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BIBLIOTHECA BIOGRAPHICA SEZIONE STORICO-ANTROPOLOGICA

L. v o n Ra n k e , Venezia nel ’500. Saggio introduttivo di U. Tucci. M. Tr o n t i, Hegel politico. G. Sc a r a b e l l o , Carcerati e


carceri a Venezia nell’eta moderna. G. Pa squa l ot t o, Oltre l’ideologia. «Il Federalista ».
G. Be n z o n i, Volti e risvolti della guerra nel ’600 in Italia. A. Birai - A. Cavarero Porceddu - C. Pacchiani, Teorie politiche
e Stato nell’epoca dell’Assolutismo.
D.G.M. Schreber, L’educazione totale, a cura di I. Walter.
E. Pe l l iz e r , Favole d’identita - favole di paura. Storie di caccia e altri racconti della Grecia antica.
J. P. H ir s c h , L ’abolizione dei privilegi. La notte del 4 agosto 1789. G. D e v e r e u x , Dall’angoscia al metodo nelle
scienze del comporta
mento.
In preparazione: - R. Ch a r t ie r , Figure della furfanteria.
B. G e r e m e k , Mendicanti e miserabili nell’Europa moderna (1350-1600).

George Devereux

DALL’ANGOSCIA AL METODO NELLE SCIENZE


DEL COMPORTAMENTO A cura di Carlo Severi
Ist it ut o del l a Encicl opedia It al iana FONDATA DA GIOVANNI TRECCANI Roma
Titolo originale: From anxiety to method in the behavioral sciences. Mouton & Co. The Hague-Paris 1967.
BIBLIOTHECA BIOGRAPHICA diretta da Massimiliano Pavan
SEZIONE STORICO-ANTROPOLOGICA a cura di Roberto Zapperi
© Proprieta artistica e letteraria riservata Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani Roma
Stampato in Italia - Printed in Italy (4219080) Roma, 1984 Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P. V.

INDICE Presentazione di Ca r l o Se v e r i.....................................................pag. 5


Introduzione .................................................................................... N o t e ........................................................................................... »
A r g o m e n t o ................................................................................ » N o t e ...........................................................................................
»
Pa r t e pr im a : I DATI E L’ANGOSCIA.......................... »
1. Alla ricerca di una disciplina scientifica del comportamento N o t
e ........................................................................................... »
Appendice. Il rapporto tra logica e scienza nella Grecia antica
2. La specificita delle scienze del comportamento........... » Note . ................................................................................................
» 21 26
27 35
37
» 39 46
» 47
49 » 60
3. Reciprocita tra osservatore e soggetto.......................... N o t e ...........................................................................................
Appendice. Il trauma del silenzio della materia............... N o t e ...........................................................................................
> 61
» 4. Implicazioni psicologiche della reciprocita tra osservatore e
o s s e r v a t o ............................................................................... » 5. Il controtransfert nelle scienze del comportamento . . . .
N o t e ........................................................................................... »
5. Reazioni d'angoscia ai dati delle scienze del comportamento N o t
e ........................................................................................... »
»
»
SI 82 85
87
» 97 105
» 107 155
1
Parte seconda: IL CONTROTRANSFERT NELLA RI CERCA SCIENTIFICA SUL COMPORTAMENTO . . . pag. 159
7. Difese professionali.................................................................... N o t
e ...................................................................................................
8. Utilizzazione sublimatoria vs utilizzazione difensiva della m e t o d o l o g i a
................................................................................
9. L’irrazionale nella ricerca sulla sessualita........................... N o t
e ...................................................................................................
lN

Appendice. Il problema delle esperienze personali................... 10. L'importanza delle teorie primitive delcomportamento .
N o t e ...................................................................................................
Parte terza: LO SCIENZIATO E LA RICERCA SCIEN TIFICA ....................................................................................
11. Le deformazioni imposte dalla cultura.............................. N o t
e ...................................................................................................
12. La condizione sociale dello scienziato.............................. N o t
e ...................................................................................................
13. La condizione umana e Vautopertinenzadella ricerca . . N o t
e ...................................................................................................
14. Il modello di se: tipo somatico e razzo............................... Note ...................................................................................................
15. Il modello sessuale di s e ......................................................... N o t
e ...................................................................................................
16. L’eta come fattore di controtransfert.................................. N o t
e ...................................................................................................
17. La personalita e la deformazione dei d a ti........................... N o t
e ...................................................................................................

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» 161 » 181
» 183
» 191 » 214 » 215
» 219 » 228
» 229
» 231 » 237
» 239 » 260
» 261 » 280
» 281 » 304
» 305 » 325
» 327 » 334
» 335 » 364
18. La personalita e il suo ruolo nello studio dei gruppi e de gli
individui................................................................................pag. 365
N o t e ................................................................................................... » 389
19. Il controtransfert provocato: teoria del ruolo comple mentare .................................................................................... » 391
N o t e .................. » 418
Pa r t e q u a r t a : LA DEFORMAZIONE COME VIA VERSO L'OBIETTIVITA’ ................................................................. » 419
20. Perturbazione e comportamentoprovocato......................... » 421
N o t e ...................................................................................................
21. L’utilizzazione delle perturbazioni prodotte dall’osserva zione ........................................................................................... N
o t e ...................................................................................................
22. La demarcazione tra soggetto eosservazione..................... N o t
e ...................................................................................................
23. La teoria della demarcazione e la natura dei dati delle scienze del comportamento ..................................................
N o t e ...................................................................................................
24. Demarcazione, struttura, spiegazione.................................. N o t
e ...................................................................................................
B i b l i o g r a f i a .......................................................................................
» 436
» 437 » 449
» 451 » 476
» 479 » 513
» 521 » 534
» 535

