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GET - informatica - Riassunto GET guida all'educational


tecnology
Tecnologie informatiche e multimediali   (Università degli Studi di Verona)

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Downloaded by Maria Grazia Ferrante (mery99.fantastica@alice.it)
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CAPITOLO 1.

L'informatica è la scienza che studia i sistemi per l'elaborazione e la gestione automatica delle
informazioni.

Il termine informatique è stato coniato nel 1962 dall'ingegnere francese Philippe Dreyfus e che deriva dalla
contaminazione delle parole "information" e "automatique".

L'ingrediente principale dell'informatica è dunque l'informazione.


L’informazione di cui parlano gli informatici è il contenuto di un segnale radio, elettrico o luminoso che
rappresenta una porzione di realtà.
L’info quindi sta nella miriade di impulsi fisici, sta a noi umani escogitare un modo per tradurre i diversi
segnali per distillare il significato di questa narrazione complessa.
l’uomo chiede aiuto alla scienza che offre 2 possibilità:
-Codifica ANALOGICA: la traduzione degli input avviene attraverso ulteriori segnali fisici che mimano il
segnale di partenza (es. termometro a mercurio)
-Codifica DIGITALE: la traduzione deriva da una conversione del contenuto fisico del segnale in un insieme
strutturato di simboli (termometro digitale)

L'informatico si occupa prevalentemente della manipolazione di informazioni codificate in forma binaria.


Nel cercare di raggiungere il massimo livello di precisione nel proprio lavoro, egli si è dotato di un modello
piuttosto meticoloso di misurazione della quantità di informazione.
Questo modello si basa su un'unità di misura molto piccola, il bit, che esprime in termini binari (1-0) il
contenuto minimo di informazione di un segnale.
Il bit costituisce pertanto la particella elementare dell'informatica necessaria per costruire la
rappresentazione digitale di tutta la realtà delle cose.

Il ciclo di vita dell'informazione:


1) i segnali fisici (input) sono codificati in forma digitale

2) vengono elaborati attraverso un modello di calcolo

3) trasformati in nuovi segnali output

4) vengono poi memorizzati in archivio

5) distribuiti attraverso diversi canali di comunicazione

Un sistema informatico è il risultato dell'integrazione di una componente di tipo fisico (=hardware), che ne
costituisce la struttura materiale, e una componente logico-funzionale, il software, che include le istruzioni
per garantire il corretto funzionamento dell'hardware.

Il suo obiettivo principale consiste nel trasformare una macchina in un potentissimo alleato dell'uomo per il
trattamento delle informazioni per:
-ridimensionare le possibilità di errore
-automatizzare i compiti ripetitivi
-velocizzare le procedure di calcolo più onerose
-migliorare la qualità della sua e nostra vita

La facilità d'utilizzo, la sua usabilità, e l'assenza di barriere che possono pregiudicarne l'efficacia, la
cosiddetta accessibilità, rappresentano le due condizioni essenziali affinché una tecnologia informatica
possa essere considerata uno strumento per l'uomo e a misura d'uomo.

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Usabilità = è direttamente proporzionale:


- alla chiarezza dei suoi comandi,
- al carattere intuitivo delle operazioni che l'utente deve svolgere per raggiungere il risultato
desiderato.
- alla semplicità con cui è possibile “leggere” il set di strumenti di interazione uomo-
macchina (interfaccia) per navigare tra i vari ambienti e dialogare con il sistema

Un software può essere considerato usabile nella misura in cui è realmente in grado di ottimizzare il numero
di azioni e la produttività generale evitando perdite di tempo.
La condizione di usabilità implica una gestione razionale dell’interfaccia tra uomo e macchina attraverso una
disposizione funzionale delle periferiche hardwer.

Accessibilità = non è detto che una tecnologia informatica usabile sia anche automaticamente accessibile.
Quando si parla di accessibilità ci si riferisce al fatto che una qualsiasi persona con difficoltà/disabilità possa
utilizzare le funzioni fondamentali di un applicativo o dispositivo hardware, senza dover subire uno scacco
simile all'esperienza di una barriera architettonica.
La legislazione italiana fornisce alcune importanti indicazioni sull'accessibilità delle tecnologie informatiche
messe a disposizione dalla Pubblica Amministrazione da parte dei soggetti disabili (Legge 9 gennaio 2004,
n.4 o "Legge Stanca").
Per quanto riguarda le differenze culturali invece, l’idea di accessibilità si sposa con l’introduzione di
un’interfaccia multilingue, che tenga conto sia nei simboli che nelle icone che nel testo che vi sono persone
provenienti da paesi differenti.

CAPITOLO 2.

Colossus, è il primo computer della storia (1943), da allora l'informatica ha fatto passi da gigante.

Dai 18.000 tubi elettronici di ENIAC (1946) al Programma 101 dell'Olivetti (1964); dal primo IBM Personal
Computer (1981) al visionario Apple Macintosh(1984), fino alla rivoluzione della travolgente tecnologia
"touch" degli ultimi tablet.
In tutte queste trasformazioni l’idea di computer è rimasta inalterata; assunto fondamentale:
Il computer non può essere ridotto a un mero oggetto, ma costituisce un0idea di organizzazione della realtà
digitale che riflette il modo in cui l’uomo pensa di pensare e di dover riprodurre una parte di sé nella
macchina.
L'obiettivo principale era, è stato e sarà ancora per qualche tempo quello di gestire informazioni sotto forma
di bit.
Tutto ciò attraverso un modello universale di struttura hardware, detta "architettura di Von Neumann".
Un'architettura che si articola in quattro blocchi fondamentali:

1) Periferiche di input;

2) Scheda madre, che include l'unità centrale di elaborazione (CPU), le unità di memoria RAM e
ROM, non che le diverse schede per la gestione delle periferiche di input e output.

3) Modulo di memoria secondaria;

4) Periferiche di output.

Periferiche di input:

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Attraverso le periferiche di input, il computer riceve i segnali dal mondo esterno e li codifica in formato
digitale.
Questo sottosistema include una serie di dispositivi elettronici. (mouse, tastiera, tavoletta grafica, monitor,
touchscreen, microfono, scanner...)

Scheda madre (motherboard) :


Invia le informazioni di input alla scheda madre.
è la base operativa di tutte le operazioni più importanti del
computer.

- CPU:
All'interno della Scheda Madre troviamo innanzitutto l'Unità
centrale di calcolo, detta anche CPU (Central Processing Unit),
un microprocessore che consiste in un chip in silicio o rame. La
CPU rappresenta la mente della macchina e svolge tutte le attività
finalizzate all'elaborazione delle informazioni.
L'unità più utilizzata è il GHz (Gigahertz) che esprime un miliardo
di operazioni elementari al secondo. (velocità elaborazione dei
dati)

- RAM e ROM:

La scheda madre include anche le due unità di memoria:

-- La RAM ( Random Access Memory) che supporta in tempo reale la


CPU nella lettura e scrittura degli "appunti" che servono per svolgere
velocemente le attività di elaborazione dei dati. E' definita come "unità
di memoria volatile" o a "breve termine" non permette di conservare
le info dp lo spegnimento del pc.
-- La ROM (Read-Only Memory) all'interno della quale si trovano
istruzioni basilari per il funzionamento della macchina che non
possono essere modificate.

Calcolo della memoria:


1 B (byte) = 8 bit;
1 KB (kilobyte) = 1024 byte = 8192 bit
1MB (megabyte) = ca. 1 milione di byte
1GB (giagbyte) = ca. 1 miliardo di byte

La memoria permanente:
Durante e dopo il processo di elaborazione all'interno delle unità della scheda madre, è possibile registrare i
dati nei dispositivi della memoria secondaria, detta anche "memoria a lungo termine". Fra i dispositivi di
memoria secondaria è possibile ricordare una serie di oggetti di uso comune quale l'Hard disk, i CD ROM, i
DVD, le chiavette USB.

Output:
Il risultato finale della fase di elaborazione può essere rappresentato e comunicato all'esterno della macchina
attraverso le periferiche di output. (monitor, stampanti, generatore di suoni...ecc)

Ad oggi ci siamo anche liberati dei cavi e ora le informazioni viaggiano attraverso connessioni Wi-Fi e
Bluetooth, trasformando l'aria che respiriamo in un grande circuito a cielo aperto.

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CAPITOLO 3
Il concetto di software assume un importanza strategica per il futuro tecnologico e dell’intera umanità.
“Ciò che non è Hardware è software” significa che al netto delle ferraglia, dei cavi e di tutto ciò che è
sottoposto alle leggi della gravità universale, esiste nel computer una componente non materiale che
garantisce il funzionamento della macchina.
Essa si identifica con una serie di istruzioni, sono i programmi che consentono all’hardware di svolgere i
compiti in funzione delle condizioni di partenza, dei vincoli e degli obiettivi prefissati.
I programmi costituiscono una partitura con cui la CPU è in grado di pensare, è una partitura fatta di algoritmi
 vere e proprie sequenze logiche di istruzioni che includono regole e procedure di calcolo ben precise per
mettere il pc in condizione di risoluzione di un problema.

Gli algoritmi devono assolutamente garantire alcuni requisiti essenziali:

1) Assenza di ambiguità delle operazioni che essi descrivono (non piò includere operazioni vaghe)
2) La loro effettiva computabilità (concreta possibilità che la CPU possa portarle a compimento)
3) La condizione per cui la soluzione di un problema deve poter dipendere sempre dallo svolgimento
di un numero finito di operazioni (sequenza infinita errore)

In quale lingua conversano i computer fra loro?


Essi parlano, dialogano in un linguaggio di basso di livello. Non umano. Binario. (1-0)
i pc sono logorroici, vogliono sentirsi dire anche l’ovvio con un livello di dettaglio maniacale, quindi cercare di
parlare alle macchine mantenendo la loro lingua per un essere umano è insostenibile.

Gli informatici quindi, hanno deciso di introdurre dei nobili linguaggi intermedi, tra il nostro e quello delle
macchine, detti anche linguaggi di “alto livello”. Sono linguaggi semi-umani che consentono di programmare
più o meno agevolmente il comportamento di un elaboratore elettronico digitale.
È possibile grazie a questi linguaggi descrivere gli algoritmi, le operazioni, le istruzioni, le regole ecc. senza
usare il codice binario.
Le istruzioni di “codice sorgente” sono successivamente compilati, assemblati, interpretati da altri software in
modo da poter essere tradotti in codice binario.

Le famiglie dei software


A seconda dei tipi di problemi da risolvere e delle diverse funzioni computazionali, è possibile distinguere
almeno quattro grandi famiglie di software:

1) Basic Input Output System o BIOS


2) Sistema Operativo (SO)
3) Applicazioni e App
4) Malware e antivirus

- Il BIOS.
Svolge un ruolo di mediazione “linguistica” tra l’hardware e il software di un sistema informatico. Esso risiede
nell’unità di memoria ROM, e include tutti i programmi essenziali per il funzionamento della macchina,
dall’avvio del computer alla configurazione delle impostazioni basilari. (firmware)

- Sistema Operativo.
Può essere considerato come il “software dei software”. Grazie al Sistema Operativo è possibile:
- Configurare l’interfaccia utente (icone, finestre, menu...)
- Organizzare in maniera razionale l’accesso alle “cartelle” e ai diversi “file” o “archivi” di informazioni
(applicazioni, dati o documenti..) in memoria.
- Gestire i “nomi” dei file e le loro diverse “estensioni” (esempio: .doc - .exe - .txt…)
Inoltre il Sistema Operativo presiede all’esecuzione delle diverse applicazioni, ne controlla le operazioni e gli

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eventuali errori, ottimizzando l’uso delle risorse nell’ambito delle diverse attività della macchina. Fra i più
recenti Sistemi Operativi in circolazione ricordiamo Windows 10.

- Applicazioni e App.
Le applicazioni sono programmi che contengono le regole e le istruzioni per guidare il computer nello
svolgimento di compiti specifici e mirati al raggiungimento di obbiettivi concreti.
Esistono applicazioni per la creazione e gestione del testo, per la costruzione di archivi, per la comprensione
di documenti, per lo sviluppo di altre applicazioni, per la produzione di suoni, di immagini e di video.
Il termine “App” si riferisce in modo specifico alle applicazioni dedicate ai dispositivi smartphone e tablet.

- Malware e antivirus.
Il termine malware serve a indicare una famiglia di software “maligni”, il cui obbiettivo principale consiste nel
generare danni di diversa natura e gravità all’interno dei sistemi informatici.

È possibile distinguere almeno quattro tipi di malware:

1) I vermi (worm): i quali sono progettati per attaccare e debilitare i sistemi operativi, attraverso un
processo di auto duplicazione.

2) I programmi spia (spyware): si annidano silenziosi tra le docili colline di un sistema informatico
allo scopo di violare la privacy.
3) I virus: i quali sono dei veri e propri programmi che insidiano il disco rigido attraverso i propri cloni e
che si riproducono all’interno di altri file.
4) I “cavalli di Troia” che consistono in software apparentemente utili, ma che nascondono una
serie di minacce e che possono generare danni incalcolabili al sistema informatico.

SOFTWARE OPEN SOURCE.


I programmi “Open Source” sono creati appositamente per essere condivisi con altri informatici, secondo una
logica che coniuga la massima disponibilità al confronto e al contributo collettivo con una ferrea volontà di
trasparenza del processo di costruzione del software.
e per non discriminare i potenziali utenti secondo criteri di ordine economico.

