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INFORMATICA DI BASE: IMPARARE AD USARE IL

COMPUTER.

Imparare ad usare il computer da solo potrebbe sembrarti un’impresa piuttosto difficile da


realizzare. Eppure, avendo soltanto un po’ di pazienza, un po’ di determinazione e un po’ di
tempo libero, potrai riuscire realmente a imparare ad usare il computer, senza tra l’altro
spendere neanche un centesimo. Tutto quello che dovrai fare sarà infatti solamente leggere
con calma e attenzione tutti i vari articoli che ti proporrò, cercando, per quanto possibile,
di affrontare almeno un argomento a settimana. Per prima cosa dovrai quindi imparare i
seguenti concetti di base. Per fare questo dovrai semplicemente cliccare sopra ciascun
argomento, in maniera tale da far aprire un’altra pagina contenente l’articolo
corrispondente:

 che cos’è l’hardware, l’input/output, il bus e l’interfaccia di un PC;


 che differenza c’è tra un PC, un notebook, uno smartphone, un tablet ed un palmare;
 quali sono le componenti di un computer;
 come è fatto internamente un computer.
Adesso che hai capito questi concetti basilari dovrai cercare di imparare anche questi altri:

 che cos’è il sistema binario e che differenza c’è tra bit e byte;
 unità informatiche: quali sono e come si misurano;
 che cos’è il software e quante tipologie ne esistono;
 che cos’è un sistema operativo;
 che cos’è il browser;
 che cos’è un file;
 che cosa sono i pixel, la codifica ASCII e la codifica Unicode.
 che cos’è un algoritmo in generale e in informatica;
 che cos’è il firmware e che differenza c’è tra BIOS e UEFI;
 che cos’è un indirizzo IP e che differenza c’è tra un indirizzo IP statico, uno
dinamico, uno pubblico e uno privato.

CHE COS’È L’HARDWARE?


Con il termine hardware (si pronuncia arduèr), che deriva dall’unione dei due termini
inglesi hard, cioè duro o pesante, e ware, cioè componente o oggetto, si intende la parte fisica
del computer, ovvero, tutte quelle componenti del PC che è letteralmente possibile toccare
con le proprie mani. Queste componenti, tuttavia, possono trovarsi sia all’interno
del computer, sotto forma di schede elettroniche, sia all’esterno del computer, sotto
forma di particolari componenti, come ad esempio monitor, tastiere e mouse.
COM’È COMPOSTO UN PC?
A seconda delle dimensioni e del campo di utilizzo, in commercio è possibile
trovare diverse tipologie di computer che, fondamentalmente, si distinguono tra di loro sia
in base alla velocità di elaborazione dei dati, sia in base alla capacità di memorizzare i vari
tipi di dati. In ogni caso, i computer che di solito vengono utilizzati a casa, nelle scuole o
negli uffici, vengono semplicemente chiamati PC, dall’acronimo inglese
di personal computer, che significa, letteralmente, calcolatore personale. Di questi PC ne
esistono comunque di diverse tipologie ma tra i modelli più diffusi
troviamo sostanzialmente i cosiddetti computer fissi, detti a volte anche computer desktop o
semplicemente desktop, per il semplice fatto che il loro involucro esterno, chiamato in
gergo case (si pronuncia chèis), viene di solito posizionato su una comune
scrivania. Desktop, infatti, nasce dalla composizione delle parole inglesi desk, cioè scrivania,
e top, cioè cima.

Nell’immagine illustrata qui sopra è possibile vedere quali sono le componenti hardware
che normalmente si trovano all’interno del case di un qualunque PC. In particolare:
 la scheda madre (2), con a bordo la CPU (3), l’interfaccia ATA (4), la memoria RAM (5),
gli slot di espansione (6), e le eventuali schede elettroniche;
 l’alimentatore (7);
 il lettore CD/DVD (8);
 e infine il disco fisso (9).
All’esterno del case di un qualunque PC, è invece solitamente possibile trovare
il monitor (1), la tastiera (10) ed il mouse (11). Se casomai volessi avere maggiori informazioni
riguardo il funzionamento delle componenti hardware interne presenti in un qualsiasi PC,
potresti comunque consultare questo apposito articolo, mentre, se casomai volessi
sapere come utilizzare al meglio la tastiera del PC ed il mouse, potresti invece
consultare quest’altro articolo.
CHE DIFFERENZA C’È TRA INPUT ED OUTPUT?
Le apparecchiature elettroniche, chiamate in gergo periferiche, che consentono di acquisire
prima i dati dall’esterno e poi di inserirli dentro il computer, prendono il nome
di periferiche di input. Tra le periferiche di input più diffuse è possibile trovare la tastiera,
il mouse, il touchpad (si pronuncia tàchpad), lo scanner, il microfono e la webcam (si
pronuncia uebcàm). Le periferiche che consentono di mostrare all’esterno i risultati
dell’elaborazione da parte del computer prendono invece il nome di periferiche di output (si
pronuncia àutput). Le periferiche di output più diffuse sono normalmente
il monitor, la stampante, i diffusori per l’audio, cioè gli altoparlanti, e le comuni cuffie.
Oltre alle periferiche di input e alle periferiche di output, in commercio è comunque
possibile trovare anche delle particolari periferiche che fanno sia da input che da output,
proprio come, ad esempio, lo schermo touchscreen (si pronuncia tàchscriin) di un tablet o di
uno smartphone. In quest’ultimo caso si parlerà, però, di periferiche di I/O, ovvero di
periferiche di input/output.

CHE COS’È IL BUS E L’INTERFACCIA DI UN


COMPUTER?
Il collegamento che all’interno del computer permette di far dialogare tra loro tutte le varie
periferiche in esso presenti prende il nome di bus (si pronuncia bàs). Le diverse periferiche
esistenti in commercio possono essere infatti collegate all’interno del computer soltanto
attraverso delle cosiddette interfacce per mezzo di appropriate schede di espansione, tipo
la scheda di rete, le quali devono poi essere attaccate al PC mediante degli appositi slot. Per
collegare al computer delle periferiche esterne si utilizzano invece delle altre tipologie di
interfacce. Fra queste, quelle più importanti sono l’USB…

Connettore USB.

…la parallela, chiamata anche LPT ed utilizzata per collegare le vecchie stampanti, la seriale,
detta anche COM, la FireWire, ormai in disuso (si pronuncia comunque fàiruer), la PS/2,
utilizzata per collegare le vecchie tastiere e i vecchi mouse, la VGA, utilizzata, ad esempio,
per collegare la scheda video del PC ad un vecchio monitor CRT, l’Ethernet, utilizzata per
collegare i router o altre periferiche del genere, e gli spinotti, chiamati connettori jack (si
pronuncia gièc), utilizzati per collegare ad esempio il microfono, le cuffie e gli
altoparlanti stereo. C’è da dire, però, che la maggior parte di queste interfacce esterne
vengono solitamente chiamate anche porte. Infatti, piuttosto che di, ad esempio, interfaccia
USB, normalmente sentirai spesso parlare di porta USB.

Porte presenti sul retro di un computer.

ALTRE TIPOLOGIE DI COMPUTER


Proprio come riportato su Wikipedia, oltre ai classici PC, sul mercato è possibile
trovare anche delle altre tipologie di computer che, sostanzialmente, possono essere divise
nelle seguenti tre macro sezioni:
 mega: di cui fanno parte supercomputer, mainframe (si
pronuncia mèinfreim), minicomputer e server;
 micro: di cui fanno parte i vecchi home computer, i classici PC, divisi a loro volta
in desktop, all-in-one, barebone e nettop, i macintosh, le workstation ed anche le console per i
videogiochi;
 portatili: di cui fanno parte i computer portatili, i mini-portatili, i netbook, i tablet
computer, i tablet PC, gli UMPC, i palmari, gli smartphone ed i carputer.
Arrivati comunque a questo punto dovresti aver finalmente capito che cos’è l’hardware,
l’input, l’output, il bus e l’interfaccia di un PC.

CHE COS’È UN COMPUTER?


