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“LA COMUNICAZIONE NON VER BA L E”

PROF. CRISTIANO DI SALVATORE


Università Telematica Pegaso La comunicazione non verbale

Indice

1 STRUTTURA DELLA COMUNICAZIONE ----------------------------------------------------------------------------- 3


2 IL CORPO NON MENTE ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 6
3 LE FORME DELLA COMUNICAZIONE NON VERBALE --------------------------------------------------------- 8
4 LE DISTANZE ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
5 DIFFERENZA TRA UOMINI E DONNE E STILI DI PERSONALITÀ ------------------------------------------ 14
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 16

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)

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1 Struttura della comunicazione


Potendo usare una metafora per la comunicazione, potremmo immaginare un iceberg.

Forse non tutti sanno che soltanto la parte dell’iceberg visibile rappresenta la

comunicazione verbale1, ed è per l’appunto soltanto il 7%. Il restante 93% è rappresentato dalla

comunicazione paraverbale2 e dalla comunicazione non verbale3.

Uno studio condotto nel 1972 da Albert Mehrabian (Non-verbal communication) ha

mostrato che ciò che viene percepito in un messaggio vocale di valenza neutrale, nel contesto di un

laboratorio, ed emettendo il messaggio ma esprimendone uno diverso con il linguaggio del corpo,

può essere così suddiviso:

 Movimenti del corpo (soprattutto espressioni facciali) 55%

 Aspetto vocale (volume, tono, ritmo) 38%

 Aspetto verbale (parole) 7%

L'efficacia di un messaggio dipende quindi solamente in minima parte dal significato

letterale di ciò che viene detto, e il modo in cui questo messaggio viene percepito è influenzato

pesantemente dai fattori di comunicazione non verbale.

Secondo i linguisti più del 90% della nostra comunicazione giornaliera è infatti non-verbale.

È quindi un contributo enorme al linguaggio verbale e, dal momento che la comunicazione è

strettamente ambivalente, possiamo facilmente comprendere quanto sia più grande il rischio di non

capire quando si è al telefono piuttosto che quando si parla faccia a faccia.

Potremmo classificare il processo comunicativo distinguendolo in comunicazione logica e

comunicazione analogica.

1
Si intende il contenuto di quello che dico, delle parole che utilizzo
2
Il linguaggio paraverbale fa riferimento al modo in cui qualcosa viene detto. I fattori che rientrano in questa tipologia
di comunicazione sono, ad esempio, il tono di voce, la velocità, il timbro e il volume.
3
La comunicazione non verbale include l’utilizzo dello sguardo, della prossemica, della postura, la gesticolazione.

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La comunicazione logica solitamente è verbale, cioè si serve delle parole; la comunicazione

analogica è non verbale e paraverbale.

La comunicazione logica ha la funzione di descrivere le cose, esporre ragionamenti, fare

domande e affermazioni. Per questo scopo vengono utilizzati simboli e codici tipici di ogni lingua;

questi simboli sono stabiliti per convenzione all’interno di un determinato gruppo etnico il quale

raggruppa questi codici e li regolamenta attraverso la grammatica e la sintassi.

La comunicazione logica ha la capacità di poter esprimere concetti astratti, effettuare

collegamenti tra concetti nel tempo e nello spazio.

Parlando di comunicazione non verbale, potremmo immaginare il nostro cane: chiunque

avrà notato che muove le orecchie, scodinzola, si avvicina o si allontana a noi.

Pur non parlando la nostra lingua (comunicazione verbale o logica), riusciamo a

comprendere benissimo, attraverso la sua comunicazione non verbale, se il cane ha fame, se vuole

giocare, se si sente in pericolo ecc.

La stessa capacità, la abbiamo noi esseri umani. Se per esempio durante un pranzo di lavoro

o una riunione un uomo si siede a capotavola, indica chiaramente una posizione dominante

all’interno del gruppo e questo viene percepito anche da osservatori esterni al gruppo.

Se nell’arco della giornata incontriamo amici e colleghi, probabilmente ci stringeremo la

mano4. Anche attraverso questo gesto comunichiamo in modo molto potente: c’è chi stringe la

modo in modo molto energico, chi in modo flebile, chi tende tutto il braccio, chi ci tira verso di se.

Questi gesti possono essere più o meno consapevoli, molti altri invece vengono effettuati in

modo del tutto inconsapevole.