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Presentazione
George Devereux e stato per molti anni un pensatore ori ginale, isolato e solitario. Una breve biografia
intellettuale e quindi un complemento indispensabile alla lettura di questo libro, che in qualche modo si
vuole conclusivo della sua av ventura scientifica e umana.
Di nascita ungherese e di formazione scientifica, ma pre sto insoddisfatto dai primi studi di Fisica
Matematica a Pa rigi (da cui gli deriveranno pero amori e scelte teoriche dura ture, tra cui Poincare, Russell,
e piu tardi Heisenberg e Bohr, che continuera a coltivare per molti anni) il giovane Devereux sceglie quasi «
per caso » l’antropologia. Senza rinunciare a un tenace amore per la letteratura, allora coltivato con amici
come Joseph Roth e Heinrich Mann, chiede a Marcel Mauss di venire ammesso ai corsi del Musee de
l’Homme, dove inse gnavano in quegli anni anche Levi-Bruhl e Paul Rivet. Sotto la guida di Mauss, subito
scelto come maestro, si specializza nelle culture del Sud-Est asiatico. Parallelamente, prepara un Diploma di
Malese all’Ecole Nationale des Langues Vivantes Orientales e una Licence es Lettres alla Sorbona.
Vicende personali c politiche lo spingono poi ad abbando nare la Francia per gli Stati Uniti, dove lavora con
Kroeber e Lowie, e partecipa, in condizioni economiche molto difficili, al clima culturale degli anni
splendidi dell’etnologia americana.
Eccettuate alcune esperienze marginali (soprattutto pres so gli Hopi) i due grandi incontri etnologici di
Devereux sono con due popolazioni estremamente diverse, sia per situazione geografica che per indole
culturale: dapprima i Moi Sedang del Vietnam del Sud (1932-1935), e poi, per molti anni e
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quasi fino ad oggi, gli Indiani Mohave del Sud-Ovest degli Stati Uniti.
Il primo, lungo soggiorno preso i Mohave, in cui egli tro va infine una vera e propria patria di adozione,
coincide con una nuova riflessione su una disciplina che fino ad allora aveva tenuto in grande sospetto: la
psicoanalisi. Dopo le prime letture (ancora nel ’32 egli dichiarava di «non compren dere» la Psycho-Analysis
of Primitive Cultural Types di Roheim [1932]) e soprattutto in consonanza con quanto gli veniva rivelando il
suo lavoro di campo sulle concezioni mo have della sessualita e della patologia mentale, egli intra prende
una nuova, completa formazione psicoanalitica.
Oltre che in piu di duecento articoli, di cui il lettore ita liano conosce due raccolte (1975, 1978) egli consegna
le sue esperienze di antropologo e di terapeuta in una decina di libri, di cui citeremo soltanto il monumentale
Mohave Ethnop- sychiatry (1969) e la Psicoterapia di un Indiano delle Pianure (1951), unico documento
completo di una terapia transcultu rale fino ad oggi pubblicato. Entrambi sono sfortunatamente ignoti in
Italia.
Alla fine degli anni Cinquanta, dopo un lungo periodo di polemico isolamento scientifico in America, si
verifica una nuova svolta nella sua vita, legata alla memore stima di due antichi amici: Claude Levi-Strauss e
Eric R. Dodds. Torna in Europa, e assume l’insegnamento di Etnopsichiatria alla Sesta Sezione della Ecole
Pratique des Hautes Etudes di Pa rigi, e parallelamente si dedica a una nuova passione per gli studi ellenici,
che lo portera piu tardi alla carica di Senior Fellow a Oxford, oltre che alla pubblicazione di altri, stimo lanti
lavori (1975 a, 1976).
Dall’angoscia al metodo nelle scienze del comportamento,
che in molte sue pagine confronta termine a termine usi e comportamenti delle due tribu che Devereux ha
studiato, nasce soprattutto dal primo, difficile incontro con i Moi Sedang: una popolazione che ci viene
descritta in tutte le sue durezze,
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nella sua inospitale lentezza ad accogliere l’estraneo venuto a studiarne la cultura, nel carattere a volte duro e
litigioso della vita quotidiana.
E proprio l’empatia difficile con i Moi a spronare la riflessione del giovane studioso, a rivolgere la sua
attenzione sulle particolari caratteristiche dell’operazione che consiste nell’osservare non piu il
comportamento di una particella fisica elementare, ma quello dei propri simili, a far scaturire le prime
intuizioni, guidate dall’insegnamento di Mauss, dallo studio appassionato della nuova Fisica, anche dalle
prime, pur contestate, letture freudiane.
Il lettore trovera nella densa parte finale del libro, dedi cata alla costruzione di una vera e propria
epistemologia del l’osservazione valevole sia per l’antropologia che per la psi coanalisi, una trascrizione
critica, e rielaborata per anni alla luce di molte esperienze, degli appunti che il giovane dottore in
antropologia prese durante il lungo soggiorno sul campo nelle foreste del Vietnam del Sud.
Gli ultimi quattro capitoli, il nocciolo teorico del libro, sono qui preceduti da una miriade di riflessioni, di
incontri significativi, di episodi emblematici, in breve da cio che De- vereux chiama, con linguaggio clinico,
dei « casi ».
Ogni tappa dello svolgimento logico del libro, sobriamen te riassunto nell’Argomento che lo precede (d’ora
in poi citato come AG) e discussa sulla base di un certo numero di essi. Ne la chiarezza del percorso logico,
ne le ambizioni della teoria proposta soffrono pero di questa continua verifica nel reale, nell’esperito, anche
nell’episodico.
Al contrario, il modello ideale attorno al quale si raccol gono i « casi » e quello di un vero e proprio trattato
sui fon damenti della riflessione scientifica sulla natura e il comporta mento degli organismi vivi: un termine
e una prospettiva che in Devereux spaziano dall’etologia animale all’analisi del le infinite « risposte » (nel
senso della psicologia sperimentale) che la faticosa convivenza degli umani — qui mai contemplata
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con la falsa freddezza dello specialista, ma anzi con notevole collera, e spesso con dolore, che traspaiono
nella prosa aspra — quotidianamente provoca e rivela.
La societa devereuxiana ci appare come una folla di im magini e di affetti, come un campo infinito in cui il
punto di vista di un osservatore che si pretenda esterno e imparziale continuamente annega e si perde. Di qui
l’intonazione a volte satirica e morale di questo trattato, la sua foga polemica, le sue rare cattiverie.
Tutto il libro, che si vuole prima di tutto un’elucidazione epistemologica dei problemi posti dall’osservazione
nelle scien ze del comportamento, poggia su un’implicita dichiarazione etica: pur influenzata profondamente
dalle temperie cultura li, dai trabocchetti dell’inconscio, dai polveroni ideologici di cui si nutrono tutte le
professioni, la conoscenza scientifica dell’uomo scaturisce dall’incontro tra persone, e atto indi viduale in cui
tutto si riassume. Solo a una sorta di sempre rinnovata, consapevole e fiera rettitudine scientifica puo dun que
affidarsi chi voglia conoscere e incontrare i propri simili.
Cio e soprattutto chiaro, e mi preme anticiparlo prima di affrontare in succinta analisi alcuni dei temi del
libro, nella questione centrale dell’indagine che vi si svolge, e forse di tutta l’opera di Devereux:
l’osservazione, antropologica e clinica, della vita sessuale.
Il lettore potra seguire Devereux nella caccia spietata di tutti i trabocchetti, di tutte le astuzie che la ratio
antropologi ca, e persino quella psicoanalitica, utilizzano per velare questa realta universale. In molte pagine
polemiche, la vedremo appa rire circondata di seduzioni come di sermoni moraleggianti, di imboscate e di
gravi ammonimenti, ma sempre capace di penetrare il tessuto stesso della cultura, e di rivelarne aspetti
insospettati, o prudentemente taciuti. Le prediche paludate di psichiatri e psicologi quanto i sospirosi
rimpianti per una per duta liberta sessuale primitiva, che tentano a volte l’etnologo, sono soprattutto prediletti
dall’implacabile ironia dell’autore:
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e basti qui ricordare l’aforisma memorabile sugli studiosi del comportamento che sono sempre pronti a
chiamare liberta, licenza o promiscuita felice qualunque « camicia di forza ses suale diversa dalla loro ».
Ma non abbiamo detto che la sessualita e il tema di questo libro. L’argomento dell’indagine di Devereux e
l’osservazione della sessualita che penetra la cultura e fonda il comporta mento individuale: si tratta dunque
di immagini, di affetti, di idee.
Nell’elenco e nella puntigliosa analisi dei casi (piu di quattrocento) sfilano quindi immagini e idee tratte dai
campi piu disparati, ma con una consapevole preferenza per la vita quotidiana, e segnatamente per la vita
stessa dell’autore. Im magini, idee, affetti colti nell’esperienza della vita amorosa, contemplati nel loro
rituale ostentarsi nella vita sociale, o rive lati in privato da un paziente durante una seduta psicoanali tica, o
ancora faticosamente ricostruiti in laboratorio da quegli psicologi che, rifiutate le soggettive stravaganze
della psicoana lisi, si dichiarano « oggettivi » e « scientifici ».
Proprio il laboratorio dello psicologo comportamentista e uno dei primi bersagli polemici di questo libro, che
in molte pagine lo descrive come il luogo della costrizione e dell’esi bizione perversa di cavie e pazienti,
affaticati in coiti affannosi e freddi, o infelicemente perduti in un labirinto sperimentale. Con i suoi lucidi
letti e labirinti, il laboratorio e qui visto come un falso specchio in cui nulla si rivela, se non la cru delta
gratuita, o la selvaggia ripugnanza che suscita la vita sessuale nei suoi analisti.
Certo uno dei principali bersagli del libro e il behaviou- rismo americano, « vicino di casa » detestato
dell’esule De vereux, ma molti altri temi vi si ritrovano, ugualmente im portanti: primo fra tutti, spicca il
relativismo culturale, pio e unanime cache-sexe di molti etnologi, soprattutto america ni, almeno fino alla
fine degli anni Sessanta identificato con la deontologia della professione antropologica.
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Le conclusioni di Devereux a questo riguardo, che qui cer chero di analizzare piu in dettaglio, sono ancora
una volta radicali, e direttamente dipendono sia da quell’etica dell’in- contro che e la premessa implicita di
tutta la sua opera, sia dalla particolare allergia, che ne discende, per ogni scientismo ipocrita, per ogni
pomposa etichettatura dell’esperienza del l’osservazione.
L’etnologo relativista adotta come primo precetto metodo- logico un atteggiamento uniformemente «
democratico » verso le popolazioni primitive che meglio si addice a un collezio nista di farfalle: «ogni e
qualunque costume e ammissibile e legittimo ». Nega quindi all’interlocutore indigeno un qual siasi effetto
sull’osservatore, una qualunque rilevanza per il mondo vero, quello occidentale.
Il comportamento morale di un cosiddetto primitivo non e, per il relativista, ne giusto ne sbagliato. Ma cio
implica che e, per l’uomo occidentale, privo di rilevanza: qualunque cosa un primitivo faccia, sembra
dichiarare il relativismo, ne sal veremo l’anima.
Devereux nota che in moltissimi casi l’etnologo si trova cosi non soltanto in disaccordo con le stesse regole
morali delle popolazioni primitive che osserva, ma rischia di pas sare sotto silenzio i sistemi di pensiero,
l’elaborazione simbo lica di molti comportamenti sociali trasgressivi. In questa pro spettiva, non solo l’anima
morale del primitivo non conta, ma neppure il suo pensiero: un primitivo « non » pensa, fornisce
comportamenti.
Devereux si oppone radicalmente a questa impostazione: « I poeti e le popolazioni primitive » scrive
concludendo una delle polemiche piu vivaci che percorrono Dall’angoscia al metodo, «hanno spesso
anticipato molte delle scoperte delle scienze del comportamento. Sfortunatamente queste antici pazioni sono
state generalmente studiate solo in termini di sociologia della conoscenza, cioe come forme di comporta
mento culturale. Se fossero invece state analizzate come idee
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sul comportamento avrebbero facilitato la scoperta di molti fatti e principi ».
Il legame tra etica dell’incontro e una corretta epistemo logia dell’osservazione e dunque, per Devereux,
indissolubi le: e qui sta, direi, uno dei tratti piu originali della sua figura e della sua opera.
In contrasto con questa limpida onesta intellettuale tor nano alla mente le angosce terribili, la pena e il furore
di vivere tra i « primitivi », che traspaiono solo oggi da alcuni tardivi diari d’etnologo, e che quegli stessi
difensori della pluralita delle culture hanno — immaginiamo con sforzi indi cibili — sempre nascosto ai loro
ospiti, considerati estranei a cose interiori e private come la collera, l’incapacita di vivere una situazione di
dipendenza da una societa diversa, a volte l’invidia o il disgusto.
Finzione ipocrita e consapevole, o velo su coscienze an che troppo amanti della pace interiore, il relativismo