Un computer non è altro che una macchina in grado di eseguire dei complicati calcoli ed è
composta, sostanzialmente, da due parti distinte, ovvero dall’hardware e dal software:
 l’hardware (si pronuncia arduèr) è la parte del computer che è letteralmente possibile
toccare con mano, quindi sia il case (si pronuncia chèis) insieme al relativo contenuto, e sia
tutte le altre periferiche esterne, come ad esempio la tastiera, il mouse, il monitor, gli
altoparlanti, e via dicendo. La componente hardware più importante nel computer è la CPU
(dall’acronimo inglese di central processing unit), chiamata
anche processore o microprocessore, e rappresenta, per così dire, la mente del computer. Se
vuoi comunque avere maggiori informazioni riguardo i processori ti consiglio vivamente di
leggerti questo apposito articolo;
 il software (si pronuncia softuèr), invece, è la parte del computer che non è possibile
toccare con mano. Più precisamente, il software non indica altro che i
vari programmi appartenenti ad una ben specifica piattaforma, che a loro volta non sono
altro che una certa sequenza di istruzioni messe tutte insieme per svolgere un determinato
compito. Tra tutti i software presenti in commercio, il sistema operativo rappresenta
il software più importante del computer in quanto permette di utilizzare l’hardware e
tutti gli altri software secondari, come ad esempio Word, Excel, PowerPoint, Internet Explorer,
eccetera.
QUANTE TIPOLOGIE DI COMPUTER ESISTONO?
In commercio esistono varie tipologie di computer ma quelle che andrò a spiegarti sono
sostanzialmente i cosiddetti personal computer – chiamati semplicemente PC –, i computer
portatili, gli smartphone, i palmari e i tablet.
COMPUTER DESKTOP

I computer desktop (si pronuncia dèsctop), detti anche computer fissi, vengono chiamati così
proprio perché sono progettati per poter essere posizionati sopra un tavolo (desktop in
inglese significa appunto scrivania o tavolo). I PC di questa tipologia offrono, in generale,
delle prestazioni mediamente superiori rispetto alle altre tipologie di computer presenti sul
mercato. Se vuoi comunque avere maggiori informazioni riguardo le componenti interne
ed esterne di un computer, ti consiglio vivamente di leggerti questo apposito articolo.
COMPUTER PORTATILI

I computer portatili, chiamati anche semplicemente notebook (si pronuncia nòtbuc)


o laptop (si pronuncia laptòp), sono dei computer di dimensioni ridotte in maniera tale da
poter essere facilmente trasportati ovunque, tant’è vero che sono tutti dotati di una batteria
ricaricabile. In commercio esistono tuttavia anche i cosiddetti netbook (si pronuncia nètbuc)
ovvero dei computer portatili ancora più piccoli e, generalmente, ancora meno
performanti. Per avere maggiori informazioni sui computer portatili ti consiglio comunque
di dare un’occhiata a questo apposito articolo.

COSA SONO GLI SMARTPHONE?

Gli smartphone (si pronuncia smartfòn) non sono altro che dei particolari telefoni
cellulari dotati di un ampio schermo tattile nonché di funzionalità proprie dei computer.
Con uno smartphone è possibile, ad esempio, effettuare delle telefonate, navigare
su Internet, inviare e/o ricevere dei messaggi di testo e/o dei messaggi di posta elettronica,
giocare con qualche videogame, ascoltare della musica, scattare delle fotografie, guardare
dei film, e altre interessanti cose di questo tipo. Se casomai volessi comprare uno
smartphone, ti consiglio comunque di dare un’occhiata a questoapposito articolo.
COSA SONO I COMPUTER PALMARI?

I PDA, il cui termine deriva dall’acronimo inglese di personal digital assistant, sono dei
computer di ridotte dimensioni che permettono di essere trasportati facilmente
nel palmo di una mano e che, alle volte, vengono accompagnati da uno stilo che consente di
scrivere e digitare agevolmente sul loro schermo tattile. C’è da dire, comunque, che
questi dispositivi sono ormai piuttosto rari da trovare in commercio in quanto sono stati
ampiamente sostituiti dai più moderni smartphone.
COSA SONO I TABLET?
I tablet non sono altro che dei dispositivi dotati di caratteristiche hardware e software
proprie degli smartphone che, a seconda dei casi, consentono di sostituire o meno un
computer portatile. Se vuoi avere maggiori informazioni riguardo i tablet, ti consiglio
comunque di dare un’occhiata a questo apposito articolo.
Arrivati dunque a questo punto dovresti aver finalmente capito cosa sono e a cosa servono i
computer fissi, i computer portatili, gli smartphone, i palmari e i tablet.

QUALI SONO LE COMPONENTI DI UN COMPUTER?


Le componenti di un computer fisso sono fondamentalmente l’unità di sistema, il mouse,
la tastiera, il monitor, la stampante, un eventuale scanner, gli altoparlanti ed il modem. Per
capire quali sono le componenti interne ed esterne di un computer, andrò pertanto a
spiegarti come funzionano ciascuna di queste componenti.

L’UNITÀ DI SISTEMA
L’unità di sistema è una periferica esterna del computer, ha una forma rettangolare, e viene
generalmente indicata con il termine di case (si pronuncia chèis). All’interno del case è
possibile trovare tutte le componenti elettroniche necessarie che permettono al computer
di funzionare, ovvero:
 il processore, detto anche CPU, che rappresenta, in poche parole, il “cervello” del
computer;
 la memoria ad accesso causale, chiamata semplicemente RAM, che permette di
archiviare temporaneamente le informazioni quando il computer è acceso. Infatti, quando
il computer viene spento, le informazioni contenute all’interno della memoria RAM
vengono automaticamente cancellate;
 il disco fisso, dall’inglese hard disk (si pronuncia ard disc), sul quale è possibile creare
e/o archiviare i propri file (si pronuncia fàil), in maniera tale da poter essere riutilizzati
anche dopo aver spento il computer;
 la scheda video, che consente di elaborare e visualizzare le immagini sullo schermo;
 la scheda madre, che consente fisicamente di attaccare tutte le componenti presenti
all’interno del computer, sulla quale, tra le altre cose, viene anche integrata la scheda audio;
 e l’alimentatore, che fornisce l’energia elettrica necessaria per alimentare
correttamente le varie componenti all’interno del computer.
Sulla parte frontale del case è di solito possibile trovare invece le unità
ottiche CD/DVD/Blu-ray, l’unità floppy disk – non più presente sui computer moderni –,
e/o un eventuale lettore di schede di memoria. Sul retro del case è possibile trovare infine
una serie di porte, tra le quali le cosiddette porte USB, che non fanno altro che
permettere di collegare gli altoparlanti, la tastiera, il mouse, il monitor, la stampante, e
tutte le altre periferiche esterne.
IL MOUSE
Il mouse (si pronuncia màus) non è altro che una periferica esterna del PC che consente di
interagire direttamente con gli elementi presenti sullo schermo del computer. In
commercio ne esistono di diverse forme e di diversi tipi ma sono tutti generalmente dotati
di un pulsante destro, di un pulsante sinistro, e di un pulsante centrale, quest’ultimo
chiamato, solitamente, rotellina.
LA TASTIERA

La tastiera è una periferica esterna del PC che serve principalmente per inserire del testo
nonché per comandare il computer stesso. Se casomai volessi avere maggiori informazioni
su come utilizzare sia la tastiera che il mouse ti consiglio comunque di
leggerti questo apposito articolo.

IL MONITOR

Il monitor è una periferica esterna del PC che consente di visualizzare il testo e le immagini
che vengono generate dalla scheda video del computer. La dimensione dello schermo viene
misurata in pollici mentre la risoluzione, espressa in pixel, indica la qualità con la quale
vengono riprodotte le immagini sullo schermo, di conseguenza maggiore sarà la risoluzione
dello schermo e migliore sarà la qualità di tutto ciò che verrà visualizzato sul monitor.
In commercio esistono principalmente due categorie di monitor: i monitor CRT,
dall’acronimo inglese di cathode ray tube, cioè a tubo catodico, e i monitor LCD,
dall’acronimo inglese di liquid crystal display, ossia schermo a cristalli liquidi. I monitor CRT
sono comunque ormai in disuso in quanto i monitor LCD, oltre ad essere molto più leggeri
e sottili, molto spesso consumano anche meno corrente.
LA STAMPANTE

La stampante è una periferica esterna del computer che consente di “trasferire” immagini
e/o testi dal PC al semplice foglio di carta. Fondamentalmente in commercio esistono
soltanto due tipologie di stampanti:

 le stampanti a getto di inchiostro, che sono le stampanti più comuni in ambito


domestico poiché sono la tipologia più indicata per chi deve stampare in piccole quantità.
Per poter funzionare correttamente, le stampanti a getto di inchiostro utilizzano le
cosiddette cartucce, le quali, a seconda della stampante utilizzata, possono essere o a colori
o semplicemente in bianco e nero;
 le stampanti al laser, che sono mediamente più veloci rispetto a quelle a getto di
inchiostro, e che sono invece più indicate per chi deve stampare delle grosse quantità di
carta. Per poter funzionare correttamente, le stampanti al laser utilizzano i cosiddetti toner,
i quali, a seconda della stampante utilizzata, possono essere o a colori o semplicemente in
bianco e nero.
LO SCANNER

Lo scanner è una periferica esterna del computer che permette di scannerizzare i documenti
o le foto. In poche parole, lo scanner ha la funzione opposta rispetto a quella di una
comune stampante, ovvero “trasferisce” immagini e/o testi dal semplice foglio di carta al
computer.

GLI ALTOPARLANTI
Gli altoparlanti sono una periferica esterna del computer ed hanno soltanto lo scopo di
riprodurre i suoni emessi dalla scheda audio del PC. Generalmente sono due, in maniera
tale da poter creare un effetto stereo, ma alcuni modelli possono essere anche dotati di
un subwoofer, il quale permette di far ottenere dei suoni ancora migliori.
IL MODEM

Il modem è una periferica esterna del computer che, coadiuvato da un altro dispositivo
esterno, chiamato router (si pronuncia rùter), ha lo scopo di far collegare ad Internet il
proprio computer. Se casomai volessi avere maggiori informazioni su come funzionano
entrambi questi dispositivi, ti consiglio comunque di leggerti questo apposito articolo.
Arrivati dunque a questo punto dovresti aver finalmente capito quali sono le componenti di
un computer.