CAPITOLO 4.

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Con l’avvento dei PC, tra gli anni ’70 e gli anni ’80 iniziò una vera e propria rivoluzione.
Il processo di digitalizzazione degli archivi, in realtà già iniziato con la diffusione delle prime apparecchiature
elettroniche per ufficio (fax, telefax…), subì un ulteriore accelerazione dando origine a quel fenomeno
conosciuto oggi come Office Automation.

L’Office Automation rappresenta l’insieme di soluzioni hardware e software necessarie all’elaborazione,


gestione e conservazione delle informazioni relative alle attività di ufficio.
Per quanto riguarda l’hardware rientrano in questa categoria tutti quei dispositivi che consentono di
digitalizzare e consultare le info (stampanti, scanner, monitor, personal pc, tastiere…)
Per quanto concerne il software l’espressione si riferisce ai cosiddetti software di produttività personale, che
permettono di creare, elaborare, e sviluppare contenuti come testi grafici e presentazioni multimediali

-VIDEOSCRITTURA
Per scrivere un documento, tutto quello di cui abbiamo bisogno è un programma di videoscrittura come, ad
esempio, Word, Writer o Pages. In particolare, gli applicativi di word processing oltre al semplice inserimento
dei contenuti ci permettono anche di utilizzare tutta una serie di strumenti che possono farci risparmiare
tempo e fatica e, allo stesso tempo ottenere un risultato finale di ottima qualità.

Da una pagina bianca è possibile:

1) Impostare le opzioni di impaginazione del “foglio”


2) Inserire il testo, formattandolo, cancellandolo e modificandolo tutte le volte che sarà necessario.
Il nostro word processor ci consente di gestire il file e di salvarlo, modificarlo e stamparlo tutte le volte che si
desidera. (.doc-.docx)

-IL FOGLIO DI CALCOLO


Il foglio di calcolo permette di effettuare operazioni, elaborare dati, creare tabelle e grafici di vario genere.
Attraverso un programma come Excel, è possibile infatti gestire facilmente grandi quantità di dati e, generare
autonomamente i grafici che li rappresentano.

Questo strumento può essere utilizzato per vari scopi: dai bilanci contabili, alle previsioni di vendita,
dall’analisi di grandi quantità di dati, fino alla creazione di semplici registri.

L’incrocio fra righe e colonne forma delle caselle, chiamate “celle”, che rappresentano l’unità fondamentale
del foglio di calcolo. Ogni cella può contenere testi, numeri o formule matematiche. Tali formule possono
essere più o meno complesse e possono utilizzare come parametri il contenuto di altre celle.
Tra i formati più diffusi per i fogli di calcolo ricordiamo le estensioni: .xls e .xlsx (excel)

-PRESENTAZIONI MULTIMEDIALI
Power Point è quello più conosciuto.
come funzionano questi applicativi per le presentazioni? Essi includono solitamente una serie di funzioni per
l’insermento, l’editing, la sincronizzazione e l’integrazione di contenuti digitali di vario genere.
La prima cosa da ricordare è che qualsiasi presentazione è composta da un numero variabile di diapositive
digitali. Queste slide, che possono essere visualizzate tramite un computer collegato a un videoproiettore,
servono fondamentalmente a presentare progetti, idee, contenuti a un pubblico più o meno numeroso di
ascoltatori.

Ogni slide è suddivisa in due aree principali:


1)La diapositiva vera e propria (contenuti con ≠ formati, immagini, suoni, grafici, link, filmati..)
2)Le note del presentatore

Ricordiamo alcune delle stensioni di questi file: .ppt .pptx .ppsx

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-DATABASE.
Un database è un file che memorizza le informazioni in tabelle composte da un insieme di righe, i “record”, e
colonne, i “campi”, che definiscono gli attributi di ogni singolo record.

Gli applicativi per la gestione dei database usano database “relazionali”, così chiamati perché al loro interno
le varie tabelle sono “allacciate” tramite delle “relazioni” che collegano i campi presenti contemporaneamente
in due o più tabelle per ricondurre le informazioni dell’una a quelle dell’altra.

Con un database relazionale il programma individuerebbe le informazioni richieste, attraverso le


corrispondenze del campo “matricola” tra le due tabelle.
Questi applicativi sono dotati di un’interfaccia che consente di effettuare facilmente le operazioni di
inserimento, ricerca, ordinamento e combinazione dei dati contenuti nel database, utilizzando oltre alle
tabelle, strumenti come le query, le “maschere”, i report

Anche in questo caso ricordiamo alcune tra le più diffuse estensioni di questi file: .mdb

-POSTA ELETTRONICA
I pacchetti software per l’ufficio sono ormai quasi sempre dotati di un programma dedicato all’invio e alla
ricezione della posta elettronica. Ad esempio Outlook o Mail.
Questi applicativi mettono a disposizione una serie di funzionalità di base, come ad esempio, la
possibilità di scrivere e formattare il testo del messaggio, allegare uno o più file, inserire i destinatari.

Naturalmente il programma gestisce anche la ricezione delle e-mail: si collega al server che ci fornisce il
servizio di posta elettronica per cercare nuovi messaggi e una volta trovati li scarica sul nostro computer.

“MAIL-EDUCATION” – netiquette

Ogni volta che scrivete una e-mail, cercate di fare attenzione ad almeno i seguenti aspetti:
1) Inserimento dei destinatari: nel campo “A” inserite i destinatari della vostra e-mail. Nel campo “CC” inserite
invece le persone per le quali le informazioni riportare nella e-mail potrebbero essere in qualche modo
rilevanti. Nel campo “CCN” inserite gli indirizzi che non volete siano visibili al resto dei destinatari.
2) Oggetto: specificare sempre l’oggetto della e-mail con un testo breve, chiaro e diretto.

3) Firma: nelle comunicazioni professionali è sempre opportuno firmare la e-mail con nome e cognome.

4) Scrittura e formattazione del testo: evitare il grassetto e il maiuscolo è una buona regola. Attenzione alla
punteggiatura.

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CAPITOLO 5

INTERNET
Internet è il maggiore sistema informatico reticolare del mondo, la cosiddetta “regina delle reti”. Tale
sistema si compone di una fitta trame di reti e sotto reti locali che rendono possibile lo scambio di
informazioni tra diversi milioni di computer situati in luoghi diversi della Terra.

Ciascun calcolatore in rete rappresenta un nodo “ospite” (host) ed è associato ad un indirizzo IP.

IP= Costituisce l’indirizzo statico o dinamico del computer nella rete e ne garantisce l’identificazione univoca
all’interno del sistema mediante quattro numeri separati da punti. (64.4.8.9)

Ma come dialogano tra loro questi calcolatori?


Internet si basa sulla possibilità di comunicazione tra i ≠ sistemi informatici, ossia sulla “traduzione” degli
svariati dialetti informatici in un unico idioma rappresentato dall’insieme di protocolli TCP/IP (trasmission
control protocol/Internet protocol)
questi protocolli regolano i meccanismi di trasmissione e indirizzamento dei dati lungo i milioni di “sentieri”
descritti dalla struttura reticolare.

IPS E MODALITA’ DI ACCESSO ALLA GRANDE RETE


L’ISP è un’organizzazione, pubblica o privata, che è in grado di fornire diverse tipologie di accesso a
internet:
- Connessione a una rete in banda base, mediante cavo telefonico. L’accesso alla rete avviene
tramite modem, un dispositivo hardware che consente la traduzione di segnali digitali in segnali
analogici e viceversa. (connessione piuttosto limitata).
- Connessione a una rete a banda larga, che consente la trasmissione su più canali attraverso (a)
cavo coassiale, (b) cavo in fibra ottica o (c) wireless. (via di connessione attualmente più diffusa.

WWW (sotto-insieme di internet)


molti tendono ad utilizzare il termine Web come sinonimo di internet ma i due termini esprimono

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concetti ≠.

Il World Wide Web è solo uno dei servizi forniti da internet e costituisce un immenso archivio vivente
in rapidissima espansione.
il grande arcipelago del web si divide in milioni di isole e isolette: i siti e i portali web
queste differenti tipologie di organizzazione svolgono funzioni ≠:

1) I siti: costituiscono principalmente delle aree di contenuti auto-consistenti.

2) I portali: rappresentano invece dei punti di smistamento e di collegamento ai siti web, attraverso la
presentazione di una serie di link e di indici tematici inerenti uno o più settori di interesse per l’utente.

TELE, WEB, ZAPPING


Grazie all’adozione del protocollo http (Hyper Text Transfer Protocol), il Web è virtualmente in grado di
garantire l’interconnessione universale di tutti i suoi documenti attraverso la logica ipertestuale/ipermediale
che si basa su almeno due principi fondamentali:

1) La consultazione non sequenziale dei contenuti, resa possibile dalla presenza di aree attive, i
cosiddetti “hyperlink”, link che consentono al lettore di saltellare o navigare all’interno del singolo
documento o tra una pagina web e l’altra.

2) L’integrazione di “media” differenti, all’interno di un unico documento, al fine di agevolare la


fruizione, la comprensione e l’acquisizione delle informazioni in esso contenute; oltre che per
rinforzare e amplificare gli effetti del messaggio nella mente dell’osservatore.
HTML
HTML (Hyper Text Markup Language) è una sostanza piuttosto leggera, un linguaggio di alto livello, fra i più
diffusi per la costruzione delle pagine web. Include una serie di etichette e di istruzioni che permettono di
descrivere in maniera analitica.
- Titolo del documento
- Un abstacr (breve sintesi)
- Alcune parole chiave (keywords)
- Il contenuto della parte testuale, iconografica e audiovisiva
- La formattazione, il font e il colore del testo
- Le dimensioni e la disposizione spaziale di tutti gli elementi e delle eventuali tabelle

Per creare un file HTML è sufficiente utilizzare una banale applicazione software per l’editing di testi,
applicando tutte le regole previste dal linguaggio stesso.

Nel passaggio dal codice sorgente HTML al risultato finale entrano in gioco i browser. Fra i più famosi è
possibile ricordare, Mozilla Firefox, Safari, Google Chrome.

10 STEP ATTRAVERSO CUI IL NOSTRO INDIRIZZO SI TRAFSORMA IN UNA PAGINA WEB:

1) Tutto ha inizio quando digitiamo l’indirizzo, detto anche URL, all’interno del browser, nell’apposito
campo in alto;

2) Il sistema consulta il DNS e traduce una parte dell’URL nell’indirizzo IP che indentifica il calcolatore,
che contiene il sito o la pagina che vogliamo raggiungere;

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3) Una volta individuato il destinatario della nostra ricerca, il computer invia il pacchetto di informazioni con
la nostra richiesta. Questo pacchetto contiene sia il nostro indirizzo IP, sia quello del web server;

4) Il pacchetto di informazioni entra nel grande labirinto di Internet;

5) Il messaggio raggiunge finalmente il web server, che decide se rispondere in maniera positiva alla
nostra richiesta;

6) In caso positivo, il web server confeziona un messaggio di risposta e lo invia nuovamente


verso il nostro computer;

7) Finalmente il messaggio raggiunge il browser del nostro calcolatore;

8) Il browser decodifica il pacchetto di informazioni restituito dal server, comincia a leggere il file HTML,
ricostruisce lo scheletro della pagina web e verifica la necessità di ulteriori informazioni sulle risorse
aggiuntive;

9) Via via che il nostro calcolatore entra in possesso delle risorse necessarie, il browser compone la
pagina web, fino all’ultima riga in codice HTML;

10) La pagina web è pronta!

LA VELOCITA’ DI CONNESSIONE
La velocità di connessione si misura in bps (bit al secondo)

Esempio: ammettiamo che un filmato pesi 1GB e di poter fare affidamento su una velocità di trasmissione
pari a 56 Kbps, quanto tempo mi servirà per completare l’operazione?

In primo luogo bisogna convertire tutti i valori nell’unità di misura più piccola, il bit. Quindi:

- 56kilobit equivalgono a 56.000 bit

- 1 gigabyte corrisponde a circa 1 miliardo di byte

- 1 byte equivale a 8 bit

- 1 gigabyte corrisponde a circa 8 miliardi di bit

Devo dividere 8.000.000.000 bit per 56.000 = 142.857 secondi (39 ore)

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CAPITOLO 6

GOOGLE
I motori di ricerca, Google, Bing, Yahoo, sono applicativi software in grado di trovare una parola, una
sequenza di parole, un’intera proposizione o un’espressione testuale all’interno dei documenti archiviati nel
World Wide Web.
L’obiettivo di questi strumenti consiste nel passare a setaccio la rete per leggere, analizzare e radiografare
sia il codice HTML delle pagine WEB sia il contenuto testuale degli altri file presenti nel server. Tutto
questo con lo scopo di restituire un indice di indirizzi URL corrispondenti ai criteri di ricerca impostati
dall’utente.
Google costituisce uno standard a sé, un vero e proprio universo nell’universo del Web.

WIKIPEDIA.
Il termine “wiki” deriva dall’hawaiano “wikiwiki”, “veloce”, e serve a incorniciare in modo intuitivo e
immediato le quattro caratteristiche distintive di questo gigante dell’informazione:
1) Wikipedia è un’enciclopedia digitale esclusivamente online.

