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I rapporti tra sodio e potassio e malattie cardiovascolari e renali non sono però
semplici, e le relazioni sono rese più complesse da singole condizioni individuali,
legate ad esempio all’età, all’etnia, e all’entità di un danno renale, cardiovascolare o
metabolico eventualmente presente.
Relazioni e interrelazioni sono ulteriormente complicate dall’influenza della dieta nel
suo insieme, della quale è la qualità, e non solo la quantità che conta, e
dall’influenza dello stile di vita.
Anche in questo caso, vale la regola che “una stessa scarpa non va bene per tutti”.
Pur con questa limitazione, conoscere alcuni principi di base per il consumo di sodio
e potassio è importante per sani e ammalati, e per questo li presentiamo qui.
I consigli e le indicazioni contenute in questo documento sono basate su opinioni personali e non sono prescrizioni sanitarie sostitutive dei
consigli del medico, e hanno soltanto funzione di indirizzo e spiegazione, per facilitare la comprensione dei consigli sanitari, che devono
essere personalizzati, e delle indicazioni di organizzazioni sanitarie internazionali finalizzate a ridurre un abituale, eccessivo consumo di sale
e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
*- Past President della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Direttore della Cattedra di Nefrologia dell’Università di Torino e della Divisione di
Nefrologia, Dialisi e Trapianto Ospedale Molinette
** - Presidente della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Primario della Divisione di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale Civile di Ivrea
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CONSIGLI PER UN GIUSTO CONSUMO DI SALE e DI POTASSIO
Prof Giuseppe Piccoli * Dott Franca Giacchino **
1) IL SALE E IL SODIO Il 40% del sale (NaCl) è costituito da sodio. I termini sale e sodio
sono spesso usati come sinonimi. Il sodio è indispensabile alla vita. La maggioranza delle
persone lo assume in eccesso, anche più del doppio di quanto raccomandato, e si
espone ad effetti negativi, più evidenti in caso di una condizione di ipertensione “sensibile al
sale”. Molto sodio nella dieta facilita la comparsa dell’ipertensione arteriosa con
conseguenti danni cardiocircolatori e l’aggrava, limita l’effetto degli ipotensivi; favorisce
e aggrava gli edemi; indipendentemente dall’ipertensione favorisce: ictus, ipertrofia
cardiaca, osteoporosi, calcolosi renale, neoplasie gastriche; può aggravare un danno renale
e la proteinuria. Evitare un consumo elevato di sale limita questi rischi, riduce la pressione
negli ipertesi, e potenzia gli ipotensivi; è utile negli obesi; riduce gli edemi; favorisce
l’azione antiproteinurica di ACE inibitori e sartanici. L’effetto è maggiore negli anziani e negli
ipertesi; nei normotesi la diminuzione della pressione si verifica solo se il consumo è elevato.
*- Past President della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Direttore della Cattedra di Nefrologia dell’Università di Torino e della Divisione di
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triamterene, sulfametossazolo, trimetoprim, o ipotensivi ACE inibitori, antagonisti
recettoriali. In tutte queste situazione l’apporto è da individualizzare.
I consigli e le indicazioni contenute in questo documento sono basate su opinioni personali e non sono prescrizioni sanitarie sostitutive dei
consigli del medico, e hanno soltanto funzione di indirizzo e spiegazione, per facilitare la comprensione dei consigli sanitari, che devono
essere personalizzati, e delle indicazioni di organizzazioni sanitarie internazionali finalizzate a ridurre un abituale, eccessivo consumo di sale
e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
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consigli del medico, e hanno soltanto funzione di indirizzo e spiegazione, per facilitare la comprensione dei consigli sanitari, che devono
essere personalizzati, e delle indicazioni di organizzazioni sanitarie internazionali finalizzate a ridurre un abituale, eccessivo consumo di sale
e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
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Sui rapporti negativi tra eccessivo consumo di sale e danno cardiovascolare esiste
in medicina un ampio consenso fondato su numerose e valide ricerche, e riassunto
in linee guida di società scientifiche e organizzazioni sanitarie per la popolazione
generale e per gruppi di soggetti a rischio.
Alcuni degli obiettivi proposti nell’ultimo decennio sono tuttavia molto restrittivi.
E proprio sui bassi livelli di consumo indicati da alcune linee guida, nel timore che
degli effetti negativi possano annullare o ridurre i benefici della restrizione, si è
accesa una vivace polemica.