dichiara equivalente cio che e profondamente e soggettivamente riven dicato come diverso. Simile in cio a
uno di quei « filtri speri mentali » dell’osservazione cui ricorre volentieri lo psicologo comportamentista,
questa concezione serve soprattutto alla quiete dell’etnologo, non alla conoscenza dell’altro, che sem pre si
origina da un riconoscimento della separazione, del con flitto possibile, della riconciliazione consapevole e
misurata.
Di conseguenza, e in una prospettiva piu vasta, la prima questione che il libro affronta e come definire
scientificamente il processo dell’osservazione nelle scienze del comportamento, capire chi osserva chi nel
lavoro di campo dell’antropologo e nello studio dello psicoanalista, e come osservatore e osser
vato non solo reagiscono l’uno all’altro, ma come entrambi inconsciamente costruiscono un modello,
un’immagine (in ge nere perfettamente irrealistica) dell’altro.
Non si creda pero di poter ridurre la portata di questa in dagine alla scoperta di una superficiale
complementarita del l’osservatore e dell’osservato o, ancora meno, di poterla acco
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stare alle hegeliane vicende dell’Uno e dell’Altro che agi tano tanta psicoanalisi corrente: ne siamo ben
lontani.
Pur se Devereux e stato probabilmente il primo studioso a occuparsi seriamente del confronto tra osservatore
e osser vato nelle scienze del comportamento (precocita direttamente connessa con i primi, fondamentali
studi di Fisica a Parigi) la teoria elaborata in questo libro supera largamente la consta tazione, che oggi puo
apparire ovvia, dal carattere inter-rela- zionale dell’osservazione.
L’Argomento che apre il libro, la cui formulazione risale agli anni Trenta e quindi precede di molto le
riflessioni che su questo tema sono poi venute in antropologia e in psicoana lisi (citiamo soltanto, in una
ricca letteratura, Levi-Strauss
[1955] e Condominas [1965] per l’etnologia, e per la piu recente psicoanalisi inglese, dove il tema assume
un’importan za sempre maggiore, Racker [1968]) e chiarissimo su questo punto. «Il controtransfert e il dato
cruciale, la fonte piu significativa di tutte le scienze del comportamento. Le infor mazioni che otteniamo
dall’analisi del transfert sono in genere ottenibili anche per altre vie, mentre quelle che ci offre l’ana lisi del
controtransfert non lo sono ... ».
Sin dall’inizio appare dunque una asimmetria dell’osserva zione e della sua analisi: tra osservatore e
osservato uno non vale l’altro. Il loro rapporto deve ogni volta venir ricostruito per « osservazione
dell’osservazione », e il fuoco di questa metaosservazione e sull’osservatore, non sull’osservato.
Ecco un’idea che puo sembrare insostenibile nella prospet tiva scientista che per anni si e abusivamente
sovrapposta allo sviluppo dell’antropologia e della psicoanalisi. In strenua dife sa di una metodologia che
tenta spesso di fissare e prendere a modello una invecchiata immagine della Fisica, che va invece da tempo
liberandosi da epistemologie troppo elementari, si
dira e si e detto che un’impostazione del genere conduce im mancabilmente al soggettivismo, e condanna ai
capricci del l’imprecisione uno studio del comportamento che si vuole
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freddo e fondato su fatti, non su disputabili e privati modelli dell’osservazione dei fatti.
A questa prevedibile obiezione risponde il concetto deve- reuxiano di decisione. L’infinito scambio di
modelli dell’osser vazione tra osservatore e osservato, che puo effettivamente, se mal interpretato, condurre a
una sorta di regressione logica all’infinito, si arresta in un atto di decisione dell’osservatore, che Devereux
riassume nella formula aristotelica (tratta dai Parva Naturalia) del « Questo io percepisco »: il momento in
cui l’analisi percettiva si arresta e appare, a fuoco, l’imma gine del reale.
Per essere legittimo, questo gesto deve pero essere con sapevole. Devereux propone di analizzarlo per via
logica, e ricorre a uno dei grandi modelli di analisi del secolo, il cui influsso sulle scienze del comportamento
non e .stato ancora sottolineato: la teoria dei tipi logici di Russell (1910). Questo riferimento, che il lettore
trovera ampiamente discusso nel libro, permette a Devereux di focalizzare diversi livelli di riflessione, e
distinguere coerentemente tra situazione speri mentale e discorso sull’osservazione, tra l’analisi dei fatti
provocati dall’osservazione e la teoria che se ne puo trarre.
Arrestare arbitrariamente l’avvicendarsi delle distorsioni nella situazione sperimentale, « decidere » di
percepire, si gnifica riconoscere, con Heisenberg e Bohr, che la distorsione e ineliminabile. Ma appunto
questo suo carattere la rende rile vante, e significativa per un diverso ambito discorsivo, che si profila come
una compiuta epistemologia dell’osservazione.
La conclusione piu significativa e che, sul campo come nel lavoro clinico, l’osservatore puo osservare l’altro
solo osservando se stesso. Anzi: solo se osserva in un certo modo se stesso, vede l’altro.
L ’affollarsi di dispositivi meccanici dell’osservazione nel laboratorio del comportamentista tradisce invece,
combinato con un curioso quanto corrente feticismo per la macchina
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pensante, il rifiuto di riconoscere che e ¡’osservatore l’unico « filtro » rilevante, che l’osservazione e
esperienza umana, confronto di affetti (nel senso psicoanalitico) e di modelli logici.
Ma dobbiamo di nuovo mettere in guardia il lettore da un’interpretazione affrettata. Quando in questo libro si
parla dell’osservatore non si intende il suo agire cosciente, o la sua attivita sperimentale, in genere
ossessivamente sorvegliata, ma cio che l’osservatore non sa, non vuole percepire di se stesso, cio che delle
sue reazioni gli sfugge, e dunque provoca dolore, risveglia l’angoscia.
E questo quel che Devereux chiama il «materiale piu prezioso » di ogni osservazione del comportamento,
questo l’ambito in cui si rivela quel «problema della verita nelle relazioni umane » (Devereux 1980) che egli
ha posto al centro di tutta la sua ricerca.
La complessita di questo processo e riassunta in un triplice disporsi dei dati dell’osservazione: «il
comportamento del soggetto e i disturbi prodotti dall’esistenza e dall’attivita del l’osservatore » non sono
comprensibili senza lo studio del « comportamento dell’osservatore », delle sue angosce, delle sue manovre
difensive, delle sue strategie di ricerca, e infine delle sue « decisioni ».
Si tratta dunque, ed e questo lo scopo finale del libro, « di usare come ponti verso la conoscenza proprio le
situazioni tradizionalmente percepite come ostacoli all’osservazione » (AG, cit.).
Vediamo come questa concisa conclusione puo permet terci di documentare meglio la condanna
devereuxiana del relativismo culturale, e soprattutto del suo cavallo di battaglia & metodologico, la tanto
lodata osservazione partecipante.
In effetti, quando la vediamo apparire nei piu comuni ma nuali di antropologia, essa si accompagna molto
spesso (salvo rari casi, e sono quelli di grandi etnologi: almeno Linton,
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Bateson, Hallowell) ad una sorta di programmatica invisibi lita dell’osservatore. Secondo le regole della
professione, que sti non puo essere altro che un filtro meccanico di ogni e qualunque tratto culturale, e deve
trattenere in se non soltanto i pregiudizi piu comuni, che egli sa discendere dalla propria appartenenza a una
cultura, ma anche le reazioni piu intime, il giudizio piu individuale e meditato.
L’osservatore sembra dunque negare se stesso, per permet tere che la realta gli si dispieghi intera davanti agli
occhi: il ^ silenzio sulle reazioni individuali di fronte a una realta inedita, spesso umanamente difficile, e
garanzia dell’oggettivita del- l’informazione.
Capovolgendo i termini del problema, e senza negare, com’e ovvio, gli enormi progressi che la fine
dell’antropologia da tavolino ha arrecato alla nostra conoscenza del mondo pri mitivo, Devereux obietta che
riconoscendo a chiunque il vuoto diritto di portare le maschere piu variopinte, e dichia rando la propria
indifferenza verso il loro variare infinito, l’etnologo relativista maschera se stesso, ai propri occhi come agli
occhi dei suoi osservatori: i primitivi.
Scandalo debbono quindi suscitare in tali etnologi le pa gine, dure e polemiche, che in questo libro sono
dedicate alle risibili goffaggini dell’osservazione partecipante, e alla analisi, ipotetica e quasi divertita, di un
suo disincarnato e grottesco modello sessuale.
Eppure, buona parte del libro e costituita da una ricerca minuziosa in cui ogni segno di stanchezza, ogni
ostentata de negazione, anche alcune ammissioni fatte in privato, sorpren dono l’osservatore in stato di
flagrante umanita. Basti qui l’esempio di quell’etnologo che dichiara di non provare nulla quando vede nella
realta una excisione femminile presso una tribu africana, ma cade nell’angoscia quando, anni piu tardi, vede
la stessa scena in un filmato etnografico. Quando cioe, aggiungerei, quella realta si e fatta segno, e viene
anche per lui dal mondo lontano della rappresentazione.
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Una eco del messaggio dei suoi « soggetti africani », cui era rimasto, fedele alla deontologia professionale,
compieta- mente sordo, riecheggia qualche anno piu tardi neiroscura e anonima sala di un cinema
newyorkese: ma ormai, si direbbe in psicoanalisi, la rappresentazione e scomparsa nell’affetto, e pura
angoscia, e non significa piu nulla.
Di fronte aH’emblema dell’etnologo che, per professione, rimuove gli effetti naturali (o psicologici)
dell’osservazione, sta naturalmente la figura dello psicoanalista che resta sordo agli infiniti linguaggi del
sintomo che le diverse culture esprimono. O che, come Roheim, disinvoltamente attribuisce una psiche
individuale a una societa, e diagnostica istituzioni e sistemi di pensiero come se fossero i prodotti di un’unica
e sempre uguale scala evolutiva che ineluttabilmente conduce, ad ogni latitudine geografica e culturale, dal
Lattante (in cui sempre si intravede il primitivo) all’Adulto (immancabilmente model lato sul rapporto
cultura/personalita del nostro occidente).
Nella soluzione di questa annosa antinomia tra un’antro pologia sdegnosa di ogni fenomeno psicologico e
una psicoana lisi applicata troppo spesso invadente e ciarliera, ancora cosi tipica delle scienze umane di oggi,
sta l’intuizione centrale di questo libro, l’idea che ne e alPorigine.
Potremmo formularla in questo modo: la linea di separa zione tra il «dentro» e il «fuori», quel che viene
sempre chiamato lo psicologico e il culturale, non e un dato della real ta, ma risulta invece dal metodo di
osservazione che si sceglie di adottare. Quella linea d’ombra che ancora oggi segna il limite della
psicoanalisi e dell’antropologia va ogni volta rico struita per osservazione e per analisi. In questa scelta si
rivela la natura logica delle inferenze che nell’ambito di queste disci pline si possono trarre, e insieme si
definisce, in controluce, la ricerca etnopsichiatrica.
L’idea fondamentale da cui questa impostazione procede e che spiegazione psicologica e spiegazione
culturale si oppon-
16
gono Tuna all’altra. Ben lungi dal credere, come quasi tutti hanno fatto, che con un gesto che chiamerei di
prestidigita zione teorica, basta soccorrere l’una con i risultati dell’altra per ottenere una nuova scienza
comprensiva, capace di col mare i vuoti rispettivi dell’antropologia e della psicoanalisi, Devereux sostiene
che l’una puo costituire per l’altra un pericolo. Anzi, l’una puo distruggere, o privare l’altra di senso.
E questo il rischio, sempre seducente per gli studiosi del comportamento, della sovra-spiegazione unilaterale
dei fatti:
« Quando un fatto e sovra-spiegato da un punto di vista psi cologico, quel che resta e un mero residuo
sociologico, e vice versa » (AG, cit.). Il residuo e come tale inspiegabile, e incom prensibile proprio perche e
l’osservatore ad averlo ridotto alla condizione di dettaglio insignificante.
Come la follia sperimentale che domina nel laboratorio del comportamentista puo distruggere o menomare
l’organismo vivo sottoposto a esperimento, e dar vita all’orrida innaturale specie dell’« animale statistico »,
cosi il riduzionismo, cultu rologico o psicologizzante, invece di render conto della com plessa realta
dell’organismo vivo, tende a ridurlo a mero esempio empirico, intrappolato nel circolo vizioso di una falsa
epistemologia.
Da questo punto di vista relativismo culturale e compor tamentismo si uniscono nell’errore, e armonicamente
com baciano in un chiasma perfetto.
La constatazione del divario incolmabile tra teorie del culturale e teorie dell’individuale non conduce dunque
De vereux a quell’atteggiamento genericamente ecumenico che in anni ormai lontani ha caratterizzato un
paesaggio culturale americano dominato da relativisti, behaviouristi e neofreudia ni — un progetto che
