliberazioni.
Il Segretariato assicura la funzionalità dell'Organizzazione, avvalendosi
dell'operato del Direttore Generale e del necessario personale tecnico e am-
ministrativo.
5. Registri di classificazione
12
Nella elaborazione dei propri regolamenti tecnici, ciascun Registro si uniforma, per
quanto possibile, alle normative concordate dalla Associazione Internazionale dei Registri
di Classificazione (IACS - International A ssociation of Classification Societies).
11
Come Istituto di Classificazione provvede a classificare le navi: a tale
scopo è autorizzato 13 a operare come qui di seguito indicato:
1. visitare e classificare le navi di qualsiasi bandiera;
2. esaminare i piani di nuove costruzioni, di trasformazioni o di grandi
riparazioni di impianti e sistemazioni varie di bordo;
3. collaudare materiali, oggetti e apparecchi destinati alla costruzione,
all'allestimento 14 e all'armamento 15 della nave;
4. sorvegliare la costruzione, l'allestimento e l'armamento, la trasfor-
mazione e le grandi riparazioni della nave, degli impianti e delle sistemazio-
ni varie di bordo;
5. effettuare le visite di prima classificazione delle navi costruite senza
la sua sorveglianza;
6. effettuare le visite periodiche ed occasionali richieste per la conser-
vazione della classe;
7. effettuare le operazioni attinenti alla funzione di perito tecnico e di
collaudatore per quanto concerne le industrie navali o connesse all'attività
navale;
8. rilasciare certificati di classe comprovanti il possesso dei requisiti ri-
chiesti alle navi per lo svolgimento del servizio al quale sono destinate;
9. stabilire accordi per scambi e prestazioni con Istituti di Classificazio-
ne stranieri;
10. stabilire accordi con governi stranieri per il riconoscimento delle
operazioni effettuate e delle funzioni esplicate;
11. costituire all'estero comitati di classificazione e intervenire nella
loro costituzione;
12. assegnare, previa autorizzazione dei governi interessati, le linee di
massimo carico a navi battenti bandiera straniera.
13
Con D.L.C.P.S. 22/1/47 n. 340, ratificato con legge 17/4/56 n. 561.
14
Complesso delle sistemazioni particolari necessarie per la navigazione e per svolgere
il ser vizio al quale la nave è destinata.
15
Insieme delle dotazioni necessarie per la condotta della navigazione.
12
a) Certificato di Sicurezza, per le navi passeggeri impegnate in naviga-
zioni internazionali;
b) Certificato di Sicurezza di Costruzione, per le navi da carico di staz-
za lorda uguale o superiore a 500 tonnellate, impegnate in navigazioni in-
ternazionali;
c) Certificato di Sicurezza per le Dotazioni, per le navi da carico di staz-
za lorda uguale o superiore a 500 tonnellate, impegnate in navigazioni in-
ternazionali;
d) Certificato di Sicurezza R adiotelegrafica, per le navi da carico di
stazza lorda uguale o superiore a 1600 tonnellate, impegnate in navigazioni
internazionali;
e) Certificato di Sicurezza Radiotelefonica, per le navi da carico di staz-
za lorda superiore a 300 tonnellate e inferiore a 1600, impegnate in naviga-
zioni internazionali;
f) Certificato di Idoneità, per le navi da carico di stazza lorda inferiore
a 500 tonnellate e impegnate in navigazioni internazionali, e per navi pas-
seggeri o da carico di stazza lorda superiore a 25 tonnellate e impegnate
in navigazioni nazionali. 16
7. Convenzioni internazionali
per la salvaguardia della vita umana in mare
16
Alle navi di stazza lorda inferiore a 25 tonnellate vengono rilasciate semplici Annota-
zioni di sicurezza sul ruolo equipaggio o sulla licenza di navigazione.
13
8. Normative italiane
17
Legge 5/6/62 n. 616, pubblicata nel Suppi. Ordin. alla G.U. n. 168 del 5/7/62.
18
Circolare protoc. n. 324541/SN del 18/7/62 della Direzione Generale Navigazione e
Traffico Marittimo.
19
Con legge 26/5/66 n. 538, pubblicata nel Suppi. Ordin. alla G.U. n. 178 del 20/7/66.
2
° Circolare protoc. n. 324679 del 26/5/66 della Direzione Generale Navigazione e Traffi-
co Marittimo.
21
Con D.P.R. 14/11/72 n. 1154, pubblicato nel Suppi. Ordin. alla G.U. n. 120 del 10/5/73
ed entrato in vigore 90 giorni più tardi.
22
Con legge 22/10/73 n. 958, pubblicata nel Suppi. Ordin. alla G.U. n. 26 del 28/1/74 (in
vigore soltanto dal 18/7/82, dopo la prescritta ratifica da parte di un sufficiente numero di Sta-
ti contraenti).
23
Con D.P.R. 8/4/68 n. 777, pubblicato nel Suppi. Ordin. alla G.U. n. 176 del 13/7/68.
24
Approvato con D.P.R. 13/3/67 n. 579 e pubblicato nel Suppi. Ordin. alla G.U. n. 188 del
28/7/67.
25
Legge 27/12/77 n. 1085, pubblicata nel Suppl. Ordin. alla G.U. n. 48 del 17/2/78 eden-
trata in vigore il 15/7/78.
14
Con altre leggi e decreti lo Stato italiano ha successivamente provvedu-
to a ratificare e dare esecuzione a numerose convenzioni internazionali, ac-
cordi e protocolli, fra i quali assumono particolare rilievo:
a) Convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia della
vita umana in mare (SOLAS 74) - Legge 23/5/80 n. 313, pubblicata nel
Suppl. Ordin. alla G.U. n. 190 del 12/7/80 26 ed entrata in vigore l'll/9/80;
b) Protocollo del 1978 relativo alla convenzione internazionale del
1974 per la salvaguardia della vita umana in mare - Legge 4/6/82 n. 438,
pubblicata nel Suppi. Ordin. alla G.U. n. 193 del 15/7/82;
c) Convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell'in-
quinamento causato da navi (MARPOL 73) e Protocollo sull'intervento
in alto mare in caso di inquinamento causato da sostanze diverse dagli
idrocarburi - Legge 29/9/80 n. 662, pubblicata nel Suppi. Ordin. alla G.U.
n. 292 del 23/10/80;
d) Protocollo del 1978 relativo alla convenzione internazionale del
1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi (MARPOL
73/78) - Legge 4/6/82 n. 438, pubblicata nel Suppi. Ordin. alla G. U. n. 193
del 15/7/82;
e) Convenzione internazionale del 1978 sugli standard di addestra-
mento, abilitazione e tenuta della guardia per i marittimi (STCWS 78)
- Legge 21/11/85 n. 739, pubblicata nel Suppi. Ordin. alla G.U. n. 295 del
16/12/85.
Con appropriati provvedimenti legislativi sono stati inoltre di volta in
volta ratificati anche gli emendamenti che l'IMO ha apportato ad alcune
convenzioni allo scopo di migliorare la loro efficacia, alla luce delle nuove
esigenze manifestatesi dopo la loro adozione, delle manchevolezze riscon-
trate e del costante sviluppo della tecnica.
26 Anche in questa circostanza il Min. M.M. ha provveduto ad emanare una circolare con
le istruzioni per la sua corretta applicazione (Circolare n. 59 del 29/8/80 della Direzione Gene-
rale Navigazione e Traffico Marittimo).
27
Leggi n. 51, n. 193 e n. 171 rispettivamente del 6/3/1976, 26/411986 e 5/5/1989.
28
Capitanerie di porto, Uffici Circondariali Marittimi, Delegazioni di spiaggia e Uffici
della Motorizzazione civile.
15
diporto 29 prescrive le norme da osservare nella costruzione ed equipag-
giamento delle navi e delle imbarcazioni, elenca le dotazioni di sicurezza e
i mezzi di salvataggio, precisa le modalità da seguire nella esecuzione delle
visite per il rilascio, la conservazione e il rinnovo delle annotazioni di sicu-
rezza sulla licenza di navigazione. 30
29
Approvato con D.M. 15/9/77 (G.U. n. 274 del 7/10/77).
~o Le annotazioni di sicurezza comprovano l'osservanza delle normative del Regolamen-
to di sic1{rezza per la navigazione da diporto.
16
Con 278 illustrazioni nel testo e un inserto fuori testo
GIORGIO MANNELLA
ELEMENTI
DI TECNICA
NAVALE
PER I NAVIGANTI
E PER GLI ISTITUTI NAUTICI
MURSIA
AVVERTENZA
In aggiunta o in sostituzione delle unità del Sistema Internazionale (S.l.) sono
state, in taluni casi, utilizzate, per le grandezze considerate, unità metriche prati-
che o unità non metriche.
Per soddisfare l'eventuale esigenza di convertire le unità pratiche nelle corri-
spondenti unità del Sistema Internazionale, facciamo seguire una tabella nella qua-
le, accanto ad alcune unità metriche pratiche, o altre unità non metriche, viene indi-
cato il corrispondente fattore di conversione, ossia il numero per il quale tali unità
devono essere moltiplicate per ottenere il valore espresso in unità S.I.
Unità metrica pratica Fattore di
Grandezza Unità $.I.
o altra unità non metrica conversione
grado sessagesimale (0 ) 1tl180 rad iante (rad)
Angolo piano minuto d'angolo (') n/10 800 rad iante (rad)
secondo d'angolo (") 1t/648 000 rad i ante (rad)
Lunghezza miglio marino (M o mg) 1 852 metri (m)
Forza, Peso, chilogrammo (kgf) 9,80665 newton (N)
Carico tonnellata (tf) 9 806,65 newton (N)
chilogrammetro (kgf • m) 9,80665 newton per metro (N • m)
Momento tonnellata-metro (tf • m) 9 806,65 newton per metro (N • m)
1. Generalità
5
a svolgere un determinato servizio, e svolge le funzioni di Ente Tecnico del
Min. M.M.
6
ORGANISMI D E L L ' I M O - - - - - - - - - - - - - - -
ASSEMBLEA
CONSIGLIO
I
I
SEGRETARIATO
I
Comitato per la Sottocomitato per la
protezione - compartimentazione,
dell'ambiente marino ~
stabilità e linee di
massimo carico
-l Comitato per la
sicurezza marittima
- Sottocomitato per la
protezione
~1 Comitato giuridico
l >---
antincendio
Sottocomitato per la
progettazione e
~I Comitato per la
cooperazione tecnica
l'equipaggiamento
L_I
Sottocomitato per i
Comitato per le >--- prodotti chimici alla
facilitazioni rinfusa
Sottocomitato per la
- sicurezza della
navigazione
Gruppo di esperti per
gli aspetti scientifici
dell'inquinamento
marino
H Sottocomitato per le
radiocomunicazioni
H Sottocomitato per i
mezzi di salvataggio
Sottocomitato per il
- trasporto di merci
pericolose
H Sottocomitato per i
contenitori e le merci 1
Sottocomitato per la
- sicurezza delle navi
da pesca
7
processi verbali e informazioni utili per i lavori dell'Assemblea, del Consi-
glio e dei Comitati tecnici.
Costituita a Ginevra nel 1948 2 e originariamente chiamata IMCO (ln-
ter,qovernmental Maritime Consultative Organization), i'IMO si è data la
sua attuale denominazione nel 1982. Benché la sua attività sia praticamen-
te iniziata soltanto nel 1959, già negli anni Sessanta l'Organizzazione ha as-
sunto un ruolo di primaria importanza per tutte le questioni che riguardano
i trasporti marittimi in generale e la sicurezza delle navi e della vita umana
in mare in particolare.
:f<'ra i diversi Comitati tecnici dell'IMO è particolarmente importante il
Comitato per la Sicurezza Marittima (MSC - Maritime Safety Commit-
tee), ossia quello che si interessa della sicurezza delle navi, della navigazio-
ne e della vita umana in mare. Esso si articola, a sua volta, nei seguenti
Sottocomitati. 3
1. progettazione ed equipaggiamento della nave;
2. protezione antincendio;
3. compartimentazione, stabilità1 e linee di massimo carico; 5
4. mezzi di salvataggio;
5. sicurezza della navigazione;
6. radiocomunicazioni;
7. trasporto di merci pericolose;
8. contenitori e merci;
9. prodotti chimici alla rinfusa;
10. sicurezza delle navi da pesca;
11. standard di addestramento e tenuta della guardia.
Dall'attività dei Comitati tecnici discendono le normative IMO attual-
mente in vigore e che sono state approvate con numerose Com:enzioni fra
le quali meritano particolare menzione:
a) Convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia della
vita umana in mare (SOLAS 74 - International Conventionfor the Safety
of Life at Sea, 1974) e Protocollo del 1978 relativo alla Convenzione in-
ternazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare (Pro-
tocol 1978 Relating to the International Convention for the Safety of Life at
Sea, 1974);
b) Convenzione internazionale del 1966 sulle linee di massimo cari-
co (ILLC - International Convention on Load Lines, 1966);
c) Convenzione internazionale del 1973 sulla prevenzione dell'inqui-
namento causato da navi (MARPOL 73 - International Convention far
the Prevention ofPollutionfrom Ships, 1973) e Protocollo del 1978 relati-
vo alla Convenzione internazionale del 1973 sulla prevenzione dell'in-
quinamento causato da navi (MARPOL 73/78 - Protocol 1978 Relating
~ L'Italia ha accettato e dato esecuzione alla convenzione internazionale relativa alla sua
creazione con legge 22/5/56 n. 909, pubblicata nella G.U. n. 208 del 21/8/56; con legge 25/1/83
n. 41 (Suppi. Ord. alla G.U. n. 48 dell'S/2/83) ha ratificato gli emendamenti apportati a tale
convenzione negli anni 1977 e 1979.
~ I diversi Sottocomitati si avvalgono, a loro volta, di speciali «gruppi di lavoro)) per lo
studio preliminare di particolari problemi tecnici.
4
Vedasi Cap. II, par. 6.
r, Vedasi Cap. VlII, par. 3.
8
to the International Convention for the Prevention ofPollution from Ships,
1973);
d) Convenzione del 1972 sul regolamento internazionale per preve-
nire gli abbordi in mare (COLREG 72 - Convention on the International
Regulations for Preventing Collisions at Sea, 1972);
e) Convenzione internazionale del 1978 sugli standard di addestra-
mento, abilitazione e tenuta della guardia per i marittimi (STCWS 78
- Standards of Training, Certification and Watchkeeping for Seafarers,
1978).
Altre convenzioni IM0 6 riguardano la costituzione di un «Sistema inter-
nazionale di satelliti per le telecomunicazioni marittime» (1976), il «Traspor-
to a mezzo containers» (1972), la «Ricerca e salvataggio marittimo» (1979),
il «Trasporto dei passeggeri e dei loro bagagli» (1974), il «Trasporto maritti-
mo di sostanze radioattive (1971), la «Stazzatura internazionale» 7 (1969), il
«Traffico speciale di navi passeggeri» (1971), la «Responsabilità civile per i
danni causati da inquinamento da idrocarburi)> (1969), !'«Intervento in alto
mare in caso di inquinamento causato da sostanze diverse dagli idrocarburi»
(1969), la (<Costituzione di un fondo di indennizzo per i danni prodotti da in-
quinamento da idrocarburi» (1971), la «Sicurezza delle navi da pesca)> (1977),
la «Facilitazione del traffico marittimo internazionale» (1965).
6
Alcune delle quali non sono ancora in vigore.
7
Vedasi Cap. IX, par. 2.
8 L'Italia è stata membro dell'ILO dalla sua fondazione al 1939, anno in cui è uscita dal-
l'organizzazione per rientrarvi nel 1945.
9 Composizione dell'equipaggio.
9
Nozioni generali
CAPITOLO
1. Definizioni
17
uffici di compartimento marittimo, dagli uffici di circondario marittimo e
dagli uffici locali marittimi. 1
Nei registri delle navi minori vengono iscritti anche i galleggianti, ovve-
ro le costruzioni galleggianti e mobili, ma sprovviste di propri mezzi di pro-
pulsione, che operano all'interno dei porti, nei fiumi, nei canali e in vicinan-
za delle coste, disimpegnando numerosi servizi necessari per lo svolgimen-
to delle attività marittime e cantieristiche.
18
"sperimentale" se i criteri di progettazione e costruzione della nave hanno
carattere di novità); il numero 1 o 2 viene attribuito separatamente per la
costruzione e per le macchine (i numeri 1.1. stanno ad indicare che la co-
struzione e le macchine sono giudicate buone, i numeri 1.2. che la costruzio-
ne è giudicata buona e le macchine sufficienti, i numeri 2.1. che la costru-
zione è giudicata 1;ufficiente e le macchine buone, i numeri 2.2. che la costru-
zione e le macchine sono giudicate sufficienti).
La caratteristica di navigazione è espressa mediante la sigla Nav. se-
guita da lettere e numeri atti a specificare il tipo di navigazione per la quale
la nave viene riconosciuta idonea.
I significati da attribuire alle sigle utilizzate per indicare la caratteristi-
ca di navigazione possono essere così sintetizzati:
• Nav. I.L.: navigazione di «lungo corso» o «internazionale lunga» (naviga-
zione illimitata);
• Nav. I.B.: navigazione «internazionale breve» (navigazione, considerata
solo per le navi passeggeri, che si svolge tra porti appartenenti a Stati di-
versi, nel corso della quale la nave non si allontana più di 200 miglia da un
porto o da una località ove l'equipaggio e i passeggeri possono trovare rifu-
gio, sempreché la distanza fra l'ultimo porto di scalo nello Stato ove il viag-
gio ha origine e il porto finale di destinazione non superi 600 miglia);
• Nav. G.: navigazione di «grande cabotaggio» (navigazione che, oltre al
Mediterraneo, Mar Nero e Mar d'Azov, sì estende, uscendo dallo Stretto
dì Gibilterra, alle coste oceaniche della Spagna, del Portogallo e delle Isole
Britanniche, al Mare del Nord, al Baltico, alle coste occidentali dell'Africa
fino al Senegal, comprese le isole adiacenti e a non più di 300 miglia dalle
coste suddette; e, uscendo dal Canale di Suez, si estende al Mar Rosso, al
Golfo Persico ed alle coste indiane fino a Bombay, comprese le isole adia-
centi);
• Nav. P.: navigazione di «piccolo cabotaggio>• (navigazione che si effettua
nel Mediterraneo, Mar Nero e Mar d'Azov; e, fuori dal Mediterraneo, fino
a Casablanca e Lisbona nell'Atlantico e fino a Kosseir nel Mar Rosso);
• Nav. l.C.: navigazione «internazionale costiera» (navigazione che si svol-
ge tra porti appartenenti a Stati diversi, nel corso della quale la nave non
si allontana più di 20 miglia dalla costa);
• Nav. N.: navigazione «nazionale>> (navigazione che si svolge tra porti del-
lo Stato italiano, a qualsiasi distanza dalla costa);
• Nav. N.C.: navigazione «nazionale costiera» (navigazione che si svolge
tra porti dello Stato italiano, nel corso della quale la nave non si allontana
più di 20 miglia dalla costa);
• Nav. N.Li.: navigazione <mazionale litoranea» (navigazione che si svolge
tra porti dello Stato italiano, nel corso della quale la nave non si allontana
più di 6 miglia dalla costa);
• Nav. N.Lo.: navigazione «nazionale locale» (navigazione che si svolge al-
l'interno di rade, porti, estuari, canali e lagune dello Stato italiano, nel cor-
so della quale la nave non si allontana più di 3 miglia dalla costa);
19
• Nav. I.: navigazione «interna» (navigazione che si svolge in laghi o fiumi
o canali, specificati, nello Stato italiano o fuori di esso);
• Nav. S. (Mediterraneo): navigazione «speciale Mediterraneo» (naviga•
zione che si svolge nel Mar Mediterraneo, compresi il Mar Nero e il Mar
d'Azov);
• Nav. O. : navigazione «oltre gli Stretti» o «oceanica» (navigazione, per le
navi da pesca, che si estende anche fuori del Mediterraneo, e cioè oltre lo
Stretto di Gibilterra, il Canale di Suez e lo Stretto dei Dardanelli);
• Nav. M.: navigazione «mediterranea» o «d'altura» (navigazione, per le
navi da pesca, che si effettua nel Mediterraneo);
• Nav. 20 M: navigazione «costiera ravvicinata» (navigazione, per le navi
da pesca, che si compie a non più di 20 miglia dalla costa nazionale);
• Nav. 6 M: navigazione «costiera locale» (navigazione, per le navi da pe·
sca, che si effettua a non più di 6 miglia dalla costa nazionale);
• Nav. S. ( ......): navigazione «speciale» (navigazione, per le navi da pesca,
limitata come indicato entro la parentesi);
• Nav. A.: navigazione, per navi e imbarcazioni da diporto, a distanza su•
periore a 6 miglia dalla costa;
• Nav. 6 M: navigazione, per navi e imbarcazioni da diporto, a distanza non
superiore a 6 miglia dalla costa.
20
I.A.Q.-1-X - impianti di automazione qualificati dal R.I.Na per avere
i locali macchine non presidiati per la durata di X ore;
I.A.P. - impianti di automazione qualificati dal R.I.Na per avere i lo-
cali macchina non presidiati di notte in porto;
l.A.Q.-2 - impianti di automazione qualificati dal R.I.Na per avere i
locali macchine a comando centralizzato, sorvegliati permanente-
mente dalla stazione principale, ma senza servizio di guardia nei lo-
cali macchine;
1.1.Q. - impianti di inertizzazione delle cisterne del carico delle navi
cisterna, corrispondenti alle norme R.I.Na;
I.F.Q. (...... ) - impianti frigoriferi per il carico qualificati dal R.I.Na
(fra parentesi viene indicata la capacità, espressa in metri cubi, delle
stive refrigerate);
F.F.Q ..... - impianti e sistemazioni di soccorso antincendio qualifica-
ti dal R.I.Na; la sigla è seguita da un numero indicante la classe (1,
2, 3) della qualifica concessa;
C.C. - per navi aventi dimensioni degli elementi strutturali ridotte,
in quanto protette da un sistema per il controllo della corrosione ap-
provato dal R.I.Na;
C.N.P. - per navi prive dell'impianto fisso dì estinzione degli incendi
nei locali del carico, in quanto destinate al trasporto di merci non
combustibili o con piccolo rischio d'incendio.
B.S.C. - per navi con boccaporti privi di copertura, quando ammesso.
La conservazione della classe è subordinata al persistere delle condizio-
ni che hanno determinato la sua assegnazione. L'esistenza di queste condi-
zioni viene accertata dal R.I.Na mediante visite periodiche e visite occasio-
nali, cosicché si può ben dire che ciascuna nave, classificata in seguito all'e-
sito soddisfacente degli accertamenti e delle prove di collaudo previste dai
regolamenti, è costantemente controllata e nulla di importante che riguar-
di la costruzione, gli impianti, le sistemazioni e le attrezzature può essere
deciso senza la sua preventiva approvazione.
Ogni 4 anni la classe deve essere rinnovata. Il R.I.Na provvede al rinno-
vo e al rilascio del relativo certificato di classe se hanno buon esito le «visite
speciali» a tal fine previste dai suoi regolamenti.
Dalle considerazioni fin qui svolte si rileva che i diversi simboli di clas-
se utilizzati dal R.I.Na per evidenziare la caratteristica di fiducia e la ca-
ratteristica di navigazione sono:
* 100 A - 1.1 - Nav..... .
90 A - 1.2 - Nav..... .
90 A - 2.1 - Nav ..... .
90 A - 2.2 - Nav ..... .
La sigla Nav. è seguita dal gruppo simbolico indicativo del tipo di navi-
gazione autorizzato, mentre la lettera A può essere sostituita dalla sigla Ar
o As o As (sperimentale), a seconda dei casi.
21
3. Suddivisione delle navi ai fini della classificazione
Agli effetti della classificazione le navi e le altre unità sono suddivise dal
R.I.Na in categorie e tipi che vengono indicati con apposite sigle.
a) Categorie di navi.
Le più comuni categorie di navi e altre unità e le relative sigle di identifi-
cazione sono:
• piroscafi - Ps: navi il cui propulsore è mosso da motrici a vapore acqueo
e capaci di imprimere loro (funzionando all'andatura corrispondente al re-
gime di servizio continuativo) una velocità di almeno 7 nodi, a pieno carico
e in acqua tranquilla;
• motonavi - Mn: navi il cui propulsore è mosso da motori a combustione
interna e capaci di imprimere loro (funzionando all'andatura corrisponden-
te al regime di servizio continuativo) una velocità di almeno 7 nodi a pieno
carico e in acqua tranquilla;
• motoscafi - Ms: motonavi di limitate dimensioni e non completamente
pontate;:1
• piroscafi a propulsione elettrica - Ps. prop. el.: piroscafi il cui propulso-
re è mosso da motori elettrici con energia prodotta da motrici a vapore
acqueo;
• motonavi a propulsione elettrica - Mn. pr op. el.: motonavi il cui propul-
sore è mosso da motori elettrici con energia prodotta da motori a combu-
stione interna;
• aliscafi - As: navi aventi strutture alari, parzialmente o totalmente
immerse, capaci di generare una portanza idrodinamica atta a sollevare
la costruzione sulla superficie dell'acqua durante il suo moto di avanza-
mento;
• aeroscafi (veicoli a cuscino d'aria o overcraft) • VCA: navi provviste di
mezzi atti a generare sotto di esse un cuscino d'aria capace di sollevarle sul-
la superficie dell'acqua;
• natanti • Nt: navi munite di apparato motore di propulsione incapace di
imprimere loro una velocità di 7 nodi;
• galleggianti · Gl: navi non munite di mezzi atti alla loro propulsione;
• velieri - Vl: navi il cui mezzo di propulsione è costituito esclusivamente
da vele;
• velieri con motore ausiliario - Vm: navi il cui mezzo di propulsione prin-
cipale è costituito da vele, ma che sono pure dotate di apparato motore a
combustione interna che consente loro di navigare anche senza usare le
vele;
3
Si dice pontata una nave superiormente chiusa da una copertura che si chiama ponte
(vedi Cap. III).
22
• motovelieri - Mv: navi il cui mezzo di propulsione principale è costituito
da un apparato motore a combustione interna, capace di imprimere loro
(funzionando all'andatura corrispondente al regime continuativo, a pieno
carico e in acqua tranquilla) una velocità di almeno 7 nodi senza l'ausilio del-
le vele, ma che sono pure dotate di una velatura che consente loro di navi-
gare anche con le sole vele in caso di necessità;
• mezzi subacquei - Sp o S: veicoli, autopropulsi (Sp) o no (S), atti a ope-
rare sotto la superficie dell'acqua;
• camere di decompressione - D.C.: apparecchi usati come mezzi di assi-
stenza ad operatori subacquei e sistemabili a terra o a bordo di unità di ap-
poggio;
• piattaforme mobili autoelevantesi - Pl. autoel.: unità provviste di gam-
be mobili atte a sollevare il loro scafo 4 sopra la superficie del mare;
• piattaforme mobili con colonne di stabilità - Pl. col. stab.: unità con il
ponte principale 5 collegato allo scafo o agli scafi sommersi tramite colon-
ne a sezione circolare o rettangolare.
b) Tipi di navi.
4
Lo scafo è la parte più importante della nave (vedi par. 7).
5
Il ponte p1-incipale è il ponte più alto dello scafo (vedi Cap. III).
6
Sono navi passeggeri le navi che trasportano più di 12 passeggeri, indipendentemente
dal fatto che esse trasportino anche merci in grande quantità.
23
HCE: per navi specialmente rinforzate per il trasporto alla rinfusa di ca-
richi pesanti e per poter navigare a pieno carico con determinate stive 7
vuote;
OCE: per navi specialmente rinforzate per il trasporto alla rinfusa di ca-
richi molto pesanti (minerali) e per poter navigare a pieno carico con det er-
minate stive vuote;
• navi cisterna - Cst: navi concepite o adattate per il trasporto di liquidi
alla rinfusa (in cisterne incorporate nella nave stessa o in serbatoi perma-
nentemente installati a bordo).
Nel caso in cui il particolare carico liquido t rasportato imponga la ri-
spondenza della nave a speciali norme, la denominazione generica di nave
cisterna è sostituita da una denominazione che specifichi la natura di tale
carico e la sigla Cst è seguita da un'altra sigla indicativa, riportata tra pa-
rentesi. Si distinguono, conseguentemente, i seguenti tipi particolari di
navi cisterna:
a) petr oliere: navi che trasportano prodotti infiammabili allo stato liqui-
do, a pressione atmosferica e temperatura ambiente (o mantenuti allo stato
liquido mediante apporto di calore), con qualsiasi punto di infiammabilità,
con azione non particolarmente nociva sull'organismo umano e non partico-
larmente corrosivi, contraddistinte dalla sigla Cst (il}; navi che trasportano
prodotti come quelli sopra menzionati, ma con punto di infiammabilità su-
periore a 60 °C, contraddistinte dalla sigla Cst (il pi>60°); 8
b) gassiere: navi che trasportano prodotti gassosi liquefatti per pressio-
ne e/o sottrazione di calore, contraddistinte dalla sigla Cst (GL) se il carico
è costituito da gas di idrocarburi (derivati e/o naturali), e dalla sigla Cst
(GCL) se il carico è costituito da altri gas.
Le sigle Cst (GL) e Cst (GCL) sono seguite da un numero che rivela la
pressione massima ammissibile nelle cisterne o nei serbatoi del carico e,
quando necessario, da un numero che rivela la temperatura minima ammis-
sibile per i gas trasportati;
c) chimichiere: navi che trasportano prodotti chimici allo stato liquido,
a pressione atmosferica e temperatura ambiente (o mantenuti allo stato li-
quido mediante apporto di calore), con qualsiasi punto di infiammabilità,
con azione particolarmente nociva sull'organismo umano e/o particolar -
mente corrosivi, contraddistinte dalla sigla Cst (cl).
Le sigle Cst (GL), Cst (GCL) e Cst (cl) sono seguite anche dalla lettera
P se trattasi di navi che soddisfano le norme per ridurre le conseguenze de-
rivanti da avarie per collisione o incaglio. 9
7
Si chiamano stive i compartimenti nei quali viene sistemato il carico solido (per i carichi
liquidi si utilizzano compartimenti che si definiscono cisterne o tanche).
8 Esistono petroliere utilizzabili anche per il trasporto di carichi solidi alla rinfusa. Tali
navi sono definite 0B0 (0re-Bulk-Oi[) se possono trasportare minerali, rinfuse solide e pro·
dotti petroliferi, 00 (0re-0il) se possono trasportare minerali e prodotti petroliferi.
~ Alle navi cisterna dei tipi Cst (GL), Cst (GCL) e Cst (cl) viene rilasciato un documento,
da allegare al certificato di classe, nel quale sono indicati i prodotti trasportabili, gli spazi in
cui possono essere trasportati, la pressione massima ammissibile in tali spazi, la temperatura
minima ammissibile per i gas trasportati, le dotazioni infortunistiche prescritte ecc.
24
Fig. 1 - Profili di navi
>.• ,·,·
nave passeggeri (per crociere)
nave portacontenitori
~
t
- - )il\
nave portarinfusa
25 segue _,
nave posacavi
26
nave scuola a vela
rompighiaccio
nave da diporto a veta
nave da pesca
27 segue_.
nave cisterna-gassiera
nave portarinfusa
28
• navi traghetto - Tr (jb) o Tr (ro-ro}: navi particolarmente attrezzate per
il trasporto di rotabili ferroviari su rotaie fisse - Tr (fu) - oppure per il tra-
sporto di rotabili stradali - Tr (ro-ro) - con imbarco e sbarco sulle proprie
ruote e/o di carichi disposti su pianali (pallets) o in contenitori (containers)
caricati e scaricati per mezzo di veicoli dotati di ruote; le navi traghetto che
non sono abilitate a trasportare più di 12 passeggeri sono genericamente
definite traghetti da carico, quelle che trasportano anche passeggeri si de-
finiscono più propriamente traghetti da passeggeri e sono contraddistinti
dalla sigla Tr (jb)-TP o dalla sigla Tr (ro-ro)-TP , a seconda del tipo al quale
appartengono;
• navi posacavi • posacavi: navi dotate degli impianti e meccanismi ne-
cessari per la posa, il salpamento e la riparazione dei cavi sottomarini;
• rompighiaccio - R ompigh: navi aventi forma, robustezza, apparato mo-
tore e sistemazioni che le r endono idonee ad aprire la via attraverso i
ghiacci; 10
• rimorchiatori• Re: navi specialmente progettate, costruite ed attrezza-
te per effettuare operazioni di rimorchio (in acque portuali o limitrofe, fino
a 6 miglia dalla costa, oltre 6 miglia dalla costa);
• rimorchiatori di salvataggio - R e. sa.lv.: rimorchiatori dotati anche del-
le attrezzature necessarie per prestare soccorso alle navi in pericolo;
• navi da pesca o pescherecci - P es: navi che posseggono le caratteristi-
che, i requisiti, le sistemazioni e le dotazioni necessarie per la cattura dei
pesci, delle balene, delle foche, dei trichechi o di altri esseri viventi nelle
acque nonché navi utilizzate per servizio di flottiglia da pesca e per la con-
servazione o trasformazione dei prodotti della pesca;
• draghe • Dg: navi dotate delle sistemazioni e delle apparecchiature ne-
cessarie per l'escavazione del fondo;
• bette • Et: navi destinate al trasporto e alla discarica in acqua di mate-
riali di escavazione del fondo marino;
• navi da diporto • Y: navi utilizzate per scopi sportivi o ricreativi, senza
fine di lucro;
• navi per ricerche scientifiche o tecnologiche · ST: navi concepite od
adattate ed esclusivamente impiegate per ricerche scientifiche o tecnologi-
che e che posseggono particolari attrezzature e sistemazioni che le rendono
atte a tale impiego;
• navi scuola - Se: navi concepite od adattate ed esclusivamente impiega-
te per l'istruzione di allievi nelle discipline marinare, e che posseggono per-
ciò le attrezzature e le sistemazioni che le rendono atte a tale impiego (aule,
alloggi per gli istruttori e per gli allievi, apparecchiature ecc.);
10
Anche le navi di altro tipo possono essere abilitate alla navigazione fra i ghiacci.
se debitamente rinforzate. In tal caso il R.I.Na aggiunge al simbolo di classe la marca RG o
*
RGI o RGI o RG2 o RG3 per specificare le diverse condizioni in cui può svolgersi la naviga-
z10ne.
29
• chiatte - Ch: galleggianti atti a trasportare carichi secchi o liquidi; la si-
gla Ch è seguita dalla sigla tms o tmc o Cst (....) a seconda che la chiatta
sia idonea al trasporto di carichi secchi nelle stive, di carichi secchi in coper-
ta, di carichi liquidi in cisterne (i carichi liquidi trasportati sono indicati tra
parentesi, come per le navi cisterna);
• navi per trasporto contenitori - T. cont.: navi esclusivamente proget-
tate e attrezzate per trasportare contenitori; le navi non esclusivamente
progettate per il traspor to di contenitori, ma dotate di strutture adeguate
per sopportare i carichi derivanti dai contenitori stessi sono contraddistin-
te dalla sigla Cont.
• navi o piattaforme per perforazione - Pf: navi provviste di sistemazio-
ni particolari e permanenti che le rendono atte al servizio di perforazione
del fondo marino, per la ricerca o per lo sfruttamento del fondo stesso;
• unità per servizio di appoggio - Ap: navi o altre unità dotate di siste-
mazioni e attrezzature che consentono di utilizzarle come basi di appoggio
per lo svolgimento di particolari lavori;
• navi per trasporto di carichi refrigerati - R C: navi 11 dotate di siste-
mazioni specifiche e permanenti per il trasporto di carichi refrigerati e
provviste di impianti frigoriferi qualificati dal R.I.Na;
• unità per sollevamento - Soll: navi o altre unità dotate di sistemazioni
specifiche per il sollevamento o la movimentazione dei pesi;
• bacini galleggianti - Bac: galleggianti progettati, costruiti e attrezzati
per essere usati per il sollevamento e/o il varo di strutture galleggianti, o
per la costruzione, la manutenzione e la riparazione di navi, galleggianti e
altre unità particolari;
• barche-porta - Barca porta: galleggianti progettati, costruiti e attrez-
zati per essere usati come mezzi di chiusura dei bacini in muratura;
• navi per soccorso - Socc: navi particolarmente attrezzate per effettua-
re interventi di soccorso.
• navi per la rimozione di oli minerali dalla superficie del mare - Ree
Oil: navi dotate di sistemazioni e/o attrezzature per la rimozione degli oli
minerali dalla superficie del mare e per la loro conservazione, trasporto e
successiva discarica;
• navi cisterna per la raccolta ed il trattamento di acque oleose - Cst
(il) - Treat Oil o Cst (il pi> 60°) - Treat Oil: navi cisterna del tipo Cst (il)
dotate di impianti per la raccolta ed il trattamento delle acque oleose di
sentina 12 e delle acque di zavorra e di lavaggio delle cisterne delle navi ci-
sterna per il trasporto alla rinfusa di liquidi infiammabili, oppure navi ci-
sterna del tipo Cst (il pi > 60°) dotate di impianti per la raccolta ed il tratta-
mento delle sole acque oleose di sentina e dell'acqua di zavorra dei depositi
del combustibile;
11
Esculse le navi Cst, (GL), le Cst (GCL) e le Pes.
12
Vedi cap. III, par. 2.
30
• posatubi - posatubi: navi dotate degli impianti e delle attrezzature ne-
cessari per la posa, il salpamento e la riparazione dei tubi sottomarini;
• unità per il servizio di appoggio a piattaforme - Ap (Pl) o Ap (Pl) -
Tpp: navi o altre unità dotate di apposite sistemazioni e attrezzature per
l'assistenza a piattaforme, oppure navi che in aggiunta a questo servizio
possono svolgere servizio di trasporto di prodotti petroliferi con qualsiasi
punto di infiammabilità.
Per fornire un quadro complessivo delle visite cui una nave viene sotto-
posta ai fini della classificazione, riportiamo nelle pagine che seguono un
«Prospetto delle visite di classe» nel quale sono indicate le specie delle visi-
te e le relative sigle, nonché le scadenze delle visite speciali e delle visite
periodiche per le navi abilitate alla navigazione marittima.
31
PROSPETTO DELLE VISITE DI CLASSE
VISITE SIGLE
13
Parte immersa dello scafo (vedi par. 1).
14 Le sigle Ve (Pi.C}, Vca (Pi.Ca) e Vca-fdt (Pi.ca) si riferiscono a caldaie e calderine non
visitabili internamente e perciò sottoposte a prova idrostatica.
15 Va: Alberi a camicia interrotta a contatto con l'acqua o con lubrificazione a grasso.
16
VaC: Alberi a camicia· continua (con eventuali giunti soddisfacenti alle prescrizioni re-
lative), ovvero alberi costituiti da metallo avente resistenza alla corrosione ritenuta ade-
guata).
17
Va.lo: Alberi provvisti di sistema e dispositivi di lubrificazione approvati.
18
VAa.lo: Alberi aventi caratteristiche particolari (visita alte rnata modificata).
rn Visite effettuate in seb'1lito ad avarie o a lavor i di riparazione, modifica o trasforma-
zione interessanti la classe.
20
Visite speciali effettuate ne l periodo di validità della classe, anziché alle scadenze di
questa, e distribuite in modo da rispettare le scadenze qua driennali.
32
2. SCADENZA DELLE VISITE SPECIALI PER NAVI CON SCAFO IN ACCIAIO
Per le navi cisterna (Il e Il pi > 60°): Per le navi cisterna (il, il pi > 60° e
cl):
Tutte le VSs Tutte le VSs a partire da quella (in-
elusa) la cui scadenza occorra al
compimento del 12° anno di età o
successivamente
VSs ... frt
Per tutte le altre navi: Per tutte le altre navi:
Tutte le VSs a partire da quella (in- Tutte le VSs a partire da quella (in-
elusa) la cui scadenza occorra al elusa) la cui scadenza occorra al
compimento del 10° anno di età o compimento del 24° anno di età o
successivamente successivamente
VSm dopo 4 anni dalla VPC o dalla pre- dopo 6 anni dalla VPC o dalla pre-
cedente VSm cedente VSm
SCADENZE NORMALI
QUALITÀ Successive
del legname e dell' impernatura VSs1 VSs2 VSs3
VSs3
VSm
anni di età
25,29, 33
ecc. 5"
- ·O
:, CO
Teak e metallo giallo 7 14 21 (ogni 4 anni)
22, 26, 30
'""'"
3 ;;-
.e.,
a.o
Teak e ferro zincato ecc. !!!.a.
Quercia e metallo giallo 6 12 18 (ogni 4 anni) '"o
<~
(l.t.
Teak e ferro nero 19, 23, 27 o~
Quercia e ferro zincato ecc. a.:.
Pino e metallo giallo 5 10 15 {ogni 4 anni) !!!.-
33
4. VISITE ED ALTRE OPERAZIONI PERIODICHE (ESCLUSE LE VISITE SPECIALI)
PER LE NAVI ABILITATE A NAVIGAZIONE MARITTIMA
A partire dalla
Genere della visita Sigla Periodicità data di:
quando ammessa in
Vcrng sostituzione di una Vcr
inizio del periodo
2 Visita ordinaria scafo VOs 1 anno di classe
4 Visita caldaie
ve o 2 anni fino alI'8° anno precedente
VC(Pi.C) 1 anno oltre 1'8° anno effettuazione
Va 2 anni
quando ammessa
VAa.lo in sostituzione
di una Va.lo
21 È inoltre obbligatoria la Vcr ogniqualvolta la nave sia messa in secco a seguito di ava-
ria, sospetta avaria o lavori.
34
4. Suddivisione delle navi secondo il regolamento di sicurezza
• Tipi di navi
a) piroscafo;
b) motonave;
c) nave nucleare;
d) veliero;
e) motoveliero;
f) veliero con motore ausiliario;
g) aliscafo;
h) aeroscafo;
i) imbarcazione a remi.
35
un ingegnere o perito nominato dall'ente tecnìco e da u n
ESTRATTO DAL REGOLAMENTO sottufficiale di porto o impiegato civile dell'ufficio di circon-
dario marittimo, che svolge le funzioni di segretario. Ove ri-
PER LA SICUREZZA tenuto opportuno dal capo del circondario marittimo, anche
il medico di porto può essere chiamato a dare la propria as-
DELLA NAVIGAZIONE sistenza nell'espletamento dei predetti accertamenti.
E DELLA VITA UMANA 2. Degli accertamenti effettuati viene redatto processo
verbale.
IN MARE 3. Per le imbarcazioni da diporto e le navi di cui a l libro
III, titolo IV, le v isite periodiche e quelle occasionali dispo-
ste dall'art. 26, comma 4, possono essere effettuate a nche
dalle associazioni nautiche indicate nel secondo comma del-
l'art. 213 del codice della navigazione, nei limiti indicati nel•
(Omesso) l'articolo medesimo, purché alle stesse presieda il capo del
circondario marittimo o un ufficiale da lui designato.••
T [TOLO II
ACCERTAMENTI E DOCUMENTI PER LA
SICUREZZA DELLA NAVIGAZIONE Art. 19
Visite nei porti esteri
Capito/.o I 1. Nei porti esteri le visite di cui al terzo comma del•
Vis1n; EU ~C.:CERTAMENTI l'art. 6 della legge, nonché g li eventuali accertamenti di cui
al secondo comma dell'art. 165 del codice de lla navigazione,
Art. 16 sono eseguiti a cura dell'autorità consolare con l'assistenza
Tipi di vi.site del locale ufficio dell'ente tecnico o, in mancanza, di quello
più vicino dell' ente stesso.
Aì fini degli accertamenti di sicurezza di cui agli articoli 2. Nei casi di urgenza, ovvero quando ragioni di distanza
4., 25 e 28 della legge ,• le visite alle qua li devono essere sot• o difficoltà di comunicazioni con l'ufficio più vicino dell'ente
toposte tutte le navi ed anche le imbarcazion i da dipor to, tecnico consiglia no di provvedere altrimenti, l'autorità con•
escluse quelle alle quali. a norma dell'art. 6, comma l, lette· solare può farsi assistere da ingegneri navali o da capitani di
ra a), non si applica il presente regolamento, sono: lungo corso o da capitani di macchina di nazionalità italiana
1,isite iniziali, prima dell'entrata in servizio; o, in mancanza, da periti locali, a seconda della natura degli
1ris·ite periodiche, alla scadenza dei periodi di validità dei accertamenti da eseguire.
certificati di sicurezza, dì idoneità e delle annotazioni di si•
curezza;
itisite occa.;ionali, quando se ne ver ifichi la necessità. Art. 20
Accertamenti per i l rila-çcio e durata del certificato
di na1Jigabilità
Art. 17
Ese1,-uzione delle visite 1. Gli accertamenti prescritti dal secondo comma del•
l'art. 5 della legge per il rilascio del certificato di navigabili·
1. Le visite di cui all'articolo preceden te, ferme le pr e- tà devono essere fatti dall'ente tecnico, secondo le norme
scrizioni dell'art. 165 del codice della navigazione, sono d i- dei propri regolamenti, in occasione della visita iniziale d i
sposte dal capo del circondar io marittimo su richiesta del· cui all'ar t. 22.
l'armatore o dì un suo rappresentante e per navi estere su 2. Il cer tificato di navigabilità ha validità quadriennale
richiesta della competente autorità consolare. e possibilità di proroga di un anno, a ter mini del secondo
2. Il capo del circondario marittimo, su richiesta degli comma dell'art. 5 della legge, con obbligo di visite periodi·
interessati d i cui al precedente comma, può conse ntire che che da effettuarsi ad intervalli di due anni da parte dell'en·
una visita iniziata in un porto del proprio circondario, ven- te t ecnico, il quale ha la facoltà di differirne l'esecuzione
ga completata in un altro porto, p urché la visita stessa sia non oltr e 4 mesi.
compiuta entro i due mesi precedenti la data di scadenza 3. Gli accertamenti d i cui al precedente comma sono
dei certificati o de lle a nnotazioni di sicurezza d i cui è prov· prescritti anche per le navi di cui a lla lettera a.) dell'art . 2
vista la nave; copia del verbale riguardante gli accertamen· del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 22
t i effettuati deve essere inviata all'autorità marittima inte· gennaio 1947, n. 340, ratificato con legge 17 aprile 1956, n.
ressata al completamento della visita. 561, dest inate a l t rasporto di passegger i in acque tranquil·
3. Nei porti esteri le visite di cui all' ar ticolo precedente le, i cui limiti sono stabiliti dal capo del circondario ma·
sono disposte dall' autorità consolare su richiesta del co- rittimo.
mandante della nave. 4. Il certificato di navigabilità è rilasciato dalla capita·
neria d i porto, su modello approvato dal Min istero, e ne
deve essere trasmessa copia all'ente tecnico.
Art. 18
Organi di esecuzione delle visite e degli accertamenti
Art. 2 1
1. Agli accertamen ti previsti dall'ultimo comma del- Vis ite iniziali
l'ar t. 28 della legge, per le navi di stazza lorda inferiore a
200 tonnellate ma uguale o superiore a 25 tonnellate, prov- 1. Le visite iniziali sono intese ad accertare che la nave
vede il capo del circondario marittimo o un ufficiale da lui soddisfa alle prescrizioni della legge e del presente regola·
designato, d i grado non inferiore a capitano, assistito da mento in relazione al tipo della nave stessa, alla specie
• Le!(gc n. 616 del 5/6162 sulla sicurezza della navigazione e della vita umana in mare.
• • Il titolo IV è stato abrogato in seguito all'entrnta in vigore del Uegola,nento di Mcurezu, per la 11,wigazivne dt:, diporto.
36
di navigazione ed al servizio cui essa dev'essere destinata. Art. 24
2. Le visite sono effettuate prima che la nave entri in Visite periodiche
servizio e comprendono un'ispezione completa della strut·
tura, delle macchine, del materiale di armamento, un'ispe- Le visite periodiche sono effettuate per accertare che
zione a secco della carena e un'ispezione interna ed esterna persistano a bordo le condizioni esistenti all'atto della visita
delle caldaie. iniziale.
3. Le visite devono essere effettuate in modo da atte-
stare che le sistemazioni, il materiale, i dimensionamenti Art. 25
della struttura, le caldaie e gli altri recipienti a pressione e Visite periodiche ai gcilleggianti
loro ausiliari, le macchine principali ed ausiliarie, le instal- 1. In occasione delle visite periodiche possono essere
lazioni elettriche, le installazioni radio, tutte le altre parti omesse, per i galleggianti adibiti a servizi nei porti o nelle
dell'armamento, gli apparecchi ricetrasmettitori fissi e por- immediate vicinanze, le visite a secco della carena e quelle
tatili per mezzi collettivi di salvataggio, i dispositivi antin- ai macchinari, che dovranno però essere eseguite almeno
cendio, la scaletta per i piloti, i mezzi di segnalazione, la la- ogni quattro anni.
vorazione di tutte le parti della nave e del relativo arma- 2. Allorché trattasi di carene particolarmente protette,
mento, siano integralmente conformi alle prescrizioni del gli intervalli fra le visite a secco della carena possono esse-
presente regolamento ed alle altre norme in materia di si- re prolungati dall'autorità marittima, su parere dell'ente
curezza della navigazione e della vita umana in mare. tecnico. Ciò dovrà risultare nella annotazione di sicurezza
4. Nella visita iniziale deve anche essere controllato che prevista dalla tabella D.
siano state eseguite le prove idrauliche concernenti: 3. Se un galleggiante deve affrontare navigazione in
CL) le caldaie principali ed ausiliarie; mare aperto, e sono passati due anni dall'ultima visita sen-
h) le relative connessioni e tubolature cli vapore; za che sia stata effettuata quella a secco della carena, que-
e) le bombole e i serbatoi d'aria compressa; st'ultima visita dev'essere preventivamente eseguita. Il mi-
d) le relative connessioni e tubolature d'aria compressa; nistero, sentito l'ente tecnico, può autorizzare la predetta
e) i depositi e le casse di combustibile liquido per uso navigazione a determinate condizioni al fine di consentire
dell'apparato motore; il trasferimento del galleggiante in un porto attrezzato per
j) le cisterne, le casse, i doppi fondi strutturali dello l'esecuzione della visita a secco.
scafo.
5. Le prove idrauliche possono essere sostituite con al-
tre ritenute idonee dall'ente tecnico. Art. 26
Visite occasionali
1. Una visita occasionale, generale o parziale secondo i
casi, dev'essere effettuata ogni volta che si verifichi un sini-
stro o si manifesti un difetto che comprometta la sicurezza
Art. 22 della nave o l'efficienza o l'integrità dei mezzi di salvatag-
Visitci iniziale per la navi_gcibilità gio o di altri apparati, ed ogni qualvolta la nave subisca ri-
parazioni o innovazioni importanti. La visita dev'essere
1. La visita iniziale deve essere effettuata sulla base dei eseguita in modo da garantire che le riparazioni o innova-
regolamenti dell'ente tecnico, tenuto conto del tipo di nave zioni sono state effettivamente compiute, che i materiali
e del servizio al quale è destinata. impiegati per le riparazioni o innovazioni e la loro esecuzio-
2. L'ente tecnico può non effettuare il collaudo: ne sono soddisfacenti sotto ogni punto di vista e che la nave
a) per le navi di nuova costruzione, in acciaio, dei mate- risponde a tutte le prescrizioni vigenti.
riali costituenti lo scafo purché per essi sia prodotto certifi- 2. Le imbarcazioni da diporto e le navi di cui al libro III,
cato di collaudo di fabbrica che indichi la qualità e le carat- titolo IV, sono soggette a visite occasionali quando ciò sia
teristiche dei materiali stessi e l'idoneità di essi in relazione ritenuto opportuno da lla autorità marittima o quando per
ai mezzi di collegamento adottati; gravi avarie subite dalla nave o per notevoli mutamenti ap•
b) per tutte le navi nuove o esistenti, dell'apparato prin- portati allo scafo o all'apparato motore della medesima ven-
cipale di propulsione, di potenza fino a 300 cavalli, e relati- gono meno i requisiti in base ai quali sono state effettuate
va linea d'asse (o linee d'assi) purché per essi sia prodotto le annotazioni di sicurezza di cui alla tabella D.
certificato di collaudo di fabbrica. 3. Dopo un periodo di disarmo di durata superiore a tre
3. Non sono richiesti certificati di collaudo: mesi deve essere eseguita una visita occasionale mirant e ad
a) per le navi esistenti, dei materiali costituenti lo sca- accer tare il mantenimento delle condizioni di sicurezza e
fo, purché si tratti di navi con a lmeno quattro anni di effet- navigabilità attestate dal certificato in vigore.
tivo esercizio; dell'apparato motore e dell'asse portaelica (o 4. Dopo un periodo di disarmo di qualunque durata, ma
assi portaeliche), se in servizio da almeno quattro anni; nei limiti di validità delle annotazioni di sicurezza, sono
b) per tutte le navi nuove o esistenti, dei macchinari au- esentate dalla visita occasionale:
siliari, i quali devono comunque essere assoggettati a prova a) le navi da pesca di stazza lorda uguale o inferiore a
di funzionamento, a giudizio dell'ente tecnico. 200 tonnellate;
b) le navi da diporto di stazza lorda uguale o inferiore a
100 tonnellate;
e) le navi ad uso privato;
d) i galleggianti di stazza lorda uguale o inferiore a 400
Art. 23 tonnellate.
Visite iniziCLli per costruzioni in serie di navi di stazza
lorda non .superiore a 10 tonnellate, imbCLrcazùmi da Art. 27
diporto e refotivi cipparati motori
Equivalenza
Per la costruzione in serie di navi di stazza lorda non su- 1. La domanda diretta ad ottenere il riconoscimento dì
periore a 10 tonnellate, di imbarcazioni da diporto e dei re- equivalenza di cui all'art. 12 della legge deve essere corre•
lativi apparati motori, la visita iniziale si effettua al solo data da una relazione tecnica.
prototipo mentre le corrispondenti unità di serie sono sog- 2. Il Ministero può incaricare l'ente t ecnico o altr i enti
gette ad una ricognizione intesa ad accertare la loro rispon- particolarmente qualificati degli accerta menti necessari
denza alle caratterist iche del prototipo. per il rilascio di tale riconoscimento, salva in ogni caso la
37
competenza del Ministero delle poste e delle telecomunica- Art. 32
zioni per gli impianti, i dispositivi e gli apparecchi radioelet- Mantenimento delle condizioni dopo le visite
trici.
1. Dopo che una delle visite di cui all'art. 16 è stata com-
Art. 28 piuta, nessun cambiamento può essere apportato alle siste-
Accrrtament-i per le annotazioni di sicurezza mazioni strutturali, al macchinario, all'armamento e in ge-
nerale a tutto ciò che ha formato oggetto della visita stessa.
Per le annotazioni di sicurezza delle navi, imbarcazioni a meno che la nave venga sottoposta a visita occasionale.
e galleggianti di cui alla lettera m) dell'allegata tabella D 2. L'autorità marittima, sentito, ove lo ritenga opportu-
deve essere sentito l'ente tecnico quando si tratti di accer- no, l'ente tecnico, può ammettere quei cambiamenti che, a
tamenti relativi al macchinario principale e ausiliario, alle suo giudizio, siano di lieve entità.
caldaie ed agli altri recipienti a pressione, ai macchinari 3. Il comando di bordo ha l'obbligo di sostituire imme-
azionati da energia elettrica, all'impianto elettrico, ed in diatamente, di propria iniziativa, le dotazioni che presenti·
ogni altra circostanza in cui sia ritenuto necessario dall'au- no deterioramenti o deficienze tali da comprometterne l'ef-
torità marittima di procedere a particolari accertamenti ficienza.
tecnici.
Art. 33
Controlli
Art. 29
A cccr/.amenti sulle ·na·vi esistenti L'autorità marittima, nell'esercizio dei suoi poteri di
controllo di cui al terzo comma dell'art. 1 della legge, può
L'applicazione dei criteri di tolleranza stabiliti nella ta- farsi assistere dall'ente tecnico ovvero può disporre, ove lo
bella B ed il giudizio sulla praticità e ragionevolezza dell'ap- ritenga opportuno, speciali accertamenti prima di adottare
plicazione del presente regolamento alle navi esistenti sono le misure stabilite nel comma citato.
demandati ai capi di compartimento marittimo che vi prov-
vederanno:
a) sulla base di rapporti e pareri dell'ente tecnico per Art. 34
quanto riguarda la materia indicata nella tabella B seconda Controllo speciale a navi nucleari
parte e lettera f> della prima parte;
b) sulla base dei rapporti e dei pareri delle commissioni di 1. Le navi di bandiera estera a propulsione nucleare per
accedere nei porti nazionali, devono essere preventivamen-
visita previste dalla legge e dal presente regolamento per la
rimanente materia. Tali commissioni, fermo il disposto del- te autorizzate dal Ministero.
l'art. 27 della legge, possono acquisire, ai fini dei propri ac- 2. Prima di entrare nei porti le navi a propulsione nu-
certamenti, documenti rilasciati dall'ente tecnico concernen- cleare devono essere sottoposte, dalle competenti autorità
governative, a controllo speciale allo scopo di verificare che
ti l'oggetto degli accertamenti stessi.
vi sia a bordo un certificato valido di sicurezza per navi a
propulsione nucleare e l'assenza di un livello irragionevole
Art. 30 di radiazioni o di altri pericoli di origine nucleare, in mare
Casi di emergenza; preparazione degli equipaggi; o in porto, per tutte le persone imbarcate, le popolazioni, le
organizzazione ed efficienza dei .~ervizi di bordo vie navigabili, gli alimenti e le acque.
3. Il controllo speciale, per i porti nazionali, deve essere
1. Per le navi di stazza lorda uguale o superiore a 200 effettuato da una commissione composta da:
tonnellate, l'autorità marittima deve procedere alla visita a) un ufficiale della capitaneria di porto;
dei servizi di bordo al fine di accertarne l'organizzazione e b) un rappresentante del Ministero dell'interno, direzio-
l'efficienza per i casi di emergenza e per controllare il corri- ne generale della protezione civile e dei servizi antincendi;
spondente grado di preparazione dell'equipaggio. e) un rappresentante del Ministero della sanità;
2. La visita deve essere eseguita in occasione di ogni d) un esperto del comitato nazionale per l'energia nu-
nuovo armamento e poi, periodicamente, ogni anno, compa- cleare:
tibilmente con l'impiego commerciale della nave. L'inter- e) un rappresentante del!' ente tecnico.
vallo fra due visite non deve superare i 14 mesi, salvo casi 4. La commissione deve accertare il sussistere delle
eccezionali a giudizio dell'autorità marittima. condizioni di sicurezza per tutta la durata della sosta della
3. La visita deve pure essere eseguita ogni qualvolta nave nell'area portuale.
l'autorità marittima abbia motivo di dubitare che il grado
di preparazione dell'equipaggio e l'efficienza dei servizi di
bordo per l'emergenza siano andati soggetti a menoma- Art. 35
zione. Piani da presentare alla commi.ssiom di vi sita
4. L'autorità marittima che provvede alle visite ne fa
1. Almeno sette giorni prima della visita iniziale della
annotazione nel ruolo di equipaggio o nella licenza e ne dà nave gli interessati devono mettere a disposizione della
comunicazione al ministero indicandone l'esito, i rilievi for• commissione di visita, con il visto di approvazione dell'ente
mulati ed i provvedimenti adottati.
tecnico, i seguenti piani o computi, salvo quelli che non sia-
no ritenuti necessari dall'ente tecnico in relazione alla
Art. 31 grandezza o al tipo della nave o al servizio cui essa è desti-
Deficienze ed inconvenienti temporaneamente tollerabili nata, riguardanti:
a) la compartimentazione di galleggiabilità, per le navi
Qualora, durante le visite, si rilevino deficienze o incon- che vi sono soggette;
venienti che possono essere temporaneamente tollerati, il b) l'impianto centralizzato di manovra delle porte sta-
capo del circondario marittimo dispone a proprio giudizio e gne, se esiste;
la commissione di visita propone nel verbale di visita il ter- e) la compartimentazione tagliafuoco, per le navi che vi
mine entro il quale si deve procedere alla eliminazione delle sono soggette;
deficienze o inconvenienti medesimi. In tal caso l'autorità d) tutte le sistemazioni antincendio mobili e fisse, com-
marittima può rilasciare o rinnovare o convalidare i certifi- presi gli impianti fissi per la segnalazione e l'estinzione de-
cati e le annotazioni di sicurezza con validità limitata, noti- gli incendi, per le navi che devono esserne dotate;
ficando all'armatore ed al comandante della nave il predet- e) i mezzi di sfuggita;
to termine. j) la sistemazione dei mezzi di salvataggio;
38
g) la sistemazione degli organi di governo; 3. Il certificato d i sicurezza per le dotazioni di nave da
h) la sistemazione delle bussole; carico deve comprovare che la nave soddisfa alle prescrizio-
i) la sistemazione dei fanali; ni del presente regolamento ed alle altre norme per la sicu-
l) le trasmissioni degli ordini; rezza della navigazione e della vita umana in mare che ri-
m) i computi relativi alla stabilità a nave integra e in guardano:
condizioni di allagamento, per le navi che sono soggette a a) i mezzi per la protezione attiva contro gli incendi ed
norme su tali condizioni. i relativi piani;
2. Deve essere messo a disposizione della commissione b) i mezzi di salvataggio;
ogni eventuale altro piano prescritto dal Ministero o richie- e) la scaletta per il pilota;
sto dall'ente tecnico. d) i mezzi di segnalazione (fanali, segnali, bandiere ed
altri strumenti di segnalazione ottica o sonora);
e) le sistemazioni e dotazioni varie.
Capitolo II
D<>CU MENTI RELATIVI ALLA SICUREZZA DELLA NAVIGAZIONE
Art. 39
Art. 36 Oggetto dei certificati di sicurezza
Certificati -per navi a propulsione nucleare
I documenti comprovanti l'adempimento delle prescri- 1. Il certificato di sicurezza per nave passeggeri a pro·
zioni relative alla sicurezza della vita uma na in mare consi- pulsione nucleare deve comprovare che la nave soddisfa, ol-
stono nei certificati indicati nella tabella D. tre che alle prescrizioni indicate nell'art. 37, alle a ltre pr e-
scrizioni stabilite per le navi di questo tipo.
2. Il certificato di sicurezza per nave da carico a propul-
Art. 37 sione nucleare deve comprovare che la nave soddisfa, oltre
Oggetto del certificato di sicurezza per na:vi da passeggeri che alle pr escrizioni indicate nell'art. 38, alle altre prescri-
zioni stabilite per le navi di questo tipo.
Il certificato di sicurezza per navi da passeggeri de- 3. I certificati di sicurezza per navi da passeggeri e da
ve comprovare che la nave soddisfa alle prescrizioni del carico a propulsione nucleare sono rilasciati dall'autorità
presente regolamento ed alle altre norme per la sicurez- marittima in base alle disposizioni contenute nel capo IV
za della navigazione e della vita umana in mare che ri- della legge. La commissione di visita di cui all'art. 25 della
guardano: legge dev'essere integrata con un ispettore del corpo nazi o•
a) lo scafo, il macchinario principale ed ausiliario, le cal- nale dei vigili del fuoco e con un esperto del comitato nazio-
daie e gli altri recipienti a pressione, l'impianto elettrico; nale per l'energia nucleare.
b) il materiale d'armamento;
e) la galleggiabilità e la relativa compartimentazione;
d) la stabilità;
Art. 40
e) i mezzi di esaurimento;
Rapporto di sic·u.rezza per le navi nucleari
j) gli organi di governo; 1. La nave nucleare dev'essere in possesso di un «Rap-
g) i mezzi di marcia indiet ro; porto di sicurezza» che permetta la valutazione della sicu-
h) i mezzi di trasmissione d'ordine; rezza dell'impianto nucleare e della nave al fine di assicura-
i) le sistemazioni ed i mezzi di protezione contro gli in- re l'assenza di un livello irragionevole di radiazioni o di altri
cendi ed i relativi piani; pericoli di origine nucleare, in mare o in porto, per tutte le
!) i mezzi di sfuggita; persone imbarcate, le popolazioni, le vie navigabili, gli ali•
m) i mezzi di salvataggio; menti e le acque.
n) la scaletta per il pilota; 2. Tale rapporto deve essere sottoposto all'approvazio-
o) i mezzi di segnalazione (fanali, segnali, bandiere ed ne del Ministero, e deve essere sempre tenuto aggiornato.
altri strumenti di segnalazione ottica o sonora); Deve a ltresì essere reso disponibile con sufficiente anticipo
p) gli impianti radiotelegrafici e radiotelefonici; per i Governi dei Paesi in cui la nave nucleare intende re-
q) le sistemazioni e dotazioni varie. carsi in modo che essi possano valutare la sicurezza della
nave.
Art. 38
Art. 41
Oggetto dei certificati di sicurezza per navi da carico Manuale di esercizio per le navi nucleari
1. Il certificato di sicurezza di costruzione per nave da
Deve esser e preparato un completo e dettagliato ma-
carico deve comprovare che la nave soddisfa alle prescr izio-
nuale, ad uso del personale addetto, cont enente informazio-
ni del presente regolamento, ed alle altre norme per la sicu-
ni e direttive per la condotta della insta llazione nucleare
rezza della navigazione e della vita umana in mare che ri-
con speciale riguardo a lle norme da osservare ai fini della
guardano:
sicurezza. Tale manuale deve sempre essere sottoposto al-
a) lo scafo, il macchinario principale ed ausiliario, le cal-
l'approvazione del Ministero e deve sempre essere tenuto
daie e gli altri recipienti a pressione, l'impianto elettrico;
b) il materia le d'armamento;
aggiornato. Alcune copie del manuale devono essere tenute
a bordo della nave a disposizione del personale interessato.
e) la stabilità;
d) i mezzi di esaurimento;
e) gli organi di governo; Art. 42
j) i mezzi di marcia indietro; Oggetto dei certificati di sicurezza
g) i mezzi di trasmissione di ordini; radiotelegrafica e radiotelefonica
h) le sistemazioni di protezione passiva contro gli in•
cendi; 1. Il certificato di sicurezza radiotelegrafica per nave da
i) i mezzi di sfuggita. carico deve comprovare che l'impianto radiotelegrafico del·
2. All'esecuzione delle visite concernenti il cert ificato di la nave, gli impianti r adiotelegrafici delle imbarcazioni di
sicurezza di costruzione per nave da carico ed al rilascio del salvataggio a motore e gli apparecchi radio portatili per im-
certificato medesimo provvede l'ente tecnico secondo i pro- barcazioni o zatt ere di salvataggio soddisfano alle prescri-
pri regolamenti. zioni stabilite nel presente regolamento.