L’utilità di una sistematica, importante riduzione del consumo di sale nella
popolazione generale e in alcuni gruppi di soggetti è stata messa in dubbio. Alcune
raccomandazioni sono state attenuate.
Polemiche e discussioni non sono però concluse, e per alcune questioni non è
possibile presentare conclusioni definitive, ma soltanto delle opinioni, eventualmente
suscettibili di correzioni.
(*) Per risalire ai lavori scientifici citati nel testo, identificata la pubblicazione in bibliografia,
si può riportarla, utilizzando la procedura copia e incolla in un motore di ricerca ad es
Google.
A seconda dei lavori è accessibile il riassunto (quando pubblicato nella rivista) o il testo
completo (“Free”)
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INDICE
2) Sodio: raccomandazioni delle linee guida (2008-2017). Una panoramica con contrasti
e incertezze pag 9
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20) Classificazione del danno renale cronico pag 30
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di potassio, calcio, vitamine, antiossidanti e l’aderenza a diete come la dieta DASH
e la dieta mediterranea possono infatti essere utili nei soggetti sodio sensibili (207).
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European Ass. for the Study of Diabetes: “restrizione finalizzata al miglior controllo
della pressione”
2015-2020 Center for Nutr. Policy and Promotion Dietary Guidelinelines for
Americans <100 mol/die
ma se età oltre 50 anni, Afro-americani, ipertesi,
diabetici tipo 2,danno renale <65 mmol/die
ADA: American Diabetes Association; AHA: American Heart Association; WHO: World Health Organisation;
KDIGO: Kidney Disease Improving Global Outcomes; ESH/ESC: European Society of Hypertension e
European Society of Cardiology; HHS and USDA: Departement of Health and Human Services and U.S.
Departement of Agriculture; ASH and ISH: American Society of Hypertension and International Society of
Hypertension; NHMRC: National Health and Medical Research Council
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Molte delle linee guida proposte tra il 2008 e il 2016, indicano un target di apporto
sodico inferiore a 100 mmol/die.
In base a studi che hanno dimostrato la possibilità di ridurre i valori pressori
diminuendo il consumo di sodio sino a 2300 - 1500 mg/die (100 - 65 mmol/die) (7,
10, 15), alcune agenzie (ad esempio WHO e AHA) li indicano come target per la
popolazione generale, o per soggetti selezionati (ultracinquantenni, Afro-americani,
ipertesi, presenza di un danno renale cronico, diabete, insufficienza cardiaca). Un
altro livello di riferimento raccomandato è 2000 mg/die (87 mmol), in quanto è stato
sostenuto che, nel mondo, annualmente 1.65 milioni di persone muoiono per un
consumo superiore a questa soglia.
La situazione non è però chiara come sarebbe auspicabile.
Per parte delle linee guida i target, ad esempio di 100 mmol/die o meno, sono valori
soglia di apporti “inferiori”, (45, 46, 146), e viene quindi lasciata aperta la possibilità
che tanto meno sia tanto meglio.
In contrasto con questa politica di riduzione è stato sostenuto che importanti
restrizioni dell’apporto sodico comporterebbero rischi maggiori dei vantaggi sperati,
particolarmente per la mortalità, e questo ha alimentato critiche e negazioni, sino
alla proposta di un’ipotesi alternativa al paradigma dei rapporti tra sodio e
ipertensione, che attribuisce un ruolo negativo allo zucchero, ridimensionando
drasticamente il ruolo del sodio(49, 50).
Centrali alle critiche sono le conclusioni di uno studio dello IOM (Istituto di Medicina
USA 2013), che confermava una relazione tra elevato apporto di sodio e rischio di
danno cardiovascolare, ma rilevava che le informazioni erano insufficienti per
affermare che un basso apporto, inferiore a 100 mmol/die, fosse associato a un
aumento o a una riduzione del rischio di malattia cardiovascolare nella popolazione
generale, e inoltre che un consumo molto basso di sodio può associarsi a eventi
negativi in presenza di insufficienza cardiaca, malattie cardiovascolari, diabete, o di
un danno renale cronico (15).
Una meta-analisi successiva, includente 275.000 soggetti, aveva dimostrata una
curva a U di mortalità cardiovascolare e da ogni causa, con valori superiori in chi
consumava oltre 215 mmol/die o meno di 115 mmol/die di sodio/die, rispetto a chi
ne consumava tra 115 e 215 mmol/die (68).
