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Quaderni di formazione continua in àmbito storico e teologico
_______________________ n° 2 ______________________
Giancarlo Rinaldi
1
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Indice
Introduzione 5
1. I testi incriminati 9
2. Tentativi di spiegazione 17
3. Bibbia e Corano 23
6. Impariamo da Gesù 41
3
4
Introduzione
6
come altro potrebbero rispondere questi ‘apologeti’ se sono
persuasi che la Bibbia va tutta letta alla lettera, quasi alla stregua di
un foglio di montaggio per mobili acquistati all’Ikea.
In questo quaderno non proverò l’inutile impresa di far da
avvocato difensore della Bibbia o di Dio. Invece mi cimenterò a
esporre quella che ritengo sia la risposta più semplice e persuasiva:
contestualizzare i brani biblici in esame e far emergere come essi
siano in sintonia con la cultura dell’epoca in cui furono composti.
Nella fase successiva del ragionamento mi sforzerò di far emergere
una linea di progresso storico nella quale il razionalista potrà
individuare un processo di elevazione morale dell’umanità, mentre
il credente potrà scorgervi la pedagogia di Dio che non solo eleva
ma è anche salvifica.
Come sempre i miei lettori sono liberi di prender da queste
paginette ciò che ritengono sia loro utile non facendosi scrupolo,
eventualmente, di concludere in senso diametralmente opposto al
mio. Buona lettura!
7
8
Capitolo primo
I testi incriminati
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3,6 (“votammo allo sterminio ogni città, uomini, donne, bambini”).
12
ebrei sarebbero giunti mangiare le carni dei propri figli e delle
proprie figlie.
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nell’uccisione con la spada di tutti i suoi abitanti e nel rogo
dell’intera città (1,8), stessa sorte riservata a Sefat (1,17), a
diecimila moabiti (3,29), a venticinquemila uomini con le loro città
(20,43-48). Anche l’epopea di Gedeone è costellata di stragi e da
supplizi (capp. 7-8). Simile quella di Abimelec che uccise i suoi
stessi fratelli (9,5), distrusse l’intera città di Sichem seminandovi
sopra il sale (9,45) e poi andò egli stesso incontro a morte orrenda
(9,53-54). Iefte uccise la sua figlia unigenita, innocente, offrendola
al suo Dio quale ringraziamento per la vittoria accordatagli (11,29-
39). Sansone uccise mille uomini con una mascella d’asino (15,15),
poi fece crollare un tempio causando la morte di tremila persone
(16,27-30). Inoltre gli abitanti di Lais, definiti «gente che stava
tranquilla e in sicurezza» vengono tutti passati a fil di spada e la
loro città è data alle fiamme dagli ebrei della tribù di Dan (18,27).
Nella città di Ghibea un ebreo levita è ospitato in casa di un ebreo
efraimita con sua moglie e un servo. La casa è circondata da
gentaglia che vuole abusare sessualmente dell’ospite, allora il
padrone di casa per placare i bassi istinti di quella canaglia offre
alle loro voglie le donne che erano in casa: sua moglie e la figlia
vergine dell’ospite. Quest’ultima viene abusata per l’intera notte
fino a che cade morendo sulla soglia di casa. Il levita la carica su
un asino e la porta a casa sua. Qui la squarta in dodici pezzi che
manda in giro per tutto il territorio d’Israele.
Il libro di Samuele.
Questa epopea continua nei libri di Samuele. Non è il caso
di riportare un elenco esaustivo ma vanno ricordate le stragi dei
filistei (7,7-11; 14,31), degli abitanti di Berh Semes (6,19), degli
ammoniti (11,11), degli amalekiti (15,7-8) per i quali il Dio degli
ebrei ordinò di non aver pietà neanche delle donne e dei bambini
lattanti. Anche l’epopea di Davide è zeppa di episodi atroci: uccide
duecento filistei e ne porta i prepuzi al padre di Mical, che voleva
sposare, contandoli pubblicamente e ottenendo così la mano della
donna (18,27). Così fa tagliate testa e mani a Recab e Baana e li
espone in luogo pubblico: costoro avevano a loro volta decapitato
Ish-Bosheth (2 Sam. 4,7-12). 2 Sam. 8,1-18 è un condensato di
stragi conseguenti le vittorie di Davide, tra cui i ventimila uomini
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nella foresta di Efraim (2 Sam. 18,6-7). Il re è noto per aver voluto
la morte di Uria al fine di possederne la moglie Betsabea che gli
piaceva irresistibilmente (2 Sam. 11,14-27). Dio condanna l’azione
e fa morire il figlio (innocente) del re (2 Sam. 12,13-18). Altri
innocenti, e sono settantamila, morirono a causa di una pestilenza
mandata da Dio poiché in Israele era stato fatto un censimento (2
Sam. 24.15).
15
scagliandoli sulle rocce e facendoli sfracellare: «Figlia di
Babilonia, che devi essere distrutta, beato chi ti darà la retribuzione
del male che ci hai fatto! Beato chi afferrerà i tuoi bambini e li
sbatterà contro la roccia!».
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Capitolo secondo
Tentativi di spiegazione
3
Su questo tema si può leggere il quaderno n° ??? di questa stessa collana il
quale riguarda proprio il tema della Bibbia e della sua infallibilità.