abbiamo piu recentemente visto ricom parire, con minore franchezza, nei ripetuti quanto inutili tenta tivi di
unire Marx e Freud in un infelice, tardivo matrimonio.
Al contrario, il complementarismo devereuxiano nasce dal 17
la piena coscienza dell’irriducibilita, del disporsi per linee asin totiche che caratterizza l’evoluzione delle due
discipline.
Il punto focale del complementarismo puo dunque rias sumersi in poche parole, e significa comprendere che
cio che troviamo fuso e indistinguibile nella realta sociale e clinica, va distinto e separatamente analizzato
nell’elaborazione teo rica. I due punti di vista psicologico e sociologico non possono essere simultanei, e cio
perche non i fenomeni, ma le spiega zioni sono complementari.
Tentare di aggiungere a una disciplina i metodi dell’altra e per Devereux poco piu di un rituale universitario.
Egli scrive nell’unico testo programmatico sull’etnopsichiatria che di lui conosciamo: «Si e potuto credere
un tempo che il compito dell’etnopsichiatria fosse di stabilire una relazione tra il disor dine psichico e
l’ambiente socioculturale nel quale si verifica, e di fondare una disciplina su una semplice sintesi delle teorie
della psichiatria e dell’etnologia, elaborando una metodologia appena distinguibile da un inventario delle
loro tecniche di ricerca » (sottolineatura mia C.S.) (Devereux 1978 a).
Questo e lo scoglio contro il quale sono caduti anche i tentativi piu recenti di pensare il rapporto tra
individuale ed etnico, e da qui nasce la necessita di un libro interamente de dicato alla metodologia come
Dallangoscia al metodo. «Era invece prevedibile » leggiamo ancora nel testo citato « che i progressi della
ricerca avrebbero messo in luce lacune ed errori nelle teorie fondamentali sia della psicoanalisi che dell’antro
pologia. La formulazione di una metodologia specifica del l’etnopsichiatria doveva dunque portare a una
radicale revi sione dei fondamenti epistemologici dell’insieme delle scienze delPUomo ».
L’etnopsichiatria cui questo libro introduce non risulta quindi, come ancora voleva Roheim, da un’estensione
dei metodi clinici al sociale, ma si presenta, precisamente attra verso il lavoro concreto in psicoanalisi e in
antropologia, come
18
una epistemologia comparata delle spiegazioni antropologiche e di quelle psicoanalitiche.
Devereux non intende affiancare alle molte scuole etnolo giche e cliniche una nuova setta dedita alla loro
alchemica combinazione, ma aprire nuove prospettive in entrambe le discipline, nel lavoro di osservazione
sul campo come nella clinica.
Di nuovo, il richiamo e alla ricerca individuale, all’etica dell’incontro, airintimo riconoscimento di nuove vie
della co noscenza.
Nell’esperienza umana di Devereux, come nel suo pensie ro, c’e senza dubbio qualcosa che oggi ci sembra
desueto, c’e una riottosa ostinazione, da autentico «puritano del pensie ro » (Bastide 1972) a conservare un
rapporto duale, tra anta gonisti, tra amici, tra amanti con le persone che come etnologo, come psicoanalista,
come studioso della civilta ellenica ha incontrato e incontra.
E vero, quel che Devereux propone puo difficilmente esser presentato — ed e quel che ho cercato qui di
evitare — come un quieto compendio di regole professionali, come un manuale di buona metodologia cui
sarebbe affidata l’identita di un grup po di professionisti. In questo, egli resta l’uomo di un’Europa in cui uno
Ulrich poteva sentirsi legato, insidiosamente, all’eti ca di un buon militare, e cercare insieme la via del
pensiero nelle matematiche, come nell’amore di una Bonadea.
Molto della sua persona traspare, a volte prepotentemente, in questo libro, che va quindi letto come
l’autobiografia intel lettuale di un uomo che ha passato gran parte della vita nella polemica e nella ricerca
solitaria.
Francamente, nutriamo poche speranze nella capacita del le professioni (psicologiche, antropologiche,
psicoanalitiche) ra dunate in corpi collettivi di accettare e applicare i metodi pur rigorosamente « ortodossi »
di Devereux, e soprattutto di vive re l’inquietudine continua e continuamente analizzata che ca ratterizzano
questo libro.
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Certamente pero, agli psicoanalisti antropologi e psicologi che rifiutano di sacrificare alle facili ideologie il
gusto indivi duale di scoprire (che nelle scienze del comportamento significa sempre incontrare qualcuno)
restera l’esemplare analisi di quell’indice irriducibile di verita che, come questo libro inse gna, e l’angoscia
di osservare e di venire osservati.
Milano, Ottobre 1982
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Carlo Severi
Introduzione
Probabilmente ogni scienziato scrupoloso tiene nei suoi schedari una cartella in cui accumula, nel corso degli
anni, il meglio della sua ricerca. Che egli abbia o no l’intenzione co sciente di destinarli a un libro che spera
di scrivere un giorno o l’altro, questi appunti sono prima di tutto un tentativo di chia rire a se stesso il senso e
il valore della sua attivita scientifica, indipendentemente dagli scopi che la ricerca puo proporsi. Questo libro
proviene da una di queste cartelle di appunti. Il problema che affronto qui mi ha tenuto occupato per gran
parte della mia vita; alcune delle domande che mi pongo, e persino qualche risposta, risalgono piu lontano
nel tempo di quanto non mi piacerebbe ammettere.
La natura del mio lavoro mi ha portato a toccare qualche aspetto marginale del problema che costituisce il
centro di que sto libro in alcuni articoli teorici. A volte ho anche tentato di abbozzarne alcune parti, ma ho
sempre desistito, non trovando ne il momento ne il luogo propizio. Cio puo senz’altro signifi care che io
stesso non mi sentivo preparato ad accogliere e for mulare alcuni dei miei pensieri.
Sentivo che mi ero spinto in un terreno inesplorato; non avevo alcun modello dinanzi, su cui strutturare le
diverse parti del libro.
Fin dall’inizio, ho saputo cosa volevo dire, ma ancora oggi non sono certo di aver trovato il modo migliore
per dirlo. Fino all’ultimo ho sperato di scrivere un saggio puramente teorico sull’epistemologia delle scienze
del comportamento, senza ri ferirmi a esempi concreti. Ma era un progetto impossibile. Cio prova almeno
che questo non e stato concepito come un libro
21
polemico. Non ho quasi mai nominato autori la cui attivita scientifica mi sembra indifendibile; poche
eccezioni riguardano coloro che hanno violentemente attaccato posizioni che non si sono dati neppure la
pena di comprendere.
Tutti gli altri studiosi citati sono o persone di cui rispetto incondizionatamente il lavoro, o autori con i quali il
mio disac cordo e limitato ad alcune questioni specifiche.
Del resto, alcune critiche che possono sembrare ostili secon do criteri epistemologici tradizionali, che io
rifiuto, diventano piu che favorevoli, se si seguono i nuovi criteri che sostengo in questo libro.
Il solo studioso del comportamento che critico sistematica- mente sono io stesso. Un conto rigoroso
rivelerebbe circa qua ranta passaggi nel testo in cui analizzo le mie scotomizzazioni, inibizioni, angosce.
Cosi del resto deve essere: colui che studia il comporta mento deve rivolgere l’analisi e la critica prima di
tutto verso se stesso (1).
La storia di questo libro mi ha reso cosciente delle difficol ta che per trenta anni mi hanno impedito di
superare il labi rinto dei miei pregiudizi, delle mie scotomizzazioni ostinate, dell’angoscia di fronte al
compito di comprendere quanto di vero questo libro puo contenere.
Non saro dunque io a sottovalutare le difficolta che puo provare chi leggera quest’opera in pochi giorni.
Spero pero che potranno, come me, trovare un incoraggiamento nella sfida che Socrate lancia a Eutifrone:
«Dunque, benedetto uomo, fai uno sforzo! Cio che dico non e poi cosi difficile da capire »
(Platone, Eutifrone, 12a). La lettura di questo libro sara agevole per coloro che, di
fronte a un passaggio apparentemente difficile, cercheranno in se stessi cio che ostacola la comprensione —
cosi come io stesso ho fatto scrivendo questo libro, cercando costante- mente in me che cosa inibiva
l’indagine.
22
Una volta conclusa l’avventura intellettuale di cui questo libro testimonia, potevo soltanto o richiudere la mia
cartella di appunti, o cercare di scrivere il libro meglio che potevo, sem pre che le circostanze me lo
permettessero.
In entrambi i casi, avrei trovato una soluzione finale, che — come ogni conclusione — sarebbe stata anche
un nuovo inizio.
Le circostanze divennero favorevoli quando, soprattutto grazie agli sforzi dei Professori Fernand Braudel e
Claude Levi- Strauss — verso i quali il mio debito e ben piu grande di quan to possa esprimere — ottenni
una cattedra in una Scuola dove i soli anticonformisti sono coloro che non hanno audacia intellettuale.
In questa stessa Scuola il Professor Mauss mi aveva inse gnato a distinguere, nello studio dell’uomo, la
scienza dalle vane apparenze di scientificita. Scrivere questo libro non mi sembro piu allora un compito di
difficile realizzazione.
Cosi quando la Scuola mi invito a scrivere un libro per la sua collana di opere teoriche, pensai
inevitabilmente a quella cartella di appunti che avevo fino ad allora considerato come il ricettacolo delle mie
« cause perse ».
Fui ulteriormente incoraggiato dalla consapevolezza che il primo abbozzo del libro avrebbe potuto
beneficiare della criti ca di diversi miei colleghi. Poi, quando mi misi al lavoro, mi resi conto che riesumare
appunti e annotazioni vecchi di trenta anni era un compito cosi fastidioso che si spegneva in me fino
all’ultima scintilla di quel senso di bruciante necessita che ave vo provato quando quelle idee, ora consegnate
a quei fogli in gialliti, mi si erano presentate per la prima volta.
Se questo libro conserva qualcosa di quell’ardente ricerca, cio si deve a Jane W. Devereux, mia moglie, che
si e assunta il gravoso compito di organizzare i miei appunti.
Jane ha portato il suo sicuro giudizio, il suo gusto e la sua finezza di osservazione etnologica in ogni
successivo abbozzo di quest’opera, ha controllato le fonti di una grandissima parte
23
dei materiali clinici, ha compilato la Bibliografia, e battuto a macchina una parte del manoscritto.
Una dedica non le rende giustizia: e in un certo senso il vero co-autore di questo libro.
Devo a Weston La Barre, Professore di Antropologia alla Duke University — il piu critico dei miei amici, e
il piu ami chevole dei miei critici — una grande riconoscenza, non solo per la sua densa e stimolante
prefazione, o per la lettura crea tiva e rigorosa che ha fatto del manoscritto, ma soprattutto perche mi ha
permesso, per trent’anni, di affinare il mio spirito con il suo acume e il suo sapere.
Del resto, questo non e certo il mio primo manoscritto che ha potuto beneficiare dei suoi consigli, e spero che
non sara l’ultimo.
W. K. Guthrie, Laurence Professor in Filosofia Antica al l’Universita di Cambridge, mi ha autorizzato a
riportare qui una sua lunga e illuminante lettera a proposito dell’interscam bio tra ricerca empirica e logica
pura nel mondo greco.
Pascual Jordan, Professore in Fisica all’Universita di Am burgo, che ha per primo applicato il principio di
complemen tarita ai fenomeni studiati dalla psicoanalisi, ha gentilmente letto il Cap. XXIV.
La Dottoressa Dorothy Semenow Garwood, chimico e psi cologo di orientamento psicoanalitico, e il Dott.
Donald Gar wood, specialista in chimica spaziale, hanno gentilmente letto gli ultimi quattro capitoli di
questo libro.
Ringrazio inoltre William A. Steiger, M. D., titolare della cattedra « John A. Kolmer » in Medicina Sociale
della Tem pie University, che ne ha letto l’unico capitolo esclusivamente medico, e ha permesso la
pubblicazione del corrispondente ma teriale clinico. Grazie a lui, e ai Professori O. Spurgeon English,
Francis H. Hoffman, Albert E. Scheflen, il privilegio di insegnare alla Tempie University e diventato anche
una preziosa occasione di imparare.
24
Infine, desidero ringraziare l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi. La cattedra che mi e
stata offerta realizza la mia piu antica e piu cara ambizione.
Spesso, quando una cosa lungamente desiderata si avvera, puo rivelarsi deludente. Questa e l’eccezione che
conferma la regola.
Parigi, 3 aprile 1966
Geor ge Dever eux
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NOTE
(1) Cio spiega il gran numero di riferimenti ai miei scritti. Alcuni sono articoli che critico retrospettivamente. Molti contengono dati
ottenuti in modi o circostanze che descrivo in questo libro. Molti altri spiegano concetti, o illustrano procedure di cui sono l’autore.
Altri ancora trattano argomenti cui in questo libro mi riferisco solo di passaggio. Se avessi eliminato una parte qualsiasi di questi
rimandi a opere precedenti, questo libro sarebbe stato meno comprensibile. Inoltre, in questo libro rendo conto di trentacinque anni di
ricerca scientifica: era quindi necessario enumerare le tappe principali del mio itinerario.