39
2. Il certificato di sicurezza radiotelefonica per nave da della legge 11 febbraio 1971 n. 50, hanno validità non supe-
carie-o deve comprovare che l'impianto radiotelefonico della riore a cinque anni.
nave. gli impianti radiotelefonici delle imbarcazioni di sal- 4. Gli altri certificati indicati nell'allegata tabella D
vataggio a motore e gli apparecchi radio portatili per im- hanno la validità stabilita dall'art. 6, penultimo ed ultimo
barcazioni o zattere di salvataggio soddisfano alle prescri- comma, della legge.
zioni stabilite nel presente regolamento. 5. Se una visita ha luogo entro i due mesi che precedono
la scadenza del periodo di validità di un certificato di sicu-
rezza radiotelegrafica o di un certificato di sicurezza radio-
Art. 43 telefonica rilasciato ad una nave da carico di stazza lorda
Oggetto del certificalo di esenzione uguale o superiore a 300 tonnellate ma inferiore a 500 ton-
nellate, tale certificato può essere ritirato e può essere rila-
Il certificato di esenzione deve elencare le singole esen- sciato un nuovo certificato con validità fino a 12 mesi dopo
zioni accordate. la scadenza del suddetto periodo.
(Omissis)
Art. 44
Og_qetto del certificaio di idoneità
TABELLA D
li certificato di idoneità deve comprovare che la nave
soddisfa alle prescrizioni applicabili dell'art. 37 e dell'art. DOCUMENTI RELATIVI ALLA SICUREZZA
38, primo e terzo comma. DELLA NAVIGAZJONE
40
5. Qualità essenziali delle navi
Dalla stessa definizione di nave si rileva che questa deve essere robusta
e impermeabile all'acqua perché possa conservare, in ogni circostanza, la
indispensabile galleggiabilità.
Si può quindi affermare che
• la galleggiabilità
• la impermeabilità
• la robustezza
sono qualità essenziali per una nave.
La galleggiabilità si basa sul principio di Archimede 22 e sussiste sol-
tanto se la nave è in grado di ricevere, dall'acqua in cui si trova parzialmen-
te immersa, una spinta uguale al suo peso.
Cioè, se indichiamo conS la spinta dell'acqua e con P il peso della nave,
dovrà essere:
S=P
Ma il principio di Archimede stabilisce che:
S=r•V
dove V rappresenta il volume dell'acqua spostata e y il suo peso spe-
cifico.
Perciò sarà anche:
P=yV
Avendo presente che il volume V dell'acqua spostata (dislocata) dalla
nave è necessariamente uguale al volume della sua parte immersa (carena),
è facile intuire la fondamentale importanza della relazione scritta.
La sua applicaziòne consente infatti di determinare la massa di una
nave, massa che d'ora innanzi chiameremo dislocamento e indicheremo con
il simbolo ~ . quando siano noti il volume V della sua parte immersa o care-
23
na e la densità w (massa volumica) dell'acqua in cui galleggia.
Cioè:
~ =WV
Esprimendo V in m 3 e w in t/m 3 , il dislocamento ~ risulta espresso in
tonnellate.
Alla densità dell'acqua di mare si assegna il valore medio:
W=l,025
e pertanto sarà:
d=l,025 V
22 Un corpo immerso in un liquido riceve da questo una spinta diretta verso l'alto pari
al peso del liquido spostato.
23
Dislocamento e massa possono assumere valori diversi in particolari situazioni. Il di-
slocamento di una nave incagliata risulta infatti minore della sua massa; la nave in bacino non
disloca nemmeno una tonnellata d' acqua quando è a secco, ma la sua massa ha evidentemente
un valore ben definito.
41
L'impermeabilità è indispensabile per conservare la galleggiabilità e
assicurare quindi la stessa esistenza della nave.
Ciò si comprende facilmente tenendo presente che una eventuale assen-
za di impermeabilità consentirebbe infiltrazioni d'acqua all'interno della
nave e che tali infiltrazioni finirebbero con il rendere impossibile, prima o
poi, quella uguaglianza fra il peso e la spinta che è condizione essenziale per
la sua galleggiabilità.
Infatti, a causa del crescente peso dell'acqua imbarcata, il peso della
nave finirebbe con l'assumere un valore non più uguagliabile dalla spinta
e si avrebbe, come naturale conseguenza, il suo affondamento.
Ben sì giustifica dunque l'attenzione con cui si sbarrano tutte le possibili
vie attraverso le quali l'acqua potrebbe penetrare all'interno della nave. A
tal fine si provvedono di adatti mezzi di chiusura le aperture che servono
per l'imbarco e lo sbarco delle persone e delle merci e si eliminano tutte le
fessure esistenti sulla superficie esterna con una operazione che si chiama
cala/alaggio.
La robustezza è necessaria per evitare che la nave possa subire perico-
lose deformazioni o rotture a causa del suo stesso peso, dei carichi che tra-
sporta e del moto ondoso dell'acqua in cui galleggia.
Quando si consideri che la nave è un corpo internamente cavo, che può
assumere un peso enorme e che si trova sovente in acque molto agitate, ap-
pare evidente l'esigenza di assicurarle una grande robustezza. Per raggiun-
gere questo risultato si inseriscono nella sua costruzione numerose e ben
calcolate parti resistenti che formano un sistema strutturale capace dì sop-
portare tutte le prevedibili sollecitazioni cui essa sarà sottoposta.
In aggiunta alle qualità che abbiamo definito essenziali, una nave pos-
siede, in maggiore o minor misura, alcune caratteristiche che rivelano la
sua attitudine a svolgere il servizio marittimo al quale viene destinata e che
si chiamano qualità nautiche. Queste sono:
• la stabilità;
• la dolcezza di oscillazione;
• la velocità;
• la manovrabilità;
• la stabilità di rotta.
42
Infatti, se è vero che una nave dotata di grande stabilità oppone una ele-
vata resistenza alle forze che tendono a inclinarla, è pur vero che in tali con-
dizioni, cessata la causa perturbatrice del suo equilibrio, essa tende a ritor-
nare rapidamente nella sua posizione diritta. Questa tendenza potrebbe
sembrare apprezzabile, ma determina in realtà una situazione dannosa
quando la nave si trova in acque agitate, perché è causa di bruschi movi-
menti oscillatori che mettono a dura prova la sua resistenza. 2''
La dolcezza di oscillazione è caratteristica delle navi che oscillano len-
tamente quando si trovano in acque agitate.
Tenendo presenti le considerazioni riguardanti la stabilità, risulta evi-
dente lo stretto legame esistente fra queste due qualità nautiche e si com-
prende facilmente che, per non privare la nave della possibilità di oscillare
lentamente, occorre assicurarle una sufficiente ma non eccessiva capacità
di resistenza alle inclinazioni, assegnandole una stabilità moderata.
La velocità è una caratteristica di notevole importanza economico-
commerciale oltreché tecnico-nautica. Da essa dipe ndono infatti, non solo
la possibilità di mantenere la nave sotto governo e condurla a destinazione,
ma anche la rapidità con cui possono realizzarsi i suoi spostamenti da un
luogo all'altro, con conseguenze sensibili sulla convenienza del servizio
svolto.
In passato il moto della nave si otteneva soltanto sfruttando l'azione
esercitata dal vento sulle vele (propulsione velica) e pertanto le velocità che
si potevano sviluppare risultavano estremamente variabili e limitate a valo-
ri assai modesti.
È quindi comprensibile l'abbandono della propulsione velica e la genera-
le adozione di quella meccanica, ovvero di un sistema di propulsione che si
basa sulla disponibilità di un adeguato apparato motore e di uno o più pro-
pulsori per assicurare alla nave una ben determinata velocità di eser-
cizio. 26
La manovrabilità indica la prontezza con cui la nave risponde ai coman-
di che le vengono impartiti attraverso il timone.
È una qualità strettamente collegata alla velocità, 27 ma che dipende
anche dalle condizioni di carico e dal criterio seguito nella sua sistemazione
a bordo. 28
La stabilità di rotta è caratteristica delle navi che tendono a ma ntener-
si nella direzione loro assegnata, senza eccessivi e troppo frequenti inter•
venti della persona addetta alla manovra del timone (timoniere).
Le condizioni che assicurano una buona stabilità di rotta sono general-
mente dannose per la manovrabilità, tuttavia non è difficile ottenere una
2
'' Le notevoli accelerazioni angolari che si sviluppano in tali circostanze danno origine
a grandi forze d' inerzia che possono anche provocare gravi danni alla nave.
26 La propulsione velica è ormai limitata a l naviglio da diporto e a quello destinato a ll'i-
struzione nautica.
27 Non sussiste evidentemente, alcuna manovrabilità per una nave ferma.
28 A parità di altre condizioni è più manovrabile la nave scarica; la manovrabilità della
nave carica viene favorita concentrando i pesi nella sua parte centrale.
43
soddisfacente disponibilità dell'una e dell'altra se si distribuisce adeguata-
mente il carico imbarcato. 29
Dalle considerazioni svolte si deduce che le qualità nautiche, a differen-
za di que1le essenziali, possono variare, per una stessa nave ed entro deter-
minati limiti, al variare del servizio al quale essa è adibita e delle condizioni
in cui questo si svolge.
È compito del navigante valutare ogni singola situazione e operare per
dare maggiore consistenza a questa o a quella qualità nautica, tuttavia, at-
traverso una opportuna distribuzione dei pesi, egli tenderà normalmente a
dotare la propria nave di una buona stabilità senza privarla della necessaria
dolcezza di oscillazione e ad assicurarle la massima manovrabilità compati-
bilmente con l'esigenza di non compromettere la sua stabilità di rotta.
La velocità dipende ovviamente dalle caratteristiche dell'impianto di
propulsione, ma è evidente che essa può sempre essere regolata, al di sotto
del suo valore massimo, utilizzando solo una parte della potenza svilup-
pabile.
La più generale suddivisione della nave è quella che distingue il suo cor-
po vero e proprio dalle parti ad esso sovr apposte, e cioè Io scafo dalle sovra-
strutture (fig. 2).
.,
-~- ...._:._~. ·-·
2 • Parti principali Lo scafo è la parte più importante della nave; è un corpo solido e stagno
nave: a) scafo; b) che racchiude i volumi necessari per la sistemazione di persone o merci e
sovrastrutture.
dove trovano posto i macchinari per la propulsione e il governo della nave.
Le sovrastrutture sono costruite al di sopra dello scafo e solitamente
destinate a contenere alloggi per l'equipaggio e gli eventuali passeggeri, e
i locali necessari per la condotta della navigazione e per il disbrigo dei di-
versi servizi che essa comporta.
29
Si ottiene questo risultato distribuendo i pesi in modo che risulti più immersa la parte
posteriore della nave. Le par ti estreme devono però essere lasciate leggere, rispetto a quella
centrale, per non compromettere la manovrabilità e per dare alla nave la possibilità di affron-
tare eventuali tempeste nelle migliori condizioni.
44
Sulle sovrastrutture si trovano inoltre i mezzi di salvataggio in dotazio-
ne alla nave e sono generalmente installati anche i dispositivi e i meccani-
smi necessari per la caricazione e la scaricazione delle merci e per l'ormeg-
gio e il disormeggio della nave.
Scafo e sovrastrutture sono costituiti da un insieme di elementi resi-
stenti che prendono il nome di ossature e da un involucro che le ricopre
esternamente e che si chiama fasciame.
Le ossature danno alla nave la forma e la necessaria robustezza; il fa-
sciame, assicurandone l'impermeabilità, rende possibile la galleggiabilità
della nave e contribuisce anche ad accrescerne la solidità.
La parte resistente della nave è lo scafo; le sue ossature sono quindi ade-
guatamente proporzionate, distribuite e orientate in modo da formare nel
complesso un sistema strutturale capace di sopportare tutte le sollecitazio-
ni derivanti dalle azioni delle forze che agiscono dall'esterno e all'interno
della nave stessa.
Le sovrastr utture non richiedono particolari irrobustimenti, tuttavia la
loro presenza contribuisce anche alla generale solidità dello scafo. 30
30
Alcuni tipi di navi hanno sovr astrutture che, agli effetti strutturali, si considerano in-
corporate nello scafo resistente.
45
car bonio-manganese, a,cciai a.l molibdeno o al cromo-moli bdeno, a,ccùà.fer-
ritici (Ll nichel.
L'acciaio viene solitamente utilizzato sotto forma di larniere o di prnfila-
t1: ottenuti con laminazione a caldo, tuttavia lo si ritrova talvolta a nche sot-
to forma di tubi ottenuti per trafilatura a caldo e di pezzi m assicci fucinati
o fusi.
b e d
e g
• h
Fig. 3 - Sezioni di profilati: a) piatto: b) piatto con bulbo asimmetrico ; e) angolare: d) a T: e) a canale:
I) a doppia T o H o I: g) a Z: h) tondo.
46
navi nelle quali, per diminuire il peso della costruzione ed aumentarne la
stabilità, sono state realizzate in lega leggera tutte le sovrastrutture supe-
riori.
Il rame è usato soprattutto per tubazioni, il bronzo (lega di rame e sta-
gno) per accessori di tubazioni e parti di macchinario, l'ottone (lega di rame
e zinco) per finestrini, cappe di protezione e rivestimenti vari, la ghisa per
tubazioni, recipienti sotto pressione, piastre di fondazione e parti di mac-
chinario.
L'impiego del legno è ormai limitato a opere di rivestimento e arreda-
mento; lo si ritrova ancora come materiale di costruzione di piccole navi e
imbarcazioni, ma si registra, anche in questo settore, una crescente rinun-
cia a impiegare il legno ed una sempre più diffusa tendenza a sostituirlo con
i materiali plastici.
31
Si tratta, in pratica, di una prova di resistenza all 'urto che si effettua su una provetta
opportunamente intagliata. Si rompe la provetta con una mazza speciale e si misura il lauoro
di rottura. La r esilie nza è data dal rapporto fra tale, lavoro, espresso in joule (J), e la sezione
della provetta, espressa in centimetri quadrati (cm 2).
47
Dalla conoscenza delle caratteristiche meccaniche dell'acciaio si può ri-
salire al calcolo delle dimensioni delle ossature e dello spessore dei fascia-
mi. Questi elementi saranno infatti facilmente determinabili una volta che
siano state valutate le sollecitazioni agenti nelle diverse zone della nave, te-
nendo presente l'esigenza di sottoporre il materiale a sforzi massimi pru-
denzialmente inferiori al suo carico massimo al limit e di elasticità.
Per acciai da scafo il R.I.Na intende acciai dei seguenti gradi e tipi:
• acciai ordinari:
a) grado con carico di snervamento (Rs) minimo di 235 N/mm 2, nei tipi
identificati dalle sigle A, S, D, SS, E ;
b) grado con carico di snervamento (R5) minimo di 265 N/mm 2, nei tipi
identificati dalle sigle S 27, SS 27, E 27;
48
10. Vantaggi e svantaggi delle costruzioni In acciaio
12
: Vedremo in seguito come si ottiene l' impermeabilità dei fasciami in acciaio e ci sarà
facile comprendere i vantaggi che presentano, anche sotto questo aspetto, le moderne costru-
zioni metalliche.
33 Si costruiscono attualmente gra ndi navi in pochissimi mesi e si effettuano rapidamen-
te lavori di riparazione e trasformazione che rappresentano vere e proprie operazioni di chi-
rurgia navale.
49
ciaio è stato possibile realizzare enormi progressi in questo senso e sono
state costruite navi che si possono ben definire gigantesche, sia per dimen-
sioni che per quantità di merce che sono in grado di trasportare; siamo in-
fatti passati dai 60-70 m che rappresentavano la lunghezza massima delle
navi in legno ai 400 m di lunghezza delle grandi navi moderne, e dalle
2 500-2 800 tonnellate che costituivano la massa del carico massimo tra-
sportabile con le più grandi navi in legno alle 500 000 tonnellate che posso-
no trasportare gli attuali giganti del mare;
• maggiore durata: le navi in legno hanno una vita media che si aggira sui
25 anni, mentre le navi in acciaio possono restare in servizio anche per 50
anni e oltre, se non intervengono considerazioni economiche che ne consi-
gliano la sostituzione.
34 La conoscenza delle deviazioni residue consente di stabilire l'esatta direzione del me-
ridiano.
35
Le bussole che si orientano senza utilizzare la forza direttiva del campo magnetico ter-
restre sono dette bussole giroscopiche o girobussole.
36
Nell'intercapedine può essere sistemato un consistente strato di materiale isolante
per migliorar e la sua efficacia protettiva.
50
• La corrosione costituisce indubbiamente un grave inconveniente perché
si risolve in un notevole danno economico. È un fenomeno di natura essen-
zialmente elettrochimica che si verifica sia nella parte immersa della nave,
sia in quella emersa, per l'azione esercitata dall'ossigeno e dall'acqua (allo
stato liquido o di vapore).
Per arrestare il processo di corrosione ed evitare il rapido deteriora-
mento della costruzione sono disponibili diversi sistemi di protezione, ma
i risultati cui si perviene non sono mai definitivi.
Normalmente si riesce infatti soltanto a rallentare la corrosione, ma
non a eliminarla del tutto, e sono necessari periodici e costosi interventi per
conservare l'efficienza dei mezzi anticorrosivi.
Un metodo di protezione universalmente usato è quello della pitturazio-
ne di tutte le superfici metalliche con speciali vernici che assicurano il loro
più completo isolamento dall'acqua o dall'aria circostanti.
Così facendo si blocca l'insorgere di quei fenomeni elettrochimici che si
generano per l'eterogeneità chimica o fisica delle masse ferrose e che si ri-
solvono nella formazione di innumerevoli coppie galvaniche che sono la cau-
sa diretta della corrosione, ma è evidente che tali fenomeni si sviluppano,
prima o poi, nei numerosi punti in cui si registrano rotture nel sottile strato
protettivo formato dalla vernice.
Un altro sistema che per le parti dello scafo maggiormente esposte
alla corrosione si aggiunge alla pitturazione è quello della protezione ca-
todica, ossia un sistema che si realizza applicando sulla superficie dello
scafo piastre di metallo (zinco o magnesio) a potenziale elettrochimico
più negativo di quello dell'acciaio. In tal modo si innescano processi elettro-
chimici nei quali l'acciaio dello scafo si comporta da catodo, mentre le pia-
stre protettive si comportano da anodo e sono perciò destinate ad una len-
ta dissoluzione (ciò comporta l'esigenza di periodiche sostituzioni degli
anodi).
Più recentemente è stato sviluppato anche un sistema di protezione
catodica a, corrente impressa che consente di proteggere lo scafo senza
dover ricorrere all'azione di un cospicuo numero di anodi, ma che richiede
l'installazione di un sofisticato impianto, capace di far circolare automatica-
mente, per tutto lo scafo, corrente continua di tensione ed intensità appena
sufficiente per la sua protezione catodica (la corrente viene erogata attra-
verso appositi anodi, di titanio-platinato o di piombo-argento, collegati al
polo positivo dell'alimentatore; l'acciaio de1lo scafo è collegato al polo nega-
tivo cosicché tutto lo scafo risulta catodico rispetto agli anodi dell'im-
pianto).
51
4 · Tipi di chiodi :
esta tronco-conica;
testa tonda; e) a
svasata; d) a
svasata con
a.
b
a
5 - Sistema dì
igamento dei giunti
,dati:
. lembi sovrapposti
chiodi a testa
ja;
1 lembi sovrapposti
chiodi a testa
1co-conica:
l lembi affiancati
doppio coprigiunto
hiodi a testa tonda.
52
caviglie; 37 i fasciami, dopo essere stati fissati alle ossature, venivano sot·
toposti ad una operazione di impermeabilizzazione, detta calafataggio, che
consisteva nel chiudere, con stoppa e pece liquida, tutte le fessure - co-
menti - esistenti fra le tavole e che presentava anche l'inconveniente di
dover essere ripetuta periodicamente.
Con il passaggio alle costruzioni metalliche si realizzarono notevoli sem·
plificazioni nei procedimenti di unione fra le varie parti e nelle operazioni
di calafataggio. Soltanto durante la seconda guerra mondiale si affermaro-
no però sistemi del tutto nuovi e che sono oggi comunemente adottati per
i sostanziali vantaggi che essi comportano. Fino al 1940, infatti, il solo pro-
cedimento usato per il collegamento fra profilati, fra lamiere e fra profilati
e lamiere era quello della chiodatura, ovvero un collegamento ottenuto a
mezzo di speciali chiodi che, dopo essere stati scaldati al calore bianco, ve•
nivano inseriti e bloccati (mediante ribaditura con martello pneumatico) en-
tro fori appositamente praticati negli elementi da collegare.
I chiodi erano in realtà perni cilindrici in acciaio dolce aventi ad una
estremità una testa che poteva essere tonda, troncoconica o svasata (fig.
4). Le loro dimensioni 38 e la loro distanza (passo), nonché il numero delle
file poste su ciascun lembo e la distanza fra due file adiacenti (intervallo),
dipendevano dalla grossezza degli elementi da collegare. Questi potevano
essere disposti, sia con i lembi sovrapposti - collegamento a sovrapposizio-
ne-, sia con i lembi affiancati - collegamento a paro - e ricoperti da ele-
menti ausiliari detti coprigiunti (fig. 5).
Il collegamento mediante chiodatura non eliminava del tutto la necessi-
tà di provvedere al calafataggio, ma non presentava l'inconveniente di do-
ver ripetere tale operazione perché l'impermeabilità che si otteneva era
permanente.
Per rendere stagni i collegamenti a paro si praticava un solco nelle im-
mediate vicinanze dei lembi da calafatare e si chiudevano i comenti con uno
speciale stampo che avvicinava i lembi stessi fino a portarli a contatto (fig .
6); per i collegamenti a sovrapposizione (fig. 7) si procedeva innanzitutto
alla cianfrinatura dei lembi, ovvero ad una operazione che consisteva nel
tagliare i lembi in modo da rendere la loro superficie inclinata di 15 °-20°
rispetto alla normale alla superficie dell'elemento sottostante (fig. 5), poi
sì praticava un solco nella parte cianfrinata ed infine si eliminava il comen-
to ricalcandovi la striscia esterna al solco, con uno scalpello speciale detto
presello. 38
La chiodatura offriva le più ampie garanzie per quanto riguarda la resi-
stenza dei collegamenti, ma richiedeva tempi di lavorazione eccessivamen-
te lunghi e comportava un aumento non trascurabile nel peso della costru-
zione.
Per eliminare questi inconvenienti che incidevano in misura notevole sui
costi di costruzione e di esercizio, i collegamenti fra i diversi elementi che
37 Chiodi e perni erano preferibi lmente di rame; le caviglie consistevano in perni cilindri-
ci di legno duro che venivano introdotti a viva forza in fori appositamente preparati.
:lR Diametro variabile da 13 a 31 mm e lunghezza leggermente superiore alla grossezza
complessiva dei pezzi da collegare.
53
ITT
~
Fig. 6 - Calafataggio dei collegamenti
a paro.
Fig. 7 - Calafataggio dei collegamenti
a lembi sovrapposti.
formano la nave sono ora effettuati mediante saldatura, cioè con un siste-
ma che permette di realizzare l'intima unione fra due parti metalliche sfrut-
tando l'azione del calore, con o senza l'ag?iunta di un materiale metallico
che viene chiamato materiale d'apporto. 3
54
fondendosi fornisce il materiale d'apporto necessario per realizzare il colle-
gamento) e i due pezzi da saldare.
La bacchetta metallica costituente l'elettrodo è rivestita con sostanze
adatte a facilitare l'innesco e la stabilità dell'arco elettrico e ad evitare dan-
nose imperfezioni nel cordone metallico generato dalla fusione dell'elettro-
do stesso e dei lembi dei pezzi da saldare. 40
Per eseguire le saldature si usano macchine alimentate da corrente con-
tinua o da corrente alternata, che possono operare anche automaticamente
onde accelerare i processi di collegamento e ridurre al minimo indispensa-
bile l'intervento degli operai saldatori.
55
possano aversi infiltrazioni d'acqua, e non è necessaria alcuna successiva
operazione per assicurare l'impermeabilità dei giunti.
Per garantire l'efficienza dei collegamenti saldati esistono norme parti-
colareggiate che riguardano la preparazione dei pezzi, l'impiego degli elet-
1. 8 • Cianfrini per trodi più appropriati, i metodi di esecuzione della saldatura e l'accertamen-
1iunti saldati testa-
testa:
to degli eventuali difetti di lavorazione.
a) cianfrino a V I lembi dei pezzi da saldare sono preventivamente fissati nella posizione
ra 1,5 e 3,5 mm); per essi prevista e vengono normalmente preparati con una operazione di
b) cianfrino a X
1metrica (d fra 2 e cìarifrinatura che contribuisce a migliorare i collegamenti.
6 mm); I cianfrini più comuni sono quelli a V, a X e a U (fig. 8). I cianfrini sono
e) cianfrino a U indispensabili per le giunzioni testa-testa, possono essere richiesti per i
etrica ( d maggiore
ì mm; R fra 6 e 8 giunti a T o d'angolo (fig. 9), non sono necessari per i giunti a so'Vrapposi-
s fra 2 e 3 mm). zione (fig. 10).
e d
Fig. 9 (a fianco) •
Giunzioni a T a)
Jiunzione a T retto
(d fra O e 3 mm):
giunzione a 1/ 2 V
1plice (a fra 50° e
~ diminuisce con
l'aumentare di a:
fra 1,5 e 3,5 mm:
Ira 1 e 1 .5 mm se
0~50°: a=O se
0 > 50°):
giunzione a 1/2 V
tenuto (d uguale o
aggiore di 6 mm):
d) giunzione a K
ricalo (d fra 2 e 5
mm: b=1/3 g:
3= 2/3 g).
56
Lo scafo
CAPITOLO
Fig. 1 • Piano
diametrale.
59
Fig. 3 - Sezioni
versali o ordinate.
■•z lan■
m
.. . ■- ••~r•
.. + .
60
A
Prora e poppa sono le parti estreme dello scafo. Più precisamente, si chia-
ma prora o prua l'estremità anteriore dello scafo, poppa la sua estremità
posteriore.
Non esistono ben definite sezioni di separazione della parte maestra
dalla prua e dalla poppa, ma in linea generale si può ritenere che queste
parti abbiano la loro origine, rispettivamente, nelle zone prodiera e poppie-
ra della parte maestra in cui si registra una accentuata diminuzione della
larghezza (fig. 5).
Le forme della prua e della poppa sono talmente irregolari che sfug-
gono a qualsiasi considerazione geometrica. Esse, inoltre, variano notevol-
mente da nave a nave perché rappresentano il risultato di studi ed espe-
rienze che si rinnovano senza sosta al fine di realizzare scafi veloci e fun-
zionali.
61
Fig. 6 (sopra) - Nave che viene genericamente definita opera morta.
con poppa tonda. La superficie che separa la carena dall'opera morta si chiamafigura di
Fig. 7 (a destra) - galleggiamento o piano di galleggiamento e si identifica con una sezione
Nave con poppa tronca . orizzontale che si ottiene secando Io scafo con un piano coincidente con la
superficie dell'acqua in cui esso galleggia (fig. 8).
Secando lo scafo con piani orizzontali passanti per diversi punti dell'al-
Fig. 8 - Parti dello tezza si ottengono sezioni orizzontali che, come quella di galleggiamento,
scafo: a) opera viva
o carena: b) opera sono genericamente chiamate linee d'acqua.
morta. II piano di galleggiamento viene considerato con particolare attenzione
(bJ
plano di lament:o
~:
i
62
perché costituisce un importante elemento per lo studio della <•teoria della
nave». 1
Particolare attenzione si rivolge anche alla linea perimetrale che rac-
chiude la figura di galleggiamento; tale linea, definita linea di galleggia-
mento, risulta determinata dalla intersezione fra la superficie esterna dello
scafo, e la superficie dell'acqua in cui esso galleggia (fig. 8).
Le sezioni costituiscono un mezzo molto importante per lo studio delle
forme dello scafo, per la sua costruzione e per la determinazione dei suoi
elementi geometrici e meccanici. 2 In teoria se ne potrebbero rappre-
sentare diverse, un'infinità, però si considera praticamente soltanto un
numero limitato e ben definito di sezioni trasversali, orizzontali e longitu-
dinali. 3
Riassumendo si rileva che, attraverso diversi criteri di suddivisione, si
possono considerare separatamente le seguenti parti dello scafo:
• parte dritta e parte sinistra, simmetriche e delimitate dal piano diame-
trale;
• parte prodiera e parte poppiera, aventi la sezione maestra come superfi-
cie di separazione;
• parte maestra, prua e poppa, separate da sezioni trasversali non esatta-
mente determinate;
• carena e opera morta, divise dal piano di galleggiamento.
1 La «teoria della nave,, è quella parte dell'architettura navale che studia la geometria
dello scafo e le condizioni di equilibrio e i movimenti della nave.
2 Fra gli elementi geometrici ricordiamo il volume di carena, indispensabile per stabili-
gitudinali.
63
•
' b
- +-- -------i
Fig. 9 - Suddivisione collegamento dei fianchi con il fondo avviene mediante interposizione di
generale dello scafo: una parte arrotondata che si chiama ginocchio.
a) ponte principale;
b) fianchi; c) fondo: I fianchi della prora si chiamano masconi; a unirli saldamente prov-
d) ginocchio; vede un elemento verticale o sub-verticale detto ruota di prua o dritto di
e) mascone:
I) giardinetto; prua.
g) specchio, h) volta; A poppa si definiscono giardinetti o anche le parti curve e piene di cia-
i) ruota di prua; scun fianco e si chiama specchio la parte tondeggiante che le collega (nelle
I) dritto di poppa;
m) coronamento. navi con poppa tronca si dice quadro la parte piana che collega i giardinet-
ti). Lo specchio si identifica dunque con la parte superiore della poppa
estrema; al di sotto dello specchio si distingue una zona - volta - in cui
lo scafo passa dalle forme molto affinate della carena a quelle piene dell'o-
pera morta.
L' orlo superiore dello specchio si chiama coronamento; l'elemento di
unione dei due fianchi nella parte immersa della poppa (al di sotto della vol-
ta) è il dritto di poppa.
Il volume interno dello scafo risulta frazionato in diversi locali detti
compartimenti, da elementi divisori, verticali e orizzontali, che vengono in-
seriti nella costruzione per irrobustirla e per assicurare la galleggiabilità
anche in caso di falla.
Le divisioni verticali si chiamano paratie e sono normalmente stagne
ai liquidi- paratie stagne - allo scopo di realizzare una compartimenta-
zione stagna dello scafo che è un fattore importantissimo per la sicurezza
della nave.
Le paratie stagne possono essere disposte trasversalmente o longitudi-
nalmente. Nel primo caso si estendono da un fianco all'altro e si definiscono
paratie stagne trasversali, nel secondo caso si estendono da prua a poppa
e si chiamano paratie stagne longitudinali.
Le paratie stagne portano un valido contributo alla solidità dello scafo,
ma sono soprattutto importanti quali elementi capaci di limitare gli allaga-
menti derivanti dalla eventuale apertura di falle in carena e di conservare
quindi la galleggiabilità anche in caso di lacerazioni nei fasciami.
Le divisioni orizzontali si chiamano ponti e possono essere considerate
come solidi ripiani che dividono il volume interno nel senso dell'altezza;
sono particolarmente utili per un razionale sfruttamento del volume dispo-
64
ponte
nibile, ma costituiscono anche importanti elementi per la robustezza dello Fig. 1O • Paratie
scafo. trasversali e ponti di
Paratie e ponti sono contraddistinti da numeri o nomi particolari una nave da carico
secco (la paratia
(fig. 10). indicata con il n. 1 è la
Le paratie stagne trasversali vengono indicate numerandole a par- paratia di collisione,
quella indicata con il n.
tire da prora, ma non si deve dimenticare che la prima di esse si chiama 6 è la paratia del
paratia di collisione e che l'ultima è nota come paratia di poppa o del pressatrecce).
pressatrecce.
Le paratie stagne longitudinali, quando esistono, sono generalmente
due e pertanto la loro nomenclatura non presenta alcuna difficoltà. Ci si li-
mita infatti a definire paratia stagna di dritta quella che si trova a destra
del piano diametrale e paratia stagna di sinistra quella che si trova alla
sua sinistra.
I ponti sono individuati da numeri o da lettere alfabetiche, ma sempre
seguendo il principio di contarli a partire dall'alto. 4
Il primo ponte è noto come ponte principale e sta ad indicare, come si
è detto, il limite superiore dello scafo.
I ponti che si trovano al di sotto del ponte principale sono ponti infe-
riori e si dicono 2° ponte, 3° ponte ecc., oppure ponte A, ponte B, ponte C
ecc.
I ponti situati al di sopra del ponte principale sono ponti di sovrastrut-
tura. Si vedrà in seguito che ai ponti di sovrastruttura si assegna solita-
mente un nome idoneo a indicare la funzione che essi svolgono; si vedrà an-
che che si dicono sovra.strutture complete le sovrastrutture che si estendo-
no per tutta la lunghezza e per tutta la larghezza dello scafo, mentre si
chiamano incomplete o parziali quelle sovrastrutture che risultano limitate
in lunghezza, in larghezza, in lunghezza e larghezza.
Pertanto si definiscono ponti completi o continui i ponti delle sovra-
strutture complete, ponti incompleti o parziali quelli delle sovrastrutture
incomplete.
Il ponte principale viene frequentemente indicato anche come ponte
4
Questo principio non viene rigorosamente osservato nelle marinerie straniere.
65
superiore o ponte di coperta o coperta, tuttavia è opportuno rilevare che
questa molteplicità di definizioni non è sempre corretta.
Per ponte superiore o ponte di coperta o coperta si deve infatti intende-
re il più alto fra i ponti completi della nave, ovvero il più alto dei ponti che
ricoprono totalmente la nave.
Ora, se al di sopra dello scafo non esistono sovrastrutture complete,
ponte principale e ponte di coperta sono tutt'uno; ma se un tale tipo di so-
vrastruttura esiste non si verifica più questa coincidenza e si deve definire
ponte di coperta il più alto ponte della sovrastruttura completa e ponte
principale il più alto fra i ponti dello scafo.
In molti casi il ponte principale si identifica con il ponte di bordo libero.
Bisogna però precisare che il ponte di bordo libero delimita superiormente
la parte stagna della nave. Pertanto può essere ponte di bordo libero anche
un ponte completo di sovrastruttura e può verificarsi il caso di nave avente
ponte di bordo libero e ponte di coperta coincidenti e situati al di sopra del
ponte principale.
Dal ponte di bordo libero si misura l'altezza della parte stagna dell'opera
morta. Tale altezza - bordo libero - riveste grandissima importanza per
la sicurezza della nave perché determina il valore di quella riserva di spinta
o di galleggiabilità che le consente di conservare la galleggiabilità anche in
caso di allagamenti. 5
Apposite regole internazionali stabiliscono, per ogni nave, il valore mi-
nimo del bordo libero affinché sia sempre disponibile una riserva di spinta
sufficiente ad assicurare la galleggiabilità anche in caso di emergenza (au-
menti di peso provocati da allagamenti più o meno gravi).
Avendo presente che la riserva di spinta esprime anche la differenza
fra il dislocamento della nave con il galleggiamento al ponte di bordo libero
e il dislocamento della nave con il galleggiamento di massimo carico, si
comprende facilmente che l'obbligo di navigare con un ben determinato va-
lore minimo del bordo libero comporta una limitazione del dislocamento
massimo e, conseguentemente, del carico massimo trasportabile.
Da ciò deriva la definizione di portata lorda o portata o deadweight del-
la nave, ovvero di un parametro molto importante per le navi da carico. 6
Se si tiene conto della funzione che i ponti svolgono per aumentare la
robustezza dello scafo si perviene anche a una definizione di ponte resisten-
te, ponte di forza e copertina.
Per ponti resistenti si intendono tutti quei ponti che, risultando inseriti
nel sistema strutturale dello scafo, contribuiscono efficacemente alla sua
solidità; i copertini sono ponti incompleti che non presentano questa carat-
teristica; il ponte di forza è il ponte resistente più alto (coincide general-
mente con il ponte principale, ma può essere anche un ponte di sovrastrut-
tura, completo o incompleto).
5 La riserva di spinta di una nave si calcola moltiplicando il volume della parte stagna
dell'opera morta per la densità dell'acqua in cui essa galleggia.
r, La portata è la massa del carico massimo che può trasportare una nave. Il suo valore
si ottiene come differenza fra il dislocamento della nave immersa fino al massimo galleggia-
mento consentitole dalle regole del bordo libero (galleggiamento di massimo carico) e il disk,-
camento della nave vuota.
66
2. Suddivisione interna
I gavoni sono due e si trovano nelle parti estreme dello scafo. Più preci-
samente, si chiama gavone di prua il compartimento compreso fra la para-
tia di collisione e l'estrema prora, gavone d'i, poppa il compartimento com-
preso fra la paratia del pressatrecce e l'estrema poppa.
All'interno di ciascun gavone esistono poi suddivisioni che non solo co-
stituiscono dei validi rinforzi in zone che sono fra le più sollecitate dello sca-
fo, ma consentono anche di utilizzare il volume disponibile per scopi diversi
(figg. 12 e 13).
La parte inferiore dei gavoni viene infatti destinata a deposito d'acqua
e chiamata cisterna d'assetto. Sono pertanto disponibili una cisterna d'as-
setto di prua e una cisterna d'assetto di poppa che si rivelano di grande uti-
lità, sia perché possono contenere l'acqua dolce necessaria per il funziona-
mento del1'apparato motore e per soddisfare le esigenze delle persone che
vivono a bordo, sia perché l'acqua (dolce o salata) che si può immettere nel-
l'una o nell'altra cisterna, in maggiore o minore quantità, consente di far
assumere alla nave l'assetto 7 più conveniente.
La parte superiore dei gavoni è separata dalle cisterne d'assetto me-
diante copertini stagni e destinata a depositi vari. I diversi locali nei quali
viene a tale scopo frazionata sono chiamati cale o depositi del nostromo e
contengono oggetti e materiali necessari per la nave e per la sua manuten-
zione.
Caratteristico del gavone di prua è un locale, normalmente diviso in due
parti comunicanti e abbastanza ampio da poter contenere le catene delle
ancore (una per parte), che viene detto pozzo delle catene. Nel gavone di
poppa esiste invece un ampio locale in cui si trova installata la macchina
per la manovra del timone e che viene perciò chiamato timoneria o locale
macchina del timone.
7
Con il termine rissetto si indica l'inclinazione longitudinale che lo scafo assume in con-
seguenza del criterio seguito nella distribuzione del carico nel senso della lunghezza. L'assetto
normale è quello di nave appoppata, ovvero di nave con la poppa più immersa della prora, per-
ché determina condizioni di buona stabilità di rotta, buona manovrabilità, massima velocità,
migliore comportamento in acque agitate.
67
Fig. 11 - Suddivisione
interna di uno scafo
di nave da carico
a un solo ponte.
ativaN.e
j
\-- c_ofano d ■ I laoal•
fJo.
68
\l,4 ■tivaN.3•t:ivaN.2 at:lva N.1
gavon• di
prua
=~
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,' '
I ,
Le stive sono compartimenti delimitati da due paratie stagne trasversa- Flg. 13 , Esempio di
li e destinati a contenere il carico; si distinguono numerandole a partire da suddivisione interna
della prora
prora cosicché si chiama stiva n. 1 il compartimento compreso fra la paratia (nave da carico) .
di collisione e la seconda paratia stagna trasversale, stiva n. 2 il comparti-
mento successivo, e così via fino alla paratia del pressatrecce, ma senza
contare il compartimento che contiene l'apparato motore.
Nel caso di scafo a due o più ponti si considera come volume di stiva sol-
tanto il volume che si trova al di sotto dell'ultimo ponte, quello cioè compr e-
so fra il ponte più basso o di stiva e il fondo, mentre si chiamano interponti
o corridoi i volumi compresi fra due ponti (fig. 14).
Per distinguere i corridoi si ricorre alla numerazione adottata per le sot-
tostanti stive. Se esistono due o più cor ridoi al di sopra di ciascuna stiva,
si precisa la loro posizione indicando come 1° corridoio quello delimitato
dal ponte di coperta e dal ponte successivo, 2° corridoio quello al di sotto
del primo, e così di seguito fino all'ultimo ponte. 8
8
Se esistono soltanto due corridoi, possono semplicemente essere indicati come corri-
doio superiore e corridoio inferiore.
69
Fig. 14 - Suddivisione
interna dello scalo
in una nave da carico
a tre ponti:
1) locale macchina
del timone:
2) deposito:
3) cisterna d'assetto
del gavone di poppa;
4) tunnel dell'asse
portaelica:
5) pozzo delle catene:
6) cisterna d'assetto
del gavone di prua.
I corridoi delle navi da carico sono usati per trasportare merci, 9 men-
tre quelli delle navi passeggeri sono frazionati e attrezzati in modo da poter
ospitare confortevolmente le persone che non trovano posto nei locali a tal
fine ricavati all'interno delle sovrastrutture.
Il locale apparato motore è un ampio compartimento, delimitato da due
paratie stagne trasversali, nel quale sono raccolti tutti gli impianti e i mac-
chinari necessari per la propulsione della nave e per altri importanti servizi.
Su alcune navi il locale apparato motore si trova a poppa e occupa il vo-
lume compreso fra la paratia del pressatrecce e la paratia che la precede;
su altre navi si ha invece un locale A.M. situato nella parte centrale dello
scafo. In quest'ultimo caso si nota sul fondo una galleria o tunnel che, at-
traversando tutte le stive che si trovano a poppavia del locale A.M., collega
la sua paratia poppiera con la paratia del pressatrecce (la parte terminale
del tunnel è normalmente più ampia e si chiama recesso del tunnel). La pre-
senza del tunnel è necessaria per assicurare il libero passaggio dell'asse che
trasmette al propulsore (elica) la rotazione che gli viene impressa dal moto-
re. L'asse suddetto è in realtà formato da diverse parti, saldamente colle-
gate fra loro, che vengono sostenute da speciali cuscinetti e che costituisco-
no la linea d'assi. Il tronco poppiero della linea d'assi è detto asse portaeli-
ca perché, dopo aver attraversato la paratia del pressatrecce e la parte
inferiore del gavone di poppa, fuoriesce dallo scafo e sulla sua estremità
viene applicato il propulsore.
Il foro che a questo scopo viene praticato sulla carena si chiamaforo del-
la botte o del barilotto per la forma della parte forata.
All'interno del gavone l'asse portaelica è chiuso in un tubo di passaggio
che si chiama astuccio e che, collegandosi in modo stagno all'estrema poppa
e alla paratia del pressatrecce, impedisce l'allagamento del gavone stesso
ad opera dell'acqua che s'infiltra attraverso il foro della botte.
Naturalmente l'astuccio dell'asse portaelica viene invaso dall'acqua ma
70
Il interp. n. 1
10
Su qualche nave viene adottato un sistema di lubrificazione forzata a olio. In tal caso
i cuscinetti sono rivestiti di met<1Uo b'ianco anziché di legno sant o e deve essere garantito lo
stagno all'olio nelle zone terminali dell'astuccio.
11
Anche se obbligatorio soltanto per le navi di lunghezza non inferiore a 50 m.
12
La zavorra è solitamente costituita da acqua di mare che viene imbarcata e sbarcata
dai vari compartimenti (a tal fine serviti da apposite pompe e tubolature) per assicurare alla
nave buone qualità nautiche.
71
Il doppio fondo può essere considerato come una cassa che si estende
in larghezza da un fianco all'altro dello scafo, abbastanza alta da protegge-
re anche il ginocchio e abbastanza lunga da interessare tutta la parte di sca-
fo compresa fra la paratia di collisione e la paratia del pressatrecce. 13
Il fondo interno si chiama cielo del doppio fonda o pagliolo della stiva
a seconda che lo si consideri come una copertura del doppio fondo o come
fondo della stiva.
Il doppio fondo non forma compartimento unico ma rimane suddiviso in
diversi compartimenti, non comunicanti e stagni, da elementi divisori di-
sposti longitudinalmente e trasversalmente.
Le suddivisioni stagne trasversali sono poste in prolungamento delle so-
vrastanti paratie stagne, cosicché risulta delimitato un compartimento del
doppio fondo in corrispondenza di ciascuna stiva. La sola suddivisione sta-
gna longitudinale normalmente esistente si trova nel piano diametrale e
pertanto ciascun compartimento rimane diviso in una parte dritta e una
parte sinistra.
Il frazionamento del D.F. in diversi compartimenti stagni costituisce un
fattore di grande sicurezza perché un eventuale allagamento derivante da
falla sul fondo o all'altezza del ginocchio rimane limitato al solo comparti-
mento comprendente la parte danneggiata.
La suddetta suddivisione offre inoltre la possibilità di agire sulla zavor-
ra o su altri liquidi eventualmente esistenti nei vari compartimenti del dop-
pio fondo, per variare l'assetto della nave e per determinare o eliminare
sbandamenti da un lato o dall'altro.
I diversi compartimenti del doppio fondo sono genericamente chiamati
doppi fondi; vengono individuati attraverso la stessa numerazione che si
usa per indicare le stive sovrastanti, ma aggiungendo quanto basta per sta-
bilire se si trovano sulla parte dritta o su quella sinistra.
Si parlerà pertanto di doppio fondo n. 1 dritta (D.F. n. 1 dr.) e dopvio
fondo n. 1 sinistra (D.F. n. 1 sn.), doppiofondo n. 2 dritta e doppiofondo
n. 2 sinistra, e così via, fino al compartimento che si trova sotto l'ultima
stiva.
Fa eccezione a questa regola il doppio fondo che si trova al di sotto del
locale apparato motore che viene solitamente indicato come doppio fondo
macchina, di dritta o di sinistra a seconda della parte che si considera.
Nella parte poppiera di ciascun doppio fondo esiste solitamente un re-
cesso stagno che prende il nome di sentina (fig. 15).
Si tratta di un minuscolo compartimento che viene chiamato anche poz-
zetto di sentina, e che si rivela indispensabile per espellere fuoribordo l'ac-
qua che potrebbe accidentalmente penetrare all'interno della stiva o esser-
vi immessa per ragioni particolari.
La sentina non comunica con il doppio fondo, ma ha il cielo forato onde
poter ricevere l'acqua eventualmente accumulatasi nella stiva sovrastante.
Dalla sentina l'acqua viene facilmente evacuata utilizzando un impi anto
13
Alle navi di lunghezza compresa fra 50 e 76 m è consentito di avere un doppio fondo
parziale, ovvero un D.F. che non si estende per tutta la parte del fondo compresa fra le due
paratie estreme. Per le navi cisterna non sussiste tuttavia l'obbligo di avere un D.F. sotto le
cisterne del carico.
72
eentlna
a D.F. D . F.
7\
pozzetto
pigna
e d
di esaurimento che comprende una o più pompe, a vapore o elettriche, e Fig. 15 - Sentine:
a) sentine a pozzelto:
adeguate tubolature. b) sentine laterali :
Tenuto conto che l'assetto normale è quello di nave appoppata, i poz- e) particolare di sentina
zetti di sentina sono solitamente ricavati a ridosso della suddivisione tra- a pozzetto:
d) particolare di
sversale stagna che delimita il lato poppiero del doppio fondo . Per ragioni sentina laterale.
di sicurezza il pozzetto di sentina non deve essere troppo vicino al fianco
dello scafo né estendersi per tutta l'altezza del D.F. (di solito occupa soltan-
to la metà superiore di tale altezza). Il tubo di aspirazione pesca nel poz-
zetto fino a pochi centimetri dal fondo ed ha l'estremità protetta da una
scatola bucherellata. Tale scatola si chiama pigna e agisce come un filtro
adatto ad evitare che eventuali corpi solidi, accidentalmente penetrati in
sentina, possano ostruire il tubo di aspirazione e rendere inefficienti le
pompe.
Nelle vecchie costruzioni le sentine venivano ricavate ai margini laterali
di ciascun doppio fondo e si estendevano per tutta la lunghezza della stiva
(sentine longitudinali o laterali). Attualmente questa soluzione è del tutto
abbandonata perché, mentre è dimostrata la inutilità di una sentina tanto
estesa, risultano lente e complesse le operazioni di ispezione e pulizia cui
essa deve essere frequentemente sottoposta.
Queste impongono infatti la rimozione delle numerose tavole che costi-
tuiscono il cielo della sentina longitudinale, mentre nel caso di sentina a
pozzetto basta togliere una piastra metallica di modeste dimensioni per
avere la possibilità di valutare la situazione, procedere alla pulizia eventual-
mente necessaria, e ricoprire con rapidità e semplicità (in molti casi risulta
amovibile la parte bucherellata che mette in comunicazione la stiva con la
sentina).
73
Seppure raramente, può capitare di trovare scafi aventi per ogni stiva
un solo pozzetto di sentina ricavato nella parte centrale della estremità
poppiera del sottostante doppio fondo.
Una siffatta soluzione si rende però necessaria e possibile soltanto se il
fondo della stiva, anziché essere piano come di consueto, presenta una ac-
centuata concavità.
In tal caso infatti, l'acqua eventualmente penetrata all'interno della sti-
va si raccoglie nella parte centrale del fondo e defluisce in sentina per la
pendenza conseguente al normale appoppamento della nave.
Una parte non trascurabile del volume interno dello scafo viene utilizza-
ta, su ogni nave, per creare dei compartimenti nei quali sia possibile conser-
vare il combustibile necessario per la propulsione. Tali compartimenti sono
chiamati depositi per combustibile e risultano costituiti, in molti casi, da
grandi casse stagne capaci di contenere combustibile in quantità sufficiente
ad assicurare alla nave una considerevole autonomia (figg. 12 e 13).
Altro volume dello scafo è riservato alle casse per acqua dolce, ovvero
alle casse nelle quali si conserva l'acqua potabile necessaria per le persone
che vivono a bordo (fig. 12).
Anche le cisterne d'assetto e i doppi fondi possono essere utilizzati come
depositi per l'acqua dolce, ma questa non viene considerata potabile e si de-
finisce acqua di lavanda o di macchina a seconda che sia destinata alle doc-
ce, lavanderie ecc., o all'apparato motore.
I compartimenti destinati a contenere acqua di mare sono genericamen-
te definiti depositi per zavorra.
Abbiamo già detto che si possono usare a questo scopo le cisterne d'as-
setto e i doppi fondi ma, considerato che la loro capacità non è sufficiente
per contenere tutta la zavorra che si ritiene necessaria per assicurare un
buon comportamento nautico della nave scarica, esistono normalmente an-
che altri compartimenti che vengono indicati come cisterne o tanche di za-
vorra o come casse di zavorra.
Le cisterne di zavorra, meglio conosciute come deep tanks, sono com-
partimenti stagni che racchiudono volumi notevoli e utilizzabili anche per
il carico (fig. 14).
Le casse di zavorra sono caratteristiche delle navi portarinfuse e porta-
minerali, ma si trovano talvolta anche su navi adibite al trasporto di carichi
particolari (contenitori, automobili ecc.), nelle navi passeggeri, nelle navi
destinate a svolgere servizi speciali e nelle navi militari.
Se si estendono per tutta l'altezza di ciascun fianco o per buona parte
di esso, in modo da formare un doppio fianco completo o parziale, le casse
di zavorra si definiscono genericamente casse laterali e sono utilizzate sol-
tanto come depositi per zavorra liquida; se occupano solo il volume compre-
so fra le parti laterali del ponte principale e la parte superiore di ciascun
fianco, si chiamano casse alte e possono contenere anche una parte del cari-
co quando questo sia costituito da granaglie (fig. 16).
Anche le casse di zavorra sono contraddistinte, come i doppi fondi, da
un numero che corrisponde normalmente a quello attribuito alla stiva in cui
risultano incorporate.
Per completare le considerazioni riguardanti la suddivisione del volume
74
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UN
o .l F . D.F. D .F .
a b
Fig. 16 • Sistemazione
delle casse per la
zavorra: a) casse
laterali di una nave
I portaminerali:
■ tlva
b) e c) casse laterali
di navi portacontenitori:
d) casse alte di una
e-------+------
D.F. D.F. d.__ _ _ _ _-4-_D.F.
D.F. _ _ _ __ , nave porta rinfuse.
interno dello scafo bisogna ora rilevare che i compartimenti destinati a con-
tenere carichi liquicli alla rinfusa si chiamano tanche o cisterne e non stive
(fig. 17).
Tali compartimenti sono caratteristici delle navi espressamente costrui-
te per il trasporto di carichi liquidi alla rinfusa, cioè delle navi cisterna;
sono numerati, come le stive, a partire da quello di prora ma, poiché ciascu-
no di essi è limitato in larghezza da una o due paratie stagne longitudinali,
si procede ad una precisa identificazione tenendo anche conto della parte
in cui si trova rispetto al piano diametrale.
Nelle navi con una sola paratia stagna longitudinale si distinguono tan-
che di dritta e tanche di sinistra; nelle navi che hanno due paratie stagne
longitudinali si dicono tanche centrali quelle racchiuse fra le due paratie
longitudinali, tanche di dritta quelle comprese fra la paratia di dritta e il
fianco dritto, tanche d1: sinistra quelle comprese fra la paratia di sinistra
e il fianco sinistro.
Su talune navi e su tutte le navi cisterna che trasportano prodotti petro-
liferi (navi petroliere), gas liquefatti (navi gassiere) e prodotti chimici (navi
chimichiere), esistono delle intercapedini, meglio conosciute come coffer-
dams, che separano due compartimenti adiacenti destinati a contenere li-
quidi che non devono mescolarsi, o mantengono ben isolato un comparti-
mento in cui possono trovarsi liquidi o miscele gassose pericolose (fig. 17).
Non è raro trovare cofferdams di separazione fra cisterne d'assetto e
doppi fondi, poiché questi ultimi possono essere utilizzati su certe navi
come depositi per il combustibile; è però immancabile la presenza dei cof-
ferdams nelle navi cisterna, quali elementi di separazione della zona desti-
nata al carico dalle rimanenti zone della prua e della poppa.
Talvolta i cofferdams sono utilizzati come depositi per la zavorra, ma in
75
cìst.
lal.
1
ci st.
eenr•'e
cist.
111.
-
c ist. N. 6 i cist. N. 5
I .
cist. N . , 1 cist. N . 3 I cist. N. 2 i cist. N . ,
12
12
12
Fig. 17 • Suddivisione generale si preferisce sfruttare almeno una parte del volume che essi impe-
interna dello scafo di gnano, ricavandovi dei compartimenti che si chiamano locali delle pompe
una nave cisterna:
1) cisterna d'assetto (figg. 13 e 17) perché contengono le diverse pompe necessarie per la carica-
gavone prua: 2) cale zione e la scaricazione dei carichi liquidi e della zavorra.
del nostromo: 3) pozzo Tutte le tanche delle navi cisterna possono ovviamente essere utilizzate
delle catene; 4) deep
tank: 5) locale delle come depositi per la zavorra, ma si registra una netta tendenza a destinare
pompe; 6) cofferdam: a tale servizio un numero ben definito di tanche, alcune delle quali (general-
7) depositi mente due) rimangono vuote quando la nave è carica.
combustibile: 8) cassa
acqua dolce; 9) locale Questa condizione è resa obbligatoria dalle norme MARPOL 14 per le
macchina del timone; navi petroliere di portata lorda uguale o superiore a 20 000 t. Tali navi de-
1O) cisterna d'assetto vono infatti essere dotate di due tanche per la zavorra segregata, ossia due
gavone poppa; 11 ) tanche utilizzabili soltanto per il trasporto dell'acqua di zavorra e perciò
doppio fondo macchina:
12) depositi. servite da un impianto di pompe e tubolature completamente separato dal-
l'impianto del carico e del combustibile.
Qualche volta la parte superiore di un compartimento destinato al carico
risulta delimitata, sia in lunghezza che in larghezza, da quattro pareti che
formano un cassone, senza fondo né cielo, che viene chiamato cofano. Il co-
fano non manca mai nel locale apparato motore (cofano di macchina), dove
è particolarmente avvertita l'esigenza di ridurre il volume impegnato per
gli impianti di propulsione nella parte superiore dello scafo e nelle sovra-
strutture (figg. 12 e 17).
Il cofano di macchina si innalza fino ad un ponte scoperto di sovrastrut-
tura (generalmente il più alto), sul quale vengono praticate ampie aperture
- osteriggi - che servono per dare luce e aria al sottostante locale appara-
to motore (fig. 18).
14
Convenzione Internazionale 1973-78 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi.
76
Fig. 18 - Osteriggio
del locale apparato
motore.
15 Sui ponti scoperti delle vecchie costruzioni esistevano, a questo scopo, delle garitte con
77
All'interno del locale apparato motore i ponti sono interrotti o caratteriz-
zati da grosse aperture sui cui lati si innalzano le pareti del cofano.
Per facilitare i lavori di control1o, manutenzione e riparazione nella parte
superiore dell'apparato motore, e per accedere nei locali eventualmente rica-
vati fra il cofano e i fianchi e normalmente adibiti a sale di controllo, a offici-
ne e magazzini di macchina, esistono, a diverse altezze, apposite passerelle
metalliche collegate con le scale di discesa.
Tali passerelle sono del tipo «a giorno», e cioè sono formate da ferri non
ricoperti da lamiere, e si chiamano griselle. 16
F ra le aperture esistenti sui ponti assumono particolare importanza quel-
le che si utilizzano per caricare e scaricare le merci dalle stive e dagli inter-
ponti. Si tratta di aper ture a sezione quadrata o rettangolare che si defini-
scono boccaporte o boccaporti (fig. 19) e le cui dimensioni sono abbastanza
grandi da consentire il rapido svolgimento delle operazioni di imbarco e sbar-
co anche per oggetti molto ingombranti. 17
Fig. 19 - Boccaporti di
una nave portarinfuse
(porlelloni in posizione
di completa aperlura)
e relative mastre con
i necessari scalmotti
di rinforzo (fra un
boccaporlo e l'altro
sono visibili le
maniche a vento
e gli estrattori l.
u; Per i casi di emergenza è prevista una via di uscita dal locale A.M. attraverso il tunnel.
A tal fine esiste, sopra il recesso, un piccolo cofano che mette in comunicazione il tunnel con
la sovrastruttura di poppa e che può essere percorso avvalendosi di una scala a pioli fissata ad
una delle sue pareti.
17
I boccaporti delle grandi navi da carico raggiungono e superano talvolta i 20 m di lun-
ghez1.a.
78
Sui lati di ciascun boccaporto esiste un battente di protezione e rinforzo,
costituito da lamiere di adeguato spessore e disposte verticalmente. Questo
battente, che i naviganti preferiscono chiamare mastra del boccaporto, serve
anche per sostenere i portelloni metallici 18 che vengono usati per assicura·
re la chiusura stagna dei boccaporti (fig. 19).
I boccaporti del ponte scoperto sono sempre provvisti di battenti che si
elevano a conveniente altezza 19 al di sopra del ponte stesso; apposite squa-
dre di rinforzo - scalmotti - irrigidiscono la parte esterna del battente e
la collegano saldamente alle ossature del ponte (fig. 19).
Ponti e copet'tini sono anche provvisti delle aper ture necessarie per acce-
dere nei gavoni, nelle tanche, nelle casse e cisterne di zavorra, nelle cisterne
d'assetto, nei depositi di acqua e di combustibile, nei cofferdams, nelle stive,
negli interponti destinati al carico, nella estremità poppiera del tunnel del-
l'asse portaelica e in altri compartimenti eventualmente esistenti all'interno
dello scafo.
Apposite aperture sono inoltre praticate sul cielo del doppio fondo per ac-
cedere all'interno di questo, sul cielo delle sentine particolarmente sviluppa·
te nel senso della lunghezza e in altri recessi eventualmente ricavati sul fon-
do, quali sono, ad esempio, quelli che contengono gli oscillatori degli scanda-
gli ultrasonori di cui sono dotate le navi moderne per misurare la profondità
del mare.
Queste aperture si chiamano passi d'uomo se hanno sezione ellittica o
circolare e dimensioni appena sufficienti per consentire il passaggio di una
persona,2° si chiamano hoccaportelli 21 se sono a sezione quadrata o circola-
re e di dimensioni meno limitate.
Se l'altezza del compartimento sottostante lo esige, passi d'uomo e bocca-
portelli sono serviti da scala metallica a pioli.
I passi d'uomo e i boccaportelli dei ponti scoperti sono sempre protetti
da un battente di altezza adeguata e possono essere chiusi da un portello
d'acciaio a tenuta stagna. Questo portello si presenta come un solido co-
perchio, incernierato su un lato del battente di protezione e bloccabile in
posizione di chiusura da due o più tiranti filettati con relativo galletto (figg.
20 e 21).
Anche sui ponti inferiori e sui copertini i boccaportelli sono generalmente
protetti da un piccolo battente che si rivela quanto mai utile come sostegno
del portello di chiusura.
I passi d'uomo possono essere del tipo con battente e portello, ma devono
avere una chiusura «a paro» se la presenza di questi dispositivi costituisce
intralcio per il passaggio e la sistemazione delle persone, o per lo stivaggio
18
I portelloni metallici sono caratteristici delle costruzioni moderne. Tn passato i bocca-
porti erano protetti da coperchiett-,: di legno (detti anche quartieri, o pannò o boccaporti) e da
due o più incerate adeguatamente fissate al battente.
l !J L'altezza del battente al di sopra del ponte scoperto oscilla normalmente fra valori mini-
mi compresi tra 450 e 600 mm.
20
I passi d'uomo normali sono ellissi di 350 per 450 mm.
21
I boccaportelli delle casse alte delle portarinfuse sono utilizzati anche per la caricazione
e la scaricazione delle brranaglie.
79
b
l ' t t t X t.
52
durante l'apertura
In posizione di apertura
li. is
poppa
22
Sono sempre di questo tipo i passi d'uomo che si trovano sul fondo delle sti ve per !"ac-
cesso nei doppi fondi, nelle sentine ecc.
82
mente agli ombrinali del ponte di coperta o alle tubazioni e pompe di
sentina. 23
Le aperture per il passaggio degli alberi sono rinforzate da un telaio pe-
riferico - mastra - che risulta molto utile per collegare, in modo robusto
e stagno, l'albero stesso al ponte che attraversa (fig. 22).
.
.. --·
lJ.---J-- I,L
'
-·-·
-
.
Nelle navi moderne gli alberi si arrestano di solito nel primo interponte Fig. 22 (a sinistra) -
e pertanto solo gli eventuali ponti di sovrastruttura e il ponte di coperta Mastra.
presentano le aperture necessarie per il loro passaggio. Fig. 23 (sopra) -
L'estremità inferiore di ciascun albero - piede - rimane bloccata in Scassa.
una specie di gabbia che si chiama scassa e che viene solidamente fissata
ad una parte resistente (normalmente a una paratia trasversale a ridosso
della quale corre la parte inferiore dell'albero) (fig. 23).
Fra le numerose tubazioni che attraversano i ponti, i copertini e il cielo
del doppio fondo, e che sono collegate alle parti forate in modo da assicura-
re un passaggio perfettamente stagno, assumono particolare rilievo quelle
qui di seguito menzionate e descritte:
• trombe di ventilazione: sono grossi tubi che, partendo dai vari comparti-
menti, si elevano fino a conveniente altezza, al di sopra del ponte di coperta
o di un ponte di sovrastruttura, e che servono per immettere o estrarre aria
dalle stive, dagli interponti, dal locale A.M. , dai magazzini, dai depositi, dal-
le officine e da tutti quei locali che possono essere anche saltuariamente
frequentati dal personale di bordo.
Sulla parte superiore di una tromba di ventilazione può essere infilata
una cuffia orientabile oppure una testa (fissa o mobile) con le aperture ne-
cessarie per il passaggio dell'aria.
Le trombe di ventilazione che terminano superiormente con una cuffia
si chiamano maniche a vento e possono servire sia per l'immissione che per
l'estrazione dell'aria; quelle che risultano delimitate da una testa si chiama-
no estrattori e servono soltanto per l'uscita dell'aria dal compartimento in-
teressato (figg. 19 e 24).
i:J Tubazioni e pompe di sentina sono genericamente indicate come mezzi di esaurimen-
to. La loro disponibilità è indispensabile per prosciugare, in caso di necessità, i compartimenti
destinati al carico.
83
Fig. 24 - Trombe
di ventilazione:
a) manica a vento;
b) estrattori
24
Estrattori a fungo.
84
.c;:::r~~
-,
I
Fig, 26 - Estrattore a
cuffia,
25
Normalmente da 450 a 915 mm.
ZA Il tubo di sfogo può servire anche come via di scarico per il «troppo pieno», nel caso
si trascuri di sospendere le operazioni di riempimento al momento opportuno,
85
II dispositivo di protezione dell'apertura di sfogo viene però completato
realizzando la parte superiore del tubo in una forma particolarmente stu-
diata per ostacolare il passaggio dell'acqua.
Le forme comunemente usate sono due e determinano una suddivisione
degli sfoghi d'aria e gas in due tipi. Si dicono infatti sfoghi a collo d'oca (fig.
27) quelli che hanno la parte superiore curvata di 180°, mentre sono detti
sfoghi a fungo (fig. 28) quelli la cui parte superiore risulta protetta da una
larga campana che la ricopre parzialmente;
• tubi di sonda: sono tubi che consentono di stabilire il livello raggiunto
dal liquido eventualmente esistente in un compartimento interno.
Ne sono provviste tutte le cisterne, le casse, i doppi fondi e altri com-
partimenti destinati a deposito di liquidi, ma non mancano neppure nelle
sentine affinché sia possibile rilevare la presenza di acqua nelle stesse
e adottare i provvedimenti del caso se tale presenza è del tutto ingiusti-
ficata.
Un tubo di sonda si estende dalla parte inferiore del compartimento in-
teressato, fino al ponte di coperta o di sovrastruttura. L'estremità superio-
re termina spesso (<a paro» sul ponte ed è chiusa da un tappo a vite; l'estre-
mità inferiore arriva al fondo del compartimento, ma non lo raggiunge, per
non impedire al liquido che vi si trova di stabilirsi anche all'interno del tubo
se non è provvisto di apposite aperture (fig. 29).
A- .2
u 1
Fig, 29 - Tubo
di sonda 1) tuho;
2) apertura; 3) fondo
del tubo.
27
Nel linguaggio marinaresco si chiama sagolri qualsiasi corda, di fibra vegetale o sinte-
tica, di circonferenza compresa fra 1 e 3 cm.