Gli studi e le prese di posizione che sostengono l’opposizione a una riduzione
importante del consumo di sodio ormai numerose (3, 17, 24, 26, 27, 32, 47, 48, 49,
51, 96, 97, 106, 107, 108, 109, 110, 137, 180, 181). Di particolare importanza è lo
studio PURE che ha indicata per la pressione sistolica una curva più ripida con
consumi di oltre 5 g/die rispetto a circa di 3 g/die, soprattutto in anziani e in ipertesi
(181) ma ha anche evidenziata una curva a U di mortalità cardiovascolare e da ogni
causa, e stroke con morte o ospedalizzazione con un aumento associato a
un’escrezione di 333 o più mmol/die o di meno di 130 mmol/die (106).
Un rischio maggiore di malattie e di eventi cardiovascolari con un apporto di sodio
sia elevato (>261 mmol/die) sia basso (<130 mmol/die) è stato confermato anche da
una meta analisi in adulti sani con un apporto abituale di sodio “basso” (<115
mmol), “abituale basso” (115–165 mmol); “abituale elevato” (166–215 mmol), ed
“elevato” (>215 mmol) (107).
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Gli effetti negativi della riduzione del consumo di sodio sarebbero dovuti a
un’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone e del sistema simpatico,
a un aumento di colesterolo e trigliceridi, a una riduzione della tolleranza all’insulina,
e alla facilitazione di un’iponatremia (47, 48, 107).
Anche questi dati sono però, a loro volta, contestati.
Gli effetti negativi metabolici sono stati infatti documentati in studi a breve termine
con apporti molto ridotti, e non sono stati confermati, almeno per consumi tra 50 e
150 mmol/die (2, 63, 73). Anche contestate sono le curve di mortalità a U o a J,
perché spesso basate su valutazioni indirette del consumo di sodio, con rischio di
errori sino al 50%, e per la possibile esistenza di un rapporto inverso (chi ha una
malattia cardiocircolatoria o renale ha un rischio di morte elevato, e consuma meno
sale) (12, 184, 185), e la mancata conferma di studi metodologicamente rigorosi
(22, 25).
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L’ipertensione arteriosa è, con il diabete, una delle due prime cause di danno renale
terminale, ed è un fattore indipendente della sua progressione (192, 66).
Nell’obiettivo del controllo pressorio si colloca la riduzione del consumo di sale nei
nefropatici cronici (157, 161), consigliata da tutte le linee guida, ma talora trascurata
nella pratica clinica (189).
Per la restrizione sodica nelle nefropatie croniche, tradizionalmente, ci si riferiva al
controllo degli edemi, e prima della sintesi dei moderni diuretici, era per questo
soprattutto utilizzata la dieta di Kempner, con un apporto di sodio di 150 mg/24 ore
(176, 179).
L’importanza, ben più ampia, di un sistematico controllo del consumo di sodio nelle
nefropatie è stata riconosciuta successivamente, con la dimostrazione dei rapporti
tra consumo di sodio e ipertensione, e dei rapporti tra riduzione del suo consumo e il
potenziamento della terapia ipotensiva e dei provvedimenti antiproteinurici e di
nefroprotezione, e delle relazioni tra ipertensione, consumo di sale e danno
cardiovascolare e renale.
Tra le ricerche sui rapporti tra consumo di sodio ed evoluzione del danno renale non
diabetico (alla nefropatia diabetica è dedicato un paragrafo successivo) ne
ricordiamo alcune di maggior interesse.
- L’effetto di un trattamento con Ramipril 5 mg die, con tre differenti apporti di sale,
contrapposto all’assenza di inibizione, è stato studiato in 672 pazienti non diabetici
della casistica degli studi REIN e REIN 2. Età: 18-70 anni, proteinuria: > 1 g/24 ore;
follw-up di 26,2 + 15,6 mesi, clearance media della creatinina: 43,8 e 40,1 ml/min
(147). Sia i pazienti con ACE inibizione che quelli senza ACE inibizione e una
sodiuria maggiore di 200 mEq/g di creatininuria avevano un’incidenza di
insufficienza renale terminale rispettivamente 2,4 e 3,3 volte superiore a quella dei
pazienti con un rapporto sodiuria/creatininuria mEq/g tra 100 e 200, o meno di 100.
Un aumento dell’apporto di sodio corrispondente a 125 mEq/g di creatinina urinaria
si accompagnava a un aumento del rischio d’insufficienza renale terminale del 61%.