COME È FATTO UN COMPUTER?


In genere, quando si vuole sapere come è fatto un computer (si pronuncia compiùter), si
vuole semplicemente sapere cosa si trova dentro al case (si pronuncia chèis). All’interno del
case si trovano infatti tutte le componenti elettroniche del computer che, in poche parole,
permettono al PC, ovvero al personal computer, di funzionare correttamente. Tra queste, la
componente più importante è senza ombra di dubbio il processore, che prende anche il
nome di CPU, infatti è quella componente che rappresenta, per così dire, il “cervello” del
computer, proprio perché compie tutti i calcoli necessari per elaborare le diverse
informazioni:
Alcune vecchie CPU.

Subito dopo la CPU è possibile trovare invece la memoria primaria, chiamata anche memoria
centrale, memoria principale o semplicemente RAM, che non è altro che una memoria
temporanea contenente tutti i dati e le istruzioni che vengono prelevati dalla memoria di
massa, in attesa che questi siano a loro volta prelevati ed elaborati da parte del processore:

Varie tipologie di memoria RAM.


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Come è fatto un computer

Come è fatto un computer

Potrebbe sembrare una domanda banale, ma non


tutti sanno come è fatto un computer. Ecco perciò che in questo breve articolo andrò a
spiegarti com’è composto internamente un personal computer.
COME È FATTO UN COMPUTER?
In genere, quando si vuole sapere come è fatto un computer (si pronuncia compiùter), si
vuole semplicemente sapere cosa si trova dentro al case (si pronuncia chèis). All’interno del
case si trovano infatti tutte le componenti elettroniche del computer che, in poche parole,
permettono al PC, ovvero al personal computer, di funzionare correttamente. Tra queste, la
componente più importante è senza ombra di dubbio il processore, che prende anche il
nome di CPU, infatti è quella componente che rappresenta, per così dire, il “cervello” del
computer, proprio perché compie tutti i calcoli necessari per elaborare le diverse
informazioni:

Alcune vecchie CPU.

Subito dopo la CPU è possibile trovare invece la memoria primaria, chiamata anche memoria
centrale, memoria principale o semplicemente RAM, che non è altro che una memoria
temporanea contenente tutti i dati e le istruzioni che vengono prelevati dalla memoria di
massa, in attesa che questi siano a loro volta prelevati ed elaborati da parte del processore:
Varie tipologie di memoria RAM.

Per salvare perennemente le informazioni nel computer, c’è bisogno invece di un’altra
componente che viene chiamata memoria secondaria, memoria di massa o
semplicemente disco fisso (quest’ultimo, volendo, nei computer più moderni, può anche
essere sostituito o affiancato dalle nuove unità a stato solido). Il disco fisso, in poche parole,
ha il delicato compito di memorizzare le diverse informazioni presenti nel computer, in
maniera tale da poter essere poi riutilizzate anche dopo aver spento fisicamente il PC:

Un classico disco fisso chiamato comunemente hard disk.


Per poter elaborare e visualizzare le immagini sul monitor c’è bisogno invece della
cosiddetta scheda video, la quale, a seconda del computer impiegato, può essere o integrata,
o, ancora meglio, dedicata:
Una tipica scheda video dedicata.

La componente che di solito è quella fisicamente più grande all’interno di un computer,


prende invece il nome di scheda madre. In particolare, quest’ultima permette di
collegare, e di “far dialogare”, tutte le componenti che si trovano internamente al PC:

Classica scheda madre di un computer desktop.


Infine, oltre alle sopracitate componenti, c’è anche l’indispensabile alimentatore, il quale
ha il compito di fornire l’energia elettrica necessaria per alimentare correttamente tutte le
varie componenti presenti all’interno del computer:
Tipico alimentatore per computer.

Naturalmente oltre a queste componenti essenziali esistono anche altre componenti


secondarie, come ad esempio il masterizzatore, la scheda audio, la scheda di rete, e via
dicendo, le quali, per il corretto funzionamento del computer, possono anche non
essere per forza installate. Arrivati dunque a questo punto dovresti aver finalmente
capito come è fatto un computer.

CHE COS’È IL SISTEMA BINARIO?


Per contare ed eseguire semplici calcoli noi comunemente utilizziamo il classico sistema
decimale il quale, a sua volta, per poter rappresentare i diversi numeri, utilizza dieci cifre
da 0 a 9. Per contare ed eseguire complicati calcoli, ma non solo, i computer
utilizzano invece un altro sistema che prende il nome di sistema binario, proprio perché
quest’ultimo è costituito da soli due simboli: 0 ed 1. Questa scelta è stata fatta
semplicemente perché i computer, ed in generale tutti i vari circuiti
elettrici, capiscono unicamente solo questi due simboli. Gli stati in cui può trovarsi un
qualunque circuito elettrico sono infatti solamente due, ovvero:
 0, che corrisponde alla mancanza di tensione, quindi a 0 volt;
 1, che corrisponde invece alla presenza di tensione, in genere 5 volt.
Mediante l’utilizzo di queste due sole cifre si possono però rappresentare non solo tutti i
possibili numeri esistenti, ma anche tutte le parole, le immagini, i video, i suoni, ed in
generale tutte le altre più disparate tipologie di informazioni digitali. Il computer, infatti,
prima converte ad esempio un numero, un simbolo o una parola in questo sistema binario,
poi esegue i dovuti calcoli, e infine, una volta convertiti i risultati dal sistema binario al
sistema decimale, restituisce le parole, le immagini, i video, i suoni, e in generale qualsiasi
altra tipologia di informazione necessaria.
COME SI CONVERTE UN NUMERO DAL SISTEMA DECIMALE
AL SISTEMA BINARIO?
Per convertire un numero dal sistema decimale al sistema binario non bisogna fare altro che
dividere il numero in questione per due, poi se il risultato di questa divisione dà resto, si
mette 1, altrimenti, se il risultato di questa divisione non dà resto, si mette 0. Una volta
quindi arrivati a 0 come risultato della divisione, ci si ferma e poi si leggono i
valori ottenuti dal basso verso l’alto. Ad esempio, se voglio convertire il numero 74 dal
sistema decimale al sistema binario dovrò fare semplicemente in questo modo:
 74/2 = 37 senza resto, quindi 0
 37/2 = 18 con resto, quindi 1
 18/2 = 9 senza resto, quindi 0
 9/2 = 4 con resto, quindi 1
 4/2 = 2 senza resto, quindi 0
 2/2 = 1 senza resto, quindi 0
 1/2 = 0 con resto, quindi 1
A questo punto, leggendo i valori ottenuti dal basso verso l’alto, e scrivendoli da sinistra
verso destra, otterrò il numero binario 1001010 che nel sistema decimale corrisponderà
proprio al numero 74.