28
La sonda con piombino e nastro è usata per i depositi di combustibile.
86
poiché ne impedirebbero il passaggio) e lo si lascia discendere lentamente
finché non abbia raggiunto il fondo. Ciò fatto si estrae la sonda dal tubo
e si stabilisce l'altezza del liquido contenuto nel compartimento misurando
semplicemente la lunghezza della parte che risulta bagnata per esservisi
immersa; 29
• tubazioni per il carico liquido: sono grossi tubi che attraversano il pon-
te di coperta delle navi cisterna e che servono per l'imbarco e lo sbarco del
carico dalle varie cisterne. Le estremità inferiori dei vari tubi raggiungono
il fondo dello scafo; le estremità superiori si trovano a conveniente altezza
sul ponte di coperta e possono essere perfettamente chiuse con l'ausilio di
apposite valvole o con speciali •<flange cieche».
Anche sui fianchi si possono notare diverse aperture che si rivelano indi- Fig. 30 · Oblò:
spensabili per assicurare l'efficienza di numerosi servizi, per l'imbarco e lo a) portellino;
b) controportellìno.
sbarco di persone e merci, per l'aerazione e illuminazione dei locali di allog-
gio e di servizio.
Le aperture che si utilizzano per dare luce e aria ai compartimenti inter-
ni hanno sezione circolare e si chiamano oblò. Per la loro protezione si usa-
no portellini di spesso crista!Jo e controportellini d'acciaio che assicurano
la tenuta stagna in qualsiasi condizione di tempo e di mare (fig. 30).
I controportellini sono incernierati a un telaio di rinforzo che circonda
l'apertura e possono essere chiusi mediante due o più tiranti filettati, e
provvisti di maniglia a vite non sfilabile, anch'essi fissati sul telaio periferi-
co sopra citato.
I portellini possono essere incernierati e chiudibili con tiranti aventi ca-
ratteristiche in tutto simili a quelli dei controportellini, ma possono anche
essere del tipo a «luce fissa».
Nel primo caso si hanno portellini «apribili» che permettono di illumina-
re e arieggiare il compartimento interessato, nel secondo caso i portellini
sono del tipo «non apribile» e consentono soltanto l'illuminazione del locale
in cui si trovano.
I portellini di tipo apribile sono ovviamente preferibili a quelli fissi, ma
non sono ammessi in zone particolarmente esposte all'azione del mare, 30
onde evitare allagamenti in seguito alla inosservanza delle disposizioni ri-
guardanti la sicurezza durante la navigazione.
L'imbarco e lo sbarco delle persone avviene attraverso aperture che si
chiamano barcarizzi se immettono su un ponte scoperto (principale o di so-
vrastruttura), portelloni d'imbarco negli altri casi.
Il barcarizzo è normalmente costituito da una apertura rettangolare
t\l Normalmente l'asta della sonda è provvista di graduazione in decimetri o mezzi deci-
metri, cosicché la lettura dell'altezza del liquido risulta estremamente semplice e rapida.
30
Al di sotto di una linea situata a distanza pari al 2,5% della larghezza sopra il galleg-
giamento di massimo carico.
87
Fig. 31 • Barcarizzo (fig. 31) che.non richiede mezzi di chiusura stagni e particolarmente robusti
perché praticata su una parte che può considerarsi come un prolungamento
del fianco al di sopra del ponte scoperto. Tale parte si dice parapetto e si
eleva al di sopra del ponte ad altezza sufficiente per salvaguardare l'incolu-
mità delle persone (figg. 28 e 35).
Il parapetto è sostenuto da robusti ferri a squadra - scalmotti - che
si collegano saldamente alle ossature del ponte (figg. 28 e 35) e termina su-
periormente con un angolare di rinforzo che si chiama capodibanda (fig. 35).
Su qualche nave, invece del parapetto chiuso e formato da lamiere ed
elementi resistenti che contribuiscono anche alla generale robustezza dello
scafo, esiste una sorta di ringhiera avente il solo scopo di evitare la caduta
in mare delle persone che sì trovano sul ponte (fig. 27). Anche questo sem·
plice mezzo di protezione viene genericamente definito parapetto, ma può
essere più propriamente indicato come battagliola; degli elementi che lo
compongono si dicono candelieri quelli disposti verticalmente, passamani
quelli disposti orizzontalmente.
I portelloni d'imbarco sono caratteristici delle navi passeggeri e delle
navi traghetto, ma si possono trovare anche nelle navi da carico (in tal caso
servono soprattutto per l'imbarco e lo sbarco delle merci). Sono ampie
aperture praticate sui fianchi per accedere direttamente all'interno dello
scafo, che vengono protette da portelloni, porte e portelli a tenuta stagna
e sufficientemente robusti per assicurare l'integrità del fasciame in qualsia-
si circostanza (fig. 32).
Normalmente esiste un barcarizzo sulla parte dritta e un barcarizzo sul-
la parte sinistra, mentre i portelloni d'imbarco sono più o meno numerosi,
su ciascun fianco, a seconda delle esigenze di servizio.
Per raggiungere i barcarizzi e i portelloni d'imbarco ci sì avvale di como-
de scale - scale reali - dì cui è dotata la nave.
Una scala reale deve essere abbastanza lunga da consentire l'imbarco
e lo sbarco delle persone in qualsiasi prevedibile condizione di ormeggio 31
e deve essere dotata dei dispositivi necessari per poter sistemare su ciascun
lato una serie di candelieri che costituiscono un sostegno efficace per i pas-
samani (fig. 33).
31
Ormeggiare una nave significa collegarla alla terraferma mediante cavi o catene fis-
sate a oggetti emersi o immersi.
88
Fig. 32 (sopra) -
Portelloni d'imbarco di
una nave traghetto.
Fig. 33 (a fianco) -
Scala reale.
89
L'estremità superiore della scala reale si collega ad una piattaforma o
piazzuola che viene fissata sul fianco, in corrispondenza del lato inferiore
del barcarizzo o del portellone d'imbarco. Il collegamento è realizzato in
modo che la scala possa essere orientata nella direzione più conveniente e
la sua inclinazione regolata a seconda delle necessità. Per soddisfare questa
esigenza l'estremità inferiore può essere alzata o abbassata agendo su uno
o più paranchi sospesi ad apposite gru e collegati alla scala mediante dispo-
sitivi - bilancieri - realizzati in modo da non costituire ostacolo per il pas-
saggio delle persone. 32
Durante la navigazione la scala reale rimane alzata e fissata in posizione
di sgombro (fig. 34).
Se la nave si trova ormeggiata in condizioni che rendono impossibile
l'impiego della scala reale, si può accedere a bordo usando una robusta e
comoda passerella chiamata scalandrone o una scala che potrebbe essere
considerata «di servizio» e che si definisce biscaglina.
Lo scalandrone è indispensabile con nave ormeggiata di poppa, ma so-
stituisce la scala reale anche nel caso in cui la nave si trova ormeggiata con
il fianco ad una banchina molto alta. Per rendere agevole e sicuro il suo im-
piego è lateralmente protetto da parapetti, fissi e amovibili, formati da un
sufficiente numero di candelieri e da due passamani.
La biscaglina (fig. 34) è una scala di difficile impiego perché rimane di-
sposta verticalmente e non possiede alcuna rigidità. Viene infatti fissata
---~.111111111 . ~
..........
Fig. 34 · Scale di
accesso: a) scala
reale in posizione di
sgombro (assetto di
navigazione):
b) biscaglina.
32
Le scale reali hanno talvolta gli scalini articolati (scalini che si dispongono spontanea-
mente con il piano orizzontale, qualunque sia l'inclinazione della scala).
90
Fig. 35 - Sloghi
d'acqua: 1) scalmotto:
2) capodibanda;
3) fasciame del ponte;
4) angolare di rinforzo
(trincarino); 5) lamiera
del parapetto:
6) apertura per lo
sfogo dell'acqua;
7) sbarre di protezione;
8) ombrinale;
9) asse di rotazione
del portello;
1O) scontro;
11) asta di arresto;
12) portello.
Fig. 36 - Passacavi
e sfogo d'acqua.
alla nave soltanto con la sua estremità superiore ed è formata da cavi estre-
mamente flessibili che le impediscono di restare immobile sotto l'azione del-
le persone che salgono o scendono; gli scalini sono di legno, ma piuttosto
limitati in larghezza per evitare che la scala risulti eccessivamente ingom-
brante e pesante. 33
Sul parapetto esistono anche numerose aperture che servono per scari-
care fuoribordo l'acqua che si rovescia sui ponti scoperti in caso di cattivo
tempo e altre aperture che si utilizzano per il passaggio dei cavi d'or-
meggio.
Le aperture per lo scarico dell'acqua dai ponti scoperti si chiamano sfo-
ghi d'acqua; hanno sezione rettangolare o quadrata e sono talvolta munite Fig. 37 - Scarico
fuoribordo: 1) foro di
di portello ad asse orizzontale che si apre soltanto verso l'esterno per impe- scarico; 2) valvola
dire afflussi d'acqua sui ponti senza ostacolarne il deflusso (figg. 35 e 36). «a libretto» (impedisce
l'afflusso di acqua
Le aperture per il passaggio dei cavi d'ormeggio hanno sezione ellittica dall' esterno);
o circolare, si chiamano passacavi e sono rinforzate da un telaio periferico, 3) tubo di scarico;
robusto e opportunamente sagomato per evitare il rapido deterioramento 4) fasciame esterno.
dei cavi stessi (fig. 36).
Fra le aperture che si notano sui fianchi meritano una sia pur breve con-
siderazione i già menzionati fori di scarico degli ombrinali e altri fori a se-
zione circolare che vengono genericamente definiti scarichi (fig. 37), ma
che possono distinguersi, tenendo conto della funzione che svolgono, in sca-
richi di zavorra, scarichi di sentina, scarichi d'igiene, scarichi della circo-
lazione dell'acqua di raffreddamento dell'apparato motore, scarichi del-
l'impianto frigorifero ecc. '\ ,,._< .· 2 -- 1
-....:-:~
33 L'uso della biscaglina è particolarmente difficoltoso per coloro che non hanno espe-
rienza e agilità.
91
Altre aperture si trovano nella zona del ginocchio e si chiamano prese
dal mare perché consentono di far affluire a bordo l'acqua necessaria per
tutti i servizi in cui è richiesta (refrigerazione, zavorra, igiene, antincendio
ecc.).
Le prese dal mare sono ovviamente protette da lamiera bucherellata
per evitare l'entrata di corpi solidi che finirebbero con l'ostruire le tubola-
ture e col rendere impossibile il funzionamento delle pompe che sono ad
esse collegate. 34
Apposite valvole di intercettazione - valvole Kingston - , costruite e
installate in modo che una eventuale disfunzione provochi la loro chiusura
spontanea, consentono di isolare le prese dal mare in qualsiasi momento
(fig. 2, cap. XX).
Nella parte superiore di ciascun mascone esiste una grossa apertura che
si chiama occhio di cubìa e la cui presenza è necessaria per il passaggio
della catena dell'ancora (fig. 4, cap. XVII). Naturalmente, nemmeno queste
aperture sono causa di allagamenti poiché ad esse si collega, a tenuta sta-
gna, un grosso tubo - cubìa - che sfocia sul ponte (scoperto) in cui si tro-
vano i meccanismi per la manovra delle ancore.
Su tale ponte si notano quindi due fori, che costituiscono gli sboc-
chi superiori delle cubìe e che si chiamano occhi superiori delle cubìe
(fig. 38), anch'essi realizzati in modo da impedire infiltrazioni d'acqua al-
l'interno dello scafo. Altri due fori si trovano a poppavia della macchina
che si usa per salpare le ancore, con Io scopo di assicurare alle loro ca-
tene un passaggio verso il relativo pozzo. Questi ultimi fori sono definiti
Fig. 38 - Sbocchi
superiori di cubia.
34
Una ulteriore e più spinta protezione è affidata à filtri che si trovano installati nelle
tubolature, fra le prese e le pompe.
92
f.
sbocchi o occhi del pozzo delle catene (fig. 4, cap. XVII); poiché la presen-
za delle catene impedisce l'adozione di un sistema di chiusura stagna per- Il
; •
trasversale ricavato nella parte immersa della prora (qualche volta un iden-
tico condotto con i relativi sbocchi si t rova anche della parte immersa della
poppa) e al centro del quale è installata un'elica azionata da un asse anch'esso
trasversale. Questa elica si dice <<di manovra» perché con la sua azione si
può imprimer e, all'acqua in cui è immersa, una spinta trasversale dalla qua-
le deriva, per reazione, una energica rotazione della prora.
93
Alcune navi presentano anche delle aperture, nei fianchi della parte
maestra, attraverso le quali fuoriescono le speciali pinne stabilizzatrici, o
pinne antirollio, di cui sono dotate per contenere entro valori molto limita-
ti l'ampiezza delle oscillazioni trasversali provocate dal mare agitato (que-
ste pinne rientrano all'interno dello scafo quando la nave naviga in acque
calme).
Osserviamo infine che le navi traghetto e le navi da carico che trasporta-
no automezzi hanno sempre una grande apertura sull'opera morta di estre-
ma poppa per poter effettuare le operazioni di imbarco e di sbarco di carri
ferroviari, automobili e autoarticolati che esse trasportano con il sistema
Ro-Ro (roll-on/roll-off). Per snellire le operazioni portuali queste navi pre-
sentano, in molti casi, anche una analoga apertura sull'opera morta di
estrema prora. Ma, mentre quest'ultima è normalmente protetta da una ce-
Fig. 41 - Celata
lata, oltreché da un portellone abbattibile per costituire una rampa di ac-
di una nave traghetto cesso o di sbarco, quella poppiera può essere chiusa soltanto da un analogo
in fase di apertura. portellone (figg. 41 e 42).
Fig. 42 ·
Portellone di poppa
per l'imbarco di
automezzi e loro
sistemazione a bordo.
94
Fig. 3 • Tuga prodiera infatti contenere macchinari necessari per assicurare importanti servizi,
di una nave passeggeri. possono essere adibite a deposito per attrezzature varie, possono servire
per realizzare alloggi e locali di servizio, possono costituire un efficiente ri-
paro per le aperture di accesso all'interno dello scafo.
L'altezza di una tuga è normalmente limitata ad un solo ordine e pertan·
to il suo aspetto è quello di un grosso e basso casotto che si eleva al di sopra
di un ponte scoperto (generalmente il ponte di coperta); le sue pareti longi-
tudinali si chiamano fianchi, mentre quelle trasversali sono indicate come
paratie terminali; il tetto viene comunemente definito copertino di tuga
dalla gente di bordo, ma può essere indicato anche come ponte di tuga, o
addirittura come tetto della tuga.
100
Fig. 4 - Finestrino con
portello a cerniera.
vare che questi ultimi possono essere eliminati nelle zone poco esposte ai
colpi di mare. Anche i finestrini devono poter essere chiusi a tenuta stagna:
a tale scopo sono protetti da un cristallo di adeguato spessore, inserito in
un telaio periferico (di legno o di metallo) debitamente incernierato su una
paratia terminale o su un fianco, oppure sistemato in modo da assicurare
la chiusura stagna mediante il suo scorrimento orizzontale o verticale.
101
..
Fig. 6 - Nave passeggeri.
7 . . .s,.
;%;· • ii.
Caratteristiche prlnclpali
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'---- ----------
Le sovrastrutture
,___________ _ _ _ _ _ _ _____, I CAPITOLO
1. Generalità
1
In qualche caso si assegnano ai ponti di sovrastruttura nomi di fantasia oppure numeri
o lettere alfabetiche.
95
di sovrastruttura nomi diversi fra i quali ricorrono frequentemente quelli
sottoindicati:
2. Sovrastrutture complete
2
Fra i numerosi strumenti e apparecchi presenti nella timoneria merita particolare
menzione l'apparecchio che serve per manovrare il timone - ruota di governo o ruota del ti-
mone - e dal quale deriva il suo nome.
96
articolati che trasportano le navi traghetto, e comporta la possibilità di au-
mentare la loro portata. 3
3. Casseri
97
Il volume che esso racchiude viene utilmente sfruttato per ricavare de-
positi vari; può essere considerato parte integrante del gavone di prora, ma
viene talvolta indicato come interponte cassero avanti.
Per accedere nei diversi locali in cui tale volume viene frazionato, e dai
quali si passa poi nel sottostante gavone, esistono apposite porte sulla para-
tia terminale che delimita la sovrastruttura dal lato di poppavia, ma è soli-
tamente disponibile anche un boccaportello nel ponte del castello.
Già sappiamo che i boccaportelli sono provvisti di portelli a tenuta sta-
gna; per quanto riguarda le porte, osserviamo che esse sono generalmente
due (una sulla parte dritta e una sulla parte sinistra), che sono stagne all'ac-
qua, e che la loro robustezza non è inferiore a quella della paratia che le so-
stiene.
Il cassero centrale è una sovrastruttura che si trova nella parte mae-
stra dello scafo e la cui estensione in lunghezza e altezza può essere notevol-
mente diversa da una nave all'altra.
Un tempo tutte le navi avevano un cassero centrale a più ponti che veni-
va utilizzato per ricavare alloggi e altri locali necessari per le persone tra-
sportate e per la condotta della navigazione, ma con il passare degli anni
questa sovrastruttura è divenuta sempre più rara e c'è oggi la tendenza a
conservarla soltanto nelle navi passeggeri, nelle navi traghetto e in alcuni
tipi particolari di navi da carico.
Il cassero centrale delle navi passeggeri si estende di solito per gran
parte della lunghezza dello scafo. Anche la sua altezza assume normalmen-
te valori rilevanti perché si deve poter disporre del volume necessario per
soddisfare le molteplici esigenze dei passeggeri. Non è quindi eccezionale,
per queste navi, un cassero centrale a cinque o anche sei ponti, a ciascuno
dei quali viene assegnato un nome che rivela, come già sappiamo, la parti-
colare funzione che esso svolge.
Nelle navi da carico il cassero centrale, se esiste, comprende solitamen-
te tre ponti che, a partire dal basso, sono generalmente indicati come ponte
di passeggiata, ponte delle lance, ponte di comando. 4
Il cassero di poppa è una sovrastruttura a uno o più ponti che si innalza
al di sopra della poppa.
Nelle navi che hanno un normale cassero centrale, il cassero di poppa
risulta piuttosto limitato in lunghezza e formato da un solo ordine di sovra-
struttura.
Fanno eccezione a questa regola le navi passeggeri, solitamente prive
di sovrastrutture parziali a prua e a poppa, e le navi cisterna che hanno
sempre un cassero di poppa molto lungo e a diversi ponti.
Le moderne navi da carico adibite al trasporto di merci liquide o solide
alla rinfusa, sono normalmente prive di cassero centrale. Il loro cassero di
poppa è quindi molto esteso, sia in altezza che in lunghezza, perché deve
contenere tutti i locali necessari per l'equipaggio e per la condotta della na-
vigazione.
La nomenclatura dei vari ponti che delimitano in altezza i diversi ordini
di sovrastruttura è sostanzialmente identica a quella che si adotta per i pon-
ti del cassero centr;1le. Si deve però rilevare che il ponte della sovrastrut-
4
Questa situazione non si registra nelle navi che trasportano automobili, caratterizzate
da un cassero centrale a 5-6 ponti che si estende per quasi tutta la loro lunghezza.
98
b
tura del 1° ordine viene solitamente indicato come ponte cassero e che è Fig. 2 - Profili di navi
con tipi diversi di
questo il nome che si assegna al ponte del cassero di poppa quando esso è sovrastrutture: a) nave
formato da un solo ordine di sovrastrutture (fig. 2). con un ordine di
sovrastrutture complete
e grande cassero
centrale : b) nave con
castello di prua.
4. Mezzocassero cassero di poppa a più
ordini e tughe; c) nave
II mezzocassero è formato da un rialzamento del ponte principale per con un ordine di
sovrastrutture complete
una parte della sua lunghezza, e dal corrispondente prolungamento dei e cassero di poppa a
fianchi dello scafo. più ordini: d) nave con
castello di prua,
Tale rialzamento non supera la metà dell'altezza di un interponte5 e cassero centrale e
può interessare la prua, la parte maestra e la poppa. Nel primo caso la so- tuga; e) nave con
castello di prua,
vrastruttura che così si determina viene definita mezzocassero di prua, nel cassero centrale,
secondo caso mezzocassero centrale, nel terzo caso mezzocassero di poppa cassero di poppa e
tughe; f) nave con
o ponte rialzato. grande cassero
Si deve però rilevare che la collocazione del mezzocassero fra le sovra- centrale.
strutture è soltanto apparente. Agli effetti della robustezza strutturale il
mezzocassero viene infatti considerato come una parte dello scafo vero e
proprio e come tale utilizzato.
5. Tughe
99
Le ossature
'------ - - - - - - - - -- --~---' I CAPITOLO
1. Generalità
2. Sistemi di costruzione
105
Per molti anni ancora si costruirono quindi soltanto scafi che con la pre·
senza del doppio fondo potevano sì contare su una maggiore robustezza
complessiva del fondo, ma che sostanzialmente conservavano la struttura
di tipo trasversale.
Il doppio fondo di queste navi rimane suddiviso in tanti piccoli comparti-
menti dalle ossature trasversali e longitudinali che sì estendono per tutta
la sua altezza; tali compartimenti sono molto simili a piccole celle e da ciò
deriva la definizione di scafo con fondo a struttura cellulare comunemen-
te adottata per indicare questo tipo di costruzione.
106
3. Ossature del fondo
a) Chiglia.
La chiglia è situata nella parte centrale del fondo e si estende per tutta
la sua lunghezza.
Nelle prime costruzioni metalliche si adottò una chiglia massiccia, ovve-
ro un elemento strutturale che risultava formato con barre d'acciaio a se-
zione rettangolare e sensibilmente sporgente al di sotto del fondo. Le di-
verse barre che dovevano essere impiegate per raggiungere la lunghezza
voluta venivano collegate fra loro mediante incastri a parella e chiodatura
(fig. 1) e successivamente calafatate. 1
Fig. 1 - Incastro a
,__ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ ___, parella chiodata.
1
Le «pareJle» sono ora saldate anziché inchiodate.
2
Si chiama scarroccio lo spostamento laterale che subisce la nave ad opera del vento o
del mare ondoso. Il suo valore viene espresso dall'angolo formato fra la direzione della rotta
e la direzione della prora. ,
3
Il rollio è un movimento oscillatorio trasversale della nave che si manifesta con alterni
innalzamenti e abbassamenti dei fianchi.
107
La chiglia piatta non presenta gli inconvenienti segnalati ma è meno re-
sistente della chiglia massiccia. La sua presenza comporta quindi la neces-
sità di compensare la diminuzione di robustezza longitudinale disponendo
sul fondo un buon numero di ossature longitudinali interne che si chiamano
paramezzali e che costituiscono un efficiente sistema strutturale.
La chiglia piatta non è di alcuna utilità nei riguardi dello scarroccio e
del rollio, tuttavia si deve osservare che, mentre le grandi dimensioni as-
sunte dalle navi rendono meno sentita l'esigenza di un elemento anti-
scarroccio del tipo della chiglia massiccia, si provvede a dotare la carena
di chiglie laterali, dette alette di rollio, che risultano molto efficaci come
mezzi per la riduzione delle oscillazioni di rollio.
Le alette di rollio sono formate da profilati e lamiere e si applicano nel-
la zona del ginocchio, nel punto in cui questo assume la massima curvatura.
Giacciono in un piano perpendicolare a quello tangente al ginocchio nel
punto di attacco e si estendono solitamente per tutta la parte maestra.
La loro grossezza è stabilita in modo che possano sopportare le forti sol-
lecitazioni cui sono sottoposte durante le oscillazioni della nave, e ciò con-
sente di considerarle come elementi capaci di contribuire sensibilmente
alla robustezza longitudinale dello scafo. La loro larghezza è limitata cosic-
ché risultino sempre comprese nel parallelepipedo circoscritto alla carena
(fig. 2).
108
paramezzali) che corrono nel doppio fondo, affiancate e a poca distanza
l'una dall'altra (fig. 3).
e
I I
d
)
109
2
5. 5
Flg. 5 - Scafo a fondo Se lo scafo è a fondo semplice e chiglia piatta c'è anche una lamiera ver-
semplice: ticale associata ai due angolari correnti sopra le ossature trasversali ed
1) paramezzale centrale
continuo: estesa fino alla chiglia stessa, cui viene collegata con un angolare posto su
2) paramezzale laterale ciascun lato (fig. 5). Tale lamiera può essere continua o interrompersi in
intercostale; 3) chiglia
piatta; 4) madiere: corrispondenza delle ossature trasversali, ma viene comunque a queste col-
5) fasciame del fondo legata mediante spezzoni di angolari disposti verticalmente (gli angolari di
(torello e
controtorello). unione con la chiglia sono continui in ogni caso).
I paramezzali laterali 4 dello scafo con fondo semplice e chiglia piatta
sono costituiti da un angolare che corre continuo sopra le ossature trasver-
sali e da elementi verticali intercostali 5 di lamiera, normalmente collegati
al fondo e alle ossature trasversali da adatti spezzoni di angolare.
Nelle navi con doppio fondo si ha un paramezzale centrale continuo, la-
miere marginali generalmente continue e paramezzali laterali che possono
essere continui o interrotti in corrispondenza delle ossature trasversali
(fig. 6).
I paramezzali continui sono formati da lamiera verticale che si estende,
senza interruzioni, da una estremità all'altra del fondo, e che si collega con
la lamiera di chiglia (o del fondo) e del cielo del doppio fondo mediante ango-
lari, anch'essi continui fra le ossature trasversali (spezzoni verticali di an-
golare assicurano il collegamento del paramezzale con le ossature t ra-
sversali).
I paramezzali non continui (intercostali) sono costituiti da elementi ver-
4
Disw.nziati dal paramezzale centrale, dal ginocchio e tra loro di non più di 2,20 m.
5
Si dicono intercostali le ossature che si interrompono in corrispondenza degli elementi
strutturali trasversali.
110
l
l
I
o
6
ticali di lamiera, debitamente collegati ai fasciami del fondo e del cielo e alle Flg. 6 - Scalo con
ossature trasversali da robusti spezzoni di angolare. doppio fondo (struttura
trasversale):
Il numero dei paramezzali laterali varia con la larghezza dello scafo, ma 1) paramezzale centrale;
in generale viene stabilito avendo presente l'esigenza di evitare che due pa- 2) paramezzale laterale:
ramezzali si trovino a distanza superiore a 4,50 m se il fondo è a struttura 3) marginale;
4) madiere; 5) chiglia;
trasversale. 6) fasciame esterno
L'altezza dei paramezzali, e per conseguenza anche l'altezza del doppio del doppio fondo:
7) fasciame interno
fondo, si fa dipendere dalla larghezza massima dello scafo e dall'altezza del- del doppio fondo:
la sua carena o immersione.6 8) fasciame del
In aggiunta ai paramezzali veri e propri si inseriscono talvolta nel dop- ginocchio; 9) costola.
pio fondo alcune ossature longitudinali supplementari la cui presenza viene
ritenuta indispensabile per garantire una particolare robustezza del fondo
o di una parte di esso.
Nella parte prodiera 7 si possono per esempio trovare dei paramezzali
addizionali non continui e dei mezzi paramezzali 8 non continui che servo-
no per rinforzare localmente la struttura longitudinale del fondo (fig . 7).
6 Può essere fnteressante sapere che l'altezza minima del paramezzale centrale viene
stabilita con la relazione:
a = 28 B + 32 (T + 10)
dove: a - altezza del paramezzale, in millimetri;
B ; larghezza dello scafo, in metri;
'l' = immersione della nave, in metri.
7
Parte del doppio fondo compresa fra la paratia di collisione e la sezione trasversale si-
tuata a 1/4 della lm;ighezza dello scafo dalla estrema prora.
8
Un mezzo paramezzale è formato con elementi di lamiera verticale avente altezza pari
alla metà dell'altezza locale del doppio fondo.
111
Fig. 7 - Ossature della
parte prodiera del
doppio fondo
(struttura trasversale):
1) paramezzale centrale;
2) paramezzale laterale:
3) marginale;
4) mezzo paramezzale;
5) madiere; 6) costola:
7) squadra di rinforzo
e collegamento.
e) Correnti.
Negli scafi con il f ondo a struttura longitudinale i paramezzali sono po-
sti a distanza non superiore a 6,50 m e affiancati da robusti profilati che
corrono ininterrottamente da prua a poppa (fig. 8). Tali profilati sono gene-
ricamente chiamati correnti, ma si definiscono più propriamente correnti
del fondo e correnti del cielo del D .F., a seconda che siano collegati alle la-
miere del fondo esterno o a quelle del fondo interno.
112
I paramezzali possono essere stagni o forati. Normalmente è stagno il
paramezzale centrale, mentre le lamiere marginali sono stagne soltanto se
esistono particolari ragioni che impongono di limitare al ginocchio l'esten-
sione del doppio fondo. I paramezzalì laterali sono forati per mettere in co-
municazione le diverse zone del doppio fondo. jf
!1
Le aperture che a tale scopo vengono praticate sui paramezzali si chia-
mano passi d'uomo se servono anche per il passaggio delle persone oltreché
per l'alleggerimento delle strutture; fori di scolo sono invece chiamate al-
cune piccole aperture che sì trovano alla base del paramezzale e che servo-
no per far defluire l'acqua o altri liquidi verso ì pozzetti in cui si trovano
ì tubi di aspirazione e mandata.
Per entrare nel doppio fondo esistono, come già sappiamo, apposite
aperture nelle lamiere che formano il fondo interno. Anche queste aperture
si chiamano passi d'uomo, e sono protette da piastre d'acciaio - porte -
che assicurano una tenuta perfettamente stagna e che vengono rimosse sol-
tanto nelle rare occasioni in cui sì effettuano visite di ispezione o lavori al-
l'interno del doppio fondo.
113
d) Madieri.
I madieri sono le ossature trasversali del fondo (figg. 6 e 9): possono
essere formati da angolari associati a lamiere verticali - madieri pieni -
o da soli angolari costituenti telai verticali - madieri a telaio - e si esten-
dono da un fianco all'altro, dove si collegano saldamente alle ossature quivi
esistenti.
Negli scafi con fondo semplice si trovano soltanto madieri pieni che sa-
ranno continui se esiste una chiglia massiccia, mentre potranno essere in-
terrotti nel piano di simmetria negli altri casi.
Se lo scafo è dotato di doppio fondo si possono trovare anche madieri a
telaio, ma il loro numero e la loro posizione sono stabiliti avendo cura di non
compromettere la robustezza generale del fondo e quella richiesta in zone
soggette a sforzi particolari.
Se ilfondo è a struttura trasversale i madieri sono generalmente conti-
nui fra il paramezzale centrale e le marginali, ma confondo a struttura lon-
gitudinale si possono avere madieri interrotti anche dai paramezzali la-
terali.
Al di sotto delle paratie stagne trasversali i madieri sono pieni e stagni
allo scopo di suddividere il doppio fondo in compartimenti non comunicanti.
Gli altri madieri sono provvisti di passi d'uomo e fori di scolo in tutto simili
a quelli dei paramezzali, a meno che non sussistano ragioni speciali che im-
pongono di delimitare piccole zone stagne - pozzetti - all'interno dei dop-
pi fondi (sentine, cofferdams, recesso per l'oscillatore o gli oscillatori dello
scandaglio a ultrasuoni).
La distanza fra un madiere e l'altro viene stabilita tenendo conto della
lunghezza dello scafo e del tipo di struttura adottato per la sua costruzione.
Si rileva infatti che negli scafi a struttura trasversale (con fondo semplice
o doppio), esiste un madiere in corrispondenza di ogni ossatura trasversale
dei fianchi (costola), mentre negli scafi a struttura mista è prevista la siste-
mazione di un madiere ogni due o tre di tali ossature. Se lo scafo è a struttu-
ra longitudinale l'intervallo fra i madieri non deve superare 3, 70 m, ma nel
caso di navi aventi lunghezza L maggiore di 180 m questa distanza può es-
sere aumentata della quantità s che si ricava dall'espressione:
L-180
S=----
100
114
Fig. 10 - Ossature del
fianco (scafo a
struttura longitudinale):
1) costola rinforzata;
2) corrente del fianco:
3) paramezzale laterale:
4) corrente del fondo;
5) madiere.
con il madiere, 9 cosicché si forma nel complesso una sola e grande ossatu-
ra trasversale che sostiene fianchi, fondo e ginocchi ed il cui profilo assume
l'aspetto di una U o di una V più o meno aperta e regolare.
Questa ossatura composita può essere definita ordinata. È chiamata an-
che costola, ma viene utile ricordare, al riguardo, che la costola vera e pro-
pria è la parte che si trova sul fianco.
Se lo scafo è a struttura trasversale, la distanza fra le costole si chiama
intervallo di ossatura e viene stabilita tenendo conto della lunghezza L del-
lo scafo.
Infatti, esprimendo L in metri, si ottiene l'intervallo di ossatura (d0) in
millimetri con la relazione:
d0 =460+2,3 L
Il valore di d0 può essere aumentato del 20%, ma non deve superare li-
miti ben definiti nelle zone maggiormente sollecitate. 10
Per aumentare la robustezza, le costole comuni sono di tanto in tanto so-
stituite da costole rinforzate, ovvero da elementi formati con profilati asso-
115
ciati a lamiera e irrigiditi da grosse squadre orizzontali o verticali. 11
Se lo scafo è a struttura mista (fondo e ponti a struttura longitudinale,
fianchi, prua e poppa a struttura trasversale) si hanno costole comuni ad
intervallo generalmente uguale a quello previsto per lo scafo a struttura
trasversale, ma si potranno trovare costole rinforzate a distanza più ravvi-
cinata. Inoltre, considerato che non tutte le costole sono in questo caso
completate inferiormente dal madiere, 12 si noterà che una parte di esse si
arresta alle lamiere marginali e si collega a queste mediante squadre di for-
ma e dimensioni appropriate.
Lo scafo a struttura longitudinale ha costole notevolmente distanzia-
te, 13 ma la sua resistenza alle sollecitazioni trasversali è ugualmente assi-
curata perché esse sono di tipo rinforzato e la loro azione è integrata da ro-
buste paratie trasversali. Ciascuna costola si collega inferiormente a un ro-
busto madiere e può essere irrigidita, a diverse altezze, da profilati
orizzontali e disposti trasversalmente - puntoni - che si appoggiano, con
la loro estremità interna, sulle paratie longitudinali esistenti in questo tipo
di costruzione. 14
11
Normalmente si trova una costola rinforzata ogni 3,50 m (distanze maggiori sono con-
sentite purché non eccedenti il 2% della lunghezza della nave).
12
In questo tipo di costruzione esiste, in generale, un madiere ogni due o tre intervalli
di ossatura.
13
La distanza fra le costole è uguale a quella prevista per i sottostanti madieri; non
L-180
supera quindi 3,70 m se L~180 me 3,70 m + - - - se L > 180 m.
100
14
Ricordiamo che la struttura longitudinale è caratteristica delle navi cisterna.
116
Fig. 11 - Ossature del
ponte (scafo a struttura
trasversale): 1) baglio;
2) costola: 3) squadra
di collegamento fra
baglio e costola;
4) angolare di
trincarino: 5) trincarino.
15
A costola rinforzata corrisponde baglio rinforzato.
117
Fig. 13 - Ossature del ponte: 1) fa-
sciame del ponte; 2) anguilla; 3) ba-
glio; 4) mastra del boccaporto; 5)
puntello; 6) baglio rinforzato: 7)
mezzo baglio
16
Se lo scafo ha due o più ponti, il telaio trasversale risulterà irrobustito da altrettanti
ordini di bagli.
118
Fig. 15 - Boccaporto con vecchio di-
spositivo di chiusura·. 1) fasciarne
del ponte; 2) mastra del ooccaporto
(parte laterale); 3) mastra del oocca-
porto (parte trasversale): 4) elemen•
to terminale della mastra; 5) baglio
rinforzato: 6) rinforzo orizzontale
della mastra: 7) baglio mooile o ga·
gliotta; 8) staffa dì sostegno della ga-
gliotta: 9) squadra di rinforzo; 1O)
scalrnotto; 11) stazza o listello per
oloccare l'incerata: 12) galla per il
cuneo: 13) cu neo: 14) tela incerata:
15) traversino di sicurezza; 16) an-
guilla e mastra del boccaporto (parte
laterale): 17) pannò o quartiere.
/ 6
4
7 {Y
!
I
119
I correnti di sottoponte sono profilati che si trovano soltanto negli sca-
fi con i ponti a struttura longitudinale (scafi a struttura longitudinale e sca-
fi a struttura mista). Si estendono longitudinalmente per tutta la lunghezza
del ponte e si collegano, senza interrompersi, ai bagli e alle paratie trasver-
sali (fig. 12).
6. Puntelli e paratie
120
I puntelli dei diversi ponti sono disposti in modo da corrispondersi nei
vari interponti e nelle sottostanti stive; con le anguille e le eventuali paratie
longitudinali formano delle linee di puntellatura che hanno molta impor-
tanza per la robustezza generale dello scafo e per la resistenza delle parti
soggette a carichi concentrati, sforzi anormali, vibrazioni locali. 17
Le paratie trasversali e longitudinali contribuiscono validamen-
te, come sappiamo, alla robustezza trasversale e longitudinale dello scafo
(fig. 18).
Bisogna però osservare che anche i ponti risultano avvantaggiati dalla Fig. 18 - Ossature delle
loro presenza perché ciascuna paratia, stagna o no, rappresenta un efficace paratie:
1) corrente del fianco:
sostegno per le loro ossature (fig. 19). 2) paratia longttudinale;
Anguille, bagli e correnti di sottoponte possono infatti essere valida- 3) montante centrale
(rinforzato e installato
mente sostenuti dalle numerose ossature verticali cui è affidato il compito su entrambi i lati
di irrigidire le lamiere che formano ciascuna paratia (solitamente disposte della paratia):
in corsi orizzontali). Tali ossature si chiamano montanti e sono adeguata- 4) paratia trasversale;
5) montante;
mente collegate alle strutture del ponte e del cielo del doppio fondo a mezzo 6) traversa;
di spezzoni di angolare o di robuste squadre triangolari. 18 7) paramezzale centrale.
Le paratie stagne hanno molta importanza anche per la galleggiabilità
i poiché in caso cli falla delimitano il conseguente allagamento al solo com-
partimento contenente la parte danneggiata.
Devono quindi essere abbastanza numerose, cosicché il volume interno
17
La distanza fra le linee di puntellatura non supera in generale i 6 m (nella zona del
ponte di coperta e del ponte di castello prossima all'estrema prora, tale distanza è ridotta a
3,50 m).
18
La distanza fra i montanti non supera normalmente i 920 mm ed è ridotta a 750 mm
nella paratia di collisione.
121
5
15
11
14
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13
Flg. 19 - Ossature di una nave da carico a due ponti (struttura mista): 1) anguilla; 2) fasciame del ponte
superiore; 3) correnti di sottoponte; 4) mezzo baglio; 5) squadra di rinforzo; 6) costola; 7) fasciame del
secondo ponte: 8) mezzo baglio del secondo ponte: 9) lasciarne del fianco; 10) squadra di rinforzo; 11 )
paramezzale centrale: 12) paramezzale laterale; 13) correnti del fondo e del cielo del d.!.; 14) madiere;
15) cielo del doppio fondo: 16) lasciarne del fondo; 17) paratia trasversale; 18) montante; 19) puntello.
dello scafo risulti suddiviso in modo da consentire alla nave di restare gal-
leggiante a nche con uno o più compartimenti contigui allagati, e abbastan-
za solide da resister e alla pressione esercitata sulla loro superficie dall'ac-
qua che potrebbe irrompere nel locale dove si è verificata la falla.
La robustezza delle paratie è assicurata dai già menzionati montanti,
ma è talvolta completata da elementi strutturali orizzontali che si chiamano
traverse se sostengono paratie trasversali, correnti di paratia se sostengo-
no paratie longitudinali.
Il numero delle paratie stagne trasversali è strettamente collegato alla
lunghezza dello scafo, ma dipende anche dal servizio che svolge la nave
122
perché si seguono criteri diversi per stabilire la distanza fra le varie paratie
a seconda che si tratti di nave destinata al trasporto di carichi secchi, di
nave cisterna, di nave passeggeri ecc.
Tutte le navi, indipendentemente dal servizio che svolgono, hanno una
paratia di collisione, una paratia del pressatrecce e una o due paratie sta-
gne trasversali delimitanti il locale A.M. (una sola se l'apparato motore si
trova a poppa, due se si trova nella parte centrale dello scafo).
Altre paratie stagne trasversali sono sistemate a distanze variabili per
i diversi tipi di nave.
Per le navi da carico secco si può ritenere che la distanza massima fra
le varie paratie, ad eccezione di quelle delimitanti il locale A.M., oscilli fra
i 20 m e i 25 m circa; nelle navi cisterna tale distanza può raggiungere an-
che il 20% della lunghezza (L) dello scafo, 19 ma la comfcartimentazione sta-
gna è completata da due paratie stagne longitudinali O che dividono il vo-
lume interno in tre parti (parte dritta, parte sinistra e parte centrale).
I regolamenti del R.I.Na contengono la seguente tabe1la nella quale vie-
ne stabilito il numero delle paratie stagne in funzione della lunghezza (L)
dello scafo.
da m a meno di m
- 65 4 3
65 85 4 3
85 105 5 4
105 115 6 5
115 145 7 6
145 165 8 7
165 185 9 8
185 205 10 9
205 225 11 10
oltre 255 - da stabilire da stabilire
123
Per le navi da carico la distanza fra una paratia stagna e le paratie adia-
centi viene normalmente stabilita avendo presente l'esigenza di preservare
la loro galleggiabilità anche con un compartimento allagato.
La distanza fra le paratie stagne delle navi passeggeri è invece calcolata
in modo da assicurare la loro galleggiabilità anche con due o più comparti-
menti contigui allagati. La lunghezza massima di ciascun compartimento
viene quindi stabilita caso per caso e tenendo conto delle sue caratteristi-
che, oltre che delle caratteristiche generali della nave e del servizio che
essa svolge.
Le paratie stagne si arrestano ad un ponte che coincide generalmente
con il ponte principale e che può perciò essere chiamato ponte delle parati e,
ma la paratia di collisione si eleva fino al primo ponte di sovrastruttura (se
esiste).
Per impedire che si possano verificare passaggi d'acqua da un comparti-
mento a quello adiacente, si realizzano collegamenti stagni fra le varie la-
miere che formano la paratia e fra questa e le parti che la delimitano (fian-
chi, ponte, cielo del doppio fondo), e si riducono al minimo indispensabile
le aperture per il passaggio di canalizzazioni e tubazioni, trasmissioni mec-
caniche, persone.
Quando non è possibile rinunciare a tali aperture si mettono in atto tutti
gli accorgimenti necessari per evitare che l'acqua di un compartimento alla-
gato possa infiltrarsi nei compartimenti contigui. A tal fine vengono resi
stagni tutti i passaggi per canalizzazioni e tubazioni e, nel caso di tubazioni
per liquidi, è previsto l'impiego di valvole di intercettazione mediante le
quali si può bloccare il trasferimento di acqua da un compart imento all'al-
tro anche attraverso i tubi eventualmente danneggiati.
Per rendere stagno il passaggio di trasmissioni meccaniche attraverso
una paratia si ricorre all'impiego dei pressatrecce, ovvero di dispositivi che
impediscono le infiltrazioni di liquidi o di gas senza ostacolare il libero movi-
mento della trasmissione. Un tipico esempio di utilizzazione di questo di-
spositivo ce lo offre la paratia di poppa nella quale, come già abbiamo avuto
occasione di precisare, esiste una apertura per il passaggio dell'asse por-
taelica.
124
Fig, 20 - (sopra) -
Porta stagna
«a cerniera».
Fig. 21 - (sotto) •
Porte stagne
«a scorrimenton:
a) scorrimento
orizzontale;
b) scorrimento verticale.
o o
I o
o ,
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' 'I
o o o
-~
I I l t
•
'I
o
•'
'
o
o • • • o
a b
sono forzare, con semplice rotazione, contro adatti cunei metallici fissati
alla paratia.
Le porte a scorrimento sono porte che si aprono e si chiudono mediante
traslazione verticale (porte a scorrimento verticale) o orizzontale (porte a
scorrimento orizzontale) entro un telaio perfettamente rigido e fissato alla
paratia. La tenuta stagna è in questo caso assicurata per contatto fra le su-
perfici metalliche che devono quindi essere accuratamente lavorate.
Le porte a scorrimento orizzontale si manovrano solitamente con conge-
gni a cremagliera, quelle a scorrimento verticale con congegni a vite. Qua-
125
lunque sia il sistema adottato deve però essere possibile la manovra sul po-
sto e a distanza21 onde poter procedere alla chiusura anche da un punto si-
tuato al di sopra del ponte delle paratie.
Le porte a scorrimento vengono considerate indispensabili per proteg-
gere le aperture la cui soglia inferiore si trova a non più di 2,13 mal di so-
pra della più alta linea di galleggiamento consentita.
Le altre aperture possono essere protette da porte a cerniera e pertanto
appartengono a questo tipo anche le porte per la chiusura degli accessi al-
l'interno delle sovrastrutture ed alla cui esistenza abbiamo accennato trat-
tando questo argomento.
Tutte le porte sono comunque dotate di dispositivi che rendono possibile
effettuare la manovra di apertura e chiusura da entrambi i lati della para-
tia, e sono rialzate da un battente di altezza adeguata.
21
La manovra delle porte a scorrimento può essere effettuata a mano o con altra fonte
di energia. Apposite norme precisano i casi in cui è richiesto anche un sistema con manovra
meccanica in aggiunta a quella a braccia.
22
Le costole sono in generale più robuste e poste ad intervallo ravvicinato (610 mm al
massimo); i madieri del gavone di prua sono gradualmente rialzati a partire dalla paratia di
collisione, quelli del gavone di poppa si innalzano al di sopra dell'astuccio dell'asse portaelica;
i collegamenti fra le ossature dei fianchi e del fondo sono convenientemente rinforzati.
126
Fig. 22 - Ruota
massiccia; 1) parte
inferiore della ruota
di prora; 2) chiglia
piatta: 3) paramezzale
centrale; 4) madiere;
5) paratia di collisione.
Fig. 23 - Ruota in
lamiera: 1) parte
inferiore della ruota di
prora; 2) chiglia piatta;
3) madiere;
4) paramezzale
centrale; 5) paratia di
collisione; 6) parte
mediana del la ruota di
prora; 7) squadra di
rinforzo; 8) squadra di
rinforzo e collegamento
con il fasciame e con le
ossature della prora
estrema; 9) fasciame
della prora estrema.
Fig. 24 - Seziona di
una ruota di prora In
lamiera: a) parte
superiore della ruota;
b) parte mediana della
ruota;
1) trincarino di
palpitazione:
2) squadra di rinforzo
e collegamento (gola}.
127
che lo studio e l'esperienza fanno ritenere il più indicato; ciò spiega la co-
stante evoluzione delle forme della prora nelle moderne costruzioni e impe-
disce di fornire definizioni aventi validità generale, ma in linea di massima
si può ritenere che:
• per ottenere una minore resistenza al moto si assegna alla prora una
forma molto aguzza nella zona del galleggiamento; la parte inferiore della
prora conserva una notevole finezza nelle navi medie e piccole, ma assu-
me un aspetto piuttosto tondeggiante nelle grandi navi, nelle quali ter-
mina talvolta con un grande bulbo che si protende in avanti per alcuni
metri;
• per migliorare il comportamento della nave in acque agitate e per evitare
danni alla sottostante opera viva in caso di urto contro altre navi, la parte
superiore della prora assume una forma poco affinata e presenta un note-
vole slancio in avanti.
-... I
Fig. 25 (a sinistra) -
Dritto a telaio chiuso
(nave monoelica):
1) dritto del timone;
(
I
2) dritto dell'elica;
3) braccio superiore del
telaio; 4) braccio
inferiore del telaio;
L----~ I
5) foro per l'uscita 6
dell'asse portaelica;
6) femminella.
Fig. 26 (a destra) -
Dritto a telaio aperto
(nave monoelica):
1) pinna di sostegno
del timone; 2) dritto
dell'elica: 3) foro per
l'uscita dell'asse
portaelica;
4) femminella.
128
Nelle navi a vela il dritto di poppa era rappresentato da una trave mas-
siccia cui veniva incardinato il timone - dritto semplice - , ma la presenza
dell'elica ha imposto altre soluzioni per le navi a propulsione meccanica.
È stato così ideato il dritto a telaio, ovvero una ossatura che si presen-
ta come un telaio verticale-longitudinale, più o meno regolare, che com-
prende un dritto dell'elica e un dri tto del timone fra i quali rimane lo spa-
zio - gabbia dell'elica - necessario per la sistemazione del propulsore
(fig. 25).
Il dritto dell'elica è costituito dal ramo verticale prodiero del telaio e su
di esso si chiude la parte immersa della poppa con una forma molto affinata
che permette di migliorare l'efficienza dell'elica e del timone.
Il dritto dell'elica deve essere attraversato dall'asse portaelica e pertan-
to esso viene convenientemente ingrossato e forato. Il ringrosso si estende
alla zona adiacente dell'estrema poppa e assume nel complesso la caratteri-
stica forma di una botticella; viene quindi naturale la definizione di botte o
barilotto che per esso si adotta, ed altrettanto naturale è la definizione di
foro della botte con cui si indica il foro di uscita dell'asse portaelica.
Il dritto del timone è il ramo poppiero del dritto a telaio; sulla sua super-
ficie posteriore sono ricavati dei solidissimi occhielli - femminelle - nei
quali si infilano altrettanti perni - agugliotti - che fanno parte del timone
e che possiamo considerare come cardini sui quali esso ruota per consentire
il governo della nave. Osserviamo però che molte costruzioni non hanno un
vero e proprio dritto del timone perché il telaio è incompleto - telaio aper- 'i
to - e il suo ramo posteriore non esiste o ha uno sviluppo molto limitato ;, I
(figg. 26 e 27). i I
. i
Fig. 27 (a sinistra) -
Dritto a telaio aperto
(nave monoelica):
1) calcagnolo;
2) dritto dell'elica:
3) braccio superiore
del telaio : 4) foro per
per l'uscita dell 'asse
portaelica.
Fig. 28 (a destra) -
Dritto semplice
(nave blelica): 1) dritto
del timone:
2) femminella.
129
terno della losca e sui bracci orizzontali del telaio. 23
Se il dritto del timone è incompleto, il telaio risulta normalmente privo
anche del suo braccio inferiore; in tal caso il timone si collega allo scafo nel-
la zona della losca e con uno o due agugliotti che si inseriscono in altrettan-
te femminelle esistenti nel parziale ma robustissimo pezzo - pinna - che
si protende al di sotto della losca e che sostituisce il dritto del timone (fig.
26).
Il dritto a trave, più propriamente definito dritto semplice, può essere
adottato per le navi a due o quattro eliche, poiché queste si trovano ad una
certa distanza dal piano diametrale e non sussiste quindi la necessità di di-
sporre di un dritto dell'elica (fig. 28). Merita comunque rilevare che una
nave con due o quattro propulsori potrebbe anche essere priva di un vero
e proprio dritto di poppa; in tal caso il timone rimane sospeso sotto la poppa
ed ha con lo scafo il solo collegamento che si può realizzare nella zona della
losca.
I propulsori multipli si trovano raramente nelle navi da carico, ma sono
abbastanza diffusi nelle navi militari, nelle navi da diporto, nelle navi pas-
seggeri e nei traghetti.
La soluzione maggiormente adottata è quella che prevede la sistemazio-
ne di due eliche disposte simmetricamente rispetto al piano diametrale -
eliche laterali-, tuttavia si possono trovare anche navi con due eliche late-
rali e un'elica centrale e navi con due eliche sulla parte dritta e due eliche
sulla parte sinistra.
Le costole di poppa delle navi bieliche, trieliche o quadrieliche, sono con-
formate in modo da permettere il passaggio degli assi laterali (fig. 29); dalla
loro particolare conformazione deriva la presenza, su entrambi i fianchi del-
la carena, di uno o due ringrossi, convenientemente rastremati per ridurre
al minimo l'aumento di resistenza al moto, all'interno dei quali si trova l'a-
stuccio o tubo di passaggio dell'asse portaelica. Questo contiene, come sap-
piamo, i cuscinetti sui quali ruota l'asse, rinforza la zona di fuoriuscita del-
Fig. 29 - Madieri di
estrema poppa (nave
blelica): 1) madiere
forato; 2) struttura
a occhiale; 3) dritto
semplice; 4) fasciame
della carena.
23
Il braccio inferiore si chiama calcagnolo. Su di esso c'è una femminella cieca - chia-
mata femminella a gotto - che sopporta praticamente tutto il peso del timone.
130
l'asse stesso e facilita la sistemazione dei dispositivi che assicurano il suo
passaggio stagno.
La parte terminale di ciascun asse portaelica laterale è sostenuta da
speciali strutture che vengono applicate alla carena e che si chiamano brac-
ci (fig. 30).
I bracci di sostegno degli assi portaelica sono in acciaio fuso e normal-
mente costituiti da una parte forata - mozzo - che sopporta il cuscinetto
posteriore dell'asse e da due veri e propri bracci che si dipartono da questo
in direzioni che differiscono di circa 90° e che si collegano saldamente alle
strutture della poppa.
La posizione e la estensione dei bracci possono essere diverse da nave
a nave, tuttavia esse vengono stabilite considerando che le eliche:
a) devono agire a proravia del timone per migliorare i suoi effetti evo-
lutivi;
b) devono essere abbastanza distanti dalla carena per consentire il libe-
ro deflusso dell'acqua r espinta ed evitare in tal modo forti vibrazioni allo
scafo. 24
24
Le eliche aventi velocità di rotazione non superiore a 150 giri al minuto devono dista-
re non meno di 0,30 m dallo scafo, quelle con velocità di rotazione fi no a 300 giri al minuto
devono trovarsi a non meno di 0,50 m di distanza dallo scafo.
131
te costole, tuttavia, tenuto conto che esse non giacciono in piani trasversali,
sono più propriamente chiamate costole deviate.
Le costole deviate non costituiscono però una caratteristica della poppa
estrema; se ne trovano infatti anche in prossimità dell'estrema prora, dove
formano le ossature trasversali dei masconi.
I rinforzi di palpitazione sono ossature e squadre di collegamento che
si aggiungono alle normali strutture della prora e della poppa affinché que-
ste possano sop~ortare senza danno le vibrazioni connesse con le oscillazio-
ni di beccheggio. 5 A tali vibrazioni, dette di palpitazione, si aggiungono, sul-
la prora estrema, la particolare azione resistente dell'acqua e quella che può
esercitare il mare in caso di cattivo tempo, sulla poppa estrema le vibrazioni
derivanti dalla rotazione del propulsore; ben si comprende quindi la specia-
le attenzione con cui si realizza il sistema strutturale destinato a garantire
in ogni circostanza la robustezza richiesta per queste parti dello scafo. I rin-
forzi di palpitazione sono costituiti da bagli, trincarini, correnti e grosse
squadre di collegamento, esistenti al di sotto del ponte o copertino più basso.
I bagli di palpitazione si trovano all'interno dei gavoni, in corrisponden-
za di ogni seconda costola, e sono disposti in file - ordini - che distano
fra loro, dal ponte o copertina più basso e dal madiere, non più di 2,00 m
nel gavone di prora e non più di 2,50 m nel gavone di poppa.
I trincarini di palpitazione sono correnti longitudinali in lamiera conti-
nua (associata o no a profilato di rinforzo); vengono fissati sui fianchi dei
gavoni, all'altezza di ciascun ordine di bagli di palpitazione, e si estendono
dalla paratia di collisione o del pressatrecce fino alla prora o alla poppa
estrema.
Robuste squadre provvedono a collegare i bagli e i trincarini di palpita-
zione alle costole. Altre squadre collegano i trincarini di palpitazione alle
grosse traverse che rinforzano la paratia di collisione e quella del pressa-
trecce all'altezza di ciascun ordine di bagli di palpitazione, e che si estendo-
no fino a congiungersi con il più vicino di questi.
In corrispondenza della ruota di prora e del dritto di poppa i trincarini
di palpitazione di ciascun fianco si riuniscono in una sola ossatura, median-
te una squadra di collegamento - gola - che si estende in ogni ordine fino
al baglio di estremità e che viene saldamente fissata a questo e al fasciame
dei fianchi (fig. 24).
Se la parte inferiore del gavone è destinata a cisterna d'assetto, alle già
menzionate ossature di palpitazione si aggiunge una lamiera-diaframma,
ovvero una lamiera verticale disposta longitudinalmente, che divide la ci-
sterna in due parti e che rappresenta un efficace rinforzo oltreché un ele-
mento che riduce gli spostamenti del liquido in caso di rollio.
I correnti di palpitazione sono ossature longitudinali intercostali che
rinforzano i fianchi a poppavia della paratia di collisione. Sono posti in pro-
secuzione dei trincarini di palpitazione che si trovano all'interno del ga-
vone di prora, si collegano alla paratia di collisione con grosse squadre
triangolari e si estendono a giusta distanza dalla stessa. 26
25
Si chiama beccheggio il moto oscillatorio longitudinale della nave, ovvero il moto che
si manifesta come un susseguirsi di alterni innalzamenti e abbassamenti della prora e della
poppa. Da tale moto derivano alterne accelerazioni che danno luogo a vibrazioni particolar·
mente sensibili per le parti estreme (vibrazioni di palpitazione).
26
Fino a distanza pari ai 15/100 della lunghezza, da prora.
132
Il fasciame
1. Generalità
Fig. 1 - Giunti a
sovrapposizione:
a) sovrapposizione
semplice con cale di
riempimento:
b) sovrapposizione
doppia con cale
di riempimento;
c) sovrapposizione dop-
pia con scannello dei
lembi della lamiera so-
vrapposta: d) sovrappo-
e sizione semplice con
d scannello del lembo so·
e vrapposto; e) sovrappo-
a,_______,,... b sizione doppia con
scannello del contorno
dell'ossatura.
133
I giunti di testa si sviluppano nell'intervallo fra due ossature contigue;
le diverse lamiere vengono disposte in modo che le intestature situate in
uno stesso intervallo siano separate da almeno due corsi e quelle che capita-
no in due intervalli contigui siano separate da almeno un corso (fig. 2).
Ciascuna lamiera ha in generale una lunghezza non inferiore a sei inter-
valli di ossatura mentre la sua larghezza è ragionevolmente proporzionata
alla lunghezza.
Fig. 2 - Intestature
delle 1am iere del
fasciame.
3. Fasciame esterno
134
Per indicare le diverse parti che formano il fasciame esterno si può far
riferimento alla parte della nave che esse ricoprono e distinguere pertanto
fra:
• fasciame dello scafo e fasciame delle sovrastrutture;
• fasciame della parte prodiera e fasciame della parte poppiera;
• fasciame dell'opera viva e fasciame dell'opera morta;
• fasciame della prora, fasciame della poppa, fasciame della parte maestra.
Ma, risultando queste definizioni di scarsa utilità, si preferisce ricorrere
alla nomenclatura qui di seguito indicata.
Fasciame di carena: è il fasciame dell'opera viva e comprende i corsi
del fondo, i corsi dei ginocchi, i corsi della parte immersa dei fianchi.
I corsi del fondo formano nel complesso il fasciame del fondo; fra questi
si distinguono (figg. 5 e 6, cap. V):
■ il corso di chiglia: posto, come sappiamo, nella parte centrale del
fondo, e formato da una fila di lamiere aventi grossezza sensibilmente
maggiorata;
■ i corsi del torello: corsi adiacenti alla chiglia (uno sul lato dritto e uno
sul lato sinistro);
■ i corsi del controtorello: corsi adiacenti, su ciascuna parte del fondo,
al corso del torello.
I corsi dei ginocchi (fig. 6, cap. V) sono formati dalle lamiere che rico-
prono la parte di scafo che viene indicata con questo nome. Sono due, uno
sulla parte dritta e uno sulla parte sinistra dello scafo, ed hanno grossezza
maggiorata per contribuire, fra l'altro, ad assicurare un solido collegamen-
to fra le ossature del fondo e dei fianchi.
I corsi della parte immersa dei fianchi (fig. 19, cap. V) comprendono
tutti i corsi che ricoprono i fianchi fino al galleggiamento della nave a mas-
simo carico. Fra i diversi corsi che formano questa parte del fasciame, si
chiamano corsi del bagnasciuga quelli che si trovano immersi a nave carica
ed emersi a nave scarica.
Fasciame di murata: è il fasciame che ricopre le murate, ossia le parti
emerse dei fianchi (fig. 19, cap. V).
Fra i corsi di murata si distingue un corso di cinta, di grossezza maggio-
rata, che possiamo generalmente identificare con il corso avente l'orlo su-
periore all'altezza del ponte di forza. Al di sopra del corso di cinta troviamo
quindi le lamiere del parapetto (se esiste un parapetto vero e proprio); il
corso che si collega con l'orlo inferiore della cinta viene normalmente indi-
cato come corso di sottocinta.
Si può inoltre parlare di fasciame dei masconi, dei giardinetti, dello
specchio, della volta per indicare le zone del fasciame esterno che ricopro-
no, rispettivamente, i masconi, i giardinetti, lo specchio, la volta.
Quella descritta è una suddivisione che consente di indicare con suffi-
ciente approssimazione le varie parti che formano il fasciame esterno, ma
non così minuziosa da poter individuare esattamente ciascun corso e le di-
verse lamiere che lo costituiscono.
135
Per soddisfare questa esigenza non c'è di meglio che ricorrere ad una
appropriata numerazione dei corsi di fasciame e delle diverse lamiere ap•
partenenti a ciascuno di essi.
I corsi si contano, sulla parte dritta e sulla parte sinistra, a partire da
quelli adiacenti alla chiglia, e pertanto si indicherà come 1° corso, di dritta
o di sinistra, il corrispondente corso del torello; il 2° corso sarà, su ciascun
lato, il controtorello, e così di seguito fino al corso del ginocchio e al corso
di cinta.
Le diverse lamiere di ciascun corso sono invece contraddistinte con una
numerazione che, prendendo l'avvio dalla prora o dalla poppa, si sviluppa
verso poppa o verso prora. 1
Il fasciame esterno assicura l'impermeabilità della nave ma non costitui-
sce, come possiamo dedurre da precedenti considerazioni, una superficie
ininterrotta per tutta la sua estensione. Si notano infatti, sul fasciame dei
fianchi, numerose aperture la cui presenza sappiamo essere necessaria per
soddisfare diversi servizi. Ricordiamo a questo proposito che nella zona del-
l'apparato motore, all'altezza del bagnasciuga, si trovano gli scarichi di
sentina e di zavorra e gli scarichi dell'acqua che si manda in circolazione
per raffreddare il motore o per condensare il vapore.
Nella stessa zona, ma sulla parte più bassa del fianco, si trovano anche
le prese dal mare, ovvero quelle aperture attraverso le quali è possibile
aspirare acqua di mare per utilizzarla a seconda delle necessità. 2
Sui masconi abbiamo gli occhi di cubìa, a poppa troviamo la losca nella
volta e il foro della botte sul dritto (su alcune navi esiste anche un occhio
di cubìa sullo specchio per un'ancora che viene usata in circostanze del tut-
to particolari).
Scarichi per gli ombrinali sono distribuiti convenientemente lungo le
murate; oblò e finestrini sono particolarmente numerosi sulla parte supe-
riore dei fianchi delle zone destinate ad alloggi, mentre nelle stesse zone,
ma all'altezza del bagnasciuga, si notano anche gli scarichi per i locali di
igiene.
Altre aperture che si trovano sulle murate di alcune navi sono i portello-
ni per l'imbarco delle persone e delle merci, ma neppure questi influiscono
sulla impermeabilità perché protetti da mezzi di chiusura adeguati.
Barcarizzi, sfoghi d'acqua e passacavi sono le aperture esistenti sul pa-
rapetto; a differenza di tutte le altre aperture dei fianchi, queste non sono
però protette da chiusure stagne o isolate mediante apposite tubazioni, per-
ché si trovano, come sappiamo, al di sopra o al di fuori dello scafo e delle
sovrastrutture stagne.
Osserviamo tuttavia che i «regolamenti» di costruzione impongono di ri-
durre al minimo possibile il numero e le dimensioni delle aperture del fa.
sciarne. Gli stessi regolamenti vietano inoltre la presenza di aperture in cor-
rispondenza dei torelli, chiglia, parti curve dei ginocchi e nelle parti in cui
136
lo scafo presenta discontinuità strutturali. Le aperture non devono comun-
que presentare spigoli vivi ed occorre provvedere, se necessario, a ripristi-
nare la robustezza longitudinale e trasversale mediante l'applicazione di la-
miere di compensazione.
A conclusione di questa rapida rassegna osserviamo che sui due masconi
si trova sempre dipinto a grosse lettere il nome della nave, e che sullo spec-
chio o su ciascun giardinetto si può leggere il nome della nave e quello del
Compartimento Marittimo in cui essa è iscritta.
Osserviamo infine che durante le soste nei porti e nelle rade, gli scarichi
che ostacolano le operazioni di imbarco e sbarco delle persone e delle merci
vengono protetti con pesanti coperture di legno che si chiamano canalette,
se non esistono appositi tubi, applicati permanentemente al fasciame, che
convogliano i liquidi direttamente sotto il livello del mare.
a b e
3 Ricordiamo che nelle piccole navi sì possono trovare anche ponti in legno. In tal caso
il fasciame è costituito da file longitudinali di tavole di pino, pitch-pìne, teak, aventi larghezza
normale non superiore a 150 mm e grossezza oscillante fra 50 e 80 mm. Corde e trincarini
dei ponti resistenti devono però essere in lamiera anche se il fasciame è di legno.
137
lizzare il collegamento diretto con il corso di trincarino, ma offrono anche
un sensibile irrobustimento contro le sollecitazioni flettenti.
Anche i corsi delle corde si collegano alle mastre dei boccaporti median-
te angolare di rinforzo. In tal modo viene assicurata la tenuta stagna e la
necessaria robustezza in una zona che la presenza di grandi aperture (boc-
caporti) rende particolarmente sensibile alle sollecitazioni.
Qualche volta il fasciame metallico dei ponti è rivestito con un controfa-
sciame in legno4 o con altro materiale isolante e antisdrucciolevole.
Il controfasciame in legno, oltre che migliorare le condizioni di abitabili-
tà degli ambienti sottostanti, costituisce un rinforzo per il ponte; pertanto
la sua presenza consente di ridurre convenientemente la grossezza del fa-
sciame metallico.