4
La stretta di mano come la conosciamo noi oggi - diffusa a 360 gradi in tutta la popolazione - è divenuta pratica
diffusa in Europa solo dopo la caduta dell'impero romano, durante l'Alto Medioevo (V-X secolo d.C.). A praticarla
erano soprattutto le tribù germaniche: serviva a esprimere la piena fiducia nei confronti di chi si incontrava. E il perché
è facile da capire: impegnando la mano destra era infatti impossibile sfoderare la spada per difendersi.

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Per esempio, conversando con qualcun altro potremmo grattarci il naso; questo gesto di per

sé non ha nulla di volontario perché è un atto riflesso5, che non è comandato dal cervello, bensì dal

midollo allungato.

Gli psicologi sono in accordo sul fatto che quando ci grattiamo il naso fastidio o disagio.

Perché l’uomo non avverte direttamente questi impulsi?

Per la psicologia cognitivista, questi sarebbero comportamenti adattivi6; inoltre se fossero

riconosciuti a livello cosciente potrebbero provocare una profonda ansia, in questo modo invece

alleggerirebbero la tensione.

5
In fisiologia un riflesso è una risposta involontaria ad uno stimolo, mediata da elementi nervosi, che termina con una
risposta. I riflessi hanno generalmente lo scopo di mantenere l'omeostasi dell'organismo.
6
I comportamenti adattivi verrebbero sviluppati a livello inconscio per consentirci di essere impegnati in attività più
importanti, delegando a strutture nervose inferiori la gestione di altri stimoli.

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2 Il corpo non mente


Se è vero che non possiamo controllare la totalità della comunicazione non verbale, allora

quando comunichiamo con qualcun altro e osserviamo i suoi comportamenti, possiamo scoprire

molte cose senza che l’altro ce lo comunichi in modo consapevole oppure andando oltre le sue

parole.

Il motivo più comune per il quale eseguiamo atti non verbali è che quando la circostanza,

l’interlocutore o l’ambiente non ci permettono di esprimere a voce esattamente come ci sentiamo o

cosa stiamo pensando, scarichiamo questa frustrazione attraverso il linguaggio del corpo.

Potenzialmente tutti noi siamo in grado di riconoscere i messaggi della comunicazione non

verbale, in quanto questa capacità è innata. In realtà se non alleniamo questa capacità, con il passare

degli anni potremmo perderla o usarla poco.

Un motivo è dato anche dal fatto che generalmente nella nostra cultura veniamo educati a

nascondere le nostre emozioni piuttosto che esprimerle.

Geneticamente, il sesso femminile è predisposto e attento a riconoscere la comunicazione

non verbale; secondo alcuni potrebbe dipendere dal fatto che questa capacità viene sviluppata

attraverso la cura della prole. Secondo altre opinioni, perché essendo storicamente stata soggiogata

dal sesso maschile, la donna ha dovuto sviluppare maggiormente la comunicazione non verbale.

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Immagine scaricata da www.metadidattica.com

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3 Le forme della comunicazione non verbale


Potremmo dividere gli aspetti della comunicazione non verbale in diverse forme:

- Prossemica, che riguarda il rapporto con lo spazio occupato e le distanze

- Cinesica, che si occupa dei gesti utilizzati

- Digitale, che studia in contatto fisico

Attraverso la prossemica è possibile parlare di “dimensione psicologica”, “territorio” e

“distanza interpersonale”8.

La dimensione psicologica

Ognuno di noi, da bambino avrà indossato scarpe o abiti dei nostri genitori; guardandoci allo

specchio ci siamo sentiti tutt’altro che ridicoli, anzi, abbiamo provato soddisfazione.

Da adulti, abbiamo continuato ad indossare abiti e scarpe che hanno la stessa funzione: cioè

quella di rimodellare la nostra dimensione psicologica. Un giubbotto o una sciarpa non sono solo

protezione dal freddo, ma rappresentano un modo di comunicare noi stessi.

Quante volte indossando un determinato abbigliamento ci siamo sentiti sicuri? O all’opposto

insicuri?

Basti pensare all’esistenza delle divise; le forze dell’ordine indossandole comunicano

immediatamente il senso di autorità, rispetto, sicurezza. Non a caso si parla “del fascino della

divisa”.