A rgomento
Il punto di partenza di questo libro e una delle fondamen tali tesi di Freud, modificata alla luce della
concezione einstei niana sulla fonte dei dati scientifici.
Freud ha affermato che il transfert e il dato fondamentale della psicoanalisi, considerata come metodo
generale di in dagine.
Alla luce dell’idea di Einstein, secondo la quale possiamo osservare solo eventi che hanno luogo « presso »
l’osservatore — che conosciamo solo cio che avviene « al », o all’interno dell’apparato sperimentale, di cui
l’osservatore e la parte piu importante — ho tentato un ulteriore passo in avanti sulla via tracciata da Freud.
Affermo che e il controtransfert, piuttosto che il transfert, a costituire il dato cruciale di ogni scienza del
comporta mento, perche le informazioni fornite dal transfert possono in generale essere ottenute anche con
altri mezzi, mentre questo non e il caso del controtransfert (1).
Questo carattere specifico del controtransfert deve essere sottolineato, anche se transfert e controtransfert
sono fenomeni collegati fra loro, e restano entrambi fondamentali: semplice- mente, l’analisi del
controtransfert e scientificamente piu fertile, e fornisce un maggior numero di dati sulla natura dell’uomo.
Lo studio scientifico dell’uomo: 1. e reso difficile dall’angoscia che sempre sorge nel
rapporto che si instaura tra osservatore e soggetto sperimentale; 2. cio implica necessariamente un’analisi
della natu
ra e del luogo della demarcazione tra i due; 3
27
3. questa analisi deve poter compensare la necessaria parzialita, a livello conscio, della comunicazione tra
soggetto e osservatore; ma deve, nello stesso tempo,
4. evitare la tentazione di mutilare la completezza della comunicazione che ha luogo a livello inconscio tra os
servatore e soggetto;
5. la comunicazione inconscia risveglia l’angoscia, e quindi provoca reazioni controtransferenziali
6. che distorcono la percezione e l’interpretazione dei dati, e
7. producono resistenze di tipo controtransferenziale, che possono organizzarsi e camuffarsi in « metodologia
», provocando ulteriori distorsioni sui generis;
8. poiche 1’esistenza stessa dell’osservatore in quanto tale, la sua attivita osservativa sempre accompagnata
da ango scia (anche nella auto-osservazione) provoca distorsioni che sono logicamente, e non solo
tecnicamente, ineliminabili,
9. ogni efficace metodologia delle scienze del com portamento deve considerare queste perturbazioni nella
perce zione e nell’interpretazione come i dati piu caratteristici e si gnificativi della ricerca, e deve inoltre
10. proporsi di usare la soggettivita inerente in ogni osservazione come la « via reale » verso una autentica, e
non fittizia, obiettivita;
11. il concetto di «obiettivita» deve essere definito nei termini di cio che e realmente possibile, e non in
funzione di un dover essere;
12. quando sono ignorate, o escluse dalla coscienza tramite difese controtransferenziali camuffate come «
metodo logia », queste distorsioni diventano fonte di errori incontrol lati e incontrollabili;
13. quando sono invece sottoposte ad analisi come dati fondamentali e caratteristici delle scienze del
comporta mento, queste distorsioni si rivelano piu valide e piu fertili di conoscenza di ogni altro tipo di
informazione.
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In breve, i dati delle scienze del comportamento risveglia no l’angoscia, contro la quale l’osservatore si
difende facendo ricorso a una pseudo-metodologia ispirata dal controtransfert; questo ricorso difensivo al
metodo e responsabile di gran par te dei difetti delle scienze del comportamento.
Il grande matematico Lagrange disse molto tempo fa che la Natura non si preoccupa affatto delle difficolta di
interpreta zione che pone all’uomo di scienza, il cui compito e — come egli disse in altra occasione — di
cercare sempre la semplicita, ma anche di non fidarsene mai.
Cio implica che il modo migliore, e forse l’unico, di rag giungere una semplicita congruente con i fatti e di
affrontare le cose piu complesse, servendosi dell’espediente pratico di con siderare la difficolta in se come un
dato fondamentale.
Un dato che non puo essere eluso, ma che puo essere sfrut tato al massimo; che non deve essere spiegato
come tale, ma che puo invece essere usato per spiegare dati apparentemente piu semplici.
I primi capitoli di questo libro, che insistono sull’angoscia suscitata dai dati delle scienze del
comportamento, possono creare l’erronea impressione che l’obiettivita e a priori im possibile in questo tipo
di indagine e che, per ridurre al minimo le distorsioni provocate dal ruolo della soggettivita, siamo co stretti a
interporre un numero sempre maggiore di filtri — tests, tecniche dell’intervista, e ogni sorta di « trucchi » e
artifici euristici — tra noi e i soggetti. Se ne potrebbe dedurre che la macchina e senz’altro il miglior
osservatore possibile, e che l’osservatore umano deve di conseguenza ambire a una sorta di invisibilita, che
gli permetterebbe — quando possibile —
di eliminare l’osservatore dalla situazione sperimentale. Questo punto di vista trascura il fatto che ognuno di
questi
filtri, mentre « corregge » alcune distorsioni dovute alla sog gettivita dell’osservatore, produce dal canto suo
altre partico lari distorsioni, che restano in generale escluse dall’analisi.
29
Ma soprattutto ignora che, in senso aristotelico (Parva Naturalia, 455a e seguenti) anche l’osservatore
invisibile deve alla fine dire: « Questo io percepisco », senza curarsi di sapere se cio che e percepito e un
dato comportamentale, un elettroen cefalogramma, o un risultato numerico (Cfr. infra, cap. 22).
Egli deve inoltre, a un certo punto dell’indagine, afferma re: « Cio significa che ... ».
Questa proposizione e, in termini tecnici, una « decisione ». Ora, e un fatto fondamentale che la Teoria dei
Giochi, che studia relazioni, non puo mai fornire decisioni, ma solo deter minare conseguenze e valutare le
loro probabilita.
La decisione — che nell’ambito scientifico consiste nell’af- fermare: « Cio significa che ... » — e sempre
opera dell’analista del comportamento, il quale la formula in funzione di quella stessa soggettivita, e per
rispondere alla stessa angoscia che sorge in lui quando non fa uso di nessun filtro sperimentale.
Di conseguenza, io non intendo proporre l’eliminazione di tutti i filtri, ma sostengo invece che bisogna
liberarsi dell’illu sione che essi possano abolire ogni soggettivita nell’indagine, e che neutralizzino
completamente l’angoscia dell’osservazione.
I filtri, in realta, non fanno ne l’una ne l’altra cosa: essi possono soltanto spostare leggermente il punto in cui
si situa la demarcazione tra osservatore e osservato, e posporre il momen to preciso in cui l’elemento
soggettivo (la decisione) interviene.
Una cosa e situare la linea di demarcazione nel « momen to della verita » dell’esperimento — quando cioe il
fatto e tra sformato, in modo appropriato, in verita sperimentale.
Altro e invece pretendere che, cosi facendo, si aboliscono insieme soggettivita e angoscia.
Inoltre, anche quando il luogo e il momento sono definiti in modo ottimale, si devono ancora considerare le
distorsioni provocate dai filtri, dalle manipolazioni e dalle altre procedure che hanno reso possibile questa
situazione sperimentale « ot timale ».
30
Non si costruisce una solida disciplina scientifica ignoran do i suoi dati piu caratteristici e fondamentali, che
costituiscono le sue specifiche difficolta.
Lo studioso del comportamento non puo pretendere di igno rare Tinterazione tra soggetto e osservatore, nella
ingenua spe ranza che, se egli finge abbastanza a lungo di credere che non esista, questa scompaia
spontaneamente.
Il rifiuto di sfruttare creativamente queste difficolta non puo che condurre a raccogliere dati sempre meno
rilevanti, sempre piu incompleti, marginali, e persino triviali, che nulla possono dire, quando si tratta
dell’organismo, sulla natura del vivente, o, quando si tratta dell’uomo, sulla natura dell’umano.
Lo studioso dovrebbe innanzitutto smettere di sottolineare la sua manipolazione del soggetto, e cercare di
capire nello stesso tempo — e, a volte, prima di ogni altra cosa — il pro prio ruolo di osservatore.
In questo senso, ogni esperimento sui ratti e anche un espe rimento condotto sullo sperimentatore. Le sue
angosce e mano vre difensive, la sua strategia di ricerca, la percezione che ha dei dati e l’interpretazione che
ne fornisce possono rivelare mol to di piu sulla natura del comportamento in generale di quanto
l’osservazione dei ratti — o anche di altri esseri umani — possa fare.
Cio implica che le difficolta tradizionali delle scienze del comportamento non sono dovute soltanto a una
scorretta de terminazione del luogo e della natura della partizione tra dati
« reali » e prodotti « accidentali » o accessori della strategia di ricerca. Cio significa piuttosto che un
esperimento sui ratti, una ricerca etnografica o una psicoanalisi contribuiscono mag giormente alla
comprensione del comportamento quando sono considerati come fonte di informazione sullo psicologo speri
mentale, sull’etnologo o lo psicoanalista, che quando sono con siderati esclusivamente come fonte di
informazione sui ratti, i primitivi, o i pazienti. In una autentica scienza del comporta mento, i primi dati sono
fondamentali, gli altri sono invece epi
31
fenomeni... Si tratta, in senso rigoroso, di sottoprodotti dell’in dagine, che meritano anch’essi, naturalmente,
di essere sfruttati. Non e lo studio del soggetto, ma quello dell’osservatore,
che da accesso alVessenza della situazione di osservazione. I dati della scienza del comportamento sono
quindi di tre
specie:
1. il comportamento del soggetto;
2. le « perturbazioni » indotte dalla presenza dell’os
servatore, cosi come dalle attivita osservative dell’osservatore; 3. il comportamento dell’osservatore: le sue
angosce, le sue manovre difensive, le sue strategie di ricerca, le sue
« decisioni » ( = le attribuzioni di senso alle osservazioni). Sfortunatamente, e sul terzo tipo di
comportamento che ab
biamo il minor numero di informazioni, perche abbiamo finora sistematicamente rifiutato di studiare la realta
nei termini in cui realmente si pone. Molti dei dati cui faro ricorso in questo lavoro sono dunque il prodotto
dei miei sforzi di comprendere il mio stesso comportamento, sia come etnologo che come psico analista
clinico. A questi ho aggiunto le intuizioni che scaturi scono da una attenta lettura di Levi-Strauss (Tristi
Tropici, 1955), di Balandier (.Africa ambigua, 1957) e di Condominas {L’esotico e quotidiano, 1965): tre
opere che costituiscono per me i soli grandi tentativi di valutare l’impatto dei dati e del l’attivita scientifica
sulla personalita del ricercatore. In effetti, quale che sia l’importanza dell’opera obiettiva di Levi-Strauss, e
possibile che quella di un’opera come Tristi Tropici sia ancora piu grande per l’avvenire delle scienze del
comportamento... in parte perche questo libro ci permette di meglio penetrare i dati oggettivi e le scoperte
dell’autore.
Visto che analizzare in profondita tre opere autobiografi che estremamente franche sarebbe senz’altro
sembrato troppo indiscreto, mi sono visto obbligato a ricorrere molto frequen temente all’osservazione di me
stesso, completata da alcuni brevi esempi forniti da altri studiosi, che non hanno creduto necessario
analizzarli. Questo carattere personale della ricerca
32
non la rende meno scientifica, poiche l’analisi di un gran nu mero di fatti relativamente superficiali — che
illustrano l’esten sione di un fenomeno — fornisce esattamente gli stessi risulta ti dell’analisi in profondita di
un solo fenomeno (Devereux
1955a). L’estensione e la profondita, ruotata di novanta gra di, fino a raggiungere una posizione orizzontale;
la profondita e l’estensione, ruotata di novanta gradi, fino a raggiungere una posizione verticale.
L’equivalenza del due concetti si fonda sull’ipotesi ergodica (2). Presa separatamente, ognuna delle mie
osservazioni e un’aneddoto; considerate nel loro insieme, costituiscono una analisi dell’estensione — e
dunque, anche un’analisi in profondita — delle reazioni dello studioso ai suoi dati e alla sua « attivita
scientifica ».
Gli ultimi capitoli di questo libro mostrano il modo in cui e possibile utilizzare come ponti precisamente le
situazioni che sono generalmente considerate come delle barriere.
Le scienze del comportamento diventeranno semplici quan do cominceranno a trattare le reazioni personali
dello scienziato al suo materiale e al suo lavoro come i dati fondamentali di ogni scienza del comportamento.
Prima di allora, avremo sol tanto l’illusione della semplicita.
Si dice in genere che i libri sugli esseri umani sono o troppo sobri o troppo sensibili. Il mio non e ne l’uno ne
l’altro, o forse tutt’e due le cose insieme, nel senso che si sforza di rag giungere l’obiettivita su quella
sensibilita senza la quale nes suna scienza realista del comportamento e possibile.
Ogni opera sull’Uomo ha un importante aspetto umano, che deve essere determinato senza infingimenti. Io
credo che l’uomo non abbia bisogno di essere salvato da se stesso; basta lasciare che l’uomo sia se stesso. Il
mondo ha piu bisogno di uomini che di « umanisti ». La Grecia del V secolo a.C. era semplicemente umana,
divenne « umanista » soltanto per rea zione agli orrori della guerra del Peloponneso. Eschilo, com battente a
Maratona e autore delle Eumenidi, non era un uma nista. Socrate, figura di transizione, era ancora piu uomo
che
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umanista. Piatone era invece un umanista, poiche, nel nome dell’umanita, ha cercato di salvare l’umanita da
se stessa. Ogni filosofia dell’oppressione ha il suo fondamento in quella di Platone (Popper 1962). La sua
filantropia (3) era in effetti nutrita di disprezzo, visto che trattava l’uomo come un oggetto di contemplazione
e di manipolazione. In questo senso, lo stu dioso del comportamento che si dice « sobrio » e un filantropo
che disprezza l’uomo — un simulacro di umanista. Una auten tica scienza del comportamento esistera
quando coloro che vi si dedicano capiranno che una scienza realista dell’umanita non puo essere che l’opera
di uomini coscienti della loro umanita, precisamente quando riescono a esplicarla totalmente nel loro lavoro
scientifico.
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(1) Nella sua intelligente recensione del mio libro sulla psicoterapia di un Indiano delle Pianure (195la), Caudill (1951) sottolinea che
avevo descritto, ma non analizzato, le mie reazioni di controtransfert. Questa omissione era intenzionale: non avevo ancora scritto
questo libro.
(2) L’ipotesi ergodica postula che si possono ottenere gli stessi risultati gettando contemporaneamente in aria un numero infinito di
monete, oppure gettando una sola moneta in aria, per un numero infinito di volte.
(3) Utilizzo qui « filantropia » nel senso moderno del termine, e non in quello che gli attribuisce Aristotele nella Poetica (1452b,
38).
\