Nonostante un controllo pressorio simile, la proteinuria decresceva di più nei
soggetti con basso apporto sodico che in quelli con apporto di sodio elevato, nei
quali l’effetto antiproteinurico del ramipril si riduceva nel tempo. L’evoluzione
funzionale era risultata indipendente dai valori pressori, e questo fatto è stato
atttribuito a valori maggiori di proteinuria presenti in concomitanza di una più elevata
sodiuria (147).
- La modulazione dell’effetto antiproteinurico dell’ACE inibizione da parte
dell’apporto di sodio è stata confermata con la dimostrazione che un apporto di 200
mmol riduceva l’effetto antiproteinurico del Lisinopril, mentre una sua riduzione a 50
mmol lo rievidenziava (14).
- Un’ulteriore conferma che la riduzione del sale si accompagna a una riduzione
della pressione, del consumo di ipotensivi e della proteinuria è venuta da una meta
analisi di otto studi con 258 partecipanti (in 139: riduzione del consumo di sale tra
52 e 141 mmoli) (171)
- In pazienti con danno renale cronico (GFR 15-59 ml/min/1.73 mq, pressione
arteriosa: 130-169 mmHg) la restrizione del consumo di sodio a 60-80 mmol/die vs
180-200 mmol/die riduceva il volume extracellulare, i valori pressori e dimezzava la
proteinuria e l’albuminuria senza effetti negativi. Proteinuria e albuminuria si
riducevano anche in assenza di una riduzione pressoria (177).
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- Un apporto elevato di sodio (>3,6 g die) è risultato associato a un rischio
aumentato di eventi negativi renali maggiori, in una popolazione di 544365 individui
tra 51 e 70 anni, mentre il rischio era ridotto da un apporto elevato di potassio (131).
- Un effetto positivo di rallentamento dell’evoluzione del danno cronico indipendente
dal controllo dell’ipertensione è stato messo in luce da Cianciaruso in due gruppi di
pazienti con insufficienza renale cronica (creatinina clearance: 24+2 e 28+2 ml/min)
seguiti per tre anni, rispettivamente con un regolare consumo di sodio >200 mEq/die
e <100 mEq/die: il gruppo con minore consumo aveva un più lento declino
funzionale (175).
- In presenza di un danno renale, un elevato consumo di sodio richiede spesso un
elevato dosaggio di diuretici, che non ne sembrano annullare l’effetto negativo, forse
per un’incompleta correzione del sovraccarico idrosalino e/o la presenza di effetti
collaterali, come l’ipopotassiema e l’iperuricemia (189).
Queste osservazioni potrebbero far concludere che per il consumo di sodio dei
nefropatici cronici valga regolarmente il principio “tanto meno: tanto meglio”.
Questa generalizzazione non è però giustificata, innanzitutto per la possibile
esistenza, già ricordata, di una curva a U di mortalità cardiovascolare, correlata non
solo ad un eccesso, ma anche a una marcata riduzione dell’apporto sodico.
Inoltre non può essere trascurata l’eventuale presenza di una sodiuria obbligata che
può configurare una “nefrite con perdita di sale” di alcune nefropatie congenite, ma
non è rara per quanto attenuata, in alcune nefropatie interstiziali o nel danno renale
avanzato, e che a seguito di una restrizione sodica inappropriata può causare una
disidratazione e un peggioramento funzionale renale.
Si aggiunga che il consenso per una restrizione salina importante è stato attenuato
da una meta analisi di 36 pubblicazioni in soggetti con danno renale lieve, dalla
quale non è risultata un’evidenza robusta che una riduzione del consumo di sale a
lungo termine prevenga il danno renale o ne rallenti l’evoluzione (104), in accordo
con lo studio di Smyth che aveva confermata un’associazione tra evoluzione
negativa del danno renale ed elevato consumo di sale (>4,6 d/die), ma
un’incertezza nei confronti di possibili effetti più utili di un basso consumo <100
mol/die, rispetto a uno moderato (133).
A fronte di una situazione così complessa, non può quindi stupire che le
raccomandazioni delle linee guida sul consumo di sale in presenza di un danno
renale cronico, non siano omogenee.
- Il Center for Nutrition Policy and Promotion raccomanda un apporto di 65
mmol/24 ore per i soggetti ad alto rischio, compresi quelli con danno renale cronico
(113). Altre linee guida sono più liberali.