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a ordinare una strage, l’azione può definirsi giusta poiché è l’ordine
divino che la rende tale. Questo tentativo di spiegazione, però, si
scontra contro un vizio logico da cui è pervaso: si dà per dimostrata
l’esistenza di un Dio che tal genere di azioni gradisce laddove
questo assunto è proprio ciò di cui si sta discutendo e, pertanto, non
può dirsi già dato per certo. In logica un errore del genere si direbbe
una tautologia 4; certo una tautologia che ad alcuni può apparire
risolutiva e seducente ,ma che nei più induce il sospetto di trovarsi
di fronte a persona proclive al fanatismo e che, per tal motivo,
rinuncia serenamente a ogni tipo di propria sensibilità in tema di
morale. Ma v’è di più: questo tentativo di spiegazione invece di
scagionare Dio dall’accusa di essersi dimostrato crudele lo
inchioda irrimediabilmente in questo ruolo poiché caratterizza per
certo il Suo volere in modo conforme ad azioni indubbiamente da
giudicarsi cruente.
2.6. Chi ha patito tutto ciò se l’è meritato e basta. V’è poi
chi un tantino entra nel merito e tira in ballo le cattiverie del
faraone, la nefasta religione degli egiziani, il cruento paganesimo
delle popolazioni cananee e così via. Insomma si applica la logica
del vecchio detto: «A mali estremi estremi rimedi». Le popolazioni
cananee adoravano idoli di legno e di pietra, non esitavano a
effettuare sacrifici umani e occupavano una terra che Dio aveva
destinato ad altri. Dunque se lo sono meritato! Notiamo che tal
genere di giustificazione potrebbe eventualmente avere un senso se
le violenze volute da Dio si fossero limitate a colpire la popolazione
in armi o gli individui consapevoli e renitenti. Ma cosa dire di
bambini innocenti e di donne incinte squartare?
2.7. L’agire di Dio è incomprensibile. Quest’ultimo
atteggiamento apologetico presenta una parte di verità: certamente
tutto ciò che ci avvolge, e Dio in primis, è ben al di sopra della
nostra capacità di comprendere e giudicare, tuttavia
l’argomentazione su cui si basa è quella che conduce alla mancanza
di una risposta ben definita: ignoramus et ignorabimus…
4
La tautologia è stata definita una definizione illusoria, che ripropone in
termini solo formalmente diversi l’enunciazione di quanto dovrebbe
costituire oggetto di spiegazione o di svolgimento.
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ignoriamo e continueremo a ignorare. Inoltre questa risposta (che
in realtà è una non risposta) ha il limite di far derivare da
un’affermazione esatta (“Dio è al di sopra della nostra
comprensione”) la necessità di mettere a tacere un problema.
2.8. E se interrogassimo la storia? Il tentare di capirci
qualcosa sembra invece non solo più ragionevole ma anche la via
più conforme a quel Signore che, dandoci un cervello dotato di
capacità di memoria e di analisi, desiderò abilitarci alla riflessione,
all’indagine, all’istinto di voler veder più chiare le cose.
Non si dimentichi mai che quando il cristiano vuole
comunicare con Dio non deve ascendere ai cieli e imparare la
lingua di Dio (non potrebbe mai farlo!) ma deve attenersi all’esatto
contrario: è Dio che entra nella storia e che si esprime con la lingua
dell’uomo. L’incarnazione è il fondamento della fede cristiana: fu
perfetta, Dio divenne veramente uomo, con tutte, proprio tutte, le
caratteristiche dell’uomo.
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Capitolo terzo
Bibbia e Corano
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Non si tirino in ballo i cappellani militari presenti negli eserciti delle nazioni
(sedicenti) cristiane e le loro benedizioni di armi. Si tratta, in primo luogo,
di azioni che poco hanno a che fare, a mio avviso, con il vangelo di Gesù;
e poi si tenga presente che la violenza degli eserciti è rivolta a militari di
nazioni dichiarate nemiche per motivi politici, non a infedeli per motivi
religiosi.
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Non credo che si possa dire lo stesso della Bibbia o, almeno,
nessun teologo onesto e a malapena un po’ informato lo farebbe: i
vari libri biblici non sono il frutto di una dettatura da parte di Dio
che ha visto scomparire la componente umana dello scrittore e dello
scritto. Se leggessimo i libri biblici nell’originale, avendo la
possibilità di gustarne le sfumature letterarie, coglieremmo la
peculiarità di ciascun libro, connessa all’identità dei vari singoli
autori. Ne consegue che mentre il musulmano legge il suo testo e
lo applica, il cristiano lo legge, lo contestualizza e s’impegna a
farne un’esegesi. Il termine ‘esegesi’, di derivazione greca, è
connesso all’azione del “trarre fuori”: il lettore, l’esegeta trae fuori
dal testo che gli è davanti il suo significato avvalendosi di una
pluralità di competenze che vanno dalla filologia alla storia, dalla
teologia alla storia del pensiero, dall’archeologia alla spiritualità.
Altra osservazione: la Bibbia non è un manuale di
precettistica teorica, un formulario di saggezza astratta o di filosofia
perenne; essa, al contrario, è principalmente una narrazione di
eventi di cui si compone la storia. Ne consegue che chi vuol
comprendere il suo messaggio deve attentamente soffermarsi a
sfogliare le pagine, valutare i contesti, apprezzare i colori, intendere
i chiaroscuri dell’umana vicenda. Conoscere il contesto di un libro
o anche di una sola pagina della Scrittura è indispensabile al fine di
comprenderne il significato. Esempio: il messaggio di Gesù non si
comprende se non alla luce della sua personale vicenda. Il fatto del
calvario conferisce significato a tutto il suo annuncio.