PARTE PRIMA I DATI E L’ANGOSCIA


1. - Alla ricerca di una disciplina scientifica del comporta mento.
L’ordine nel quale le idee dell’umanita sui diversi seg menti della realta hanno potuto accedere a un livello
scien tifico e stato largamente determinato dalla maggiore o minore implicazione dell’uomo nei diversi
insiemi di fenomeni. Piu l’angoscia provocata da un fenomeno e grande, meno l’uomo sembra capace di
osservarlo correttamente, di pensarlo obiet tivamente e di elaborare i metodi adeguati per descriverlo,
comprenderlo, controllarlo e prevederlo. Non e un caso cne i tre uomini che hanno piu radicalmente
modificato la nostra concezione della situazione dell’uomo nell’universo — Coper nico, Darwin e Freud —
sono nati in quest’ordine. Era piu facile essere obbiettivi a proposito dei comi celesti che a proposito
dell’uomo come organismo, e piu facile esserlo a proposito dell’organismo umano che a proposito della per
sonalita dell’uomo e del suo comportamento. Se Freud fosse stato un contemporaneo di Copernico, o anche
di Darwin, non avrebbe potuto elaborare una concezione psicoanalitica dell’uomo, anche se i mezzi di
raccogliere e organizzare i fatti bruti necessari sono stati sempre disponibili e accessibili, e molti di loro
erano gia stati utilizzati correttamente — a fini non-scientifici — dagli stregoni primitivi (Devereux 196la).
In effetti, l’originalita piu radicale della psicoanalisi non e la teoria psicoanalitica, ma la posizione
metodologica secondo o la quale il compito principale delle scienze del comportamento
e l’analisi della concezione che l’uomo ha di se stesso. Questa prospettiva rivoluzionaria e diventata
psicologicamente tolle rabile soltanto dopo che Copernico e Darwin ebbero ridefi-
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nito la situazione dell’uomo nell’Universo e nel sistema della vita organica. E un fatto storico — e non, come
spero di mostrare, una necessita ineluttabile — che l’uomo conosce con difficolta quei fenomeni in cui e
affettivamente implicato.
La prima di queste tre grandi rivoluzioni e stata quella di Copernico, e cio semplicemente perche
l’astronomia non suscita grandi emozioni. Per quanto cio possa sembrare para dossale, cio e provato dalla
stessa esistenza dei miti astrali. Trasferendo verso le volte celesti i conflitti interiori e inter personali, fonte
d’angoscia, l’uomo si e reso capace di consi derare da una certa distanza i problemi che lo assediavano, e di
farne l’oggetto di speculazioni dotate di una certa obiet tivita. Come Zeus soleva disfarsi di personaggi
mitologici scomodi situandoli in mezzo alle stelle, cosi l’immaginazione dello psicologo sperimentale —
quando questi non sa piu cosa pensare e sta per cedere alle proprie emozioni — tra sforma il ratto in carne e
ossa nel modello quasi platonico del
« ratto statistico ». Il fatto che il grado di implicazione dell’uomo in un feno
meno e generalmente inversamente proporzionale all’oggetti- vita con cui e capace di studiarlo si osserva
molto facilmente tra i primitivi ... certo non perche siano incapaci di obiettivita, ma perche spesso non hanno
coscienza di non averne.
Caso 1. - I Moi Sedang hanno numerose idee a carattere sovrannaturale e erroneo su tutte le specie animali.
Nell’in- sieme, pero, la misura in cui la loro « storia naturale » e una « storia non-naturale » dipende dal
ruolo che la specie considerata svolge nella loro vita. Cosi, le loro idee sulle tigri hanno un carattere
sovrannaturale piu elaborato delle loro idee sui ratti di foresta, e le loro credenze sui bufali, i maiali e i cani
sono piu irrealiste di quelle sulle galline. Nello stesso modo, tutti gli uomini hanno credenze piu sciocche
sulla sessualita che, per esempio, sull’alimentazione, e cio sem plicemente perche la sessualita li turba piu
del cibo.
40
La scienza del comportamento e meno scientifica della fisica o della biologia anche perche i fenomeni fisici
sono determinati da un piccolo numero di variabili abbastanza facili & da quantificare, mentre il
comportamento dell’uomo non puo essere compreso che tramite un gran numero di variabili. Inoltre, una
conoscenza ragionevolmente completa dello stato di un sistema fisico al tempo t ci permette generalmente di
prevederne il comportamento al tempo t -j- At, mentre per prevedere il comportamento di un uomo al tempo t
+ a t, dobbiamo conoscere il suo stato non soltanto al tempo pre cedente t, ma anche nel corso di tutta la sua
vita. L’uomo e infatti un sistema crono-olistico, il cui comportamento e deter minato in modo ben piu
decisivo da un tipo di «memoria»,
abbastanza simile a cio che in fisica si chiama isteresi (1), che dal suo stato e situazione presenti.
In breve, le scienze del comportamento sono, per il mo mento, meno scientifiche delle scienze fisiche perche:
1. l’affettivita dell’uomo e maggiormente implicata nello studio di se stesso e dell’umanita, che in quello di
oggetti materiali;
2. la complessita e un carattere inerente al compor tamento, che deve essere compreso crono-olisticamente.
Gli studiosi del comportamento, imbarazzati dal fatto che la loro disciplina e arretrata rispetto alle scienze
fisiche, cer cano di rimediare copiando alcune procedure di tipo scienti fico. Alcuni di loro studiano
addirittura soltanto fenomeni quantificabili e trascurano intanto tutti i fatti — per quanto notevoli e
importanti — che non si lasciano facilmente quanti ficare. Con questo modo di procedere, essi
implicitamente con fondono le tecniche della fisica, che sono fondamentalmente
determinate dalla natura dei fenomeni fisici, e il metodo scien tifico generale, che possiede validita
interdisciplinare, e puo di conseguenza essere ugualmente applicato alle scienze fisi che e a quelle del
comportamento. Questa distinzione e logica mente fondata, anche se, storicamente, la maggior parte delle
41
regole del metodo scientifico sono state dapprima formulate in funzione delle procedure della fisica (2).
Sfortunatamente, la trasposizione meccanica delle regole della fisica alle altre scienze — illustrata, per
esempio, da una quantificazione ossessiva — puo far credere che la quantificazione automatica- I mente
rende scientifico un fatto, il che e un errore logico. !
Caso 2. - Il terzo Rapporto Kinsey (Gebhard et al., 1958) «prova» statisticamente che l’aborto non e trauma
tizzante. Vero o falso che sia, questo enunciato non e scien
tifico, malgrado il fatto — o forse proprio a causa di cio — che si appoggia su dati statistici. In effetti
Gebhard e i suoi collaboratori sembrano credere alla scientificita di questo enunciato e quindi lo considerano
come una diagnosi psi chiatrica.
In realta essi registrano semplicemente un fatto: le donne che hanno dichiarato (e/o creduto) di aver subito
senza trau mi un aborto sono piu numerose di quelle che hanno dichia rato (e/o creduto) il contrario.
L’unico, ma decisivo, errore consiste in questo caso nel fatto che gli autori hanno omesso di riconoscere a
quale universo di discorso appartengono i loro dati (3). Essi presumono infatti che questi dati appartengano
al dominio della psichiatria, quando in effetti appartengono al campo dei sondaggi d’opinione, e cio
semplicemente perche nessuno dei soggetti interrogati era in grado di praticare una valida autodiagnosi
psichiatrica. Di conseguenza, da questo punto di vista, gli autori non hanno registrato nulla che avesse un
rapporto, anche lontano, con cio che si proponevano di
studiare. D’altra parte, hanno in questo modo portato un im portante contributo — anche se non intenzionale
— a un problema che non hanno cercato di analizzare: alla questione, non psichiatrica ma socio-culturale,
del folklore dell’aborto nella societa americana. Queste restrizioni resterebbero valide anche se, in futuro,
una equipe di psichiatri esaminasse di
42
nuovo queste donne, e trovasse che la loro autodiagnosi era, in realta, corretta. Anche in questo caso, soltanto
i risultati dell’analisi psichiatrica sarebbero autentici dati psichiatrici; le dichiarazioni delle donne, pur
confermate, apparterrebbero ancora al dominio dell’opinione, o del folklore. Simili errori metodologici
invalidano anche altri studi del comportamento § modellati sulle tecniche delle scienze esatte, e non sul
metodo ¿ scientifico fondamentale. Inoltre, molti di questi studi utilizza no procedimenti apparentemente
scientifici — o, piu preci samente, fisicalismi — non perche siano adeguati, ma piutto sto perche gli studiosi
del comportamento tentano di dimo strare che la loro disciplina e « scientifica » quanto la fisica. La
quantificazione deH’inquantificabile, tentata al solo scopo di acquisire prestigio e, nel migliore dei casi,
paragonabile al tentativo leibniziano di provare matematicamente 1’esistenza
di Dio. E senz’altro legittimo sperare in un futuro in cui i dati
delle scienze del comportamento saranno esatti e quantificabili. Non e pero possibile accelerarne l’avvento
senza prima costrui re un modello concettuale adeguato che ne sia il fondamento, invece di accontentarsi di
un modello del tutto inadeguato e preso a prestito a sproposito. Una disciplina scientifica del comportamento
puo essere fondata solo facendo ricorso al metodo scientifico generale e quindi a una epistemologia gene
ralizzabile, e non specifica a una disciplina particolare. Non puo comunque nascere dallo scimmiottamento
di tecniche spe
cificamente legate all’oggetto di scienze che si occupano di fenomeni non-crono-olistici, descrivibili in
termini di poche variabili, e facilmente quantificabili.
Una disciplina scientifica del comportamento deve comin ciare dall’esame della complessa matrice di
significati nella quale trova il proprio fondamento ogni dato rilevante (Deve- reux 1957a), e con la chiara
elucidazione dei metodi tramite i quali il ricercatore puo avere accesso al massimo numero possibile di questi
significati, o possa comunque esplicitarli.
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La seconda tappa consiste nello studio della personale implicazione dell’analista del comportamento
nell’oggetto del suo lavoro, e delle distorsioni della realta che risultano dalle sue reazioni «
controtransferenziali ». Il maggiore ostacolo alla creazione di una disciplina scientifica del comportamento e
infatti il cattivo uso che fa il ricercatore della propria im plicazione affettiva nell’oggetto: in ultima analisi lo
studio dei dati e sempre analisi di se, e cio, inevitabilmente, suscita angoscia.
La terza tappa consiste nell’analisi della natura e del luo go in cui si traccia la linea di demarcazione tra
campo del sog getto e campo dell’osservatore.
La quarta e (provvisoriamente) ultima tappa che possiamo prevedere allo stato attuale delle conoscenze e
l’accettazione e l’utilizzazione della soggettivita dell’osservatore, e del fatto che la sua presenza influenza il
corso dell’evento osservato altrettanto radicalmente che 1’« osservazione » influenza (o
« disturba ») il comportamento di un elettrone. Lo studioso del comportamento deve imparare ad ammet
tere che non osserva mai il comportamento « che si sarebbe verificato in sua assenza », e che non ascolta mai
lo stesso racconto che il medesimo narratore avrebbe fatto a un al tro (4). Fortunatamente, quelle che
vengono chiamate « per turbazioni » dovute all’esistenza e all’attivita dell’osservatore costituiscono, se
correttamente utilizzate, le pietre angolari di una scienza del comportamento autenticamente scientifica, e
non — come correntemente si crede — un fastidioso contrat tempo di cui disfarsi al piu presto.
Per quanto la chiarificazione di questi problemi non possa pretendere di inaugurare una nuova era scientifica,
un esame minuzioso e critico delle difficolta inerenti a una particolare scienza rivela sempre che sono
unicamente caratteristiche di quella scienza, delimitano il suo campo di indagine, e defini scono la sua
natura. Le difficolta sono quindi i dati-chiave della disciplina.
44
In termini molto semplici, e sempre utile rendersi esatta mente conto di cosa si sta realmente facendo.
Le idee presentate in questo libro sono, in linea di prin cipio, applicabili a tutte le scienze del
comportamento. In pratica, mi sono valso di esempi generalmente tratti dall’etno psicologia, in parte perche i
dati vi sono determinati in modo particolarmente complesso, in parte perche conosco meglio di altri questo
campo d’indagine. Questa scelta e del resto legit tima. Cio che, dal punto di vista metodologico, si applica a
una scienza i cui dati sono un complesso intreccio di varia bili biologiche, psicologiche, economiche,
storiche, sociali e culturali — e il cui campo d’indagine comprende tanto l’in dividuo quanto il gruppo — si
applica necessariamente a ogni e qualunque scienza particolare del comportamento, consi derata allora come
un cosiddetto « caso limite » (5).
NOTE
(1) Dal punto di vista matematico, cio significa che la maggior parte dei sistemi fisici puo venir descritta per mezzo di equazioni
differenziali. Il comportamento dell’uomo, invece, puo descriversi soltanto tramite equa zioni integro-differenziali, irriducibili,
qualunque sia il numero di differen ziazioni, a equazioni differenziali (Donnan 1936-1937). '
(2) Trascuro intenzionalmente qui le speculazioni puramente filosofiche, la cui influenza sui primordi della scienza fu minore di quel
che alcuni filosofi sembrano credere. Vedi l’Appendice a questo capitolo.
(3) Si puo correttamente interpretare un fatto soltanto se lo si attri buisce all’universo di discorso al quale realmente appartiene, e al
di fuori del quale non ha ne significato ne rilevanza scientifica. Cosi, il suicidio di Cleomene I Re di Sparta non e convincente fino a
che si considera il racconto che ne fa Erodoto (6.75) come un documento storico. Lo diventa invece appena lo si considera come la
descrizione di un caso psichiatrico (Devereux e Forrest ms.). Discuto problemi di questo genere anche in un altro lavoro (Devereux
1965a).
(4) I tribunali, come gli studiosi del comportamento, preferiscono ignorare il problema.
(5) Si e anche sostenuto (Meyer 1935) che la fisica puo esser considerata come un caso limite della biologia. Non ho opinioni su
questa questione, che va al di la degli scopi di questo libro.