I consigli e le indicazioni contenute in questo documento sono basate su opinioni personali e non sono prescrizioni sanitarie sostitutive dei
consigli del medico, e hanno soltanto funzione di indirizzo e spiegazione, per facilitare la comprensione dei consigli sanitari, che devono
essere personalizzati, e delle indicazioni di organizzazioni sanitarie internazionali finalizzate a ridurre un abituale, eccessivo consumo di sale
e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
*- Past President della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Direttore della Cattedra di Nefrologia dell’Università di Torino e della Divisione di
Nefrologia, Dialisi e Trapianto Ospedale Molinette
** - Presidente della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Primario della Divisione di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale Civile di Ivrea
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- Le linee guida KDIGO 2012 raccomandano un target di consumo inferiore a 90
mmol al giorno per i soggetti con danno renale cronico e ipertensione arteriosa
sistolica, o diastolica, o pre-ipertensione, “qualora non controindicato”, eccezione
che sottolinea come la restrizione a questi livelli non sia utile in tutte le nefropatie
croniche. In accordo con la varietà delle nefropatie croniche, le KDIGO ricordano
anche che, nel danno renale cronico, l’evidenza che una restrizione dell’apporto
sodico possa ridurre sistematicamente i valori pressori è limitata (139).
- Per rallentarne la progressione del danno renale, la KHA-CARI Autosomal
Dominant Polycystic Kidney Disease Guideline raccomanda 100 mmol/die nei
policistici con un GFR tra 25 e 60 ml/min/1.73mq.(145).
- Il CKD-treatment Working Group della Società Italiana di Nefrologia raccomanda
una restrizione in pazienti con un danno renale e ipertensione arteriosa e/proteinuria
patologica a 2 g/die (87 mmol di sodio), a meno di “controindicazioni per una
deplezione di volume”, e suggerisce di non ridurre l’apporto di sodio a meno di 1500
mg/die (<3 g di sale; 65 mmol) nel danno avanzato (14). Il gruppo di lavoro rileva
anche che edemi renali beneficiano di una restrizione, ma con valori ottimali non
noti (14).
- La Società Canadese di Nefrologia raccomanda una riduzione, nei pazienti il cui
consumo di sodio sia superiore, a un livello flessibile tra 2.7 e 3 g die (117-143
mmol/die), sottolinea che nei nefropatici a questo range corrisponde il minor numero
di effetti negativi e non concorda su un livello uniforme di apporto inferiore a 2 g die
(4).
In sintesi, tenuto conto delle differenti nefropatie croniche e delle possibili differenze
delle lesioni (particolarmente tubulo-interstiziali), è necessario riconoscere che in
presenza di un danno renale un elevato apporto di sodio è da evitare, e che una
restrizione è particolarmente utile soprattutto in caso di apporto elevato (92), ma che
non vi può essere un livello ottimale di restrizione, comune a tutte le classi di danno
e a differenti nefropatie all’interno delle diverse classi, e che la sua entità deve
essere individualizzata e prudente.
I consigli e le indicazioni contenute in questo documento sono basate su opinioni personali e non sono prescrizioni sanitarie sostitutive dei
consigli del medico, e hanno soltanto funzione di indirizzo e spiegazione, per facilitare la comprensione dei consigli sanitari, che devono
essere personalizzati, e delle indicazioni di organizzazioni sanitarie internazionali finalizzate a ridurre un abituale, eccessivo consumo di sale
e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
*- Past President della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Direttore della Cattedra di Nefrologia dell’Università di Torino e della Divisione di
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Ricordiamo che, tra i diabetici, sono infatti comuni le nefropatie glomerulari (215,
217) e interstiziali (217), e che sono frequenti le lesioni vascolari arterio-
arteriolosclerotiche, la malattia renale ischemica e l’embolia colesterinica (103, 130,
134, 136, 212, 213).
Anche nel caso del diabete, per la presenza di dati contrastanti e la carenza di
informazioni sull’effetto della restrizione sodica a lungo termine, non è dunque
possibile identificare un target di consumo valido per tutti i pazienti (33), ed è
opportuno adottare un approccio prudente, come indicato dall’American Diabetes
Association (ADA) che consiglia una riduzione a 100 mmol/die (in precedenza
consigliava un apporto inferiore a 87 mmol/die), analoga a quella della popolazione
generale, con eventuali ulteriori restrizioni individuali (164).