Quei lettori della Bibbia (e purtroppo sono numerosi) che
su un determinato argomento sciorinano una quantità di versetti
limitandosi ad accorparli l’uno a fianco dell’altro fanno opera di
disinformazione poiché omettono sia la ricostruzione del contesto
proprio di ciascun brano sia, di conseguenza, il senso di sviluppo
diacronico di quegli insegnamenti che tra loro sono legati da un
naturale rapporto di prima e poi il quale indubbiamente incide
complessivamente sul loro significato.
Il cristiano che su un determinato argomento trae fuori dalla
Bibbia un profluvio di versetti e li accorpa senza curarsi delle loro
specificità peculiari si rende in ciò simile al musulmano ingenuo
che, considerando il suo testo sacro, caduto sic et simpliciter dal
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cielo, lo legge senza porsi problemi di contestualizzazione e di
esegesi storica.
Il concetto fondamentale che sorregge l’idea stessa della
Bibbia come rivelazione non vede l’uomo elevarsi al livello di Dio
ma, al contrario, vede Dio scendere al livello dell’uomo per operare
con progressiva pedagogia secondo i ritmi e le crescenti capacità di
comprensione dell’uomo stesso. Questo, ritengo, è l’aspetto più
grandioso della fede cristiana: lo ‘svuotamento’ di Dio nell’uomo
Gesù, come apprendiamo da un famoso versetto paolino:
5 Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato
anche in Cristo Gesù, 6 il quale, pur essendo in forma di
Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui
aggrapparsi gelosamente, 7 ma svuotò se stesso,
prendendo forma di servo, divenendo simile agli
uomini; 8 trovato esteriormente come un uomo, umiliò se
stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte
di croce. Filippesi 2,5-8.
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Capitolo quarto
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Il termine ‘anticristo’ ricorre una sola volta nel Nuovo Testamento e sta a
indicare coloro che negano l’umanità di Gesù, cfr. 1 Giov. 4,3. Nella chiesa
antica costoro erano chiamati doceti poiché insegnavano che Gesù aveva
soltanto l’aspetto, la sembianza umana ma in realtà non aveva un vero corpo
materiale.
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esposta nelle pagine bibliche, è caratterizzata da tutti i colori e i
sapori della storia umana; non è una rivelazione ‘disincarnata’. Non
si è trattato dell’uomo che, in virtù di una sua personale
intelligenza, si è elevato a Dio quasi rinunciando alla sua umana
natura ma, al contrario, di Dio che ha voluto entrare nel fango e
nella polvere della storia, che si è voluto abbassare per adeguarsi
alla capacità dell’uomo di comprendere. Se così non avesse fatto il
Suo linguaggio ci sarebbe rimasto incomprensibile.
Ora è ben evidente che questa umana capacità di
comprendere il pensiero di Dio e l’altra, ben più elevata, di
esprimerlo con autorevolezza, non si coglie già matura e definita
agli albori della storia, quasi come la mitica Minerva che nasceva
tutta bella e pronta in armi dal capo del padre Zeus. No, la storia
umana è costituita da un lunghissimo cammino durante il quale
all’uomo è stato dato di evolversi quanto a costumi e idee. Insomma
è come un percorso in salita su una scala nel corso del quale la
visuale dei primi gradini era bassa e limitata laddove quella offerta
dai pioli più alti è stata più elevata e chiara. Se è vero che
l’individuo umano rimane immutabile quanto alle sue
caratteristiche ed esigenze naturali, è però innegabile che egli
attraverso i secoli abbia accresciuto la sua capacità di apprendere,
conoscere, interagire con il mondo circostante.
Non possiamo mettere sullo stesso piano orizzontale il Dio
che parlava ai patriarchi, a Mosè, a Giosuè e così via con l’Iddio
che “nella pienezza dei tempi” ha palesato il suo autentico volto in
quello amorevole di Gesù. L’Iddio di Gesù è lo stesso di quello di
Aramo e Mosè (e diversamente non potrebbe essere poto che si
crede nell’esistenza di un solo Dio), tuttavia il ritratto dell’uno e
diverso da quello dell’altro poiché i due sono stati prodotti in
diverse e successive epoche della storia. I capitoli della storia
biblica sono senz’altro raggruppabili in un’unica epopea, ma
costituiscono di questa tappe successive e progressive.
Noi non notiamo una contraddizione tra il ritratto del
Signore degli eserciti ebraico e il Dio d’amore e di perdono di Gesù.
Questa posizione sarebbe quella del teologo Marcione che visse nel
secondo secolo d.C. Noi notiamo invece un’evoluzione la quale è
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proporzionale alla capacità di comprensione del recipiendario del
messaggio, cioè dell’uomo; nel nostro caso dello scrittore biblico.