I lavori di installazione del controfasciame presentano però non poche
difficoltà perché deve essere assicurata l'assoluta impermeabilità dei colle-
gamenti, che si effettuano solitamente mediante bulloni a dado o maschi fi-
lettati saldati di testa alle parti metalliche (fig. 4), e dei comenti che separa-
no una tavola dall'altra.
Per evitare questi inconvenienti il fasciame dei ponti di molte navi mo-
derne viene rivestito con materiali - intonaci da ponte - che non solo sono
isolanti e antisdrucciolevoli, ma sono anche anticorrosivi, incombustibili e
più leggeri del legno.
Contro/asciami e rivestimenti non si estendono normalmente per tutta
la larghezza del ponte; esiste infatti sulle parti laterali una striscia di metal-
lo nudo - canaletta-, delimitata dall'angolare di trincarino e da un con-
troangolare ad esso parallelo, nella quale si raccoglie l'acqua piovana o di
mare che defluisce poi fuoribordo o sui ponti sottostanti attraverso gli om-
brinali che su di essa trovano posto (fig. 5).
Flg. 5 - Canaletta
di un ponta
controlasciato:
1) controfasciame :
2) canaletta.
4
Solitamente si tratta di tavole di teak aventi caratteristiche uguali a quelle del fascia-
me in legno.
138
,, delle catene, ma l'impermeabiliti\ non risulta compromessa pecché ciascuna
apertura è protetta con chiusure stagne o isolata da tubi comunicanti sol-
tanto con l'esterno. 5
Flg. 6 - Paratie
corrugate:
1) paratia longitudinale;
2) paratia trasversale:
3) fasciame del fondo:
4) paramezzale laterale;
.___ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __, 5) montante rinforzato.
5 Anche per le aperture nel fasciarne dei ponti sussistono limitazioni per quanto riguarda
139
piego di telai di angolari che si applicano lungo la periferia del fasciame di
paratia.
Anche nelle paratie stagne si trovano, sia pure ridotte al minimo stret-
tamente indispensabile e provviste di appositi sistemi di chiusura, alcune
aperture per il passaggio di persone, trasmissioni meccaniche, tubazioni
ecc.
Le paratie terminali delle sovrastrutture incomplete sono interrotte an-
che da oblò, finestrini e porte per accedere nei locali che esse racchiudono,
ma in nessun caso viene a mancare l'impermeabilità perché ciascuna aper-
tura è protetta da porta o portellino stagno o con altro sistema che garanti-
sca una perfetta tenuta.
6. Fasciame interno
140
J
La robustezza
delle navi
CAPITOLO
1. Generalità
Già sappiamo che una nave deve essere abbastanza robusta da poter re-
sistere a tutti gli sforzi cui essa è sottoposta durante il suo esercizio; sappia-
mo anche che ad assicurare la necessaria robustezza provvede un sistema
strutturale formato da numerose ossature e completato dai fasciami che le
ricoprono, ma, tenuto conto dell'importanza che la robustezza riveste per
la nave, non si può non cercare di approfondire le considerazioni che ad
essa si riferiscono.
A tale scopo ricordiamo innanzitutto che il sistema strutturale della
nave comprende ossature variamente disposte e opportunamente collegate
fra loro. Ricordiamo inoltre che, avendo presente la loro disposizione, le os-
sature si dividono in ossature longitudinali, ossature trasversali, ossature
verticali e che si chiamano rinforzi locali tutte quelle ossature che, comun-
que disposte, sono utilizzate per irrobustire alcune zone ben delimitate o
per rinforzare i collegamenti fra elementi strutturali di tipo diverso.
Premesso che gli sforzi cui deve complessivamente resistere il sistema
strutturale si distinguono in:
sforzi longitudinali,
- sforzi trasversali,
- sforzi locali,
rileviamo che:
• le ossature longitudinali sono particolarmente destinate a svolgere una
efficace azione di resistenza alle sollecitazioni derivanti da sforzi longitu-
dinali;
• le ossature trasversali svolgono la stessa azione nei riguardi delle solleci-
tazioni derivanti da sforzi trasversali;
• le ossature verticali e i rinforzi locali sono specificamente destinati a resi-
stere alle sollecitazioni che si generano in alcune zone per l'esistenza di
sforzi particolari ad esse circoscritti (sforzi locali); le ossature verticali sono
però solitamente incorporate nel sistema strutturale formato dalle ossatu-
re trasversali e longitudinali e concorrono quindi alla robustezza generale
della nave.
L'esistenza di sforzi longitudinali, trasversali, locali, si spiega con gli
squilibri che si registrano fra i diversi sistemi di forze che agiscono sulla
nave già durante la sua costruzione e nelle variabili condizioni in cui essa
svolge il suo esercizio.
Gli sforzi longitudinali sono dovuti agli squilibri che possono veri-
141
ficarsi nella distribuzione dei pesi e delle spinte nei diversi punti della lun-
ghezza. Questi squilibri si verificano anche in acqua calma, a causa della ir-
regolare concentrazione dei pesi propri della nave e dei pesi che costituisco-
no il suo carico, ma possono raggiungere valori molto elevati quando la
nave galleggia in acque agitate o si trova incagliata.
In conseguenza di ciò, nonostante la presenza di un valido sistema di os-
sature longitudinali, la nave è soggetta a deformazioni che si chiamano
inarcamenti se si manifestano come un innalzamento della sua parte cen-
trale rispetto alle parti estreme, insellamenti nel caso opposto (fig. 1).
a b
1
Ci si riferisce ovviamente al bacino di carenaggio, ovvero a una grande conca scavata
nella terraferma o a un grande galleggiante che consente di mettere la nave all'asciutto (a
secco).
2 Le oscillazioni trasversali danno luogo a quel moto oscillatorio della nave che è comu-
nementt definito rollio.
142
nella parte superiore dei fianchi. Da queste forze deriva un'alterna tenden-
za a modificare, ora in un senso ora nell'altro, l'angolo formato tra i fianchi
e i ponti, con conseguenti notevoli sollecitazioni sugli elementi che collega-
no le loro ossature.
Con nave in bacino si verifica , come si può facilmente intuire, un sensibi-
le squilibrio fra i sistemi di forze agenti rispettivamente nelle parti che pog-
giano sulle taccate3 e nelle parti che non possono contare su alcun soste-
gno. Gli sforzi che ne derivano tendono a produrre deformazioni pericolose
ed è proprio per ridurli entro limiti di tollerabilità che si provvede alla pun-
tellatura esterna dello scafo per tutto il tempo in cui la nave viene privata
della sua galleggiabilità. In caso di incaglio si verificano fenomeni analoghi,
ma le loro conseguenze sono meno temibili, sia perché gli squilibri che fan-
no insorgere gli sforzi considerati interessano soltanto una zona limitata
del fondo, sia perché la spinta dell'acqua non viene a mancare del tutto nel-
le parti sospese, come accade invece nel caso di nave in bacino.
Gli sforzi locali sono caratteristici di alcune zone limitate dove risulta-
no volutamente o accidentalmente concentrati carichi rilevanti. Fra le cau-
se che determinano rilevanti sforzi locali ricordiamo la presenza di grossi
pesi su parti poco estese dei ponti e del fondo, l'azione dei cuscinetti reggi-
spinta, 4 il peso e le vibrazioni delle macchine in genere e della macchina di
propulsione in particolare, una eventuale reazione d'incaglio ecc.
È evidente che la conoscenza degli sforzi cui sono sottoposte le diverse
parti che costituiscono la nave è necessaria per determinare le sollecitazio-
ni che da essi derivano e la resistenza che devono offrire le ossature e i fa-
sciami affinché si possa escludere qualsiasi pericolo di rottura.
La determinazione delle caratteristiche delle ossature e dei fasciami ri-
guarda lo studio della robustezza delle navi.
Non ci soffermeremo su questo argomento che si presenta irto di diffi-
coltà ma, tenuto conto della crescente importanza assunta in questi ultimi
anni dallo studio della robustezza longitudinale e degli obblighi che da essa
derivano anche per il navigante, riteniamo opportuno fornire qualche indi-
cazione almeno su questa parte del problema generale che riguarda la robu-
stezza delle navi. A tale scopo illustriamo qui di seguito la procedura da se-
guire per calcolare le sollecitazioni cui una nave può essere sottoposta in
acqua calma.
2. Robustezza longitudinale
3
Grossi blocchi, disposti in una o più file longitudinali, sui quali si appoggia il fondo della
nave.
4
Dispositivo destinato a trasmettere alla nave la spinta longitudinale che viene dal pro-
pulsore.
143
cui esiste uno squilibrio di forze, ma costituiscono, nel loro insieme, un si-
stema particolarmente studiato per resistere alle sollecitazioni derivanti
dagli sforzi di taglio e dai momenti flettenti cui è sottoposto lo scafo.
L'esistenza di sforzi di taglio e di momenti flettenti si spiega facilmen-
te quando si ricordi che lo scafo si comporta come una trave a struttura tu-
bolare diaframmata e che, pur essendo il peso totale della nave uguale alla
spinta che la sostiene, possono sempre verificarsi squilibri locali fra pesi e
spinte a causa della particolare forma della carena e della irregolare distri-
buzione dei pesi che costituiscono la nave e il suo carico (ci si riferisce ovvia-
mente alla distribuzione in senso longitudinale).
Ricordiamo che la determinazione degli sforzi di taglio e dei momenti
flettenti consente di stabilire la resistenza che devono offrire le strutture
longitudinali ed è richiesta dal R.I.Na per l'approvazione dei principali dise-
gni strutturali. I relativi calcoli devono quindi essere eseguiti dal cantiere
costruttore per ogni realistica condizione di carico e di zavorra in cui la
nave può trovarsi durante il suo esercizio.
Non mancano sistemi approssimati mediante i quali si può rapidamente
calcolare il momento flettente massimo e rileviamo che in sede di progetto
si usa talvolta la formula:
M = P. L
K
dove: M = momento flettente massimo in kN/m;
P = peso della nave in kN;
L = lunghezza dello scafo in corrispondenza del galleggiamento, 5
espressa in m;
K = coefficiente che varia, a seconda dei tipi di navi e delle loro con-
dizioni di carico, da 22 a 36.
Anche gli sforzi di taglio possono essere determinati con formule ap-
prossimate. Osserviamo per esempio che, attribuendo a P e a K i significati
precedentemente indicati, lo sforzo di taglio massimo (T) in kN può essere
dedotto dalla relazione:
7[ p
T = ---
K
Per una sicura conoscenza degli sforzi di taglio e dei momenti flettenti
alle diverse sezioni trasversali è però necessario seguire una procedura di
calcolo che si basa sulla preventiva determinazione dei diagrammi dei pesi
e delle spinte (fig. 2).
Volendo accennarvi brevemente, cominciamo con il precisare che, divisa
la nave in diverse parti nel senso della lunghezza, si considerano separata-
mente i due sistemi di forze costituiti dai pesi e dalle spinte che ad esse si
riferiscono.
5
Per la definizione della lunghezza L vedi cap. VIII, par. 1.
144
Noti i pesi e le spinte agenti su alcune zone di lunghezza unitaria, si può
costruire un diagramma dei pesi e un diagramma delle spinte aventi per
ascisse l'asse della trave-nave e per ordinate i pesi e le spinte, rispettiva-
mente, in kN/m. 6
Dalla somma algebrica dei diagrammi dei pesi e delle spinte si ricava il
diagramma dei carichi (anch'essi espressi in kN/m), diagramma che dovrà
avere area e momento statico nulli rispetto ad una retta verticale qualsiasi
(fig. 2).
diagr.dei pes
6 Si attribuisce segno positivo ai pesi, che vengono perciò riportati al di sopra dell'asse
delle ascisse, segno negativo alle spinte; per l'equilibrio dei due sistemi i due diagrammi devo-
no avere la stessa area e i rispettivi baricentri devono trovarsi sulla stessa verticale.
145
Fig. 3 ·
Diagrammi degli
sforzi di taglio e dei
momenti flettenti:
nella sezione di ascissa
x sarà p, il carico,
or" M, il momento
flettente, oz=T,
lo sforzo di taglio; X
Tmas " sforzo di
taglio massimo;
Mmas " momento
flettente massimo.
delle ascisse fino al punto di ascissa crescente x), si perviene alla costruzio-
ne del diagramma dei momenti flettenti (fig. 3).
Osservando la figura 3 si nota che lo sforzo di taglio è massimo in corri-
spondenza delle sezioni trasversali situate a un quarto circa della lunghezza
da prora e da poppa, mentre il massimo valore del momento flettente si re-
gistra in prossimità della sezione maestra (metà lunghezza della
trave-nave).
Si tenga presente che lo sforzo di taglio (T) indica l'intensità delle solle-
citazioni verticali tangenziali che tendono a far scorrere la sezione conside-
rata verso l'alto o verso il basso a seconda che sia T positivo o negativo. 7
Il valore del momento flettente (M) indica invece la tendenza della sezio-
ne considerata a ruotare attorno all'asse neutro, allontanandosi in alto o in
basso dalla sezione contigua successiva a seconda che sia M positivo (mo-
mento inarcante) o negativo (momento insellante).
L'esistenza di un momento flettente nella sezione considerata genera
delle sollecitazioni longitudinali di trazione e compressione. Nel caso di mo-
mento inarcante si hanno sollecitazioni di trazione nella parte situata al di
sopra dell'asse neutro e sollecitazioni di compressione nella parte situata
al di sotto di tale asse; se il momento è insellante si registrano le sollecita-
zioni opposte.
La conoscenza degli sforzi di taglio Te dei momenti flettenti M consente
di determinare le sollecitazioni che essi generano nelle varie sezioni tra-
sversali della nave.
7
Gli sforzi di taglio e i momenti flettenti si considerano positivi se nei rispettivi dia-
grammi sono rappresentati al di sopra dell'asse delle ascisse, negativi nel caso contrario.
146
Le sollecitazione verticali tangenziali generate dallo sforzo di taglio in
un punto della sezione di ascissa x situato a distanza z dall'asse neutro si
ricavano dalla relazione:
•xz =
Mx· z
O xz =
Jx
nelle quali:
T x è lo sforzo di taglio nella sezione di ascissa x;
z è l'ordinata del punto che si considera nella sezione di ascissa x, nell'in-
tesa che l'asse delle ascisse coincida con l'asse neutro della trave-nave;
Sxz è il momento statico della parte di sezione che si trova al di sopra
dell'ordinata z, rispetto all'asse neutro; 8
J x è il momento d'inerzia baricentrico della sezione di ascissa x; 9
lxz è la larghezza della sezione in corrispondenza dell'ordinata z;
Mx è il momento flettente nella sezione di ascissa x.
z
si potrà scrivere:
8
Momento statico di una superficie rispetto a un asse è il prodotto della superficie per
la distanza del suo baricentro dall'asse stesso.
9
Momento d'inerzia baricentrico di una superficie è il momento d'inerzia della superficie
rispetto ad un asse passante per il suo baricentro (asse baricentrico longitudinale nel caso con-
siderato).
147
sono massime in corrispondenza dell'asse neutro perché per z ""O è massi-
mo il momento Sxz·
Le sollecitazioni di trazione e compressione longitudinale sono nulle nei
punti in cui è z"" O e raggiungono il massimo valore in corrispondenza dei
valori massimi di z. Deriva da ciò che i momenti flettenti producono le mas-
sime sollecitazioni sul ponte di forza e sul fondo dello scafo.
La verifica delle sollecitazioni tangenziali può anche essere limitata alle
sole sezioni trasversali situate a 1/ 4 della lunghezza da prua e da poppa
perché è proprio in corrispondenza di queste sezioni che tali sollecitazioni
assumono i massimi valori; per le stesse ragioni si può limitare la verifica
delle sollecitazioni longitudinali di trazione e compressione alla sola sezione
maestra. La sezione maestra viene normalmente definita sezione resisten-
te, visto che deve resistere alle sollecitazioni più intense, ma non dobbiamo
ignorare che questa definizione può essere applicata a qualsiasi sezione tra-
sversale delle strutture resistenti longitudinali che costituiscono la trave-
nave (fig. 4).
La verifica più importante è quella che si riferisce alle massime solleci-
tazioni longitudinali di trazione e compressione. Vediamo quindi come tale
verifica può essere effettuata per il ponte e il fondo della sezione resistente
(sezione maestra).
13.300
- 1 ---- -- -- ---
24 00
Fig. 4 • Sezione
maestra resistente
(nave del tipo 0B0
con scafo a struttura
longitudinale).
si rileva che le sollecitazioni agenti sul ponte e sul fondo possono essere cal-
colate quando siano noti il momento flettente della sezione resistente e i
momenti resistenti di questa rispetto ai punti considerati.
Se indichiamo con crP e or le sollecitazioni del ponte e del fondo, con
148
zP e Zr le distanze del ponte e del fondo dall'asse neutro della sezione, con
WP e Wf i momenti resistenti rispetto al ponte e al fondo, possiamo scrive-
re le relazioni:
J
e Wr = - -
Zf
dove Lad è la somma dei prodotti delle aree a dei singoli ferri per le distan-
ze d dei baricentri di ciascuna di esse dall'asse di riferimento (somma dei
singoli momenti statici), mentre A è l'area totale degli stessi ferri.
Per calcolare il momento d'inerzia baricentrico (J) della sezione si deter-
mina il momento d'inerzia proprio (i) di ciascun ferro e il prodotto della sua
area (a) per il quadrato della distanza (d) fra il suo baricentro e l'asse di rife-
rimento. La somma dei momenti d'inerzia propri dei singoli ferri (r.i) più
la somma dei suddetti prodotti (Lad 2 ) fornisce il momento d'inerzia (Jar)
della sezione resistente rispetto all'asse di riferimento, cioè:
Jar = :Ei + Ead 2
Noto il valore di Jar si passa infine al momento d'inerzia baricentrico
(J) della sezione con relazione:
J = Jar - A Za/
IO Linea di costruzione.
149
...,.,
Elementi geometrici
dello scafo
1. Dimensioni principali
. - - - 1 - - - - - - - - - - - - - L 11 - - - - - < - - - - - - - - - - - - - - - - - + -
l-_;___ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _- - - ; - - - - Lg---------------t
L-----.--------------------t
151
pend'icolare avanti (Pa,,), l'altra coincide con l'asse di rotazione del timone
o, se esiste un vero e proprio dritto del timone, passa per il punto d'interse-
zione fra il galleggiamento a massimo carico e la faccia poppiera del dritto
del timone e si chiama perpendicolare addietro (Pad),
I
~ linea ,etta del baotlo
-
TB.L.
I
I
D
I
I
T
Fig. 2 - Elementi I
geometrici dello scafo:
B = larghezza;
D = altezza I
di costruzione;
T = immersione; •• \... I
B. L. = bordo libero. ... B
I
I
L'altezza o altezza di costruzione (D) viene indicata con una definizione
che può risultare comprensibile soltanto dopo aver chiarito il significato di
linea di costruzione e di linea retta del baglio (fig. 2).
Osserviamo quindi che si chiama linea di costruzione (LdC) la linea de-
terminata dall'intersezione del piano diametrale con la superficie fuori os-
satura del fondo e che la linea retta del baglio è la retta passante per i punti
d'intersezione fra il profilo superiore del baglio e la superficie fuori ossatu-
ra dei fianchi.
Ciò premesso, precisiamo che l'altezza di costruzione è la distanza verti-
cale, misurata a metà della lunghezza L, fra la linea di costruzione e la linea
retta del baglio del ponte di coperta, 2 ossia del più alto ponte continuo.
2 Nelle navi con cinta e profilo curvilineo si può assumere come retta del baglio la retta
passante per la linea determinata dall'intersezione fra il prolungamento a murata della super-
ficie inferiore della parte piana del trincarino ed il prolungamento in alto della parte piana
della superficie interna della lamiera di cinta.
La distanza verticale, misurata nel piano diametrale e a metà della lunghezza L, fra la fac-
cia superiore del madiere e la faccia superiore del baglio del ponte di coperta, si chiama
puntale.
152
Lunghezza, larghezza e altezza dello scafo non devono essere considera-
te come elementi del tutto indipendenti l'uno dall'altro poiché dal loro pro-
porzionamento dipendono importanti caratteristiche della nave.
Pur senza diffonderci in particolari rileviamo infatti che i rapporti L IB ,
L/D, DIB influiscono sulla robustezza generale dello scafo e sulle sue quali-
tà nautiche. Il rapporto LID non è mai superiore a 14 (in pratica oscilla fra
7 e 14) per non compromettere la robustezza longitudinale; il rapporto DIB
è importante per la stabilità e non scende mai al di sotto di 0,5 (normalmen-
te varia da 0,55 a 0,70); il rapporto L /B è normalmente compreso fra 6 e
1Oper assicurare alla nave soddisfacenti condizioni di stabilità e manovra-
bilità senza influire negativamente sulla velocità.
2. Immersioni e pescaggi
3
Se non esiste dritto del timone le Iad sono segnate sulla volta, in corrispondenza del-
l'asse di rotazione del timone e, più sotto, sul dritto dell'elica.
4
L'altezza sulla linea di sottochiglia è indicata dalla base del numero.
153
b
Iav + Iad . 2 .
Ciò. equivale a togliere dalla relazione ~~----'- 1 - della freccia f
2 3
5
Con un minimo di esperienza si valutano a occhio le frazioni di decimetro (centimetri)
o di piede (pollici) fra il pelo dell'acqua e la base del numero.
154
La freccia/ d'inarcamento o d'insellamento risulta determinata, rispet-
tivamente, dalle relazioni:
f =
6
Vedasi paragrafo 3 di questo stesso capitolo.
7
Questa procedura può rivelarsi utile anche per i pescaggi estremi, e particolarmente
per quelli di poppa, se la nave è sensibilmente inclinata.
8
Il dislocamento unitario è la massa del carico che si deve imbarcare o sbarcare per far
aumentare o diminuire il pescaggio medio di un centimetro o di un pollice (2,54 mm).
Il momento unitario d'assetto è il momento (determinato dallo spostamento di un peso p
per una distanza longitudinale x) capace di far variare l'assetto longitudinale di un centimetro
o di un pollice (2,54 mm).
155
Fig. 6 - Scala
delle portate. SCALA DELLE PORTATE
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156
Osserviamo che dalla scala delle portate si ricava la portata lorda, ovve-
ro la massa di tutto ciò che è stato imbarcato sulla nave per farle assumere
il pescaggio medio I m che viene rilevato attraverso la lettura delle scale
dei pescaggi.
Nota la portata lorda si ricava il valore del carico utile esistente a bordo
- portata netta - deducendo da essa la massa del combustibile, dell'olio
lubrificante, dell'acqua e di tutto ciò che non può essere eliminato e che vie-
ne genericamente compreso sotto la voce pesi morti. 9
La portata massima di una nave è la portata relativa al più alto galleg-
giamento consentitole; viene frequentemente indicata con il termine ingle-
se Deadweight e con il simbolo D WT, e costituisce un elemento di fonda-
mentale importanza per le navi da carico.
3. Bordo libero
9
Pesi morti sono, per esempio, i residui della zavorra, le provviste di bordo, l'equipaggio
e i suoi bagagli, i numerosi oggetti che si accumulano a bordo con il passare degli anni.
10
Allagamenti derivanti da falla in carena, acqua sui ponti scoperti in caso di cattivo
tempo ecc.
157
stabilito per le navi di ogni tipo:
• il bordo libero tropicale;
• il bordo libero invernale;
• il bordo libero invernale nel nord Atlantico.
11
Le zone tropicali previste dalle regole del bordo libero non coincidono con quelle geo-
grafiche.
12
Per le navi a vela nqn sono previste riduzioni né aumenti di b.l. per la navigazione in
acque tropicali o invernali. E però prescritta una maggiorazione di b.l. di 75 mm per la naviga-
zione invernale nel nord Atlantico.
158
··· · - · · ·
scono le marche di bordo libero e comprendono (fig. 7): 1
Fig. 8 • Scalo a
murate rientranti:
D = altezza di
costruzione;
B = larghezza;
T = immersione:
R = rientrata;
SI = stellatura.
159
La linea di inse1latura è generalmente curva con la concavità rivolta
verso l'alto (fig. 9); si considera regolamentare se è costituita da due rami
parabolici aventi il vertice comune a metà della lunghezza L ed i cui
rialzamenti 13 rispetto alla retta orizzontale ad essa tangente hanno i valo-
ri definiti, in millimetri, dalla seguente tabella:
I
I
~
Fig. 9 - Linea
di insellatura.
Per valutare le forme dello scafo in una zona qualsiasi della prora, della
poppa o della parte maestra, si può ricorrere ad alcuni elementi che stabili-
13
I rialzamenti si chiamano anche quote di insellatur a o semplicemente insellatura.
160
scono, con geometrica precisione, il profilo esterno di ciascuna ordi-
nata.
Tra questi elementi si chiama stellatura quello che definisce il profilo del
fondo, svasatura e rientrata quelli che definiscono il profilo dei fianchi del-
lo scafo.
La stellatura (fig. 8) è l'angolo che la semiretta tangente all'ordinata
e passante per la linea di costruzione, forma con il piano orizzontale conte-
nente tale linea. Un elevato valore della stellatura significa forme molto af-
finate nella sezione trasversale che si considera. Questa condizione è carat-
teristica della prua e della poppa che vengono perciò indicate come le parti
stellate dello scafo. Nella parte maestra si hanno normalmente forme piene
e pertanto la stellatura è ridotta a valori molto piccoli o addirittura nulli,
come accade per la generalità delle navi medie e grandi.
La svasatura è misurata dalla distanza fra la retta verticale passante
per il profilo esterno dell'ordinata in corrispondenza del ponte di coperta,
e la retta verticale condotta per il punto in cui tale profilo incontra il galleg-
giamento di massimo carico (fig. 10). Di solito la svasatura è nulla per
Fig. 10 • Scalo a
murate svasate
S = svasatura;
B = larghezza:
D = altezza di costru-
zione:
T = immersione:
bz = bolzone del baglio
tutta la parte maestra e assume valori sensibili soltanto nella zona di estre-
mità della prora. Verificandosi queste condizioni si dice che lo scafo è a mu-
rate vertico,lì, mentre si dicono a murate svasnte quegli scafi che presenta-
no una sensibile svasatura anche nella parte maestra.
La rientrata (fig. 8) è, in un certo senso, un elemento che rivela la pre-
senza di condizioni opposte a quelle determinate dalla svasatura. Si chiama
infatti rientrata la distanza che, in ogni sezione trasversale, separa le verti-
cali condotte tangenzialmente al profilo esterno dell'ordinata, nel punto in
cui questa assume la massima larghezza, e in corrispondenza del ponte di
coperta.
Scafo a murate rientr ate è pertanto uno scafo la cui larghezza al ponte
di coperta è minore di quella che si può riscontrare in un punto qualsiasi
della sottostante opera morta o della carena, perché i fianchi hanno un pro-
filo che li porta ad avvicinarsi nella loro parte superiore.
161
'
•
m • '••'-
.. '.'
CARATTERISTICHE PRINCIPALI
..
·'
La maggiore o minore finezza delle forme della carena può essere com-
plessivamente indicata mediante un numero - coefficiente di finezza to-
tale - che esprime il valore del rapporto fra il volume della carena CV) e
il volume del parallelepipedo avente per lati la lunghezza al galleggiamento
Lg, la larghezza B e l'immersione T della nave.
Cioè, indicato con <P il coefficiente di finezza totale, sarà:
V
<P = Lg B T
Normalmente il valore di <P è compreso fra 0,45 e 0,80; i valori più eleva-
ti sono caratteristici delle navi con scafo a forme piene (navi da carico e
navi cisterna in particolare), quelli più bassi si riscontrano in navi dalle for-
me molto affinate (navi militari e navi passeggeri).
Il coefficiente di finezza totale non è il solo coefficiente dal quale si pos-
sono trarre indicazioni utili sulle forme della carena, ma è indubbiamente
il più importante perché rivela la maggiore o minore attitudine della nave
a sviluppare velocità elevate e influisce sulla determinazione del bordo
libero.
Altri coefficienti che vengono maggiormente considerati sono:
• coefficiente di finezza dell'area di galleggiamento: rapporto fra l'a-
rea della figura di galleggiamento e l'area del rettangolo di lunghezza Lg
e larghezza B nel quale essa si considera iscritta;
• coefficiente di finezza della sezione maestra immersa: rapporto fra
l'area della parte immersa della sezione maestra e l'area del rettangolo ad
essa circoscritto avente per lati la larghezza B e l'immersione T;
• coefficiente di finezza del piano di deriva: rapporto fra l'area della
parte immersa del piano diametrale (piano di deriva) e l'area del rettangolo
circoscritto avente per lati la lunghezza Lg e l'immersione T.
164
Tonnellaggio
1. Generalità
165
SL=(0,2+0,02 lg10 V) V
dove V è il volume totale, misurato entro fasciame ed espresso in m 3 , di
tutti gli spazi chiusi.
La stazza netta SN (simbolo internazionale NT) viene invece calcolata,
per tutte le navi, con la formula seguente: 2
2
SN=(◊,2+0,02lg10Vc)Vc
4 -d) + 1,25 (SL + 10 000)
- ( Ni+-
N2)
(-3 D
-- --
10 000
--
10
3
è il volume totale, in m , degli spazi per il carico;
è l'immersione massima consentita;
è l'altezza al ponte di coperta;
è il numero dei passeggeri in cabine con non più di 8 letti;
è il numero degli altri passeggeri.
Stazza lorda e stazza netta costituiscono elementi di notevole importan-
za; il loro valore, infatti, non indica soltanto la consistenza complessiva del-
la nave e la sua capacità di utilizzazione, ma viene assunto, in molti casi,
come un parametro cui si fa riferimento per stabilire l'obbligo di osservan-
za di precise norme di carattere giuridico.
A titolo d'esempio ricordiamo che in base alla stazza lorda vengono sta-
biliti i titoli professionali necessari per comandare le navi, le tabelle di ar-
3
mamento, gli obblighi derivanti dalle norme per la sicurezza delle navi e
della vita umana in mare, le tariffe per il pilotaggio, il rimorchio e l'ormeg-
gio, i premi di assicurazione ecc.
Sulla stazza netta si calcolano invece le tasse marittime, i diritti sanita-
ri, i diritti per il transito nei canali navigabili ecc.
2
Il primo termine della somma non deve essere preso inferiore a 0,25 SL; il fattore
4 d)2
(3 D non deve essere preso maggiore di 1; la SN non deve essere presa in nessun caso
inferiore a 0,30 SL.
:J La tabella di armamento è una tabella che fissa il numero e la composizione dell'equi-
paggio.
166
•
I cavi
1. Generalità
1
Corda e fune sono termini rigorosamente esclusi dal vocabolario marinaresco. Abba-
stanza usato è invece il termine cordame per indicare l'insieme dei cavi esistenti a bordo.
2
A titolo di esempio ricordiamo i cavi di rame in uso per le antenne delle stazioni radio-
telegrafiche e radiotelefoniche.
3
I piccoli cavi di fibra sono frequentemente indicati come cime (cima è in rec1ltà una
estremità del cavo e pertanto viene indicata una parte per il tutto).
167
si chiama stigliatura e che viene eseguita dopo un'appropriata fase di
essiccamento della pianta tagliata e un successivo processo di macera-
zione;
il cocco: fibra ricavata da un adeguato trattamento dei filamenti intrec-
ciati che avvolgono la corteccia delle noci di cocco, ossia dei frutti prodotti
da un tipo di palma da cocco che si coltiva nelle regioni tropicali;
la manilla: fibra che si estrae dalle foglie dei banani, piante erbacee col-
tivate nelle regioni calde del!' Africa, dell'Asia e del!' America, per i loro
frutti;
il sisal: fibra estratta dalle foglie di alcune specie di agave, ossia di pian-
te che si coltivano prevalentemente nelle regioni calde dell'America (Messi-
co e Stati Uniti), in Africa orientale e a Giava.
Osserviamo però che è la manilla la fibra che veniva normalmente usata
per la formazione dei cavi vegetali destinati alla marineria, perché possie-
de, in misura soddisfacente, tutte quelle caratteristiche che assicurano al
cavo resistenza, maneggevolezza e durata.
I cavi di manilla hanno infatti una soddisfacente resistenza alla trazio-
ne e una sufficiente elasticità, sono maneggevoli perché leggeri e flessibili,
non risentono dell'azione dell'acqua 4 e sono abbastanza resistenti al-
l'usura.
I cavi di canapa hanno una resistenza alla trazione maggiore di quelli
di manilla, ma si deteriorano facilmente a causa dell'umidità. Per evitare
questo inconveniente i cavi di marina vengono sottoposti a un adeguato
processo di catramatura. Ciò comporta una riduzione della resistenza alla
trazione a livello di poco superiore a quello dei cavi di manilla e un generale
irrigidimento che riduce la maneggevolezza. Aggiungiamo a tutto questo
il maggior peso e la minore elasticità dei cavi di canapa rispetto a quelli di
manilla ed appariranno ben chiare le ragioni che hanno determinato in pas-
sato una larghissima diffusione di questi ultimi.
I cavi di cocco resistono bene all'umidità e sono anche più leggeri, più
flessibili e più elastici dei cavi di manilla. La loro resistenza alla trazione
non supera però il 75% della resistenza dei cavi di manilla di uguale circon-
ferenza; ciò sconsiglia l'impiego dei cavi di cocco nei casi ordinari. Sulle
navi, infatti, si trovava generalmente un solo grossissimo cavo formato con
questo tipo di fibra, cavo che veniva utilizzato soprattutto perché le sue doti
di elasticità gli consentono di assorbire, senza spezzarsi, sollecitazioni in-
tense e repentine.
I cam: di sisal sopportano molto bene l'umidità e hanno anche una buona
resistenza alla trazione (pressoché uguale a quella della manilla), ma sono
piuttosto rigidi e pertanto il loro impiego è normalmente limitato alla for-
mazione di piccoli cavi prevalentemente usati dalle navi da pesca. 6
4
Il cavo di manilla è anzi più resistente quando è bagnato; per assicurarne la durata
deve però essere asciugato prima di immagazzinarlo ed essere conservato in ambiente arieg-
giato e asciutto.
s Anche i cavi di cocco possono essere utilizzati nelle attività pescherecce.
168
I cavi sintetici. La produzione di fibre sintetiche ha avuto inizio nel lon-
tano 1935, ma soltanto negli ultimi decenni si è largamente diffuso l'impie-
go dei cavi che con esse vengono formati. L'industria chimica produce nu-
merosi tipi di fibre con le quali si realizzano cavi che, pur differenziandosi
fra loro, presentano, rispetto ai cavi vegetali, i seguenti vantaggi:
maggiore resistenza alla trazione;
maggiore leggerezza;
maggiore flessibilità;
maggiore elasticità;
maggiore resistenza all'usura.
I cavi sintetici, inoltre, sono praticamente insensibili all'umidità, non as-
sorbono acqua, sono inattaccabili dalle muffe e resistono ottimamente agli
agenti chimici. Unico inconveniente di questi cavi è il potevo]e allungamen-
to che essi subiscono quando sono sotto carico. Le fibre sintetiche sono pro-
dotte mediante trasformazioni chimiche che si possono realizzare partendo
da sostanze diverse e seguendo diversi processi di fabbricazione. Le più
usate per la costruzione dei cavi sono il nylon e il perlon, 6 ma non dobbia-
mo ignorare che si possono trovare fra il cordame di bordo anche cavi di
dacron, di terylene, di movil, di meraklon e di altre fibre sintetiche aventi
caratteristiche analoghe. 7
I cavi misti. Sono solitamente costituiti da fibre vegetali e fibre sinteti-
che o da fibre vegetali e fili d'acciaio che, opportunamente intrecciati fra
loro, formano un complesso caratterizzato da notevoli doti di resistenza,
elasticità e maneggevolezza.
6
Nylon e perlon sono fibre poliammidiche, ovvero fibre che si producono per reazione
tra molecole di diammine e molecole di acidi bibasici.
Per avere il nylon o il perlon si fanno reagire, con diverso procedimento, l'esametilen-
diammina e l'acido adipico, sostanze che si ottengono generalmente partendo dal fenolo.
7
Dacron e terylene sono fibre poliestere che si ottengono partendo dal glicole etilenico;
il movil è una fibra polivinilica che si ricava dal cloruro di vinile; il meraklon è una fibra poli-
propilenica ricavata dal propilene.
169
Fig. 1 ja sinistra) -
Cavo piano
di libra vegetale
a tre legnoli.
Fig. 2 (a destra) -
Cavo piano
di libra vegetale
a quattro legnoli
e anima (A) . .___ _ _ _ _ _ _ _ _ ___,
di fibra che prendono questa denominazione dopo aver subìto una appro-
priata torsione (filatura).
Risulta pertanto che per costituire un cavo piano vegetale si formano
innanzitutto le strisce di fibra, utilizzando fibre elementari che, disposte pa-
rallelamente e con le estremità intercalate, permettono di ricavare una fet-
tuccia di lunghezza illimitata; sottoposta ciascuna striscia a una operazione
di torsione che la trasforma in filaccia, si passa alla formazione del legnolo
che, per avere la necessaria compattezza, deve essere costituito avvolgen-
do le filacce in senso opposto a quello adottato per la loro torsione. Dal suc-
cessivo avvolgimento di tre legnoli attorno ad uno stesso asse, e in senso
opposto a quello adottato per formare i legnoli stessi, si ottiene il cavo pia-
no di più comune impiego (cavo piano a tre legnoli) (fig. 1).
Se si adoperano quattro legnoli anziché tre, il loro avvolgimento avviene
attorno ad un legnolo centrale che si chiama anima e che assicura al cavo
una struttura più omogenea (cavo piano a quattro legnoli) (fig. 2).
b) Cavi d'acciaio. Sono generalmente costituiti da sei elementi che si
chiamano trefoli e che vengono avvolti a spirale attorno a un elemento cen-
trale - anima - rappresentato da un legnolo di fibra o da un settimo trefo-
lo in tutto e per tutto simile agli altri sei. 8
Anche in questo caso l'operazione di avvolgimento degli elementi che
formano il cavo si chiama commettitura. Ciascun trefolo è formato da un
numero variabile di fili d'acciaio avvolti a spirale, in uno o piu strati, attor-
no ad un filo centrale d'acciaio o ad un legnolo di fibra che si definisce ani-
ma del trefolo. I fili sono a sezione circolare e l'avvolgimento cui sono sot-
toposti per formare i trefoli ha senso contrario a quello che si imprime ai
trefoli che costituiscono il cavo (fig. 3). Il numero dei fili può essere notevol-
mente diverso da un cavo all'altro, ma non varia casualmente e, considera-
to che esso influisce sulla flessibilità del cavo, 9 risulta collegato anche al
servizio cui il cavo stesso viene destinato.
8
Esistono anche cavi ad un solo trefolo che si definiscono spiroidali.
9
La flessibilità aumenta, a parità di altre condizioni, con l'aumentare del numero dei fili
che costituiscono il cavo.
170
42/1 114/1 222 / 1 7217
• • -
A+6 (1+6\ S/Z
144/7
A+6 {1 +6+12) S/Z
180/7
A+6
j1+6+12+18) S/Z
49
A +6 la+ 12) S/Z
133
* • - •
A+6 /a+9+15) S/Z A+6 (a+ 12+ 18) S! Z (1+6)+6 (1+6) S!Z
( 1+6+12)+6
(1+6+12) S/Z
Flg. 4 - Formazione
di cavi plani d'acciaio
a treloli.
La formazione dei cavi piani d'acciaio in uso sulle navi italiane è solita·
mente compresa fra quelle sottoindicate (fig. 4):
- sei trefoli da sette fili ciascuno (sei fili avvolti in un solo strato attor·
no ad un filo centrale) più un'anima dì fibra (cavo genericamente indicato
con il simbolo «42/1}) oppure con il simbolo <,A+ 6(1 + 6)S/Z)»; 10
- sei trefoli da diciannove fi1i ciascuno (diciotto fili avvolti in doppio
strato attorno a un filo centrale) più un'anima di fibra (cavo genericamente
indicato con il simbolo «114/1» oppure con il simbolo «A+ 6(1 + 6+ 12)S/Z)»;
- sei trefoli da trentasette fili ciascuno (trentasei fili avvolti in triplice
strato attorno a un filo centrale) più un'anima di fibra (cavo genericamente
indicato con il simbolo «222/1» oppure con il simbolo <<A+ 6(1 + 6 + 12 + 18)
SIZ»;
- sei trefoli da dodici fili ciascuno avvolti in un so1o strato attorno a
un'anima di fibra, più un'anima centrale del cavo, anch'essa dì fibra (cavo
genericamente indicato con ìl sìmbolo «72/7n oppure con il simbolo
«A+6(a+ 12)S/Z)n; 11 .
che formano il trefolo e dei trefoli che formano il cavo (tenendo il cavo in posizione verticale,
il senso di avvolgimento dei fili che formano i trefoli è rivelato dalla parte rnedìana della lette·
ra S, mentre la parte mediana della lettera Z rivela il senso di avvolgimento dei trefoli che
formano il cavo).
11 La lettera a serve per indicare l'anima del trefolo.
171
- sette trefoli da diciannove fili ciascuno (diciotto fili avvolti in doppio
strato attorno ad un filo centrale). Dei sette trefoli suddetti uno è centra.le ·
e costituisce l'anima del cavo, gli altri sei sono avvolti attorno ad esso. Il
cavo è indicato con il simbolo «133 fili» oppure con il simbolo
«(1 +6 + 12)+ 6(1 + 6 + 12)S/Z».
e} Ca:vi d.ifibra, sintet'lca. Possono essere costituiti da tre o da sei legno-
li che risultano formati da un numero molto elevato di sottilissimi fili o da
pochi grossi monofili della fibra utilizzata (fig. 5).
I cavi torticci. Siimo essi vegetali, <l'acciaio o sintetici, si formano av-
volgendo a spirale, attorno a uno stesso asse, tre o quattro o sei cavi piani
che prendono il nome di cordoni (fig. 6). Anche in questo caso l'operazione
di avvolgimento si chiama commettitura e viene effettuata in senso contra-
rio a quello dei singoli cavi, onde realizzare un complesso compatto e resi-
stente (i cavi a quattro o sei cordoni sono provvisti di anima centrale).
I cavi intrecciati. Siano essi di fibra, d'acciaio o misti, sono formati da
sei o otto legnoli o trefoli variamente intrecciati per assicurare un elevato
grado di elasticità (fig. 6c).
b)
172
3. Classificazione dei cavi
Una prima classificazione dei cavi può essere realizzata proprio tenendo
conto del materiale usato per la loro costituzione, e noi già sappiamo che
sotto questo aspetto i cavi si dividono in:
cavi metallici
cavi vegetali
cavi sintetici
cavi misti.
Sappiamo inoltre che nei riguardi della loro formazione strutturale si di-
stinguono:
cavi piani
- cavi torticci
- cavi intrecciati
ma dobbiamo precisare che non sono questi i soli criteri in base ai quali si
classificano i cavi di marina. Esiste infatti una suddivisione che tiene conto
del servizio al quale può essere destinato un cavo, una suddivisione che si
basa sulla circonferenza del cavo come elemento principale di riferimento,
e una suddivisione, limitata ai soli cavi metallici, che si riferisce alla loro
maggiore o minore flessibilità.
Nei riguardi dell'uso al quale sono destinati, i cavi, indipendentemente
da ogni altra considerazione, si distinguono in:
- ormeggi
- rimorchi
- ma.novre fisse
- manovre correnti.
Gli ormeggi. Sono cavi che si utilizzano per le operazioni di ormeggio
e tonneggio della nave. 12 Il numero minimo dei cavi d'ormeggio in dotazio-
ne a ciascuna nave, la loro lunghezza, la loro resistenza minima alla trazio-
ne, sono stabiliti in base a un fattore che si chiama modulo d'armamento
e che si ricava tenendo conto della consistenza volumetrica delI' opera mor-
ta e del dislocamento della nave a pieno carico.
Più precisamente, il modulo d'armamento è espresso dalla seguente re-
lazione:
A
10
12
Tonneggiare una nave significa spostarla lungo una banchina portuale o lungo un pon-
tile con il solo ausilio di cavi opportunamente fissati a terra o su boe.
173
h a + !: hi, dove a è la distanza (in metri), misurata a murata,
fra il centro del disco dì bordo libero e il ponte superiore, e
hi è l'altezza di ciascun ordine di sovrastruttura (in metri)
avente larghezza maggiore di B/4;
A area della superficie (in metri quadrati) che si ottiene proiet-
tando sul piano diametrale: 1. la parte di scafo compresa fra
le perpendicolari e situata al disopra del galleggiamento di
pieno carico estivo; 2. le sovrastrutture situate entro le per·
pendìcolari e aventi larghezza maggiore dì B/4.
I cavi di rimorchio, o rimorchi. Comprendono un cavo espressamente
riservato alle operazioni di rimorchio che qualsiasi nave può essere costret-
ta a effettuare, in caso di necessità, in mare aperto, 13 e i cavi che vengono
solitamente usati per le normali operazioni di rimorchio che si svolgono in
acque portuali. 14
Il vero e proprio cavo di rimorchio deve avere lunghezza e resistenza
alla trazione non inferiori ai valori minimi che vengono fissati in base al mo-
dulo d'armamento della nave; i cavi per il rimorchio in acque portuali sono,
per la maggior parte delle navi, gli stessi cavi che esse usano per l'ormeg-
gio ma, per ragioni facilmente comprensibili, sono prescelti fra quelli che
offrono maggiori garanzie di efficienza.
Le manovre fisse. Sono cavi che si usano per sostenere installazioni
fisse.
Le manovre correnti. Sono cavi utilizzati per alzare, abbassare o spo-
stare pesi e per installazioni mobili in generale.
Ormeggi e rimorchi possono essere in acciaio, in fibra vegetale, in fibra
sintetica o misti. Se sono in acciaio devono essere sufficientemente flessibi-
li e pertanto è necessario che essi siano formati da non meno di:
72 fili in 6 trefoli e 7 anime di fibra (72/7) se devono avere resistenza
alla trazione inferiore a 216 kN (22 tf); 114 fili in 6 trefoli e 7 anime di fibra
(144/7) se devono avere resistenza compresa fra 216 e 490 kN (22 e 50 tf);
222 fili in 6 trefoli e un'anima di fibra (222/1) se devono avere resistenza
superiore a 490 kN (50 tf).
Numero, lunghezza e carico minimo di rottura dei cavi per ormeggio e
rimorchio che devono essere assegnati in dotazione a una nave caratteriz-
zata da un determinato modulo di armamento, sono elementi che si possono
rilevare da una apposita tabella contenuta nei Regolamenti per la costru-
zione e la claJ;sificazione delle navi. Tale tabella indica le caratteristiche es-
senziali di tutto l'armamento marinaresco delle navi e cioè anche delle an·
core e delle eatene. 15
i:i Le navi di stazza lorda superiore a 50 tonnellate sono provviste anche di un cavo più
piccolo appositamente predisposto per il rimorchio di aeromobi1i sinistrati.
14
Al rimorchio delle navi in acque portuali provvedono speciali unità che si chiamano ri-
morchùttori. Il loro intervento è necessario per facilitare le operazioni di entrata e uscita dai
porti, l'ormeggio e il disormeggio.
15
Trattando questo argomento riporteremo integralmente la tabella dell'armamento
marinaresco delle navi. Per il momento facciamo seguire un estratto della parte che si riferi-
sce ai cavi.
174
CARATTERISTICHE DEI CAVI D'ORMEGGIO E DI RIMORCHIO
(estratto tabella armamento marinaresco)
Modulo di
armamento Cavo di rimorchio Cavi di ormeggio
EN
Lunghezza
Lunghezza
AsEN<B minima
Carico di rottura N. di ciascun Carico di rottura
cavo
A 8 m kN kgf m kN kgf
50 70 180 98,1 10000 3 80 34 3500
110 130 180 98,1 10000 3 110 44 4500
175 205 180 112 11400 3 120 59 6000
280 320 180 174 17700 4 140 74 7500
400 450 180 250 25500 4 140 98 10000
550 600 190 338 34500 4 160 132 13500
720 780 190 441 45000 4 170 172 17500
910 980 190 550 57000 4 170 216 22000
1140 1220 200 692 70500 4 180 270 27500
1390 1480 200 836 85200 4 180 324 33000
1670 1790 220 1024 104400 5 190 353 36000
2080 2230 240 1259 128400 5 200 422 43000
2530 2700 260 1471 150000 6 200 481 49000
3040 3210 280 1471 150000 6 200 520 53000
3600 3800 300 1471 150000 6 200 612 63000
4000 4200 300 1471 150000 7 200 647 66000
4400 4600 300 1471 150000 7 200 667 68000
5000 5200 300 1471 150000 8 200 686 70000
5800 6100 300 1471 150000 9 200 706 72000
6500 6900 Il cavo di rimor- 9 200 726 74000
7900 8400 chio non è ob- 11 200 735 75000
bligatorio; esso 14 200 735 75000
9400 10000 è raccomandato
11500 12400 per le navi aven- 17 200 735 75000
14000 16000 ti Ls 180 m. 21 200 735 75000
Osservando i dati che fornisce la tabella si rileva che una nave di me-
dio tonnellaggio deve essere dotata di 6 cavi d'ormeggio della lunghez-
za di 200 m, ma dobbiamo tenere presente che, in pratica, ferma restando
la lunghezza, tutte le navi possiedono un numero pressoché doppio di cavi
il cui carico di rottura supera ampiamente quello minimo fissato dai regola-
menti.
Le manovre fisse. Sono generalmente costituite da cavi in acciaio aven-
ti la seguente formazione strutturale:
42 fili in 6 trefoli e un'anima di fibra (42/1); 114 fili in 6 trefoli e
un'anima di fibra (114/1); 49 fili in 7 trefoli (49 fili); 133 fili in 7 trefoli (133 fili).
Le manovre correnti. Possono essere in fibra o in acciaio. Sono però
sempre in acciaio quando si richiedono sforzi considerevoli e grande resi-
175
stenza all'usura. Normalmente si usano cavi da 222 fili in 6 trefoli e un'ani-
ma di fibra (222/1) perché dotati di grande flessibilità.
Se si tiene conto della circonferenza si ha, per i cavi di fibra, la seguente
suddivisione:
Gomene. Sono i più grossi fra i cavi di marina. Un tempo la gomena ave-
va una circonferenza in centimetri uguale al quadruplo della lunghezza del
baglio maestro espressa in metri ma, con l'aumentare delle dimensioni del-
le navi questa regola non è più rispettata e attualmente si definiscono go-
mene tutti i cavi aventi circonferenza maggiore di 48 cm (le più grosse go-
mene hanno circonferenza che non supera normalmente i 65 cm).
Le gomene possono essere usate sia per ormeggio sia per rimorchio ma,
tenuto conto della loro scarsa maneggevolezza e delle difficoltà che si devo-
no superare per farle passare attraverso i passacavi, vengono praticamen-
te impiegate soltanto in circostanze eccezionali, quali ad esempio l'or-
meggio in un porto soggetto a forti movimenti di risacca. 16 La loro for-
mazione strutturale è quella del cavo piano se sono di cocco, del cavo tor-
ticcio se sono di manilla o di canapa, del cavo intrecciato se sono di fibre
sintetiche.
Gomenette. Sono cavi torticci aventi circonferenza compresa fra 32 e
48 cm circa. Possono servire come ormeggi o rimorchi, ma sono poco usate
per le difficoltà connesse con la loro insoddisfacente maneggevolezza.
Gherlini. Sono cavi torticci, normalmente usati per l'ormeggio e il ri-
morchio, di circonferenza variabile fra 16 e 32 cm circa.
Cavi. Sono genericamente indicati con questo nome i cavi piani, i cavi
intrecciati e i cavi torticci di circonferenza maggiore di 10 cm circa, che non
possono essere considerati gomene né gomenette né gherlini e che sono co-
munemente usati per l'ormeggio, il tonneggio e il rimorchio. Ciò significa
che si chiamano semplicemente cavi, tutti i cavi piani o intrecciati aventi
circonferenza maggiore di 10 cm e minore di 48 cm e tutti i cavi torticci
di circonferenza compresa fra 10 e 16 cm. 17
Ghie. Sono piccoli cavi piani aventi circonferenza compresa fra 3 e 10
cm circa. Sono molto usati come manovre correnti e per numerosissimi ser-
vizi che comportano sollecitazioni limitate, ma che richiedono prontezza e
grande maneggevolezza.
Minutenze. Sotto questa definizione si comprende tutto il cordame di
circonferenza inferiore a 3 cm e che viene variamente utilizzato per nume-
rosi lavori di attrezzatura marinaresca.
Tenendo conto della circonferenza e della formazione strutturale, le mì-
nutenze si possono suddividere in diversi tipi; fra questi i più comuni hanno
le denominazioni e le caratteristiche sottoindicate: Sagola. Piccolo cavo (da
2 a 3 cm di circonferenza) avente la struttura del cavo piano o del cavo in-
16
Si chiama risacca il ritmico innalzamento e abbassamento dell'acqua prodotto dalla ri-
flessione delle onde contro un ostacolo verticale (molo, banchina ecc.).
17
I cavi torticci non sono molto diffusi; i cavi piani sono impiegati sia per il rimorchio che
per l'ormeggio e il tonneggio, ma hanno circonferenze che non superano in generale i 32 cm.
176
trecciato; viene usata per servizi vari di carattere generico, per bandiere,
per solcometri rimorchiati, per scandagli a mano ecc. Merlino. Piccolo cavo
piano (l cm di circonferenza), formato da tre legnoli di due o tre filacce cia-
scuno, prevalentemente usato per legature di manovre fisse. Commando.
Cordicella usata per fasciature, legature ecc. e formata da due o tre filacce.
Lezzino. Cordicella formata da due o tre filacce della migliore qualità e
particolarmente adatta per lavori di ornamento. Spago. Filo di canapa del-
la migliore qualità, usato soprattutto per cucire tende, cappe, incerate ecc.
Per i cavi d'acciaio non esiste una vera e propria suddivisione basata sul-
la circonferenza. Ci si limita pertanto a definire genericamente cavetti i
cavi molto piccoli (circonferenza inferiore a 3 cm circa), normalmente usati
come manovre fisse e per servizi vari, cavi tutti gli altri cavi piani e gherli-
ni i cavi torticci.
Nei riguardi della flessibilità i cavi d'acciaio si dividono in cavi rigidi e
cavi flessibili.
Ai cavi rigidi appartengono i cavi costituiti da un basso numero di fili
o formati da trefoli privi di anima di fibra. Sono quindi da considerare rigi-
di: i cavi da 49 e da 133 fili senza anima di fibra; i cavi da 42 fili con un'ani-
ma di fibra; i cavi da 114 fili con un'anima di fibra.
I cavi rigidi sono prevalentemente usati come manovre fisse per la loro
scarsa adattabilità ai servizi che richiedono avvolgimenti su ruote, rulli o
tamburi rotanti.
Ai cavi flessibili appartengono i cavi rimanenti. Molti cavi fra quelli da
noi considerati possono essere genericamente definiti flessibili, ma si deve
osservare che la loro flessibilità aumenta, a parità di circonferenza, con
l'aumentare del numero dei fili. Da ciò deriva l'esigenza di destinare a ma-
novre correnti i cavi da 222 fili e di richiedere, per l'ormeggio e il rimor-
chio, cavi con numero di fili crescente con il crescere della loro resi-
stenza.18
177
di provata idoneità alla commettitura e di elevata resistenza che si ottengo-
no attraverso complesse trasformazioni di prodotti chimici derivati dal pe-
trolio.
Apposite norme R.I.Na stabiliscono comunque, sia per i cavi d'acciaio
sia per que1li di fibra, il valore minimo della resistenza alla rottura in fun-
zione della circonferenza (o diametro) e nessun cavo può essere utilizzato
se non dopo aver subito, con esito positivo, una prova di collaudo durante
la quale viene anche accertata l'assenza di difetti nel materiale impiegato
per la sua costruzione e la corretta esecuzione della stessa.
La prova di resistenza viene effettuata sottoponendo a trazione, fino
alla rottura, uno spezzone del cavo in esame; 20 gli altri accertamenti ten-
dono a stabilire la omogeneità e la appropriata costruzione del cavo, qua-
lunque sia la sua struttura e il materiale con il quale è stato realizzato. Per
i cavi d'acciaio il collaudo provvede in particolare ad accertare anche l'uni-
formità, la buona finitura e la completa zincatura dei fili, mentre per i cavi
vegetali la prova comprende accertamenti su1la qualità delle fibre che non
devono risultare adulterate o mescolate con sostanze estranee o sottoposte
a trattamenti capaci di danneggiare le loro proprietà.
Nel caso risultasse impossibile sottoporre alla prova di trazione uno
spezzone intero di un cavo, si può determinare il relativo carico di rottura
come somma dei carichi di rottura effettivi dei singoli fili che lo costituisco-
no. Tale somma deve però essere moltiplicata per un coefficiente di corda-
tura, variabile con il tipo di cavo e la sua formazione strutturale, ma com-
preso fra 0,82 e 0,90 per i cavi d'acciaio e fra 0,52 e 0,89 per i cavi di fibra,
e ciò per tenere conto della diminuzione di resistenza conseguente alle ope-
razioni di commettitura.
I carichi di rottura minimi di alcuni tipi di cavi d'acciaio e di cavi di fibra
(naturale e sintetica) sono indicati nelle tabelle che seguono. Per i cavi d'ac-
ciaio tali tabelle riportano i carichi di rottura in funzione del diametro, della
struttura e della resistenza dei fili impiegati per la loro formazione; per i
cavi di fibra naturale (canapa, manilla e sisal) riportano i carichi di rottura
dei cavi piani a tre legnali e dei cavi intrecciati a otto legnoli, di qualità SP
(superiore), di prima e di seconda qualità; per i cavi sintetici riportano i ca-
richi di rottura dei cavi piani a tre legnali e dei cavi intrecciati a otto legna-
li, tenendo conto del tipo di fibre usate per la loro formazione.
Il carico di rottura di un cavo piano di fibra a quattro legnali può essere
determinato, con sufficiente approssimazione, moltiplicando per 0,9 il cari-
co di rottura del corrispondente cavo piano a tre legnali di uguale circonfe-
renza. 21
20
Spezzone di lunghezza pari almeno a 30 volte il diametro del cavo se questo è in ac-
ciaio, non inferiore a 1,80 m se si tratta di cavo vegetale, non inferiore a 0,90 m se si tratta
di cavo sintetico.
21
Per circonferenza si intende lo sviluppo di un filo avvolto attorno alla sezione retta del
cavo. Dividendo la circonferenza per 3,14 si determina il diametro del cavo.
178
Tabb. 1-2
CARICHI DI ROTTURA MINIMI DEI CAVI DI ACCIAIO
42/1 49 7217 11411 133 14417 222/1 21611
e (1 +6)+ e
ai A +6 (1 +6)
6 (1 + 6)
A+6 (a+ 12) A+6 (1+6+12► (1 +6+12) +6 (1 +6+12) 'ai A +6 (a +9+ 15) A+6 (1 +6+12+18) A+6 (1 +7+(7+7)1+14
E E
"'
i5 Fili da
Fili da Fili da Fili da
1420 N/mm' 1570 N/mm' 1420 N/mm 2 1570 N/mm'
FIii da "'
i5
Fili da Fili da Fili da Fili da Fili da Fili da
1420Nlmm' (145 kgllmm') 1420 N/mm' 1570 N/mm 2 1570 N/mm 2 1770 N/mm 2 1570 N/mm 2 1770 N/mm 2
(145 kgf/mm 2) (160 kgllmm'► I 145 kgf/mm 2) (160 kgf/mm 2) 1145 kgl/mm'J (160 kgftmm') 1
(160 kgt/mm'► I 1BO kgf/mm ) (160 kgflmm'} 2
(1B0 kgf/mm )
Carico
Carico rottura minimo rottura Carico rottura minimo Carico rottura minimo Carico di rottura minimo Carico di rottura minimo Carico di rottura minimo
minimo
mm mm
kN lf kN tf kN lf kN lf kN tf kN i tf kN ti kN lf kN lf kN tf kN tf kN tf kN lf
7 - - - - 14.5 1,48 - - - - - - - - 6 - -
- - - -
18,81 1,92 - -
- -
8 - - - - 19,0 1,94 - - - - - - - - 7 - - - - - - 25.6:
I
2,61 - - - -
9 - - - - 24,0 2,45 - - - - - - - - 8 25,5 2,60 28,2 2,88 29,6 3,02 33,4• 3,4 - - - -
10 47,2 4.81 50,9 5,19 29,6 3,02 43,6 4,45 48.2 4,92 47,1 4,80 52,1 5,31
9 32,2 3,28 35,6 3,63 37,5 3,82 42,3 4,3 - - - -
10 39,8 4,06 44,o I 4,49 46,3 4.72 52,2 5,3 - - --
11 57,1 5,82 61,6 6,28 35,8 3,65 52,8 5,38 58.4 5,96 57,0 5.81 63,1 6,43 11 48,1 4,90 53,2 i 5,42 - - --
56,0 5.71 63,1 6,43
12 67,9 6,92 73,4 7,48 42,7 i 4,35 62.8 6,40 69,5 7,09 67,9 6.92 75,0 7,65 12 57.3 5,84 63,3 6,45 66,6 6.79 75,1 7,66 - - --
13 79,7 8,13 86,1 8,78 50,1 5, 11 73,7 7,52 81.5 8,31 79,6 8,12 88,1 8,98 13 67.2 6,85 74.3 7,58 78,2 7,97 88,2 8,99 87,5, 8,9 98,7 10, 1
!
14 92,5 9.43 99,9 10,2 58,1 5,92 85,5 8.72 94,6 9,65 92.4 9,42 102 10,4 14 78.0 7.95 86,2 8,79 90,7 9,25 102 10,4 102 10,4 114 I 11,6
16 102 10,4 113 11,5 118 , 12,0 118 13,7 134 13,5 149 , 15,2
16 121 i 12.3 130 13,3 75,8 7,73 112 11,4 124 12,6 121 12,3 133 13,6
18 129 13,2 143 14,6 150 i 15,3 169 17,2 168 17,5 189 19,3
18 153 15.6 165 16,8 96,0 9.79 141 14,4 156 15,9 153 15,6 169 17,2
20 159 16,2 176 17,9 185 18.9 209 21,J 207 21,1 234 23,9
20 189 19,3 204 20.8 118 12.0 175 17.8 193 19.7 189 19,3 208 21,2 22 193 19,7 213 21.7 224 22.8 253 25,8 251 25,6 283 28,9
22 228 23,2 247 25,2 143 14,6 211 21,5 234 23,9 228 23,2 252 25,7 24 229 23,4 253 25.8 267 27,2 301 30,7 298 30,4 336 34,3
24 272 27,7 293 29,9 171 17.4 251 25,6 278 28,3 271 26,7 300 30,6 26 269 127,4 297 30,3 313 31 ,9 353 36,0 350 35,7 395 40,3
26 319 32,5 344 35,1 200 20.4 295 30,1 326 33,2 319 32,5 352 35,9 28 312 '31 ,8 345 , 35.2 363 37,0 409 41,7 400 41,4 458 46,7
28 370 37,7 399 40.7 232 23,7 342 . 34,9 378 38,5 369 , 37,6 32 407 41,5 450 45.9 474 48,3 534 54,5 530 54,0 598 61,0
409 ' 41,7
36 516 52,6 570 58,1 600 61,2 676 68,9 671 68,4 757 77,2
32 483 49,3 522 . 53,2 303 30,9 447 i 45,6 494 50,4 483 49,3 534 54,5
; 40 637 65,0 704 71,8 741 75,6 835 85,1 829 84,5 934 ; 95,2
36 611 62,3 660 ; 67,3 - - 566 57,7 625 63,7 611 62.3 675 68,8
40 - - - - - - 698 71,2 772 78,7 754 76,9 834 85
44 - - - - 896 91.4 1010 103 1000 102 1130 115
48 - - - - 1070 109 1200 ,;122 1190 121 1350 138
44 - - - - - - 845 86.2 934
'
95,2 912 93,0 1010 103 52 - - - - 1250 127 1410 1144 1400 ; 143 1580 161
~
48 - - - - - - - - -1- ~090 111 1200 122 56 - - -
i
- 1450 148 1640 167 1620 165 1830 187
Tab. 3
CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEI CAVI PIANI DI CANAPA A TRE LEGNOLI
Tab.4
CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEI CAVI PIANI DI MANILLA E DI SISAL
A TRE O QUATTRO LEGNOLI
Carico di rouura minimo per I cavi a 3 legnoli Numero
Massa Diametro minimo
lineare nominale Manilla qualità 2 di fili per
Manilla qualità SP Manilla qualità 1
e Sisal legnofo (N)
per i cavi a
gfm • ± 5% mm daN kgf daN kgf daN kgf 3 legnoli (')
54 8 588 600 534 545 473 483 3
68 10 760 775 691 705 622 635 4
105 12 1150 1170 1050 1065 936 955 6
140 14 1570 1600 1430 1450 1260 1285 8
190 16 2210 2250 1990 2030 1770 1805 11
220 18 2650 2700 2400 2440 2100 2135 13
275 20 3480 3550 3190 3250 2790 2845 16
330 22 4170 4250 3590 3660 3340 3405 19
400 24 4950 5050 4480 4570 3990 4065 23
470 26 5790 5900 5230 5335 4640 4725 27
532 28 6620 6750 5980 6095 5220 5325 31
625 30 7550 7700 6730 6860 5980 6095 36
700 32 8480 8650 7720 7875 6730 6860 40
890 36 10600 10800 9460 9650 8530 8695 51
1100 40 12800 13000 11800 11940 10300 10415 63
1340 44 15500 15800 14000 14225 12500 12700 77
1585 48 18300 18600 16500 16765 14500 14735 91
1870 52 21100 21500 19200 19560 17000 17275 107
2150 56 24500 25000 22000 22355 19500 19815 124
2480 60 27600 28100 24900 25400 22200 22605 142
2880 64 31600 32200 28500 29000 25200 25700 163
3180 68 34500 35200 31400 32000 28000 28500 183
3620 72 38700 39400 35100 35800 32100 32700 205
4000 76 42700 43500 38800 39500 34300 35000 228
4400 80 46900 47800 42700 43500 38000 38700 253
5350 88 55500 56600 50500 51500 45900 46800 306
6400 96 64700 66000 58800 60000 52500 53500 364
• Per I cavi a quattro legnoli:
- i carichi di rott ura minimi sono quelli riportati in Tabella ridotti del 10%
- il numero minimo dei fili costituenti it legnalo è dato dalla formula: 0,675 N, ove N è il numero minimo
dei fili dei legnali de i cavi a tre legnoll.