I consigli e le indicazioni contenute in questo documento sono basate su opinioni personali e non sono prescrizioni sanitarie sostitutive dei
consigli del medico, e hanno soltanto funzione di indirizzo e spiegazione, per facilitare la comprensione dei consigli sanitari, che devono
essere personalizzati, e delle indicazioni di organizzazioni sanitarie internazionali finalizzate a ridurre un abituale, eccessivo consumo di sale
e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
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g mg mmol/mEq
1 400 17,39
2,5 1000 44
3,8 1495 65
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consigli del medico, e hanno soltanto funzione di indirizzo e spiegazione, per facilitare la comprensione dei consigli sanitari, che devono
essere personalizzati, e delle indicazioni di organizzazioni sanitarie internazionali finalizzate a ridurre un abituale, eccessivo consumo di sale
e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
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Da Campbel NR e Coll Proposed Nomenclature fior Salt Intake and for Reduction in Dietary Salt (23)
Il consumo è calcolato in base alla sodiuria/24 ore, eseguita in più giorni, gold
standard di valutazione. In assenza di perdite extrarenali (sudore, diarrea), di una
sindrome edemigena, di uso di diuretici, o di un danno grave cardiaco, renale o
epatico, l’85-90% del sodio introdotto è eliminato con le urine (riferimento abituale:
90%). L’impiego alternativo di un dosaggio su un campione spot di urine con
impiego di equazioni non è raccomandato nello studio di singoli casi.
I consigli e le indicazioni contenute in questo documento sono basate su opinioni personali e non sono prescrizioni sanitarie sostitutive dei
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e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
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Questa nomenclatura sottolinea come il consumo di sale abituale nel nostro
ambiente è elevato, o molto elevato (il valore medio italiano è di 9,4 g die; sodio:
3760 mg; circa 163 mmoli), e consente un riferimento per i singoli pazienti.
La classificazione non si applica ai cibi, per i quali vale la regola che il consumo di
quelli senza sale aggiunto permette di mantenere facilmente il consumo di sodio
entro i limiti raccomandati. Una dieta carneo-vegetariana senza alimenti
prepreparati contiene di massima meno di 2 g di sale/24 ore (circa 86 mmoli); una
dieta vegetariana, senza aggiunte di sale ne contiene meno di 1,25 g/24 ore (circa
54 mmoli) (23).
I consigli e le indicazioni contenute in questo documento sono basate su opinioni personali e non sono prescrizioni sanitarie sostitutive dei
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e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
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Nella nostra alimentazione, il potassio è spesso uno degli elementi più carenti
rispetto alle necessità, nonostante che il suo consumo sia molto importante (93,
149), anche più di quello del sodio.
Come per il sodio, è comune un riferimento indifferente a grammi, milliequivalenti e
millimoli, termine più comune. Un millimole e un milliequivalente corrispondono
entrambi a 39 mg. di potassio.
Nella popolazione generale un basso apporto di potassio è associato a un aumento
del rischio di ipertensione arteriosa, soprattutto quando il consumo di sodio è
elevato (181), di malattie cardiovascolari (particolarmente di lesioni coronariche e di
ictus), di resistenza all’insulina e di diabete (52).
Un apporto elevato di potassio si associa invece a una pressione arteriosa più
bassa (5, 6), a una riduzione di eventi cardiovascolari negativi, a una diminuzione
della mortalità cerebrovascolare e da ogni causa (40, 52, 93), ed a minori probabilità
declino funzionale renale, nella popolazione generale e in soggetti con funzione
renale normale, ma a rischio di nefropatia per diabete o malattie cardiovascolari
(16).
L’effetto benefico di un aumento del consumo di potassio è più evidente nei soggetti
con un consumo di sodio più elevato: già rilevabile per valori tra 2 e 4 g/die (87 –
174 mmol) ha una maggiore evidenza oltre 4 g/die (174 mmol); l’effetto ipotensivo è
più evidente nei soggetti sodiosensibili.
Valori di introduzione maggiori di 90 possono ridurre l’incidenza dell’ipertensione: la
versione 2100 kcal della dieta DASH che ha un apporto di circa 4.7 g die di potassio
(120 mmol) assicurato da frutta e vegetali può appunto consentire una riduzione dei
valori pressori (5).
In 5511 soggetti del PREVEND study (28 – 75 anni, normotesi senza terapia
ipotensiva; follow-up mediano: 7.6 anni; potassiuria mediana 70 mmol/die
corrispondenti a un introduzione di 91 mmol/die) quelli nel più basso interquartile di
potassiuria (maschi < 68mmol/24 ore; donne <58 mmol/24 ore) avevano un rischio
di sviluppare un’ipertensione di 1,2 rispetto a quelli dei due terzili più elevati. Circa 1
su 16 casi incidenti di ipertensione era attribuibile a un basso introito di potassio
(86).