COME SI CONVERTE UN NUMERO DAL SISTEMA BINARIO


AL SISTEMA DECIMALE?
Per convertire un numero dal sistema binario al sistema decimale non bisogna fare altro,
invece, che moltiplicare le cifre del numero binario per le potenze di 2 in ordine crescente,
cioè, iniziando a contare da destra con 2^0 (un numero elevato zero fa sempre 1 tranne
0^0) e proseguendo verso sinistra con 2^1 che fa 2, poi 2^2 che fa 4, poi 2^3 che fa 8, e
così via fino all’ultima cifra. Alla fine basterà soltanto sommare i risultati
conseguiti ed ottenere così il numero nel sistema decimale. Ad esempio, se voglio
convertire il numero 1001010 dal sistema binario al sistema decimale dovrò fare
semplicemente in questo modo:
 (0 * 2^0) = 0
 (1 * 2^1) = 2
 (0 * 2^2) = 0
 (1 * 2^3) = 8
 (0 * 2^4) = 0
 (0 * 2^5) = 0
 (1 * 2^6) = 64
Sommando i valori ottenuti, cioè 0 + 2 + 0 + 8 + 0 + 0 + 64, avrò quindi come risultato 74,
ovvero proprio il numero di partenza espresso nel sistema decimale. Questo per farti capire
che un computer, mediante la sua CPU, esegue milioni, se non addirittura miliardi, di
questi semplici calcoli in un solo secondo. Sappi comunque che oltre al sistema binario e al
sistema decimale esiste anche il meno conosciuto sistema esadecimale, il quale però, per
via della sua relazione diretta tra una cifra esadecimale e quattro cifre binarie, rimane pur
sempre molto utilizzato nel mondo dell’informatica.
CHE DIFFERENZA C’È TRA BIT E BYTE?
In informatica le cifre binarie, cioè 0 oppure 1, vengono generalmente chiamate bit,
dall’acronimo inglese di binary digit. Ma che cos’è un bit? Un bit non è altro che l’unità
fondamentale all’interno di un qualsiasi computer, e siccome la memoria nel PC
viene normalmente organizzata in più celle da 8 bit, ogni cella prende perciò il
nome di byte (si pronuncia bàit), di conseguenza, un byte non è altro che una sequenza di 8
bit. Pertanto, un byte è in grado di assumere 2^8 = 256 valori che vanno da 0 a 255,
ovvero, dal valore binario 0 al valore binario 11111111.
In informatica, al posto del singolo byte, vengono però molto spesso utilizzati anche i suoi
numerosi multipli, tra i quali:
 il kB, ovvero il kilobyte, che equivale a 2^10 byte, cioè a 1.024 byte;
 il MB, ovvero il megabyte, che equivale a 2^20 byte, cioè a 1.048.576 byte;
 il GB, ovvero il gigabyte, che equivale a 2^30 byte, cioè a 1.073.741.824 byte;
 il TB, ovvero il terabyte, che equivale a 2^40 byte, cioè a 1.099.511.627.776 byte.
Ad esempio, un file da 8 MB (si pronuncia fàil, e corrisponde al contenitore principale di
informazioni e/o dati nel formato digitale) corrisponde a 8 * 1.048.576 byte, ovvero
a 8.388.608 byte, ma piuttosto che scrivere questo complicato valore si preferisce
generalmente utilizzare la più comoda e veloce notazione di 8 MB.
Bisogna tuttavia aggiungere che per comodità di calcolo i multipli del byte vengono di
solito erroneamente arrotondati a potenze di 2 invece che a potenze di 10, cioè, ad esempio,
un kilobyte dovrebbe essere indicato con 10^3 = 1.000 byte e non con 2^10 = 1.024 byte.
Questa ambiguità viene purtroppo sfruttata dai produttori di hard disk e di memorie, che
utilizzano i corretti multipli decimali, per far apparire le capacità dei loro prodotti più
grandi di quanto queste in realtà non siano. In parole povere, un hard disk da 800 GB non
è proprio 800 GB ma in realtà è circa 745 GiB, ovvero, il 7,4% in meno.
A proposito, GiB non si pronuncia gigabyte ma gibibyte, dalla contrazione dei
termini giga binary byte, e corrisponde, cioè, ai nuovi prefissi per multipli binari creati
proprio per evitare questa fastidiosa ambiguità, ma che, purtroppo, sono ancora poco
utilizzati.
Arrivati comunque a questo punto dovresti aver finalmente capito che cos’è il sistema
binario e qual è la differenza tra bit e byte. Se tuttavia dovessi avere ancora qualche dubbio
ti consiglio vivamente di dare un’occhiata prima a questa pagina, poi a questa, e dopo
anche a quest’altra.
P.S.: se casomai volessi avere maggiori informazioni riguardo le unità di misura
informatiche, potresti anche leggerti questo apposito articolo.

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Unità informatiche: quali sono e come si misurano

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Unità informatiche: quali sono e come si misurano

A quanti mega va la tua connessione? Quanti giga pesa questo film? Di quanti tera è il tuo hard
disk? Queste sono solo alcune di tutte le tipiche domande che oramai
sentiamo ripetutamente ogni giorno. Ma che cos’è di preciso un mega, un giga o un tera? E
che differenza c’è tra bit e byte? Per rispondere a queste e ad altre domande del genere
eccoti perciò un semplice articolo nel quale andrò a spiegarti quali sono e come si misurano
le unità informatiche.

QUALI SONO LE UNITÀ INFORMATICHE?


Proprio come avviene per le altre grandezze fisiche, quali la lunghezza o la massa, anche
l’informatica ha le proprie unità di misura. A differenza però del metro e del chilogrammo,
utilizzate come base rispettivamente per la lunghezza e la massa, nel mondo
dell’informatica l’unità di misura fondamentale non è calcolata su base 10, come
avviene appunto nel sistema metrico decimale, bensì su base 2. Questo poiché,
nell’informatica, l’unità di misura fondamentale non è altro che il bit, termine che deriva
dalla fusione delle due parole inglesi binary digit (in italiano, cifra binaria), che a sua volta
non rappresenta altro che l’unità elementare dell’informazione che può essere gestita da un
qualsiasi computer, proprio perché i circuiti digitali, mediante i quali viene assemblato un
qualunque elaboratore, sono in grado di capire solamente due diversi valori: o 0 (zero),
ovvero assenza di tensione, o 1, ovvero presenza di tensione.
COME SI MISURANO LE UNITÀ INFORMATICHE?
Nell’informatica di tutti i giorni le grandezze utilizzate non si fermano soltanto al
semplice bit. Le unità informatiche più diffuse sono infatti rappresentate dai multipli del
bit, dei quali, quelli più utilizzati, sono soprattutto:
 il byte, termine inglese che deriva da bite, ovvero boccone, morso, e che si
pronuncia bàit, che non equivale altro che alla somma di 8 bit. Il simbolo corretto del byte
è B, cioè la lettera b in maiuscolo, visto che la lettera b in minuscolo rappresenta invece il
bit;
 il kilobyte, il cui corretto simbolo è kB, con la lettera k in minuscolo e la lettera b in
maiuscolo, che non equivale altro che a 1.024 byte;
 il megabyte, il cui corretto simbolo è MB, con la lettera m e la lettera b entrambe in
maiuscolo, che non equivale altro che a 1.024 kilobyte, ovvero a circa un milione di byte;
 il gigabyte, il cui corretto simbolo è GB, con la lettera g e la lettera b entrambe in
maiuscolo, che non equivale altro che a 1.024 megabyte, ovvero a circa un miliardo di byte;
 il terabyte, il cui corretto simbolo è TB, con la lettera t e la lettera b entrambe in
maiuscolo, che non equivale altro che a 1.024 gigabyte, ovvero a circa mille miliardi di byte.
Tutti questi e altri multipli del bit sono solitamente utilizzati per indicare lo spazio
richiesto o lospazio a disposizione per ospitare uno o più determinati file. Ad esempio, se ti
viene detto che un certo file pesa tre giga, ovvero 3 GB, vorrà dire che questo file richiederà,
o meglio occuperà, circa 3.000 MB di spazio. Se invece ti viene detto che un hard disk ha
una capacità di un tera, cioè di 1 TB, vorrà dire che questo potrà contenere al massimo circa
1.000 GB di dati. C’è da dire, comunque, che per comodità di calcolo i multipli del
bit vengono generalmente arrotondati a potenze di 2 invece che a potenze di 10, benché
questo sia formalmente sbagliato. Tale ambiguità ha portato l’IEC a definire tutta una serie
di nuovi prefissi per multipli binari, sebbene, finora, siano quasi completamente
sconosciuti. Questo poiché i vari produttori di dispositivi di archiviazione preferiscono
ancora utilizzare i corretti, ma ambigui, multipli decimali in maniera tale da far figurare
quantità maggiori di archiviazione, proprio perché un determinato dispositivo di
archiviazione, con una capacità dichiarata di, ad esempio, 8 GB, equivale all’incirca a
7,45 GiBdi capacità effettiva.

ALTRE UNITÀ INFORMATICHE


Oltre al bit, al byte e ai multipli di quest’ultimo, nell’informatica di tutti i giorni vengono
molto spesso utilizzate anche tutta una serie di altre unità di misura. Tra queste, quelle più
importanti da prendere in considerazione sono soprattutto:

 il bit per secondo, il cui corretto simbolo è bit/s, talvolta però indicato anche
come bps o b/s, che non rappresenta altro che l’unità di misura della quantità di
informazione trasmessa su un canale di comunicazione;
 il kilobit per secondo, il cui corretto simbolo è kbit/s, talvolta però indicato anche
come kbpso kb/s, che corrisponde semplicemente a 1.000 bit per secondo;
 il megabit per secondo, il cui corretto simbolo è Mbit/s, talvolta però indicato anche
come Mbps o Mb/s, che corrisponde semplicemente a 1.000 kilobit per secondo;
 il gigabit per secondo, il cui corretto simbolo è Gbit/s, talvolta però indicato anche
come Gbps o Gb/s, che corrisponde semplicemente a 1.000 megabit per secondo.
Queste e altre simili unità di misura sono solitamente utilizzate per indicare la velocità
massima di trasmissione dei dati su una comune rete informatica. Ad esempio, se a casa
hai una connessione ADSL da 7 mega, vorrà dire che la tua connessione avrà una velocità
in download di, al massimo, 7 Mbit/s. Di conseguenza, siccome un bit equivale ad 1⁄8 di
byte, potrai scaricare al massimo a 7 x 1⁄8 = 0,875 MB/s, ovvero al massimo a
0,875 megabyte al secondo. In aggiunta al bit per secondo e ai suoi multipli più diffusi, altre
unità di misura molto utilizzate nell’informatica quotidiana sono anche:
 gli hertz (il cui corretto simbolo è Hz), che insieme ai più utilizzati
multipli megahertz (il cui corretto simbolo è MHz) e gigahertz (il cui corretto simbolo è GHz),
vengono soprattutto impiegati per indicare la frequenza di lavoro di un
determinato processore. Ad esempio, un processore Intel può essere venduto con una
frequenza di lavoro di 3.600 MHz, ossia di 3,6 GHz;
 i pixel, che insieme al più famoso multiplo megapixel, vengono solitamente impiegati
o per indicare il numero di pixel che compongono una particolare immagine, o per indicare
la risoluzione di un determinato schermo. Quest’ultima, viene comunque in genere
espressa come prodotto tra i pixel distribuiti in larghezza e i pixel distribuiti in altezza. Ad
esempio, se un monitor ha una risoluzione di 1.280 × 720 pixel significa che sull’asse
orizzontale del monitor possono esserci al massimo 1.280 pixel mentre sull’asse verticale
possono essercene al massimo 720;
 i pollici, il cui corretto simbolo è in o il doppio apice “, che vengono sempre utilizzati
per indicare le dimensioni della diagonale di un qualunque schermo. Ad
esempio, 5,5″, 10,1″, 24″, 50″, e così via dicendo.
Arrivati dunque a questo punto dovresti aver finalmente capito sia quali sono le unità
informatiche, sia come si misurano le unità informatiche.