Valga un esempio: tra un professionista serio e affermato che scrive
le sue opere ed esercita con autorevolezza la sua attività lavorativa
e il ragazzino che lui stesso era a otto anni, quando con la fionda
tirava le pietre ai nidi degli uccellini, non v’è contraddizione, v’è
semplicemente evoluzione. Io ad esempio, non posso considerarmi
contraddittorio se non faccio più la raccolta delle figurine dei
giocatori o se non gioco più con i soldatini di piombo:
semplicemente sono cresciuto, evoluto, maturato. E ciò si riverbera
anche nella mia capacità di concepire il mondo e Dio, anzi anche
nella mia maniera di ricevere la rivelazione di Dio. E questo è il
caso degli agiografi7 i quali vissero in epoche lontanissime e furono
condizionati, di conseguenza, da civiltà e modi di concepire ben
diversi
7
Con il termine ‘agiografi’ s’intendono gli scrittori ei vari libri entrati nel
canone biblico.
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Capitolo quinto
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12 Onora tuo padre e tua madre, 16 Onora tuo padre e tua madre,
affinché i tuoi giorni siano come il Signore, il tuo Dio, ti ha
prolungati sulla terra che il ordinato, affinché i tuoi giorni
Signore, il tuo Dio, ti dà. siano prolungati e affinché
venga a te del bene sulla terra
che il Signore, il tuo Dio, ti dà.
13 Non uccidere. 17 Non uccidere.
14 Non commettere adulterio. 18 Non commettere adulterio.
15 Non rubare. 19 Non rubare.
16 Non attestare il falso contro 20 Non attestare il falso contro il
il tuo prossimo. tuo prossimo.
17 Non concupire la casa del tuo 21 Non concupire la moglie del
prossimo; non desiderare la tuo prossimo; non bramare la
moglie del tuo prossimo, né il casa del tuo prossimo, né il suo
suo servo, né la sua serva, né il campo, né il suo servo, né la sua
suo bue, né il suo asino, né cosa serva, né il suo bue, né il suo
alcuna del tuo prossimo». asino, né cosa alcuna del tuo
prossimo».
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Se tuttavia istituissimo un paragone tra questo codice
normativo ebraico e quello vigente in quell’epoca antica presso
altre etnie potremmo meglio apprezzare i tratti di elevatezza morale
che pur esso presenta e che hanno giovato alla sua conservazione e
vigenza durante molti secoli.
Insomma, tutto ciò non può impedirci di rilevare come sia
inaccettabile per la nostra coscienza e sensibilità moderna quella
clausola proprio del secondo comandamento che minaccia il
castigo sui discendenti (fino alla quarta generazione) di chi
trasgredisce il divieto di farsi immagini di Dio. È tutto ciò è
giustificato dal carattere ‘geloso’ di Dio, come leggiamo. Insomma
un artigiano fabbrica un’immagine cultuale e il pronipote viene
castigato
Sembra evidente, secondo ogni buon senso, che ci troviamo
di fronte a una prosa dal carattere arcaico la quale rappresenta Dio
con tratti antropomorfici i quali sono gli unici che l’ebreo di quel
tempo poteva cogliere e comprendere vista la differenza tra l’epoca
sua e la nostra. Nella nostra epoca, infatti, una gelosia che conduce
dapprima all’ira e quindi alla vendetta non è certo rubricabile tra le
virtù d’un uomo saggio, figuriamoci poi di Dio!
Per comprendere la ratio di questa arcaica visione bisogna
comprendere il concetto di personalità corporativa che era proprio
dell’Israele antico. Nelle società moderne l’individuo è portatore di
diritti e doveri in piena autonomia personale. Non così allora,
quando un ampio nucleo familiare, una tribù necessariamente
condivideva un comune destino di prosperità o di sciagura.
Immaginiamo una tribù in marcia nel deserto (e il paragone calza
con gli ebrei peregrinanti): in caso di siccità o di carestia possiamo
immaginare che si salvino alcuni e periscano altri sotto lo stesso
tetto o, meglio, sotto lo stesso cielo? Il precetto biblico non fa altro
che applicare al linguaggio di Dio questa normale, comune
necessaria realtà di fatto.
Noi oggi a buon diritto parliamo di responsabilità e di
relativi destini che ineriscono soltanto l’individuo e non il più
ampio aggregato a cui questo appartiene. Ne consegue un certo
disappunto per i citati brani veterotestamentari che sembrano
accumunare interi gruppi e un affine destino. Tuttavia la prospettiva
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di questi vetusti brani biblici reca anche a noi un rilevante,
pregevole ammaestramento: spesso crediamo di essere
indipendenti l’uno dall’altro, ma sempre più frequentemente siamo
testimoni eventi, anche causati dall’uomo, che colpiscono tutti,
proprio tutti senza distinzione. Ricordiamoci della nube tossica di
Chernobyl che fece piovere veleni, è il caso di dire, sui giusti e sugli
ingiusti. Chi ha dimenticato la bomba atomica scagliata dagli
americani su Hiroshima e la sua popolazione civile e che produsse
i suoi orrori sulle successive generazioni? Forse possiamo
realmente dire, parafrasando il noto titolo di Thomas Merton, che
No man is an island. Sì, nessun uomo è un’isola così che tanto il
male quanto il bene si diffonde e si riverbera anche attraverso le
generazioni.
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credere che questa interiore sofferta macerazione abbia reso il
profeta ricettivo di una rivelazione di Dio più piena, più vera in
quanto più adatta alla ricettività dei tempi nuovi.