180
Tab. 5
CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEI CAVI INTRECCIATI DI MANILLA
E SISAL A OTTO LEGNOLI
Manilla Manilla Manilla
Massa Carico qualità SP qualità 1 qualità 2 e Sisal Numero
lineare di mtsura minimo
Grandezza Cartco di rottura minimo di tlli
1·) par
glm daN kgf kgf daN kgf daN kg f legnalo
± 5°A, daN
± 5% ± 5°/o
" I valori della grandezza del cavo sono basati approssimativamente sul diametro (in millimetri) dei cavi
di manilla e sisal a tre legnoli aventi lo stesso numero di fili.
Tabb. 6•7
CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEI CAVI CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEI CAVI
PIANI DI Fili (MULTIFILAMENTI) PIANI DI Fili (MULTIFILAMENTI)
POLIAMMIDICI A TRE LEGNOLI DI POLIESTERE A TRE LEGNOLI
Massa Diame1ro
Carico di rottura Massa Diametro
Carico di rottura
lineare minimo lineare minimo
g/m glm
mm daN kgf mm daN kgf
± 5'%.1 % 5%
181
Tab.8
CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEI CAVI DI POLIPROPILENE
(MONOFILAMENTO O LAMELLE TESSILI)
PIANI A TRE LEGNOLI O INTRECCIATI A OTTO LEGNOLI
Massa llneare Diametro C,arico di rottura min;mo
17 6 539 550
30 8 941 960
45 10 1400 1425
65 12 1WO 2030
90 14 2740 2790
115 16 3430 3500
Tab. 9
COEFFICIENTI DI CORDATURA DEI CAVI DI FIBRA
Cavi di fibre naturali Cavi di fibre sintetiche
Olametra
nominale Manllla a slsal Pallpropil. Pollpropll.
(o gran- Canapa oliammide Poliestere (monolll.► (lameH•►
deua) a 3 legnali a 3 legnoll a 4 legnoll a 8 legnali a 3 legnali a 3 legnali a 3 od 8 a 3 od 8
mm legnoll legnall
40 - - - - 0.7095 - - -
44 - - - - 0.7022 0.5705 - -
48 - - - - 0,6958 0,5655 0,8719 0,890
182
Nella pratica di bordo, in mancanza delle tabelle che indicano con esat-
tezza il carico minimo di rottura di un cavo - carico che il navigante defini-
sce resistenza alla rottura - , se ne determina approssimativamente il va-
lore risolvendo la seguente relazione:
Rm = K · C 2
dove: Rm è la resistenza alla rottura, espressa in decanewton (daN);
C è la circonferenza del cavo, espressa in cm;
K è un coefficiente empirico, variabile con il tipo e la formazione
del cavo che si considera, cui si possono assegnare i valori sot-
toindicati:
per i cavi d'acciaio:
cavi
cavi
cavi
cavi
da 42 fili (un'anima di fibra)
da 114 fili (un'anima di fibra)
da 222 fili (un'anima di fibra)
da 144 fili (7 anime di fibra)
] K=390
cavi da 72 fili (7 anime di fibra) K=300
cavi da 49 fili (senza anima di fibra)
K=540
cavi da 133 fili (senza anima di fibra) J
- per cavi di manilla (cavi piani a 3 legnali):
ghie (da 3 a 10 cm di circonferenza) K= 80
cavi di circonferenza minore di 20 cm K= 70
cavi di circonferenza da 20 a 30 cm K= 60
cavi di circonferenza maggiore di 30 cm K= 50
- per i cavi di fibra sintetica: K=l50
183
Anche la massa (m) di un cavo può essere valutata con una relazione em-
pirica del tipo di quella che si utilizza per determinarne la resistenza. Si
deve infatti ritenere che, indicando con C la circonferenza del cavo in centi-
metri, con k un coefficiente ìl cui valore dipende dal tipo di cavo, l'espres-
sione:
m = k · C2
esprima con sufficiente approssimazione il valore della massa (in kg), di 100
m del cavo che si considera. Al coefficiente k si assegnano i seguenti valori:
- per i cavi d'acciaio k=2,8
- per i cavi di manilla k=0,7
- per i cavi sintetici k=0,6
490
Ro = -2_ Rm = ea 2 = 98 ea 2
5 5
e per il cavo di manilla:
98 C/=10 Cm 2
si ricava infatti:
98
10
dalla quale si deduce, con sufficiente approssimazione:
Cm= 3 Ca
Con analogo ragionamento, supposto per i cavi sintetici:
R0 = 25 C/
si ricava la relazione:
2
98 Ca = 25 C/
dalla quale si deduce:
Cs = 2 Ca
184
Applicando le stesse considerazioni ai cavi di manilla e sintetici si ricava
che, a parità. di resistenza, il rapporto fra le rispettive circonferenze è ugua-
le a 1,6 circa. Infatti, dalla relazione:
25 C/ = 10 Cm 2
si deduce:
cmi 25
2,5
C/ 10
da cui:
Cm "= 1,6 Cs
Possiamo quindi ritenere che, per avere la stessa resistenza, si può so-
stituire un cavo sintetico con un cavo di manina avente circonferenza all'in-
circa uguale a una volta e mezzo la circonferenza del cavo sintetico.
185
lunghezza allo scopo di eliminare gli attorcigliamenti - cocche o volte -
provocati da questa particolare sistemazione, e provvede a una ade-
guata preparazione delle loro parti. terminali. Tale pr~yiarazion~ com.i-
ste solitamente nella formazione di una gassa 23 che si ottiene mediante
impiombatura 24 dei legnoli o trefoli, e che consente di collegare il cavo
con estrema semplicità a qualsiasi oggetto, apparecchio o macchinario.
I cavi di manina vengono raccolti, dopo l'uso, in larghi cerchi sovrappo-
sti e conservati in ambiente ventilato e asciutto; i cavi d'acciaio e sintetici
possono anche essere lasciati all'aperto, opportunamente raccolti su appo-
siti rulli avvolgicavo (fig. 8), che ne riducono l'ingombro e ne facilitano
l'impiego, e protetti da una cappa di tela.
La durata dei cavi d'acciaio risulta prolungata se si provvede a rallenta-
re il processo di corrosione che si manifesta prima o poi nonostante la zinca-
tura dei fili. A ta) fine si effettua, a scadenze pìil o meno regolari, una
2:i Sorta di occhio, più o meno ampio a seconda della circonferenza del cavo e del suo uso,
che si ricava piegando \a parte terminale e unendo la sua cima estrema con la rimanente parte
del cavo; i grossi cavi sono però frequentemente forniti alle navi con legasse già fatte.
i-i L'impiomba tura è una impegnativa operazione di arte marinaresca; consiste nella
11nic,ne d, due c,me \ e, 0.1 una c}ma con aìtra parte de\ cavo nel caso si voglia formare una gas-
sa), mediante un appropriato intreccio dei legnoli o trefoli dell'una con i legnoli o trefoli del-
l'altra.
operazione di manutenzione che consiste nel rimuovere, con spazzole d'ac-
ciaio, la ruggine eventualmente accumulatasi sulla superficie del cavo e nel-
l'impregnare la stessa di sostanze protettive che sono normalmente rappre-
sentate da una miscela di olio di lino cotto, olio di macchina non più utilizza-
bile, sego o cera.
Un'altra considerazione che non si deve trascurare perché può influire
sulla durata di un cavo, qualunque sia la sua formazione, riguarda la parte
di esso che viene solitamente utilizzata. È evidente infatti che si può realiz-
zare un razionale sfruttamento di tutto il cavo, solo se si provvede a rivol-
tarlo di tanto in tanto, ovvero se si usa l'attenzione di invertire i compiti
che svolgono le sue estremità, cosicché si possano consuma.re uniforme-
mente entrambe le parti in cui il cavo viene idealmente suddiviso dal tratto
centrale.
Per l'ormeggio, il tonneggio e il rimorchio si possono usare, come sap-
piamo, cavi d'acciaio e cavi vegetali o sintetici. 25 I cavi d'acciaio sono mol-
to apprezzati per le loro elevate doti di resistenza e durata ma sono sconsi-
gliati per l'ormeggio in acque non protette. La loro pressoché totale inela-
sticità li espone infatti a rotture improvvise in caso di oscillazioni o bruschi
spostamenti della nave.
I cavi di mani!la non presentano questo inconveniente (nei limiti della
resistenza di sicurezza subiscono un allungamento medio del 5% quando
sono sotto sforzo), ma non possono essere usati quando la temperatura del-
l'aria è molto bassa perché soggetti a irrigidirsi, se bagnati, in seguito al
congelamento dell'acqua di cui sono impregnati.
I cavi di fibra sintetica hanno tutti i requisiti necessari - resistenza, ma-
neggevolezza, elasticità (nei limiti del carico di sicurezza l'allungamento
medio è del 10% circa) - e non presentano inconvenienti atti a sconsigliar-
ne l'impiego in particolari circostanze.
2
" I ca.vi di fibra di circonferenza inferiore a 6,3 cm non sono ammessi per queste opera-
zioni, anche se per il carico di rottura prescritto potrebbe essere adottata una circonferenza
minore.
187
Bozzelli e accessori
189
m
irt il lii
,,,.
, ~. .
a) b) e)
Til 1
I
I •.
Flg. 3 - Bozzelli
di legno: a) b) e)
a) bozzello semplice:
Il) llozzello doppio;
e) bozzello triplo.
Fig. 4 - Bozzelli
in .icciaio
pe1 carichl pesanti.
2 Talvolta la testa porta anche una appendice - dente - per garantire una sicura immo-
bilità.
190
Lo stroppo è la parte che serve per maneggiare o fissare il bozzello nel
luogo per esso stabilito.
Un tempo lo stroppo era costituito da un cavo che circondava la cassa
e che terminava con una gassa mediante la quale si poteva agganciare il
bozzello e fissarlo o sospenderlo facilmente (fig. 5). Attualmente lo stroppo
di cavo non è più usato e anche i bozzelli di legno sono provvisti di stroppo
metallico. Questo può avere forma e caratteristiche notevolmente diverse
da bozzello a bozzello, ma tali da assicurare la massima funzionalità e la ro-
bustezza richiesta (fig. 6).
Fig. 5 (a sinistra) -
Bozzello di legno
con stroppo in cavo.
Fig. 6 (a destra) -
Bozzello con stroppo
metallico a collare.
3
Vedasi par. 1 del successivo capitolo.
191
l
Anche per i bozzelli, similmente a quanto avviene per altri apparecchi,
oggetti e macchinari destinati a far parte delle attrezzature della nave, è
previsto un accertamento della loro idoneità al servizio cui sono destinati.
Tale accertamento consiste, per i bozzelli che fanno parte delle sistemazioni
per la caricazione e la scaricazione delle merci, in una prova di traziona-
mento con un carico normalmente doppio del carico di lavoro massimo pre-
visto.
2. Tipi di bozzelli
Già sappiamo che tenendo conto del numero delle loro pulegge, si distin-
guono:
bozzelli semplici o a un occhio;
bozzelli doppi o a due occhi ;
bozzelli tripli o a tre occhi, ecc.
Dobbiamo però osservare che accanto a questa suddivisione di carat-
tere generale, ne esistono altre che si basano su elementi diversi e par·
ticolari quali, ad esempio, la forma e costituzione della cassa, la posizio-
ne dell'eventuale seconda puleggia, la conformazione dello stroppo. De 0
riva da ciò la possibilità di considerare diversi tipi di bozzelli fra i quali ri-
cordiamo:
Il bozzello a gancio: bozzello con stroppo metallico, terminante con un
gancio che è solitamente girevole attorno al proprio asse - gancio a moh-
nello - , per consentire la libera rotazione dell'apparecchio anche quando
questo si trova sotto carico (fig. 7).
Il bozzello a golfare: bozzello con stroppo metallico terminante con un
robusto golfare che è solitamente girevole - golfare a molinello - per mi-
gliorare la funzionalità dell'apparecchio.
Fig. 7 (a sinistra) -
Bozzelli a gancio.
Fig. 8 (a destra) -
Pastecca.
192
Il bozzello a coda: bozzello con stroppo di cavo che termina con una
«coda» della lunghezza di 1-2 metri e che può essere utilmente impie-
gata per fissare il bozzello ad aste, alberi, manovre fisse e altre installa-
zioni.
La pastecca: bozzello a una puleggia con stroppo metallico terminante
con gancio a molinello. Caratteristica essenziale di questo bozzello è la cas-
sa tagliata cosicché si possa aprire e chiudere agevolmente una maschetta.
La maschetta apribile si rivela di grande utilità perché consente di inserire
un cavo nella gola della sua puleggia senza dover liberare una delle sue
cime (fig. 8).
Il bozzello a violino: formato da due piccoli bozzelli semplici uniti in
modo che le due pulegge (di diametro diverso) vengano a trovarsi una al
disopra dell'altra e in uno stesso piano. Può essere usato in sostituzione di
un bozzello doppio ma è praticamente scomparso dall'attrezzatura delle
navi moderne.
193
te centrale della cassa, sostituiscono altrettante pulegge (fig. 9).
Con due bigotte e un cavo - corridore - inserito nei loro occhi si può
realizzare un sistema funicolare che si usava comunemente nella marina ve-
lica per assicurare la necessaria tensione alle manovre fisse dell'alberatura.
A tal fine si collegava lo stroppo di una bigotta all'estremità inferiore della
manovra da tesare mentre lo stroppo dell'altra bigotta veniva fissato a una
solida barra - landa o landra - che si protendeva al disopra del capodi-
banda. In tali condizioni, collegata una cima del corridore - dormiente -
a una delle bigotte, e fatta passare l'altra cima in tutti gli occhi rimanenti,
bastava poca forza esercitata sulla parte estrema di quest'ultima - tirante
- per ottenere il risultato voluto.
3. Accessori vari
4
Jn gergo marinaresco i magazzini esistenti nei gavoni si chiamano coJe.
194
Fig. 12 (a sinistra) -
Morsetto.
Fig. 13 (a destra) -
Gancio semplice.
Il perno filettato può essere del tipo con testa a paro ma in genera-
le la sua testa è costituita da un occhiello sporgente dalla gamba, e che
risulta di grande utilità per procedere all'apertura e alla chiusura della ma-
niglia.
Nel linguaggio di bordo le maniglie sono solitamente indicate come gril-
li o gambetti; si chiamano invece maniglioni le maniglie che raggiungono
dimensioni ragguardevoli. Le maniglie sono molto usate per collegare cavi,
manovre, catene, bozzelli ecc., fra loro o a golfari e altri punti fissi della
nave, perché garantiscono la più completa efficienza e sicurezza anche se
sottoposte a carichi considerevoli.
Morsetti: piccoli congegni a vite (fig. 12), normalmente utilizzati per
collegare temporaneamente due cavi d'acciaio o per formare una gassa
provvisoria all'estremità di un cavo d'acciaio (sono noti anche come ser-
racavi).
Ganci: sono ferri piegati a uncino nei quali si distingue una parte supe-
riore che termina con un occhio generalmente guarnito di redancia, una
parte curva che si chiama ansa, e una estremità appuntita che prende il
nome di becco (fig. 13).
Anche per i ganci esiste una suddivisione in diversi tipi che risulta deter-
minata dalle diverse caratteristiche che li contraddistinguono. Fra i ganci
più comuni ricordiamo quelli sottoindicati:
- gancio semplice
- gancio doppio
- gancio a moLineUo
- gancio a scocco.
Il ganci o semplice. Non presenta particolari caratteristiche ed è quindi
un gancio comune, costituito da un ferro provvisto di occhio e opportuna-
mente piegato a uncino.
195
Fig. 14 (a sinistra) - Il gancio doppio. Si compone di due ganci semplici i cui occhi sono af-
Gancio doppio.
fiancati e guarniti da un'unica redancia, e i cui becchi sono rivolti in sensi
Fig. 15 (a destra) - opposti (fig. 14).
Gancio a scocco.
Il gancio a molinello. È costituito da due parti nettamente distinte e for-
manti, rispettivamente, l'occhio e l'ansa con il relativo becco. Le due parti
sono collegate fra loro ma rimangono libere di ruotare separatamente at-
torno a un asse che si definisce asse del gancio.
196
Fig. 16 - Gancio per discarica.
197
Arridatoi o tornichetti: sono congegni a vite che hanno sostituito le bi-
gotte nelle attrezzature degli alberi, e sono comunemente usati in tutte le
operazioni che comportano la messa in tensione di manovre fisse, rizze e
ritenute.
Un tornichetto è costituito da due viti aventi passo uguale e contrario
e terminanti con una testa a occhiello (o altro dispositivo adatto al loro col-
legamento con maniglie o golfari) e da un manicotto a doppia madrevite,
ruotando il quale si possono facilmente avvicinare o allontanare le estremi-
tà delle due viti (fig. 17).
Fig. 17 • Arridatoi
o tornk:hetti.
198
Sistemi funicolari
CAPITOLO
1. Generalità
199
(semplici, doppi, tripli, ecc.) per la loro formazione, si adottano le seguenti
definizioni:
Ghia doppia: se formato da un bozzello semplice e fisso, da un bozzello
semplice e mobile al cui gancio o golfare si incoccia il carico da sostenere,
da una ghia o cavo d'acciaio inferito nelle loro pulegge e avente una cima
che fa dormiente sullo stroppo del bozzello fisso (fig. lb).
Paranco semplice: se formato da un bozzello fisso a due pulegge (boz-
zello doppio), da un bozzello mobile a una puleggia (bozzello semplice) al cui
gancio o golfare si incoccia il carico da sostenere, da una ghia o cavo d'ac-
ciaio che passa in tutte le pulegge facendo dormiente sullo stroppo del boz-
zello mobile (fig. le).
Paranco doppio: se formato da due bozzelli doppi, uno fisso e uno mobi-
le, e da una ghia o cavo d'acciaio che passa nelle loro pulegge e fa dormiente
sullo stroppo del bozzello fisso (il carico si incoccia anche in questo caso al
gancio o golfare de1 bozzello mobile) (fig. ld).
Calorna: se formato da un bozzello fisso a tre pulegge (bozzello triplo),
da un bozzello mobile a due pulegge (bozzello doppio) e da una ghia o cavo
d'acciaio in esse inferito e facente dormiente sullo stroppo del bozzello mo-
bile (il carico viene incocciato al gancio o golfare dello stroppo del bozzello
mobile) (tig. fo).
Fig. 1 • Sistemi
funicolari:
a) ghia semplice:
b) ghia doppia; a b e d e
e) paranco semplice:
d) paranco doppio;
e) ca\oma.
200
Apparecchio: se formato da due bozzelli a tre pulegge (bozzelli tripli) o
a quattro pulegge (bozzelli quadrupli) e da una ghia o cavo d'acciaio in esse
inferito. Dei due bozzelli uno è fisso, e riceve il dormiente del cavo, l'altro
è mobile e al suo gancio o golfare si incoccia il carico che si applica al si-
stema.
2 Il rendimento '1 (eta) di una macchina è se mpre minore di 1 ed è espresso dal rapporto
fra il lavoro utile (Lu) e il lavoro motore (Lml-
Cioè: Lu
'1 - -
Lm
201
Q
F = -----
ri (n + 1)
TJ • n
se il tirante esce da un bozzello fisso.
Il rendimento di un sistema funicolare dipende dal numero delle pulegge
ed è tanto più elevato quanto maggiore è la flessibilità del cavo utilizzato
e quanto minore è l'attrito delle pulegge sui perni. In altre parole possiamo
dire che il rendimento di un sistema funicolare aumenta con il diminuire
delle resistenze passive determinate dalla rigidità del cavo e dall'attrito fra
perni e pulegge. ·
Supposto di usare cavi molto flessibili e di assicurare una efficiente lu-
brificazione sui perni delle pulegge, si può ritenere che il rendimento ri as-
suma valori compresi fra 0,96 e 0,82, passando da sistemi a una puleggia
a sistemi a otto pulegge.
Nel caso di sistemi funicolari a tre o quattro bozzelli (amante doppio,
amante senale, paranco su paranco) la riduzione di forza viene ulteriormen-
te moltiplicata. Ciò perché si applica la forza traente sul tirante di un siste-
ma (amante semplice, tipo paranco) che, a sua volta, è collegato al tirante
di un sistema funicolare (ghia semplice, tipo paranco).
In tali condizioni, detto n il numero delle pulegge del primo sistema ed
TJ il suo rendimento, n' il numero delle pulegge del secondo sistema ed ri'
il suo rendimento, sarà:
Q
F =
'l • n' · n (n' + 1)
Q
Fo =
'l . n
Fo
F = ------
TJ I • (n I + 1)
Q
F=--------
TJ • l'\' · n (n' + 1)
202
Un altro metodo che consente di determinare la forza F necessaria per
vincere una resistenza Q, e che è preferibile al precedente perché non com-
porta l'esigenza di tenere presente da quale bozzello esce il tirante del siste-
ma, si basa sul numero dei fili che sostengono il bozzello mobile. Infatti, in-
dicando con m il numero dei fili del bozzello mobile di un sistema a uno o
due bozzelli, sarà sempre:
Q
F = ---
TJ • m
Nella pratica di bordo sono molto usate alcune formule empiriche che
permettono di determinare con rapidità, semplicità e ampio margine di
203
sicurezza, la forza F da applicare al tirante di un sistema funicolare che sop-
porta un carico Q. Le più note di tali formule sono quelle proposte da Gre-
net; questi tiene conto del numero dei fili del bozzello mobile e assegna alle
resistenze passive un valore pari a un terzo della forza che sarebbe necessa-
rio applicare sul tirante per assicurare l'equilibrio statico del sistema; per-
tanto sarà:
1 4
F Q+3Q=3Q per la ghia semplice;
Q 1 Q 2
F -+--=-Q per l'amante semplice;
2
3 2 3
Q 1 Q 4
F =- + - - = -Q per il paranco semplice;
3 3 3 9
Q 1 Q 1
F=-+--=-Q per il paranco doppio.
4 3 4 3
In generale, detto m il numero dei fili del bozzello mobile, 4 si può appli-
care la relazione:
F=_g_+_l _g_=~_g_
m 3 m 3 m
per i sistemi a uno o due bozzelli, mentre per i sistemi a tre o quattro bozzel-
li, detto m il numero dei fili del bozzello mobile del primo sistema ed m'
il numero dei fili del bozzello mobile del secondo sistema, sarà:
Q 1 Q 4 Q
F=----+-
m · m' 3 m · m' 3 m • m'
4
Per la ghia semplice si considera, come già abbiamo visto, m ~ 1.
204
F=_E_Q per la ghia doppia;
20
13
F=-Q per il paranco semplice;
30
F=~Q per il paranco doppio;
40
F ~Q per la calorna;
50
Detto n' il numero delle pulegge del secondo sistema ed m' il numero
dei fili che sostengono il suo bozzello mobile, sarà quindi:
Fo
F 0 + - - · n'
10
F
m'
e= ~
✓ Ko
205
e che, dovendo assumere: R 0 = F, sarà:
C= /F
✓~
Con procedimento inverso si può trovare il carico Q applicabile a1 bozzel-
lo mobile di un sistema funicolare quando siano note le sue caratteristiche
e il tipo di cavo utilizzato. Infatti, determinata la resistenza di sicurezza R 0
del cavo con la relazione:
Ro = Ko · C2
si ricava il Q da una delle formule di Grenet o di Knight valevole per il siste-
ma considerato, e avendo presente che è R 0 = F.
Se ci limitiamo a considerare i sistemi a uno o due bozzelli, possiamo
usare le relazioni generali:
3
Q=-Ro·m
4
che si deduce dalla formula di Grenet, e:
10 · R 0 · m
Q=
10 + n
ESERCIZI
4 Q 4 2 208
F = --= - - = 736 daN (Grenet)
3 m 3 4
oppure:
Q 2 208 · 4
Q+-~·n 2208 + - - -
10 lù
- - - - - - - 773 da N (Knight) 5
m 4
Determinata F e sapendo che essa coincide con R 0 della formula:
R 0 = K 0 • C 2 , si ottiene:
5
Più rapidamente si perviene allo stesso risultato ricordando che la relazione generale
14
diviene per il paranco doppio: F ~ - ~ Q.
40
206
C = .J¾ .Jf = = .JHf = 8 cm (Grenet)
oppure:
C =
✓w
/773 = 8,2 cm circa (Knight)
2. Trovare il peso Q che si può sollevare con un paranco semplice (m = 3)
nei cui bozzelli è inferita una ghia di fibra sintetica di circonferenza C = 1O
cm.
Poiché:
R0 = 25 · C 2 = 25 · 100 2 500 daN
si ricava:
3 3 · 2 500 · 3
Q=-Ro·m 5 625 daN (Grenet)
4 4
oppure:
Q = _l_O_-_R_
0 _·_m_ = _1_0_·_2_50_0_·_3_ =
5 770 daN (Knight).
10 + n 13
F=_±_ Q (Grenet)
3 m · m'
si ricava:
4 6 000
F; - - - - - 1 000
3 4 · 2
posto F ; R 0 ; 1 000
dalla relazione:
1 2
Ro = - 490 C
5
valevole per il cavo considerato, si deduce:
207
Dalla relazione generale:
R0 "' K0 C 2
si ricava:
R0 "' 98 · 36 "' 3 528 daN
Considerato che, nel caso del paranco doppio, la relazione:
Q
Q + --n
10
F"' (Knight)
m
assume la forma più semplice:
F "' ____!i_ Q·
40 '
posto R 0 "' F, si deduce:
40 40 3 528
Q "' - R0 "' - - - - " ' 10080 daN.
14 14
A conclusione delle considerazioni svolte osserviamo che impiegando si-
stemi funicolari si perde in velocità ciò che si guadagna in forza. Infatti,
detta V la velocità del tirante, il carico Q applicato al sistema funicolare si
muoverà con una velocità v che si ricava dalla relazione:
V
V= -
m
208
'
■
1. Generalità
1 Il radar è un apparecchio che rivela direzione e distanza dalla nave di tutti i corpi emer-
si che la circondano.
2 Navi cisterna, navi espressamente costruite per il trasporto di contenitori, chiatte, au-
tomobili ecc. e comuni navi da carico dotate di gru (fisse o scorrevoli su ferroguide).
209
4
Fig. 1 - Albero
tubolate monofusto:
1) albero: 2) alberetto:
'J) co11a;
4) formaggetta:
5) picco:
6) picchi di carico
o bighi.
210
fig. 2 - Manovre
degli alberi: 1) sartie:
2) pateraui;
3) straglio.
3 Nelle grandi navi moderne con sovrastrutture a poppa si avverte nuovamente l'esigen-
za di avere un marinaio in coffa se si naviga in condizioni di scarsa visibilità. Ciò spiega la
presenza, sull'albero di prua di talune navi, di una garitta di avvistamento, che viene chìamata
coffa anche se non è collocata sulla coffa vera e propria, e che risulta collegata telefonicamen·
te con la stazione di governo.
2tt
d'acciaio e al mare circostante. Tale collegamento può essere realizzato me-
diante un cavo di rame che scende fino alla sottostante coffa metallica, ma
è più facilmente ottenuto fissando l'estremità inferiore del parafulmini sul
collare portante i golfari cui si ammanigliano i paterazzi.
Gli alberi più comuni sono del tipo tubolare, con o senza elementi di irri-
gidimento sulla loro superficie interna.
Questi alberi sono installati in corrispondenza del piano diametrale, han-
no il piede bloccato in una scassa che si collega alle ossature di un ponte
inferiore o di una paratia, si elevano verticalmente raggiungendo una con-
siderevole altezza sul ponte di coperta, sono costituiti da una parte inferio-
re che rappresenta l'albero vero e proprio, e che termina superiormente
con una solidissima coffa, e da una parte superiore che si chiama alberetto
e che risulta delimitato superiormente dalla formaggetta.
Di alberi del tipo sopra considerato - alberi monofusto - una nave può
averne due, o al massimo tre, opportunamente distribuiti nelle sue parti
prodiera e poppiera.
Nel primo caso, facendo riferimento alla parte di scafo in cui sono instal-
lati, i due alberi esistenti si possono semplicisticamente definire albero di
prua e albero di poppa, ma dobbiamo rilevare che vengono ancora preferite
le antiche denominazioni di albero di trinchetto per l'albero prodiero e di
albero di maestra per quello poppiero.
Se gli alberi sono tre si possono indicare come albero di prua, albero
centrale e albero di poppa, ma normalmente si definisce albero di trinchetto
l'albero di prua, albero di maestra l'albero centrale, albero di 'rnezzana l'al-
bero di poppa.
Per quanto riguarda le manovre merita rilevare che si adottano sempre
le stesse definizioni e pertanto, qualunque sia l'albero considerato, si chia-
mano sartie le ritenute trasversali dell'albero vero e proprio, paterazzi le
ritenute trasversali dell'eventuale alberetto, stragli le ritenute longitudina-
li dell'albero e dell'alberetto.
Due o tre alberi possono sembrare molti per una nave a propulsione
meccanica, ma si constata facilmente che non sempre sono sufficienti a sod-
disfare le esigenze della nave nei riguardi della caricazione e della scarica-
z10ne.
Ciascun albero sostiene infatti non più di due coppie di picchi di carico
o bighi 4 (vedi cap. XIV, par. 2) che possono servire le due stive ad esso
adiacenti (fig. 3). Pertanto, se si vuole che una stiva sia servita da quattro
picchi di carico, anziché due, o se le stive sono in numero superiore a quat-
tro o sei, si rendono necessarie altre soluzioni.
La via più seguita è quella di limitare a due il numero degli alberi e
4 Lunghi tubi di acciaio con una estremità incardinata presso la base dell'albero e l'altra
estremità manovrabile, nel piano verticale, attraverso un cavo - amantiglio - che passa in
un bozzello ammanigliato a un golfare della coffa.
212
:;.
,. i
J.
I I :
f
I
I
Fig. 3 • Albero
monofusto eon due
coppie di bighi e
bigo di forza.
I I
I
,I
!: . f
I I
Fig. 4 • Alberi a
portico fcori o senza
alberetto) e colonne di
carico (colonne
degli alberi a portico
e colonne di carico
operanti anche come
estrattori).
213
affiancare ad essi altri elementi che possono sostenere i mezzi necessari per
effettuare le operazioni di carico e scarico delle merci. Questi elementi sono
rappresentati dalle colonne di carico, ossia da coppie di colonne tubolari
che vengono installate presso il lato prodiero o poppiero della mastra del
boccaporto ed a uguale distanza dal piano diametrale (fig. 4).
Le colonne di carico potrebbero essere considerate come alberi laterali,
ma dobbiamo osservare che non vengono mai indicate con questo nome,
mentre è frequentemente usato dalla gente di bordo il termine inglese
derricks.
La presenza delle colonne di carico è normalmente sfruttata anche
-per favorire la ventilazione delle stive e degli. inteq:ionti e non è o,_uindi
raro vedere la loro estremità superiore terminare con una cvjJia in tut·
to simile a quella delle maniche a vento o con la caratteristica testa degli
estrattori.
Per sopportare senza danno le forti sollecitazioni derivanti dall'impiego
del picco o dei picchi che ad essa si collegano, ciascuna colonna è convenien·
temente rinforzata in corrispondenza de1lf1 mastra del ponte scoperto ed è
sostenuta da una o più ritenute di cavo d'acciaio. Queste ultime si chiamano
venti se collegano l'estremità superiore della colonna con le strutture del
ponte o di una paratia, trcwersini se collegano saldamente fra loro le estre·
mità superiori di ciascuna coppia di colonne.
Su qualche nave le coppie di colonne sono co11egate, nella parte su·
periore, dct una intelaiatura metallica che le riunisce in un unico com·
plesso, rendendole più resistenti alle sollecitazioni cui sono sottoposte. 1n
tal caso si può indicare l'intero complesso con la definizione di albero a por-
tico, tuttavia giova rilevare che i naviganti preferiscono chiamare derrick
ciascuna colonna e traversa dei derr1:cks il telaio trasversale di collegamen·
to (fig. 4).
Certe navi non hanno alberi monofusto, ma solo colonne di carico; alcu·
ne coppie di colonne sono allora provviste di traversa di collegamento, an-
che per sostenere un alberetto sul quale trovano adeguata sistemazione i
fanali di navigazione, le sagole per le bandiere, l'antenna della stazione ra-
dio ecc.
Un tipo di albero che viene attualmente installato su roo\te navi da cari-
co è formato da due colonne oblique che presentano l'aspetto di una V rove-
sciata con un angolo al vertice di 20 ° circa.
Le due colonne risultano disposte simmetricamente rispetto al piano
diametrale e sono riunite, in un unico e solidissimo complesso, da una coffa
che collega le loro estremità superiori e costituisce la base di sostegno per
l'eventuale alberetto.
Questo albero - albero bipode - è particolarmente adatto per picchi
di portata considerevole 5 e presenta il vantaggio di non richiedere la pre•
senza di ritenute trasversali (fig. 5).
Un altro albero, anch'esso formato da due colonne oblique e simmetri•
che ris-petto al piano diallletrale, è l'albero Stiilcken (fig. 6). Le due co·
5 Portata di un picco di carico è il carico massimo che esso può sopportare lavorando in
214
!onne sono in questo caso disposte in modo da formare una V al centro della Fig. 5 (a sinistra) -
Albero bipode con
quale si trova un picco di grande portata - picco di forza - che presenta alberetto.
la caratteristica di poter servire due stive. Ciascuna colonna può inoltre so-
stenere due picchi comuni utilizzabili per caricare e scaricare dalle stive Fig. 6 (sopra) - Albero
Stiilcken con picco
adiacenti. di forza.
Il complesso non ha bisogno di ritenute e pertanto offre, come l'albero
bipode, il vantaggio di poter orientare i picchi in un arco di 180°. 6
Di tipo speciale sono anche l'albero Creen e l'albero Hallen.
L'albero Creen è monofusto (fig. 7), ma può fare ugualmente a meno
delle ritenute, grazie alla particolare conformazione della sua base.
L'albero Hallen (fig. 8) è un albero a Y con traversa superiore che, po-
tendo operare senza ritenute, consente il massimo brandeggio (180°) dei
picchi che sostiene.
Esistono .anche alberi a tre colonne, ma sono raramente installati nelle
navi mercantili perché possono essere proficuamente utilizzati solo come
elementi di sostegno per mezzi di segnalazione e avvistamento. A tal fine
l'albero tripode si innalza per alcuni metri al disopra del più alto ponte di
sovrastruttura, ponte che costituisce anche la sua base di sostegno.
6 Se esistono sartie o paterazzi bisogna provvedere alla loro rimozione per poter far la-
vorare il picco in piani poco inclinati rispetto a quello trasversale.
215
I
ni 10
nr~ ------ ----~--- r
Fig. 7 (sopra) - Albero Un albero tripode non richiede ritenute perché la presenza di tre ele-
CrllllR.
menti convergenti verso l'alto e saldamente uniti presso le estremità supe-
Fig. 8 (a destra) - riori rende del tutto superflua la loro funzione.
Albero Hallen. Alberi a traliccio possono essere usati per sostenere antenne-radar e
impianti di segnalazione, ma in pratica si trovano installati soltanto sulle
navi militari. Per le navi mercantili si preferiscono infatti alberi monofusto
aventi sezione a U e saldamente fi ssati su un ponte di sovrastruttura. Que-
sti alberi sono piuttosto corti (e potrebbero per ciò essere chiamati alberet-
ti) e non richiedono la presenza di ritenute (fig. 9).
Tutti gli alberi devono avere i mezzi necessari per raggiungere la loro
estremità superiore. A tal fine sono normalmente provvisti di una scala me-
tallica a pioli, stabilmente fissata sulla loro superficie esterna, che consente
una ascesa facile e rapida.
Alcuni di essi portano, presso l'estremità superiore , un'asta orizzontale,
disposta trasversalmente, che si chiama pennoncino; questo risulta partico-
larmente utile per alzare bandiere o altri segnali perché provvisto di nume-
rosi piccoli bozzelli nei quali sono inferite altrettante sagole (fig. 9) che fan-
no capo a un ponte di sovrastruttura o al ponte di coperta. 7
7 Le sagole per le bandiere sono talvolta sostenute da un cavo che si chiama draglia e
che si estende fra il fumaiolo e la parte superiore dell'albero installato a proravia del ponte
di comando.
216
Un'altra asta che si trova talvolta applicata a poppavia dell'alberetto di Fig. 9 • Albero
portasegnali
maestra, più o meno inclinata rispetto al piano orizzontale e giacente nel di una grande
piano diametrale, è il picco. Al picco (fig. 1) si inalbera la bandiera nazionale nave cisterna.
quando la nave è in navigazione, mentre durante le soste nei porti o nelle
rade la stessa bandiera viene alzata all'asta di poppa o asta della bandiera ,
ossia a un'asta che si innalza, verticalmente o quasi, al di sopra del corona-
mento o dell'estremità poppiera di un ponte del cassero di poppa (fig. 6,
cap. III).
Anche sull'estrema prora si nota la presenza di un'asta disposta verti-
calmente che si chiama asta del jack e alla quale si inalbera una piccola ban-
diera con i colori della società armatrice della nave. 8
217
Sistemazioni per la
manovra del carico
CAPITOLO
1. Generalità
1 Queste navi sono ovviamente vincolate a svolgere il loro servizio fra porti dotati di at-
trezzature per la movimentazione delle merci alla rinfusa (carbone, minerali, fosfati, grafla-
glie ecc.).
2 Esistono sistemazioni che vantano una portata di 2 500 e più kN.
219
2. Picchi di carico
amantii;jliO ,
"O
(I)
"'
(")
"'
:,
~
fir;i. 2 - Manovre
dei bighi e relativi
verricelli: 1) verricelli
dell'am~ntiglio;
2} verricelli degli
ostini; 3) verricello
della spagnola;
4) comandi per la
manovra cornbina1a
dei verricelli,
degli amantigli, degli
ostini e della spagnola;
5) verricelli dei
pescanti; 6) comandi
per la manovra dei
verricelli dei pescantì.
220
associato a un verricello, ma per molte sistemazioni è prevista la manovra
manuale) e per impedirgli di oscillare quando si sollevano o si abbassano
pesi;
c) un sistema funicolare - ostino interno - del tutto simile al prece-
dente e avente origine nella parte laterale interna della testa del bigo, op-
pure un sistema funicolare - spagnola - che collega le parti laterali inter-
ne delle teste di ciascuna coppia di bighi e che svolge, con minore ingombro,
le stesse funzioni dei rispettivi ostini interni;
d) un cavo oppure un sistema funicolare - pescante - che viene utiliz-
zato per sollevare, abbassare e spostare pesi e che, partendo da un verricel-
lo installato vicino al piede del bigo, giunge in coperta o nella stiva o sulla
banchina portuale dopo essere passato sotto la sua testa. 3
Per far passare il pescante sotto la testa del bigo, seguendo un per-
corso il meno ingombrante possibile, si usano bozzelli di adeguata robu-
stezza e convenientemente sistemati sotto il piede e sotto la testa.
Altri bozzelli sono utilizzati per realizzare gli ostini, le spagnole e gli
amantigli a paranco e per far discendere gli amantigli dalla parte superiore
degli alberi alla coperta o ai verricelli di manovra (fig. 3).
Numero e lunghezza dei bighi sono stabiliti tenendo conto delle caratte-
ristiche della nave e avendo presente l'esigenza di poter contare su uno
sbraccio - volata - che consenta di portare e prendere il carico a 2 m circa
4
dalla murata con una elevazione sensibilmente superiore a quella minima.
:i I sistemi funicolari costituenti le manovre dei bighi sono solitamente del tipo «ghia
doppia" o del tipo «paranco semplice».
4 Per elevazione minima si intende la elevazione minima di lavoro che è di 15 °.
221
Fig. 3 • Parti di una si-
stemazione per il carico
(A, B).
i
I
i
I
I
I 9
8
lj,
11
12
19
222
Fig. 4 (a fianco) - Gru
a pescante semplice
per merci varie.
223
3. Gru
0
Le portachiatte sono di solito chiamate navi LASH (lighters aboard shi p).
224
!' l
Sistemazioni per la
manovra dei carichi liquidi s! IIY
.
CAPITOLO
1. Generalità
225
2. Sistema di tubazioni e pompe principali
riscaldatore-
Fig. 2 • Sistema di
pompe e tubazioni per
il carico
(p.m. =presa
dal mare).
226
cazione senza far passare il carico attraverso il locale pompe; a
c) numerosi tubi trasversali o longitudinali - branchetti di derivazione
- che si dipartono dai collettori del fondo e sboccano nei punti più bassi
delle cisterne;
d) alcuni tubi trasversali - traverse - che collegano fra loro i collettori
del fondo e i tubi di aspirazione e mandata delle pompe;
e) numerose valvole di intercettazione - valvole a saracinesca - mano-
vrabili dal ponte di coperta o con dispositivi di telecomando i cui terminali
sono raggruppati in uno speciale banco - consolle - sistemato in un locale
chiamato centrale di caricazione (la posizione delle valvole a saracinesca di-
pende dalle caratteristiche della sistemazione e dalla esigenza di poter cari-
care e scaricare ciascuna cisterna utilizzando uno qualsiasi dei collettori di
coperta e del fondo, di poter collegare ciascun collettore con una qualsiasi
delle pompe principali, di poter escludere una qualsiasi delle cisterne dalle
operazioni di carico e scarico).
Diversi sono i criteri seguiti per la realizzazione del sistema di tubazioni
principali, tuttavia si può ritenere che questi conducono sostanzialmente ad
un sistema detto anulare, ad un sistema detto free-flow o ad un sistema det-
to diretto.
Con il sistema anulare il fondo delle cisterne viene percorso da uno o
più collettori ad anello (fig. 3) che, con l'ausilio di branchetti di derivazione,
traverse e saracinesche, mettono in comunicazione ciascuna cisterna con
ciascuna pompa principale.
Fig. 3 - Schema di
sistema anulare:
1) collettore
ad anello: 2) traversa;
3) valvola a
saracinesca;
3 2 2 4) pompa pri nei pale.
3 Escludere o by-passare il locale pompe è quanto mai opportuno perché l'imbarco si ef-
fettui senza usare le pompe di bordo. Il carico affluisce infatti alla stazione di carico sotto pres-
sione generata per gravità o a mezzo di pompe sistemare a terra.
227
Fig. 4 (a destra)
Schema di sistema
free-flow:
1) valvola a
saracinesca;
2) traversa:
3) tubo di aspirazione: 4 3 2
4) pompa principale.
UI Il
I
5 2 4 3 3 2 4 3 2 4 1
Fig. 5 - Schema di Il sistema diretto (fig. 5} è indubbiamente il più diffuso perché offre le
sistema diretto: maggiori possibilità di adattamento alle particolari esigenze delle navi in
1) traversa;
2) valvola master: cui viene installato.
3) valvola cross-aver: Per una sia pur rapida descrizione delle sue caratteristiche bisogna in-
4) valvola a
saracinesca: nanzitutto precisare che la sua utilizzazione comporta la necessità di divide-
5) pompa principale: re la parte di nave destinata al carico in tre zone.
I) primo gruppo Ogni zona è servita da una pompa principale collegata a un collettore
di cisterne;
Il) secondo gruppo di fondo dal quale si dipartono branchetti di derivazione che sboccano nelle
di cisterne: cisterne che essa racchiude.
111) terzo gruppo I diversi collettori del fondo sono a loro volta collegati da traverse prov-
di cisterne.
viste di speciali saracinesche, chiamate cross-over, mentre ciascuna zona
può essere isolata dalla rispettiva pompa mediante la chiusura di una sara-
cinesca principale detta master.
Ciò consente di vuotare ciascuna cisterna con una qualsiasi delle pompe
principali e di utilizzare la pompa di una zona per accelerare la scaricazione
delle cisterne delle zone rimanenti.
Il sistema di tubazioni e pompe principali di una nave cisterna può esse-
re eccezionalmente usato anche per lo sbarco e l'imbarco della zavorra sem-
preché siano rispettate le norme della Convenzione Internazionale per la
prevenzione dell'inquinamento causato da navi (MARPOL 73/78). 4
Una sistemazione principale utilizzabile anche per le operazioni di za-
228
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P.M, fondo
Fig 6 -
Rappresentazione
schematica di un
v-----------------~ e sistema di tubazioni e
pompe principali:
P) pompa:
CC) caduta:
TT) 1raversa dei
collettori ;
AA) traversa dei tubi
di aspirazione:
SS) traversa dei tubi
di mandata:
VZ) collettore di
coperta coperta :
PM ) presa dal mare.
229
,
I
5 Ciò in quanto la corrosione è particolarmente temibile nelle zone basse delle cisterne
dove, per le ragioni che conosciamo, vi è alternanza di carico e di acqua di mare. Sulle navi
che trasportano gas liquidi o prodotti chimici può essere necessario usare tubazioni in acciaio
inossidabile.
fi Nelle navi moderne esistono anche telecomandi accentrati nella centrale di carica-
zione.
7 Nelle navi moderne esistono, anche per le valvole del sistema stripping, telecomandi
230
4. Impianti per il riscaldamento del carico
Fig. 8 • Serpentine
di riscaldamento
del carico.
231
Per soddisfare questa esigenza sono disponibili diversi tipi di impianti
di lavaggio, ma il più usato è quello che viene indicato con il nome di siste-
ma, Butterworth.
Un impianto Butterworth assicura la possibilità di inviare, in ogni punto
delle cisterne, potenti getti di acqua pressurizzata fredda, o a elevata tem-
peratura. A tale scopo, attraverso apposite aperture del ponte o attraverso
i boccaportelli delle cisterne, vengono calate, all'interno di ciascuna cister-
na, manichette flessibili di lunghezza regolabile portanti all'estremità infe-
riore un apparecchio - Butterworth - la cui parte più importante è un
Fig, 9 - Sutterworlh:
a) a due ugelli; a
tl) a tre ugelli,
doppio o triplo ugello (fig. 9). Gli ugelli dei Butterworth possono essere fatti
ruotare, sia in un piano orizzontale che in un piano verticale, per lavare ac-
curatamente tutta la cisterna in cui operano.
L'acqua che fuoriesce dagli ugelli può essere portata alla temperatura
richiesta per le operazioni di lavaggio in un apposito riscaldatore a vapore.
Una pompa provvede a inviare l'acqua di lavaggio in un collettore di
coperta 8 alle cui diramazioni si innestano le manichette del Butterworth.
L'emulsione di acqua e residui che si accumulano sul fondo delle cisterne
viene espulsa fuoribordo o raccolta in cisterne di decantazione (slop-tanks)
a mezzo delle sistemazioni per lo stripping.
Per le nuove costruzioni di S.L. superiore a 20 000 tonnellate è prescrit-
to dalle norme MARPOL 73/78, ~ un impianto per il lavaggio periodico del-
le cisterne con il sistema COW (Crude Oil Washing), ossia un impianto
(pompe, tubolature e macchinette fisse per il lavaggio) che consente di lava-
re le cisterne con getti del petrolio grezzo che esse contengono e di risciac-
quarle successivamente con acqua.
Le stesse norme stabiliscono regole precise per la sicurezza delle opera-
zioni di lavaggio, 10 per il trattamento e la conservazione a bordo dei resi-
dui oleosi, per la loro discarica a mare e a terra.
232
6. Impianti di degassiticazione
'i
Questo pericolo sussiste quando il gas che si accumula nelle cisterne
Fig. 10 • Valvola
automatica per gli
sloghi dei gas:
a) valvola chiusa:
b) valvola aperta
da insufficiente
pressione nella
cisterna (afllusso di
aria esterna): c) valvola
aperta da eccessiva
pressione del gas della
a b e cisterna {fuoriuscita
di gas).
11 Le cisterne non vengono mai riempite completamente per non mandarle in pressione
in caso di dilatazione del carico conseguente ad aumenti di temperatura. L'altezza del vuoto
- uUage - risulta normalmente uguale al 3% circa dell'altezza della cisterna.
233
do tutti i boccaportelli, inserendo maniche a vento di tela in ogni comparti-
mento e azionando speciali ventilatori o aspiratori meccanici.
Si intuisce tuttavia che, dovendo passare con la sola ventilazione da una
atmosfera non esplosiva perché troppo ricca di gas (quale è quella di una
cisterna appena svuotata) ad una atmosfera non esplosiva perché troppo
povera di gas (quale è quella di una cisterna lavata e pronta per la caricazio-
ne), è difficile evitare che per un certo periodo di tempo sia presente, in cia-
scuna cisterna, una miscela esplosiva.
Ora, se durante tale periodo dovesse scoccare una scintilla per cause im-
prevedibili, niente potrebbe evitare l'esplosione.
È proprio per eliminare questo periodo di potenziale pericolosità che
sono stati ideati, e resi obbligatori per navi di SL superiore a 20 000 ton,
adeguati sistemi di protezione a gas inerte, 12 ossia sistemi che consento-
no di evitare la formazione di miscele esplosive mantenendo bassa la per-
centuale di ossigeno presente nell'aria delle cisterne.
Semplificando al massimo, si può ritenere che un impianto a gas inerte
sia costituito tla una apparecchiatura che invia nelle cisterne, dopo averli.
accuratamente depurati e raffreddati, i prodotti gassosi della combustione
che si svolge nell'apparato motore (fig. 11).
È evidente che con l'immissione nelle cisterne di un flusso di gas inerte
si ottiene una progressiva riduzione dell'ossigeno e dei gas infiammabili
presenti nella loro atmosfera; è parimenti evidente che il potenziale perico-
lo di esplosione può essere eliminato se si agisce in modo da far scendere
la percentuale di ossigeno al disotto dell'l l % prima che la percentuale di
gas infiammabile scenda al disotto del 9% e se si opera in modo da conser-
vare tale condizione finché quest'ultima percentuale non risulti inferiore a1
2% (fig. 12).
Gli impianti attualmente disponibili consentono di mantenere in perma-
nenza una atmosfera inerte nelle cisterne cosicché 1a nave possa effettuare
anche le operazioni di caricazione e scaricazione in condizioni di massima
sicurezza.
7, Sistemi automatizzati
234
5
6
'-:
I ~
i
"' '_)
6
•-9
Fig. 11 - Schema di impianto a gas Inerte: 1) condotto dei fumi della combustione: 2) indicatore di ossige-
no: 3) cassa di raffreddamento e depurazione; 4) rivelatore-alta temperatura del gas: 5) presa d'aria : 6)
ventilatore: 7) condotta per il ritorno in circolo del gas: B) condotta mandata gas alle cisterne: 9) valvola
manovrata da dispositivi di asservimento: 10) valvola manovrata a mano.
Fi9. 12 • Protezione ► o
delle cisterne a mezzo
20
di gas inerte: l'afflusso
di gas inerte provoca
,, .,., ,,,, ,
~
o
o 2 4 6 8
235
D
o
D
14
Flg. 13 - Sistema automatico AEG-LOGSTRIP per la caricazfone a sc,ricazlone di grandi petroliera: 1) calco-
latore df carico: 2) quadro di programmazione; 3) parte elettronica; 4) quadro di comando per due pompe
principali e due pompe •stripping»: 5) Indicatore di veiocità della pompa: 6) indicatore di posizione del re-
golatore di vapore vivo;. 7) regolatore di vefqcità: 8) indicatore della pressione del vapore vivo: 9) indicatore
della pressione del vapore di.scarico.; 10) spie e pul.sant1 per telecomandare l'avviamento delle turbine; 11)
quadro di comando econttolkl del\~ vat.iò\e «master-• e •crosS-Ò'•ier»; 12} inàicatore di posiz\one: 13) pul-
santi di «apertura» e «chlùsura• v.ilvole; 14) conso11e·ibanco di comando); 15) indicatore d'asse1to; 16)
indicatore di sbandame,ito: 17) indi<;atore.pescagglo di poppa; 18). indicatore pescaggio al centro. lato sinl-
·. .• ·,.
o
28
AEG
b
33
stro; 19) Indicatore pescaggio al centro, lato dritto; 20) iridicatore pescaggio di prua: 21) microfono; 22)
avviamento automatico; 23) blocco di emergenza: 24) soppressione blocco di emergenza: 25) quadro di
controllo; 26) commutatore-selettore per la caricazione automatica, la scarlcazione automatica e il teleco·
mando: 27) telefono; 28) quadro di simulazione; 29) quadro di comando e controllo per le cisterne di carico;
30) indicatore di posizione della valvola principale; 31) indicatore di livello; 32) indicatore di posizione cli
valvola •strippar»: 33) regolazione del «peso specifico»; 34) pulsanti di «apertura» e «chiusura• per teleco·
mando; 35) indicatore di posizione dèlle saracinesche-del .sist~ma«free-flow•: a) dritta; b) centro nave;
c) sinistra; d) corridoio di servizio.
• lnerdzzare il Doppio Fondo per non meno di dodici ore.
• Lavaa(o a ciclo continuo per non meno di quattro ore.
• Dqu1lfleulone per non meno di ventiquattro ore tramite ventilazione allo scopo di
rimuovere e sostituire con aria i vapori di idrocarburi e il gas inerte per rendere il
Doppio Fondo accessibile a visita.
Ancore e catene
CAPITOLO
1. Generalità
239
ancore a marre articolate le ancore aventi marre che possono ruotare, sia
pure entro certi limiti, attorno ad un asse ben determinato.
Fig. 1 (a fianco) •
Ancora a marre fisse
(tipo Ammiragliato):
1) fuso; 2) ceppo;
3) cicala; 4) diamante;
5) marra; 6) patta;
7) orecchia; 8) unghia.
Fig. 2 (a destra) •
Ancora a marre 8
articolate (tipo Hall):
1) fuso: 2) cicala;
3) marra;
4) contromarra:
5) orecchia,
6) palla: 7) unghia.
240
• ceppo: trave di legno o d'acciaio fissata sulla testa del fuso e disposta
perpendicolarmente a questo e al piano delle marre.
Il ceppo deve avere lunghezza maggiore della distanza che intercorre
fra le unghie delle due marre. La sua presenza ha lo scopo di obbligare l'an-
cora a disporsi con una sola marra appoggiata sul fondo, cosicché sia assicu-
rata la presa non appena viene esercitata dal1a catena la necessaria tra-
zione.
241
• ingombro e peso sul ponte;
• possibilità di danneggiare il fondo deilo scafo;
• possibilità di 1:nceppare" o di ammarrare 6 l'ancora.
Le difficoltà e le lungaggini nella manovra per salpare derivano dalla
presenza del ceppo. Questo impone infatti la necessità di collocare l'ancora
sul ponte o a murata, anziché sistemarla con il fuso in cubìa e le marre sal-
damente aderenti al fasciame del mascone, come avviene per le moderne
ancore a marre articolate.
L'ingombro e il peso sono determinati dalla esigenza di disporre delle
apparecchiature (gru) necessarie per alzare l'ancora fino al ponte, e dalla
presenza su di esso del ceppo o delle marre quando l'ancora non viene uti-
lizzata.
II pericolo di danneggiare il fondo dello scafo sorge dalla possibilità che
la nave vada ad ancorarsi in acque così poco profonde da urtare, quando
si sposta per assenza di vento o di corrente o per inversione della loro dire-
zione di provenienza, contro la marra che rimane sporgente dal fondo
marino.
La stessa marra o il ceppo possono infine impigliarsi nella catena provo-
cando quelle situazioni dì ammarramento o di inceppamento che non solo
comportano perdita di tempo per liberare l'ancora quando essa viene salpa-
ta, ma rischiano di spedare l'ancora, ovvero di svellerla dal fondo quando
più necessaria sarebbe la sua azione, con conseguenze facilmente immagi-
nabili per la sicurezza della nave.
Le ancore a marre fisse sono normalmente dotate di due marre ma
non mancano esempi di ancore con un numero diverso di marre e che
possono essere ancor oggi utilmente impiegate per ormeggi di tipo parti-
colare.
Dal numero delle marre e dalle caratteristiche del ceppo deriva la se-
guente classificazione delle ancore a marre fisse:
• ancora comune: ancora a due marre, nota anche come ancora romana
perché deriva dal modello ideato dagli antichi romani (fig. 3). Il suo ceppo
è di legno e risulta costituito da una coppia di robuste travi di quercia che
imprigionano il fuso e sono stabilmente unite fra loro mediante un congruo
numero di solidi collari metallici;
• ancora Ammiragliato: ancora simile a quella comune ma con il ceppo
metallico e smontabile anziché fisso 7 (fig. 4).
II ceppo di queste ancore è costituito da un palo d'acciaio che si introdu-
ce in un foro a tal fine praticato nella testa del fuso, e che può essere sfilato
per ridurre l'ingombro quando l'ancora è in posizione di riposo.
L'inamovibilità del ceppo durante l'ancoraggio è assicurata da un rin-
grosso ricavato a metà circa della sua lunghezza e da una chiavetta che
5
Ancora inceppata è un'ancora la cui catena è rinìa!lta impigliata sul ceppo.
6
Si dice ammarrata l'ancora che ha la catena impigliata su una marra.
7
L'innovazione fu apportah1 dal\' Ammiragliato britannico nel 1852 ed è per questo mo-
tivo che le ancore così modificate furono e sono chiamate ancore Ammiragliato.
242
)
Fig. 3 (sopra a
sinistra) - Ancora
comune.
Fig. 5 (a fianco) -
Ancoressa.
la.· .,;
8
La chiavetta è applicata ali' estremità di una catenella che rimane fissata al ceppo, dal-
la parte del ringrosso.
243
L'ancoressa può essere usata solo per ormeggi fissi, ossia per ormeggia-
re boe e corpi morti,~ ed è priva di una marra per evitare le conseguenze
derivanti dalla sua inutile e dannosa presenza sul fondo marino.
Il maniglione del diamante viene utilizzato per incocciare il cavo che ser-
ve per affondare l'ancoressa e per salparla qualora si rendesse necessario
rimuovere ìl galleggiante che ad essa è stato ormeggiato;
• ancora security: moderna ancora a marre fisse, ma senza ceppo, pro-
dotta in Italia e largamente usata per l'ormeggio di grandi boe e corpi mor-
ti (fig. 6).
È sostanzialmente costituita da una cassa di lamiere d'acciaio - pia-
stra - , da due grosse marre uscenti dalla parte anteriore della cassa e incli-
nate di 45° rispetto al suo asse verticale, da due bracci convergenti fissati
al disopra delle marre e formanti il fuso, da tre golfari la cui presenza ha
lo scopo di facilitare l'aggancio della braga utilizzata per le operazioni di af-
fondamento e ricupero dell'ancora;
F\g. 6 \a sinistra) - • ferro: piccola ancora a quattro marre e senza ceppo, tutt'ora usata per
Ancora «Security».
l'ancoraggio delle imbarcazioni (fig. 7);
Fig. 7 (al centro) -
Ferro. • grappino o rampino: piccola ancora in tutto simile al ferro, ma con mar-
Fig. 8 (a destra) _ re sprovviste di orecchie e patta (fig. 8). Si usa per ancorare piccole imbar-
Rampino o grappino. cazioni e per rastrellare il fondo alla ricerca di un'ancora perduta.
\j Le boe sono notoriamente dei piccoli o grossi galleggianti aventi forma conka. cilindri-
ca o sferica, che possono essere utilizzati per l'ormeggio delle navi - boe da orrneggi o - o per
la sistemazione di segnali ottici, acustici o radiotelegrafici - boe da segna.li - .
I corpi rnorti sono grosse catene che giacciono sul fondo e alle quali possono ormeggiarsi
le navi avvalendosi di piccoli galleggianti (boe o gavitelli) che segnalano la loro posizione e di
una catenella - grippia - che li collega alla loro estremità libera.
244
5. Tipi di ancore a marre articolate
°1 Con la soppressione del ceppo si è creata, come già abbiamo rilevato, la possibilità di
sistemare le ancore sui masconi, con il fuso completamente rientrato in cubìa.
245
Le marre delle ancore Martin possono ruotare attorno ad un robusto
perno che attraversa l'estremità inferiore del fuso, descrivendo, rispetto a
quest'ultimo, un angolo massimo variabile fra i 30° e i 40° (angolo di
presa).
Le prime ancore Martin rivelarono una insoddisfacente capacità di
presa ma si superò questa difficoltà ideando un nuovo modello prov-
visto di contromarre che prese il nome di ancora Martin modificata.
Le contromarre dimostrarono la loro efficacia nel provocare la rotazio-
ne delle marre, e quindi la presa, in una serie di esperienze che furono
effettuate dal!' Ammiragliato britannico nel 1885 e che portarono alla ado-
zione dell'ancora Martin modificata su molte navi della marina militare bri-
tannica;
• ancora lnglefield: ancora originariamente provvista di ceppo ma suc-
cessivamente liberata da questo ingombrante accessorio.
Una particolarità di quest'ancora è la testa divisa in due parti, opportu-
namente collegate fra loro e al fuso. Il collegamento è realizzato mediante
due grossi perni, uno dei quali attraversa l'estremità forata del fuso. L'arti-
colazione fra la testa e il fuso avviene attorno a quest'ultimo perno, mentre
la presenza dell'altro, oltre che costituire un elemento di maggiore resi-
stenza, contribuisce ad evitare che la rotazione delle marre superi il limite
stabilito per l'angolo di presa.
L'ancora Inglefield venne sperimentata dall'Ammiragliato britannico
nello stesso anno in cui furono eseguite le prove dell'ancora Martin modifi-
cata. I risultati furono soddisfacenti e pertanto anche questo modello entrò
a far parte delle ancore in dotazione alle navi della marina militare dì quel
paese;
• ancora Hall: ancora ideata verso la fine del secolo scorso ma ancora
oggi molto usata dalle navi di tutte le marinerie. È costituita da un fuso
che termina nella parte inferiore con due ringrossi chiamati orecchioni e da
una testa che è rappresentata da un solidissimo blocco d'acciaio dal quale
si diramano le marre e le contromarre (fig. 2).
La testa dell'ancora Hall presenta un largo foro nel quale viene intro-
dotto il fuso; questo è libero di ruotare rispetto alle marre ma non può sfi-
larsi perché trattenuto dagli orecchioni (che trovano alloggio in appositi in-
cavi ricavati nella parte forata della testa) e da due solide chiavarde che
ostruiscono lo sbocco inferiore dell'apertura.
Il maggior pregio di quest'ancora è costituito dal fatto che lo sforzo di
trazione non è sopportato da perni più o meno robusti ma dai due orecchio-
ni con cui termina la parte inferiore del fuso; le due chiavarde hanno il solo
scopo di impedire al fuso di sfilarsi quando l'ancora non è in trazione, elimi-
nando così quegli inconvenienti che possono verificarsi quando l'articolazio-
ne si basa sulla presenza di perni.
Le ottime prestazioni dell'ancora Hall furono definitivamente prova-
te dalle esperienze che ebbero luogo nel 1891 in Inghilterra e nel 1892
in Germania. In tali occasioni si confrontarono la capacità di presa e di
tenuta delle ancore Hall, Martin modificata, Inglefield, Ammiragliato e al-
tri tipi a marre articolate presentati da diverse fabbriche, e si constatò che
l'ancora Hall offriva nel complesso le migliori garanzie per un sicuro or-
meggio.
246
Numerosi altri tipi di ancore a marre articolate furono e sono realizzate
in diversi paesi europei ed extra-europei. Fra i tipi più noti ricordiamo le
ancore Ansaldo, le ancore Fonderie Milanesi di Acciaio, le ancore Tyzach,
le ancore Dariforth, le ancore Wasteneys-Smith, le ancore Torino, le ancore
Brown e le ancore H artsborne.
6. Ancore speciali
Si definiscono ancore speciali tutte quelle ancore che non hanno marre
e non possono quindi essere incluse né nella famiglia delle ancore a marre
fisse né in quella delle ancore a marre articolate.
Le ancore speciali sono usate per ormeggi fissi.
Fra i diversi tipi proposti con maggiore o minore successo meritano par-
ticolare attenzione:
• le ancore a fungo: ancore costituite da una calotta sferica sulla quale
si innesta il fuso e che vengono affondate in una buca preventivamente sca-
vata sul fondo;
• le ancore Langston: anch'esse costituite da una calotta sferica, ma
sprovviste di fuso e caratterizzate dalla presenza di un tubo dal quale fuo-
riesce un getto d'acqua capace di scavare la buca nella quale vengono affon-
date. Il tubo può essere rimosso dopo ls sistemazione dell'ancora e nuova-
mente applicato per favorire eventuali operazioni di ricupero della stessa.
Di tipo particolarissimo è l'ancora galleggiante, ossia un'ancora che ri-
sulta formata da un complesso galleggiante e che viene usata per mantene-
re un'imbarcazione o una piccola nave con la prua al vento e al mare.
L'ancora galleggiante può essere costruita a bordo, in caso di necessità,
con travi di legno e tela disposti in modo da formare una specie di aquilone
subacqueo. Considerato però che la sua efficacia risulta assicurata soltanto
se rimane immersa e disposta verticalmente, quest'ancora deve essere
provvista di un elemento zavorrante e di un galleggiante che le impedisca
di andare a fondo.
La più comune ancora galleggiante è quella che sì trova in dotazione alle
imbarcazioni di salvataggio e normalmente costituita da un cono di tela -
spera - con la base aperta e opportunamente irrigidita.
In ogni caso l'ancora galleggiante viene collegata alla prua della nave
o imbarcazione con un cavo di adeguata lunghezza; il cavo deve essere fissa-
to all'ancora in modo da farla rimanere nella posizione che le consente di
opporre la massima resistenza allo scarroccio. t 1
11 Si chiama scarroccio lo spostamento che subisce una nave o un galleggiante per effet-
to del vento, del mare o della corrente.
247
Ogni lunghezza è costituita da una serie di maglie aventi forma ellit·
tica e provviste di un traversino incastrato o saldato fra i loro rami la·
terali (fig. 9) al fine di accrescerne la resistenza alla trazione e di evitare
la formazione di cocche 12 quando la catena giace nel pozzo o sul fondo
marino.