2) Wikipedia è il prodotto della collaborazione, condivisione, integrazione, interazione di tutti gli abitanti
del Web.

3) Wikipedia è un’enciclopedia totalmente gratuita, disponibile in ben 280 lingue.

4) Wikipedia è simile a un grande sistema biologico che si nutre di link. Un formidabile esempio di
ipertestualità e ipermedialità in continuo divenire.

APPLICATIVI SOCIAL DEL WEB


Forum: Ambienti di discussione organizzati per aree tematiche, all’interno dei quali gli utenti si
confrontano in tempi diversi su specifici argomenti

Chat: Strumenti di conversazione in contemporanea tra due o più persone presenti all’interno di “stanze”
tematiche. Una versione avanzata di ambiente chat-oriented è rappresentata dal software Skype (chat-file-
voice over ip)

Blog: Siti web in cui un proprietario pubblica le proprie riflessioni o il proprio diario, aggiornando
continuamente i contenuti della pagina principale e favorendo i commenti di altri partecipanti. I blog
possono essere gestiti anche da più proprietari.

Social Media: Sistemi applicativi del Web specializzati soprattutto nell’archiviazione e nella condivisione
online di immagini, video e audio. I social media si focalizzano principalmente sulla gestione dei contenuti
digitali non testuali.

Social Network: Ambienti avanzati di comunicazione, che includono le caratteristiche di blog, chat e social
media, amplificandone però le potenzialità mediante una serie di funzioni accessorie volte alla condivisione di
informazioni, immagini, storie, link, commenti, articoli quotidiani, news. I Social Network costituiscono la
nuova frontiera dell’interazione sociale online. Essi sono inoltre caratterizzati da un’accentuata propensione
per la socializzazione di giudizi di valore (il classico “Mi piace” su Facebook)

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GOOGLE MAPS
Google Maps e Google Earth hanno modificato la nostra percezione dello spazio e della geografia.
Grazie a questi strumenti è infatti possibile esplorare qualsiasi parte del globo terreste, in maniera
assolutamente intuitiva e con un livello di dettaglio impressionante. (street view)
Per non parlare della moltitudine di servizi aggiuntivi per la pianificazione dei viaggi mediante mezzi pubblici o
privati.

E-COMMERCE
La diffusione dei siti web di e-commerce, dei servizi di Home Banking e dei sistemi di pagamento elettronico
in rete, costituisce uno dei tratti distintivi del nuovo panorama socio-tecnologico del terzo millennio.
Nel 2009 l’istituzione della European Electronic Crime Task Force (EECTF), un ente intergovernativo
preposto alla prevenzione e alla repressione del cosiddetto e-crime.
Con e-crime si intende qualsiasi illecito civile o penale basato sulla violazione di un sistema informatico, sulla
riproduzione non autorizzata di software e sull’uso di internet e del Web per commettere reati contro la
persona e contro il patrimonio altrui. (pirateria, copyright..)

ICLOUD
computing = attività attraverso cui un calcolatore elabora delle informazioni per raggiungere un obiettivo,
svolgere un compito o risolvere un problema.
Unendo il concetto di computing a quello di cloud otteniamo uno dei servizi caratteristici del Web 2.1/2 quello
cioè della distribuzione in rete e della visualizzazione delle canoniche peculiarità hardware e software di una
singola macchina.
Il cloud computing è quindi il trasferimento online di alcune funzioni vitali del comuter (memoria di massa e
alcune applic. Software) x moltiplicarne la capacità di espansione. Archivio senza bisogno di supporti
hardware aggiuntivi (usb, hard disck).

CAPITOLO 7

In futuro ci saranno robot che saranno in grado di pensare, decidere, difendersi e minacciare la nostra
sopravvivenza. Si tratta di pura fantascienza?

Grazie ai sistemi informatici oggi è possibile alimentare costantemente il fiume di dati che rende possibile la
miriade di attività che si svolgono negli uffici di tutto il mondo. Calcolatori che consentono l’archiviazione
centralizzata delle informazioni in uno o più database aziendali, la gestione dei flussi di comunicazione tra
la direzione generale e le filiali territoriali, la pianificazione delle riunioni.

I GESTIONALI
Esistono programmi focalizzati sull’organizzazione dei processi di business e delle risorse umane delle
aziende, i cosiddetti “software gestionali”.
Questi strumenti sono dotati di un ampio ventaglio di funzioni volte a regolamentare le varie fasi in cui si
articola un progetto di produzione o di fornitura servizi, attraverso la creazione del calendario delle attività e
delle scadenze, la registrazione dello stato di avanzamento dei lavori, l’archiviazione dei risultati, l’invio di
avvisi e messaggi di alert in caso di criticità o di interruzione del servizio.
Inoltre alcune software gestionali consentono sia di descrivere i profili professionali degli impiegati, i loro
percorsi di formazione, le competenze necessarie allo svolgimento di una data mansione, sia di
determinare gli scatti di anzianità, i livelli retributivi e le modalità di pagamento degli stipendi.
Vi sono anche applicativi specializzati nel supporto dei processi decisionali, nella contabilità, nel Risk
Management (gestione del rischio), nell’analisi finanziaria e nella valutazione del rischio di non conformitò
alla legge (compilance).

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INFORMATICA DI STATO
Da qualche anno è in atto una reale trasformazione della Pubblica Amministrazione.
Tutti i contribuenti stanno finanziando una lungimirante migrazione del pantano di incartamenti, marche da
bollo e pile di documenti impolverati verso la dimensione dell’Amministrazione digitale, il cosiddetto e-
Government.
Una modalità innovativa di archiviazione delle informazioni, di gestione delle procedure amministrative e
giudiziarie, di comunicazione dei documenti ufficiali e di erogazione di alcuni servizi di pubblica utilità
attraverso un uso massiccio dell’informatica.
Una modalità di organizzazione della vita amministrativa include anche l’adozione di un sistema diffuso di
Posta Elettronica Certificata (PEC).
Una vera e propria rivoluzione del servizio pubblico, di cui si comincia a percepire il beneficio soprattutto in
termini di efficacia e efficienza.

ROBOT, TELEROBOT E DRONI


Da alcuni decenni le macchine informatiche affiancano tecnici e operai nei vari processi di “automazione
industriale” per la produzione di ≠ cose.
Si tratta di strumenti software-hardware dotati di componenti elettro-meccanici per lo svolgimento di
compiti faticosi, molto pericolosi e ripetitivi. Con la duplice finalità di evitare all’essere umano mansioni
onerose, servili e di mitigare i rischi derivanti da possibili errori o distrazioni.
vi sono anche operai artificiali “robot” o “telerobot” a seconda di come vengono comandati che
costituiscono una nuove generazione di macchine in grado di svolgere autonomamente intere sequenze di
operazioni senza richiedere la presenza diretta di un essere umano (si limita a controllarli).

PENSIERO MECCANICO
Oggi esistono sistemi hardware-software che “pensano” e che godono di un discreto grado di libertà
decisionale. Essi sono abilitati all’esecuzione di compiti piuttosto complessi che richiedono la capacità di
fare inferenze logiche, apprendere dall’ambiente, reagire agli stimoli esterni in termini adattivi e orientare in
modo efficace i propri comportamenti.
Si tratta di vere e proprie macchine dotate di Intelligenza Artificiale (IA).

SISTEMI AUTOMATICI INTELLIGENTI.


L’intelligenza artificiale è una disciplina scientifica che studia le modalità di applicazione dei metodi di
calcolo mutuati dal nostro sistema nervoso centrale per la progettazione e lo sviluppo di sistemi
informatici finalizzati a elaborare le informazioni, risolvere i problemi più o meno complessi e svolgere
compiti di vario genere.

Gli obbiettivi fondamentali dell’Intelligenza Artificiale sono sostanzialmente sei:

1) Definire modelli computazionali per l’interpretazione del linguaggio naturale degli esseri umani.
2) Creare metodi per archiviare
3) Costruire automi hardware o software in grado di applicare le regole fondamentali della logica e
sviluppare veri e propri ragionamenti
4) Simulare i meccanismi di apprendimento del nostro cervello mediante strumenti di calcolo
capaci di “imparare” dall’ambiente e dall’esperienza e trasformare le proprie funzioni interne.
5) Implementare moduli per la “visione artificiale” e il riconoscimento di immagini non archiviate in
precedenza
6) Sviluppare componenti e sottoinsiemi per la progettazione di robot antropomorfi e telerobot
“intelligenti”.
RETI NEURALI ARTIFICIALI (RNA)
Sono sistemi hardware e/o software per l’elaborazione delle informazioni che simulano il funzionamento dei

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sistemi nervosi biologici. Esse si basano su unità di calcolo (nodi o “neuroni artificali”) interconnesse
mediante archi pesati, la cui proprietà fondamentale consiste nella capacità di ottimizzare le caratteristiche
interne al fine di produrre catalogazioni o previsioni in relazione ai dati di input.
L’esempio più semplice di RNA è rappresentato dal percettore di Rosenblatt, una rete elementare composta
da un set di neuroni di input che elaborano le informazioni esterne e le trasmettono ai neuroni di output per
mezzo di connessioni regolate da “pesi sinaptici”.
I pesi sinaptici simulano il comportamento delle sinapsi biologiche, in quanto sono in grado di inibire o
amplificare il segnare e modificare lo stato degli altri neuroni, proprio come avviene nel cervello.
Le Reti Neurali Artificiali sono anche in grado di “apprendere”, di imparare dall’esperienza.
L’obbiettivo dell’addestramento consiste infatti nell’insegnare alla rete neurale come generare l’output
ottimale o più adeguato, anche a partire da set di input non precedentemente analizzati.

CAPITOLO 8 (New york, new york)

Un messaggio multimediale può essere analizzato sulla base di tre fattori:

1) Lo strumento impiegato per l’invio e la ricezione di un messaggio;

2) I canali sensoriali (+ udito e vista);

3) Il tipo di rappresentazione; (monomediale o multimediale = mix di rappr. Testi. Immagini, suoni,


animazioni ecc (il manuale di info è multimediale)).

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Concentriamoci sul tipo di rappresentazione;


Il testo è senza alcun dubbio lo strumento più importante e immediato al quale affidare la comunicazione. Un
buon principio da seguire è sicuramente quello dell’essenzialità: è sempre meglio prediligere la semplicità
eliminando ciò che è superfluo.

Esistono molti programmi che offrono un supporto completo per valorizzare il testo attraverso vari strumenti
di formattazione. La formattazione include infatti l’insieme degli strumenti che servono a modificare e
migliorare l’aspetto del testo in funzione di un obbiettivo da raggiungere.

Il primo elemento è il font, ovvero il tipo di carattere. Il font indica l’insieme di caratteri tipografici
contraddistinti da un determinato stile grafico. Il font impatta fortemente sullo stile grafico del messaggio e
quindi sul “tono” che vogliamo dare alla nostra comunicazione, è bene quindi riflettere sul carattere da
utilizzare.
Un criterio da considerare è la leggibilità EVITARE di scegliere font che potrebbero in qualche modo
richiedere uno sforzo interpretativo da parte del nostro destinatario. (senza grazie, serif = + leggibili di
quelli “con grazie”).
altri criteri sono il contesto; font più eleganti, più formali, più moderno, più classici.

GRASSETTO, SOTTOLINEATO, CORSIVO.


Un altro aspetto importante è la grandezza del testo, deve essere adeguata alla sua funzione, al suo scopo
e alle esigenze fisiche del destinatario.
Una parola in grassetto è sicuramente una parola più importante delle altre. Utilizzando troppo
grassetto, si rischia che lo sguardo si abitui a questo tipo di evidenziazione e che l’effetto di
enfatizzazione si perda.
Il sottolineato in realtà non andrebbe mai utilizzato, soprattutto nei messaggi multimediali. Il testo
sottolineato è sempre più associato al link, al collegamento ipertestuale.
Il corsivo si utilizza per le parole scritte in lingua straniera, ad esempio se scrivo software.
Il corsivo in sostanza crea una sorta di distacco, di interruzione tra una parola e il resto del testo.
Un altro aspetto importante è infine il colore del testo. Tendenzialmente una buona abitudine è
utilizzare colori molti scuri per testi posizionati su uno sfondo bianco. (in funzione di 2 aspetti:
contesto – leggibilità)

IMMAGINI
Le immagini sono ovunque. L’elemento fondamentale dal quale partire è senza alcun dubbio la
distinzione tra immagini bitmap e immagini vettoriali.
Potremmo definire le immagini bitmap come la descrizione digitale di immagini fotografiche e le
immagini vettoriali come illustrazioni o disegni normalmente creati con il computer attraverso l’utilizzo
di un apposito software.
Non è escluso che un’illustrazione realizzata con il pc non possa presentarsi come un’immagine
bitmap o che, viceversa, una foto non possa essere vettorializzata.

Immagini bitmap.
Sono le immagini bidimensionali, composte da un fitto intreccio di punti colorati.
il pc memorizza un’immagine di qst tipo in una griglia costituita da tante piccole tessere; ogni tessere
corrisponde ad un unità di colore e l’insieme dei tasselli compone l’immagine.
Maggiore è il numero di tessere/punti (chiamati pixel) che compongono l’immagine, maggiore sarà la
risoluzione e maggiore sarà la quantità di informazioni che il computer dovrà registrare in termini di
“peso”.
L’unità di misura utilizzata per determinare la risoluzione di un’immagine è il “pollice” (pari a 2,54cm). Il
numero di punti inseriti in un pollice (dpi – dots per inch) determina il valore della risoluzione.