Così Geremia, guardando al futuro d’Israele riferì da parte
di Dio: «In quei giorni non si dirà più: “i padri hanno mangiato uva
acerba e i denti dei figli si sono allegati”, ma ognuno morirà per la
propria iniquità; chiunque mangerà l'uva acerba avrà i denti
allegati» (31,29-30).
Questa stessa riflessione agitò l’animo di un altro grande
profeta: Ezechiele. Ancòra una volta si ripropose il quesito: perché
i figli devono pagare per colpe da loro non commesse. La voce di
Dio si fece sentire questa volta in modo ancòra più articolato:
La parola del Signore mi fu rivolta in questi termini:
«Perché dite nel paese d’Israele questo proverbio: I padri
hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono
allegati? Com’è vero che io vivo - dice il Signore, Dio -
non avrete più occasione di dire questo proverbio in
Israele. Ecco, tutte le vite sono mie; è mia tanto la vita
del padre quanto quella del figlio; chi pecca morirà.
Se uno è giusto e pratica l’equità e la giustizia,
se non mangia sui monti e non alza gli occhi verso gli
idoli della casa d’Israele, se non contamina la moglie del
suo prossimo, se non si accosta a donna mentre è impura,
se non opprime nessuno, se restituisce al debitore il suo
pegno, se non commette rapine, se dà il suo pane a chi ha
fame e copre di vesti chi è nudo, se non presta a interesse
e non dà a usura, se allontana la sua mano dall’iniquità e
giudica secondo verità fra uomo e uomo, se segue le mie
leggi e osserva le mie prescrizioni agendo con fedeltà,
egli è giusto; certamente vivrà - dice il Signore, Dio
Ma se ha generato un figlio che è un violento,
che sparge il sangue e fa a suo fratello qualcuna di queste
cose (cose che il padre non commette affatto): mangia
sui monti, e contamina la moglie del suo prossimo,
opprime l’afflitto e il povero, commette rapine, non
restituisce il pegno, alza gli occhi verso gli idoli, fa delle
abominazioni, presta a interesse e dà a usura, questo
figlio vivrà forse? No, non vivrà! Egli ha commesso tutte
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queste abominazioni, e sarà certamente messo a morte; il
suo sangue ricadrà su di lui.
Ma se egli ha generato un figlio, il quale, dopo
aver visto tutti i peccati che suo padre ha commesso, vi
riflette e non fa tali cose: non mangia sui monti, non alza
gli occhi verso gli idoli della casa d’Israele, non
contamina la moglie del suo prossimo, non opprime
nessuno, non prende pegni, non commette rapine, ma dà
il suo pane a chi ha fame, copre di vesti chi è nudo, non
fa pesare la mano sul povero, non prende interesse né
usura, osserva le mie prescrizioni e segue le mie leggi,
questo figlio non morrà per l’iniquità del padre; egli
certamente vivrà. Suo padre, siccome è stato un
oppressore, ha commesso rapine a danno del fratello e ha
fatto ciò che non è bene in mezzo al suo popolo, ecco che
muore per la sua iniquità.
Se voi diceste: Perché il figlio non paga per
l’iniquità del padre? Ciò è perché quel figlio pratica
l’equità e la giustizia, osserva tutte le mie leggi e le mette
a effetto. Certamente egli vivrà. La persona che pecca è
quella che morirà, il figlio non pagherà per l’iniquità del
padre, e il padre non pagherà per l’iniquità del figlio; la
giustizia del giusto sarà sul giusto, l’empietà dell'empio
sarà sull'empio (Ezech. 18,1-20).
Questa rivelazione attesta il superamento di quella
concezione arcaica dalla quale siamo partiti e che, innegabilmente,
contrastava una norma di giustizia per noi elementare. Attraverso
la bocca di Ezechiele Iddio parla con chiarezza su questo tema a un
popolo oramai maturo per ascoltare, comprendere, far tesoro. Il
concetto è ben chiaro ed emerge dai versetti sottolineati nel testo
sopra riportato: morirà (cioè: sarà castigato) colui che ha
trasgredito, quindi i figli non pagheranno per i padri né questi
ultimi per la loro progenie.
Cosa concludere? Forse s’è trattato di due divinità che
ragionavano diversamente? O di un dio che nel corso del tempo ha
cambiato idea e pertanto atteggiamento? Risulta difficile crederlo.
Sembra ben evidente che a mutare sia la pedagogia di Dio,
cioè la sua maniera di relazionarsi con l’umanità, in particolare con
37
il popolo d’Israele. Questa pedagogia è rispettosa dei ritmi con cui
un individuo, un popolo muta evolvendosi. La voce di Dio non
tuona dall’alto seminando terrore e facendosi ascoltare poiché è
rumorosa e paurosa. Tutt’altro: la vera voce di Dio, quella destinata
a lasciar traccia nei cuori e a plasmare le vite, si fa intendere
nell’intimo della coscienza, sovente nel silenzio di una riflessione
sofferta. E ciò vale tanto per l’individuo quanto per un popolo
intero.
Se nel mio intero ciclo scolastico i miei insegnanti m’hanno
impegnato dapprima a compitare con le vocali in bella grafia e poi,
soltanto successivamente, a risolvere complesse equazioni
algebriche non vuol dire che ho ricevuto un’istruzione
contraddittoria e incoerente ma, al contrario, che la pedagogia ha
prestato attenzione ai miei ritmi di crescita fisica e mentale,
rispettandoli e adeguando i contenuti alla cangiante mia maturità.