Le catene a maglie senza traversino non sono ammesse per le ancore
di po,5ta, 13 ma possono essere usate per formare rizze 14 e bozze, 15 per i
mezzi di carico e scarico e per l'eventuale ancora di corrente. 16
Per collegare fra loro le diverse lunghezze che formano la catena posso·
no essere usate maniglie d'unione (fig. 10) e maglie scomponibili tipo
Kenter (fig. 11), tuttavia è a queste ultime che si ricorre normalmente. Ciò
perché, avendo le maglie Kenter la stessa forma delle maglie comuni e di-
mensioni solo in parte maggiorate, si eliminano, con il loro impiego, alcuni
inconvenienti cui danno luogo le maniglie d'unione durante le operazioni di
salpamento. 17
Le maglie delle lunghezze co1legate mediante maglia Kenter (fig. 12)
hanno tutte le stesse dimensioni e sono ugualmente provviste di traversino;
le lunghezze che si collegano mediante maniglie d'unione sono invece for-
mate da una serie di maglie con traversino e perfettamente uguali che si
dicono maglie comuni, da due maglie con traversino (una su ciascuna ma·
glia comune di estremità) che si definiscono ingrossate o rinforzate perché
formate con tondino avente calibro maggiorato del 10% e dimensioni più
grandi delle maglie comuni, da due maglie senza traversino - maglie capi-
testa - inserite nelle maglie ingrossate di ciascuna estremità e aventi le
stesse dimensioni di queste ultime, ma calibro del tondino maggiorato di un
ulteriore 10% rispetto alle maglie comuni.
La catena dell'ancora viene collegata al maniglione di cicala per mezzo
di un maniglione d'ancora (fig. 13) che è costituito da una grossa maniglia
d'unione o da una speciale maglia scomponibile dissimmetrica.
Più frequentemente però, e segnatamente per le catene le cui lunghezze
sono collegate con maglie Kenter, il collegamento della catena con il mani-
glione di cicala avviene per interposizione di uno spezzone che si chiama
penzolo di cima e che risulta normalmente formato con i seguenti elementi
(fig. 14):
• mrmiglione d'ancora (per l'unione con la cicala);
• maglia terminale senza traversino;
• maglia ingrossata;
1
~ Si dice che una catena ha preso delle cocche quando le sue maglie si incastrano l'una
nell'altra. La loro presenza ostacola il passaggio della catena in una speciale ruota a impronte
- bwrbotin - facente parte della macchina per salpare.
i i Ancore a11ogate nelle cubìe dei masconi.
14 Le rizze sono spezzoni di cavo o di catena utilizzati per immobilizzare oggetti e attrez-
zi soggetti a spostarsi a causa delle oscillazioni di rollio e di beccheggio.
1" Si definisce bozza uno spezzone di cavo o di catena che si usa per trattenere tempora·
neamente un cavo più grande o una catena.
1H Ancora di poppa.
17 Difficoltà di passaggio attraverso la speciale ruota a impronte della macchina sal-
pancore.
248
Fig. 9 Fig. 10
Fig. 11
Fig. 12 Fig. 13
maglie comuni
Fig. 14
Fig. 9 - Catene per
ancore.
Fig. 1O - Maniglie
d'unione.
Fig. 11 - Maglia
Kenter.
Fig. 12 • Lun ghezza di
catena con maglia
Kenter.
Fig. 13 - Maniglione
d'ancora.
Fig. 14 - Penzolo di
cima: 1) maglia
tornichello; 2) maglia
ingrossata; 3) maglia
senza traversino·.
4) maniglione d'ancora
249
• maglia tornichetto;
• magl-ia ingrossata;
• magZ.ia comune oppure maglia terniinale senza traversino;
• magl-ia scomponibile (Kenter) oppure maniglia d'urtione.
La rnaglia tornichetto viene inserita nel penzolo per evitare alla catena
dannosi sforzi di torsione. Per la stessa ragione si può trovare una maglia
tornichetto anche nella penultima e nell'ultima lunghezza ma non nelle lun-
ghezze rimanenti perché la sua presenza rende difficoltoso il passaggio del-
la catena attraverso la ruota a impronte della macchina salpancore.
L'ultima maglia dell'ultima lunghezza viene solidamente collegata ad un
golfare applicato su una parete del pozzo; il collegamento si effettua me-
diante gancio a scocco cosicché sia possibile filare in mare tutta la catena
- filare per occhio - in caso di necessità. Questa operazione, rarissima
nelle ng,vi a propulsione meccanica, era abbastanza frequente al tempo del-
la marina velica. Per evitare le lungaggini del sall)amento con i mezzi allora
disponibili, un veliero che fosse stato investito da una burrasca e avesse de-
ciso di lasciare l'ancoraggio per non finire in costa, preferiva infatti filare
per occhio e ricuperare successivamente ancora e catena. A tal fine, ancor
prima di dar fondo l'ancora, provvedeva a stabilire un segnale adatto ad
evitargli ogni ricerca. Il segnale era costituito da un gavitello o altro galleg-
giante, collegato al diamante dell'ancora con un cavo - grippia - di lun-
ghezza e circonferenza adeguate, che veniva messo irl mare prima di dar
fondo.
Attualmente non si prevede l'eventualità di dover filare per occhio e
pertanto non viene predisposto alcun segnale. Se per avaria all'apparecchio
salpancore o per altri eccezionali motivi non fosse possibile salpare regolar-
mente, si collega la grippia ad una maglia prima di aprire il gancio a scocco.
Di regola si ritiene però più conveniente tagliare la catena per non privarsi
della piirte di essa che giace ancora nel pozzo. 18 In ogni caso si dispongono
le cose in modo da lasciare via libera al cavo che porta il gavitello alla estre-
mità libera della catena.
18 Anziché tagliare una maglia si preferisce, se possibile, ottenere lo stesso risultato sfi-
lando il perno (smanigliando) di una maniglia d' unione o di una maglia Kenter.
250
di riserva, normalmente indicata come ancora di speranza, e una piccola
ancora, cui abbiamo già accennato, che si chiama ancora di corrente.
Le ancore di posta devono essere sempre pronte all'uso e sono a tal fine
provviste di un adeguato numero di lunghezze di catena che possono essere
filate in mare con manovra semplice e rapida.
L'ancora di speranza ha le stesse caratteristiche delle ancore di posta
ma non una propria catena perché si usa soltanto qualora vada perduta una
di queste in seguito a rottura della catena o a sfilamento del perno del mani-
glione d'ancora o di una maniglia d'unione. In tal caso si collega l'ancora
di speranza all'estremità della rimanente catena dell'ancora perduta, e la
si adopera come una normale ancora di posta in attesa del ricupero o della
sostituzione di quest'ultima.
Il collegamento dell'ancora di speranza alla catena dell'ancora di posta
avviene per interposizione di maniglione d'ancora o di maglia scomponibile
dissimmetrica o di penzolo, e pertanto deve essere disponibile, fra le parti
di rispetto, uno o più d'uno di questi elementi.
Per facilitare le operazioni necessarie per provvedere alla sostituzione
di un'ancora di posta, l'ancora di speranza viene rizzata in un apposito ba-
samento - scarpa - sistemato nella parte prodiera del ponte di coperta
o sul ponte del castello.
L'ancora di corrente è normalmente rizzata su una scarpa sistemata
nella parte poppiera del ponte di coperta, ma si può anche trovare allogata
in una apposita cubìa esistente a tal fine sullo specchio di poppa.
Ciò premesso, osserviamo che la tabella relativa all'armamento marina-
resco riporta, in corrispondenza di un fattore che si definisce modulo d'ar-
mamento ed il cui valore dipende dal dislocamento della nave a pieno carico
e dalla estensione dell'opera morta, 19 il numero e la massa delle ancor e, la
lunghezza e il calibro delle loro catene e gli elementi caratteristici dei cavi
d'ormeggio e del cavo di rimorchio. In detta tabella non si fa alcuna distin-
zione fra le ancore di posta e quella di speranza ma è evidente che come
tale deve essere considerata la terza ancora de1le navi che ne hanno più di
due.
L'ancora di corrente non è obbligatoria ma viene frequentemente asse-
gnata in dotazione a1le grandi navi perché la sua disponibilità si rivela mol-
to utile per l'ancoraggio in acque ristrette. 20
251
Tab. 10
ARMAM ENTO MARINARESCO
Modulo di Ancore di
armameoto posta senza Catene con traversino
per ancore di posta Cavo dl rimorchio Cavi di ormeggio
EN ceppo
252
Di ogni ancora viene prescritta la massa e non le dimensioni, ma ciò non
deve stupirci perché questi due elementi sono strettamente collegati, e non
si ammettono ancore costruite con criteri improvvisati e i cui disegni non
siano stati preventivamente visti e approvati dal R.I.Na.
Nel caso siano adottate ancore ad alto potere ancorante è ammessa una
riduzione della loro massa pari al 25% della massa delle ancore regolamen-
tari. L'approvazione viene tuttavia concessa dal R.I.Na soltanto se, da
esaurienti prove effettuate su vari tipi di fondo, risulta dimostrato che l'an-
cora considerata ha un potere ancorante almeno doppio di quello di una
normale ancora di uguale massa.
21
Può essere interessante sapere che per una nave dì medio t onnellaggio sono previste
da 9 a 11 lunghezze di catena per ogni ancora di posta.
253
un valore di riferimento costante e uguale a 1 000 - modulo - e si rappor-
tano a questo, osservando precise norme a tal fine esistenti, le dimensioni
complessive e parziali del1e varie parti che formano 1' ancora (fig. 15). Noti
Fig. 15 - i rapporti suddetti e la lunghezza dell'ancora, il proporzionamento delle va-
Proporziona mento
di un'ancora tipo rie parti di essa non presenta alcuna difficoltà e può essere determinato con
Ansaldo. semplici operazioni aritmetiche.
ancora
massa
in tonnellate tipo Hall tipo F.M A. tipo Ansaldo
2 2,22 2.19 2. 16
22 I pezzi vengono ricotti in forni dove sono assicurate temperature variabili fra gli 850
e i l 150°C a seconda dei diversi tipi di acciaio. La ricottura dura 3 giorni per i pezzi che non
superano i 750 kg di massa e si protrae per 6 giorni per i pezzi aventi una massa superiore
ai 3 000 kg.
23 I saggi sono normalmente costituiti da appendici o eccedenze di prova che vengono a
tal fine ricavate sui pezzi da collaudare.
254
Le prove di caduta e martellamento sono richieste soltanto per le ancore
o parti di ancora in acciaio fuso.
La prova di caduta si effettua facendo cadere l'ancora o le sue parti in
acciaio fuso, da un'altezza di 3,50-;-4,50 m, 24 su una suola d'acciaio o di
ferro avente spessore non inferiore a 10 cm e sostenuta da una fondazione
in muratura dello spessore di almeno un metro.
Per le ancore a marre articolate può essere richiesta, in aggiunta alla
prova prescritta per le singole parti che le compongono, anche una prova
di caduta dell'ancora completa.
Le ancore a marre fisse vengono provate lasciandole cadere una prima
volta con le marre e il fuso orizzontali, e una seconda volta lasciandole cade-
re verticalmente, con il diamante in basso, fra due blocchi di acciaio o ferro
sistemati in modo che l'impatto avvenga fra le marre e questi ultimi, e sen-
za che il diamante possa toccare la suola.
La prova di martellamento ha lo scopo di accertare che non si siano
prodotti difetti in conseguenza della caduta. Per effettuarla si sospende li-
beramente l'ancora, o parte di essa, e la si martella con una mazza di massa
non inferiore a 3 kg. L'integrità di ogni parte risulta assicurata se il suono
prodotto dai colpi di mazza è indiscutibilmente sano.
La prova di trazione è richiesta sia per le ancore in acciaio fuso, sia per
quelle in acciaio fucinato. Viene eseguita sottoponendo l'ancora, finita e
completa di tutte le sue parti, ad un carico avente valore crescente con la
sua massa.
Lo sforzo di trazione si applica sulla cicala da una parte e sulla marra
o sulle marre dall'altra, e viene esercitato due volte onde accertare la resi-
stenza dell'ancora su entrambe le posizioni di ancoramento.
Nel caso di ancore a marre articolate il trazionamento avviene simul-
Fig. 16 - Prova di
\razione di un'ancora
L-----------------------------~ a marre articolate.
24
La caduta avviene da una altezza di 4,50 m per pezzi la cui massa non supera i 750 kg,
da una altezza di 4,00 m per pezzi a venti massa superiore a 750 e inferiore a 1 500 kg, da una
altezza di 3,50 m per pezzi di massa superiore ai 1 500 kg.
255
e successivamente sull'altra se trattasi di una comune ancora a due marre;
se l'ancora è a quattro marre (ferro) si effettua una prima prova su una cop-
pia di marre e una seconda prova sull'altra. La trazione viene applicata., in
ciascun caso, nel punto indicato dal disegno (fig_ 17) con l'ancora disposta
nella posizione chiaramente visibile dalla figura stessa.
Ultimate le prove con esito positivo l'Istituto di Classificazione -
R.I.Na - fa apporre sulle ancore e loro parti delle marche che costituiscono
preziose indicazioni per stabilire le loro caratteristiche e gli elementi relati-
vi ai collaudi cui sono state sottoposte.
Con tali marche vengono infatti impressi sul fuso o sulle marre i seguen-
ti dati:
• timbro del R.I.Na - @- e sigle del Funzionario collaudatore;
• locaWà e data della operazione finale di collaudo;
• sigla dell'Ispettorato delR.I.Na che ha effettuato il collaudo e numero in-
dividuativo del documento di collaudo;
• indicazione abbreviata del materiale (acciaio fuso o fucinato); numero
o sigla identificativa delle provette usate per effettuare le prove mecca-
niche;
• carico di prova di trazionamento, preceduto dalle lettere C.P.;
• massa dell'ancora (per le ancore con ceppo è indicata la massa dell'anco-
ra escluso il ceppo; sul ceppo stesso è indicata la sua massa).
/ ~
·'~ <==O~.~
Fig. 17 • Prova di
trazione di ancore
a marre lisse: b
a) ancora con ceppo;
b) ancora senza ceppo.
256
Tab. 11
CARICHI DI PROVA DELLE ANCORE
2,, Acciaio con tenore di carbonio inferiore allo 0,15%. Si identifica praticamente con il
comune ferro dolce od omogeneo.
26 La sa1datura a scintillio si effettua sfruttando il calore prodotto dagli archi elettrici
che si formano fra i lembi dei pezzi da saldare; la saldatura a resistenza (ammessa solo per
calibri non maggiori di 25 mm) si ottiene grazie al calore prodotto per effetto Joule dal passag·
gio di una corrente elettrica attraverso le superfici di contatto dei due pezzi; la saldatura per
bollitura (ammessa solo per maglie in acciaio extradolce) si ottiene scaldando localmente allo
stato plastico, in una fucina o in un forno, le parti, che vengono poi unite per martellamento
o per semplice pressione statica.
257
Dalle prove suddette deve risultare che il materiale impiegato possiede,
allo stato di fornitura della catena, le caratteristiche indicate nella seguen-
te tabella:
1b saldatew 400 + 490 (41 + 50) 215 (22) 25 27 (2,8) +20 2xs
2 saldate o fu- 31
490 + 690 (50 + 70)30 295 (30) 22 27 (2,8) o 3 X S
{o ER) cinate o fuse
3 saldate o fu-
(o ER Extra) ci nate o fuse
>690 (>70) 400 (41) 3" 17 59 {6,0) o -
27 Per gli acciai di grado la, lb, 2, può essere ammesso, a giudizio del R.I.Na, di effet-
tuare prova di piega in alternativa a quella di resilienza.
28 s indica lo spessore della provetta di piega o il diametro della barra quando la prova
di piega è effettuata su spezzone intero di barra.
21
i O eventualmente fucinate.
30
Per acciaio fuso può essere ammesso un Rm maggiore di 690 N/mm 2 (70 kgf/mm 2), a
giudizio del R.I.Na ed in relazione alle altre caratteristiche meccaniche e chimiche dell'acciaio.
31
Per catene fuse, mandrino di diametro = 4 · s.
32 490 N/mm 2 (50 kgf/mm 2 ) se trattasi di materiale allo stato temprato e rinvenuto.
33 Il calibro della maglia dipende, come sappiamo, dal modulo d'armamento della nave,
oltreché dal grado dell'acciaio impiegato per la sua costruzione.
258
j_ --
0T TT 1.6
0)1
~-r
~3.W ~.~
6.5
4
6.5 T-
~4~-
7.1
a b e d
I/ _L
3 1.8 o
.
8.7
T- ·-·
1.4
~• 5 1.5 6
• • I
8.8
f
~.~ e
~.,.;j-1 f
4.2
g
Fig. 18 • Proporzionamento delle maglie, maniglie e maniglioni: a) maglia comune; b) maglia ingros-
sata; e) maglia capotesta; d) maniglia d'unione; e) maglia tornichetto; I) maniglione d'ancora; g) maglia
Kenter.
N.B. Le quotazioni sono espresse assumendo come unità di misura ìl calibro della maglia comune.
34
Il perno è del tipo a paro e viene bloccato da una coppiglia conica d'acciaio inossidabile
che si inserisce in apposito foro esistente sul perno stesso e sulle gambe della maniglia; un
tappo di piombo, forzato sulla cavità che rimane al disopra della testa della coppiglia, impedi-
sce a questa di sfilarsi. Tutte le maniglie sono disposte con il collo rivolto verso prora onde
eliminare ogni possibilità di appiglio durante le operazioni di affondamento dell'ancora.
259
maniglione d'ancora - calibro=l,4 d
lunghezza= 8,8 d
larghezza=4,9 d+15 mm
calibro del perno= 1,8 d 35
l'òO
7
Tab. 12
CATENE A MAGLIE CON TRAVERSINO PER ANCORE
CARICHI DI PROVA CP E DI ROTTURA MINIMI CR · MASSE
11 36 51 51 72 72 102 83 80
14 58 82 82 116 116 165 129 126
16 76 107 107 150 150 216 159 156
19 105 150 150 211 211 301 220 216
22 140 200 200 280 280 401 290 286
26 194 278 278 389 389 556 410 405
30 257 368 368 514 514 735 550 545
34 328 468 468 655 655 937 700 690
38 406 581 581 812 812 1160 875 860
40 448 640 640 896 896 1280 965 950
42 492 703 703 981 981 1400 1055 1040
46 585 837 837 1170 1170 1680 1260 1240
50 686 981 981 1370 1370 1960 1485 1455
54 794 1140 1140 1590 1590 2270 1725 1690
58 909 1290 1290 1810 1810 2600 1985 1945
62 1030 1470 1470 2060 2060 2940 2275 2220
66 1160 1660 1660 2310 2310 3300 2590 2525
70 1290 1B40 1B40 25B0 25B0 3690 2925 2850
73 1390 1990 1990 2790 2790 3990 3185 3100
76 1500 2150 2150 3010 3010 4300 3460 3360
81 1690 2410 2410 3380 3380 4820 3940 3820
84 1800 2580 2580 3610 3610 5160 4240 4105
87 1920 2750 2750 3850 3850 5500 4555 4405
90 2050 2920 2920 4090 4090 5840 4870 4705
95 2260 3230 3230 4510 4510 6440 5405 5210
97 2340 3340 3340 4680 4680 6690 5630 5425
102 2560 3660 3660 5120 5120 7320 6210 5970
107 2790 3980 3980 5570 5570 7960 6845 6575
111 2970 4250 4250 5940 5940 8480 7380 7080
114 3110 4440 4440 6230 6230 8890 7795 7475
117 3260 4650 4650 6510 6510 9300 8220 7870
120 3400 4850 4B50 6810 6810 9720 8650 8270
124 3600 5140 5140 7200 7200 10280 9275 8835
127 3750 5350 5350 7490 7490 10710 9740 9270
132 4000 5720 5720 8000 8000 11420 10540 10005
137 4260 6080 6080 8510 8510 12160 11320 10750
142 4520 6450 6450 9030 9030 12910 12110 11500
147 4790 6840 6840 9560 9560 13660 12950 12300
152 5050 7220 7220 10100 10100 14430 13890 13200
157 5320 7600 7600 10640 10640 15200 - 13980
162 5590 7990 7990 11170 11170 15970 - 14660
261
• sigla clell'Ispettorato R.I.Na che ha eseguito il collaudo;
• numero del rapporto di collaudo;
• carico minimo di rottura (CR) prescritto;
• timbro con le sigle del Funzionario che ha effettuato il collaudo;
• carico di prova (CP).
Anche le maglie e maniglie d'unione, le maglie tornichetto, le maglie in-
grossate e le maglie capitesta sono sottoposte a prove e verifiche tendenti
ad accertare le caratteristiche meccaniche dell'acciaio usato per la loro for-
mazione, 1e dimensioni, la resistenza alla trazione.
A tale fine sono previste prove cli trazione, resilienza o piega su provette
ricavate da un pezzo dì ciascun lotto comprendente maglie o maniglie dello
stesso tipo e materiale, fabbricate nello stesso periodo e caratterizzate da
comune procedimento di fabbricazione, trattamento termico, dimensioni.
Maglie e maniglie sono poi sottoposte alle prove di trazionamento previ-
ste per le catene. Il carico di prova è quello prescritto per le catene cui sono
destinate e viene applicato a tutti i pezzi. Anche il carico di rottura è uguale
a quello prescritto per la catena alla quale vengono collegate ma la relativa
prova si effettua soltanto su un pezzo di un lotto che risulta generalmente
costituito da 25750 maglie e maniglie d'unione, 10 maglie tornichetto, 25
maglie di estremità.
Verifiche e prove tendenti ad accertare le loro caratteristiche di fabbri-
cazione e resistenza sono prescritte anche per le catene a maglie senza tra-
versino. Si tratta in generale delle stesse verifiche e delle stesse prove cui
vengono sottoposte le catene a maglie con traversino ma è evidente che
queste prove e verifiche tengono nel debito conto i diversi requisiti che si
richiedono alle catene a maglie senza traversino.
Le maglie senza traversino si distinguono in maglie normali e maglie
corte. Se indichiamo con d il calibro del tondino usato per formare le ma-
glie si rileva che sono adottate le seguenti dimensioni:
• maglia norrnale: lunghezza=5 d; larghezza=3,4 d;
• magt,ia corta: lunghezza"' 4,5 d; larghezza= 3,4 d;
È previsto l'impiego di acciaio di grado 1 e sono prescritti per le prove
di trazionamento i carichi indicati nella tabella seguente:
Tab. 13
CARICHI DI PROVA E MASSE DELLE CATENE DI FERRO O DI ACCIAIO
FUCINATO. SENZA TRAVERSINO, A MAGLIA NORMALE O A MAGLIA CORTA
262
11. Massa e ingombro delle catene
s
1 000
263
Sistemazioni
per l'ormeggio .
:
.1•·.· •.;. . :·•. .:•·-.··•:'.·.
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.... -· ....
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...
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CAPITOLO
1. Generalità
Già sappiamo che una nave deve essere fornita di ancore, catene e cavi
in numero e con caratteristiche che dipendono dal suo modulo d'armamen-
to. Sappiamo anche che il complesso dei cavi, delle ancore e delle catene
di cui è dotata la nave - armamento marinaresco - serve per ormeggiar-
la in qualsiasi prevedibile circostanza, tuttavia si intuisce che questa opera-
zione può essere effettuata solo se sono disponibili adeguate installazioni
e apparecchi di manovra.
All'esistenza di installazioni fisse a scafo e di apparecchi per la manovra
delle ancore e dei cavi abbiamo qualche volta accennato in precedenza, ma
è evidente che la loro importanza richiede una trattazione completa e suffi.
cientemente approfondita.
Cominciamo quindi con il premettere che sotto la generica definizione
di sistemazioni per l'ormeggio si intendono raggruppate tutte le installazio-
ni e gli apparecchi necessari per il servizio delle ancore e per la manovra
dei cavi.
Aggiungiamo poi che le sistemazioni per il servizio delle ancore com-
prendono:
• le cubìe
• la macchina o le macchine per salpare
• i mezzi di ritenuta e di arresto
• il pozzo delle catene;
che le sistemazioni per la manovra dei cavi sono costituite da:
• passacavi e bocche di rancio
• apparecchi di tonneggio
• bitte
e procediamo ad una sistematica disamina delle caratteristiche generali di
ciascuna di esse.
2. Cubie
265
Le parti terminali delle cubìe si attestano sul ponte di coperta o di ca-
stello e sui masconi, mediante interposizione di grosse flange. Queste deli-
mitano in pratica gli occhi superiori o sbocchi e gli occhi di cubìa esisten-
ti, rispettivamente, sul ponte e sui masconi per consentire il passaggio fuo-
ribordo delle catene.
Occhi e cubìe devono avere conveniente ampiezza; forma degli occhi e
orientamento delle cubìe sono particolarmente studiati per favorire lo scor-
rimento delle catene e il rientro del fuso delle ancore al termine delle opera-
zioni di salpamento.
Per quanto riguarda gli occhi è prescritto che essi abbiano, in corrispon-
denza delle zone di strisciamento delle catene, ampia svasatura con profilo
ben avviato e avente raggio di curvatura non inferiore a 10 calibri di
catena.
L'orientazione delle cubìe può variare da nave a nave ma nei casi ordina-
ri esse risultano inclinate verso prua di 35 ° 7 40 ° rispetto alla verticale e
di 15° 725° verso i fianchi rispetto al piano diametrale.
Non esistono prescrizioni particolari per il dimensionamento delle cubìe
e delle flange che si attestano sulle strutture dei fianchi e del ponte con col-
legamenti stagni, ma è evidente che la loro robustezza deve essere suffi-
ciente a sopportare senza danno le forti sollecitazioni cui sono sottoposte
quando si esercita la massima tensione sulle catene.
Un tempo, cubìe e flange terminali erano costruite in ghisa, ma nelle co-
struzioni moderne si impiegano flange in acciaio fuso e tubi in lamiera sal-
data. La grossezza (g), in millimetri, della lamiera costituente il tubo di cu-
bìa può essere empiricamente stabilita con la relazione:
g=0,4d+3
Il pozzo delle catene è un locale in cui trovano posto le catene delle anco-
re. È normalmente ricavato entro il gavone di prua e delimitato da quattro
paratie metalliche i cui montanti sono posti esternamente per eliminare
ogni possibile ostacolo al libero scorrimento delle catene.
Una paratia longitudinale, giacente nel piano diametrale, ,i1\ iilP il pozzo
in due parti in modo da riservare a ciascuna catena un allogg-ia111,·1 1to pro-
prio e separato.
Il fondo del pozzo è ricoperto da un robusto pagliolato di legno duro e
provvisto da adeguati mezzi di drenaggio.
Apposite aperture a sezione circolare - sbocchi del pozzo - sono pra-
ticate sul suo cielo (ponte dì coperta o del castello) per permettere a ciascu-
1 Sulle cubie sono praticati piccoli fori, opportunamente distribuiti, collegati a tubi nei
quali viene pompata acqua di mare (durante le operazioni di salpamento) per il lavaggio delle
catene.
266
I
____l_ ___ _
i
Fig. 1 • Sbocchi per il
pozzo delle catene.
2 Abbisciare una catena (o un cavo) significa raccoglierla in ampie spire sopra una su-
perficie libera, in modo da poterla utilizzare, all'occorrenza, rapidamente e senza impedi-
menti.
267
4. Macchine per salpare
268
Fig. 2 - Molinello
salpancore elettrico;
1) Basamento:
2) Colonna di
sostegno; 3) Ruota
a impronte ( bartJoti n);
4) Ruota dentata di
accoppiamento:
5) Leva di comando:
6) Volanti no di
manovra: 7) Freno
a nastro:
8) Volantino del
freno a nastro:
9) AltJera delle
campane:
1O) Campana:
11) Ruota dentata;
12) Vile senza fine;
13) Albero motore:
14) Motore elettrico
6 Questa seconda riduzione di velocità permette di assegnare una bassa potenza alla
macchina ma vedremo che il R.I.Na impone un limite minimo nella velocità di salpamento,
al di sotto del quale non è consentito scendere.
7 Il distacco delle maglie dalle impronte della ruota è garantito, nella manovra di recupe-
ro della catena, dalla presenza di un'asta opportunamente orientata. che si chiama sgranatoio
o SC(lcciacatena.
269
te o barbotin, 8 sono montate folli sui due semiassi del molinello ma posso-
no essere rese solidali con essi mediante manovra semplice e rapida. A tal
fine su ciascun semiasse è calettata una ruota che può scorrere su di esso
per infrtanarsi all'adiacente barbotin, ovvero per accopp1arsi a questo con
un sistema di innesto che è possibile realizzare grazie alla presenza di larghi
denti sulle superfici di contatto delle due ruote;
• due freni del tipo a nastro (uno per ciascun barbotin), con interposti tac-
chi di legno santo o ferodi, comandati da leva a manubrio o da volantino
attraverso un'apposita asta filettata;
• una colonnina su cuì è installato un volantino che comanda la messa in
moto dell'apparecchio.
La particolare sistemazione delle ruote a impronte consente di adopera-
re il molinello sia come macchina per salpare e dar fondo le ancore, sia
come macchina per la manovra dei cavi d'ormeggio, tonneggio e rimorchio.
Nel caso si debba salpare un'ancora basterà infatti ingranare il barbotin
sul quale passa la relativa catena, prima di mettere in moto l'apparecchio;
se entrambe le ancore sono in mare si possono salpare contemporaneamen-
te ingranando tutti e due i barbotin, mentre volendo eseguire soltanto una
manovra di forza su uno o due cavi si lasciano i barbotin sgranati e bloccati
dal freno di cui ciascuno di essi è provvisto.
Per dar fondo un'ancora non c'è alcun bisogno di mettere in moto l'ap-
parecchio. Sgranato il barbotin sul quale passa la sua catena è infatti suffi-
ciente aprire il freno che lo tiene bloccato, perché l'ancora scenda in mare
portatavi dal suo stesso peso.
L'apparecchio salpancore è tuttavia realizzato in modo da poter inverti-
re il senso di marcia dell'asse intermedio e dei due semiassi che sostengono
i barbotin. 9
La rotazione che comporta il ricupero di catena o cavo (in tutto o in parte)
è sinteticamente definita dai termini '\Ytra,re e 1Jira,, mentre queHa oppoita
(utilizzabile solo per la catena) si indica con i termini allascare e allasca. rn
Il molìnello deve essere proporzionato in modo da permettere il ricupero
di 2 lunghezze di catena di un'ancora senza ceppo nel tempo massimo di 6
minuti.
L'osservanza di questa norma, imposta dal R.I.Na e accertata durante
la prova di collaudo cui viene sottoposto l'apparecchio (la prova ha inizio
con 3 lunghezze di catena completamente immerse), comporta una velocità
di salpamento non inferiore a 0,15 m/s.
Stabilita la velo~;ifa V di sa1pamento, si potrebbe dunque calcolare la po-
tenza minima richiesta per il funzionamento del molinello applicando la re-
lazione:
F-V
p =
T]
8
Dal nome dell'Ufficiale della marina francese che per primo ideò la ruota a impronte.
Questa possibilità viene talvolta sfruttata per appennellare l'ancora, ovvero per dispor-
!J
la ~molante fom-i cubia cori ·,m 'oreve tratto di catena.
10
Allaseare e allasca stanno per allentare e allenta. Anche le catene, come i cavi, sono
generalmente allascate senza invertire il senso di marcia del molinello. Si preferisce infatti
agire sul freno del barbotin preventivamente sgranato.
270
dove P è la potenza della macchina in kW, 11 è il suo rendimento ed F è la
resistenza (in N) opposta dall'ancora e dalla catena (la resistenza F può es-
sere determinata tenendo conto del peso dell'ancora e della catena immer-
sa, nonché della efficienza della cubìa).
Le più recenti normative del R.l.Na stabiliscono però che l'apparecchio
salpancore sia proporzionato alle dimensioni e alle caratteristiche delle ca-
tene in dotazione alla nave.
Tali normative richiedono infatti che il motore del salpancore sia in gra-
do di fornire, per almeno 30 minuti di funzionamento continuativo, un tiro
Z il cui valore in N si ricava dalle seguenti relazioni:
Z = 38,6 d 2 per catene in acciaio di grado la e lb
Z '=' 41, 7 d 2 per catene in acciaio di grado 2
Z ; 46,5 d 2 per catene di grado 3
dove d è il diametro della catena espresso in mm.
I valori del tiro che si ricavano dalle relazioni sopraindicate risultano de-
terminati tenendo conto del peso dell'ancora e della catena immersa nel-
l'acqua e dell'efficienza della cubìa, e assumendo le seguenti condizioni:
vento di velocità uguale a 14 m/s;
- corrente di velocità uguale a 3 nodi (1,54 m/s);
- profondità di ancoraggio uguale a 100 m.
Il motore dell'apparecchio salpancore deve essere capace di sopportare,
per almeno 2 minuti, un sovraccarico temporaneo (necessario per spedare
l'ancora) pari a 1,5 volte il tiro Z in funzionamento continuativo.
L'argano a salpare porta un solo barbotin (fig. 4), montato sul suo asse
di lavoro disposto verticalmente, e può pertanto servire una sola catena.
Deriva da ciò la già ricordata necessità di disporre di due apparecchi distin-
Fig. 4 - Argano
salpancore
0l0t\1oidrau\ico
(catene da 37 mm
di calibro).
271
ti, agenti separatamente su ciascuna catena, installati in posizione simme-
trica rispetto al piano diametrale, opportunamente ubicati per favorire la
'
corsa della catena da e per il pozzo.
Questa soluzione può per altro rivelarsi conveniente perché nel caso di
apparecchi di grande potenza consente di limitare l'ingombro sul ponte. A
questo vantaggio si aggiunge il fatto che, potendosi installare senza ecces-
sive difficoltà la parte motrice ed il riduttore di giri al disotto del ponte,
si consegue il duplice risultato di ridurre ulteriormente l'ingombro su que-
sto e assicurare una perfetta protezione per apparecchiature molto delicate
quali sono ad esempio quelle dell'argano elettrico. Con questo accorgimen-
to tecnico rimane sul ponte scoperto la sola parte di lavoro, rappresentata
dal barbotin con il suo freno e dalla caml)ana per la manovra dei cavi, che
ruota, solidale con l'asse, al disopra di esso.
Le caratteristiche dell'argano salpancore sono sostanzialmente uguali a
quelle del molìnello. Si nota tuttavia facilmente che (fig. 5) usando il moli-
nello la catena subisce una deviazione di 90° circa per dirigersi verso lo
sbocco del pozzo, mentre con l'argano salpancore questa deviazione rag-
giunte i 180° circa (fig. 6).
Per quanto riguarda il proporzionamento di ciascun argano, è prescritto
che esso sia, in linea di massima, ugu;:tle a quello previsto per il molinello.
/
'\.
/
.
5,
Fag. 5 - Sistemazioni ---,.,·<
per il servizio delle
ancore: 1) pozzo delle
" '\. / ~
,, \
v ~ \
·~
catene; 2) sbocco " t
del pozzo delle
catene: 3) ruota a
/
impronte (barbotin)
della macchina
salpancore:
/ " '\.
4) arrestatoio: /
5) cubìa; 6) occhio
di cubìa.
"
2 ••••
.,
··:>-
.........
,_, _ _, ---·-·
,~
Fi9. 6 - Percorso
""-o '-31:·-... _
2 ····-.•:··-.
della catena con
macchina satpancore
8d asse verticale
(argano): 1) argano;
2) sb-Occo del pozzo.
272
5. Mezzi di ritenuta e di arresto
Fig. 7 - Arrestatoi.
A hanco: tipo
a ganascia: sotto
a sinistra: tipo
a traversa: sotto:
tipo a scontro.
273
In passato era molto usato anche un altro congegno - strozzatoio -
particolarmente adatto a frenare e arrestare la corsa della catena durante
le operazioni di affondamento dell'ancora. Con il diffondersi degli apparec-
chi salpancore provvisti di barbotin e organi frenanti, la presenza dello
strozzatoio è però divenuta superflua e pertanto esso si ritrova solo su qual-
che nave con sistemazioni per l'ormeggio di tipo antiquato.
Può essere comunque interessante sapere che lo strozzatoio è essenzial-
mente costituito da una leva mediante la quale si riesce a «strozzare» la ca-
tena contro il lato prodiero del tubo di sbocco del pozzo. Una estremità della
leva è incardinata sul ponte mentre sull'altra estremità si applica il bozzello
di un paranco sul cui tirante si esercita la forza necessaria per bloccare la
catena.
La bozza deve essere considerata come una ritenuta di sicurezza della
catena durante la navigazione. La sua presenza serve infatti ad evitare che
per una serie di circostanze fortuite (barbotin sgranato, freno allentato, ar-
restatoio aperto) possa verificarsi uno spontaneo scorrimento fuoribordo
della catena, scorrimento che si risolverebbe con la perdita della catena
stessa e dell'ancora ad essa sospesa, e che potrebbe provocare gravi danni
alle sistemazioni per l'ormeggio e pericolo per le persone eventualmente
presenti nella zona.
La bozza per la catena dell'ancora è costituita da uno spezzone di catena
che comprende normalmente anche un arridatoio, necessario per regolare
la sua tensione.
Una estremità della bozza viene ammanigliata ad un golfare, fissato alla
base dell'arrestatoio o in altra posizione favorevole, mentre l'altra estremi-
Fig. 8 - Bozza per tà si collega alla catena mediante un gancio a scocco o uno speciale gancio
catena (con gancio
a scocco e - gancio a tena,glia - che si incoccia alla maglia più vicina allo sbocco supe-
arridatoio). riore della cubìa (fig. 8 e fig. 38 del cap. III).
274
diate per garantire la necessaria robustezza locale ed evitare che i cavi ri-
sultino danneggiati (figg. 12 e 36 cap. Ili), ma assumono conformazioni
particolari se inseriti in un parapetto a giorno (fig. 13).
◄
Fig. 9 - Bocche
di rancio.
11
In passato venivano infatti definite anche bocche di granchio o di grancio; da questi
nomi è derivato, per corruzione, il termine bocche d-i rancio attualmente in uso.
275
Uno o più rulli ad asse verticale sono generalmente inseriti nella parte
centrale o in quelle laterali (gole) delle bocche di rancio; la loro presenza
facilita infatti il passaggio dei cavi ed elimina quell'azione di sfregamento
contro i bordi delle appendici laterali che si risolve in una accelerazione del
processo di usura.
7. Apparecchi di tonneggio
Fig. 10 • Argano di
tonneggio.
Fig. 11 • Verricello
di tonneggio.
12
Alcune grandi navi hanno apparecchi di tonneggio anche nella parte maestra.
276
L'energia necessaria per il funzionamento degli argani e verricelli di
tonneggio può essere fornita da una macchina a vapore o da un motore elet-
trico o elettroidraulico. Dobbiamo però osservare che in questi ultimi anni
si è decisamente affermata la tendenza all'impiego di apparecchi elettrici
o elettroidraulici anche per la manovra dei cavi, e pertanto argani e verri-
celli a vapore si trovano ormai installati su pochissime navi.
Argani e verricelli di tonneggio sono sostanzialmente simili alle corri-
spondenti macchine per salpare, anche se più semplici e meno ingombranti
perché privi dei dispositivi necessari per la manovra delle catene. Fatta sal-
va questa differenza, e tenuto conto del diverso servizio che essi svolgono,
si possono però applicare agli apparecchi di tonneggio le considerazioni
svolte a proposito degli argani e molinelli salpancore, ed in particolar modo
quelle riguardanti i principi su cui si basa il loro funzionamento e i criteri
di installazione.
Anche la scelta del tipo di apparecchio (argano o verricello) è dettata da
esigenze analoghe a quelle considerate per il salpancore, ma compare in
questo caso un nuovo elemento a favore della macchina ad asse verticale.
Possiamo infatti ritenere che l'argano sia più funzionale del verricello per-
ché caratterizzato da una maggiore semplicità d'impiego.
Allo scopo di chiarire questa affermazione ricordiamo che l'argano è do-
tato di una campana verticale mentre il verricello dispone di una o due cam-
pane fissate alle estremità del suo asse orizzontale. Precisiamo inoltre che
manovrare un cavo con l'apparecchio di tonneggio significa esercitare su
di esso la trazione richiesta per effettuare le operazioni di ormeggio o ton-
neggio, dopo averlo fissato a terra o su un galleggiante incocciando la sua
gassa terminale ad una colonna, ad un gancio, ad un grosso anello i:i ecc.
(fig. 12).
Fig. 12 - Colonne
d'ormeggio di banchina
e cavi d'ormeggio
provenìenti da bocche
di rancio e passacavi.
I:l Per fissare la gassa ad un anello occorre farh\ ripetutamente µassare attraverso il suo
occhio e bloccarla collegandola alla parte terminale del cavo stesso mediante uno spezzone di
ghia munita di gassa e chiamata bozza. Nel caso di cavo in acciaio si ottiene lo stesso risultato
usando un grosso grillo anziché la bozza.
277
Osserviamo poi che la manovra di forza si effettua avvolgendo ripetuta-
mente (tre, quattro, cinque volte) il cavo attorno alla campana, e avvertia-
mo che essa può essere realizzata soltanto se il cavo che deve essere messo
in trazione arriva alla campana da una dfrezione perpendicolare al suo asse
di rotazione.
Ciò premesso, ricordiamo che un cavo può pervenire sul ponte da uno
qualsiasi dei passacavi o bocche di rancio disponibili e pertanto può essere
orientato in una qualsiasi direzione rispetto all'asse di lavoro dell'apparec-
chio di tonneggio. Questa condizione non comporta alcun inconveniente se
l'apparecchio è un argano, perché l'asse di rotazione della campana è verti-
cale e risulta quindi sempre ottimamente orientato rispetto alla direzione
di provenienza del cavo, normalmente giacente in un piano orizzontale o
quasi; nel caso del verricello invece, essendo l'asse di lavoro orizzontale e
disposto trasversalmente, si dovrà, se necessario, provocare una deviazio-
ne nella direzione di provenienza del cavo affinché questo arrivi alla campa-
na con l'orientamento richiesto per poter svolgere un'azione di forza. Tale
deviazione si realizza facendo passare il cavo attraverso punti di guida che
sono normalmente costituiti da grosse e solide colonne 14 - bitte - instal-
late sul ponte per dar volta ai cavi d'ormeggio, tonneggio e rimorchio.
Rimandando al successivo paragrafo la descrizione delle caratteristiche
delle bitte, e delle operazioni da compiere per darvi volta i cavi dopo averli
opportunamente tesati 15 con gli apparecchi di tonneggio, vediamo ora
quali apparecchi di tonneggio sono normalmente disponibili sulla prua e
sulla poppa.
Fig. 13 - Verricello
autormeggiante
(verrk:ello Ili
tonneggio
aulomaticoj.
14
Su qualche nave sono installati a questo scopo dei solidissimi rulli o grosse pulegge ad
asse verticale; se necessario, si può ricorrere all'impiego di una o più pastecche.
lf, Tesare un cavo significa metterlo in forza mediante trazione.
278
Per quanto riguarda le operazioni da svolgere a prua è evidente la con-
venienza di utilizzare anche per i cavi il molinello o gli argani salpancore
quivi installati; sulla poppa può essere installato un solo verricello dotato
di asse di lavoro abbastanza lungo da avere le campane nel1a posizione ri-
chiesta per assicurare la massima funzionalità, ma in generale si propende
per l'impiego dì due argani di tonneggio simmetricamente disposti rispetto
al piano diametrale.
Dobbiamo però osservare che cresce costantemente il numero del1e
grandi e moderne navi da carico che dispongono, per la manovra dei cavi,
di speciali verricelli elettrici o elettroidraulici che si definiscono autormeg-
gianti (figg. 13 e 14) perché muniti di dispositivi adatti a regolare automa-
ticamente la lunghezza e la tensione dei cavi che ad essi fanno capo. Questi
verricelli sono installati a prua, a poppa e, in qualche caso, anche nella par-
te maestra. Risultano particolarmente utili per le navi adibite al trasporto
di carichi alla rinfusa (per esempio, le navi cisterna, le navi mineraliere
ecc.) poiché la rapidità con cui sì effettuano le operazioni di caricazione e
discarica comporta variazioni di immersione così rapide e sensibili da im-
porre m1a continua regolazione della lunghezza e della tensione dei cavi
d'ormeggio. Tale regolazione, se compiuta con mezzi ordinari, richiede un
gravoso impegno per il personale dì bordo. Questi si vede infatti costretto
a ripetuti interventi per ricuperare l'irnbando 16 che si determina nei cavi
in conseguenza della caricazione o per allascare i cavi stessi che si tesano
eccessivamente con l'emersione prodotta dalla scaricazione.
Le stesse operazioni non comportano invece alcuna difficoltà o impegno
del personale se la nave è dotata di verricelli autormeggianti. Ciò perché
Fig. 14 - Verricello
di tonneggio
automatico:
1) tambura;
2) campana; 3) asse
del tamburo; 4) cassa
del riduttore;
5) innesto del
riduttore per tiro di
5 o 15 t; 6) cassa
dell'accoppiatoio:
7) motore elettrico;
8) freno a lamelle:
9) manovra del freno
a nastro: 10) freno a
nastro: 111 comando
a mano di
accoppiamento
della campana:
12) basamento.
16 L' imbando di un cavo è costituito dal tratto che si deve ricuperare per mettere in ten-
0
sione il cavo stesso durante una manovra d'ormeggio o disormeggio. Ricuperare l'imbando
significa quindi tirare il cavo fino a renderlo teso.
219
il verricello autormeggiante mantiene automaticamente in tiro il cavo che
ad esso fa capo, permettendogli di allungarsi quando la trazione supera il
limite stabilito, e provvedendo al necessario ricupero quando la trazione
stessa diviene inferiore a quella prefissata.
Per ottenere questo risultato, che elimina ogni intervento manuale e
rende superflua la presenza delle campane (fig. l 3), il verricello autormeg-
giante comprende un grosso cilindro - tamburo - sul quale è stabilmente
avvolta una parte del cavo ed il cui albero è sede di un dispositivo di auto-
matismo che lo sollecita a ruotare in un senso o nell'altro, allascando o ricu-
perando in tal modo il cavo stesso, quando la tensione risulta maggiore o
minore di quella prefissata.
L'apparecchiatura sensibile è costituita da una barra di torsione allog-
giata all'interno dell'albero che comanda il tamburo e che svolge la funzio-
ne di dinamometro. Appositi ammortizzatori di tipo idraulico consentono
inoltre di assorbire improvvise variazioni di carico, cosicché sia assicurato
all'apparecchio un funzionamento senza strappi.
8. Bitte
Le bitte sono, come già abbiamo accennato, de1le co\onnine d'acciaio ane
quali si danno volta i cavi che collegano la nave alla terraferma, ad altre
navi o a galleggianti (figg. 10 e 15). Normalmente sono disposte in coppia
su un unico basamento che viene solidamente fissato alle strutture del pon-
te ma nelle piccole navi si trovano anche bitte singole opportunamente con-
formate per garantire la necessaria efficienza.
Il numero, la posizione e le dimensioni delle bitte costituiscono elementi
che variano da nave a nave. Deve infatti essere soddisfatta in ogni singolo
caso l'esigenza di facilitare le operazioni di ormeggio, tonneggio e rimor-
chio mediante la disponibilità di punti dì attacco dì adeguata robustezza,
ben distribuiti e sufficientemente numerosi in relazione alle caratteristiche
della nave.
Il maggior numero di bitte è concentrato sulla prua e sulla poppa, poiché
280
sono queste le parti normalmente riservate alla manovra dei cavi, ma non
mancano, specie sulle navi di notevole lunghezza, altre coppie di bitte ade-
guatamente installate in prossimità dei passacavi esistenti sui parapetti
della parte maestra.
Osserviamo ora che dare volta un ca:vo alle bitte significa farlo ripetuta-
mente passare attorno alle due colonnine seguendo un certo numero di per-
corsi a otto (fig. 15). L'operazione non presenta nessuna difficoltà se il cavo
è in bando, ma richiede speciali accorgimenti ed azione rapida e decisa se
esso si trova sotto sforzo sulla campana dell'apparecchio di tonneggio. In
tal caso occorre infatti trasferire il cavo dalla campana (che viene così libe-
rata e può essere nuovamente utilizzata per mettere in tiro un altro cavo)
alle bitte, senza provocare un allascamento tale da rendere inutile il lavoro
di trazionamento precedentemente svolto.
Per realizzare questa condizione nonostante l'intensa forza che porta il
cavo a filarsi fuoribordo non appena liberato dalla campana, si procede nel
modo seguente:
• ottenuta la condizione desiderata quanto a lunghezza e tensione median-
te l'impiego dell'argano o del verricello o del molinello, si arresta l'apparec-
chio mantenendo il cavo avvolto in diverse spire sulla sua campana;
• si prende uno spezzone - bozza -, di ghia se il cavo da dar volta è di
fibra, di catenella d'acciaio se il cavo è in acciaio, della lunghezza di 3-5 me-
tri, e lo si fissa con una estremità ad un golfare generalmente installato sul
lato prodiero o poppiero della base delle bitte 17 più vicine alla traiettoria
seguita dal cavo nel tratto compreso fra la bocca di rancio e la campana del-
l'apparecchio di tonneggio;
• si distende energicamente la bozza in direzione della bocca di rancio da
cui proviene il cavo, e la si dà volta su quest'ultimo cercando di farle assu-
mere una direzione il più possibile prossima a quella definita dal cavo, e ba-
dando che, dopo aver eseguito lo speciale nodo previsto per questa circo-
stanza, 18 rimanga libero un tratto di cima sufficiente per poter afferrare
e tenere saldamente l'estremità libera della bozza;
• si allascano lentamente le spire - volte - della campana per far scorre-
re senza strappi tanto cavo quanto basta per mettere in forza la bozza;
• ottenuta questa condizione, si libera immediatamente il cavo dalla cam-
pana e, con la massima rapidità ammissibile, lo si dà volta alle bitte, cui è
precariamente collegato attraverso la bozza, cercando di ricuperare ogni
possibile imbando (questa operazione deve essere rapidissima perché tutta
la trazione esercitata dalla nave sul cavo viene sopportata dalla bozza per
il tempo che intercorre fra l'istante in cui il cavo stesso viene tolto dalla
campana e l'istante in cui viene passata la prima volta attorno alle bitte);
• assicurato il cavo alle bitte con un sufficiente numero di volte (4, 5, 6, ed
anche 7 od 8 se trattasi di cavo d'acciaio) lo si libera della bozza che può
essere utilizzata per abbozzare un altro cavo.
17 In mancanza di golfare si può fissare direttamente la bozza ad una delle due co-
lonnine.
18 Nodo di bozza (doppio parlato).
281
Le stesse operazioni si ripetono per gli altri cavi disponibili cosicché la
nave risulterà ormeggiata con 4-5 cavi a prua e 4-5 cavi a poppa.
Normalmente si dà volta un solo cavo a ciascuna coppia di bitte ma in
caso di necessità non è detto che non si possa utilizzare la parte inferiore
delle bitte per un cavo e la parte superiore per un altro.
Una eventuale regolazione della tensione, per distribuire equamente su
tutti i cavi la trazione esercitata dalla nave, si ottiene allascando opportu-
namente le volte dei cavi maggiormente tesati.
282
Il timone
I CAPITOLO
1. Generalità
Il timone è l'organo che serve per governare la nave, ossia per guidarla
sulla rotta prescelta e per evi.tare gli ostacoli che si presentano sul suo
cammino.
Vedremo che il timone può assumere diverse forme e caratteristi.che ed
essere variamente applicato presso l'estremità poppiera della carena, ma
per studiare l'azione che esso produce lo riguarderemo in un primo momen-
to come una piastra verticale incardinata sul dritto e facilmente inclinabile
rispetto al piano diametrale della nave.
Osserviamo che dalla facilità di inclinare - mettere alla banda - il timo-
ne discende la possibilità dì governare la nave e pertanto esso è collegato
con dispositivi e apparecchiature che consentono di farlo ruotare di angoli
più o meno ampi attorno ad un asse verticale che si definisce asse di rota,-
zione del timone.
Inclinando il timone di una nave che avanza o retrocede, si determina
il passaggio di questa da un regime di moto traslatorio ad un regime di
moto curvilineo che sì chiama evolutorio o evolu-tivo: l'uso del timone ha
dunque come effetto una evoluzione della nave e cioè una variazione nella
sua direzione di avanzamento.
Questo stato di cose viene praticamente espresso dicendo che l'azione
del timone provoca una accostata della nave; in particolare, si dice che la
nave accosta a dritta oppure a sinistra a seconda che la rotazione impres-
sale dal timone determini uno spostamento angolare della sua prora verso
il lato destro oppure verso il lato sinistro.
Il timone, grazie ai dispositivi cui abbiamo accennato e dei quali ci occu-
peremo in seguito, può essere manovrato a distanza e senza alcuna difficoltà.
La manovra si esegue da una stazione di governo, 1 (fig. 1) usualmente
ubicata sul ponte di comando, mediante una ruota d'i governo o ruota del
timone o ruota, a caviglie 2 la cui r otazione in senso orario o in senso antio-
rario produce una rotazione del timone in senso antiorario o in senso orario,
rispettivamente.
In pratica, però, non si menziona mai il senso di rotazione del timone
1
Il personale navigante preferisce definire timoneria il locale dal quale si manovra il ti-
mone, ma i costruttori attribuiscono a questo termine un diverso significato (vedi Cap. XIX,
par. 3).
2 La ruota a caviglie è stata, fino a non molti anni fa, il solo tipo di ruota in uso per la
manovra del timone. Su molte costruzioni moderne si trovano invece ruote di governo in tutto
simili ai volanti delle automobili; su talune navi la «ruota» di governo è addirittura scomparsa
poiché il timone viene manovrato a mezzo di leve o pulsanti.
283
a~
13
12 14
15
3
35
~ ~~~~j~~~~=j~~t=~==Jtt~b~~
40 38
Fig. 1 - Piano della stazione di governo di una grande nave: 1) cannocchiale; 2) ripetitrice bussola girosco·
pica; 3) quadro luci esterne; 4) radiotelefono per distanze brevi (VHF); 5) radiotelefono per grandi distanze;
6) telefono per la stazione-radio; 7) telefono per la cabina del comandante; 8) bussola giroscopica; 9) com·
mutatori dispositivi comando: 1O) pulsante chiamata equipaggio; 11) dispositivo comando fischio: 12) ruota
per ·11 governo manuale e dispositivo per il governo automatico; 13) quadro dispositivi comando macchine
ausiliarie; 14) commutatore telegrafo di macchina; 15) comando chiarovisore ; 16) dispositivo comando mo·
tare di proputsiofle; 17) tele1ono locale apparato motore: 18) telefoflo posto di manovra a prua·. 19) telefono
poslo di manovra a poppa e locale macchina timone; 20) dispositivo comando altoparlanti; 21) quadro com·
mutatori !anali di navigazione; 22) quadro commutatori luci d"albero; 23) tasto per trasmissioni Morse; 24)
indicatore lunghezza di catena fuoribordo; 25) quadro indicatori allarme; 26) binocoli; 27) bussola magneti·
ca a riflessione; 28) ruota ausiliaria di governo; 29) ecoscandaglio; 30) ricevitore Decca-Navigator; 31) ba·
rometro; 32) orologio; 33) 'indicatore di velocità; 34) indicatore m·Iglia percorse; 35) dispositivo comando
solcometro; 36) segnatempo per il radar plotting; 37) radar con dispositivo photoplot; 38) tavolo per carteg-
giare; 39) impianto illuminazione tavolo per carteggiar1i; 40) cronomelro; 41) armaòio; 42) òlsposili~o ri~e-
latore d'incendio; 43) ricevitore FAC-SIMILE; 44) scaffale porta-bandiere.
Montati sulla paratia prodiera della stazione di governo si notano inoltre: a) indicatore giri dell"elica: b) indi-
catore angolo di barra; c) indicatore profondità; d) orologio; e) indicatore velocità.
284
in senso orario, per farla accostare a sinistra è necessario farla girare in
senso antiorario.
Flg. 2 - Pressione P0
agente su un timone
inclinato dell'angolo a.
51,9 seno:
Pn = - - - - - - - - S V2
0,2 + 0,3 sen a
se si esprime la velocità V in miglia orarie, mentre diventa:
196 sen o.
-------sv 2
0,2 + 0,3 sen o.
se la velocità V è espressa in metri al secondo. 3
3 Il valore del nuovo coefficiente numerico si ricava facilmente tenendo presente che un
miglio all'ora equivale a 0,5144 metri al secondo.
285
Per ìl naviglio militare però, caratterizzato, com'è noto, da elevate velo-
cità, si adotta normalmente una formula per ]a marcia avanti e una formula
diversa per la marcia indietro.
La P11 a marcia avanti viene calcolata con la seguente formula di
Brown:
P 11 : 213,8 sen a S V 2 (con V espressa in m/s)
mentre per la marcia indietro si raddoppia il valore che si ottiene con la for-
mula di Joessel. Esprimendo ancora la velocità V in metri al secondo si de-
termina quindi la P11 con la relazione:
392 sena
P 11 = - - - - - - - S V 2
0,2 + 0,3 sen o.
Per quanto riguarda il centro di pressione osserviamo che la sua posizio-
ne non coincide con il baricentro del timone, risultando spostata verso il suo
spigolo prodiero se la nave avanza, verso quello poppiero se la nave retrocede.
Se si considera un timone ordinario, e cioè un timone la cui superficie
è tutta a poppavia del suo asse di rotazione, e si suppone che esso abbia for-
ma rettangolare con altezza h e larghezza l, si può ritenere che il centro di
pressione sia posto a distanza (in metri) z = h/2 dal suo spigolo inferiore, e
a distanza (in metri): X= l (0,2+ 0,3 sena.) dal suo spigolo prodiero o poppie-
ro a seconda che la nave proceda avanzando o retrocedendo.
Deriva da ciò che la distanza x è funzione dell'angolo di inclinazione u
e si può facilmente constatare che si ha:
x = 0,25 l per u = 10° x = 0,35 l per a = 30°
x = 0,30 l per a = 20° x = 0,40 l per a = 40°
A conclusione di queste brevi note osserviamo che il R.I.Na calcola la
pressione esterna agente sulla superficie unitaria della pala del timone con
le seguenti relazioni:
• nave in marcia avanti: p = 9,81 C0 (VAv+3) 2
• nave in marcia indietro: p == 35,22 (VAD+ 3) 2
dove: p == pressione in N/m 2 ; C0 = 8,75 per timoni situati nel flusso dell'e-
lica; C0 = 7,35 per timoni non situati nel flusso dell'elica (timoni centrali
in navi a due eliche e simili); VAv = velocità in nodi della nave in marcia
avanti, alla potenza nominale e a pieno carico; VAD = velocità massima in
nodi, della nave in marcia indietro.
286
Quanto alle condizioni in cui si svolge normalmente l'evoluzione, osser-
viamo che questa comporta:
• una rotazione della nave - cwcostata - attorno a un asse verticale;
• uno spostamento laterale della nave - movimento di deriva - dalla
parte opposta al lato dell'accostata;
• una diminuzione di velocità;
• uno sbandamento iniziale - sbandamento di saluto - dalla stessa parte
dell'accostata, e un successivo sbandamento dalla parte opposta;
• un appruamento.
Per dimostrare la validità di queste affermazioni consideriamo dappri-
ma una sezione orizzontale della nave e supponiamo provvisoriamente che
in essa giacciano sia il centro di gravità G della nave stessa, sia il centro
di pressione C del timone (fig. 3).
(
P.'n
) Fig. 3 - Analisi degli
effetti del limone
alla banda.
Sia a l'angolo di inclinazione del timone, O la traccia del suo asse di rota-
zione, P 0 la pressione risultante.
Se applichiamo in G due forze P 'n e P II n uguali e contrarie, 4 e uguali
e parallele alla P n, si rileva facilmente che sulla nave agisce una coppia
formata dalle forze P n e P 'n e una forza singola rappresentata dalla P" n·
La coppia suddetta si chiama coppia evolutiva perché imprime alla nave
la rotazione necessaria per effettuare l'evoluzione; il suo momento indica
l'efficacia evolutiva del timone e viene perciò definito momento evolu-
tivo (Me).
Si rileva dalla figura 3 che è:
- - -
Me = Pn . GH = Pn (GK + KH)
ma, poiché (triangolo GKO) risulta:
- -
GK = OG cosa
e tenendo conto che si può porre:
KH = OC = l (0,2+0,3 sena)
4
Con questa operazione non si altera, com'è noto, il sistema delle forze in gioco.
287
sarà
Me = Pn [OG cosa + l (0,2+0,3 sena)]
Sostituendo a Pn l'espressione che di essa fornisce la formula di Joessel
si ottiene:
51,9 sena
Me = - - - - - - - - S V 2 [OG cos a + l (0,2 + 0,3 sen a)]
0,2 + 0,3 sen a
51,9 sena -
Me = - - - - - - - S V 2 OG cos a
0,2 + 0,3 sen <l
sen u cos a.
Me = K1 - - - - - - - -
0,2 + 0,3 sen a
r, L'analisi matematica insegna che per determinare il valore a che rende massima la
sena cosa
funzione - - - - -- basta risolvere l'equazione che si ottiene derivando la funzione
0,2 + 0,3 sen a
. . d sen a cos a
stessa. A tal fine s1 deve quindi porre: - - - - - - - - = O, che Bviluppata diventa:
d a 0,2 + 0,3 sen a
(cos 2 u - sen 2 a) (0,2 + 0,3 sen u) - 0,3 sena cos 2 a = O
cioè: 0,3 sen 3 a + 0,4 sen 2 a - 0,2 = O
dalla quale si ricava: a = 35° 35' -
288
quella verso cui accosta, e ad una forza P e= P" n sen a = P n sen a che agi- Fig. 4 (a sinistra) -
sce longitudinalmente, determinando una riduzione della velocità di avan- ~ecn~~~r:il;~~~àsi~ne e
zamento. con timone alla banda.
Fig. 5 (sollo) •
Esaminate le forze che determinano )'accostata, Io spostamento laterale Componenti
trasversale (P1)
e la riduzione nella velocità, vediamo ora come si giustifica l'insorgere dello e longitudinale (Pal
sbandamento e de1l' appruamento. della pressione P0 .
I I
I I I
J
lG
8
A tal fi.ne osserviamo che, contrariamente alla nostra iniziale supposi-
zione, il centro di pressione C del timone e il centro di gravità G della nave
non giacciono sullo stesso piano orizzontale, ma risultano generalmente di-
sposti come indicato nel disegno (fig. 4).
Tenuto allora conto che la forza P n applicata in C può essere scomposta
in una componente trasversale Pt =Pn cos a e in una componente longitu-
dinale P.,=Pn sena (fig. 5), si constata facilmente che essa produce anche
uno sbandamento dalla parte in cui è inclinato il timone, e un appruamento.
.. Pn cose,. \ \
289
Dobbiamo però osservare che lo sbandamento di saluto costituisce un fe.
nomeno di breve durata. Con l'inizio del moto evolutivo entrano infatti in
gioco la forza centrifuga Fc 6 e una resistenza laterale al moto (Rct) che an-
nullano l'azione sbandante della forza P n cos a e determinano uno sbanda-
mento della nave dalla parte opposta.
Questa situazione è chiaramente rappresentata nel disegno (fig. 7)
dove T sta a indicare la proiezione, nel piano trasversale baricentrico,
del punto di applicazione della resistenza Rd· Si rileva facilmente dalla fi.
gura suddetta che in regime di moto evolutorio agisce sì un momento
- Pn cosa · C'T - che tende a far inclinare la nave dal lato dell'accosta-
ta, ma si rileva anche che ad esso si contrappone un momento - Fc · GT -
che produce l'effetto opposto. E poiché questo secondo effetto, generato
dalla forza centrifuga, è maggiore di quello prodotto dalla componente tra-
sversale della pressione del timone, la nave evoluisce assumendo una certa
inclinazione dal lato opposto a quello dell'accostata. 7
L'appruamento della nave è provocato dalla forza P n sen a, ovvero
dalla componente longitudinale della pressione agente sul timone. Per con-
statarlo basta osservare il disegno (fig. 8) nel quale sono state applicate in
G due forze uguali e contrarie e uguali alla Pn sen a (C' rappresenta la
proiezione del centro di pressione C sul piano baricentrico trasversale; la
restante forza diretta verso poppa è la stessa che abbiamo già considerato
e che produce la diminuzione della velocità).
I I
Fig. 8 • Azione
appruante
del timone.
6 Lit forza centrifuga Fc è funzione del dislocamento ti della nave, della sua velocità V
1
nell'istante considerato, del raggio istantaneo di evoluzione (p). Più precisamente è:
V 2
Fc ~ti. _ 1_
p
7 II valore che può assumere questa inclinazione dipende anche dalla stabilità della nave,
e cioè dalla sua maggiore o minore capacità di resistenza alle forze inclinanti.
290
Dobbiamo però precisare che quelli indicati sono gli effetti che si regi-
strano in condizioni normali, e cioè con asse di rotazione del timone dispo-
sto verticalmente.
Se tale asse risulta inclinato trasversalmente o longitudinalmente
si deve infatti considerare un effetto secondario che deriva dalla obli-
quità della direzione in cui agisce la pressione P O rispetto al piano oriz-
zontale.
Premesso che una inclinazione trasversale dell'asse di rotazione del ti-
mone si verifica normalmente solo se la nave procede sbandata di un an-
golo 0, osserviamo che mettendo il timone alla banda in tali condizioni, si
determina sulla sua superficie una pressione P n che non agisce nel piano
orizzontale ma risulta inclinata verso il basso o verso l'alto. Ciò comporta
innanzitutto una riduzione dell'efficacia del timone poiché la pressione utile
agli effetti evolutivi è rappresentata dalla componente orizzontale P O cos 8
della P 0 (fig. 9).
291
Fig. 1O - Timone con
l'asse inclinato
longitu dlnalmente.
Si potrà comunque verificare soltanto una situazione del tipo di quella indi-
cata nel disegno (fig. 10) e pertanto, qualunque sia il lato verso cui si mette
il timone, questo tipo di inclinazione dell'asse comporta un effetto appop-
pante che contrasta l'appruamento prodotto dalla componente longitudina-
le della pressione utile (quest'ultima assumerà il valore Pn cos I} se indi-
chiamo con I} l'angolo di inclinazione longitudinale dell'asse di rotazione del
timone).
1 1 .
• per navi da carico: s =
70
- - dt Ad
90
8
Ricordiamo che si definisce piano di deriva la parte immersa del piano diametrale.
9
Le frazioni più piccole si riferiscono, per ciascuno dei tipi considerati, alle navi più
grandi. I timoni delle navi militari sono più grandi, a parità di estensione del piano di deriva,
per le loro maggiori esigenze di manovrabilità. Per le stesse ragioni le navi passeggeri sono
dotate di timoni aventi superficie maggiore di quella dei timoni delle navi da carico di uguale
tonnellaggio.
292
1
• per navi militari: s =
28
Con l'applicazione di questi criteri si contiene l'ingombro entro limiti ac-
cettabili e si riducono le difficoltà di installazione, ma non si assicura la ne-
cessaria manovrabilità del timone, specie nel caso di grandi navi, se non
usando macchine di grande potenza.