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Più pixel saranno presenti in un pollice, minore sarà la loro dimensione e maggiore sarà la nitidezza e il
peso dell’immagine.

Ma il peso di un’immagine non dipende soltanto dalla sua risoluzione.

-Un fattore importante è dato dalla grandezza espressa normalmente in centimetri.

-Un altro elemento che ha impatto sul peso del file è rappresentato dal colore.
La memoria dedicata a ogni pixel dipende anche dal numero di bit necessari a descriverne il colore, questa
grandezza i chiama profondità di colore.
La “profondità del colore” si misura in bpp (Bit Per Pixel). Quindi maggiore è il numero di bit, maggiore è il
numero di colori che è possibile descrivere.

A seconda di come si combinano questi elementi un file può diventare più o meno pesante.

Per facilitare la gestione di file di grandi dimensioni si ricorre alla “compressione”. La compressione è un
procedimento che consiste nell’accorpamento e accomunamento dei vari pixel in base a particolari algoritmi
matematici. Esistono formati di compressione differenti, ognuno con caratteristiche particolari.
I formati più comuni si dividono in:

1) Formati non compressi; si caratterizzano per temi di elaborazione molto bassi, ma possono
risultare particolarmente pesanti rispetto agli altri. Rientrano in questa categoria i formati .raw e
.bmp

2) Formati con compressione lossless; occupano meno spazio rispetto ai formati non compressi
e, allo stesso tempo, mantengono inalterate tutte le informazioni originali. (.png, .tga, .tiff)

3) Formati con compressione lossy; implicano una perdita di informazioni. Risultano molto utili
per ridurre le dimensioni di un’applicazione o di un prodotto. (.jpeg, .gif)

Immagini vettoriali.
Le immagini vettoriali sono immagini generate dal computer a partire da forme geometriche e ad ognuno
delle quali possono essere attribuiti colori e sfumature, la composizione di queste forme genera l’immagine.
Nel caso dell’immagine bitmap avremo un’immagine composta da tanti pixel più o meno grandi. Nel caso
dell’immagine vettoriali invece, avremo soltanto le coordinate dei vertici del quadrato e i valori cromatici dei
due estremi attraverso i quali realizzare la sfumatura.
Vantaggi delle immagini vettoriali:
-lavorare con file molto più leggeri
-può essere ingrandita e stampata a piacere, senza perdita di qualità
-la forma e l’aspetto possono essere trasformati cambiando la posizione dei vertici e modificando colori e
trasparenze
Le curve di Beziér rappresentano lo strumento fondamentale per modificare la forma di un immagine
vettoriale.
Tra i formati più importanti di immagini vettoriali ricordiamo: il formato .ai e .svg. e dwg.

I SOFTWARE per l’elaborazione delle immagini


programmi più conosciuti per la grafica bitmap (raster) sono programmi di fotoritocco:
-Photoshop (adobe)
-PaintShop Pro X 4
-Painter 12 (Corel)
-Gimp

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-InfranView
-PhotoFiltre
-Photoscape
programmi di grafica vettoriale
-Illustrator
-Corel Draw
-inkskape
-Xara LX
-Skencil

I colori digitali.
Un modo per descrivere i colori prodotti su un monitor è rappresentato dallo standard RGB.
Grazie a questo sistema, è possibile individuare un colore attraverso la sintesi additiva di questi colori ai quali
viene assegnato un valore numerico che va da 0 a 255. Il nero corrisponde a 0,0,0, mentre il bianco a
255,255,255.
Ogni monitor calibra correttamente, grazie a questo sistema, e mostrerà l’immagine con lo stesso
bilanciamento cromatico del file originale.

Note digitali.
Dal punto di vista fisico, un suono è una perturbazione meccanica di piccola ampiezza. Qualsiasi
corpo che sia in grado di entrare in vibrazione può generare un suono che si propaga attraverso un
mezzo elastico, come l’aria, i liquidi e i solidi tramite un’onda.

Graficamente un suono può essere quindi rappresentato da una sinusoide: una curva a forma di onda
composta da un numero infinito di punti.
I componenti del suono sono:

- Timbro
- Altezza del suono
- Intensità

Il processo di digitalizzazione del suono consiste nella trasformazione di quel numero infinito di punti
presenti nella sinusoide in un insieme finito di elementi. Questo processo di articola principalmente in due
fasi:

1) Il campionamento: consiste nella selezione di un campione rappresentativo di punti della


sinusoide. Questo campione deve essere abbastanza numeroso da permetterci di ricostruire una
copia fedele dell’onda originale e deve contenere una quantità di informazioni ragionevolmente
piccola in modo che sia possibile registrarla su un supporto dalla capienza limitata come ad
esempio un CD.
La “frequenza” del campionamento, indica il n. di punti scelti e si misura in Hertz (Hz) (CD 44.100
Hz)

2) La quantizzazione: serve ad assegnare a ciascun punto un valore numerico. L’unità di misura della
quantizzazione è il bit. (CD 16 bit)
Un’altra unità di misura è il bit rate che indica la quantità di informazioni (espressa in bit) presenti in
ogni secondo di musica ascoltata.

Il processo di digitalizzazione appena descritto viene materialmente eseguito da un convertitore “A/D”


(analogico-digitale) che trasforma il suono analogico in formato digitale.

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Nel momento dell’ascolto poi, un altro convertitore, D/A ricrea i punti delle curve originarie trasformandole
nuovamente in suoni.
Il file digitale che si ottiene è caratterizzato da due elementi fondamentali: il codec e il formato.

Il codec (COmpressor/DECompressor) è un particolare software che contiene l’algoritmo di codifica dei


dati e consente di comprimere e decomprimere file di grandi dimensioni.
Il formato invece è il “contenitore” del codec e rappresenta pertanto un’entità più generale che si riferisce
al modo con cui i dati sono organizzati e disposti all’interno del file e non al modo in cui sono stai codificati.
questo implica che per utilizzare un formato occorre installare il codec adeguato.

La qualità del suono dipende unicamente dal sistema di conversione


Tra i formati non compressi ricordiamo:
-.au -.snd -.aif -.aiff -.wav -.voc -.iff -.pcm
formati compressi:
- Formati lossless (“senza perdita”)  .ape - .flac - .la
- Formati Lossy (“con perdita”)  .aifc - .mpeg - .mpg -.mp1 - .mp2 - .mp3 - .mp3pro - .mpc - .ogg - .vorbis
- .wma - .wma e .aac
Esempi di Codec:
-mp3lame, Lavc, Facc, toolame, pcm, copy.
Oltre a questi formati ne esiste una tipologia che non contiene l’audio così come lo abbiamo descritto ma
contiene solo i dati di controllo necessari alla sua riproduzione.
Per questi formati il suono viene creato da un sintetizzatore e la sua qualità dipende dalle caratteristiche
del sintetizzatore stesso. (Ora solo i Midi file permettono di rappresentare delle vere e proprie partiture
musicali e possono essere gestite mediante particolari software sequencer)
Infine, esistono anche formati che incorporano sia i campioni sonori, sia i dati di controllo per utilizzarli. I
file mod sono un esempio tipico di questo formato.
Tra i software più diffusi e conosciuti per la gestione dell’editing di file audio conosciamo:
-Audition CS6 (adobe) – Pro tools 10 (avid) – Logi Pro (Apple) – music editor free – waveSurfer.

VIDEO
Il termine video indica un flusso di informazioni elettroniche rappresentate attraverso una serie di “immagini in
movimento”.
I video possono essere digitali (segnale può assumere due valori 0 1) e analogici (il segnale è continuo e
contiene il maggior numero possibile di valori).
La qualità del video dipende fondamentalmente dal metodo di registrazione e archiviazione utilizzato per la
“ripresa” delle immagini in movimento.

Vantaggi:

- La possibilità di generare facilmente una copia identica all’originale

- La trasmissione e la condivisione senza errori di un file video attraverso un sistema di


telecomunicazione

- La possibilità di agire un numero illimitato di volte sul video

I programmi più utilizzati:


 Premere e After Effect (adobe), Avid Media Composer (Avid), Final Cut Pro (Apple) Windows Live Movie
Maker (Microsoft), Cinerella, Kendelive, Openshot

Ma com’è fatto un video? Come fa un video a riprodurre il movimento dell’immagine?

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Tutti i video sono composti da tante immagini fisse visualizzate in rapida sequenza. La frequenza deve essere
sufficientemente alta da permettere all’occhio di percepire il flusso come fosse continuo.
Attraverso il fenomeno della persistenza visiva, il cervello assembla le immagini fisse in un unico flusso
creando l’effetto movimento.

Ma cos’è esattamente la frequenza?


La frequenza delle immagini (frame rate) corrisponde al n. di immagini visualizzate in 1 secondo.
minimo 6 vecchie macchina fino a 120 fps (frame per second) se è utilizzata una videocamera professionale
nuova.
Affinché l’occhio umano percepisca il movimento la frequenza deve essere almeno 10 fps. (la media è intorno
ai 28 fpd - per la registrazione su pellicola la media è 24 fps)
Un altro elemento che caratterizza il video digitale è la sua risoluzione.
Anche per i filmanti possiamo scomporre l’immagine video in una griglia (raster) all’interno della quale si
individuano il n. di pixel.

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CAPITOLO 9
Le presentazioni realizzate con applicativi come Power Point, kenyote, Impress sono sempre più utilizzate.
Le ragioni del crescente successo delle presentazioni digitali sono essenzialmente due.
La prima è la facilità di utilizzo degli applicativi impiegati per la loro creazione. I programmi più conosciuti sono
dotati di un’interfaccia molto intuitiva.
La seconda ragione è più legata all’attività di erogazione della presentazione. Grazie a un proiettore collegato
a un computer il presentatore ha finalmente la possibilità di accompagnare ed enfatizzare il proprio intervento
con rappresentazioni visuali di forte impatto.
Le slide possono essere riutilizzate più volte e in modi diversi.

La mancanza di un metodo o di un modello per gestire il processo di realizzazione delle presentazioni può
generare degli effetti negativi sul livello di attenzione dei partecipanti, quando ciò avviene possono
verificarsi due scenari:
1. L’utilizzo della presentazione non comporta alcun valore aggiunto: i destinatari non acquisiscono
info aggiuntive, capita se la presentazione riproduce in maniera speculare ciò che viene trasmesso
oralmente o se l’accesso alle info aggiuntive è inibito da problemi tecnici o errori di comunicazione.
2. L’utilizzo della presentazione costituisce un elemento negativo e di disturbo; i partecipanti
acquisiscono una quantità di info minore a quella che avrebbero acquisito senza presentazione
perché in essa vi sono slide con immagini o contenuti multimediali non pertinenti, incoerenti o che
inducono alla distrazione dei partecipanti.

La realizzazione di una presentazione non è un insieme di attività compulsive ma per essere efficace deve
rappresentare il risultato finale di un processo composto da almeno due fasi: Progettazione e Sviluppo.
Progettazione:  1) individuazione obiettivo 2) individuazione della struttura (scaletta)
1) Individuare l’obbiettivo della presentazione è indispensabile per individuare lo stile di comunicazione, le
idee chiave su cui costruire e strutturare la scaletta, scoprire se davvero è necessaria una presentazione.
2) una volta individuato il punto uno è possibile passare alla stesura della scaletta, ovvero la macro-struttura
della presentazione che implica l’individuazione degli argomenti chiave e del n. di slide necessarie.
Sviluppo:
Nella fase dello sviluppo di creano concretamente i pezzi della presentazione;
1. Scegliere lo strumento con cui realizzare la presentazione (più utilizzato PowerPoint)
2. Creare le varie slide, importante saper combinare, dosare e miscelare le varie possibilità offerte dallo
strumento informatico in funzione degli obiettivi che vogliamo raggiungere.
2.a) Formattazione e trattemento ≠ elementi: Testo - Dati – Immagini - Colori
2.b) Disposizione delle Slide

2a) GESTIONE DEGLI ELEMENTI VISIVI


TESTO
-Scelta del font: leggibilità  + senza “grazie”
-Dimensione del font: fondamentale  chiaro e immediato (28/30 pt)
-Quantità del testo: ridurre + possibile, solo cose fondamentali  parole-chiave
DATI
L’inserimento dei dati nelle slide attraverso grafici, tabelle, schemi etc.. deve tener conto di tre regole
fondamentali:
-Scelta del grafico da utilizzare: semplifica dati, facilità comprensione e evidenzia il loro significato
-Selezione dei dati: inserire troppi dati genera confusione; inserire solo ciò che è realmente significativo
-L’importanza dei dati: enfatizzare l’importanza dei dati utilizzando i colori per evidenziarli.
IMMAGINI
l’inserimento delle immagini deve tener conto di due regole:

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-La scelta dell’immagine: deve essere scelta quella giusta, quella che completa un concetto e aggiunge info
significative al nostro msg
-La qualità dell’immagine: evitare l’uso di immagini a bassa risoluzione
COLORI
Due regole:
-Il significato dei colori:
-Il contrasto: evitare la scarsa leggibilità per la scelta sbagliata di colori.