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APPENDICE
Il Rapporto tra Logica e Scienza nella Grecia Antica.
Lettera di W. K. C. Guthrie, Laurence Professor in Filosofia An tica all’Universita di Cambridge.
10 maggio 1965
V orrei poter dare una risposta « ex-cathedra » a cio che lei mi chiede, ma il rapporto tra logica e scienza nella Grecia Antica e com
plesso, e ha dato luogo a notevoli controversie, sulle quali non posso rivendicare un punto di vista ben definito.
Se vuole veramente che sia breve e dogmatico, sono incline ad af fermare che si, lei ha ragione: ai suoi inizi almeno, il metodo
scientifico era euristico, e non direttamente influenzato dalla logica pura; ma questa affermazione deve senza dubbio essere sfumata.
Prima che Aristotele la sviluppasse, si puo con qualche ragione affermare che non vi era nessuna logica pura: la sua formulazione del
sillogismo fu veramente l’inizio del pensiero logico. Di conseguenza, non si puo parlare di un suo influsso sui pionieri del pensiero
scientifico, o della filosofia naturale: i Presocratici. Anche qui, pero, c’e ragione di esita re. L’insistenza di Parmenide sull’unita e
l’immobilita del reale era forse una questione di « logica pura »? In senso molto elementare, lo era. Non era certamente fondata
sull’osservazione, eppure fece cosi
profonda impressione che influenzo tutto lo sviluppo ulteriore del pensiero scientifico.
Per la questione che lei pone, Aristotele e evidentemente la figura chiave, e se situiamo, come si fa in genere, l’origine della logica
pura o formale nella sua formulazione del sillogismo, e chiaro che non ebbe grande influenza sulla sua opera biologica. Se d’altra
parte vi includia mo i principi di classificazione, concetti come genos e eidos, otteniamo immediatamente una correlazione stretta,
ma certamente non semplice tra i due campi. Cosi, e stato recentemente detto che la pratica e la teo ria aristoteliche della
classificazione zoologica possono essere nettamente distinte sia dal metodo di separazione raccomandato per esempio nei Secondi
Analitici, 2.13 e nella Metafisica, Z.12, sia dal metodo dedut-
47
tivo descritto nella Politica, 4.4 (G. E. R. Lloyd The Development of Aristotle Theory of the Classificaiion of Animals,
Phronesis, 6,59-81, 1961). Il libro di J. M. Le Blond, Logique et Methode chez Aristote
(Paris 1939), e forse la sola opera moderna che compie uno studio com parativo della teoria e della pratica di Aristotele, e puo
senz’altro esser le utile, cosi come il libro piu recente di Majorie Grene, Portrait of Aristotle (Chicago 1963). L’autrice e bioioga, e
sottolinea l’importanza degli interessi biologici di Aristotele per tutta la sua filosofia. Il libro contiene molte cose sulla concezione
aristotelica del metodo scienti fico effettivo e sulla sua applicazione al lavoro scientifico concreto.
Se invece ci volgiamo verso figure posteriori, come quelle di Archi- mede o di Eratostene, non ci troviamo naturalmente piu agli
albori del metodo scientifico; la logica aristotelica e quella degli Stoici comincia a far sentire il suo influsso. Lei mi chiede: « l’opera
sperimentale e ma tematica di Archimede e di Eratostene fu influenzata dai progressi della logica pura? », ma certamente c’e grande
differenza tra lavoro spe rimentale e lavoro matematico. In Grecia, come oggi, matematici e lo gici erano alleati molto stretti (un
breve articolo di K. Berka Aristoteles und die axiomatische Methode, in Das Altertum, 9, 200-205, 1963, puo esserle utile a
questo proposito), ma la tesi di una scarsa influenza dei progressi della logica pura sulla scienza sperimentale e senz’altro sostenibile.
Visto che questa questione deve essere brevemente, e solo di pas saggio menzionata, penso che cio che lei dice (nella sua lettera)
sugli inizi del metodo scientifico e grosso modo corretto. A partire da Aristo tele la questione diventa piu complessa, e si deve
almeno distinguere tra scienze esatte e scienze della natura, o sperimentali; ma anche per quanto riguarda Aristotele, si dovrebbe
poter verosimilmente affermare che il suo metodo biologico non fu determinato dai suoi progressi in logica pura. (Alcuni direbbero
anzi che vale l’inverso). Non e certa mente una domanda cui si possa rispondere brevemente.