Così è nel rapporto di Dio con Israele.
Un concetto fondamentale è che Dio rispetta l’individuo, la
sua creatura in maniera molto più profonda di quanto noi possiamo
pensare: la nostra salvezza non è forse condizionata dal nostro
personale dire sì alla Sua grazia che sola può operare la
conversione? Non è forse nostro còmpito mantenerci nel sentiero
indicatoci da Dio nel corso della nostra vita accettando quel divino
soccorso che solo può conferirci tale capacità?
Da ciò emerge anche la meravigliosa bellezza della Bibbia
che non appare un libro piovuto dall’alto bell’e pronto, quasi una
rivelazione metastorica e astratta. No. Al contrario è un messaggio
teandrico, cioè divino e umano, che si plasma in conformità alle
capacità dell’uomo, varie e progressive. E Dio che si avvicina alla
cittadella dell’umanità e non è quest’ultima a elevarsi, con la
propria forza, all’altezza di Dio.
La Bibbia è voce di Dio, sì. Ma è voce che ha deciso di
risuonare attraverso quella dell’uomo, anche assumendo le
caratteristiche e i limiti di quest’ultima. E se così non fosse stato
noi uomini non avremmo potuto comprenderla, così come un
bambino di prima elementare non può comprendere le già citate
temibili equazioni algebriche, non perché sia stupido o perché
l’insegnante non sia adeguato ma, semplicemente, perché la
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pedagogia tiene conto dei ritmi di crescita del soggetto che è al
centro del processo educativo: l’allievo.
Ad onta di queste precisazioni dei profeti, Geremia e più
ancòra Ezechiele, nel popolino rimase sempre una certa proclività
a ritenere che sull’umanità la colpa si riverberasse a cascata da
padre in figlio, inseguendo le generazioni. Di fronte al mistero
della nascita di un bimbo malato o deforme il ricorso a questo
arcaico modo di pensare sembrava risolutivo e quasi appagante
poiché rendeva ragione di qualcosa che appariva ingiusto.
Persino i discepoli di Gesù erano vittime di siffatti giudizi
o, per meglio dire, pregiudizi. Il nono capitolo del vangelo di
Giovanni, infatti, narra che un giorno Gesù s’imbatté in un uomo
che era cieco dalla nascita. I suoi discepoli s’affrettarono a
chiedergli chi avesse peccato: “lui o i suoi genitori, perché sia nato
cieco?”. La risposta di Gesù fu chiara e immediata e fece piazza
pulita di quel vecchio modo di concepir le cose che già Geremia ed
Ezechiele avevano ben chiarito rettificandolo. Per Gesù la malattia
non era da riferirsi a nessun peccato del povero cieco, né tantomeno
a colpe dei suoi genitori. In questa occasione Gesù non spiegò il
mistero della sofferenza che non è collegata a una colpa con un
nesso, diremo, eziologico8. Egli si limitò a inserire l’episodio del
conseguente miracolo tra i semeia, cioè tra i segni attestanti il suo
ruolo di inauguratore di una nuova economia, quella del Regno di
Dio che andava instaurandosi “già e non ancòra”. Credo che a
sèguito di questo episodio i discepoli di Gesù abbiano capito che il
mistero della sofferenza o di un male inspiegabile non si risolve
certo chiamando in causa colpe di antenati, tra l’altro neanche ben
precisate, bensì considerando l’inspiegabile alla luce di una nuova
economia nella quale il retaggio oscuro del male e della sofferenza
non avrebbe avuto più luogo. Non così i farisei i quali, secondo
Giov. 9,34, continuarono ostinatamente a imputare la cecità al
peccato del poveretto ritenendosi loro, superbamente, immuni da
ogni colpa! Questi farisei, simili in ciò a tanti moderni
8
Nesso eziologico è un’espressione tecnica che significa collegamento tra
causa ed effetto. V’è un nesso eziologico tra il fumo delle sigarette e il
tumore ai polmoni, così come tra il mangiare frutti di mare avariati ed
essere poi affetti da epatite virale.
39
fondamentalisti, accorpavano in modo acritico versetti degli strati
più vetusti dell’Antico Testamento con le parole, nuove e
illuminanti, con le quali Gesù ora voleva illuminarli.
Concludiamo: il messaggio di Dio parla all’uomo
all’interno della sua storia; si esprime con vocaboli umani e questi,
si sa, sottendono sempre concetti che sono anche umani. In epoche
arcaiche il ritratto di Dio ricalcava le concezioni della personalità
corporativa che caratterizzavano i livelli di comprensione
dell’epoca; successivamente fu reso chiaro che le responsabilità
etiche (e le relative loro conseguenze) ineriscono l’individuo in
quanto tale. Il messaggio dell’intero Nuovo Testamento, che
riecheggia e incornicia la rivelazione fatta da Gesù nella “pienezza
dei tempi” è estremamente chiaro: l’appello alla conversione e
l’offerta della salvezza è individuale. Non posso convertirmi per
mio padre o per mio figlio. Devo essere pronto ad assumermi le
mie responsabilità, personalmente.
Che differenza con l’età arcaica da cui la nostra analisi è
partita. Ed è per questo che ci sentiamo cristiani! Se niente fosse
mutato sarebbe stata pleonastica e inutile la rivelazione
neotestamentaria.