2b) LA DISPOSIZIONE DEGLI ELEMENTI NELLE SLIDE


la disposizione degli elementi all’interno di una slide deve tener conto di almeno 4 regole fondamentali:
-Il Contrasto: no casuale o “piatta” deve emergere un punto focale da mettere in evidenza, quindi è
necessario creare un punto di attenzione  contrasto di dimensione, forma, colore, posizione elemento…
-La Gerarchia: disposti in modo da rendere esplicite le interazioni gerarchiche tra essi.  font, grandezza,
colori…
-L’unità: gli elementi devono essere ordinati e armonici, la posizione di ognuno deve essere attentamente
pensata per ridurre l’”effetto caos”.
-La prossimità: la vicinanza di un elemento ad un altro rappresenta un elemento molto impo, puà essere
usata anche per enfatizzare il contrasto tra due elementi contrapposti.

CAPITOLO 10
Le tecnologie, in particolare internet, offrono innumerevoli possibilità di “svago”.
pc, tablet, smartphone da noiosi strumenti di lavoro si trasformano in compagni di gioco.

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VITA SOCIALE INTENSA


Molti di noi dedicano parte del proprio tempo alla propria vita sociale.
dispositivi sempre più portatili e “connessi”, sistemi informatici sofisticati hanno moltiplicato le occasioni di
comunicazione con gli altri.
sviluppo di hardware  computer, tablet, smartphone, e-book reader ecc..
sviluppo di software  blog, forum, chat, social netword
ha portato ad una vera e propria rivoluzione in questo campo.
possibilità di comunicare velocemente, facilmente in modi ≠  whatsapp, facebook, videochiamate etc..

ancora in atto il dibattito dei pericoli legati alla comunicazione mediata dalle tecnologie (isolamento,
alienazione, distacco dalla realtà) i fatti però sembrano contrastare queste visioni apocalittiche.
rimangono però rischi:  problemi legati alla privacy, false identità e cyberstalking.

∆ modo di accedere alle INFORMAZIONI, passaggio da analogico a digitale (rischi: attendibilità notizie)
quando parliamo di “informazione digitale” a cosa ci riferiamo?

1) NOTIZIE “fatti che accadono nel mondo”


notizie gestite dal web e da applicazioni multimediali secondo almeno 2 modalità
- attraverso strumenti nati per fare informazione con le caratteristiche dei media tradizionali  quotidiani
online, WebTV (interazione degli spettatori in tempo reale attraverso i social network – possibilità di
rivedere quando si vuole le notizie)
-attraverso applicazioni multimediali nate e cresciute in internet.
strumenti per la comunicazioni delle esperienze personali, e per la diffusione di notizie  blog, social
network (twitter)  molto utilizzati per questioni politiche (grillo, iran..)

2) CONOSCENZE
Molteplici possibilità di conoscenza, dalle fonti tradotte in versione digitale (enciclopedie) a quelle più
tipiche del web (social media)
es. enciclopedia: Treccani, Wikipedia
es. social media: Youtube (video musicali, ma anche formativi), tutorial che danno contributi illustrando
tecniche e procedure legate al funzionamento di software info per esempio.

I VIDEOGIOCHI
I videogiochi sono sistemi informatici dotati di componenti multimediali.
Qualsiasi videogioco esistente potrebbe essere categorizzato in base al almeno 4 fattori:
1) Il software che lo fa funzionare
2) I dispositivi hardware necessari per il suo utilizzo
3) I componenti multimediali che li include
4) La “storia” sulla quale si basa.

Il software
In generale la struttura del software di un videogioco dovrà includere:
- Un database contenente le informazioni rilevanti ai fini del funzionamento del gioco stesso

- Un motore di calcolo che includa gli algoritmi matematici necessari per far evolvere la storia del gioco,
le diverse situazioni e permettere di elaborare le interazioni con l’utente

- Un’interfaccia che consenta al giocatore di interagire con il programma facilmente e possibilmente in


modo divertente.

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L’hardware
Con il tempo si sono differenziati e moltiplicati i vari componenti hardware
Le famose console rappresentano l’esempio più importante e significativo di dispositivi elettronici per i
videogiochi.

Solitamente questi dispostivi sono composti da:

- Una base centrale che contiene la componente elettronica della console

- I connettori per il collegamento alla rete elettrica, ai dispositivi di comando remoti, al monitor e/o
televisore.

- La slot per l’inserimento die giochi o il lettore ottico

- La scheda di rete che permette l’accesso a servizi online, internet e videogiochi multiplayer.

Dai primi e pesanti joystick si è passati così a controller sempre più ergonomici e leggeri, come il joypad e
gamepad, il motion controller (clamoroso passo in avanti poiché per la prima volta l’input è dato dalla
rilevazione e registrazione del movimento analogico).
La tendenza è quella di sviluppare dispositivi hardware capaci di rendere il videogioco un’esperienza
sempre più autentica.

Multimedialità
La multimedialità ha un impatto diretto sul grado di coinvolgimento dell’utente.
L’obbiettivo è fondamentalmente quello di interessare tutti i canali sensoriali del giocatore (vista, udito,
tatto) per simulare i contesti e le situazioni del gioco in modo credibile e creare così l’illusione
dell’esperienza reale.
Effetti sonori e musiche ripetitive e quasi “incitanti” forniscono il sottofondo acustico che arriva alle
orecchie del giocatore e completa l’illusione.

Generi
Ci sono vari generi di videogiochi, un primo livello di distinzione è la suddivisione tra giochi simulativi e
giochi arcade.
I primi come dice la parola stessa, si basano sulla simulazione del mondo reale e delle sue regole.
I giochi arcade invece sono ambientati in contesti di fantasia nei quali non è detto che le regole della
fisica siano valide. (impegno minore  tetris, pac man..)

Categorie principali:
- Avventura
- Azione
- Sportivo
- Musicale
- Quiz
- Rompicapo
- Giochi di ruolo
- Strategia

MUSICA
anni 90 nascità di software per condividere la musica, file mp3, file sharing poi programmi e app
es. itunes – windows media player – Deezer
streming  web radio

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CAPITOLO 11

Una pagina di un libro che riporta le info in un unico formato es. con sole parole si definisce
“monomediale” questo formato se consultato per apprendere qualcosa richiede un notevole sforzo di
concentrazione.
Un’alternativa a una presentazione puramente verbale di idee e concetti consiste nell’integrare nel
testo anche materiale illustrativo, creando quella che viene definita una presentazione “multimediale”.
Quando le rappresentazioni verbali e visive si integrano nella nostra mente e instaurano nuovi
collegamenti con le info contenute nel nostro bagaglio di conoscenza pregresse, si verifica un
“apprendimento profondo”.

APPRENDIMENTO CON LA MULTIMEDIALITA’


Le immagini e i testi che vediamo insieme alle parole che ascoltiamo passano rispettivamente mediante
occhi e orecchie nella nostra memoria sensoriale, che li trattiene per un tempo brevissimo, generalmente
inferiore al secondo.
In questa prima fase, quindi, la decodifica delle informazioni avviene tramite due canali sensoriali, uno
dedicato al materiale visivo e uno al materiale uditivo. Entrambi i canali, però hanno una capacità di
elaborazione limitata: la quantità di informazioni che possono trattenere si attesta in media sui 5-7 blocchi di
contenuto per volta, variando ulteriormente a seconda delle caratteristiche individuali.

Superata questa prima “selezione naturale”, le particelle di informazioni arrivano alla memoria di lavoro e
diventano oggetto di un’ulteriore selezione e di una successiva riorganizzazione in strutture mentali coerenti.

Il ciclo si chiude quando il sistema di conoscenze appena creato di integra anche con il sistema di
conoscenze pregresso, recuperato dalla memoria a lungo termine.

Questo processo di apprendimento è definito MULTIMEDIA LEARNING (messaggio multimediale che integra
parole e immagini), secondo la teoria cognitiva di Richard E. Mayer.
Una piccola limitazione sta nella memoria di lavoro (protagonista del processo cognitivo che genera
l’apprendimento) èdotata di una capacità limitata, riesce a trattenere e manipolare in modo efficace solo una
quantità circoscritta di immagini nel canale visivo e di suoni nel canale uditivo.
pertanto non resta che progettare e realizzare contenuti multimediali che aiutino la memoria di lavoro a
svolgere al meglio il suo lavoro di selezione e riorganizzazione delle informazioni.

Il NEMICO NUMERO UNO

Di fronte a un contenuto didattico, il nostro cervello sceglie le informazioni sulle quali concentrarsi e poi
stabilisce come queste informazioni ritenute rilevano sono correlate tra di loro e con le informazioni
immagazzinate nel bagaglio di conoscenze pregresse.
Inevitabilmente questo processo sottopone la memora a breve termine a diverse tipologia di “carico
cognitivo”, secondo quanto suggerito dall’omonima teoria sviluppata da John Sweller:

- Il carico cognitivo “intrinseco” dipende dalla difficoltà insita nell’informazione, cioè dal numero di concetti
che veicola e dalla complessità delle reazioni con cui tali concetti sono organizzati e collegati fra di loro;
(ridurlo  scomposizione contenuti . chunking)

- Il carico cognitivo “estraneo” è generato dal modo in cui sono progettati i contenuti didattici;
(eliminarlo rischia di compromettere il processo di apprendimento)

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- Il carico cognitivo “permanente” è dovuto all’impegno adoperato per apprendere in maniera


significativa e quindi creare dei modelli mentali coerenti. (mantenerlo alto)

È ovvio che in un intervento didattico è indispensabile mantenere alto il carico cognitivo permanente e ridurre
quelle intrinseco, ma soprattutto tendere a eliminare quello estraneo.

L’APPRENDIMENTO SIGNIFICATIVO.

Una presentazione multimediale per la didattica deve favorire l’apprendimento significativo ed essere
progettata in maniera tale da avere una struttura coerente con la natura del contenuto che veicola, per
guidare nell’attività cognitiva di creazione del modello mentale corrispondente.

Per fare ciò deve essere in grado di coinvolgere lo studente nei processi cognitivi di elaborazione attiva, cioè
quelli di:

1) Selezione materiale verbale e ionico


2) Organizzazione del materiale selezionato in modelli mentali coerenti
3) Integrazione di queste rappresentazioni verbali e visive con il sistema di conoscenze già acquisito.

COME SI FA?
Lo psicologo statunitense Richard E. Mayer ha formulato alcuni principi fondamentali per progettare una
presentazione multimediale in maniera efficace. Questi principi riguardano la multimedialità, la contiguità
spaziale e temporale, la coerenza, la modalità, la ridondanza, la personalizzazione. La segmentazione e
formazione pre-corso e le differenze individuali.

1) Multimedialità:
Si apprende meglio combinando parole e grafica.
è importante considerare parole e immagini elementi complementari, da gestire insieme per creare
significato e selezionarle in base alla loro qualità specifiche;
alcune utili per mostrare le relazioni qualitative, altre quantitative tra 2 o più variabili, altre per mostrare
cambiamenti nello spazio e nel tempo altre per aiutare a rendere visibili e concreti fenomeni altrimenti
intangibili.
La tipologia di grafica quindi va scelta a seconda delle diverse finalità.

2) Contiguità spaziale:
Le parole e le immagini correlate vanno posizionate vicine le une alle altre. Questo per evitare l’effetto
dell’”attenzione divisa” o split attention in cui il discente cerca di integrare risorse disparate di info, vagando
con lo sguardo sulla pagine sprecando energie cogniitive.
Utile per strutturare al meglio le pagine di interazione.

3) Contiguità temporale:
Le animazioni video e la corrispondente descrizione in audio vanno presentate nello stesso momento.
Se c’è perfetta corrispondenza il discente riesce a trattenere meglio in memoria entrambe le
rappresentazioni e essere agevolato nella costrizione di connessioni mentali tra la rappr. visiva e verbale,
la simultaneità riduce il pericolo dell’effetto di split attention.

4) Coerenza:
Nella presentazione devono essere veicolati contenuti coerenti, con l’obiettivo in questione.
Ogni elemento estraneo (seductive detail) rischia di interferire nel progesso di costruzione della

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conoscenza (immagini di abbellimento, sottofondo musicale, imm. più dettagliata che offre più info del
dovuto.. devono essere eliminate)

5) Modalità:
Le info vanno distribuite in maniera equilibrata tra canel visivo e uditivo privilegiando la narrazione audio
per evitare il sovraccarico disomogeneo di canali e agevolare l’equilibrata elaborazione delle info da parte
della memeoria di lavoro.
eccezioni: non è possibile usare il canale uditivo, è inevitabile usare quello visivo anche per trasferire i
contenuti verbali.

6) ridondanza:
Non presentare le stesse informazioni in formati diversi.
Eccezioni: presentazioni in seconda lingua utile avere supporto visivo di parole ascoltate con canale
uditivo.

7) Personalizzazione:
Usare uno stile di conversazione informale e degli agenti virtuali agevola l’apprendimento, perché
contribusice a innescare l’idea di una conversazione, che seppur mediata, è simile a quella interpersonale.
Lo stile informale attiva una sorta di “senso sociale” e porta lo studente ad sentire quasi di conversare con
l’autore del contenuto multimediale e quindi ad essere più motivato a investire nel processo di
apprendimento (meglio voce spacker che sintentizzata)

8) Segmentazione e formazione pre-corso:


La complessità di un argomento va affrontata suddividendolo in tante porzioni di contenuto, più facilmente
maneggevoli; questa suddivisione agevola il processo di elaborazione di nuove info senza sovraccaricare il
sistema cognitivo del discendente.