CHE COS’È IL SOFTWARE?


Il termine software (si pronuncia softuèr) deriva dall’unione dei due termini inglesi soft,
ovvero morbido, e ware, ovvero componente. Ma che cos’è il software? Il software, in pratica,
non indica altro che i vari programmi appartenenti ad una ben specifica piattaforma, che a
loro volta non sono altro che una certa sequenza di istruzioni messe tutte insieme per
svolgere un determinato compito. È proprio quindi grazie al software che l’hardware
utilizzato “prende vita”, infatti senza software non sarebbe mai possibile utilizzare un
computer, ma neanche uno smartphone (si pronuncia smàrt fòn), un tablet, una smart TV e,
in generale, un qualsiasi altro tipo di dispositivo tecnologico.
In commercio, tuttavia, esistono diverse tipologie di programmi, ma di solito, quelli più
comunemente usati per un computer, sono su per giù:
 gli elaboratori di testi, come ad esempio Word (si pronuncia uòrd), che consentono di
“trasformare” il computer in una sorta di macchina da scrivere mediante la quale è
possibile creare testi anche molto complessi;
 gli elaboratori di fogli elettronici, come ad esempio Excel (si pronuncia ecsèl), che
tramite il computer consentono di svolgere qualsiasi tipo di calcolo rappresentando i
risultati anche mediante grafici o semplici diagrammi;
 i programmi che permettono di creare delle più o meno complicate presentazioni,
come ad esempio PowerPoint (si pronuncia pàuer pòint);
 i programmi che consentono di creare e gestire grandi quantità di dati, come ad
esempio Access (si pronuncia àcses);
 i programmi che permettono di navigare su Internet, chiamati in gergo browser (si
pronuncia bràuser), come ad esempio Microsoft Internet Explorer (si pronuncia màicrosoft
internet ecsplorer), Google Chrome (si pronuncia gùgol cròm) o Mozilla Firefox (si
pronuncia mozìllafàir fòx);
 i programmi che, tramite Internet, consentono di inviare e ricevere dei messaggi
di posta elettronica, conosciuti solitamente con il nome di client email (si
pronuncia clàient i mèil);
 i programmi che consentono di guardare video o film, ascoltare la radio e/o la
propria musica preferita, ma anche di creare, modificare o gestire immagini e fotografie,
chiamati tutti solitamente programmi multimediali;
 i programmi che permettono di divertirsi interagendo con il proprio computer,
chiamati semplicemente videogiochi;
 e, infine, i programmi che consentono di proteggere il proprio PC da
pericolosi virus informatici, chiamati, per l’appunto, programmi antivirus.

QUANTE TIPOLOGIE DI SOFTWARE ESISTONO?


In generale, i software possono essere classificati in base alla loro funzione, in base al tipo
di licenza con la quale vengono distribuiti, che normalmente può essere gratuita o
a pagamento, in base al sistema operativo sopra il quale devono essere installati, in base al
tipo di interfaccia con la quale interagire per poterli usare, in base al fatto se devono essere
installati o meno sul PC, ed anche in base al fatto se possono essere eseguiti su un unico
computer oppure se possono essere eseguiti pure attraverso una rete di computer.
Se invece si guarda al grado di utilizzabilità e prossimità rispetto all’utente, generalmente i
software possono essere classificati in base a quattro ben distinte tipologie:
1. la prima, chiamata firmware (si pronuncia firmuèr), che sostanzialmente permette
all’hardware di un dispositivo di dialogare con il software di quel dispositivo;
2. la seconda, chiamata software di base o software di sistema, che rappresenta proprio
quella particolare tipologia di software che permette di usare l’hardware presente su un
qualunque PC;
3. la terza, chiamata driver (si pronuncia dràiver), che permette ad un determinato
sistema operativo di dialogare con un ben precisato dispositivo hardware;
4. la quarta, chiamata software applicativo o più semplicemente programma, che
mediante un appropriato sistema operativo consente di utilizzare
un determinato computer proprio come si fa normalmente tutti i giorni, attraverso quindi
programmi del tipo Word, Excel, PowerPoint, Internet Explorer, e via dicendo.
Per quanto riguarda la quarta tipologia, di solito in commercio è possibile comunque
trovare programmi di tipo freeware (si pronuncia frì uèr), cioè programmi che possono
essere installati sul PC del tutto gratuitamente, programmi di tipo shareware (si
pronuncia scièr uèr), chiamati a volte anche trial (si pronuncia tràiel), cioè programmi che
una volta installati sul PC scadono dopo un determinato periodo di tempo, e programmi di
tipo demo (dal termine inglese demonstration), cioè programmi dotati di funzionalità ridotte
che tuttavia possono essere installati sul PC in maniera del tutto gratuita.
A prescindere dalla tipologia di software scelto, bisogna però anche aggiungere che ogni
programma presente in commercio viene normalmente distribuito
con determinati requisiti hardware. Questi requisiti hardware non rappresentano altro che
le caratteristiche che deve possedere il proprio computer affinché quel determinato
software possa essere quanto meno installato, rispettando almeno i requisiti minimi, o
ancora meglio eseguito in maniera più che ottimale, rispettando oltre ai requisiti minimi
anche quelli raccomandati. Tuttavia, mano a mano che passa il tempo, questi requisiti
hardware hanno il vizio di diventare sempre più esosi, soprattutto per quanto riguarda
i videogiochi. Proprio per questo motivo, con il passare del tempo, non è più possibile
utilizzare, ad esempio, l’ultima versione di Microsoft Word su un computer dotato di un
vecchio sistema operativo Windows XP, o, che è la stessa cosa, l’ultima versione di un
sistema operativo Windows su un computer dotato di un hardware alquanto obsoleto.
Arrivati comunque a questo punto dovresti aver finalmente capito che cos’è il software, ma
soprattutto, quante e quali sono le tipologie di software che esistono.

CHE COS’È UN SISTEMA OPERATIVO?


Il sistema operativo, spesso abbreviato con i termini SO o OS, quest’ultimo dall’acronimo
inglese di operating system, indica sostanzialmente il primo programma del PC che, grazie al
lavoro svolto dal BIOS, viene caricato in maniera del tutto automatica nella memoria RAM
del computer una volta avviato un qualsiasi PC.

Schermata d’avvio del sistema operativo Windows 7.


È proprio dunque grazie all’utilizzo del sistema operativo che si possono coordinare e
gestire tutte le risorse hardware e software presenti su un determinato computer. Il sistema
operativo si pone infatti a metà strada tra l’hardware e tutto il restante software del PC,
creando una speciale interfaccia utente utilizzabile mediante la classica combinazione di
mouse e tastiera.
WINDOWS, LINUX O MACOS: QUALE SISTEMA
OPERATIVO SCEGLIERE?
Anche se di sistemi operativi per PC ne esistono davvero tanti, in sostanza quelli più
comunemente utilizzati sono soltanto tre, ovvero:

 Windows (si pronuncia uìndovs), che corrisponde al sistema operativo della Microsoft
(si pronuncia màicrosoft), ed in pratica rappresenta proprio il sistema operativo più diffuso,
del quale l’ultima versione disponibile nel momento in cui scrivo è Windows 10. I vantaggi
principali di un sistema operativo Windows sono riconducibili al fatto che è facile sia da
imparare che da usare, ma soprattutto che si tratta di un sistema operativo universalmente
supportato. Utilizzando infatti un sistema operativo Windows, non ci dovrebbero mai
essere problemi di compatibilità con la quasi totalità delle periferiche e dei software
presenti in commercio. Gli svantaggi principali di un sistema operativo Windows sono che
si tratta di un sistema operativo a pagamento, che solitamente è più soggetto
ai virus informatici, a causa della sua enorme diffusione, e che per un motivo o per un altro
può creare più problemi rispetto ad altri sistemi operativi esistenti;
 Linux (si pronuncia lìnucs), che corrisponde all’erede di uno dei primi sistemi
operativi mai esistiti, e l’ultima versione disponibile nel momento in cui scrivo è la 4.15.7.
Di distribuzioni del sistema operativo Linux ne esistono davvero tante ma quello che le
accomuna tutte sono il fatto che si tratta di un sistema operativo libero, cioè aperto, o
meglio ancora gratuito, e che oltre ad offrire una vasta scelta di programmi del tutto
gratuiti, risulta anche essere leggero ed adattabile ad ogni esigenza. Lo svantaggio
principale di un sistema operativo Linux è invece dato dalla iniziale difficoltà nell’imparare
ad usarlo, soprattutto per gli utenti alle prime armi. Proprio per questo motivo non è
molto diffuso e non si trova tanto facilmente sui computer, per così dire, di “tutti i giorni”;
 macOS, dall’acronimo inglese di macintosh operating system, che corrisponde al
sistema operativo della casa produttrice Apple (si pronuncia èppol) dedicato ai
computer Macintosh(si pronuncia mèchintosh), e l’ultima versione disponibile nel momento
in cui scrivo è la 10.13.3. A causa della sua natura votata alla completa chiusura, macOS
richiede driver e programmi sviluppati appositamente per lui. Allo stesso tempo, però,
macOS permette di usare più facilmente tutti i più disparati prodotti della Apple, ha
un’interfaccia decisamente più fruibile, ed inoltre è meno soggetto a virus e a potenziali
problemi di stabilità. Purtroppo, però, per questo sistema operativo esistono solitamente
meno programmi rispetto agli altri sistemi operativi esistenti. Tuttavia, col passare del
tempo, bisogna anche dire che questa differenza si è veramente ridotta, come anche i
potenziali problemi di compatibilità che potevano sorgere tra i vari sistemi operativi.
Ma quindi, quale sistema operativo scegliere? Diciamo che non esiste una risposta precisa a
questa domanda poiché dipende, più che altro, dalle proprie necessità. In ogni caso, se hai
iniziato ad usare da poco il computer e non vuoi incorrere in fastidiosi problemi di
compatibilità, o più semplicemente non vuoi spendere molto, il mio consiglio è allora
quello di scegliere l’ultima versione del sistema operativo Windows. Se invece sei un utente
medio allora la scelta può ricadere anche tra Linux e macOS a seconda che tu voglia un
sistema operativo completamente gratuito come il primo, che tra l’altro permette di
essere provato senza neanche essere installato, ma che all’inizio risulta essere un po’ più
difficile da imparare, oppure uno molto più semplice e sicuro come il secondo, ma che,
purtroppo, viene venduto ad un prezzo decisamente maggiore, visto che quest’ultimo,
almeno in teoria, è disponibile solamente per i costosi computer della Apple.

CHE COS’È IL BROWSER?


In informatica, il web browser, meglio conosciuto solo come browser (si pronuncia bràuser),
è un particolare software che consente di recuperare, presentare e navigare determinate
risorse sul Web, tipo pagine, immagini, video, canzoni o altri tipi di contenuti,
identificandole attraverso un appropriato URL. Per consentire agli utenti fruitori del
browser di navigare più facilmente verso altre risorse correlate, ogni risorsa esistente nel
Web presenta, di solito, uno o più opportuni link.
Sebbene i browser siano destinati principalmente all’utilizzo del Web, questi possono
anche essere utilizzati per altri scopi ben diversi, come accedere alle informazioni fornite
dai server web su una rete locale o a vedere dei file in un file system.
Tipici esempi di browser sono Google Chrome, Internet Explorer, Mozilla
Firefox, Microsoft Edge, Safari, Opera, Maxthon e Vivaldi.

COME SI USA UN BROWSER?


Lo scopo principale di un browser è quello di recuperare un insieme di risorse consentendo
poi di visualizzare determinate informazioni collegate, a loro volta, ad altre informazioni.
Per fare questo l’utente in genere utilizza un indirizzo sotto forma di URL,
tipo https://www.informaticapertutti.com, inserendolo nella relativa barra degli indirizzi del
browser in uso. Di solito, però, il browser viene utilizzato per lo più attraverso un motore di
ricerca, tipo Google (si pronuncia gùgol), che in base ad una o più parole chiave permette di
restituire un certo insieme di risultati.
Per quanto riguarda l’interfaccia di un browser, questa normalmente offre una serie di
funzionalità che sono sempre le stesse a prescindere dal browser impiegato. Fra queste,
quelle più importanti da prendere in considerazione sono:
 un pulsante a forma di freccia verso destra e un pulsante a forma di freccia verso
sinistra, che consentono di navigare rispettivamente avanti o indietro;
 un pulsante a forma di freccia circolare, che consente di aggiornare il contenuto
visualizzato in quel momento;
 un pulsante a forma di casa, che consente di raggiungere la pagina iniziale del
proprio browser, qualora questa sia stata precedentemente impostata;
 un pulsante a forma di puntini verticali, lineette orizzontali o di altre relative forme,
che consente di modificare le impostazioni del browser in uso;
 un pulsante a forma di stella, che consente di memorizzare l’indirizzo della risorsa
visualizzata in quel momento aggiungendolo ad una lista di risorse preferite.
Per avere un’idea più precisa su come si usa un browser, presso questo indirizzo è possibile
comunque trovare un video creato dall’Associazione Culturale Maggiolina che ne spiega
meglio il funzionamento. In ogni caso, arrivati a questo punto, dovresti aver finalmente
capito che cos’è il browser.

CHE COS’È UN FILE?


In informatica, un file (si pronuncia fàil) è la struttura principale con cui si archiviano i dati
su un determinato supporto di memorizzazione digitale. In altri termini, proprio come le
parole possono essere scritte sulla carta, così i dati possono essere scritti all’interno di un
file.
Mediante un file, dunque, possono essere archiviate le informazioni più disparate. Ad
esempio, un file può essere progettato per memorizzare un’immagine, un messaggio
scritto, un video, una canzone, un programma per il computer, un insieme di istruzioni o
una vasta gamma di altri tipi di dati. Esistono inoltre alcune tipologie di file,
chiamate cartelle o directory, che al loro interno possono memorizzare
contemporaneamente diversi tipi di file.
Solitamente i file sono organizzati mediante un appropriato file system, il quale ha il
compito di tener traccia di dove si trovano i file nonché di consentire agli utenti di potervi
accedere.

ESTENSIONI DEI FILE


Sebbene i file possano essere copiati quante volte si vuole, per consentire di aprire, leggere,
modificare e chiudere un determinato tipo di file occorre per forza utilizzare
degli appositi software compatibili con quella particolare tipologia di file. La natura di un
file, infatti, viene in genere associata all’estensione che possiede quel particolare file. Ma che
cos’è l’estensione di un file? L’estensione di un file non è altro che una breve sequenza di
caratteri alfanumerici, tipicamente in numero di tre, posta alla fine del nome di un file e
separata dalla parte precedente per mezzo di un punto. Ad esempio, Appunti.txt indica che
l’estensione del file di nome Appunti è txt (ossia una delle estensioni di file più utilizzate). Di
conseguenza, Appunti.txt è un semplice file di testo che potrà essere gestito con un
programma come Blocco note o gedit.
L’estensione di un file, comunemente nascosta, consente quindi al sistema operativo in uso
di distinguerne sia il tipo di contenuto, cioè se testo, video, immagine, musica o altro, sia
il formatoutilizzato per aprirlo, permettendo così di capire qual è il software capace di
gestirlo.
Arrivati dunque a questo punto dovresti aver finalmente capito che cos’è un file.

CHE COSA SONO I PIXEL?


Su un qualsiasi dispositivo elettronico un’immagine digitale viene generalmente
rappresentata attraverso l’utilizzo di una speciale griglia invisibile dotata di milioni di
piccoli quadratini, ognuno dei quali prende il nome di pixel:

Ecco un esempio che mostra come attraverso i pixel è costituita in realtà una qualunque
immagine digitale.

Ad esempio, un’immagine larga 1.920 colonne ed alta 1.080 righe avrà:

1.920 x 1.080 = 2.073.600 pixel, cioè circa 2,1 megapixel


Questo valore non indica altro che la risoluzione dell’immagine presa in considerazione
che, a sua volta, rappresenta proprio la qualità dell’immagine in questione. Nelle immagini
a colori, ogni pixel viene comunque dotato di una propria luminosità e di un proprio colore
tipicamente rappresentati, a loro volta, da una tripletta di intensità di rosso, verde e blu,
ovvero dal modello a colori chiamato RGB.
Detto in altre parole, maggiore sarà la quantità di pixel con la quale viene rappresentata
una determinata immagine digitale, e maggiore sarà sia la qualità dell’immagine stessa…
Altro esempio che fa capire meglio come è composta in realtà un’immagine digitale.