Nello studio PURE, che ha confermata l’associazione positiva tra valori pressori e
consumo elevato di sodio e rischio di morte e di eventi cardiovascolari, un consumo
di potassio oltre 1,5 g die (38 mmol/die) e di sodio tra 3 e 6 g die (130 – 260
mmol/die), erano associati a una riduzione del rischio di morte e di eventi
cardiovascolari (181).
Per quanto riguarda il rapporto tra consumo di potassio e prevenzione del danno
renale, su oltre 5315 soggetti dello studio PREVEND, liberi inizialmente da
insufficienza renale, in un’osservazione media di 10.3 anni (85), bassi valori di
potassiuria (<70 mmol/die) equivalenti a un consumo di circa 90 mmol die si
associavano a un rischio maggiore di sviluppare un danno renale cronico (eGFR <
60 ml/min/1.73mq e/o UAE < 30 mg/die). Ogni decremento di potassiuria di 21
mmol/24 ore si associava ad un aumento del 16% del rischio di sviluppare un danno
renale cronico. L’associazione era più stretta negli ipertesi.
Nello studio di Sharma (adulti dello studio NHANES dei quali il 7,3% aveva un
eGFR < 60 ml/min) un’eliminazione di potassio del più basso interquartile (<44,5
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e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
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mmol/die) si associava a un rischio superiore al 44% di sviluppo di un danno renale,
rispetto agli interquartili maggiori (>86 mmol/die) (140).
Per gli adulti sani, i valori consigliati sono compresi tra 70 e 120 mmol/die.
Il Joint WHO/Food and Agriculture Organisation Expert Consultation
raccomanda un apporto di almeno 90 mmol/die per gli adulti (234).
La World Health Organisation (WHO) suggerisce almeno 90 mmol/die per gli
adulti, ipertesi e non, con eccezione di quelli con una compromissione
dell’eliminazione urinaria di potassio (158), e un rapporto molare tra sodio e
potassio di circa uno.
Per la popolazione generale sana, in USA, Canada, Corea sono raccomandati
valori superiori, 120 mmol/die, ritenuti sicuri in assenza di un danno renale (156).
Le Hypertension Canada’s 2016 Canadian Hypertension Education Program
Guidelines (CHEP) raccomandano un aumento del consumo di potassio nei
soggetti non a rischio di iperpotassiemia. La raccomandazione è di grado A, che
indica una forte evidenza, in base a studi di alta qualità.
I consigli e le indicazioni contenute in questo documento sono basate su opinioni personali e non sono prescrizioni sanitarie sostitutive dei
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e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
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soprattutto se in ambienti con temperatura elevata ne devono aumentare
l’introduzione.
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In caso iperpotassiemia, è obbligatoria una riduzione del consumo abituale,
contemporaneo all’analisi delle eventuali altre cause
- - un’acidosi
- - l’impiego di farmaci anti renina-angiotensiva – aldosterone. Abitualmente, la
monoterapia con uno di questi farmaci non accresce sostanzialmente il rischio di
iperpotassiemia in assenza di ipotensione o di deplezione di volume, ma è sempre
opportuno non ignorare questa eventualità. Gli antialdosteronici aumentano
marcatamente il rischio di iperkaliemia in presenza di un danno di stadio 3 o
maggiore
- - l’impiego di altri farmaci che aumentano la potassiemia (ad es. trimetoprim e
sulfametossazolo, amiloride, triamterene).
In adulti con danno renale i rapporti tra consumo di potassio ed evoluzione del
danno renale sono controversi.
Nello studio CRIC in presenza di valori di GFR compresi tra 20 e 70 ml/min, una
potassiuria di 67.1 mmol/24 ore o più era associata a un rapporto di rischio di 1.59
per la progressione del CKD, e di 0.98 e di 1.42 rispettivamente per la mortalità da
ogni causa, e il rischio composto di progressione del danno renale e mortalità da
ogni causa (100).
Al contrario, negli studi ONTARGET e TRASCEND su 28.879 pazienti con alto
rischio cardiovascolare (nel 32% con e-GFR < 60 ml/min/mq) una potassiuria
moderata (mediana 54 mmol/die) o elevata (mediana 69 mmol/die) era associata a
minori probabilità di danno renale nei confronti del terzo più basso (potassiuria
mediana 43,4 mmol/die) (204).