9) Differenze individuali:
Gli effetti positivi di un presentazione multimediale sono maggiori per coloro che hanno poche conoscenze
in materia, rispetto a quelli con molte conoscenze; difronte a una presentazione mediocre coloro che
hanno poche conoscenze pregresse rischiano di non apprendere in maniera efficace.

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CAPITOLO 12

SISTEMI DI CONOSCENZE E MODELLI MENTALI


Il concetto conoscenza: il psicologo inglese P. Johnson Laird ha elaborato la teoria dei modelli mentali
(TMM) afferma che la nostra mente tende a creare dei modelli interni delle varie porzioni delle realtà, un
sistema di conoscenze è una rappresentazione simbolica di un evento, di un fenomeno, di un concetto, di
uno stato di cose in un particolare momento della nostra vita.
Per creare un modello mentale ad esempio di una bottiglietta occorre:
- Individuare gli elementi peculiari che la caratterizzano (forma, materiale, funzioni);
- Definire la tipologia di relazioni che collega tali elementi;
- Stabilire l’intervallo temporale in cui il modello è elaborato.

l risultato è il SISTEMA DI CONOSCENZE su quella bottiglietta , una copia interna alla nostra mente che
conserva i tratti essenziali ( un oggetto tradotto in un modello mentale).
La nostra mente organizza tutte le informazioni che provengono dal mondo esterno e le traduce in modelli
mentali. Vivendo nuove esperienze o ricevendo nuovi input il nostro modo di rappresentare le cose entra in
contatto con una realtà sempre a divenire e si modifica. Si avvia un processo dinamico di adattamento e
trasformazione continua dei modelli mentali nel tempo ( si verifica un processo di apprendimento).
Un “sistema di conoscenze” è una rappresentazione simbolica (o un modello mentale) di un evento, di un
fenomeno, di un concetto, di uno stato di cose in un particolare momento della nostra vita.

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DAI MODELLI MENTALI ALLE MAPPE CONCETTUALI


L’apprendimento è un processo dinamico di adattamento e trasformazione continua dei modelli mentali nel
tempo attraverso meccanismi di confronto, integrazione, sovrapposizione, scomposizione e assimilazione di
termini, regole, modelli teorici, ecc.
Una mappa concettuale è una schematizzazione logico-visiva e statica di un sistema di conoscenze
relativo a una specifica area tematica, la rappresentazione più intuitiva e immediata di un modello mentale ,
essa si compone in due elementi principali:
1. I concetti rappresentati da blocchi di testo;
2. Le relazioni raffigurate da vettori che collegano 2 o più concetti secondo diverse tipologie di legame. Tali
vettori sono contrassegnati da parole di collegamento che definiscono le relazioni tra i concetti
esprimendo varie tipologie di nessi logici e veicolando in tal modo il significato.
La mappa concettuale è un potentissimo mezzo di descrizione formale dei modelli mentali , organizzazione e
condivisione delle informazioni.
Ma come costruirla?
J. Novak il padre delle mappe concettuali ha delle linee di riguardo:
 Si parte da una domanda focale
 Si identificano i concetti chiave che descrivono l’argomento d’esame (utile individuare 10-15 concetti da
disporre anche in maniera disordinata
 Si comincia a fare ordine
 Si procede collegando i concetti con le varie frecce
 La mappa inizia a PRENDERE FORMA.
A mano a mano che ci procede nell’analisi i concetti si fanno più chiari e diventa più semplice assestare la
struttura controllandone l’impianto generale, aggiungendo, eliminando o modificando alcuni concetti.

I LIMITI DELLE MAPPE CONCETTUALI


Le linee guida fornite da Novak non sono sufficienti a garantire un efficace standardizzazione degli output e
non riescono a limitare il proliferare di mappe concettuali diverse per livello di dettaglio, scelta del
vocabolario,tipologie di relazione da individuare … per rappresentare la conoscenza in maniera formale
abbiamo bisogno di affiancare alle mappe altri strumenti più sofisticati come le ONTOLOGIE.

ONTOLOGIE
In campo informatico descrive il tentativo di rappresentare un determinato concetto, riferito a uno specifico
dominio di conoscenza, mediante l’individuazione delle entità o classi che lo caratterizzano, delle relazioni
esistenti tra queste entità e delle loro proprietà. Si tratta di una rappresentazione formale condivisa e
esplicita, definisce una struttura di dati gerarchica codificandola mediante linguaggio semantico.
Esempio; una fotografia ( pg 207) descritta da un metalinguaggio efficace per la condivisione dei dati tra
sistemi diversi ,come il linguaggio XML(ontologia sul concetto linea retta).
Come si arriva a definire questa struttura?
È importante stabilire il dominio di riferimento e gli scopi dell’ontologia e poi verificare la presenza di
ontologie simili, si procede con l’individuazione di un primo elenco di termini relativi al dominio in esame
termini che poi vanno distinti in CLASSI (o concetti) e PROPRIETA’ (o relazioni). Seguono la fase di
definizione delle relazioni gerarchiche tra le classi e quella di descrizione delle proprietà relative al
contenuto dei concetti individuati (proprietà intrinseche) e alle relazioni di due o più concetti ( proprietà
estrinseche ) per chiudere l’intera struttura è necessario definire i vincoli relativi al dominio o al range di
riferimento all’interno dei quali l’utilizzo o il contenuto delle proprietà saranno validi.
Cosa succede se integrassero le ontologie nel WEB?

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WEB SEMANTICO
Quando potremo chiedere direttamente a internet di indicarci le pagine web collegate a un concetto che ci
interessa saremo entrati definitivamente nell’era del dominio delle ontologie e del Web semantico.
DOMANI l’informazione avrà un significato esplicito anche per le macchine che elaboreranno integreranno
automaticamente per guidarci direttamente verso quello che stavamo cercando, la logica con cui potremo
fare le ricerche sarà più evoluta ma basata anche sull’esistenza di reti e relazioni e connessioni tra le varie
tipologie di risorse esistenti.
Questo WEB sarà SEMANTICO il significato dei dati sarà comprensibile agli agenti informatici, gli agenti
saranno in grado di creare dei percorsi in base alla richiesta dell’utente e di spostarsi tra le varie pagine web
collegando logicamente i vari elementi. Per consentire tutto ciò il modello di archiviazione delle informazioni
dovrà evolversi e includere una struttura multilivello in cui sono raccolti tipi di dati quali:
 I metadati che definiscono come i dati sono ricollegabili ai concetti di un’ontologia( o schema di dominio).
 L’ontologia stessa in cui sono espresse le relazioni tra i concetti che diventano classi di dati.
La codifica di queste informazioni richiederà il riferimento allo standard URI (uniform resource identifiers) per
individuare in maniera univoca gli indirizzi internet , l’utilizzo di XML per definire schemi di codifica
personalizzati , l’approccio RDF (re source description framwork) per rappresentare i dati secondo una
semantica di base e infine , l’adozione di un linguaggio ontologico ( OWL) per descrivere formalmente il
significato della terminologia utilizzata nei documenti web.

Il Web semantico costituisce una versione evoluta del Web in cui le informazioni sono codificate attraverso
le ontologie e possono essere “comprese”, interpretate ed elaborate semanticamente dalle macchine

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CAPITOLO 13 E-LEARNING. (apprendimento elettronico)

“Metodologia didattica che offre la possibilità di erogare contenuti formativi elettronicamente attraverso Internet
o reti Internet”. Inizia così la definizione che possiamo leggere nel glossario Asfor. E continua: “una soluzione
di apprendimento flessibile” resa possibile grazie alla creazione di “un ambiente integrato di formazione” che
utilizza “le tecnologie di rete per progettare, distribuire, scegliere, gestire e ampliare le risorse per
l’apprendimento”.

Ad esempio le LMS, che consentono l’erogazione di materiali didattici, multimediali e interattivi, e lo


svolgimento di attività collaborative, sia sincrone che asincrone, senza vincoli di tempo o spazio.

Learning object: è un’unità formativa digitale che tratta un argomento completo riferito a uno specifico
obbiettivo.

Gli ingredienti principali di un corso e-learning sono:

- Integrazione di diversi media per favorire l’apprendimento

- Interattività con i materiali didattici e con gli altri attori coinvolti nel processo

- Adattabilità del percorso alle reali esigenze formative

- Accessibilità e interoperabilità tra le varie risorse a disposizione nel rispetto degli standard del
settore.
I COMPUTER FISSI
I cari “vecchi” computer fissi possono avere schede grafiche e unità disco particolarmente potenti, oltre che
schermi di diverse dimensioni. Sono predisposti per esser arricchiti facilmente con dispositivi aggiuntivi,
come ad esempio webcam, scanner, stampanti, microfoni, cuffie.

I COMPUTER PORTATILI (Notebook)


Sono più dinamici i computer portatili. Dotati di caratteristiche hardware e software oramai molto simili a quelle
dei computer fissi, offrono il vantaggio di poter essere trasportati con facilità. Possono essere messi a dura
prova da soluzioni che consumano troppa RAM o che necessitano di notevole spazio su disco.

MOBILE LEARNING. (es. cellulare)


Il mobile learnign non è l’e-learning trasferito su un dispositivo mobile, ma un modo nuovo di usare la
tecnologia mobile per promuovere l’apprendimento formale e informale.
Il mobile Learning non nasce esclusivamente per insegnare, ma piuttosto per essere di supporto in qualunque
luogo e qualunque momento se ne abbia bisogno, per recuperare informazioni, risolvere un problema,
completare l’apprendimento e migliorare la nostra performance.
I nostri amici portatili sono piattaforme che usano un processore con una memoria che fa funzionare un
sistema operativo in forma mobile. Per comunicare con noi utilizzano i sensori (come il GPS), i dispositivi di
input (come il touchscreen) e di output (come testo, audio, video).
Possono connettersi, in maniera continuativa, tramite Bluetooth, Wi-Fi e usano applicazioni specifiche,
conosciute come App, per far funzionare determinati programmi e sostenere specifici compiti.
Con loro, tutto è diventato possibile!!

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I TABLET.
Sono veri e propri computer, ma hanno uno schermo che mediamente è pari alla metà di quello di un
portatile.
hanno potenzialità inferiori rispetto ai portatili e fissi e nascono soprattutto per essere isati mentre si è in
giro.

E-BOOKREADER
Esteticamente somiglianti ai tablet, anche se di solito più piccoli, gli e-book reader che nascono per
consentire la letture di testi in formato elettronico.

I PALMARI
I palmari, i Blackberry e i Pocket PC sono di solito classificati sotto l’acronimo di PDA. Sono dispositivi mobili
particolarmente adatti per poter esser portati sempre con sé, grazie alle dimensioni particolarmente ridotte.
Hanno un display molto limitato, a volte un tastierino integrato e spesso problemi di durata di batteria.

SMARTPHONE

LETTORI DIGITALI (vecchi i-pod)  solo per guardare foto/video


Rivoluzione nelle aule di scuola è stata avviata grazie a progetti del Piano scuola digitale, promossi dal
Ministero dell’Istruzione, i primi “elettroutensili” di nuova generazione hanno fato capolinea in molte aule.

DAL VIDEOPROIETTORE ALLA LIM


Videoproiettore= apparecchio elettronico usato per proiettare delle immagini, dei video o delle slide su uno
schermo, un “amplificatore” a supporto della spiegazione del docente.
Limite: impossibilità di interagire in qualche modo con quelle immagini.
Quella possibilità è arrivata con la LIM (Lavagna Interattiva Multimediale), con essa possiamo scrivere,
disegnare, visualizzare testi o immagini, riprodurre video e animazione, lanciare dei lingk o condividere file
in rete; il tutto solo toccando lo schermo con le dita o con uno stilo.
Per funzionare la LIM ha comunque bisogno di un computer cui potersi collegare.

In conclusione…
Le trasformazioni che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione stanno vivendo sono accomunate
da tre parole chiave:

1) Naturalizzazione: la tecnologia si afferma più facilmente perché nascosta dietro gli oggetti di
uso quotidiano riesce a non farsi percepire come tale e perciò stimola l’utilizzo senza troppe
resistenze.

2) Tattilità: dai cellulari agli schermi per prenotare un viaggio in treno, tutto è a portata di dito!

3) Socialità: su tutti i dispositivi esistono funzioni per creare e coltivare costantemente reti sociali.

CAPITOLO 14

Possiamo accedere a siti come OpenLearn, Coursera o Ted per accedereva moltissimi materiali didattici e
interi corsi formativi.
LA PIU’ PICCOLA PARTICELLA DI FORMAZIONE
Learning Object (LO) particolari tipi di risorse di apprendimento.
È un oggetto per l’apprendimento ha le seguenti caratteristiche principali:

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- Autoconsistente: xkè risp. A un preciso obiettivo didattico che si propone di raggiungerlo con la combinazione
di media più adatta secondo una precisa strategia didattica

-Modulare: grazie alla durata contenuta (15-20min) può essere aggregato ad altri Learning Object per
realizzare percorsi più ampi

-Interoperabile: funziona su diverse piattaforme e-learning grazie alle conformità akke specifiche tecniche
stabilite dagli standard di riferimento.