…sia la dimensione del file dell’immagine in questione, che a seconda dei casi potrà perfino
superare le decine di MB per una singola immagine. Per cercare di risolvere questo
problema relativo alle dimensioni dei file delle immagini, si è dunque soliti utilizzare delle
particolari tecniche di compressione che non fanno altro che comprimere appunto la
dimensione del file senza comprometterne però molta della sua qualità. A tal proposito, le
tecniche più comunemente utilizzate per comprimere un’immagine digitale prendono il
nome di jpeg (.jpg), bitmap (.bmp) e gif (.gif), riconoscibili mediante l’estensione del file
stesso, cioè mediante le tre lettere che seguono il nome del file. Ad
esempio, Arcobaleno.jpg indica che l’estensione del file chiamato Arcobaleno è proprio .jpg.

CHE COS’È LA CODIFICA ASCII?


Siccome 1 byte è una sequenza di 8 bit, con 1 byte è possibile quindi rappresentare 2^8 =
256 valori che vanno da 0 a 255, ovvero dal valore binario 0 al valore binario 11111111.
Mediante queste sole 256 combinazioni è però possibile creare uno speciale alfabeto, che
prende il nome di codifica ASCII, composto da cifre decimali, lettere maiuscole e
minuscole, simboli matematici e non, segni di punteggiatura, e altre cose di questo tipo.
Ma a che cosa serve questo alfabeto, o meglio, questo codice? Lo standard ASCII non serve
altro che a codificare i caratteri all’interno di un testo di un qualsiasi dispositivo
elettronico. In altre parole, al numero binario 100001 appartenente a questo codice ASCII,
corrisponde il semplice punto esclamativo, ovvero il carattere !, al numero
binario 1000000 corrisponde invece la chiocciola, ovvero il carattere @, al numero
binario 1111010 corrisponde proprio il carattere z, al numero binario 10010110 corrisponde
il trattino breve, ovvero il carattere –, e così via dicendo.
CHE COS’È LA CODIFICA UNICODE?
Oltre alla codifica ASCII, esistono numerose altre codifiche che permettono di codificare i
caratteri presenti all’interno di un testo di un qualsiasi dispositivo elettronico. Purtroppo,
però, tra le centinaia di codifiche disponibili, non ne esiste una con tutti i caratteri
necessari adatti ad una specifica lingua, infatti anche per l’italiano ne occorre più di una. In
aggiunta a questo può anche accadere che due codifiche utilizzino lo stesso numero per
rappresentare caratteri completamente differenti o che, magari, vengano utilizzati numeri
diversi per rappresentare uno stesso carattere. Per risolvere questi ed altri problemi del
genere, è stata perciò creata un’altra particolare codifica che prende il nome di
codifica Unicode. Questa codifica, anziché 1 solo byte come avviene invece nella codifica
ASCII, utilizza 2 byte, ovvero 16 bit, per rappresentare un determinato carattere all’interno
di un testo di un qualsiasi dispositivo elettronico. In altre parole, mediante la codifica
Unicode, è possibile rappresentare ben 2^16 = 65.536 valori che vanno da 0 a 65.535. In
questo caso, però, al contrario dei soli numeri binari della codifica ASCII, il codice
assegnato al carattere scelto viene rappresentato con U+ seguito da quattro o da sei
cifre esadecimali del numero che lo individua. Ad esempio, U+00A9 che non corrisponde
altro che al simbolo © di copyright.
Arrivati comunque a questo punto dovresti aver finalmente capito che cosa sono i pixel, che
cos’è la codifica ASCII, e che cos’è la codifica Unicode.

CHE COS’È UN ALGORITMO IN GENERALE E IN


INFORMATICA?
Un algoritmo non è altro che una semplice procedura che tenta di risolvere un determinato
problema applicando un certo numero di passi elementari. Analogamente, in informatica,
un algoritmo non è altro che un semplice procedimento che permette la risoluzione di
specifici problemi mediante l’applicazione di una sequenza finita di precise istruzioni che, a
loro volta, devono essere interpretate ed eseguite fino alla loro conclusione seguendo un
ben preciso ordine.
Da questa definizione si deducono quindi le seguenti proprietà fondamentali che deve avere
un qualunque algoritmo:
 i passi dell’algoritmo devono essere elementari, cioè non possono essere
ulteriormente divisibili (atomicità);
 i passi dell’algoritmo non possono essere interpretati in altri modi (non ambiguità);
 l’algoritmo deve per forza essere svolto in un certo numero di specifici passi e, allo
stesso tempo, deve richiedere in ingresso soltanto una determinata quantità di dati
(finitezza);
 l’esecuzione dell’algoritmo deve terminare entro un certo periodo di tempo
(terminazione);
 l’esecuzione dell’algoritmo deve portare ad un risultato univoco (effettività);
 ogni passo dell’algoritmo deve essere ben stabilito (determinismo).

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Che cos’è un algoritmo in generale e in informatica?

Che cos’è un algoritmo in generale e in informatica?


Ultimo aggiornamento: 8 Febbraio 2018 Aldo Barillaro Informatica generale
Chi si avvicina per la prima volta al mondo
dell’informatica sente spesso parlare di algoritmi. Tuttavia non tutti sanno che cos’è un
algoritmo e/o che cosa significa creare un algoritmo. Ecco pertanto un breve articolo che
senza fare ulteriori ricerche ti permetterà di capire questi semplici concetti.
CHE COS’È UN ALGORITMO IN GENERALE E IN
INFORMATICA?
Un algoritmo non è altro che una semplice procedura che tenta di risolvere un determinato
problema applicando un certo numero di passi elementari. Analogamente, in informatica,
un algoritmo non è altro che un semplice procedimento che permette la risoluzione di
specifici problemi mediante l’applicazione di una sequenza finita di precise istruzioni che, a
loro volta, devono essere interpretate ed eseguite fino alla loro conclusione seguendo un
ben preciso ordine.
Da questa definizione si deducono quindi le seguenti proprietà fondamentali che deve avere
un qualunque algoritmo:
 i passi dell’algoritmo devono essere elementari, cioè non possono essere
ulteriormente divisibili (atomicità);
 i passi dell’algoritmo non possono essere interpretati in altri modi (non ambiguità);
 l’algoritmo deve per forza essere svolto in un certo numero di specifici passi e, allo
stesso tempo, deve richiedere in ingresso soltanto una determinata quantità di dati
(finitezza);
 l’esecuzione dell’algoritmo deve terminare entro un certo periodo di tempo
(terminazione);
 l’esecuzione dell’algoritmo deve portare ad un risultato univoco (effettività);
 ogni passo dell’algoritmo deve essere ben stabilito (determinismo).

Ad esempio, per preparare il caffè bisogna:
 prendere la macchinetta del caffè, il caffè macinato ed un cucchiaino;
 aprire la macchinetta del caffè e successivamente togliere il filtro;
 riempire la macchinetta del caffè con dell’acqua;
 mettere il caffè macinato nel filtro tramite il cucchiaino;
 mettere il filtro con il caffè macinato sopra la macchinetta riempita con dell’acqua;
 chiudere la macchinetta del caffè;
 aprire il fornello;
 posizionare la macchinetta del caffè sul fornello.
Come vedi, questo banale esempio rispecchia tutte le proprietà che dovrebbe avere un
qualsiasi algoritmo, ed in più, dovrebbe anche farti capire sia come si creano gli algoritmi,
sia come dovrebbero essere tutti gli altri algoritmi, solamente che gli
altri algoritmi potrebbero essere molto più lunghi ed intricati rispetto a questo che
consente di preparare il caffè.
DIAGRAMMI DI FLUSSO
A volte, per mostrare la procedura seguita da un certo algoritmo, potrebbe anche essere
adoperato un cosiddetto diagramma di flusso. Per rappresentare i diversi concetti, nella
maggior parte dei casi questi diagrammi di flusso utilizzano infatti cinque distinti blocchi:
 inizio;
 ingresso/uscita;
 elaborazione;
 controllo;
 fine.
Per chiarirti meglio le idee sull’utilità di questi diagrammi di flusso, prendiamo ad esempio
il seguente algoritmo che verifica se è possibile fare uno spuntino:

1. inizia lo spuntino
2. hai a disposizione qualcosa da poter mangiare?
3. mangia
4. hai ancora fame?
5. fine dello spuntino
L’algoritmo esposto in questo modo risulta piuttosto difficile da comprendere. Tuttavia,
rappresentando il suddetto algoritmo attraverso un semplice diagramma di flusso, sarà
molto più facile capirne il funzionamento:

La rappresentazione grafica di un algoritmo mediante l’utilizzo di un diagramma di


flusso potrebbe sembrare una sciocchezza, eppure, utilizzando questi semplici diagrammi
di flusso, non solo sarà possibile esprimere concetti davvero molto complessi, ma a volte
sarà anche possibile facilitare il compito al programmatore che dovrà creare
complicati programmi.
In ogni caso, arrivati a questo punto, dovresti aver finalmente capito che cos’è un algoritmo
in generale e in informatica.
CHE COS’È IL FIRMWARE?
Il termine firmware (si pronuncia firmuèr) deriva dall’unione dei due termini inglesi firm,
ovvero stabile, e ware, ovvero componente. Ma che cos’è il firmware? Il firmware, in
pratica, non è altro che un particolare tipo di programma, normalmente memorizzato
su una piccola memoria non volatile, che in un certo senso viene
posto all’interno di un computer fisso o portatile, di uno smartphone, di un tablet, di un
masterizzatore, di un hard disk, di un SSD, di un modem router, di una stampante, di una
smart TV, e in generale all’interno di un qualsiasi altro tipo di dispositivo elettronico.
Il compito del firmware è dunque quello di far correttamente avviare il dispositivo in
questione, consentendo, al tempo stesso, di far dialogare l’hardware del dispositivo con
il software del dispositivo. Ma perché si sente spesso parlare che bisogna aggiornare il
firmware? Perché, di solito, questa operazione permette di correggere eventuali errori
precedentemente noti, di introdurre nuove funzionalità, e/o semplicemente di migliorare
le prestazioni del dispositivo in questione. Alle volte, però, pur essendo sempre
un’operazione alquanto delicata, un upgrade del firmware (si pronuncia apgrèid), oltre a
tentare di risolvere eventuali problemi, potrebbe persino introdurne dei nuovi. Di
conseguenza, se il dispositivo funziona già correttamente, forse in certe occasioni sarebbe
preferibile non aggiornarlo affatto.
CHE DIFFERENZA C’È TRA BIOS E UEFI?
CHE COS’È IL BIOS?
Il compito del BIOS, il cui termine deriva dall’acronimo inglese di basic input-
output system, è quello di inizializzare e testare tutte le componenti hardware presenti
all’interno di un qualsiasi computer, avviando, successivamente, il cosiddetto sistema
operativo.

Tipica schermata di un BIOS Award.


Il BIOS, quindi, non è altro che un insieme di determinate regole software,
appositamente conservate all’interno di una speciale memoria non volatile di tipo ROM, la
quale, a sua volta, viene direttamente saldata sulla scheda madre del computer in
questione:

Chipset ROM contenente un BIOS Phoenix.


Sui computer, infatti, il BIOS viene normalmente scritto su delle particolari memorie
riscrivibili, chiamate in gergo EEPROM, in maniera tale da poterlo facilmente aggiornare
affinché si possano correggere eventuali problemi precedentemente noti, introdurre nuove
funzionalità, e/o semplicemente aggiungere il supporto per nuove componenti hardware.
Tuttavia, sebbene la procedura di aggiornamento del BIOS sia facilmente eseguibile da
chiunque, durante la fase di aggiornamento del BIOS, bisogna comunque prestare sempre
la massima attenzione, altrimenti si correrebbe il serio rischio di rendere inutilizzabile la
scheda madre del PC e, di conseguenza, l’intero computer. Proprio per questo motivo il
BIOS dovrebbe essere sempre aggiornato soltanto in quei casi di reale necessità, e non come
si fa, piuttosto, con i comuni software del computer.
In ogni caso, per poter accedere all’interfaccia di un qualunque BIOS, tramite la quale è
possibile, ad esempio, modificare l’ordine di avvio delle periferiche installate nel PC,
abilitare/disabilitare una determinata scheda video integrata, o magari overcloccare la
propria CPU, basta di solito semplicemente premere uno o più tasti della tastiera,
tipicamente CANC, F1, F12 o CTRL + ESC, durante la cosiddetta fase di POST, ovvero
durante la fase che precede il caricamento del sistema operativo:
Prima fase di un’operazione POST durante la quale, premendo il tasto DEL, ovvero il
tasto CANC, è possibile accedere all’interfaccia di un BIOS AMI.
CHE COS’È L’UEFI?
L’UEFI (si pronuncia iuèfai), il cui termine deriva dall’acronimo inglese
di unified extensible firmware interface, in parole semplici, è il successore del BIOS. L’UEFI,
infatti, non è altro che una sorta di BIOS aggiornato dotato di tutta una serie di nuove
funzionalità, e di un’interfaccia grafica utilizzabile anche mediante il mouse, progettato con
il solo scopo di risolvere le carenze introdotte con il vecchio BIOS. Oggigiorno, pertanto,
tutte le schede madri presenti in commercio vengono normalmente vendute con il nuovo
UEFI.
Ecco l’interfaccia UEFI di una scheda madre ASUS P8Z77-V DELUXE.
Grazie all’utilizzo dell’UEFI è perciò possibile, ad esempio, avviare ancora più velocemente
il sistema operativo installato sul PC, proteggere l’avvio del proprio computer da
potenziali malwaree/o virus informatici, e, in teoria, navigare pure su Internet
mediante uno speciale browser preinstallato dal produttore della scheda madre.
Arrivati dunque a questo punto dovresti aver finalmente capito che cos’è il firmware e qual
è la differenza tra BIOS e UEFI.

CHE DIFFERENZA C’È TRA INDIRIZZO IP STATICO,


DINAMICO, PUBBLICO E PRIVATO?
Quando ti colleghi ad Internet mediante uno smartphone, un tablet, una console, una
chiavetta USB, una smart TV, un decoder, o un qualsiasi altro dispositivo elettronico,
ottieni automaticamente il permesso di navigare grazie, ad esempio,
all’abbonamento ADSL, fibra, 3G, LTE o WiMAX offerto dal tuo ISP. Alla richiesta di
connessione da parte del modem, integrato o meno nel tuo dispositivo, gli viene quindi
automaticamente assegnato un determinato indirizzo IP che è allo stesso tempo
sia dinamico che pubblico:
 dinamico perché, salvo particolari esigenze, essendo il numero degli indirizzi
IP limitato, questo viene innanzitutto scelto tra i vari indirizzi IP a disposizione del tuo ISP,
dopodiché viene assegnato e cambiato automaticamente ad ogni nuova connessione da
parte del tuo modem;
 pubblico perché, proprio come scritto su Wikipedia, è allocato univocamente e
potenzialmente accessibile da qualsiasi altro indirizzo IP pubblico. In altre parole, è anche un
indirizzo IP pubblico poiché consente sia di identificare univocamente il dispositivo in
questione, sia di fornire a quest’ultimo il percorso per essere raggiunto da tutti gli altri
indirizzi IP pubblici.
Un indirizzo IP statico, invece, è comunque un indirizzo IP pubblico, ma questo viene
assegnato ogni volta, ISP permettendo, sempre al medesimo dispositivo che per un motivo
o per un altro ha la necessità di rimanere continuamente con quell’indirizzo, cioè proprio
come avviene, ad esempio, nel caso dei server. In questo modo, però, essendo il numero
degli indirizzi IP limitato, chi decide di utilizzare un indirizzo IP statico dovrà per forza
pagare qualcosa in più rispetto a chi invece si accontenta di un classico indirizzo IP
dinamico. C’è da dire, tuttavia, che ai fini della velocità della connessione ad Internet, avere
un indirizzo IP statico o un indirizzo IP dinamico non ha alcuna importanza, infatti, è più una
scelta dettata da esigenze particolari, come, ad esempio, avere il proprio computer
raggiungibile sempre dall’esterno (operazione che, alle volte, può comportare più
complicazioni che benefici).

COME FACCIO A SAPERE QUAL È IL MIO


INDIRIZZO IP PUBBLICO E/O PRIVATO?
Mentre per sapere il tuo indirizzo IP pubblico basta visitare, ad esempio, questo sito, per
sapere invece qual è il tuo indirizzo IP privato non devi fare altro che “chiederlo” o al tuo
modem o, in alternativa, al tuo sistema operativo. L’indirizzo IP privato, infatti, ha la stessa
forma dell’indirizzo IP pubblico, ma al contrario di quest’ultimo viene utilizzato per
identificare uno specifico dispositivo all’interno dello stesso luogo, proprio per questo
motivo viene chiamato privato. In altre parole, siccome a casa, in ufficio o all’università non
c’è, di solito, un solo dispositivo, per poter quindi identificare singolarmente tutti questi
dispositivi all’interno dello stesso posto, ognuno di questi dovrà a sua volta essere
necessariamente dotato di un indirizzo IP privato. Ad esempio, a casa un computer può
avere un indirizzo IP privato del tipo 192.168.1.101, una stampante di rete può averne uno
del tipo 192.168.1.110, un iPhone può averne un altro del tipo 192.168.1.105, mentre l’unico
indirizzo IP pubblico, statico o dinamico, necessario a navigare su Internet, salvo casi
particolari, viene assegnato sempre e solo al proprio modem, che solitamente ha come
indirizzo IP privato 192.168.1.1. C’è da dire, inoltre, che la scelta di quale indirizzo IP
privato utilizzare sui vari dispositivi può essere fatta sia automaticamente dal modem in
uso, mediante il cosiddetto DHCP, sia manualmente da te, attraverso le
impostazioni TCP/IP del tuo sistema operativo.
Arrivati dunque a questo punto dovresti aver finalmente capito quale differenza c’è tra
indirizzo IP statico, dinamico, pubblico e privato.

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