Per diminuire la potenza della macchina necessaria per portare e man-
tenere alla banda il timone, senza ridurre la superficie di questo e compro-
mettere quindi la sua efficacia evolutiva, sono stati ideati i timoni compen-
sati, e cioè timoni che presentano la caratteristica di avere una parte di su-
perficie attiva a proravia dell'asse di rotazione.
Ricordiamo che i timoni non compensati si dicono ordinari (fig. 11), e Flg. 11 • Tipi di
osserviamo che la compensazione consente di avvicinare il centro di pres- timoni: a) e b) timoni
ordinari; e), d). e)
sione del timone al suo asse di rotazione. timoni compensati.
I
I
I
i
a b e d e
Ciò comporta una diminuzione del momento che si oppone alla inclina-
zione del timone, e pertanto diviene possibile provvedere alla sua manovra
impiegando una macchina meno potente di quella che sarebbe necessaria,
a parità di altre condizioni, nel caso di timone ordinario.
5. Momento torcente
293
Pn
Fig. 12 - L'azione
raddrizzante dell' aco,ua
sul limone à espressa
dal pradotto Pn · x
(momento torcente).
51,9 sen u S V 2
0,2 + 0,3 sen u
e:
x = /, (0,2 + 0,3 sen u)
51,9 sen CI S V2
• /, (0,2 + 0,3 sen u) = 51,9 sen a S V 2 i
0,2 + 0,3 sen a
10
l
Ricordiamo che il lavoro L si ricava risolvendo il seguente integrale:
L = ar.' M1 da
O"
294
lore del momento torcente per diversi angoli di inclinazione del timone
e costruire un diagramma dei momenti torcenti su due assi ortogo-
nali, portando in ascisse gli angoli di inclinazione considerati e in or-
dinate i corrispondenti momenti torcenti. Il lavoro cercato è rappre-
sentato dall'area racchiusa dal diagramma, area che può essere determina-
ta con semplice procedimento geometrico 11 se si esprimono gli angoli in
radianti. 12
Noto il lavoro L (in joule) e il tempo t (in secondi) che si vuole impiegare
per portare il timone all'angolo di inclinazione massima, si ottiene la poten-
za utile (Pu) in chilowatt con l'espressione:
L
p =-
u t
11
Molto semplice è il cosiddetto metodo dei trapezi, e cioè un metodo di calcolo dell'area
racchiusa da una curva, basato sulla suddivisione dell'area stessa in numerose strisce, di ugua-
le larghezza (t.a nel nostro caso), che si possono considerare trapezoidali. La somma delle
aree dei vari trapezi fornisce, con approssimazione tanto maggiore quanto maggiore è il loro
numero, l'area racchiusa dalla curva.
295
• il passaggio della testa attraverso la losca deve essere realizzato in modo
da non ostacolare la rotazione del timone, impedendo nel contempo ogni in-
filtrazione d'acqua all'interno dello scafo. La losca è quindi costituita, nel
suo complesso, da una robusta struttura tubolare e stagna sulla cui estre-
mità superiore è installato un cuscinetto (sul quale appoggia la testa nel suo
moto di rotazione) e un pressatrecce;
• sulla estremità superiore della testa è rigidamente applicato un pezzo
molto robusto che si chiama barra e che serve per collegare il timone con
i meccanismi predisposti per la sua manovra. La barra può assumere diver-
se forme, ma la sua presenza è necessaria per poter applicare sulla testa
del timone il momento necessario per portarlo e mantenerlo alla banda.
13
Appositi fori - riUeggi - esistenti sul fondo del timone e chiusi da tappi a vite consen•
t-Ono, in caso di necessità, di scaricare l'acqua eventualmente infiltratasi o immessa all'interno
della pala.
14
Nei piccoli timoni si ha una pala costituita dal fusto e da alcuni bracci che sostengono
un'unica lamiera.
296
I vantaggi che si possono ottenere con la compensazione del timone
sono già stati considerati; pertanto rimane solo da precisare che si chiama
grado di compensazione del timone il rapporto fra la superficie che si tro-
va a proravia dell'asse di rotazione e la superficie totale.
Il grado di compensazione oscilla mediamente fra 0,10 e 0,20, assumen-
do valori anche più elevati per navi molto veloci.
In generale si può ritenere che siano adottati i seguenti gradi di compen-
sazione:
• navi da carico: da O a 0,15;
• navi passeggeri: da 0,15 a 0,25;
• navi militari: da 0,20 a 0,33;
fig. 15 • Collegamento
di limone ordinario
con dritto a telaio
.__ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __. chiuso.
15 Le navi bielica sono talvolta dotate di due timoni uguali e disposti simmetricamente
rispetto al piano diametrale. Tali timoni vengono installati a poppavia di ciascuna elica (sul
prolungamento dei rispettivi assi) e si dicono accoppiati perché collegati ad un dispositivo che
garantisce la coerenza e la simultaneità della loro azione evolutiva.
297
per intuire che il timone può essere sistemato sotto la poppa con criteri no-
tevolmente variabili.
Volendo illustrare brevemente i più comuni sistemi di installazione, con-
sideriamo innanzitutto la sistemazione più tradizionale, e cioè quel1a adot-
tabile per collegare un timone ordinario ad un dritto semplice o ad un drit-
to a telaio chiuso (fig. 15).
Il timone risulta in questo caso solidamente incernierato al dritto me-
diante un sistema di perni - agugliotti-, coassiali con l'asta e applicati
sulla faccia anteriore del fusto, e solidi occhielli - femminelle - esistenti
sulla faccia posteriore del dritto.
Gli agugliotti possono riguardarsi come appendici cilindriche, fuse o fu-
cinate con il telaio del timone, in corrispondenza dei bracci o con i bracci
stessi; le femminelle sono invece delle appendici particolari ricavate sul lato
posteriore del dritto.
Posizione e funzioni originali assume tuttavia la cosiddetta femminella
a gotto, ossia una femminella cieca che viene ricavata sul calcagnolo e sulla
Fig, 16 - (Sottoj - quale si scarica parzialmente il peso del timone.
Collegamento
di timone compensato Il timone compensato è utilizzabile con qualsiasi tipo di dritto (fig.
con drillo a telaio 16) e può essere adottato anche per scafi sprovvisti di un dritto vero
aperto.
e proprio, quali sono ad esempio quelli delle navi bieliche (fig. 17). In
Fig. 17 (a destra) - questi ultimi anni si è però largamente diffusa la tendenza ad associa-
Collegamento re il ti.mane compensato delle navi monoehea ad un dritto ehe potrem-
di timone compensato
a scafo sprovvisto mo definire a telaio aperto parzialmente perché non del tutto privo di
di dritto. quel ramo poppiero che abbiamo definito dritto de1 timone. In tal caso
non si parla però di dritto del timone, ma di pinna di sostegno del ti-
mon~. Questa pinna (fig. 18) si pre'i'.enta eome un grosso dente uscente
dalla volta e proteso verso il basso; sul lato poppiero della sua estre-
mità inferiore è ricavata una appendice che porta una femminella nella
298
Fig. 18 - Collegamento
di timone compensato
a mezzo di pinna di
sostegno.
8. Tipi di timoni
16
Esistono anche pinne di sostegno con due appendici che sono sede di altrettante fem-
minelle.
299
• timone simplex (fig. 19): timone compensato con sezione longitudinale
a forma rettangolare e sezione orizzontale a profilo carenato. La caratteri-
stica principale di questo timone è costituita da un fusto che risulta rigida-
mente collegato al telaio di poppa (di tipo apert o) e sostituisce in pratica
il dritto del timone che in esso manca. Per non impedire la rotazione del
timone è ovviamente necessario che la pala possa ruotare attorno al fusto
ed a tal fine sono adottati appositi accorgimenti costruttivi. Il vantaggio di
questa sistemazione consiste nella possibilità di eliminare nello stesso tem-
po le difficoltà connesse con l'allineamento dei perni di rotazione (caratteri-
stiche delle sistemazioni con telaio chiuso) e di scaricare l'asta dal momento
flettente (non trascurabile nei timoni sospesi);
• timone attivo (fig. 22): è un timone a profilo carenato che porta, incorpo-
rata o applicata alla sua estremità poppiera, una piccola elica azionata da
un motore elettrico montato nel timone stesso. La spinta dell'elica è suffi-
ciente a far evoluire la nave anche in assenza di velocità rispetto all'acqua
circostante, ma contribuisce indubbiamente ad aumentare l'efficacia evolu-
tiva del timone quando la nave è in movimento;
300
Fìg. 19 (a fianco) - Timone simplex.
Fìg, 20 (sotto) • Timone Hoertz:
sezione orizzontale.
Fig. 21 (in basso a sinistra) -
Timone con bulbo di
propulsione Costa.
Fig. 22 (in basso a destra) -
Timone attivo Pleuger.
timone
301
A conclusione di questa rapida rassegna riteniamo indispensabile men-
zionare anche i mezzi ausiliari di governo che vengono installati ne1le navi
che hanno particolari esigenze evolutive e nelle grandi navi passeggeri e da
carico.
In passato questi mezzi ausiliari di governo erano rappresentati da pic-
coli timoni compensati - timoni ausiliari - che venivano installati in ap-
positi recessi a tal fine esistenti sul fondo, a proravia dell'elica o addirittura
nella parte prodiera dello scafo. Nelle costruzioni moderne si è però or-
mai decisamente affermato l'impiego di apparecchiature capaci di im-
primere allo scafo una energica spinta trasversale. Per ottenere questa
spinta, utilissima ai fini evolutivi, si ricorre in pratica all'impiego di una
o più eliche installate in una condotta trasversale ricavata nella parte pro-
diera della carena, o in entrambe le parti, prodiera e poppiera (fig. 40, cap.
III e fig. 23).
Queste eliche, che possiamo brevemente definire eliche di manovra,
vengono azionate direttamente dal ponte di comando. Si comprende fa-
cilmente che, da una appropriata combinazione della loro spinta trasver-
sale con l'effetto evolutivo del timone, derivano alla nave sensibili vantaggi
di manovra (possibilità di accostare rapidamente e di evoluire in acque ri-
strette). E per le navi dotate di eliche di manovra sia ne11a parte prodiera
che in quella poppiera, ciò significa addirittura possibilità di evoluire da
ferme.
Fig. 23 - Elica di
mano~ra: 1) paletta
direttrice; 2) gruppo
mo\ore: 3) serca\oio
olio lubrificante;
4) gruppo idraulico
per il comando del
passo deli' elica;
5) serbatoio a gravità:
6) pale dell'elica.
302
Sistemazioni per la
manovra del timone
I CAPITOLO
1. Generalità
2. Agghiaccio
303
Gli agghiacci flessibili sono i più antiquati. Erano già in uso sulle navi
a vela, ma sono ancor oggi utilmente impiegati per manovrare il timone di
qualche piccola nave e delle imbarcazioni.
Le sistemazioni di governo risultano in questi casi estremamente sem-
plici poiché non comprendono il servomotore e sono caratterizzate da una
trasmissione dell'agghiaccio che si identifica sostanzialmente con quella del
telemotore.
L'assenza del servomotore si giustifica con il fatto che, trattandosi di
piccole unità, i valori massimi del momento torcente risultano limitati e
possono quindi essere agevolmente uguagliati utilizzando la sola forza delle
braccia del timoniere.
Giova comunque rilevare che i primi servomotori furono impiegati pro-
prio per sistemazioni di governo con agghiaccio flessibile.
Fig. 1 (sotto) - Barra Le parti che formano un agghiaccio flessibile sono la barra e il frenello.
ordinaria: a) barra La barra può assumere la forma di un'asta a sezione rettangolare -
con mozzo intero: barra ordinaria - rivolta verso prora (fig. 1) o di un settore circolare -
b) barra con mozzo
in due pezzi collegati barra a settore - rivolto verso poppa (fig. 2), ma è sempre d'acciaio e calet-
con flangia e bulloni. tata sulla estremità superiore della testa del timone con una o due chiavet-
Fig. 2 (a destra) -
te; il frenel1o è costituito da un cavo d'acciaio o da catena e sbarre d' ac-
Barra a settore. ciaio. 1
b
,,
1
Le sbarre d'acciaio sono ovviamente sistemate nei tratti rettilinei del frenello.
2
Sulla corona esterna del settore sono praticate due scanalature sulle quali passano le
parti estreme di ciascun ramo prima di far dormiente sulla razza.
304
Fig. 3 - Agghiaccio
flessibile (barra
ordinaria e frenello di
cavo d'attia\o):
b) barra: f) frenello:
p) pu leggia di rinvio:
m) mulinello.
o---------- -<==:> r a
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P
Flg. 5 - Agghiaccio
flessibile mosso da
servomotore: b) barra:
e) frenello:
r) reggiscosse;
p) pulegge di rinvio;
m) mulinelli;
t) telemotore;
s) servomotore:
R) ruote per il
governo a braccia.
3 Il frenello corre normalmente a murata in una apposita (!liida o canaletta che protegge
305
corre una traiettoria circolare, e non una traiettoria ellittica con i fuochi
nelle vicine pulegge di rinvio, quando il timone viene portato alla banda. In
conseguenza di ciò, con il timone inclinato, rimane in tensione soltanto il
ramo di frenello che si è accorciato avvolgendosi sul tamburo, mentre l'al-
tro ramo risulta più o meno in bando.
Questa condizione non presenta di per sé alcun rischio ma può diventare
pericolosa quando si manovra per diminuire o invertire l'angolo di inclina-
zione del timone. Con tale manovra, infatti, si allasca il ramo in tensione
prima che l'altro ramo del frenello possa entrare in forza; il timone rimane
allora libero di oscillare per un certo tempo e può bastare un colpo di mare
per portare alla rottura del frenello.
Per evitare questo inconveniente si usa normalmente la barra a setto-
re, 4 ma riteniamo opportuno segnalare il fatto che lo stesso risultato si ot-
tiene con la cosiddetta barra a carretto. Questa è sostanzialmente una bar-
ra ordinaria che porta presso la sua estremità un dispositivo - carretto
(composto dal carretto vero e proprio e da un manicotto) - scorrevole sulla
barra stessa e libero di ruotare rispetto ad essa. I due rami del frenello fan-
no dormiente sul carretto e, poiché questo è inserito in una apposita guida.
possono spostarlo soltanto in senso trasversale, verso dritta o verso si-
nistra.
Lo spostamento del carretto provoca la rotazione della barra ma i due
rami del frenello rimangono sempre in tensione.
Altra soluzione è quella che prevede l'ìmpiego di una barra a carretto
con catena Galle. Anche in questo caso il carretto scorre trasversalmente
su una guida evitando ogni imbando al timone; la catena Galle, dopo essere
passata attraverso adatte pulegge di rinvio, va ad ingranare su un rocchet-
to dentato che riceve il suo moto di rotazione dalla ruota di governo (diret-
tamente o per interposizione della macchina del timone).
Quando l'albero a doppia vite (v) viene messo in rotazione dal servomo·
tore, i cursori (e) si avvicinano o si allontanano scorrendo su robuste aste
longitudinali (a).
' Per maggiore sicurezza si inseriscono comunque nel frenello dei reggiscosse a molla
(normalmente i reggiscosse sono sistemati in prossimità delle pulegge di rinvio di estrema
poppa).
306
~ - - - - - - - - - - - - - - - - / ,..o·.
_ ..
Il movimento dei due cursori si trasmette alle due bielle (b) che li col- Fig. 6 - Agghiaccio
legano alle estremità della barra (t) e si traduce in una rotazione del ti- rigido a doppia vite:
t) barra a traversa:
mone. b) biella; e) cursore:
Si comprende facilmente che questo meccanismo presenta una grande v) doppia vite:
a) asta di scorrimento
robustezza e che può essere azionato anche a braccia in caso di necessità. del cursore.
L'operazione non presenta difficoltà e richiede soltanto la disponibilità di
una ruota di governo (o due ruote accoppiate) direttamente applicata pres-
so l'estremità dell'albero a doppia vite, e di un dispositivo che consenta di
passare rapidamente dalla normale manovra con il servomotore alla mano-
vra manuale di emergenza.
Il meccanismo a doppia vite è irreversibile se il passo delle viti viene op-
portunamente proporzionato al relativo diametro; pertanto le eventuali
scosse prodotte sul timone dai colpi di mare non si trasmettono, contraria-
mente a quanto avviene con il frenello, al servomotore o alla ruota per il
governo manuale.
Altri tipi di agghiaccio rigido sono indicati nei disegni che seguono (fig.
7) - agghiaccio a vite senza fine - (fig. 8) - agghiaccio Harfield. En-
trambi sono provvisti di barra a settore dentato (settore rivolto verso prua),
direttamente o indirettamente collegata ad una vite senza fine, che riceve
il suo movimento dal servomotore.
Il settore (B) dell'agghiaccio a vite senza fine è circolare e ingrana diret-
tamente sulla vite (V) che assicura la sua rotazione.
Il settore (B) dell'agghiaccio Harfield ha invece un profilo diverso da
quello circolare e ingrana su un rocchetto eccentrico (E). La rotazione del-
!'eccentrico, e quindi della barra (B), è provocata da una ruota dentata (R),
coassiale e solidale con esso, che ingrana sulla ruota senza fine (V).
Fig. 7 (a sinistra) -
Agghiaccio
rigido con barra a
settore e vite senza
fine: B) barra; V) vite
senza fine.
Fig. 8 (a fianco) -
Agghiaccio
rigido Harfield:
B) barra: E) rocchetto
eccentrico: R) ruota
dentata: V) vile senza
fine.
307
Flg. 9 - Principio
teorico
del!' a1111arecchia
Harfield: con a.
massimo si registra
il massimo valore di
b e il minirno valore
di e; con a = O, b è
minimo e e massimo.
F •a = F 1
• c
si ricava:
F' =
c
F · a == Pn · d · -
b
308
Gli agghiacci idraulici costituiscono ormai le sistemazioni generalmen-
te usate per collegare la testa del timone con il servomotore. 5
Caratterizzati da piccolo peso, minore ingombro e più elevato rendimen-
to rispetto agli agghìacci meccanici, essi si sono infatti decisamente imposti
ed attualmente vengono installati su quasi tutte le navi grandi e piccole.
s e
·- b
e Fig. 10 - Agghiaccio
idraulico a due
cilindri contrapposti:
b) barra; e) cilindri;
s) stantuffi ;
t) tubazioni dell 'olio.
5
Nelle piccole unità si usano sistemazioni senza servomotore. Anche in questi casi la
trasmissione del1'agghiaccio sì identifica dunque con quella del telemotore.
6 Nelle piccole navi sprovviste di servomotore la mandata e l'aspirazione dell'olio dai ci-
lindri può essere direttamente regolata dal timoniere che manovra la ruota di governo (vedere
in seguito le nozioni riguardanti il telemotore idraulico).
309
che la pompa invii olio nel cilindro di sinistra (aspirando da quello di dritta)
o nel cilindro di dritta (aspirando da quello di sinistra).
L'illustrazione che segue (fig. 11) mostra un'altra sistemazione a due ci-
lindri, ma per molti aspetti diversa da quella precedente. In questo caso,
infatti, i cilindri sono disposti su due piani longitudinali e i rispettivi stan-
tuffi, collegati ad una barra a traversa mediante apposite bielle, lavorano
in contrapposizione.
Fig. 11 · Agghiaccio
idraulico a due o
cilindri affiancati:
t) barra a tra11ersa·.
e) cilindri :
s) stanturn:
o) tubazioni dell'olio.
s
a e
g V
a e
s
V
V
o V
310
lindrica e da un mozzo calettato sul1a testa del timone.
La cassa è concentrica all'asta del timone e montata su una robusta
struttura che si collega rigidamente al1o scafo; il mozzo porta due o tre pale
radiali (palmole) che possono ruotare a tenuta perfetta all'interno della cas-
sa e che suddividono la cassa stessa in altrettante camere di pressione. Poi-
ché le diverse camere sono perfettamente chiuse anche nelle parti superiori
e inferiori, l'olio che riempie ciascuna di esse esercita un momento torcente
sull'asta del timone se viene opportunamente messo in pressione dal servo-
motore.
Prendendo in considerazione l'illustrazione seguente (fig. 13) si rileva
che mandando olio nell'agghiaccio attraverso le tubazioni contraddistinte
con i numeri 1, 2 e 3, l'asta del timone ruota in senso orario, mentre si ottie-
ne la rotazione opposta quando l'olio arriva all'agghiaccio attraverso le tu-
bazioni segnate con i numeri 4, 5 e 6.
Fig. 13 - Agghiaccio
idraulico a pale
rotanti (palmole):
t) testa del timone;
c) cassa cilindrica
(statore): m) mozzo
calettato sulla testa
(rotore): o) tubi
dell'olio:
s) servomotore:
T) telemotore.
3. Servomotore
311
speciale valvola - valvola differenziale - che controlla l'immissione del va-
pore ai suoi cassetti di distribuzione.
La valvola differenziale svolge un ruolo molto importante, perché dalla
posizione che essa assume dipende il senso di marcia della macchina e il suo
arresto. La posizione della valvola viene perciò comandata dal timoniere
che a tal fine si avvale di quella trasmissione che abbiamo fin qui soltanto
menzionato (telemotore) e di un dispositivo di asservimento che la collega
all'agghiaccio.
In particolarn possiamo ritenere che la catena di meccanismi che con-
sente di manovrare il timone sia studiata in modo da realizzare le seguenti
condizioni:
• quando il timoniere fa girare la ruota di governo in un senso o nell'altro,
si apre la valvola differenziale e si immette vapore nella macchina che può
in tal modo marciare come richiesto per imprimere all'agghiaccio, general-
mente meccanico, il movimento desiderato;
• la valvola differenziale rimane aperta, e la macchina in moto, fintanto
che il timoniere gira la ruota di governo: non appena questa ruota viene fer-
mata, il dispositivo di asservimento provoca infatti la chiusura della valvola
e il conseguente arresto della macchina (il timone rimane quindi nella posi-
zione raggiunta e che il timoniere può conoscere avvalendosi di appositi in-
dicatori installati nella stazione di governo).
La chiusura della valvola differenziale (a ruota di governo ferma) è de-
terminata dal movimento stesso dell'agghiaccio, cui essa è collegata at-
traverso un apposito meccanismo. In altre parole ciò significa che l'ag-
ghiaccio, dopo essere stato messo in movimento dalla macchina del timone,
provvede ad arrestare la marcia di questa, e quindi il movimento proprio
e quello del timone, non appena il timoniere arresta la rotazione della ruota
di governo.
Il sistema di asservimento che agisce sulla valvola differenziale è quello
Forrester. Non ci soffermeremo a illustrarne le caratteristiche, ma sottoli-
neiamo il fatto che esso assicura il sussistere delle condizioni volute, e cioè:
macchina, agghiaccio e timone in movimento, nel senso desiderato, quando
il timoniere fa girare la ruota di governo; agghiaccio e macchina fermi, e
quindi timone fermo nella posizione raggiunta, quando il timoniere arresta
il movimento della ruota di governo.
312
stante, essa può passare rapidamente da un regime di portata nulla ad un
regime di portata massima (in quest'ultima condizione la pompa manda olio
in un settore dell'agghiaccio e ]o aspira dall'altro provocando la rotazione
del timone nel senso voluto).
Il passaggio della pompa da un regime all'altro è comandato da un di-
spositivo asservito alla ruota di governo e al movimento del timone. Se
il timoniere manovra la ruota di governo, il dispositivo di asservimento
viene sollecitato, attraverso la trasmissione (telemotore) che lo collega
alla ruota stessa, a provocare l'azione di un meccanismo che porta la
pompa ad agire sul1'agghiaccio per far ruotare il timone nel senso desi-
derato; se il timoniere arresta la rotazione della ruota di governo, il disposi-
tivo di asservimento viene sollecitato dal movimento del timone o dell'ag-
ghiaccio a provocare l'azione inversa del1o stesso meccanismo, cosicché la
pompa ritorna alla condizione di portata nulla e il timone rimane nella posi-
zione raggiunta_
A conclusione di queste brevi note osserviamo che in alcune sistemazio-
ni servomotore e agghiaccio sono così intimamente uniti da formare un uni-
co complesso che viene definito timoneria.
Questo termine non è molto usato dal personale di bordo, ma viene ge-
neralmente adottato dai costruttori, i quali definiscono solitamente limone-
ria elettroidraulica un complesso formato da un servomotore elettroidrau-
lico e da un agghiaccio idraulico (figg. 14 e 15). Timoneria elettrica è in-
Fig. 14 - Timoneria
elellroidraulica
' - - - - - - ~ ~ - - ~ ~ - - - - - - - - - - - - - - - - - - - ' a palmole.
313
Fig. 15 - Tìmoneria
elettroidraulica
a due cilindri
oscillanti.
4. Telemotore
314
tori elettrici; si spiega quindi il grande favore che incontrano questi tipi dì
trasmissioni e la loro definitiva affermazione.
I telemotori idraulici (fig. 16) erano già usati con i servomotori a vapo-
re, ma le loro ottime prestazioni ne consigliano ancor oggi l'installazione,
qualunque sia il tipo di timoneria in dotazione alla nave.
10
Flg. 16 - Telemotore
idraulico: 1) ruota
di governo:
2) assiometro:
3) ruota dentata:
4) pignone; 5) asta
dentata: 6) stantuffo;
7) cilindro: 8) camera
del fluido motore;
9) serbatoio
di riempimento;
10) tubolatura di
mandata al ricevitore:
11) ricevitore;
12) cilindro
del ricevitore ;
13) stantuffo
del ricevitore;
14) asta di manovra
del dispositivo
di asservimento
del servomotore.
315
Le parti che costituiscono un telemotore idraulico sono:
a) una piccola pompa - trasmettitore - sistemata nella colonnina che
sostiene la ruota di governo e da questa azionata a mezzo di appropriati
ruotismi;
b) due minuscole tubazioni attraverso le quali scorre il liquido (soluzione
di glicerina e olio) messo in movimento dalla pompa;
c) un motore idraulico a stantuffo - ricevitore - mosso dal liquido in
pressione e agente sul dispositivo di asservimento del servomotore.
La pompa-trasmettitore può essere ad un solo stantuffo a doppio effetto
o a due stantuffi a semplice effetto. In ogni caso la rotazione della ruota
di governo produce aspirazione in una delle due tubazioni e mandata nell'al-
tra; la pressione che così si determina in una sezione del ricevitore mette
in movimento il suo stantuffo che può quindi agire sui servomotore attra-
verso il meccanismo di asservimento.
Con questo tipo di trasmissione il timoniere può manovrare la ruota di
governo con la massima facilità e con la certezza di una fedele e pron-
tissima azione sul dispositivo di asservimento. La sola precauzione che
si rende necessaria è comune a tutte le trasmissioni idrauliche: bisogna
cioè evitare la presenza di bolle d'aria nei tubi che collegano la pompa-
trasmettitore al cilindro-ricevitore. A tal fine esistono appositi indicatori
del livello dell'olio nella colonnina che contiene la pompa e valvole per lo
spurgo dell'aria.
7
Un pulsante per far ruotare il timone verso dritta, un secondo pulsante per farlo ruota-
re verso sinistra.
316
questi è opportunamente collegato ad una apparecchiatura per il governo
automatico - giropilota o pilota automatico - i cui interventi sono solle-
citati da indicazioni provenienti da una bussola giroscopica, osserviamo che
per telemotore «a percorso» ofollow up si intende un dispositivo realizzato
con criteri tradizionali, ossia un dispositivo che fa muovere il timone soltan-
to quando il timoniere gira la ruota di governo o sposta la eventuale leva
di governo, mentre per telemotore «a tempo>) o nonfollow up si intende un
dispositivo che fa muovere il timone per il tempo in cui il timoniere preme
il pulsante di governo o mantiene la leva di governo o la ruota di governo
nella posizione di manovra.
Una sistemazione di governo con telemotore elettrico del tipo «a tempo»
è rappresentata nello schema che segue (fig. 17).
,.
3 17
5. Indicatori di barra, scontri, freno
6. Pilota automatico
318
siderarsi formato da un telemotore elettrico e da una ripetitrice della bus-
sola giroscopica, intimamente collegati e interdipendenti.
Osserviamo poi che, adottando i necessari accorgimenti tecnici, è possi-
bile realizzare le condizioni richieste affinché il telemotore non invii nessu-
na sollecitazione al servomotore (elettrico o elettroidraulico) quando la
nave si trova sulla prora stabilita, mentre lo stesso telemotore, attraverso
le sollecitazioni che riceve dalla bussola ripetitrice, agisce prontamente sul
servomotore, non appena la prora assume un valore diverso da quello pre-
fissato, perché provveda a inclinare il timone come richiesto per annullare
la variazione di prora rilevata dalla bussola.
L'apparecchio funziona ovviamente in modo da rendere sempre appro-
priata la manovra del timone.
Pur senza entrare in particolari, osserviamo per esempio che i contatti
che mettono in azione il telemotore, e quindi il servomotore, devono inter-
rompersi quando il timone ha ruotato di un certo angolo e invertirsi non
appena la prora inizia l'accostata che la riporta nella direzione iniziale. Que-
sta inversione produce, com'è comprensibile, un'azione inversa del telemo-
tore sul servomotore, e quindi sul timone, che ritorna in mezzo, pronto ad
assumere l'inclinazione contraria a quella precedente se le circostanze lori-
chiedono.
Appositi dispositivi consentono di regolare la sensibilità dell'apparec-
chio per adeguare il suo intervento sul timone allo stato del mare e alle con-
dizioni di carico della nave.
Il pilota automatico viene ormai installato su quasi tutte le navi. Ciò per-
ché, indipendentemente dal fatto che la sua disponibilità rende libero un
marinaio (timoniere) che può quindi essere destinato ad altro servizio, si re-
gistrano, con il suo impiego, condizioni di governo pressoché perfette, con
conseguenti benefici sulla velocità della nave e sulla distanza effettiva che
essa percorre per seguire la rotta prefissata.
Naturalmente, trattandosi di un apparecchio che mantiene la nave su
una prora ben determinata, il suo impiego è sconsigliabile quando la nave
si trova in acque ristrette o in vicinanza di pericoli. In tali circostanze, e
in tutti i casi in cui si rendono necessarie delle accostate, bisogna tornare
al governo manuale rinunciando a quello automatico.
Il passaggio da un sistema di governo all'altro è semplice e imme-
diato poiché richiede soltanto lo spostamento di una leva o di un commu-
tatore.
Escluso l'automatismo, il timoniere riprende il controllo della nave ma-
novrando opportunamente la ruota, il volantino, la leva o i pulsanti di go-
verno di cui è dotato il pilota automatico, o manovrando la ruota della even-
tuale sistemazione per il solo governo manuale.
Nel momento in cui l'ufficiale responsabile della navigazione ritiene
che sussistono le condizioni richieste per ripristinare il governo automa-
tico, si reinserisce il giropilota con una operazione altrettanto semplice e
rapida.
A tal fine basta infatti riportare la leva o il commutatore già menzionato
nella posizione prescritta per il governo automatico.
Prima di inserire il controllo automatico si provvede ad orientare la
nave sulla prora stabilita e a portare il timone in mezzo se l'apparecchio di
cui si dispone non consente di evitare queste operazioni.
319
3
4
Fig. 18 • Pilota
au1omatico: 1) leva
per il governo
manuale e per
il passaggio
al governo automatico;
2) manopola per
variare la prora
senza disinserire il
comando automatico;
3) manopola per la
regolazione dell 'angolo
di controtimone;
4) manopola per
variare l'angolo
di limone
in relazione alle
condizioni del mare.
320
pilota
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12 13
a b
Fig. 19 - Sistemazioni per il governo manuale e automatico: a) pilota automatico, telemotore elettrico e tele-
motore idraulico; b) pilota automatico. telemotore elettrico «a tempo» e telemotore idraulico.
1) alimentazione; 2) amplificatore: 3) relè: 4) dispositivo per la soppressione delle scintille; 5) potenziome-
tro; 6) ruota di governo; 7) leva di commutazione (per il passaggio dal governo automatico a quello manuale
o viceversa e per il passaggio dal governo manuale con telemotore elettrico a quello con telemotore idraulico
o viceversa); 8) commutatore: 9) contatti per il telemotore «a tempo»: 1O) trasmettitore del telemotore id rau-
lico: 11) valvola by-pass (aperta quando si opera con il telemotore elettrico o con il pilota automatico: 12)
trasmissioni elettriche; 13) trasmissione idraulica; 14) vano per la girobussola.
321
p
Fig. 20 • Nave da carico (multiuso).
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Caratteristiche principali
8
In vigore dal 1° settembre 1984.
9
Timoni sospesi.
326
Servizi di sentina
e zavorra
'--- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - ' I CAPITOLO
1. Servizi di sentina
1 Per le naV1 passeggeri sono prescritte non meno di tre pompe di sentina azionate da
energia meccanica. Le tubazioni di sentina non raggiungono i compartimenti destinati penna-
nentemente a depositi per combustibile oppure zavorra poiché per il loro riempimento e pro-
sciugamento ci si avvale dei servizi per il combustibile oppure dei servizi di zavorra.
327
nella quale:
L I è la lunghezza, in metri, del compartimento da prosciugare;
B è la larghezza, in metri, dello scafo;
D è l'altezza dello scafo, misurata in metri fino al ponte delle paratie.
Il diametro interno (d) del collettore principale viene invece calcolato,
in mm, con la seguente relazione:
d = 1,68 ✓ 1 (B + D) + 25
dove L è la lunghezza dello scafo espressa in metri, mentre B e D hanno
i significati sopra indicati.
Nelle navi cisterna e nelle navi nelle quali l'impianto di sentina deve
provvedere al solo esaurimento del locale apparato motore, il diametro in-
terno del collettore principale può essere più piccolo del diametro d che si
calcola con la formula precedente, ma non deve essere inferiore a quello
(d0) che si ricava dalla relazione:
d0 = 3 ✓1 0 (B + D) + 35
dove B e D hanno i significati già noti, mentre L 0 è la lunghezza in metri
del locale apparato motore.
Nel locale apparato motore deve essere disponibile, in aggiunta alle nor-
mali aspirazioni di sentina, una aspirazione diretta con la pompa di circola-
zione al condensatore principale (piroscafi) o con la pompa di circolazione
dell'acqua di raffreddamento del motore di propulsione (motonavi).
L'imbocco di questa aspirazione - lupa - deve essere protetto da una
pigna e situato a livello idoneo per il prosciugamento del locale; la presenza
di una valvola di non ritorno sull'aspirazione diretta assicura l'impossibili-
tà di allagare accidentalmente il locale apparato motore. 2
Poiché le norme sulla sicurezza della vita umana prescrivono che ciascu-
na pompa di sentina deve avere potenza sufficiente per imprimere all'ac-
qua, nel collettore principale, una velocità non inferiore a 122 m/minuto,
si deduce che la loro portata (Q), in metri cubi all'ora, non deve essere infe-
riore a quella che si ricava dalla relazione:
Q = 0,00575 d 2
dove d è il diametro, in mm, del collettore principale.
328
2. Servizi di zavorra
Flg. 2 · Valvola
L..-------------------' Kingston.
329
Impianti
di ventilazione
CAPITOLO
1. Generalità
Nella maggior parte delle navi si sfrutta, per risolvere il problema della
ventilazione dei compartimenti destinati al carico, il moto ascensionale
spontaneo dell'aria calda.
A tale scopo ogni stiva è servita da non meno di due trombe di ventila-
zione. Di queste, una sbocca nella parte bassa del compartimento e termina
superiormente con una cuffia (manica a vento) la cui bocca viene orientata
1 È l'eccessiva umidità che danneggia la merce. In una atmosfera molto umida, infatti,
un abbassamento anche lieve di temperatura (normalissimo durante le ore notturne) determi-
na fenomeni di condensazione (formazione di rugiada) in conseguenza dei quali la merce si
bagna.
331
nella direzione di provenienza del vento relativo, l'altra si arresta sotto il
cielo del compartimento e può terminare superiormente con una cuffia, che
viene orientata nella direzione opposta al vento, oppure con una testa
(estrattore).
L'aria fresca entra dalla cuffia rivolta al vento, giunge sul fondo del
compartimento e sollecita l'aria più calda e umida quivi esistente a salire
e a imboccare la tromba con la cuffia rivolta sottovento o con la testa fissa
(fig. 1).
Fig. 1 - Circolazione
spontanea d'aria
attivata in una stiva
da una coppia
di maniche a vento.
332
nei vari compartimenti, di regolare l'afflusso di aria secca in ciascun com-
partimento.
2 Il numero dei ricambi orari d'aria è dato dal rapporto fra la portata oraria e il volume
del locale interessato dalla ventilazione.
~ Il ricambio dell'aria è necessario per espellere l'aria viziata. Attraverso il ricambio si
sostituisce con ossigeno l'anidride carbonica emessa dalle persone che vivono nei locali e si
assorbono le calorie che esse producono.
Il numero di ricambi richiesti per assicurare condizioni di salubrità varia da locale a locale;
si passa infatti dai 16-20 ricambi richiesti per gli alloggi, ai 30 ricambi richiesti per locali igie-
nici, cambuse, depositi di biancheria, lavanderie ecc. e ai 70 ricambi richiesti per le cucine e
i forni.
4 Le condotte di ventilazione sono sistemate fra il fasciame dei ponti e il loro rivestimen-
to inferiore. Per ragioni di sicurezza viene evitato l'attraver samento di paratie stagne. E ven•
tuali paratie tagliafuoco possono essere att raversate da queste condotte, ma soltanto se su
uno o entrambi i lati delle stesse esistono serrande per arrestare la circolazione d'aria e dispo•
sitivi indicanti se esse sono chiuse o aperte.
333
Riscaldamento, refrigera-
zione, condizionamento
1. Impianti di riscaldamento
2. Impianti di refrigerazione
1 Non sono ammessi radiatori elettrici con gli elementi riscaldanti disposti in modo da po·
ter carbonizzare o incendiare panni, tende e altri simili oggetti.
2 Esistono anche impianti a vapore, ossia impianti nei quali è il vapore che circola nei
tubi e nei radiatori, dove si condensa parzialmente liberando anche un certo numero di calorie
derivanti dal calore latente dell'acqua di condensazione.
335
1
abitati e per mantenere temperature molto basse o invariabili nelle stive
delle navi che trasportano merci deperibili (navi frigorifere, navi bananiere
ecc.).
Ciò premesso, osserviamo che la refrigerazione si effettua a mezzo di
impianti frigoriferi del tipo a compressione, ossia di macchine che produ-
cono il freddo - macchine.frigorifere - a spese dell'energia meccanica as-
sorbita da un compressore e di tubazioni atte a far giungere questo freddo
nell'ambiente in cui è richiesto.
-,·-
\
_,/
Fig. 1 - Schema di
macchina trigoritera:
A) compressore:
M) motore del
com pressore:
C) condensatore:
- i
E) evaporatore:
P1) pompa per la
circolazione
dell'acqua di mare:
P2) pompa per la
circolazione
della salamoia:
V) valvola
- V
di espansione.
336
per trasportare la salamoia nel luogo in cui deve cedere le sue frigorie è
adeguatamente coibentata; la parte che svolge le funzioni di scambiatore
non ha isolamento alcuno ed è del tipo a serpentina.
La circolazione dell'acqua nel condensatore è invece necessaria per la
liquefazione dell'agente frigorigeno. Infatti, se non sì provvedesse ad as-
sorbire il calore prodotto dalla condensazione, si registrerebbe, prima o poi,
nel condensatore, una temperatura superiore a quella critica dell'agente
impiegato, con la conseguente impossibilità di portare avanti il processo di
condensazione-evaporazione.
Poiché nel condensatore circola normalmente acqua di mare,:; il fluido
dell'impianto frigorifero deve avere una temperatura critica non troppo
bassa.
Tenuto conto di questa esigenza e della opportunità di utilizzare fluidi
che nel passaggio dallo stato liquido allo stato gassoso non assumono volu-
mi troppo elevati, mentre assorbono molte calorie, si ricorre normalmente
al freon 12 (diclorodifluorometano; temperatura critica 111 °C; incolore,
non corrosivo né velenoso) o ad analoghi composti. Altri fluidi dotati
dei requisiti richiesti e perciò utilizzati come agenti frigorigeni sono l'am-
moniaca (temperatura critica 133 °C) e l'anidride carbonica (temperatura
critica 31 °C).
337
sorbire gli odori delle merci stivate nei locali refrigerati.
La temperatura e il grado di umidità che bisogna assicurare nelle stive
refrigerate variano con il tipo di merce trasportata.
A titolo d'esempio riportiamo, nella tabella che segue, gli elementi che
caratt~:rizzano la corn.;ervazione di akune tra le più comu.ni derrate ali-
mentari.
Periodo
Temperatura Umidità
Derrata di con· Ventilazione
In °C in%
servazlone
3. Impianti di condizionamento
" Facendo restare inattivi entrambi i gruppi di serpentine si limitano le prestazioni del-
l'impianto alla sola ventilazione.
338
Servizi
per l'acqua dolce
CAPITOLO
1. Generalità
339
sfogo d'aria, portello di accesso, tubo di riempimento collegato alla manda-
ta della pompa di servizio, tubo di «troppo pieno» (tubo di ritorno) collegato
alla cassa principale e tubo per la distribuzione dell'acqua ai diversi utenti
con sistema «a gravità» (la cassa viene riempita periodicamente mettendo
in azione la pompa; l'acqua eventualmente pompata in eccesso ritorna al
deposito di partenza attraverso il tubo di «troppo pieno»);
• depositi per l'acqua di lavanda: cisterne separate da depositi di combu-
stibili o lubrificanti, internamente cementate con <<cemento a pennello»,
provviste di sfoghi d'aria, portelli di accesso e tubi di sonda, di tubazioni
per il loro riempimento con sistema «a gravità» e tubazioni di prosciuga-
mento collegate all'aspirazione della pompa destinata al servizio dell'acqua
di lavanda;
• depositi per l'acqua di macchina: cisterne o doppi fondi, internamente
cementati con HCe1nento a pennello», provvisti di sfoghi di aria, portelli di
accesso e tubi di sonda, di tubazioni per il loro riempimento con sistema «a
gravità» e tubazioni di prosciugamento collegate all'aspirazione della pom-
pa destinata al servizio de1l' acqua di macchina;
• tubazioni di scarico: tubazioni atte a scaricare fuoribordo (attraverso i
fori di scarico a tal fine esistenti sui fianchi dello scafo) l'acqua proveniente
dai servizi igienici, 1 dalle cucine, dalle lavanderie ecc.
3. Sistemi di distribuzione
1
Per la pulizia dei gabinetti viene usata acqua di mare; la circolazione di questa acqua
è assicurata da una pompa e da un apposito sistema di tubazioni.
2 L'autoclave è un recipiente cilindrico stagno all'aria e resistente ad una determinata
pressione.
340
7
11
4
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.- · --a'epos ito d'ac qu"a""-· -
0
Fig. 1 - Schema di impianto di distribuzione acqua dolce con sistema automatico sotto pressione: 1) auto-
clave: 2) indié.itore livello acqua nell'autoclave; 3) indicatore pressione nell' autoclilve: 4) interruttore auto-
matico a pressione (pressostato): 5) linea elettrica; 6) elettropompa; 7) rete distribuzione: B) scarico: 9)
pompa dell'aria: 10) aspirazione dal deposito; 11) mandata dell'acqua all'autoclave.
341
4. Rifornimenti
Passeggeri ed equipaggio
Apparato motore
Acqua di macchina
Tipo di apparato motore (litri per kW-asse)
Con semplicissimo calcolo si rileva che una nave da carico con 40 perso-
ne d'equipaggio e con apparato motore che sviluppa 20 000 kW-asse consu-
ma mediamente 6 t o 24 t d'acqua al giorno a seconda che sia dotata di un
motore diesel o di una motrice a turbina con ausiliari a vapore. Si rileva
inoltre che su una grande nave passeggeri con apparato motore a turbina
da 35 000 kW-asse e ausiliari elettrici si registra un consumo medio giorna-
liero di ben 560 t d'acqua quando essa ospita 2 000 persone fra passeggeri
ed equipaggio.
Se è vero quindi che la disponibilità di un impianto evaporatore-
distillatore permette alla nave da carico di ridurre la massa d'acqua dolce
giacente nei depositi e di trasportare, conseguentemente, più merce a pari-
tà d'immersione, è altrettanto vero che nel caso della nave passeggeri eli-
mina i problemi derivanti dalle sfavorevoli ripercussioni che 5 600 t di ac-
qua (riserva per 10 giorni) hanno sulla stabilità e sulla velocità e il problema
di reperire i depositi necessari per contenerla tutta.
342
Servizi antincendio
I CAPITOLO
1. Generalità
343
Altro importante contributo all'azione preventiva è offerto da un ocula-
to impiego di materiale combustibile. Si giustificano quindi le restrizioni
imposte dai regolamenti di sicurezza e riguardanti in particolare il divieto
di rivestire i ponti non scoperti con materiali facilmente infiammabili, di
usare vernici a base di nitrocellulosa o altra sostanza molto infiammabile,
di far funzionare gli impianti cinematografici con pellicole a base di cellulo-
sa, di usare materiale combustibile non ignifugato per le soffittature, i rive-
stimenti interni ecc.
Gli stessi regolamenti, allo scopo di circoscrivere eventuali incendi e di
assicurare l'efficienza dei mezzi di sfuggita dai locali invasi dal fuoco, pre-
scrivono fra l'altro una suddivisione dello scafo e delle sovrastrutture in
zone principali verticali delimitate da paratie tagliafuoco, la sistemazio-
ne di porte resistenti al fuoco nelle aperture delle paratie tagliafuoco, l'in-
stallazione di paratie divisorie in acciaio, con o senza coibentazione, nelle
4
parti più esposte ai pericoli d'incendio e nelle stazioni di comando, la si-
stemazione di serrande di chiusura nelle condotte di ventilazione che attra-
versano le paratie tagliafuoco, la utilizzazione di scale in acciaio racchiuse
entro cofani formati da paratie tagliafuoco, la sistemazione di dispositivi
atti a consentire la chiusura degli osteriggi di macchina dall'esterno, la si-
stemazione di diaframmi anti-tiraggio nelle intercapedini dei soffitti e dei
rivestimenti interni.
344
tubo con acqua
sotto pressione
;
seggio
,- diaframma
r piastrina
locale
cappello
II
_,!_ _______ --- ----
Fig. 1 - Testa
spruzzatrice.
• teste spruzzatrici (fig. 1) installate sul cielo dei locali da proteggere, di-
sposte a non più di 4 m l'una dall'altra e costruite in modo da frazionare
il getto d'acqua uscente dai tubi; 5
• fialette di vetro contenenti un liquido volatile e applicate alle teste
spruzzatrici in modo da mantenere le loro valvole in posizione di chiusura;
• una pompa capace di alimentare automaticamente l'autoclave che man-
tiene sotto pressione le tubazioni dell'acqua. 6
" Ciascuna testa spruzzatrice deve poter scaricare almeno 90 litri d'acqua al minuto ad
una pressione di 0,175 N/mm 2 (1,75 bar).
6 La pompa dell'impianto sprinklers deve essere alimentata da non meno di due fonti di
energia.
345
pianto 7 e gli indicatori di allarme sistemati sul ponte di comando.
Altri avvisatori termici possono essere realizzati sfruttando la dilatazio-
ne che il calore provoca in una lamina metallica o bimetallica opportuna-
mente inserita in un circuito elettrico.
A tale scopo è sufficiente che la lamina abbia caratteristiche atte ad as-
sicurare la chiusura del circuito quando la temperatura dell'ambiente in cui
si trova installata raggiunge un valore prefissato. Con la chiusura del cir-
cuito scattano gli indicatori d'incendio e poiché, come nel sistema Sprin-
klers, l'impianto è diviso in diverse sezioni, dal ponte di comando viene an-
che localizzata la zona in cui si sono verificate le condizioni che hanno deter-
minato l'emissione del segnale d'allarme.
I compartimenti destinati al carico sono solitamente sorvegliati da un
impianto di rivelazione detto a fumo perché gli indicatori di allarme sono
azionati dal fumo prodotto dalla combustione.
L'impianto a fumo è costituito da un sistema di tubazioni che, partendo
dalle varie stive e corridoi del carico, sboccano in un armadio installato sul
ponte di comando.
Un estrattore consente di aspirare aria dal fascio di tubi e, conseguente-
mente, il fumo che fosse presente nei locali dai quali provengono.
Per stabilire che sussiste una situazione di emergenza potrebbe essere
sufficiente osservare le bocche dei tubi attraverso un vetro posto nella par-
te anteriore dell'armadio, ma si preferisce far ricorso, anche in questo caso,
a indicatori luminosi e acustici. Questi sono messi in azione da una cellula
fotoelettrica che chiude automaticamente un circuito elettrico se in un tubo
è presente il fumo derivante da incendio.
L'impianto consente anche la localizzazione dell'incendio poiché su ciascun
tubo è applicata una targhetta con 1'indicazione del locale dal quale proviene.
A conclusione di questa breve rassegna dei sistemi di rivelazione degli
incendi, osserviamo che molte navi di recente costruzione sono dotate di un
impianto di rivelazione sensibile anche ai gas invisibili della combustione e
per ciò in grado di entrare in azione con maggiore prontezza degli avvisato-
ri termici e degli avvisatori a fumo.
Un impianto di questo tipo si basa sul fenomeno della diminuzione della
conducibilità elettrica dell'aria racchiusa in una particolare camera di
ionizzazione 8 quando in essa penetrano i prodotti gassosi che si sviluppa-
no nella combustione.
La variazione della conducibilità elettrica in una camera di ionizzazione
può essere quindi sfruttata per far scattare un segnale ottico o acustico di
allarme non appena ha inizio il processo di combustione.
L'impianto è sostanzialmente costituito da numerose camere di ionizza-
zione - rivelatori d'incendio - opportunamente sistemate nei locali da
proteggere, da una rete di collegamento e da una centrale di segnalazione.
Le sue caratteristiche consentono una immediata localizzazione della zona
in cui si è manifestato il focolaio d'incendio che ha fatto scattare l'allarme
nella centrale di segnalazione.
7 Le pompe aspirano dal mare e pertanto, dopo l'estinzione dell'incendio bisogna prov-
vedere a vuotare l'impianto e a riempirlo nuovamente con acqua dolce.
8 Piccolo contenitore nel quale è racchiusa aria ionizzata dalle radiazioni alfa di una so-
stanza radioattiva (radio).
346
4. Estinzione degli incendi
9 L'uso di altri agenti estintori è sconsigliabile per non esporre il personale al pericolo
di scariche elettriche e per non danneggiare le apparecchiature e le macchine elettriche.
IO Non si considera qui l'impianto Sprinklers (rivelazione ed estinzione automatica).
347
almeno due getti d'acqua (uno dei quali uscente da una manichetta di un
solo pezzo) in ogni punto della nave.
A tale scopo le tubazioni antincendio sono provviste di un adeguato nu-
mero di prese da incendio - idranti - ed esiste, per ogni presa, una mani-
chetta con proprio boccalino e il necessario raccordo. 11
Per quanto riguarda le pompe merita innanzitutto rilevare che ciascuna
nave deve averne non meno di due, azionate da energia meccanica e di por-
tata complessiva non inferiore ai due terzi della portata complessiva delle
pompe di sentina se trattasi di nave passeggeri, non inferiore ai quattro
terzi della portata di ciascuna pompa di sentina se trattasi di nave da
carico. 12
Osserviamo inoltre che le prese dal mare e le sorgenti di energia neces-
sarie per il funzionamento delle pompe devono essere dislocate in modo
atto ad assicurare che un incendio in qualsiasi compartimento non metta
contemporaneamente fuori uso tutte le pompe antincendio 13 e che per
questo servizio possono essere utilizzate le pompe di zavorra, le pompe di
sentina e altre pompe.
L'impianto di estinzione a gas inerte è sostanzialmente costituito da
un generatore di gas inerte o da una batteria di bombole di anidride carbo-
nica (C02) e da un sistema di tubazioni che possono convogliare il gas nei
locali da proteggere.
Un generatore di gas inerte 14 deve essere capace di produrre, ogni ora
e per non meno di 72 ore, un volume dì gas libero non inferiore al 25% del
volume lordo del più grande compartimento fra quelli posti sotto la sua pro-
tezione; le bombole della C0 2 devono invece fornire un volume di gas libe-
ro non inferiore al 30% del volume lordo del maggiore compartimento per
il carico e non inferiore al 35% del volume lordo del locale apparato moto-
re, 15 mentre le tubazioni che ad esse sì collegano sono realizzate in modo
da permettere di scaricare nei compartimenti in cui sboccano 1'85% della
quantità di gas prescritta, nel tempo massimo di 2 minuti (per scaricare il
gas nei vari compartimenti sono disponibili valvole o rubinetti di comando,
debitamente contrassegnati, posti in più punti facilmente accessibili e siste-
mati in modo da non essere resi rapidamente inutilizzabili).
L'impianto di estinzione ad acqua polverizzata (nebbia d'acqua) è ser-
vito da una pompfL di potenza sufficiente ad alimentare contemporanea-
mente le diverse sezioni in cui può essere suddivisa la relativa tubazione
11 ldrantì e manìchette possono essere collegati alle t ubazioni antincendio dei porti a
mezzo di uno speciale dispositivo - raccordo internazionale per il collegamento a terra - pre-
scritto per tutte le navi; i boccalini delle manichette possono essere provvisti di un dispositivo
che trasforma il getto in nebbia d'acqua.
12 In nessun caso è però rkhiesta, per le pompe delle navi da carico, una portata com-
plessiva superiore a 180 m 3/h.
1.3 Per evitare questo rischio molte navi sono dotate di una pompa di l!'mergenza mossa
da motore diesel o da altri mezzi e sistemata fuori dal locale apparato motore.
14 Apparecchiatura che produce gas inerte bruciando olio diesel o che consente di ricupe-
rare e utilizzare i gas prodotti dalla combustione che si svolge nell'apparato motore.
15 Le bombole sono sistemate in un locale definito centrale C0 • Poiché l'anidride carbo-
2
nica viene conservata nelle bombole allo stato liquido, si stabilisce ìl loro contenuto ìn m~ dì
gas libero supponendo che da ogni kg di C02 liquida si liberino 0,56 m 3 di C02 allo stato
gassoso.
348
e capace di entrare automaticamente in azione non appena si registra nella
stessa un abbassamento della pressione di esercizio (la nebbia d'acqua viene
prodotta applicando alle tubazioni alcuni ugelli nebulizzatori).
L'impianto di estinzione a schiuma comprende pompe di acqua di
mare, serbatoi di liquido schiumogeno (foamite), pompe di liquido schiumo-
geno, tubazioni e accessori per convogliare nelle parti protette la schiuma
che si ottiene mescolando nella giusta misura schiumogeno e acqua di mare
(schiuma meccanica).
Sono previsti impianti a schiuma a bassa espansione, con rapporto di
espansione 16 minore di 12 a 1, cui si richiede di fornire una quantità di
schiuma sufficiente a ricoprire, con uno spessore di 150 mm in 5 minuti,
la superficie del più grande fra i locali che essi proteggono, e impianti a
schiuma ad alta espansione, con rapporto di espansione minore di 1 000
a 1, cui si richiede di ricoprire per 1 m di altezza al minuto il più grande
dei locali protetti e di erogare un volume di schiuma pari a 5 volte il volume
di tale locale.
Un impianto per la protezione delle cisterne per carichi liquidi infiam-
mabili deve poter erogare schiuma per circa 5 o 20 minuti, a seconda che
la stessa venga scaricata entro le cisterne o sul ponte di coperta.
In quest'ultimo caso l'impianto è completato da spingarde fisse (cannon-
cini lanciaschiuma) sistemate in modo da poter operare in qualsiasi direzio-
ne e da lance mobili servite da apposite manichette e provviste di prolun-
ghe metalliche per immettere la schiuma nelle cisterne.
L'impianto di estinzione a idrocarburi alogenati è ammesso soltanto
se questi non emettono gas tossici in quantità tale da causare danno alle
persone. Il mezzo estinguente è costituito da Halon 1301, 1211 e 2402, im-
magazzinati sotto pressione in appositi contenitori, in quantità compresa
fra il 4,25 e il 7% del volume del locale protetto per l'Halon 1301, fra il 4,25
e il 5,5% del volume del locale protetto per l'Halon 1211, fra 0,20 e 0,30
kgf/m 3 del volume protetto per l'Halon 2402.
Gli estintori sono bombole di forma cilindrica e provviste di dispositivo
- bocchello oppure manichetta - per la fuoriuscita di un agente estintore
costituito da acqua con o senza sali in soluzione (estintori idrici), schiuma
contenente C02 (estintori a schiuma chimica), schiuma contenente aria
compressa o un gas inerte compresso (estintori a schiuma meccanica), polve-
re ignifuga e CO2 o altro gas (estintori a polvere), anidride carbonica
(estintori a C02), idrocarburi alogenati (estintori Raion).
La formazione dell'agente estintore e la sua fuoriuscita dal bocchello o
dalla manichetta sono provocate da una reazione chimica conseguente al
miscelamento di una sostanza detta carica con il contenuto di un recipiente
detto cartuccia. 17
Gli estintori che possono essere maneggiati a braccia - estintori porta-
tili - hanno massa non superiore a 20 kg e dispongono di una carica la cui
capacità è compresa fra 9 e 13,5 litri oppure fra 3 e 12 kg. 18
16 Rapporto fra il volume della schiuma prodotta e il volume del liquido schiumogeno uti-
lizzato.
17 Nessuna reazione è necessaria per il funzionamento degli estintori a C0 e a idrocar-
2
buri alogenati, che non hanno quindi bisogno di cartuccia (anche gli estintori a polvere sono
senza cartuccia se il gas è già frammisto alla polvere nella carica).
18 Per capacità di un estintore si intende il volume della carica effettivamente utilizzabile
se trattasi di estintore idrico o a schiuma, la massa della carica se trattasi dì estintore a COo
o a polvere o a idrocarburi alogenati. -
349
CATEGORIE DEGLI ESTINTORI E LORO CARATTERISTICHE
CATEGORIE
La carica dell'estin- Acqua con even.tualmente .sah in satv.- Sotuz.ione aco.uoBa Soluzione acquosa Soluzione acquosa Sos\an:z.e lgnlfughe co2 compresso ìdrncarbu,i alogenati
tare - a parte U zione basica basica con sostan- contenente sostan- in polvere
contenuto dell'e- ze schiumogene ze schiumogene
ventuale cartuccia
w - é costituita da:
g Il contenuto della Due reagenti, l 'uno C02 (od altro gas Soluzione di acido Soluzione dì soifato Aria compressa (od C02 o altri gas iner- - -
cartuccia è: basico e l'altro ac:i• inerte compresso} sol fo rico o cloridri- d ì allumina altro gas inerte ti o aria. (Vi sono
do: in generale il co o di solfato di al- compresso) però est interi a poi-
reagente basico è lumlna vere senza cartuc-
una soluzione di t>i· eia. nei quali il gas
carbonato di soda, è sempre frammisto
quello acido Ul\0 so- alla polvere)
luzione di acido sol-
forico o cloridrico o
di solfato di al-
lumina
La scarica dell'e- Generazione di C02 Azione del gas com- Generazione di C02 Genetazione di C02 Azione del gas com - Espansione del gas Apertura della val- Apertura della valvola di
stintore è ottenuta (reazione chimica presso (apertura di (reazìone chimica (reazione chimica p,esso (apertura di compresso (apertu- vola di chiusura del- chiusura della bombola
per; svolgentesi nell'in· cartuccia a bombo- svolgentesi fra acì- svolgentesi fra so- cartuccia a bombo- ra di cartuccia a la bombola costi- costituente l'estint ore
terno della car- letta) do contenuto nella luzione acida conte- letta) bomboletta, quan- t uente l 'estintore
tuccia) cartuccia e soluzio- nuta nella cartuccia do esiste)
ne basica della e soluzione basica
carica) della carica)
L'agente estintore Acqua eventualmente con sali in solu- Acqua con sali in Schiuma contenen· Schiuma contenen- Polveri ignifughe e C02 ldroca,buri alogenati
scaricato è costitui- z:ione soluzione te C02 te il gas usato C02 o altro gas
to da:
l'agente estintore Raffreddamento delle materie incendiate. Evaporazione dell"ac- Formazione di uno strato di schiuma che Decomposizione Formazione di una triibizione del processo
qua e conseguente formazione di una atmosfera tnerte locale (di isola dall'aria ambiente le materie ìncen- delle polveri e con- atmoste(a \nert€: lo- di combusUone
scaricato agisce
sull'incendio per: vapore acqueo) la quale isola dall'aria ambiente le materie ìncen- diate seguente formaizio- cale (di C02) la qua-
diate ne di un'atmosfera le isola dall'aria am-
inerte locale {di gas b iente le materie in-
inerti prodotti dalle cendtate. Azi one
polveri e dell'even- so l tocante e ral-
tuale gas propellen- freddante del C02
te ad essi cornmi-
s to) la quale isola
dall'aria amb iente
le materie incendia-
te. A ciò si aggiun-
ga un"azione sotto-
cante dovuta alla
1ormaz\one d\ s\ra-
to solido aderente
alle parti in combu•
stioiie.
CATEGORIE DEGLI ESTINTORI E LORO CARATTERISTICHE
La resistenza elet- Bassissima Bassissima Bassissima Bassa Bassa Elevatissima Elevatissima Elevatissima
trica dell'agente
estintore scaricato
è:
L'estintore può es- Contro incendi di Classe A Contro incendi di classe A e B Contro incendi di Classe A (polveri ABC), Contro incendi di Classe
contro incendi di Classe B (polveri ABC e A e Be di materiali sotto
sere impiegato:
BC) e cootro incendi di materìali sotto ten- tensione elettrica anche
sione elettrica anche alta alta
Inconvenienti e pe- Eventuali irregolari- I gas generati sono Il C02 è soffocante Alcunt idrocarburi sono
ricoli: tà dì funzionamento soffocanti. Even- tossfCi di per sé o per pi-
dei dispositivi di ri· tuali grumi della rolisi
duzione possono polvere possono de-
determinare pres- terminare pressioni
sioni pericolose pericolose
Manutenzione: Gli estintori con corpo in rame o metallo giallo non devono essere lucidati con sostanze che possono corrode-
re l'involucro. assottigliandolo. È preferibile siano pi1turati esternamente
La carica è congelabile a temperatura di circa O °C (salvo che la La carica è congelabile a circa -5 °C. La Alcuni tipi di polveri
carica non sia chimicamente resa incongelabile} carica può essere alterata da temperature possono soffri re
elevate {circa 40 °Ce più); quindi evitare la per um•dità: quindi
Evitare la sistema- sistemazione dell'estintore in posizioni evit are la sistema-
Co)
"'...
zione in luoghi ec- esposte a temperature rnolto elevate zione dell'estintore
cessivamente caldi, in luoghi umìdi
dove la pressione Quando v'è bombola di CO2 evitare la si-
interna della bom- stemazìone in luoghi eccessivamente cal•
boletta di CO2 PO· di, dove la pressione ìnterna nella bombo-
trebbe raggiungere la potrebbe raggiungere valori molto
valori molto el evati elevati
Fasce di colorazio- Rossa Rossa Rossa Gialla Gialla Verde • Gialla Verde - Gialla Verde . Gialla
ni convenzionali: Rossa Rossa Rossa Rossa Rossa
Gli estintori non maneggiabili a braccia - estintori di grande capa-
cità - devono avere massa non superiore a 300 kg; per quanto riguarda
la capacità di questi estintori la normativa vigente prevede la possibilità di
usare, a seconda delle caratteristiche dei locali che essi proteggono, estin-
tori a schiuma di capacità non inferiore a 45 1 oppure a 135 1, ed estintori
a C02 o a polvere di capacità non inferiore a 16 kg oppure a 45 kg; per fa-
cilitarne l'impiego è prescritta la disponibilità di un carrello sul quale può
essere sistemato l'estintore o la sua manichetta.
Tutti gli estintori sono dipinti in rosso, ma contrassegnati da fasce di-
stintive su fondo bianco. Le fasce usate convenzionalmente sono:
• estintori idrici: una fascia rossa;
• estintori a schiuma: una fascia rossa ed una gialla;
• estintori a C02 o a polvere o a idrocarburi alogenati: una, fascia, rossa,
una gialla ed una verde.
Un apparecchio schiumogeno portatile è costituito da un erogatore, con
relativo miscelatore dì aria e schiuma collegabile al collettore principale d'in-
cendio per mezzo di una manichetta, da un serbatoio portatile di liquido
schiumogeno (di capacità non inferiore a 20 1) e da un serbatoio di riserva,.
Gli equipaggiamenti e le attrezzature antincendio costituiscono un
complesso di dotazioni che devono essere disponibili in ogni nave per facili-
tare l'intervento del personale addetto alle operazioni di spegnimento.
Un equipaggiamento comprende una tuta antincendio (veste protettiva
termo-riflettente, termo-coibente e idro-resistente, completa di cappuccio,
guanti e stivali), un apparecdiio per la, respirazione nei fu.mi intensi (auto-
respiratore, casco contro il fumo o maschera contro il fumo), un cavo di si-
curezza (cavo di materiale resistente al fuoco), una lampada di sicurezza
porfotile e un' a.scia da, pompiere.
Il corredo di attrezzature per ]'estinzione degli incendi comprende inve-
ce diversi picozzini e buglioli, una coperta di amianto, un palo di ferro a.d
unghia (pie' di porco), una cintura da pompiere con borsa porta-attrezzi,
una borsa da elettricista, una lampada elettrica portatile con pile e lampa-
dine di riserva.
La stazione antincendio (obbligatoria solo per navi di S.L. superiore a
5 000 ton che trasportano 400 o più passeggeri) è un locale situato in una
posizione conveniente sotto tutti gli aspetti e provvisto delle sistemazioni
necessarie per la custodia e la conservazione degli equipaggiamenti e di al-
tre attrezzature antincendio, fra le quali figurano estintori portatili, ma-
sche re contro il fumo, scale portatili provviste di ganci ed estintori a C02
di grande capacità su carrello.
La squadra dei vigili del fuoco (obbligatoria solo per navi di S.L. supe-
riore a 5 000 ton che trasportano 400 o più passeggeri) è composta da un
caposquadra e da non meno di 4 vigili prescelti fra il personale che non pre-
sta servizio notturno nello svolgime nto del lavoro inerente al proprio gra-
do, qualifica e categoria.