-Riutilizzabile: in quanto “particella minima” potrebbe essere inserita anche in percorso diversi da quello per il
quale è stata inizialmente concepita.

-Corredato da metadati: per poter essere ricercato facilmente, deve avere una “carta d’identità” con tutte le info
che ne descrivono le caratteristiche fondamentali.

CLASSE DI MACRO-OBIETTIVI (PROGETTAZIONE)


un LO può essere progettare realizzato per rispondere a 3 diverse classi di obiettivi didattici

a) Obiettivo di pura CONOSCENZA, la struttura è del tutto simile a quella adottata nei comuni supporti
analogici o nei casi delle classiche lezioni tradizionali di natura prettamente espositiva  struttura
generalmente gerarchico-sequenziale trattazione teorica, interazione autovalutativa

b) Acquisizione di COMPETENZE PROCEDURALI, è necessario un impianto più interattivo.


alternarsi costante tra esposizione teorica e sperimentazione pratica o autoverifica.
tipo di lezione strutturata per imitare perfettamente le azioni richieste per svolgere un determinato compito
nella realtà  simulazione di procedura.

c) Acquisizione di COMPETENZE STRATEGICHE, obiettivo più complesso che implica una struttura didattica
orientata a insegnare un approccio generale per poter svolgere un compito o risolvere un problema
complesso, in cui non è possibile stabilire una risposta esatta ma una soluzione più o meno adeguata al
contesto di riferimento.  simulazione dei meccanismi del mondo reale  modalità di raccolta di input e
visualizzazione di output ma soprattutto modelli di calcolo, cioè dal motore che fa funzionare la simulazione.
Il livello di complessità con cui il modello imita i meccanismi della realtà consente di distinguere 3 tipi di
simulazioni:
-Statiche (o lineari) : successione lineare di alcuni eventi

-Ad albero: architettura logica di tipo condizionale

-In parallelo: basate su un sistema di equazioni lineari o rete neurale e/o probabilistica in grado di apprendere
e modificarsi in base alle scelte dell’utente

Oltre a queste 3 macro-classi di obiettivi con le nuove strategie, le nuove potenzialità tecniche, la creatività del
progettista didattico, la specificità del contesto di riferimento, il target etc.. portano alla creazione di soluzione
diverse. Es. e-book , “viaggi a tema” , web fiction , role playing..

GLI INGREDIENTI PER IL SUCCESSO


il trucco sta nel combinare l’uso dei nuovi strumenti a disposizione con le linee guida della progettazione
didattica per creare esperienze significative ed efficaci.
Ed è cruciale l’interattività didattica. Ma cosa si intende per “interattività didattica”?

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La tipologia di interattività che, servendosi di interazioni “fisiche” stimola attivamente la mente del discente a
fare cose che migliorano la sua capacità e rapidità nello svolgere un determinato compito. (coinvolgimento
sia pratico che cognitivo)

Come si crea l’interattività didattica?

1) Creare il contesto, una cornice di riferimento con delle situazioni realistiche in cui l’utente si sente coinvolto
emotivamente e percepisce come quello che sta apprendendo è vicino alla sua realtà e utile a risolvere i
problemi.

2) Innescare una sfida, creare quindi uno stimolo che spinga l’utente a impiegare le sue energie nell’attività
didattica e ad arrivare alla fine del percorso.

3) Far svolgere attività, discendente chiamato ad agire (solo slide e power point con persone che
parlano, la lezione è morta, motivo per cui è stato inserito il laboratorio)

4) Fornire feedback (fare delle valutazioni, per migliorare).  Non lasciare i bambini troppo da soli.

Quale tipologia di grafica utilizzare? (le slide con la scelta dei colori e delle immagini) MULTIMEDIA
LEARNING  linee guida generali indispensabili per valorizzare l’uso di immagini e animazioni
nell’ottica di supporto ai processi cognitivi che entrano in gioco quando apprendiamo.

LA CORNICE GRAFICA
in generale un’interfaccia deve svolgere le seguenti funzioni:
-Mediatrice nel rapp. Di comunicazione nell’interazione uomo-macchina. Tramite il software, chi lo ha
progettato dialoga con il discendente.
-Strumento che permette all’uomo di interagire con il programma, lascia spazio al contenuto
rimanendo sempre a disposizione in caso di necessità
-Aiuta il discendente a costruirsi un modello mentale che rispecchia quello immaginato dall’ideatore
 consente di capire cosa accadrà interagendo con essa (inviti – vincoli a fare alcune azioni)

Qual è la funzione di un interfaccia grafica in un LO?


dare accesso al materiale didattico x di gestire il flusso di erogazione in maniera ottimale.
Cosa ci deve essere?
Le funzioni di navigazione di base, una guida, un mappa concettuale per l’accesso agli argomenti..
icone riconoscibili in modo da non generare carico cognitivo estraneo o distrarre.
impo mantenere sempre il focus sull’obiettivo generale.

Per realizzare un LO entrano in gioco tante e ≠ competenze. È possibile identificare due macro-aree di
competenza che lavorano a stretto contatto:
a) Il team di progettazione didattica, che vede interagire instructional designer (professionisti didattici, si
occupano della progettazione e della creazione di strumenti didattici come ad esempio mappe concettuali,
diagrammi di flusso) che hanno approfondite conoscenze delle teorie della formazione, delle tecniche di
valutazione dell’apprendimento e con ampia esperienza nella progettazione e gestione di corsi e-learning e
blended learning.

b) il team di sviluppo, che vede interagire sviluppatori software, grafici e sistemisti; professionisti con
competenze specifiche nell’ambito della realizzazione di prodotti online, conoscenze degli standard di

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riferimento per l’e-learning, nell’amministrazione della piattaforma LMS, nella creazione di Learnig Object e
prodotti multimediali per la formazione a distanza.

Competenza di qualsiasi educatore e formatore del futuro.


I nuovi profili professionali dell’E-learning:

1) Instructional Designer (professionista didattico, si occupano della progettazione e della creazione di


strumenti didattici come ad esempio mappe concettuali, diagrammi di flusso)

2) Storyboarder multimediale (persona che crea sceneggiature, come ad esempio la storia della
rapina in banca, o videogames)
3) Grafico multimediale (una persona che sa utilizzare Photoshop, Gimp, sa utilizzare i colori)

4) Sviluppatore E-Learning (un informatico, che crea i prodotti informatici)

5) E-tutor (tutor di percorsi online, segue gli studenti che fanno attività di studio online)

6) Amministratore di LMS (Amministratore di piattaforma, è una figura tecnica e gestisce tutto l’impianto
tecnologico dei corsi online)

La formazione nel corso degli anni ha subito e subisce cambiamenti in relazione alle innovazoini tecnologiche.
Da CBT alle APP
Cosa si intende per CBT(metà anni 80)? Computer Basic Training
È un prodotto di autoistruzione da fruire tramite computer, distribuito essenzialmente offline su CD-ROM o
DVD-ROM.
Cosa si intende per WBT (seconda metà anni 90)? Web Based Training
È un prodotto di autoistruzione online da fruire tramite il browser di un computer e distribuito attraverso il Web.
Per utilizzare servizi e-learning sugli smartphone è necessario scaricare un appostia App ad hoc.
App  software che installato e usato sul device, ne amplia le capacità native, dando accesso a servizi e
funzionalità nuove.
la App si distinguono in 3 tipi a seconda delle esigenze:
-App “native”  si installano direttamente sul dispositivo, usano linguaggio specifico per interagire con il device
-Web App  vere e proprie app web che hanno sempre bisogno di una connessione internet
-App ibride  integrano gli asp. Positivi delle due tipologie sopracitate.

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CAPITOLO 15
I cinesi nel VI-VII d.C. introducono gli esami imperiali ovvero il primo modello organizzato di prova d’esame.
Hanno lo scopo di certificare le conoscenze dei futuri funzionali dell’apparato burocratico, prove scritte e orali,
lo svolgimento seguiva una serie di regole particolarmente rigide in un clima di estrema segretezza per evitare
la corruzione e per garantire il massimo livello di oggettività nella verifica delle conoscenze e delle abilità dei
candidati. Validità e attendibilità due condizioni considerate essenziali.
Il problema dell’oggettività dei sistemi di valutazione concerne qualsiasi forma di verifica formale delle
conoscenze, abilità o competenze acquisite da una xsn in un ambito formativo.

L’esercizio della valutazione è una cosa estremamente seria e connessa con l’esigenza di metodi di
misurazione chiari, trasparenti, imparziali e equi.
Questioni “docimologiche” (relative alla scienza della valutazione).
Il modo più efficace per mitigare il rischio di soggettività è neutralizzare la componente umana attraverso una
standardizzazione del sistema stesso.  traduzione virtuale in un software.
2 ambiti di applicazione:
- la somministrazione e la correzione automatica di prove strutturate
-l’erogazione e la verifica di simulazioni e-learning

Da alcuni decenni esistono dei software in grado di traslare le domande di un questionario all’interno di un doc.
elettronico. Questi software sono dotati di alcuni algoritmi che supportano la somministrazione delle domande
ai candidati e il calcolo automatico del punteggio finale senza richiedere la presenza di un valutatore umano.
È conveniente per tutti, sia per chi valuta (risparmia tempo) che per chi viene valutato (imparizalità).

Che tipo di prove si possono somministrare?


unica limitazione, di tipo metodologico, questi software prevedono tutte le classiche prove strutturate v/f,
completamento, cruciverba, risposta multipla, completamento mappa concettuale etc..

Come si creano queste prove?


Esistono software gratuiti e a pagamento che permettono di costruire un questionario es. iSpring QuizMaker –
Articulate Storyline – Adobe eLearning Suite 6.1 etc..

Il valutatore umano ha una valutazione oggettiva? (NO)

Il software ha una valutazione oggettiva? (SI)

VALUTAIZONE COMPETENZA

Ci sono percorsi formativi che hanno l’obiettivo finale di mettere il discendente nella condizione di essere in
grado di fare qualcosa di concreto all’interno di un contesto reale. (sviluppare delle competenze).

Quindi se i risultati attesi di un corso sono legati all’acquisizione di abilità o competenze effettivamente
spendibili in ambito lavorativo, sarà necessario accompagnare la trasmissione di concetti e definizioni con una
serie di attività volte ad applicare le conoscenze in termini operativi.
È necessario integrare la dimensione teorica con quella prativa.
LA SIMULAZIONE E-LEARNING
Attraverso la creazione di sistemi hardware e software è possibile simulare più o meno realisticamente gli
strumenti e gli ambienti necessari che si troverebbero nella realtà durante lo svolgimento di una determinata
mansione che richiede determinate competenze (pilota aereo, etc..); attraverso questi simulatori il discendente
può provare, valutare le diverse situazioni e elaborare le relative soluzioni, sbagliare, imparare dagli errori,

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correggersi e fare pratica senza recare danni ad altri e il docente potrà monitorare le azioni, verificarne le
abilità ed esprimere un giudizio sulla effettiva capacità dello stesso di portare a compimento l’operazione
richiesta.
la simulazione a seconda della complessità può richiedere degli appositi dispositivi hardware o semplicemente
un software.

1) Simulazione scenario-based

2) Simulazioni procedurali

3) Role playing (giochi di ruolo, che permettono di mettere le persone all’interno di una situazione e farli
giocare)

NUOVA ALLEANZA IMPERIALE


La traduzione digitale dei diversi strumenti di valutazione delle conoscenze, abilità, competenze,
costituisce uno dei punti di forza della nuova alleanza tra la valutazione dell’apprendimento e le
tecnologie informatiche e multimediali.

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CAPITOLO 16

Perché si fanno i corsi online:

1) Numerosità dei partecipanti


2) Dislocazione geografica
3) Gestione del tempo
4) Monitoraggio studenti (partecipazione e risultati conseguiti)
5) Vincoli processi organizzativi (trasferte, sostituzioni etc..)
6) Disomogeneità partecipanti (conoscenze pregresse, profili professionali, livello di motivaz.)
7) Contenimento costi e razionalizzazione delle risorse

Non mi basta dire semplicemente e-learning, devo trovare un sistema informatico che mi consenta di
trasformare questa idea in un progetto di e-learning concreto in grado di coniugare i diversi aspetti del
problema –numero di studenti, sedi, tempi,costi, monitoraggio.
La soluzione è LEARNING MANAGEMENT SYSTEM (LMS).
Un LMS è un software attraverso cui è possibile erogare corsi multimediali di formazione a distanza
(FAD) in modalità e-learning. Possono accedere solo gli utenti iscritti, è possibile trovare varie aree di
apprendimento, contenuti didattici digitali, file multimediali, quiz e una serie di strumenti per consentire ai
partecipanti di comunicare fra di loro, “riproduce” le caratteristiche e le funzioni di una scuola
tradizionale. Senza però richiedere la presenza fisica dei partecipanti e possono svolgere le diverse
attività in qualsiasi parte, mediante un PC, un iphone o un tablet connessi a internet.
STORIA DI UN CORSO
Un LMS non è altro che una metafora digitale e immateriale degli edifici scolastici, con tutti i vantaggi
che derivano dall’adozione di un sistema informatico in grado sia di integrare informazioni diverse
all’interno di un unico centro di elaborazione dati, sia di differenziare i vari profili di accesso, sia di
automatizzare tutte quelle operazioni di segreteria. Grazie alla piattaforma LMS è possibile pianificare
tutta la storia di un corso dal momento dell’iscrizione alla consegna del certificato finale attraverso 3 fasi:

1. La fase del pre-corso che prevede l’attività preliminari di progettazione, pubblicazione dei Learning
Object, convocazione dei partecipanti, pianificazione del calendario delle lezioni e condivisione degli
obbiettivi generali del corso.