40
Capitolo sesto
Impariamo da Gesù
42
calice passi oltre da me, senza che io lo beva, sia fatta la
tua volontà». Mt. 26,39-42.
43
Riconoscere alla Bibbia anche il carattere di documento
umano significa dir qualcosa di palese a tal punto da risultare
addirittura ovvio. Significa dare risposta al quesito da cui siamo
partiti, interpretando nella giusta luce di una progressione storica
quelle pagine ‘difficili’ di cui abbiamo prima stilato un lungo
elenco.
44
Capitolo settimo
45
Vecchio e del Nuovo Testamento, dell’autorità del quali
non fu mai alcun dubbio nella Chiesa9.
Dello stesso tenore il quinto degli Articles of Religion della
Chiesa Metodista stabilito nel 1784:
La Sacra Scrittura contiene tutto ciò che è
necessario alla salvezza; pertanto tutto ciò che non vi si
legge e che non può essere da essa provato non può essere
ritenuto un articolo di fede o un requisito necessario alla
salvezza. Con l’espressione Sacre Scritture noi facciamo
riferimento ai libri canonici dell’Antico e del Nuovo
Testamento la cui autorità non è mai stata posta in dubbio
dalla chiesa10.
9
Segue qui un dettagliato elenco dei libri da inserirsi nel canone biblico.
10
Testo originale: The Holy Scripture containeth all things necessary to
salvation; so that whatsoever is not read therein, nor may be proved
thereby, is not to be required of any man that it should be believed as an
article of faith, or be thought requisite or necessary to salvation. In the
name of the Holy Scripture we do understand those canonical booksof the
Old and New Testaments of whose authority was never any doubt in the
church. Segue l’elenco dei libri biblici.
46
protestante” quel complesso di tentativi teologici, di parte sia
luterana che calvinista, di ‘sistemare’ le dottrine desumibili dalla
Bibbia e consolidate dai primi concili ecumenici, il tutto come
recepito dai riformatori di riferimento. Questa Scolastica
protestante definì la centralità della Bibbia, la sua sufficienza ai fini
della salvezza e della vita cristiana, la sua piena attendibilità in
riferimento a questi scopi che, in concreto, erano gli scopi stessi di
Dio nel dar vita al processo che definiremo dell’ispirazione, cioè
della redazione dei testi biblici.
Fu soltanto negli anni ’20 del Novecento che negli Stati
Uniti d’America il movimento ‘fondamentalista’ integrò la
tradizionale dottrina sulla Scrittura con la dichiarazione che questa
era da considerarsi infallibile e inerrante su qualsiasi argomento:
geologia, scienza, biologia, matematica, medicina, storia,
geografia, etc. Questa ‘inerranza’ era limitata ai testi ‘autografi’
delle Scritture, cioè ai manoscritti così come usciti direttamente
dalla penna degli autori. Inutile dire che tali manoscritti sono tutti
smarriti, quindi si attribuivano qualità a un testo non disponibile.
Delle due l’una: 1. Dio aveva accuratamente e miracolosamente
assicurato nei secoli una qualità a testi lasciati poi scomparire (tanto
lavoro per niente!); 2. Dio avrebbe estesa la Sua assistenza
procurando che il requisito dell’infallibilità fosse conferito alle
copie ed alle copie delle copie fino a pervenire al testo a stampa che
oggi è nelle nostre mani (allora perché enfatizzare il carattere
infallibile in modo limitativo, cioè ai soli ‘autografi’?).
La pretesa fondamentalista da un lato ha introdotto negli
articoli di fede di alcune denominazioni evangeliche ‘conservatrici’
un elemento nuovo estendendo l’spirazione divina (e pertanto
l’inerranza) su temi non pertinenti al processo di salvezza /
santificazione, anzi del tutto ‘profani’; dall’altro ha dato la stura a
un’infinità di controversie, critiche alle Scritture, contestazioni
sovente approdate, in modo alquanto ridicolo, nelle aule dei
tribunali statunitensi dove giudici togati sono stati chiamati a
sentenziare sui giorni della creazione.
47
I fondamentalisti, specialmente se di stampo calvinista, non
hanno attinto al patrimonio della tradizione della chiesa 11 ma si
sono avvalsi di un sillogismo che può così riassumersi: 1. la Bibbia
è il libro di Dio; 2. Dio non può mentire; 3. Quando la Bibbia si
esprime anche su temi non inerenti la vita spirituale afferma il vero
senza errori.
Abbiamo così assistito alla trasformazione di quella che era
mirabilmente definita dagli antichi cristiani come “la lettera del
Creatore alle creature” in quella che in mani più sprovvedute si
trasforma facilmente in un talismano se non in un pericoloso “papa
di carta”.
11
In questo caso avrebbero dovuto far tesoro del processo contro Galileo
Galilei sui movimenti della terra e del sole, però mettendosi contro Galilei
dalla parte dell’Inquisizione cattolica che difendeva la verità d’ordine
‘scientifico’ del moto del sole intorno al pianeta terra.
48
Capitolo ottavo
12
Mt. 5,37.
13
Giosuè 6.
14
Mt. 5,29; Lc. 6,39.