I membri della squadra alloggiano nelle vicinanze della stazione antin-
cendio, in locali che hanno una comunicazione diretta con il ponte di coman-
do (telefono o portavoce); ciascuno di essi deve essere dotato di maschera
contro il fumo, casco, cintura con attrezzi idonei, lampada di sicurezza,
ascia, estintore portatile, stivali e guanti.
352
Mezzi di salvataggio
' - - - - - - - - - - - - - - - - - - -- ----' I CAPITOLO
1. Generalità
Fig, 1 - Imbarcazione
di sa\nhggio
' con gru a gravità.
353
Imbarcazioni, zattere e apparecchi galleggianti sono mezzi collettivi di
salvataggio; salvagente e cinture sono mezzi individuali di salvataggio.
Gli apparecchi lanciasagole sono utilizzabili per stabilire un collegamen-
to materiale fra nave in pericolo e nave soccorritrice, mentre i dispositivi
per l'emissione dei segnali di pericolo servono per lanciare oppure mostra-
re una chiara e inequivocabile richiesta di soccorso.
2. Imbarcazioni di salvataggio
Le imbarcazioni di salvataggio (fig. 1) devono essere costruite con ma-
teriale resistente al fuoco o incombustibile, devono essere dotate di un mo-
tore a combustione interna caface di imprimere loro una velocità non in-
feriore a 6 nodi a pieno carico in acqua calma, possono essere scoperte o
provviste di una copertura rigida, parziale o completa.
Le caratteristiche costruttive delle imbarcazioni di salvataggio posso-
no essere così sintetizzate:
• robustezza sufficiente a garantire la possibilità di calarle in acqua a pieno
carico senza che debbano subire alcun danno;
• insommergibilità e stabilità positiva anche in condizioni di totale allaga-
mento;
• facilità di raddrizzamento o autoraddrizzamento in caso di capovolgi-
mento.
Le prescritte doti di robustezza sono realizzate con un adeguato dimen-
sionamento delle parti strutturali e del fasciame; l'insommergibilità è assi-
curata da casse d'aria opportunamente sistemate sui fianchi e sul fondo o
da materiale per sua natura galleggiante; la stabilità è garantita dalla scel-
ta di forme e proporzioni appropriate e da una conveniente distribuzione
del carico; la facilità di raddrizzamento o autoraddrizzamento deriva da una
adeguata scelta delle forme e da quella massiccia concentrazione dell'equi-
paggiamento nella parte inferiore dell'imbarcazione, che si cura di realizza-
re per assegnare alla stessa una grande stabilità in normali condizioni di
galleggiabilità.
Il numero delle persone che una imbarcazione è autorizzata ad acco-
gliere - portata - può essere stabilito tenendo conto del numero delle per-
sone di massa media pari a 75 kg, tutte indossanti la cintura di salvataggio,
che possono trovare posto sedute in posizione normale e senza intralciare
il funzionamento dei mezzi di propulsione o di altro dispositivo in dotazione.
Nessuna imbarcazione di salvataggio può comunque essere autorizzata
ad accogliere più di 150 persone.
Su ciascuna imbarcazione sono segnati, in modo chiaro e permanente,
il numero delle persone trasportabili e le dimensioni principali; sui due ma-
sconi sono inoltre indicati il nome e il compartimento di iscrizione della
nave alla quale l'imbarcazione appartiene e un numero atto a distinguere
una imbarcazione dall'altra. 2
1 Per carico di una imbarcazione di salvataggio si intende la massa del suo equipaggia-
mento e della totalità delle persone che la stessa è autorizzata a trasportare.
2 Le imbarcazioni di ciascuna nave sono numerate partendo da prora e utilizzando i nu-
meri dispari per il fianco dritto della nave e quelli pari per il fia nco sinistro.
354
Il tipo e la capacità delle imbarcazioni in dotazione ai diversi tipi dì nave
sono stabiliti avendo presente l'esigenza di poter porre in salvo tutte le per-
sone presenti a bordo anche nelle circostanze più sfavorevoli.
A tale scopo le norme di sicurezza prescrivono quanto segue:
• le navi passeggeri devono avere su ciascun fianco imbarcazioni di capaci-
tà complessiva sufficiente ad accogliere la metà del numero totale delle per-
sone presenti a bordo;
• le navi da carico devono avere su ciascun fianco imbarcazioni di capacità
complessiva sufficiente ad accogliere tutte le persone imbarcate.
Una coppia di gru servita da un verricello elettrico deve essere disponi-
bile per ciascuna imbarcazione (fig. 1). Le caratteristiche delle gru e delle
loro attrezzature assicurano la possibilità di calare in acqua tutte le imbar-
cazioni nel tempo massimo di 30 minuti nelle navi passeggeri e di 10 minuti
nelle navi da carico, anche con nave sbandata di 20°.
Le gru che a tal fine sono insta11ate sui ponti alti scoperti hanno i bracci
sagomati in modo che l'imbarcazione allo stato di riposo possa poggiare su
di esse; sono genericamente definite gru a _gravità perché lo stesso peso
dell'imbarcazione imprime loro movimenti dì traslazione e rotazione che
portano l'imbarcazione fuoribordo quando vengono mollate le ritenute che
la immobilizzano.
Gli oggetti e i dispositivi di cui sono fornite le imbarcazioni di salvatag-
gio devono essere sistemati a regola d'arte e convenientemente assicurati
alle parti interne.
La dotazione normale di una imbarcazione comprende un numero di
remi sufficiente per mantenere la rotta in acqua calma e relative scalmiere
o scalmi, due ganci d'accosto, un tappo per alleggio, una sassola, due buglio-
li, un timone con barra, una chiesuola contenente una bussola luminosa o
provvista di mezzi di illuminazione, un cavetto a festoni fissato sui fianchi
esterni, una maniglia nella parte immersa di ciascun fianco, un'ancora gal-
leggiante, due barbette, una razione di viveri da 10 000 kJ per persona in
recipienti stagni all'aria sistemati all'interno di recipienti stagni all'acqua,
tre litri d'acqua potabile per persona in recipienti stagni, un mestolo inos1ri-
dabile, un bicchiere per bere graduato e inossidabile, quattro razzi rossi a
paracadute, sei fuochi a mano a luce rossa, due segnali fumogeni ga,lleg-
gianti che producono fumo colore arancione, un corredo farmaceutico di
pronto soccorso in cassetta stagna, una torcia elettrica stagna all'acqua
con lampadine e pile di riserva, uno specchio per segnalazioni diurne, un
coltello a serramanico, tre apriscatole, due anelli galleggianti attaccati a
sagole galleggianti di lunghezza non inferiore a 30 m, una pompa a mano,
un fischietto, un assortimento di attrezzi per la pesca, una tenda colore
arancione (solo per le imbarcazioni scoperte), una tabella dei segnali di sal-
vataggio, un mamwle di sopravvivenza, sei pastiglie contro il mal di mare
e un sacchetto per il mal di mare per persona, una cassetta di attrezzi per
le riparazioni al motore, un proiettore, un estintore, un riflettore radar, un
indumento per la protezione termica per persona, tre tute di immersione,
una lampada a comando manuale sistemata sulla sommità della copertura
o del tendone.
Sulle navi passeggeri che trasportano 1 500 o più persone, almeno una
imbarcazione per ogni lato deve essere dotata di un apparecchio radiotele-
355
grafico; 3 quando tali navi trasportano un numero dì persone compreso fra
200 e 1 499, almeno una imbarcazione deve essere dotata dell'apparecchio
radiotelegrafico.
Tutte le navi devono inoltre avere, pronti all'uso e rapidamente ìmbar·
cabìli su un mezzo di salvataggio collettivo:
- su ciascun fianco, un radiofaro galleggiante a comando manuale per
la segnalazione, in emergenza, della posizione dì un mezzo dì salvataggio,
più brevemente definito EPIRB; 4
- un apparecchio radiotelegrafico o radiotelefonico portatile e galleg·
giante; 5
- tre apparecchi radiotelefonici portatili per assicurare le comunica·
zionì interne fra i mezzi di salvataggio e le comunicazioni fra i mezzi di sai·
vataggio e la nave.
3. Zattere di salvataggio
terie di accumulatori.
4 Dalle iniziali della espressione inglese «Emergency Position Indicating Radio Beacon».
'' L'apparecchio R.T. o R.T.I<'. galleggiante e il radiofaro possono essere lanciati in acqua
senza subire danni; per il loro funzionamento ci si avvale di batterie di accumulatori.
" Sono ammesse zattere di massa maggiore purché sia possibile calarle in acqua da en-
trambi i fianchi con appositi dispositivi di messa a mare.
7 L'anidride carbonica consente anche di realizzare un doppio fondo, particolarmen-
te utile contro il freddo, e il sostegno di una tenda che protegge gli occupanti dalle in-
temperie.
356
6 4 25 20 5 7 12 3 4 13 14 21 8 18 9
II I
' \
\ I
I
I
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2 10 1 23 22 11 :26 19
Fig. 2 - Zattera autogonfiabile «Pirelli-Londra»: 1) camera d'aria inferiore; 2) camera d'aria superiore; 3)
archi pneumatici; 4) tappi di scarico archi tenda; 5) fondo pneumatico; 6) tenda esterna; 7) tenda interna;
8) entrata; 9) manichetta per la chiusura entrata·, 10) tasche d'acqua di zavorramento; 11) sagola a festoni
esterna: 12) sagola a festoni interna; 13) lampada esterna; 14) lampada interna; 15) pile attivate dall 'ac-
qua; 16) scaletta e maniglia per la salita a bordo; 17) briglia di rimorchio; 18) valvola di sovrapressione
e gonfiamento ausiliario; 19) anello galleggiante con cima di ricupero; 20) raccoglitore d'acqua piovana;
21) coltello di sicu rezza; 22) cinghia di ribaltamento; 23) bombola di C0 2; 24) ancora galleggiante; 25)
involucro per viveri e dotazioni d'emergenza; 26) cima di ormeggio e comando apertura della bombola (bar-
betta)
i : I
.-· __< :~> Fig. 3 - Zattere
-?~-- autogonfiabili
installate
su tramoggia
per agevolare
il loro la neio
in acqua.
357
2
cm ) del pavimento gonfiato, oppure tenendo conto dello spazio occupato
da una persona di media corporatura indossante la cintura di salvataggio
e seduta con sufficiente comodità (la portata effettiva è indicata dal minore
dei numeri interi ottenuti eseguendo tutte e tre le operazioni citate ed è
chiaramente marcata sulla zattera e sulla sua custodia).
Le zattere rigide sono abbastanza robuste da non subire danni se
lanciate in acqua dal punto in cui sono sistemate e presentano caratte-
ristiche di efficienza e stabilità, sia che galleggino da un lato che dal-
l'altro.
Ciascuna zattera rigida è provvista di una coperta adeguatamente pro-
tetta e costruita in modo da sostenere effettivamente fuori dall'acqua le
persone che è autorizzata a trasportare.
Per liberare la coperta dall'acqua che vi si riversa sono previsti disposi-
tivi di evacuazione automatica.
La galleggiabilità è assicurata da materiale galleggiante e resistente al
fuoco; una tenda è disponibile per proteggere gli occupanti dalle intempe-
rie; su ciascun lato sono indicati il nome e il compartimento di iscrizione del-
la nave cui la zattera appartiene.
La portata di una zattera rigida viene stabilita assegnando non meno di
3
96 dm del volume dei dispositivi di galleggiabilità, o non meno di 3 720
2
cm della superficie di coperta a ciascuna persona, o tenendo conto dello
spazio occupato da una persona di media corporatura indossante la cintura
di salvataggio e seduta con sufficiente comodità (il minore dei numeri interi
che si ottengono eseguendo le necessarie operazioni rappresenta la portata
effettiva e viene chiaramente marcato sulla zattera).
La massa della zattera e delle sue dotazioni non supera normalmente i
185 kg.
La capacità complessiva delle zattere (autogonfiabili e rigide) di una
nave passeggeri deve essere sufficiente per almeno il 25% delle persone
presenti a bordo; le navi da carico devono invece avere su ciascun fianco
zattere autogonfiabili o rigide sufficienti per il numero totale delle persone
presenti a bordo. 8
Gli oggetti di dotazione di una zattera, autogonfiabile o rigida che
sia, devono essere convenientemente assicurati e prontamente utiliz-
zabili.
La dotazione normale di una zattera comprende un anello galleggiante
attaccato a una sagola galleggiante lunga 30 m, due coltelli, due sassole,
due spugne, due ancore galleggianti, due pagaie, un corredo d'i attrezzi e
oggetti per riparare le forature dei compartimenti stagni delle zattere auto-
gonfiabili, una pompa ad aria o un soffietto (soltanto per le zattere auto-
gonfiabili), tre apriscatole, un corredo farmaceutico di pronto soccorso in
8
Nelle navi passeggeri le zattere possono essere usate anche in sostituzione delle im-
barcazioni di salvataggio, ma la portata complessiva di queste ultime non deve scendere,
su ciascun lato della nave, al di sotto del 37,5% del numero totale delle persone presenti a
bordo.
358
cassetta stagna, un bicchiere graduato e inossidabile, una torcia elet-
trica stagna all'acqua con pile e lampadine di riserva in recipiente sta-
gno, uno specchio per segnalazioni diurne, un fischietto, quattro razzi
rossi a paracadute, sei fuochi a mano a luce rossa, due segnali fumo-
geni galleggianti che producono fumo arancione, un riflettore radar,
un indumento per la protezione termica per persona, un assortimento
di attrezzi per la pesca, una razione di viveri di 1o ooo kJ per persona,
un litro e mezzo d'acqua dolce per persona, in recipienti stagni, sei pa-
stiglie contro il mal di mare e un sacchetto per il mal di mare per per-
sona, istruzioni per la sopravvivenza a bordo di una zattera, tabella
dei segnali di salvataggio, una barbetta, un cavetto a festoni all'interno e
all'esterno, mezzi idonei per far salire a bordo le persone che si trovano in
acqua.
Le zattere rigide dispongono inoltre di un dispositivo galleggiante
di illuminazione elettrica a pile, mentre le zattere autogonfiabpi de-
vono avere, sulla parte superiore della tenda e all'interno della zattera,
lampadine la cui luminosità proviene da una cellula attivata dall'acqua
di mare.
4. Apparecchi galleggianti
~ I più comuni apparecchi galleggianti sono i cosiddetti a,tolli, ma le navi passeggeri sono
frequenteme nte dotate di apparecchi galleggianti utilizzabili normalmente come sedili e siste-
mati sui ponti scoperti.
359
Fig. 4 - Apparecchi
galleggianti.
5. Salvagente anulari
360
devono avere anche un efficiente segnale fumogeno ad attivazione auto-
matica. H>
6. Cinture di salvataggio
7. Apparecchi lanciasagole
10
Boetta luminosa e segnale fumogeno sono collegati al salvagente con una sagola di
lunghezza non inferiore a 2 m; il loro funzionamento è attivato dall'acqua in cui si trovano a
galleggiare quando il salvagente viene usato per operazioni di salvataggio.
361
Fig. 5 (sopra) -
Apparecchio
lancia sagole.
Fig. 6 (a fianco) -
Lampada «Aldisn
per segnalazioni
diurne.
362
-
:a,,qu::411 e
•
PJll.iJI.,. Fig. 7 - Segnali
di soccorso: a) pistola
Very: o) razzi
a paracadute; e} ruocllì
a mano a luce rossa.
363
Impianti elettrici
I CAPITOLO
1. Generalità
1 1 motori elettrici presentano, rispetto alle macchine a vapore, diversi vantaggi fra
i quali ricordiamo: maggiore leggerezza e minore ing()mbro; condutture facilmente instal-
labili, piu leggere e meno ingombra nti; maggiore rendimento complessivo; economicità
di servizio; caratteristiche di potenza e giri meglio adattabili alle esigenze delle macchine con-
dotte.
365
2. Generatori e sistemi di distribuzione della corrente
Premesso che gli impianti elettrici devono essere realizzati con caratte-
ristiche atte a garantire l'efficienza dei servizi di sicurezza anche in situa-
zioni di emergenza e ad evitare qualsiasi pericolo di natura elettrica per l'e-
quipaggio e gli eventuali passeggeri, osserviamo che i regolamenti di sicu-
rezza prescrivono a tale scopo una serie di norme che possono essere così
sintetizzate:
• la potenza dei generatori di corrente deve essere tale che sia possibile
soddisfare alla massima somma delle richieste di tutti i servizi che possono
venire usati contemporaneamente;
• per ciascun imp·ianto devono essere disponibili non meno di due genera-
tori di potenza sufficiente ad assicurare i servizi essenziali anche in caso
di arresto di uno di essi;
366
• una fonte autonoma di energia elettrica di emergenza, costituita da un
generatore (o da una batteria di accumulatori) sistemato al disopra del pon-
te superiore in modo che il suo funzionamento 3 sia assicurato anche in
caso di incendio o di altri eventi che mettano fuori uso l'impianto elettrico
principale, deve essere disponibile per alimentare contemporaneamente
tutti quei servizi che sono essenziali per la sicurezza in una condizione di
emergenza (illuminazione di emergenza, fanali di navigazione e altri fanali
prescritti dalle norme internazionali per prevenire gli abbordi in mare, im-
pianti di comunicazione interna, impianti di segnalazione e di allarme, ap-
parecchi di ausilio per la navigazione, lampada per segnalazioni diurne,
pompa di emergenza per l'esaurimento, pompa da incendio, macchina del
timone, impianti per la chiusura e l'apertura delle porte stagne, impianti
per la manovra e messa a mare dei mezzi di salvataggio, ecc.);
• le parti metalliche esposte delle macchine e delle apparecchiature elettri-
che che possono andare in tensione in caso di guasto devono essere collega-
te a massa;
• i quadri principali e di emergenza devono essere raggiungibili senza dif-
ficoltà e senza pericolo di folgorazione per le persone addette;
• il sistema di ritorno per scafo (sistema di distribuzione a un conduttore
isolato, con ritorno a massa, per corrente continua) non è ammesso per le
navi cisterna che trasportano carichi infiammabili;
• i rì,vestimenti metallici e le armature dei conduttori devono essere elet-
tricamente continui e collegati a massa; le giunzioni dei conduttori devono
essere effettuate in cassette di giunzione o di derivazione a prova di
fiamma;
• le apparecchiature di illuminazione devono essere sistemate in modo da
prevenire dannosi surriscaldamenti;
• ciascun circuito deve essere protetto contro il corto-circuito e contro il
sovraccarico;
• le condutture elettriche principali e quelle di emergenza devono es-
sere il più possibile distanziate per evitare che un incendio in una zona
principale (navi passeggeri) possa interferire con i servizi essenziali di
un'altra zona.
367
Scali e bacini
di costruzione
I CAPITOLO
1. Generalità
2. Scali di costruzione
369
seconda che siano disposti perpendicolarmente o parallelamente alla batti-
gia, 2 che in ogni scalo si distingue una parte a terra che costituisce lo scalo
vero e proprio e una parte a mare che si chiama avantiscalo, che entrambe
queste parti devono essere sufficientemente robuste, rigide e ben fondate,
Fig. 1 • Scalo per evitare pericolosi cedimenti durante la costruzione e durante il varo
di costruzione. (fig. 1),
-
l!lll!lll:l!!il!li11illllil!llf1;1;1:I~
2 Gli scali di traverso sono caratteristici dei cantieri installati lungo i grandi fiumi. Il
varo di traverso viene infatti imposto, in tali circostanze, dalla ristrettezza dello specchio d 'ac-
qua antistante lo scalo.
3 L'avantiscalo deve essere perfettamente allineato con lo scalo, zavorrato e ben ancora-
to a terra.
4 Con una pendenza dell'8%, uno scalo lungo 150 m presenta una altezza massima di
12 m.
5 Lo scalo dei Cantieri San Marco di Trieste ha un profilo circolare con raggio di curva-
tura di 5 000 me le seguenti pendenze: 3,37% all'estremità a monte; 7,11% al livello del mare;
8,71 % al ciglio dell'avantiscalo.
370
zano invece due piani di scorrimento costituiti da corsi di grosse tavole -
suole - sistemate sopra i parati e disposte perpendicolarmente alla battigia
(fig. 2).
Travi di adeguata robustezza vengono in ogni caso fissate ai margini
del piano o dei piani di scorrimento per evitare pericolosi spostamenti
laterali della nave durante il varo. La distanza fra le facce interne di que•
ste travi - guide - si chiama scartamento dei piani di scorrimento; il
suo valore è pari o di poco superiore alla terza parte della larghezza del-
la nave.
I piani di scorrimento possono essere realizzati pochi giorni prima del
varo poiché la nave poggia, durante la sua costruzione, su una o più file di
robustissimi blocchi detti taccate.
Le taccate devono poter essere demolite prima del varoti e pertan-
to ciascun cantiere adotta gli accorgimenti atti a soddisfare questa esi-
genza.
Un tempo si usavano soltanto taccate la cui parte superiore poteva esse-
re smantellata facendo saltare alcuni tacchi oppure cunei opportunamente
inseriti nella loro struttura (fig. 3) ma, per eliminare le difficoltà e la lentez-
za di queste operazioni, sono state ideate altre soluzioni fra le quali merita
ricordare quella rappresentata dalle cosiddette taccate di sablria. Si intui-
sce infatti che queste ultime (fig. 4) possono essere smantellate senza diffi-
coltà e con notevole rapidità, facendo semplicemente defluire una parte
della sabbia inserita nella loro struttura in modo da formare un cuscino di
adeguato spessore.
Fig. 3 (a sinistra) -
Taccata con cunei.
Fig. 4 (a latol -
Taccata di sabbia.
fi Vedremo che con la demolizione delle taccate la nave viene ad essere sostenuta da una
speciale slitta 1:he sì chiama ùw<1sut1.(;rn e che serve per trasferirla in acqua.
371
3. Invasatura
Fig. 6 • Invasatura.
Sezione della
parte di estrema
prora: 1) vasi:
2) sopravasi:
3) colonne: 4) soffitte;
5) tri nche: 6) scontri:
7) suole; 8) guide:
9) parato.
372
che l'hanno sostenuta durante la costruzione. 7
Ciò premesso, osserviamo che ciascuna parte dell'invasatura compren-
de i seguenti elementi principali:
• vasi: travi metalliche o di legno, poggianti sulle suole 8 e aventi lunghez-
za compresa fra 1'80 e 1'85% della lunghezza della nave; 9 l'altezza dei vasi
risulta solitamente compresa fra 30 e 50 cm, mentre la loro larghezza viene
stabilita avendo presente l'esigenza di limitare la pressione unitaria sulle
suole a valori non superiori a 30.;.. 40 N/cm 2 (a tal fine si usano due o più
travi affiancate);
• sopravasi: travi disposte longitudinalmente e sistemate sopra i vasi; i so-
pravasi hanno larghezza uguale a quella dei vasi, ma altezza e lunghezza mi-
nori di questi;
• cuscini: travi verticali sistemate sulla parte centrale dei sopravasi;
• colonne: travi verticali o subverticali in tutto simili ai cuscini, ma più alte
di questi e sistemate sulle parti estreme dei sopravasi;
• soffitte o ventriere: travi disposte longitudinalmente e poggianti sui cu-
scini e sulle colonne; la loro superficie superiore è sagomata in modo da
aderire perfettamente al fasciame della carena quando vengono battuti i
numerosi cunei inseriti fra i sopravasi e le sovrastanti strutture.
4. Varo
7 Mentre si demoliscono le taccate, si asportano anche i numerosi puntelli che sono stati
373
• per impedire al sistema nave-invasatura di mettersi in moto prematura-
mente, si sistemano sullo scalo 3 o 4 coppie di castagne atte a bloccare i vasi
sulle suole fino all'istante prestabilito per l'inizio del varo; 12
• nel timore che il sistema nave-invasatura non si metta in moto spon-
taneamente dopo l'abbattimento delle castagne e la rimozione di altri
eventuali dispositivi di ritenuta, si predispongono mezzi di spinta ge-
neralmente costituiti da martinetti idraulici che agiscono sulle testate a
monte dei vasi.
Volendo esaminare le condizioni che assicurano l'inizio del varo e il suo
regolare svolgimento conviene considerare separatamente le fasi sottoin-
dicate:
1) frwe di scorri·mento a secco;
2) fase di scorrimento in acqua;
3) fase d1: :=;corrimen/.o i:n acqua con rotazione;
4) fase d·i frenatura.
La fase di scorrimento a secco ha inizio quando si rimuovono i disposi-
tivi di ritenuta (castagne) e termina nell'istante in cui il sistema varante
raggiunge la superficie dell'acqua.
Per il suo avvio non sono necessarie azioni di spinta se, detto.fil coeffi-
ciente di attrito fra i vasi e le suole, e detto a l'angolo di inclinazione del
piano del varo sull'orizzontale, risulta:
tg a > f
Infatti, poiché il peso complessivo P del sistema varante, i:; cui fa equili-
brio una reazione di appoggio R' uguale e contraria e agente sulla stessa
verticale, si scompone (fig. 7) nelle forze:
Fig. 7 - Varo: fase
di scorrimento Se = P sen a parallela al piano del varo e costituente la componente
a secco. attiva per il moto;
374 t
Cm P cos a normale al piano del varo e costituente la componente
che dà luogo alla compressione dei vasi e alla resistenza
di attrito At=f P cosa;
si intuisce che il suo moto di traslazione lungo i piani di scorrimento ha ini-
zio spontaneamente se risulta:
Se> Ai
Sostituendo a Se e At i rispettivi valori si ricava:
P sen a > f P cos a
cioè: 14 tg a > f
~ . - X5
I
''
14 Dalla disuguaglianza P sen a > f P cos a si passa a tg a > f dividendo entrambi i ter-
mini per P cos a.
15 Al coefficiente di attrito f si attribuiscono mediamente i seguenti valori:
miscele a base di stearina: 0,020 al primo distacco; 0,010 durante il moto
miscele a base di grassi: 0,040 al primo distacco; 0,020 durante il moto
miscele a base di sego: 0,055 al primo distacco; 0,025 durante il moto.
375
senza staccarsi dalle suole nonostante la spinta che agisce nella sua parte
immersa.
In questa fase del varo (fig. 8), al peso P del sistema nave-invasatura
si associa una spinta S di intensità crescente e agente su una retta che si
sposta rapidamente verso prua.
Sarà quindi, in un determinato istante:
R = P - S la risultante della forza peso e della
forza spinta;
Se = R sen a = (P - S) sen a la componente attiva per il moto;
Cm = R cos a = (P - S) cos a la pressione sui vasi;
At = f R cos a = f (P - S) cos a la resistenza di attrito;
R' = R = P - S la reazione di appoggio.
La reazione R' giace sulla verticale della risultante Re con essa si spo-
sta verso prora in conseguenza dell'aumentare della spinta e del suo sposta-
mento nel senso poppa-prora.
La posizione della retta d'azione della risultante R e della reazione R'
durante la fase di scorrimento in acqua può essere determinata sia grafica-
mente che analiticamente.
La soluzione grafica di questo problema si ottiene con una semplice ope-
razione di composizione di due forze parallele e di senso contrario (peso e
spinta).
Alla soluzione analitica si perviene invece prendendo in considerazione
i momenti delle forze in gioco.
Infatti, se assumiamo come asse dei momenti delle forze P, S ed R la
retta verticale passante per l'estremità a monte dei vasi - brioni - e indi-
chiamo con xp, Xs ed Xr i bracci di tali forze; essendo:
P xP il momento del peso;
S X8 il momento della spinta;
R Xr il momento della risultante;
si può scrivere:
R Xr = P Xp - S X8
cioè:
p Xp - S X5
P-S
È in ogni caso indispensabile evitare che lo scorrimento del sistema
nave-invasatura avvicini la risultante R al ciglio dell'avantiscalo.
Ciò in quanto, verificandosi tale situazione, la risultante R potrebbe tro-
varsi a passare per il ciglio stesso, con le seguenti conseguenze:
• caduta della poppa - strapiombo - e contemporaneo sollevamento della
parte ancora poggiante sulle suole;
376
• successivo innalzamento (riemersione) della poppa e ricaduta - nasata
- della parte prodiera sulle suole;
• limitazione della stabilità del sistema varante, possibilità di cedimento
dello scalo e di fiaccamento dello scafo durante le due opposte rotazioni at-
torno al ciglio dell'avantiscalo.
Considerando la relazione:
Fig. 9 - Vara: fase
di scorrimento
in acqua
con rotazione.
p
I
I
-7·~ XS _ _ _..,.
~- Xp I
377
si rileva che:
• all'inizio della rotazione la risultante R e la reazione R ' agiscono lungo
la verticale passante per i brioni (xr == O);
• durante la rotazione la risultante R agisce a monte dei brioni (xr < O) e,
poiché la reazione R' non può uscire dall'estremità prodiera dell'invasatu-
ra, le forze R ed R' formano una coppia alla cui azione deve essere attribui-
ta la rotazione stessa.
Se i piani di scorrimento sono abbastanza lunghi sarà:
P = S, ossia: R=R' == O
prima che i brioni giungano sul ciglio dell'avantiscalo; la nave si troverà al-
lora a galleggiare senza inconvenienti di sorta.
Se questa condizione non può essere assicurata, cosicché risulta:
P > S, ossia: R = R' > O
nell'istante in cui i brioni arrivano sul ciglio dell'avantiscalo, si verifica un
repentino abbassamento della prora - saluto - non appena anche l'estre-
mità a monte dell'invasatura lascia i piani di scorrimento.
Il saluto non presenta alcun pericolo, ed è quindi generalmente previsto
al fine di ridurre la lunghezza dell'avantiscalo, se è possibile escludere l'e-
ventualità che esso porti la prua della nave a urtare contro lo scalo e la par-
te a monte dell'invasatura a battere sul fondo marino.
5. Bacini di costruzione
378
• sistemazione del battello-porta fra i gargami dei fianchi, a mezzo di ri-
morchiatori e cavi manovrati con apparecchi di tonneggio opportunamente
distribuiti in prossimità dell'imboccatura;
• affondamento del battello-porta mediante allagamento di casse di'. gal-
leggiamento e casse di regola.zione (fig. 10) di cui è a tal fine prov-
visto; 16
16 L 'affondamento va inteso come una operazione tendente a far poggiare il fondo del
battello-porta sul fondo del bacino e in condizioni le più idonee ad assicurare un completo isol.t-
mento di questo dal mare antistante; la parte superiore del battello-porta resta ovviamente
fuori dall'acqua e può essere utilizzata come «passerella» dal personale del cantiere.
17 Per prosciugare il bacino con la massima rapidità si mette in azione un potente im-
pianto di esaurimento posto al suo servizio.
379
saria altezza, la nave, sostenuta da una spinta che uguaglia il suo peso, si
stacca dalle taccate e galleggia liberamente.
Ancor prima che l'allagamento del bacino sia completato, poiché l'acqua
delle casse di galleggiamento del battello-porta è stata tempestivamente
scaricata, questo si stacca dal fondo - salta - riacquistando la sua galleg-
giabilità.
Il salto del battello-porta si verifica naturalmente nell'istante in cui la
pressione idrostatica che lo blocca nei gargami non è più sufficiente, per
l'accresciuta altezza del livello dell'acqua all'interno del bacino, a neutraliz-
zare l'eccesso di spinta instauratosi con lo svuotamento delle casse di za-
vorra.
Le casse di regolazione rimangono allagate proprio per evitare che la
porta salti quando il livello dell'acqua del bacino è ancora troppo basso. Se
ciò dovesse accadere si registrerebbe infatti un afflusso d'acqua, all'interno
del bacino, tanto violento da provocare un'ondata capace di strappare glì
ormeggi e danneggiare seriamente la nave. 18
Il salto della porta equivale a una vera e propria apertura del bacino e
pertanto non rimane che far uscire la nave, dopo aver sgombrato l'imbocca-
tura, e portarla ad una banchina, di allestimento di cui ciascun cantiere è
dotato per procedere all'installazione o al completamento del complesso di
sistemazioni che rendono la nave atta alla navigazione e al servizio al quale
è destinata.
18
Un salto prematuro della porta è anche un salto violento. In tali circostanze possono
quindi verificarsi danni alla porta stessa, ai gargami e alle guarnizioni - pa.glietti - di cui
questi ultimi sono rivestiti per favorire la tenuta stagna.
380
Bacini di carenaggio
e scali di alaggio
c _ __ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ . J I CAPITOLO
1. Generalità
2. Bacini di carenaggio
381
Fig. 1 - Sszione di un bacino galleggiante: AA) galleggiamento del bacino in condizioni di inoperosità; BB)
galleggiamento del bacino in condizioni di completo allagamento; CC) galleggiamento del bacino con nave
a secco poggiante sulle sue taccate.
;i Nella parte alta delle fiancate sono sistemati anche i comandi delle valvole Kingston,
gli sfoghi d'aria, i verricelli pe r il tonneggio e l'allineamento della nave sulle taccate, i servizi
per il personale addetto alla ma novra del bacino e per il personale operante sulle navi ai lavori,
i mezzi di sollevamento, eventuali officine, generatori di corrente ecc.
382
3. Scali di alaggio
Gli scali di alaggio sono piani inclinati di cui dispongono anche i piccoli
porti per tirare in secco le navi di piccolo tonnellaggio.
Uno scalo di alaggio presenta molte analogie con lo scalo di costruzione
e come questo si protende in acqua con un avantiscalo di sufficiente lun-
ghezza.
Per contenere entro limiti ragionevoli lo sforzo di trazione che i mezzi
dì alaggio devono esercitare per trascinare la nave lungo i piani di scorri-
mento dello scalo, si riduce la sua pendenza al valore minimo compatibile
con l'esigenza di assicurare la discesa in acqua della stessa nave a carenag-
gio ultimato. E, se necessario, si realizza questa condizione sostituendo due
rotaie alle suole e utilizzando una invasatura la cui parte inferiore è costi-
tuita da carrelli.
L'alaggio di una nave si effettua seguendo sostanzialmente la procedura
sottoindicata:
• si costruisce l'invasatura, tenendo conto delle dimensioni e della forma
della carena;
• si fa scorrere l'invasatura sullo scalo affinché raggiunga un punto dell'a-
vantiscalo in cui risulta completamente immersa;
• si porta la nave sopra l'invasatura e si manovra per disporla su di essa
in modo da far coincidere i rispettivi piani di simmetria;
• si regolano le taccate laterali dell'invasatura come richiesto per assicura-
re la stabilità della nave;
• si mettono in tensione i cavi - mustacchi - che collegano l'invasatura
alla nave;
• si mettono in azione i mezzi di alaggio e si porta in secco il sistema nave-
invasatura facendolo scorrere lungo lo scalo.
383
APPENDICE
Cenni sulla propulsione
delle barche a vela
1. Terminologia
387
tà del vento apparente dipendono dalla velocità della barca e dalla sua an-
datura oltreché dalla velocità del vento reale (vento effettivo); il vento ap-
parente è rappresentato dalla risultante di un parallelogramma le cui com-
ponenti sono il vento di avanzamento (vento prodotto dal moto della barca,
sempre diretto a poppa con velocità uguale a quella della barca stessa) e
il vento reale;
vento reale: vento effettivo (indipendentemente dal moto della barca, è
il vento di cui si parla normalmente); il vento reale si determina facilmente
se si tiene presente che esso si identifica con una componente di un paralle-
logramma avente il vento apparente come risultante e il vento di avanza-
mento come seconda componente (fig. 2);
l VENTO
Settore sottovento
388
Flg. 2 •
Determinazione
del vento reale:
se indichiamo
-Vn con Vap e -Vn
i vettori
rappresentativi
del vento
-Vn apparente e del
vento di
avanzamento,
sarà V, il vettore
rappresentativo
del vento reale
Vap (per conoscerlo è
sufficiente tracciare
il segmento che
unisce l'estremità
del vettore -Vn
Vr con quella
Vap del vettore Vapl.
389
5
3. Tipi di vele
390
può essere definita anche vela bermudiana e che:
a) non sono poche le imbarcazioni che alzano anche un secondo fiocco e
quelle attrezzate per alzare all'estrema prora, in sostituzione del fiocco o
dei fiocchi, quando il vento proviene dai settori poppieri, una grande vela
approssimativamente semisferica che si chiama spinnaker o, più breve-
mente, spi;
b) le barche maggiori hanno sovente due alberi sui quali vengono alzate
altrettante rande Marconi;
c) talune barche portano una o due rande quadrangolari al posto delle
vele Marconi; tali rande si dicono vele auriche (fig. 6) se il loro lato superio-
re viene inferito ad aste oblique chiamate picchi (ciascun picco ha l'estremi-
tà prodiera collegata al versante poppiero dell'albero con un dispositivo,
detto trozza, che gli consente di ruotare e di alzarsi o abbassarsi; apposite
drizze consentono di alzare o abbassare il picco, mentre al suo orientamen-
Fig. 4 - Il fiocco, la randa Marconi e le loro manovre: 1. angolo di bugna o di scotta: 2. angolo di mura:
3. angolo di penna: 4. lato d'inleritura o antennale: 5. caduta poppiera o balumina; 6. base o piede o borda•
me o linea di scotta: 7. garrocci; 8. ferzi; 9. occhiello o bugna per borosa di terzarolo; 10. guaina o tasca
per stecca; 11. cuciture dei ferzi: 12. matalioni di terzarolo; 13. rinforzo occhiello o bugna del matafione
di terzarolo; 14. scolla del fiocco; 15. borosa di scotta della randa; 16. mura: 17. drizza; 18. caricabasso ;
19. vango ritenuta del boma; 20. scolla della randa; 21. straglio.
391
·-
/
Il '11~
\ \
.,,,
I
,,,.
Fig. 5 - Vela quadra: 1. angolo d'inferitura: 2. angolo di Fig. 6 - Randa aurica: 1. gola; 2. mura:
bugna: 3. antennale o inferitura: 4. bordame; 5. caduta: 3. bugna; 4. penna: 5. antennale; 6. ca-
6. brancarelle di terzarolo: 7. matafioni di terzarolo. duta prod.: 7. base: 8. caduta pop.;
9· 1O. brancarelle: 11. matafioni di ter-
zarolo.
4---..
6
\ 3 7
Flg. 7 - Vala latina: 1. mura; 2. bugna o scotta; Fig. 8 - Vela al terzo: 1. gola; 2. mura; 3. bugna;
3. penna: 4. caduta poppiera: 5. antennale; 6. 4. penna: 5. inferitura: 6. caduta prod.; 7. bor-
base. dame: 8. caduta pop.
392
o struzza (il balestrone parte dal piede dell'albero, cui è opportunamente
collegato, e attraversa diagonalmente verso poppa tutta la vela); al disopra
della vela aurica può essere alzata una vela triangolare che si chiama con-
troranda e che rimane distesa fra picco e albero;
d) altre barche possono portare, al posto delle vele Marconi, una o due
vele triangolari che si dicono vele latine (fig. 7) e che vengono inferite ad
altrettante aste oblique chiamate antenne (le vele latine non richiedono la
presenza del boma; ciascuna antenna è collegata ali' albero con la sua parte
centrale e può essere alzata con apposita drizza);
e) alcune navi-scuola sono attrezzate per portare, a ciascuno degli albe-
ri di cui sono dotate, vele quadrangolari a forma di trapezio isoscele che si
dicono vele quadre (fig. 5) e che si inferiscono ad aste orizzontali dette pen-
noni (ciascun pennone è collegato all'albero con una trozza centrale; alcurii
pennoni si definiscono pennoni volanti perché possono essere alzati lungo
l'albero al fine di distendere le rispettive vele, altri pennoni si dicono fissi
perché privi di questa caratteristica; i pennoni volanti sono manovrati e so-
stenuti da una propria drizza, quelli fissi sono sostenuti da appositi manti-
gli; per orientare i pennoni si agisce sulla loro estremità con apposite mano-
vre che si chiamano bracci); le stesse navi possono alzare numerose vele
triangolari che si aggiungono ai fiocchi e che si dicono vele di straglio per-
ché inferite a stragli che corrono da un albero all'altro.
Per quanto riguarda la nomenclatura delle parti che formano i diversi
tipi di vele, ricordiamo il significato delle definizioni sottoindicate:
- ferzi: strisce di tela unite mediante due cuciture, variamente dispo-
ste a seconda del tipo di vela e ben rinforzate nei punti maggiormente solle-
citati;
gratile o ralinga: cavo cucito saldamente lungo gli orli dei lati della
vela;
garrocci: ganci muniti di perno a molla per la chiusura automatica,
normalmente usati per inferire le vele agli stragli, 1 oppure tacchetti me-
tallici opportunamente sagomati per favorire il loro scorrimento su una ro-
taia fissata all'albero o al boma; i garrocci sono saldamente cuciti al gratile;
sono senza garrocci le rande delle barche aventi albero e boma dotati di una
canaletta nella quale si inferisce direttamente il gratile e quelle delle barche
attrezzate all'antica (in questo caso si usano anelli di cavo, detti canestrelli,
per inferire la vela all'albero e una lunga sagoletta, detta inferitore, per al-
lacciarla al boma, al picco, all'antenna o alla pennola; l'inferitore si avvolge
a spirale o in altro modo attorno all'asta utilizzata per sostenere o distende-
re la vela e, come i canestrelli, viene fatto passare negli occhielli o bugne
a tal fine praticati lungo l'orlo della stessa;
- antennale o inferitura: lato superiore di vela quadrangolare e lato
prodiero di vela triangolare;
caduta prodiera: lato prodiero di vela aurica, al terzo o al quarto;
caduta poppiera o balumina: lato poppiero di una vela;
cadute: lati obliqui di vela quadra;
1 I garrocci del tipo a gancio con molla sono indicati anche come moschettoni.
393
base o piede o linea di scotta o bordame: lato inferiore della vela;
penna: angolo più alto della vela (manca nelle vele quadre);
mura: angolo inferiore prodiero (bugna nelle vele quadre);
scotta o bugna: angolo inferiore poppiero della vela;
gola: angolo superiore prodiero di vela aurica, al terzo o al quarto;
angoli di inferitura: angoli superiori di vela quadra;
brancarelle: occhielli di cavo applicati al gratile e utilizzati per colle-
gare le varie parti della vela alle sue manovre; 2
- terzaroli: parti di vela sottratte all'azione del vento;
- matafioni dei terzaroli: spezzoni di sagoletta, fissati a doppino negli
occhielli a tal fine praticati nella tela.
a) scorrimento regolare V ►
e) distacco
--- ~--
2
Le vele moderne sono solitamente sprovviste di brancarelle tradizionali. Gli occhielli
che le sostituiscono sono definiti bugne.
394
4. Azione del vento sulle vele
395
per rilevare che le vele sono responsabili di uno scarroccio più o meno
cospicuo 4 e che alla loro azione deve essere addebitata anche la tendenza
orziera o la tendenza puggiera che caratterizza talvolta il moto della barca
e un effetto che tende a far immergere la prua o la poppa.
Anche senza inoltrarsi in considerazioni di carattere tecnico-nautico si
può dunque affermare che le vele producono gli effetti sottoindicati:
I. propulsione;
2. scarroccio;
3. sbandamento;
4. orzata oppure puggiata;
5. immersione della prora o della poppa.
Volendo risalire alle cause, bisogna esaminare separatamente gli effetti
prodotti dalle forze agenti su ciascuna vela.
Considerando una barca attrezzata a sloop, 5 osserviamo innanzitutto
che sulla randa agisce una forzaF1 (componente utile della forza del vento
apparente) che può essere ritenuta orizzontale, mentre sul fiocco agisce
una forza F 2 (anch'essa componente utile della forza del vento apparente)
diretta obliquamente verso l'alto.
La forza F 1 agente sulla randa può essere considerata la risultante del-
le forze A I e D 1, rispettivamente orientate in direzione longitudinale e in
direzione trasversale e responsabili dei seguenti effetti:
a) componente longitudinale A 1
l. la propulsione;
2. una immersione della prora, tanto maggiore quanto maggiore è l'al-
tezza del centro di pressione C1 sul centro di deriva Cd;
3. una orzata, tanto maggiore quanto maggiore è la distanza del centro
di pressione C 1 dal piano diametrale;
Fig. 10 -
Forze agenti sulle vele.
VENTO
4
Lo scarroccio scompare se si naviga con il vento in poppa.
5
Un albero, attrezzato per sostenere un solo fiocco e la randa.
396
b) componente trasversale D 1
1. lo scarroccio;
2. uno sbandamento, tanto maggiore quanto maggiore è l'altezza del
centro di pressione C1 sul centro di deriva Ca;
3. una orzata, tanto maggiore quanto maggiore è la distanza longitudi-
nale fra il centro di pressione C1 e il centro di deriva.
La forza F 2 agente sul fiocco ha una componente verticale S che deter-
mina un sollevamento della prora e una componente orizzontale F ' 2 che
può essere scomposta a sua volta in una componente longitudinale A 2 e in
una componente trasversale D 2 che producono i seguenti effetti:
a) componente longitudinale A2
1. la propulsione;
2. una immersione della prora, tanto maggiore quanto maggiore è l'al-
tezza del centro di pressione C2 sul centro di deriva Ca;
3. una orzata, tanto maggiore quanto maggiore è la distanza del centro
di pressione C2 dal piano diametrale;
b) componente trasversale D2
1. lo scarroccio;
2. uno sbandamento, tanto maggiore quanto maggiore è l'altezza del
centro di pressione C2 sul centro di deriva Ca;
3. una puggiata, tanto maggiore quanto maggiore è la distanza longitu-
dinale fra il centro di pressione C2 e il centro di deriva Ca.
A conclusione di questa rapida analisi delle forze in gioco e degli effetti
che esse producono merita rilevare che l'effetto orziero della componente
longitudinale della forza agente sul fiocco è di gran lunga inferiore a quello
puggiero della componente trasversale e che l'effetto appruante delle com-
ponenti longitudinali di entrambe le vele viene efficacemente contrastato
dall'effetto opposto prodotto dalla componente verticale della forza agente
sul fiocco.
La velatura deve essere distribuita in modo che il centro velico venga
a trovarsi a proravia del centro teorico di deriva se si desidera, com'è natu-
rale, assicurare l'equilibrio velico quando si procede con un sensibile sban-
damento. Ciò in quanto, in una barca che avanza sbandata e con uno scar-
roccio che la deriva può soltanto attenuare, ma non annullare, il centro di
deriva si sposta verso prora.
Già sappiamo che la componente trasversale della forza utile del vento
produce anche uno sbandamento e che esso aumenta con l'aumentare del-
l'altezza del centro velico.
Avendo presente che la posizione del centro velico Cv risulta necessa-
riamente elevata, possiamo ora chiederci se sussiste il rischio che la barca
si rovesci quando il vento diviene impetuoso.
La risposta è senz'altro negativa in quanto (fig. 11):
397
- a mano a mano che aumenta l'angolo di sbandamento, diminuiscono
la forza utile del vento e l'altezza del centro velico; 6
- la stabilità della barca, ossia la sua capacità di resistenza alle azioni
inclinanti, aumenta con l'aumentare dell'angolo di sbandamento.
È quindi comprensibile che si stabilisca una situazione di equilibrio
quando si raggiunge un angolo di sbandamento in corrispondenza del quale
sono uguali l'azione inclinante del vento e l'azione raddrizzante della sta-
bilità.
l
I
I
··--- -------···r·· -1-------- é----~ti
' • V :
Fig. 11 • Azione sbandante del vento (il momento sbandante diminuisce con l'aumentare dell 'angolo di
sbandamento perché decrescono l'intensità della forza sbandante e la distanza hk).
6
La forza utile del vento diminuisce in quanto diminuisce la superficie effettiva (Se) del-
le vele quando queste sono inclinate rispetto al piano verticale (S0 = Sv cos a , dove a è I'an-
golo di sbandamento); il centro velico Cv si abbassa perché lo sbandamento avvicina le vele
al piano dell'orizzonte.
398
Fig. 12 - Momento di stabilità: aumenta con l'aumentare dell'angolo di sbandamento finché aumenta il
braccio GH della coppia peso-spinta (coppia di stabilità).
399
7. Governo e manovra di una barca a vela
9
L'espressione «mettersi in panna», caratteristica delle navi a vela, sta ad indicare che
si arresta temporaneamente il moto in avanti.
I moderni velisti preferiscono evidenziare questa situazione con l'espressione «mettersi
alla cappa», pur non ignorando che la «cappa» è, nel linguaggio marinaresco tradizionale, l'an-
datura di una nave che affronta un fortunale.
400
VENTO
(!)
42
Fig. 13 - Virata. Fig. 14 - Abbattuta o strambata.
10
Per controbordare il fiocco, si può eseguire una virata senza mollare la sua scotta, op-
pure passare il fiocco sull'altro bordo, mantenendo la stessa mura e regolando opportunamen-
te le scotte.
401
l'ancora, e preparata quest'ultima con il relativo ormeggio (catena o cavo),
si effettuano le seguenti operazioni:
a) per dar fondo con il vento in prua: si porta la barca sottovento al pun-
to prescelto, con andatura di vento al traverso; si orza rapidamente e si
porta la prua al vento, con la scotta della randa completamente filata; quan-
do la barca si arresta, si ammaina il fiocco e si dà fondo l'ancora; mentre
la barca retrocede (sospinta dal vento), si allasca la catena o il cavo d'or-
meggio dell'ancora fino ad avere fuoribordo una lunghezza di catena o di
cavo sufficiente ad assicurare una buona tenuta (la lunghezza della catena
filata fuoribordo deve essere pari a 5-6 volte la profondità);
b) per dar fondo con il vento in poppa (solo se il vento è molto debole):
si ammaina la randa sopravvento al punto prescelto per l'ancoraggio, quin-
di si puggia per far assumere alla barca l'andatura di vento in poppa; giunti
sul punto di ancoraggio, si dà fondo e si ammaina il fiocco, filando contem-
poraneamente e liberamente la catena; la barca continua ad andare avanti
finché, filata fuoribordo una sufficiente lunghezza di catena, non si richia-
ma la prua al vento facendo testa sull'ancora.
Ormeggiarsi a un corpo morto - si porta la barca sottovento al gavitello
del corpo morto con andatura di vento al traverso, si orza rapidamente e
si porta la prua al vento filando contemporaneamente tutte le scotte; si
sfrutta l'abbrivo residuo per agganciare il gavitello con la gaffa, poi si pas-
sa il cavo d'ormeggio nel suo anello (in caso di necessità si può arrivare sul
gavitello con qualsiasi andatura, sfruttando l'abbrivo che l'imbarcazione
conserva con le vele ammainate).
402
Indici
INDICE DEI NOMI
arrestatoio, 273.
A arridatoi, 198.
asse portaelica, 70,
acciai a elevata resistenza, 48. assiometro, 318.
acciai dolci, 45. astuccio, 70.
acciai ordinari, 48. autoclave, 340.
agghiaccio, 303.
agghiacci a palrnole, 3 IO.
agghiacci flessibili, 304.
agghiacci idraulici, 309. B
agghiacci rigidi, 306.
agugliotti, 298. bacini di carenaggio galleggianti, 381.
alberetto, 210. bacini di carenaggio in muratura, 381.
albero a portico, 214. bacini di costruzione, 369.
albero a traliccio, 216. bacino autocarenabile, 382.
albero a trave, 209. bagli, 116.
albero bipode, 214. barcarizzi, 87.
albero Creen, 215. barrotti, 118.
albero Hallen, 215. barra, 296.
albero monofusto, 212. battagliola, 88.
albero Stiilcken, 214. battello-porta, 378.
albero tripode, 215. bertocci, 198.
albero tubolare, 209. bigotta, 193.
alette di rollio, l08. biscaglina, 90.
altezza, 152. bitte, 278.
amante doppio, 201. boccaportelli, 79.
amante semplice, 199. boccaporti, 78.
amante senale, 201. bocche di rancio (o di tonneggio), 275.
amantiglio, 220. bolzone, 159.
anche, 64. bordo libero, 66.
ancora a fungo, 247. bozza, 281.
ancora a marre articolate, 240. bozza della catena, 274.
ancora a marre fisse, 239. bozzelli, 189.
ancora Ammiragliato, 242. Butterworth, 232.
ancora comune, 242.
ancora di corrente, 251.
ancora di posta, 250.
ancora di speranza, 251. e
ancora galleggiante, 247.
ancora Hall, 246. calafataggio, 51.
ancora Inglefield, 246. cale, 67,
ancora Langston, 247. calorna, 200.
ancora Martin, 245. candelieri, 88.
ancora security, 244. capodibanda, 88.
ancora Trotman, 245. caratteristica di fiducia, 18.
ancoressa, 243. caratteristica di navigazione, 19.
anguille, 119. carena, 61.
apparecchi galleggianti , 359. cassa del bozzello, I 89,
apparecchio, 20 I. casse di servizio, 339.
argani di tonneggio, 276. casse di zavorra, 74.
argano a salpare, 271. casse per l'acqua potabile,. 339.
armamento marinaresco, 250. casseri, 97.
405
cassero centrale, 98. doppio fondo, 71.
cassero di poppa, 98. dragante, 13 I.
castagnole, 197. dritto a t.elaio, 129.
castello di prua, 97. dritto dell'elica, 129.
categorie di navi, 22. dritto del timone, 129.
cavi metallici, 167. dritto di poppa, 64.
cavi misti, 169. dritto di prua, 64.
cavi sintetici, 169.
cavi vegetali, 167.
caviglie, 197.
celata, 94. E
celle frigorifere, 337.
centrale di caricazione, 235 elica-timone, 301.
centro di pressione del timone, 285. eliche di manovra, 302.
ceppo, 241. effetti del timone, 286.
chiglia, 107. EPIRB, 356.
equipaggiamenti antincendio, 352.
chiodatura, 53. estintori, 349.
cianfrinatura, 56. estrattori, 83.
cicala, 240. evaporatori-distillatori, 339.
cielo del doppio fondo, 72.
cinture di salvataggio, 361.
cisterna d'assetto, 67.
F
cisterne di decantazione, 232.
cisterne di zavorra, 74. fasciame, 45.
classificazione dei cavi, 173.
fasciame dei ponti, 137.
classificazione delle navi, 18.
fasciame delle paratie, 139.
cocche, 186.
fasciame di carena, I 35.
coefficiente di finezza, 164.
fasciame di murata, 13 5.
cofano, 76.
femminelle, 298.
coffa, 211. ferro, 244.
cofferdams, 75. fianchi, 63.
colonne di carico, 214.
filare per occhio, 250.
condotte di ventilazione, 333. finestrini, I00.
controfasciami, 138.
fondo, 63 .
copertini, 66.
formaggetta, 209.
coppia evolutiva, 287.
foro della botte o del barilotto 70.
coronamento, 64.
frenatura, 378.
correnti, 112. frenello, 304.
correnti dei fianchi, 116. freno, 318.
correnti di paratia, 122. fuso, 240.
correnti di sottoponte, 120.
corridoi, 69.
corrosione, 51.
costole, 114. G
costole deviate, 132.
gagliotte, 118.
cubie, 265.
galleggiabilità, 41.
galleggianti, 18.
galleria della linea d'assi, 70.
gallocce, 197.
o gambetti, 195.
ganci, 195.
deadweight, 66. gassa, 186.
deep tanks, 74. gavoni, 67.
degassificazione, 233. gherlini, 176.
depositi, 67. ghìa doppia, 200.
depositi per combustibile, 74. ghia semplice, 199.
depositi per l'acqua di lavanda, 340. ghie, 176.
depositi per l'acqua di macchina, 340. giardinetti, 64.
depositi per zavorra, 74. ginocchio, 64.
dislocamento, 41. giropilota, 317.
dolcezza di oscillazione, 43. golfari, 197.
406
gomene, 176.
gomenene, 176. M
grado di compensazione del timone, 297.
grappino. 244. macchina frigorifera, 336.
grilli, 195. madieri, 114.
grippia, 250. maglia Kenter, 248.
griselle, 78. maglie capitesta, 248.
gru, 224. maglie comuni, 248.
guida, 371. maglie ingrossate, 248.
maniche a vento, 83.
manifolds, 225.
maniglie, 194.
maniglie d'unione, 248.
ILO, 9. maniglione d'ancora, 248.
imbarcazioni. 17. maniglione. 195.
imbarcazioni di salvataggio, 354. manovrabilità, 43.
immersione, 153. manovre correnti, 174.
IMO, 6. manovre degli alberi, 210.
impermeabilità, 42. manovre dei bighi, 220.
impianti a circolazione di acqua calda, 335. manovre fisse, 174.
impianti ad aria calda, 335. mantello-timone Kart, 300.
impianti automatici di rivelazione degli marche di bordo libero, 159.
incendi, 344. marche di sorveglianza, 20.
impianti di condizionamento dell'aria, 338. marre, 240.
impianti frigoriferi, 336. masconi, 64.
impianto di esaurimento, 327. mastra, 83.
impianto di estinzione a gas inerte, 348. mastra del boccaporto, 79.
impianto di estinzione a schiuma, 349. materiali usati per la costruzione delle navi,
impianto di estinzione a idrocarburi 45.
alogenati, 349. mezzibagli, 118
impianto di estinzione ad acqua, 347. rnezzocassero, 99
impianto di estinzione ad acqua polveriz- minutenze, 176.
zata, 348. modulo d'armamento, 251.
impianto di sentina, 327. modulo dell'ancora, 254.
impiombatura, 186. molinelli salpancore, 268.
interponti, 69. momenti flettenti, 144.
intervallo di ossatura, 115. momento di raddrizzamento, 287.
invasatura, 372. momento evolutivo, 287.
istituti di classificazione, 18. momento torcente, 293.
montanti, 121.
morsetti, 195.
L
lamiere, 46. N
lampada per segnalazioni diurne, 363.
lanciasagole, 361. navi, 17.
larghezza, 152.
leghe leggere, 46.
legnali, 169.
linea d'assi, 70. o
linea di costruzione, 152.
linea di insellatura (o cavallino), 159. oblò, 87.
linea retta del baglio, 152. occhi del pozzo delle catene, 93.
linee d'acqua, 62. occhi superiori delle cubie, 92.
locale apparato motore, 70. occhio di cubìa, 92.
locale macchina del timone, 67. ombrinali, 82.
locale ventilatori, 333. opera morta, 62.
locali delle pompe, 76. opera viva, 61 .
lunghezza, 151. ordinate, 60.
lunghezza di catena, 247. ormeggi, 173.
lupa, 328. ossature, 45.
407
osteriggi, 76. prora, 61.
ostino, 220. protezione a gas inerte, 234.
prova di caduta dell'ancora, 255.
prova di martellamento dell'ancora, 255.
p prova di resistenza dei cavi, 178.
prova di trazionamento delle catene al
pagliolo della stiva, 72. carico di prova, 260.
paramezzale, 109. prova di !razionamento delle catene al
paranchi, 200. carico di rottura, 260.
paranco su paranco, 201. prova di trazione dell'ancora, 255.
paratia di collisione, 65. puleggia, 189.
paratia di poppa (o del pressatrecce), 65. puntelli, 120.
paratie, 64.
paratie corrugate, 139.
R
paratie terminali, 100.
parte dritta, 59. rampino, 244.
parte maestra, 60. redance, 194.
parte poppiera, 60.
refrigerazione delle stive, 337.
parte prodiera, 60. registri di classificazione, 11.
parte sinistra, 59.
rendimento del sistema funicolare, 201.
passacavi, 91. repulsori, 318.
passamani, 88. rientrata, 161.
passi d'uomo, 79. rimorchi, 174.
pastecca, 193.
paterazzi, 210. R.I.Na,11.
paternostri, 198. rinforzi di palpitazione, 132.
perno del bozzello, 189. riscaldamento del carico, 231.
pescaggi, 15 3 . rivestimenti, 138.
pescante, 221. robustezza, 42.
pezzi massicci, 46. rullo avvolgicavo, 186.
piano diametrale, 59. ruota a caviglie, 283.
piano di galleggiamento, 62. ruota di cavo, 185.
picco di carko, 212. ruota di prua, 64.
picco di forza, 215.
piede dell'albero, 209.
pigna, 73. s
pilota automatico, 317.
pinna di sostegno, 298. sagola, 176.
pinne stabilizzatrici, 94. sala nautica, 96.
pompe di sentina, 327. saldatura, 54.
pompe per lo stripping, 230. salvagente, 360.
pompe principali, 226. sartie, 210.
ponte di bordo libero, 66. sbocchi del condotto dell'elica di manovra,
ponte di coperta, 66. 93.
ponte di forza, 66. sbocchi del pozzo delle catene, 93.
ponte di tuga, 100. scafo, 44.
ponte principale, 65. scalandrone, 90.
ponti, 64. scale dei pescaggi, 1.53,
ponti di sovrastruttura, 65. scale delle portate, 155.
poppa, 61. scale di solidità, 155.
portata, 66. scale reali, 88.
portata lorda, 157. scali-bacini, 378.
portata netta, 157. scali di alaggio, 383.
porte stagne, 124. scali di costruzione, 369.
portelloni di imbarco, 88. scalmotti, 79.
pozzetto di sentina, 72. scarichi fuori bordo, 82.
pozzo delle catene, 67. scassa, 83.
prese dal mare, 92. scorrimento a secco, 374.
pressatrecce, 71. scorrimento in acqua, 375.
prevenzione degli incendi, 343. scorrimento in acqua con rotazione, 377.
profilati, 46. segnali di soccorso, 363.
408
sentina, 72. telemotori idraulici, 315.
servomotore, 303. telemotori meccanici, 314.
servomotore elettrico, 312. testa dell'ancora, 241.
servomotore elettroidraulico, 312. timone, 283.
servomotori a vapore, 311. timone attivo, 300.
sezione maestra, 60. timone ausiliario, 302.
sezioni longitudinali, 59. timone compensato, 293.
sezioni orizzontali, 62. timone Costa, 300.
sezioni trasversali, 60. timone Flettner, 300.
sfoghi d'acqua, 91. timone Hoertz, 300.
sfoghi d'aria e gas, 85. timone ordinario, 286.
sforzi di taglio, 144. timone parzialmente sospeso, 299.
sforzi locali, 143. timone simplex, 300.
sforzi longitudinali, 141. timone sospeso, 299.
sforzi trasversali, 142. timoneria, 67.
sistema anulare, 227. tipi di navi, 23.
sistema cow, 232. tornichetti, 198.
sistema di distribuzione a corrente traverse, 122.
costante, 366. trefoli, 170.
sistema diretto, 228. trincarini, 120.
sistema free-flow, 227. trombe di ventilazione, 83.
sistema per la distribuzione a tensione tubazioni di sentina, 327.
costante, 366. tubazioni per lo stripping, 230.
slop-tanks, 232. tubazioni principali, 226.
sistemi funicolari, 199. tubi, 46.
sovrastrutture, 44. tubi di sonda, 86.
sovrastrutture complete, 95. tughe, 99.
sovrastrutture incomplete, 95. tunnnel della linea d'assi, 70.
spagnola, 221.
specchio, 64.
stabilità, 42.
stabilità di rotta, 43. V
stazione antincendio, 352.
stazione di governo, 96. valvole Kingston, 92.
stazza, 165. varo, 373.
stellatura, 16 l. velocità, 43.
stive, 69. ventilazione forzata, 331.
stragli, 210. ventilazione naturale, 331.
stripping, 232. verricelli autormeggianti, 279.
stroppo, 191. verricelli di tonneggio, 276.
strozzatoio, 274. visite di classe, 29.
struttura dei cavi, 169. volta, 64.
struttura longitudinale, 106. volte, 186.
struttura mista, 106.
struttura trasversale, 105.
suole, 371.
w
svasatura, 161.
WHO, 10.
T
z
taccate, 371.
tanche, 75. zattere autogonfiabili, 356.
telemotore, 303. zattere rigide, 358.
telemotori elettrici, 316. zavorra, 7 I.
409
INDICE GENERALE
2. NOZIONI GENERALI 17
1. Definizioni, 17; 2. Classificazione delle navi, 18; 3. Sud-
divisione delle navi ai fini della classificazione, 22; 4. Suddi-
visione delle navi secondo il regolamento di sicurezza, 35; 5.
Qualità essenziali delle navi, 41; 6. Qualità nautiche delle navi,
42; 7. Parti principali della nave, 44; 8. Materiali usati per
la costruzione delle navi, 45; 9. Acciai da scafo e relative ca-
ratteristiche, 47; 10. Vantaggi e svantaggi delle costruzioni
in acciaio, 49; 11 Collegamenti e calafataggio, 51; 12 Van-
taggi della saldatura, 55.
3. LO SCAFO 59
1. Forma e suddivisione generale, 59; 2. Suddivisione inter-
na, 67; 3. Aperture praticate sui ponti e sul fondo interno,
77; 4. Aperture dei fianchi, dell'estrema prora e dell'estre-
ma poppa, 87.
4. LE SOVRASTRUTTURE 95
1. Generalità, 95; 2. Sovrastrutture complete, 96; 3. Casseri,
97; 4. Mezzocassero, 99; 5. Tughe, 99; 6. Aperture nelle parti
di sovrastruttura, 100.
5. LE OSSATURE 105
1. Generalità, 105; 2. Sistemi di costruzione, 105; 3. Ossatu-
re del fondo, l07; 4. Ossature dei fianchi, 114; 5. Ossature
dei ponti, 116; 6. Puntelli e paratie, 120; 7. Ossature della
prora e della poppa, 126.
6. IL FASCIAME 133
1. Generalità, 133; 2. Suddivisione generale del fasciame, 134;
3. Fasciame esterno, 134; 4. Fasciame dei ponti, 137; 5. Fa-
sciame delle paratie, 139; 6. Fasciame interno, 140.
7. LA ROBUSTEZZA DELLE NAVI 141
1. Generalità, 141; 2. Robustezza longitudinale, 143.
9. TONNELLAGGIO 165
1. Generalità, 165; 2. Tonnellaggio delle navi, 166.
412
17. SISTEMAZIONI PER L'ORMEGGIO 265
l. Generalità, 265; 2. Cubìe, 265; 3. Pozzo delle catene, 266;
4. Macchine per salpare, 268; 5. Mezzi di ritenuta e di arre-
sto, 273; 6. Passacavi e bocche di rancio, 274; 7. Apparecchi
di tonneggio, 276; 8. Bitte, 280.
413
26. IMPIANTI ELETTRICI . 365
1. Generalità, 365; 2. Generatori e sistemi di distribuzione
della corrente, 366; 3. Caratteristiche generali e sicurezza, 366.
APPENDICE
CENNI SULLA PROPULSIONE VELICA 387
1. Terminologia, 387; 2. Organi di propulsione delle barche
a vela, 389; 3. Tipi di vele, 390; 4. Azione del vento sulle ve-
le, 395; 5. Effetti delle vele sulla barca, 395; 6. Stabìlità sot-
to vela, 397; 7. Governo e manovra di una barca a vela, 400.