2. La fase di “delivery” che include:


a) la fruizione dei WTB,
b) la consultazione delle video lezioni,
c) le sessioni di aula virtuale, lo svolgimento delle prove di verifica in itinere e finali,
d) e attività collaborative online sul forum e negli altri ambienti social,
e) l’interazione tra studenti, tutor e docenti.

3. La fase di valutazione dedicata all’analisi dell’intero processo, al calcolo dell’efficacia formativa.

ANATOMIA DI UNA PIATTAFORMA LMS


Un LMS deve essere in grado di svolgere 3 compiti fondamentali:
1. Registrare in maniera puntuale e dettagliata tutto ciò che avviene durante le diverse fasi del corso.
2. Comunicare con i vari utenti e consentire a loro di interagire con il sistema.
3. Raccogliere i diversi input degli utenti e interpretare le informazioni in memoria al fine di definire lo
stato di avanzamento del processo e organizzare le diverse attività didattiche.

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Ognuno di questi compiti generali corrisponde a una specifica componente dell’architettura logica di
un LMS: Il database relazionale, la struttura profonda della piattaforma, l’archivio centrale in cui sono
memorizzate tutte le info sul corso L’interfaccia grafica, per l’interazione tra uomo e macchina
attraverso vari ambienti di inserimento dati, finestre, comandi, pulsanti, link. Essa deve rispettare le
condizioni di usabilità e accessibilità dei sistemi informatici. Il motore di calcolo, lo strato intermedio di
software che permette la trasmissione dei dati tra l’interfaccia grafica e il database.

UN LMS È PER SEMPRE


Il principio di interoperabilità stabilisce che se ho acquistato un corso e-learning che funziona in un
LMS sevo poter essere sicuro che funzionerà anche in altre piattaforme LMS. Ciò è reso possibile grazie
all’incontro di due fattori: un Learning Object interoperabile è sviluppato secondo standard condivisi a
livello internazionale - una buona piattaforma LMS deve essere in grado di riconoscere, leggere e
interpretare quegli standard. Qualsiasi LMS può essere inteso come un sistema CMI (computer
managed instruction) come un insieme di metodi che stabiliscono universalmente le modalità di
descrizione delle attività didattiche, dei dati di fruizione e dei protocolli di comunicazione con i corsi CBT
e WTB.

IL GEROGLIFICO DELL’E-LEARNING
Dopo aver preso in considerazione gli standard internazionali bisogna citare 4 riferimenti importanti:
1. AICC (AVIATION INDUSTRY CBT COMMITTEE). Organizzazione internazionale che promuove la
condivisione e l’utilizzo di specifiche per la gestione di CBT e WBT nell’ambito della formazione e
dell’addestramento dei piloti di aeronautica
2. LOM (LEARNING OBJECT METADATA) insieme di specifiche in formato XML che consentono di
descrivere in modo puntuale la struttura e la proprietà di un Learning Object facendo uso di particolari
schemi di informazioni, i cosiddetti “metadati”. Lo standard LOM è molto importante per
l’indicizzazione e l’archiviazione dei contenuti digitali e per lo sviluppo di sistemi di ricerca avanzati,
grazie a queste specifiche è possibile catalogare Learning Object di diversa natura e garantire la
riusabilità (possibilità di recuperare tutte le informazioni o parte di esse per poi adattarle in altri
contesti).
3. IMS (INSTRUCTIONAL MANAGEMENT SYSTEMS) organizzazione internazionale non a scopo di
lucro per la diffusione di specifiche in formato XML che includono sia la descrizione della struttura dei
Learning Object sia la rappresentazione schematica di molto output della progettazione formativa
4. SCORM (SHARABLE COURSEWARE OBJECT REFERENCE MODEL) modello integrato degli
standard AICC, IMS, LOM per stabilire l’interoperabilità di un LMS e la riusabilità di un Learning
Object, in particolare il modello SCORM definisce l’unità di misura di un LO, lo SCO. Attualmente
SCORM costituisce lo standard internazionale di riferimento per tutti i programmatori di piattaforme
LMS nel mondo.

PIATTAFORME LEGO LMS


Paragonabile ai mattoncini lego ma nella LMS i mattoncini sono chiamati MODULI corrispondono veri e
propri sottosistemi software dedicati allo svolgimento delle diverse attività relative alla gestione di un
processo formativo, ognuno di questi moduli è associato a una funzione specifica e integrato con le tre
sezioni fondamentali in cui si articola la piattaforma LMS (database, motore di calcolo, interfaccia
grafica), a seconda della loro importanza i moduli possono essere considerati come principali o
accessori.
Appartengono alla categoria dei moduli principali tutti i sottosistemi software che svolgono le tre
funzioni caratteristiche di un LMS:
1. Pianificazione e organizzazione amministrativa del processo formativo
2. Gestione delle attività didattiche e degli ambienti di apprendimento
3. Supporto ai flussi di comunicazione interna

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Se invece consideriamo accessori solamente i moduli specializzati nella gestione di attività


complementari come in uno dei seguenti casi:
- creazione di contenuti online
- implementazione di agenti basati sull’intelligenza artificiale per la gestione di corsi ICBT (intelligent
computer based training) per la personalizzazione dei percorsi formativi e l’erogazione automatica
di servizi di tutoring.
- archiviazione, organizzazione e pubblicazione del curriculum vitae e dei prodotti digitali per la gestione
dell’e-portfolio
- trasmissione dei dati tra un LMS e un sistema aziendale di pianificazione delle risorse umane.

CONCLUSIONI
In primo luogo, una piattaforma LMS ci consente di gestire grandi numeri di utenti senza vincoli, in
secondo luogo è dotato di una serie di funzioni che gli consentono di registrare qualsiasi cosa avvenga
al suo interno, permette di garantire il massimo livello di monitoraggio e archiviazione dati. In terzo
luogo, il sistema è configurato in modo da differenziare i vari profili e pianificare le diverse attività
secondo le logiche dell’organigramma (struttura gerarchica che rappresenta i diversi livelli di
responsabilità di un’organizzazione pubblica o privata).
In quarto luogo grazie all’aggiunta di speciali moduli di intelligenza artificiale, un LMS può
tranquillamente attivare la personalizzazione dei percorsi e l’automazione delle attività di valutazione e
tutoring.

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CAPITOLO 17
UN POSTO IN PRIMA FILA
Un percorso formativo in e-learning predispone tutti gli elementi in modo tale che siano orientati ad agevolare la
sua formazione, contenuti che rispondono alle sue esigenze e aspettative, un contesto di studio accessibile e ben
organizzato, e tutor di supporto all’interno del processo per facilitare l’uso del materiale didattico, monitorare
l’andamento delle attività, analizzare le eventuali problematiche. L’APPRENDIMENTO COLLABORATIVO La
combinazione di momenti di studio individuale e attività pratiche che coinvolgono la comunità degli studenti al
fine di favorire la condivisione di informazioni e il processo di socializzazione delle conoscenze, abilità e
competenze. Perché ci sia una efficace collaborazione o cooperazione ci deve essere una reale interdipendenza tra i
membri del gruppo nella realizzazione di un compito, un impegno nel mutuo aiuto, un senso di responsabilità per il
gruppo e i suoi obbiettivi e deve essere posta attenzione alla abilità sociali e interpersonali nello sviluppo dei
processi di gruppo. Dalla definizione di A. Kaye emergono alcuni aspetti sui quali vale la pena soffermarsi:
L’INTRDIPENDENZA SOCIALE costituisce un elemento imprescindibile: il lavoro di gruppo deve spingere i
vari membri ad aiutarsi reciprocamente per raggiungere un obbiettivo, perché dal successo del gruppo dipende
anche il successo del singolo e viceversa. Affinché il lavoro collaborativo sia efficace è importante prima di
tutto:- selezionare un compito adeguato alle caratteristiche dell’obbiettivo didattico che si vuole raggiungere.
Definire nel dettaglio il contesto e gli obbiettivi da raggiungere chiedere di esaminare il problema da diversi punti di
vista e di elaborare degli output intermedi che descrivano le riflessioni nate dal dialogo nelle varie fasi di lavoro
alcuni esempi di come potrebbe essere posto il problema in chiave didattica: nulla va lasciato al caso dalla
modalità di comunicazione del compito (condiziona fortemente la qualità dell’output finale) alle indicazioni sulle
possibili modalità per organizzare le varie fasi di lavoro in maniera efficace, fino all’individuazione degli
strumenti da utilizzare.

Nella fase della creazione dei gruppi è meglio privilegiare i lavori a coppie se l’obbiettivo generale dell’attività
formativa è collegato prioritariamente all’apprendimento individuale; e di gruppo se sono richieste creatività e
capacità di problem solving. Il risultato migliore si ottiene se i team sono composti da persone con competenze
eterogenee.

LMS E STRUMENTI DI COLLABORAZIONE STRUMENTI CSCL (Computer-Supported Collaborative


Learning) La piattaforma LMS mette a disposizione diversi strumenti che consentono il dialogo tra le persone
in forma asincrona e sincrona. Le caratteristiche peculiari:
- LA POSTA ELETTRONICA: (o E-mail) è un servizio di comunicazione asincrona mediante il quale è possibile
inviare e ricevere messaggi di testo attraverso un account di posta interno alla piattaforma o presso un provider
esterno.
- IL FORUM: spesso di discussione, strumento di collaborazione asincrona, si tratta di un ambiente virtuale in
cui la comunicazione è avviata con una domanda o una riflessione, il tutto supervisionato da un
moderatore che promuove anche il dialogo efficace e offre spunti di riflessione. Da un punto di vista
tecnico in un forum è possibile visualizzare l’alberatura degli interventi, consultare le risposte in modalità
cronologica, allegare materiale e inserire link.
- L’AULA VIRTUALE: è un luogo non fisico di incontro in cui il docente può ricreare la struttura e le
esperienze formative caratteristiche di un’aula tradizionale mediante l’utilizzo di tutta una serie di strumenti che
stimolano la partecipazione e la collaborazione dei discenti. È possibile condividere applicativi, documenti,
scambiare messaggi a diversi livelli, svolgere attività in sottogruppi (mediante il break out rooms = sale di
smistamento) realizzare sondaggi in tempo reale (mediante poll questions) registrare quanto accade. Gli
incontri si svolgono in audio conferenza e sono gestiti in modalità sincrona con un numero di partecipanti
variabile.
- LA CHAT: è uno spazio virtuale in cui è possibile dialogare in una conversazione 1 a 1 o di gruppo, possono
essere usate in aula virtuale per raccogliere feedback o domande. La chat si caratterizza per
l’immediatezza e la spontaneità ma sono limitate nella quantità di testo da digitare. Posta elettronica, forum,

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aula virtuale e chat sono gli STRUMENTI BASE da scegliere e combinare per promuovere la collaborazione e
lo scambio reciproco in chiave didattica.
E-LEARNING 2.0
Oggi con l’avvento del Web 2.0 le attività sincrone e asincrone sono diventate ancora più facili da gestire e i nuovi
social software sono entrati non solo nelle nostre vite ma in molti ambienti formativi : “ diari in rete” ( blog e
mini blog ) per introdurre dei temi prima dell’avvio di un percorso in aula oppure alla conclusione, per
raccogliere riflessioni e aggiornamenti, social network per presentare gli ordini del giorno e gli obbiettivi del
corso o per stimolare la discussione su un contenuto multimediale, wiki per organizzare attività di un gruppo che
deve creare un documento o raccogliere le info relative ad un corso VERSO LA CADUTA DELL’IMPERO DEI
WBT? L’apprendimento non viene solo in maniera formale tramite percorsi articolati, ma anche in contesti
spontanei in cui le persone apprendono in maniera informale e non formale, perché mettono in pratica
scoprono, imitano e sbagliano, si confrontano. Si comincia a parlare di Personal Learning Environment o
PLE, cioè di ambienti in cui gli utenti creano degli spazi autonomi e autogestiti di formazione in rete, all’interno dei
quali in base alle loro esigenze combinano i contenuti strutturati (LO) gestiti in piattaforma con gli strumenti di
interazione condivisione dei social network, le risorse “ipermediali “dei social bookmarking e le comunità di
pratica.

L’IMPORTANZA DELLA PROGETTAZIONE


Per promuovere l’apprendimento informale e non formale, i modelli di progettazione devono adottare: - un lessico
adeguato e combinare le conoscenze sul Multimedia Learning alle teorie delle reti sociali, alle tecniche di
comunicazione …
l’OBBIETTIVO è quello di creare un contesto in cui i discenti possano mettere in gioco le proprie competenze e
condividere con gli altri, in cui siano responsabili dell’output realizzato sia a livello individuale sia di gruppo, in cui
l’interazione e il confronto tra i vari ruoli favoriscono un apprendimento significativo e il raggiungimento di un
obbiettivo comune. Una comunità di apprendimento ha bisogno di essere nutrita e gestita attivamente. La
tecnologia da sola non serve, c’è bisogno anche di attori professionisti e di un regista d’eccezione.

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