Entrambi gli studi rilevano tuttavia che un apporto di potassio inferiore a quanto
raccomandato per la popolazione generali di adulti (< 67 mmol/die nello studio CRIC
e valori mediani di 69 ml/negli studi ONTARGET e PREVEND) aveva un effetto
potenzialmente negativo, o non protettivo nei confronti del danno renale nei soggetti
con e-GFR < 45 ml/min (85)
Come già ricordato, I trattamenti non farmacologici più importanti nella prevenzione
e nella correzione dell’ipertensione arteriosa sono: il controllo del peso corporeo, la
dieta DASH e la dieta mediterranea (pag 14), un giusto consumo di sale e potassio,
la riduzione di un eventuale eccessivo consumo di alcool e una vita fisicamente
attiva.
- Mangia a colori! Frutta e verdura 5 porzioni al ... - Ministero della Salute (95)
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_5_allegato.pdf
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e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
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Tabelle di composizione degli alimenti - INRAN – Istituto Nazionale di Ricerca per gli
alimenti e la nutrizione.
http://online.scuola.zanichelli.it/cappellivannucchi/files/2012/11/Tabelle_Cappelli_Vanucchi_5959.pdf
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1 25.6
2 51,28
3 76.92
3,5 89.5
4 102,56
Significato della potassiuria Circa l’80% del potassio introdotto è eliminato con le
urine. La WHO consiglia un fattore di correzione di 1,3 per calcolare il potassio
consumato dalla potassiuria. Mancano dati sul rapporto potassiuria/potassio
consumato in presenza di danno renale, specialmente se avanzato
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Recentemente gli studi sull’automisurazione della pressione a domicilio hanno fatto modificare
parzialmente la definizione dell’ipertensione arteriosa:
Ipertensione: valori pressori eguali o maggiori di 140/90 mmHg nello studio medico
Ipertensione: valori pressori eguali o maggiori di 135/85 mmHg a casa (automisurazione)
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essere personalizzati, e delle indicazioni di organizzazioni sanitarie internazionali finalizzate a ridurre un abituale, eccessivo consumo di sale
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e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
*- Past President della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Direttore della Cattedra di Nefrologia dell’Università di Torino e della Divisione di
Nefrologia, Dialisi e Trapianto Ospedale Molinette
** - Presidente della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Primario della Divisione di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale Civile di Ivrea
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essere personalizzati, e delle indicazioni di organizzazioni sanitarie internazionali finalizzate a ridurre un abituale, eccessivo consumo di sale
e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
*- Past President della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Direttore della Cattedra di Nefrologia dell’Università di Torino e della Divisione di
Nefrologia, Dialisi e Trapianto Ospedale Molinette
** - Presidente della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Primario della Divisione di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale Civile di Ivrea
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I consigli e le indicazioni contenute in questo documento sono basate su opinioni personali e non sono prescrizioni sanitarie sostitutive dei
consigli del medico, e hanno soltanto funzione di indirizzo e spiegazione, per facilitare la comprensione dei consigli sanitari, che devono
essere personalizzati, e delle indicazioni di organizzazioni sanitarie internazionali finalizzate a ridurre un abituale, eccessivo consumo di sale
e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
*- Past President della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Direttore della Cattedra di Nefrologia dell’Università di Torino e della Divisione di
Nefrologia, Dialisi e Trapianto Ospedale Molinette
** - Presidente della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Primario della Divisione di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale Civile di Ivrea
e
52
CONSIGLI PER UN GIUSTO CONSUMO DI SALE e DI POTASSIO
Prof Giuseppe Piccoli * Dott Franca Giacchino **
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I consigli e le indicazioni contenute in questo documento sono basate su opinioni personali e non sono prescrizioni sanitarie sostitutive dei
consigli del medico, e hanno soltanto funzione di indirizzo e spiegazione, per facilitare la comprensione dei consigli sanitari, che devono
essere personalizzati, e delle indicazioni di organizzazioni sanitarie internazionali finalizzate a ridurre un abituale, eccessivo consumo di sale
e ad ottimizzare quello di potassio, spesso deficitario negli individui sani.
*- Past President della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Direttore della Cattedra di Nefrologia dell’Università di Torino e della Divisione di
Nefrologia, Dialisi e Trapianto Ospedale Molinette
** - Presidente della FIR Piemonte e Valle d’Aosta; già Primario della Divisione di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale Civile di Ivrea
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