Emblematico è il fenomeno per il quale non riconosciamo per strada un infermiere se

indossa “abiti civili” al posto della divisa da lavoro.

8
E.T. Hall (1968)

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La postura

Osservando semplicemente dal modo in cui le persone stanno in piedi, potremmo osservare

che alcune hanno le gambe divaricate, altre le gambe chiuse.

Statisticamente è rilevato che persone con gambe divaricate si ritengono dominanti, vincenti.

A livello evolutivo la spiegazione è che durante i combattimenti era necessario mantenere una

posizione salda e di equilibrio: non a caso i pugili assumono tale posizione con gambe aperte e

semiflesse.

Posizione di braccia e gambe da seduti

Offrendo un punto di vista dicotomico potremmo differenziare in chi tiene braccia e gambe

chiuse o incrociate e chi le tiene aperte.

Braccia e gambe aperte sono posizioni assunte tipicamente dai leader. A livello evolutivo si

spiega nel seguente modo: ci si sente sicuri di esporre zone vulnerabili quali genitali ed ascelle.

Movimento nello spazio

Hai mai partecipato ad una conferenza?

Avrai sicuramente notato che alcuni conferenzieri si siedono dietro la scrivania e rimangono

costantemente seduti; altri invece passano incessantemente da una persona ad un’altra, si muovono

si continuo; insomma si muovono quando parlano in pubblico. Questi ultimi vengono percepiti

come leader, come persone carismatiche e capaci.

Il territorio

Così come gli animali possiedono un territorio, anche noi esseri umani ne possediamo uno;

lo conquistiamo, lo difendiamo. Basti pensare ironicamente alle lotte per i parcheggi o per chi si

trova per primo in fila in un ufficio.

E’ ovvio che le nostre modalità sono più civili e fine rispetto a quelle degli animali, ma per

molti aspetti sono simili.

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Perché abbiamo bisogno di un territorio?

Perché in un certo senso ci offre sicurezza, potere, stabilità.

Se osserviamo ad esempio pali, cortecce d i alberi, panchine, facilmente possiamo trovare

“segni” della nostra presenza: firme, disegni, date.

Qualcuno ha lasciato un messaggio che inconsciamente afferma “io sono stato qui, questo

posto è mio, questo posto è speciale per me .”

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4 Le distanze
Quando ci troviamo in presenza di altre persone, spesso cerchiamo di mantenere una

distanza che rappresenti un punto di equilibrio.

Sempre a livello inconscio, fin da piccoli acquisiamo regole più o meno definite che

regolano le giuste distanze da tenere nelle relazioni interpersonali. Potremmo paragonare tutto

questo ad una danza.

Nel mondo animale, si rileva la presenza di 4 tipi di distanza:

- Distanza di fuga

- Distanza di attacco

- Distanza personale

- Distanza sociale.

L’essere umano, attraverso migliaia di anni di evoluzione ne ha sviluppate e potenziate

alcune e depotenziate altre.

Le 4 distanze umane sono dunque:

- Distanza intima

- Distanza personale

- Distanza sociale

- Distanza pubblica

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La prossemica10 può variare in base alla cultura di riferimento, al ceto sociale ed alla

personalità dell’individuo.

La distanza intima, parte dai 0 cm ovvero dal contatto fisico, fino a giungere i 50 cm ca.

Questo spazio lo identifichiamo generalmente con i rapporti intimi, c’è maggiore presenza di

contatto ed intimità.

La distanza interpersonale, è compresa tra i 50 cm e i 120 cm. Di norma, almeno nella

nostra cultura le interazioni tra conoscenti ed amici avvengono in una distanza che si aggira intorno

ai 70 cm. Mantenendo questa distanza si trasmette informalità e gradevolezza della conversazione.

La distanza sociale, viene in genere mantenuta con persone con le quali abbiamo relazioni

molto formali. Questo per esempio può accadere quando ci troviamo in un ufficio aperto al

pubblico, oppure quando siamo in una sala d’attesa di uno studio medico.

La distanza pubblica, si colloca oltre i 2 mt. Le persone che si trovano oltre questo margine

vengono prese poco in considerazione dalla nostra attenzione e si evidenzia un’assenza di relazioni.