15
1 Gv. 4,8.
49
colpire i nidi degli uccelli sui rami degli alberi. Questo stesso
ragazzino col passare degli anni, magari seguendo il consiglio dei
suoi genitori, si sarebbe poi iscritto alla Facoltà di Veterinaria
diventando poi un brillante medico veterinario che, con passione e
professione, avrebbe curato la salute dei suoi pazienti animali.
Magari egli diventerà anche socio benemerito della LUPU, Lega
per la protezione degli uccelli.
Cosa pensare di questo veterinario? Ci troviamo di fronte a
un personaggio incoerente? Magari uno schizofrenico? Molto più
semplicemente: ha attraversato momenti evolutivi diversi ed ha
recepito le esortazioni dei genitori in conformità al livello di
sensibilità di cui, volta per volta, era dotato, sempre credendo di
mettere in pratica l’intenzione di papà e mamma.
Cos’altro significa che Gesù è venuto “nella pienezza dei
tempi” 16 ? L’espressione non si riferisce all’epoca dell’impero
romano, come una lunga tradizione esegetica ha ritenuto, bensì al
momento preciso stabilito da Dio per la storia dell’umanità.
Se oltre al sacrificio del Calvario c’è stata la predicazione,
cioè l’insegnamento, di Cristo, se c’è stata la stesura di ventisette
libri del Nuovo Testamento e se questo corpus è a buon diritto
chiamato nuovo, allora tutto ciò qualcosa vuol dire!
Il Nuovo non cancella l’Antico ma lo illumina, lo illustra, lo
palesa come un documento in sé stesso incompleto e parziale. La
componente ‘umana’ di quella raccolta che, come abbiamo visto,
s’affianca a quella di carattere ispirato, ci consegna un ritratto di usi
e costumi coerenti con quelle epoche antiche: la schiavitù, la
poligamia, la lapidazione, la legge del levirato e così via.
Magari se confrontiamo le istituzioni d’Israele con quelle
delle culture contemporanee dell’epoca possiamo concludere in
base al paragone che esse erano più ‘evolute’. Certamente la
condizione degli schiavi era più mite, certamente era più equo
attuare una giustizia “occhio per occhio, dente per dente” anziché
reagire a un omicidio con una strage e, tuttavia, il progresso ha
continuato a camminare, così la rivelazione ha continuato pure, così
anche la capacità dell’uomo di recepire ed esternare.
16
Gal. 4,4.
50
Non ci si lambicchi il cervello sforzandosi di attribuire a Dio
e di inserire nel Suo messaggio di salvezza quel ritratto bellicoso e
fosco che libri come Giusuè e Giudici, ad esempio, ci consegnano.
Molti episodi che vi leggiamo non rientrano nel messaggio di
salvezza ma lo preparano attestando un livello di ferinità che
sarebbe poi stato del tutto superato. L’istituto dello herem di cui
abbiamo parlato, cioè la consacrazione all’Eterno degli eserciti di
un intero popolo da sterminare, non ha niente a che fare con la
nostra salvezza e santificazione se non perché ci fa apprezzare il
carattere diverso del nostro Salvatore e dell’economia di amore che
ha instaurato riflettendo, questa volta in pieno e completamente, il
ritratto di Dio autentico.
Restituiamo alla componente umana della Scrittura i tanti
episodi che grondano sangue e trasudano inaudita violenza. Sono
attestazioni di come ogni uomo, non importa se sia greco o giudeo,
abbia bisogno della grazia salvifica di un Dio che, finalmente,
abbiamo conosciuto come amore.
Concludiamo:
Sì, il Dio dei cristiani è lo stesso Dio d’Abramo, d’Isacco e
di Giacobbe, è lo stesso Eterno degli eserciti e, tuttavia, i ritratti
che ci consegnano i libri biblici sono diversi. Tale diversità attesta
il carattere progressivo e il valore storico della rivelazione biblica,
il rispetto di Dio per i tempi di maturazione delle Sue creature, la
necessità di Gesù e del Suo insegnamento al fine di acquisire la
pienezza della verità.
51
Aggiungi al carisma la formazione
Quaderni di formazione continua in àmbito storico e teologico
a cura di Giancarlo Rinaldi
Docente di Storia del cristianesimo Università degli Studi di Napoli l’Orientale
N° 1 – Infallibile?
L’autorità della Bibbia alla luce della Bibbia stessa, della storia e
della ragione. (In preparazione).
N° 2 – Pagine indigeste dell’Antico Testamento.
Il Dio dei cristiani è il Dio d’Abramo, d’Isacco e di Giacobbe?
N° 3 – Esiste una teologia pentecostale?
Sulle tracce della spina dorsale teologica del pentecostalesimo.
(In preparazione).
N° 4 – Glossolalia.
Cosa significa realmente “parlare in lingue?”. (In preparazione).
N° 5 – Fede evangelica e massoneria.
Possibile un incontro? (Disponibile).
N° 6 – Testimonianza evangelica e impegno politico.
Come conciliare i doveri del cittadino con quelli del credente?
(In preparazione).
N° 7 – “Preghino a capo coperto”.
Le donne devono portare il velo in chiesa? (In preparazione).
N° 8 – La donna pastore.
Possibile e desiderabile? (In preparazione).
N° 9 – Bibliografia ragionata sulla storia del movimento pentecostale
italiano.
(Disponibile).
N° 10 – Pre- destinati ?
Note sulla storia del dibattito sulla predestinazione.
(Disponibile).
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