9
http://www.linguaggiodelcorpo.it/2011/10/20/prossemica/
10
Edward Hall, l’antropologo che ha coniato il termine prossemica, definisce questa disciplina “lo studio di come
l’uomo struttura inconsciamente i microspazi – le distanze tra gli uomini mentre conducono le transazioni quotidiane,
l’organizzazione dello spazio nella propria casa e negli altri edifici e infine la struttura delle sue città.“

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n.b. Questi fattori e misurazioni rispetto la prossemica sono molto condivise in tutta la

cultura occidentale, tuttavia non potrebbe essere la stressa cosa in culture differenti. Per gli

anglosassoni la distanza personale è di 2mt! Mentre per gli arabi praticamente non esiste e si

sconfina spesso nel contatto con l’altro. Nei paesi dell’est Europa è molto imbarazzante abbracciare

una persona appena conosciuta.

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5 Differenza tra uomini e donne e stili di


personalità
Utilizzando alcune metafore potremmo immaginare che il confine tra le altre persone

assomigli ad una sfera per le donne e ad un uovo per gli uomini.

Le donne generalmente tendono a stare più vicine agli altri, e se rappresentano persone di

sesso femminile la distanza diviene ancora minore; gli uomini invece, generalmente tendono a

mantenere la stessa distanza con entrambi i sessi.

Un’altra differenza è data dal fatto che le donne preferiscono porsi di fronte, mentre gli

uomini di lato.

Ricordiamo che la distanza a cui ci avviciniamo agli altri oppure ci facciamo avvicinare è

legata anche al nostro umore: se siamo felici probabilmente saremo più propensi a farci abbracciare,

ad avvicinarci agli altri; se ci sentiamo nervosi, impauriti o demoralizzati è molto facile che

eviteremo qualsiasi forma di contatto.

All’opposto è anche vero che se qualcuno ci fa arrabbiare, facilmente vorremo invadere il

suo spazio personale.

E’ stato provato che esistono due estremi del contatto: c’è chi tocca sempre e chi non tocca

mai, ovviamente sono molteplici le sfumature tra questi due opposti.

Le persone estroverse11, in genere tendono an entrare molto in contatto con le altre persone,

quelle introverse invece giudicano il contatto fisico come pericoloso e possono viverlo con pudore e

vergogna.

11
Lo Psicologo Jung in “tipi psicologici” ci parlava di estroverso-introverso.La persona estroversa cerca l’approvazione
altrui e tende a esprimere giudizi non troppo diversi da quelli del gruppo. L’introverso, invece, tende a rimanere
distante dal mondo esterno, perché è più attratto dal suo mondo interiore.

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Solitamente l’uomo, rispetto alla donna, reagisce in modo più negativo se toccato; tuttavia

chi ha una personalità rigida e autoritaria prova fastidio e rifiuto verso qualsiasi forma di contatto

fisico, indipendentemente dal sesso biologico.

Chi per natura è disponibile è disponibile al contatto e lo affronta in modo sicuro ed

informale; di contro chi tende a schivare contatti fisici è in genere apprensivo, inibito nei rapporti

sociali.

Inoltre, anche il nostro umore influisce sulla comunicazione non verbale (e viceversa).

Quando ci sentiamo giù di morale, tendiamo a regredire12: indugiamo a toccarci di più, ad

assumere posizioni raccolte (in casi estremi potremmo assumere la posizione fetale).

Se siamo tesi, imbarazzati o mentiamo potremmo toccarci il naso, grattarci la testa o

l’orecchio, ci stropicciamo il collo.

In conclusione se volessimo dividere il mondo della comunicazione non verbale potremmo

individuare 4 macroaree: linguaggio del volto, linguaggio del corpo, linguaggio dei gesti,

linguaggio della seduzione.

12
La regressione è un ritorno, automatico e involontario, a forme precedenti di sviluppo del pensiero, delle relazioni
oggettuali, della strutturazione del comportamento. Si verifica quando l’individuo viene a trovarsi, nel presente, di
fronte a un grave conflitto. Il ritorno simbolico agli anni dell’infanzia permette all’individuo di eludere le ostilità
presenti e di trattarle come se non fossero ancora avvenute

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Bibliografia
 Benemeglio S. (1992), La comunicazione al di là della parola

 Ekman P. (1989), I volti della menzogna

 Pacori M. (2012), I messaggi segreti del corpo

 Watzlawick P. (1980), Il linguaggio del cambiamento

 Watzlawick P. (1971), Pragmatica della comunicazione umana

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