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2. - La specificita delle Scienze del Comportamento.
L’uso di distinguere scienze della vita e scienze fisiche a seconda del loro oggetto — organismo o materia
inanimata — e molto diffuso, ma certamente insoddisfacente. In effetti, se si pesa una persona, si misura la
velocita di un levriero, o si determina la capacita di un animale da tiro di convertire ma teria (cibo) in
energia, si sta facendo ricerca fisica,, anche se l’oggetto di studio e un organismo; cio implica che i dati
raccolti non sono pertinenti alle scienze del comportamento. Al contrario, un primitivo che concepisce in
modo animistico
la materia inanimata, si comporta come uno pseudo-analista del comportamento, visto che tratta i suoi « dati
» come se fossero l’espressione di un comportamento. Una simile antro- pomorfizzazione dei fenomeni e
stata, nei tempi antichi, molto comune, anche in fisica. Il concetto di «forza», secondo almeno un grande
fisico, e tuttora in fisica cosi antropomorfico da poter essere considerato, nella mia terminologia, quasi un
concetto della scienza del comportamento. Inversamente, e evidente che certi concetti della moderna scienza
del compor tamento sono fondamentalmente fisicalisti.
Una distinzione logicamente inattaccabile tra scienze del comportamento e scienze fisiche puo essere fondata
solo in funzione delle « variabili intervenienti » situate tra quei feno meni che decidiamo di chiamare « cause
» e quelli che deci diamo di chiamare « effetti ».
Di conseguenza, quando uno scienziato primitivo inter preta la collisione di due palle da bigliardo come il
frutto di una « lotta », egli sta formulando una teoria del comporta mento, perche le « variabili intervenienti »
di cui fa uso si rife-
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riscono al « comportamento ». Inversamente, se uno psicologo sperimentale meccanicista spiega la relazione
tra stimolo e risposta esclusivamente in termini biochimici, la sua e una teoria fiscalista, perche fa uso di «
variabili intervenienti » fisicaliste.
E senza dubbio teoricamente possibile costruire una « teo ria (animistica) del comportamento » di tutti i
fenomeni fisici, comprensiva e coerente. Una simile teoria spiegherebbe l’uni verso materiale in modo
altrettanto completo — e, per i neo- scolastici, altrettanto soddisfacente — di una teoria fisica formulata
matematicamente. Inversamente, e possibile che Guthrie (1935, 1938) e alcuni dei suoi seguaci (Voeks 1954)
riescano a costruire una teoria fisicalista, comprensiva e coe rente, che spieghi il comportamento della
materia vivente in modo altrettanto completo — e, ancora una volta, soddisfa cente per i neo-scolastici — di
quanto faccia una teoria bio-psico-sociale.
Cio che importa qui e che il carattere comprensivo e la coerenza sono caratteristiche puramente descrittive di
una teo ria o di un sistema di spiegazioni e non hanno nessun rapporto con la sua razionalita e realta. Cio e
un corollario dell’affer mazione di Poincare (1901), secondo la quale due spiegazioni ugualmente capaci di
render conto di un dato fenomeno sono equivalenti.
La scelta tra due teorie equivalenti e generalmente operata in funzione della loro minore o maggiore
economia. Si tratta di un criterio spesso utile, ma sempre arbitrario: la sua necessita non e infatti provata, e
non puo esserlo da alcun fatto. Come il carattere comprensivo e la coerenza interna, anche l’economia di
mezzi e una semplice caratteristica descrit tiva di una teoria. Non puo quindi assicurare la congruenza_di una
teoria con la realta, ma solo permetterci di apprezzarne 1’« eleganza ». In effetti qualsiasi enunciato
sull’economia di mezzi (o sulla non-economia) dell’universo — o di un seg mento dell’universo — e privo
di senso: la razionalita, il
50
carattere comprensivo, la coerenza interna e l’economia di mezzi (o il loro contrario) non sono infatti
caratteristiche della realta, ma solo delle teorie sulla realta. Cio significa, tra l’altro, che nessuna conclusione
sull’esistenza di un Architetto puo essere tratta dal fatto che gli scienziati sono capaci di costruire uno «
schema » economico comprensivo e coerente dell’uni verso, cosi come la loro incapacita di farlo non
sarebbe una prova del contrario (1).
Cio che e importante per l’uomo di scienza e il fatto che il suo sforzo di economia al livello medio di una
teoria lo obbliga talvolta a essere estremamente poco economico quando formula una teoria di livello
superiore. Cosi, la spiegazione piu economica delle esperienze telepatiche (Rhine et al. 1940) e 1’« ipotesi-
psi » (percezione extrasensoriale), la quale, a un livello leggermente superiore della teoria, conduce
sfortunata mente a un modello fisicalista — piu che psicologico — del l’apparato psichico, che e senz’altro
non economico. A un livello superiore della teoria, questo modello implica poi una concezione dell’universo
estremamente non-economica (De- vereux 1953a) (2).
Il solo problema pratico che si pone a questo proposito e se e buona strategia scientifica cercare di
raggiungere un alto grado di economia di mezzi al livello medio di una teoria anche se — come talvolta
accade — cio potra obbligarci a formula re una teoria di livello superiore estremamente poco econo mica. Da
parte mia, penso che nella maggior parte dei sistemi solidi le formulazioni di livello medio sono
relativamente com plicate, mentre la teoria di livello superiore e relativamente semplice (3).
Cio detto, il principio dell’economia di mezzi e utile allo scienziato, per il fatto che, assieme al vicino
principio della eleganza, o della « bellezza matematica » di una teoria, puo talvolta condurre a nuove
scoperte. Cosi Maxwell, pur avendo con la prima formulazione delle sue equazioni spiegato tutti i fatti noti a
quell’epoca, vi aggiunse tuttavia un piccolo termi-
51
ne, senz’altra ragione che quella di una maggiore «simme tria » matematica. Il tentativo di Hertz, volto ad
accertare se vi fosse nella realta qualcosa di corrispondente a questa
« cosmesi » matematica porto alla scoperta delle onde Hert ziane (Poincare 1913).
Il modello matematico e materialista dell’universo fisico e preferito a un modello animistico semplicemente
perche e piu economico. Sorge allora il problema se un modello fisico matematico del comportamento e
anch’esso piu economico di un modello cognitivo, gestaltistico o psicoanalitico. Questo punto e piuttosto
importante, poiche se optassimo per un mo dello fisico-matematico soltanto per il suo carattere econo mico,
potremmo inconsapevolmente optare per un modello di comportamento implicante la predestinazione, o
francamente religioso.
Dobbiamo ora spendere qualche parola sull’assunzione gratuita che una formulazione matematica e
necessariamente piu « realistica », e soprattutto piu economica di ogni altra formulazione.
Il primo punto da sottolineare e che anche un problema matematico puo spesso essere risolto in due modi, di
cui uno soltanto puo essere considerato « elegante ».
Caso 3: La somma di tutti i numeri interi da 1 a 100 puo essere trovata sia addizionando laboriosamente tutti
i 100 nu meri interi, sia nel modo che Gauss invento quando era ancora uno scolaro: 0+ 100= 100, 1-f-99=
100, 2+ 98=
= 100... e cosi via, cinquanta volte. Da cui: 100 X 50 = = 5000; 5000 + 50 = 5050. Solo la soluzione di Gauss
e
elegante. Il secondo punto e che la soluzione matematica — o anche
la sola formulazione matematica — di un problema e spesso meno comoda e meno pratica di una semplice
formulazione verbale.
Ultimo ma importante punto: l’illusione, comune solo ai non-matematici, che un enunciato matematico o
statistico sia
52
necessariamente provvisto di senso. Questa e semplicemente una versione moderna dell’idea (gia
ridicolizzata da Moliere) che qualsiasi cosa sia detta in latino o in gergo scientifico abbia un senso.
Caso 4: E possibile « provare » scientificamente che i bambini sono portati nel sacco nero del dottore, o
anche che sono portati dalle cicogne, visto che in Scandinavia il punto piu alto della curva statistica delle
nascite e in stretta correla zione con il periodo di migrazione delle cicogne (4).
Illusioni di questo tipo albergano certamente anche nel l’animo degli psicologi neo-scolastici, che vedono la
loro sal vezza in una fisicalizzazione del comportamento. Essi inter pongono infatti tra stimolo e risposta un
insieme di « variabili intervenienti » di tipo esclusivamente fiscalista e utilizzano soltanto quegli elementi del
comportamento che possono essere considerati da un punto di vista fisicalista — e cio nel
senso in cui la misura della velocita di un cavallo da corsa e una misura fisicalista. Simili « psicologi »
analizzano « il per corso del ratto attraverso il labirinto », e le relative « varia bili intervenienti », secondo
una logica che e forse affine a quella di un fisico che analizza il tragitto di una particella attraverso una
camera di ionizzazione, ma che non ha nulla a che vedere con il comportamento di esseri umani.
In realta, questo paragone e, per certi aspetti, troppo favo revole: le teorie ingenue del percorso del ratto nel
labirinto somigliano piuttosto alla teoria aristotelica dell’inerzia (5), spiegata attraverso una « vis a tergo »
infinitamente ripetuta, che e praticamente identica alla teoria infantile dell’inerzia
(Piaget 1950). Un simile punto di vista costringe alla fine dei conti gli « psicologi » a formulare teorie che,
diversamente da quelle dei fisici, sono non-economiche.
Anche attenendosi al solo principio dell’economia di mez zi, e trascurando il buon senso, le teorie fisicaliste
del compor tamento risultano ingombranti, non-economiche e piene di in gegnosita scolastica, simile a certe
vecchie spiegazioni teoio-
giche dei fenomeni fisici. Ora, visto che i fisici preteriscono una teoria fisico-matematica dell’universo
principalmente per il suo carattere economico, le teorie fisicaliste di certi psicologi, inu tilmente ingombranti
e non economiche, devono essere condan nate in base ai loro stessi criteri metodologici. E di notevole
interesse che nessun fisico importante sostiene, per quanto mi consta, una teoria del comportamento fondata
su «varia bili intervenienti » fisicaliste: Bohr, von Neumann e altri che hanno studiato simili problemi sono
quasi tutti sostenitori di una teoria non fisicalista — dunque autenticamente psico logica — del
comportamento (Capitolo 22).
Queste constatazioni richiedono un esame delle motiva zioni implicite di coloro che, pur pretendendo di
studiare il comportamento, fanno tutto cio che possono per evitare le fondamentali implicazioni
metodologiche e logiche di questo concetto. Cio puo avvenire in due modi, diametralmente opposti:
1. a uno dei due estremi, troviamo la negazione com pulsiva — a volte quasi irrazionale e eccessivamente
inge gnosa — del carattere sui generis della vita come fenomeno e dell’uomo come unico ordine di vita. In
alcune di queste teo rie « super-scientifiche » infuria il riduzionismo; in uno spirito simile a quello dei
sostenitori atii’arte per Varie essi proget tano accuratamente spiegazioni che evitano di spiegare preci
samente il loro oggetto. In realta, se un fenomeno A puo essere completamente spiegato in termini di (o
ridotto a) alcuni fenomeni piu semplici a, b, c, allora il fenomeno A cessa di esistere (Meyerson 1921). Gli
esperimenti fondati su un simile riduzionismo, come Bohr ha dimostrato, si aboliscono da se
(Capitolo 22); 2. all’altro estremo uno pseudo-umanismo pseudo
filosofico dispiega sforzi eccessivamente ingegnosi per sottrarre la vita in generale, e in particolare la psiche,
al regno dei fenomeni concreti. Il passo ulteriore consiste neH’attribuir loro una Sonderstellung cosi estrema
nell’ambito dell’universo, che
54
la vita e la psiche si ritrovano letteralmente strappate dalla matrice della realta. Questo genere di manovra
minimizza sistematicamente tutto cio che lega l’uomo alla matrice della realta sensibile. La « culturologia »
di L. A. White (1949, 1959), che ignora dichiaratamente Yhomo sapiens, e altret tanto « deviante » che la
parapsicologia di J. B. Rhine (1940).
Entrambe queste manovre — quella « riduzionista » che retrocede l’organismo al rango di sistema fisico
parzialmente chiuso, o quella che potremmo chiamare « abduzionistica » che eleva la psiche a « puro spirito
», producono le stesse conseguenze. Cio che deve essere spiegato, lo e soltanto rife rendosi ad altro, le
osservazioni si aboliscono nel quadro gene rale della teoria, e la Sonderstellung della vita e della psiche
diventa un puro e semplice esilio dalla realta. Inoltre, queste
due manovre conducono inevitabilmente a teorie perfettamente comprensive e coerenti, ma che si aboliscono
da se, mancando in fin dei conti al principio dell’economia di mezzi, e sempre piu simili alle regole di un
gioco di scacchi che a una teo ria fisica.
Ora, una teoria puo avere tutti questi difetti meno uno, e restare tuttavia utile. L’unico difetto che nessuna
teoria puo tollerare e di abolirsi come tale, sia rispetto all’oggetto di studio che alla strategia sperimentale.
Una teoria che spiega fatti riferendosi ad altro, abolisce automaticamente anche se stessa. Una teoria la cui
strategia sperimentale richiede la distruzione (Abtotung) di cio che cerca di studiare — nel senso
in cui questo processo e interpretato da Bohr (Capitolo 22) — si abroga da se. Infine, una teoria del
comportamento inca pace di spiegare con i propri mezzi anche il comportamento dell’osservatore — cosa
che la psicoanalisi e capace di fare — e frammentaria, contradditoria, e si abolisce da se.
E certamente vero che ogni solida teoria sperimentale assegna necessariamente una posizione unica
{Sonderstellung) all’osservatore, analizzabile nei termini della teoria Russel- liana (1938a) dei tipi logici. Si
ha in questo caso una semplice
55
e legittima distinzione tra l’Epimenide che, in quanto Cre tese, mente e lo « stesso-e-contemporaneamente-
un-altro » (6) Epimenide che, come esperto di cose cretesi, afferma veridica mente che tutti i Cretesi sono
sempre e comunque dei menti tori. D’altra parte, la teoria dei tipi implica necessariamente sia la coscienza di
« Epimenide il Cretese », sia la coscienza-di- se che « Epimenide esperto cU cose Cretesi » deve avere. Cio
potrebbe del resto spiegare il costante rifiuto di Russell di una teoria semplicistica del comportamento,
fondata sull’interazione tra stimolo e risposta.
Ci occuperemo piu in dettaglio al Capitolo 22 della portata della teoria dei tipi per una corretta
interpretazione dell’espe rimento e della teoria nella scienza del comportamento.
Dal punto di vista psicologico, le due scappatoie « riduzio- nistica » e « abduzionistica » sono
complementari. Il riduzio nista fisicalista tenta di eliminare ogni « variabile intervenien te » realmente
psicologica. L’abduzionista sembra puntare a una posizione iperpsicologica — o ipercomportamentale —
mentre in realta si affanna a espellere cio che e autenticamente psicologico, ricorrendo a una « finta
compiacenza » che ridu ce ad absurdum cio che dovrebbe spiegare. In realta, la prospettiva riduzionista e
meccanicista e soltanto un nemico esterno, mentre quella abduzionista e spiritualista mina dall’in- terno il
suo oggetto, visto che dissolve la psiche trasformando lo psicologico nello spirituale.
Riassumendo: 1. e impossibile distinguere tra dati delle scienze
fisiche e dati delle scienze del comportamento, considerando unicamente la loro « appartenenza » a
organismi viventi o alla materia inanimata, visto che e legittimamente possibile stu diare gli organismi
viventi da un punto di vista fisico e descri vere in modo « comportamentale » la materia inanimata (7);
2. il « comportamentale » puo essere distinto dal « fisico » solo ricorrendo all’insieme di variabili che
interven-
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gono passando dalla « causa » all’« effetto », o dal dato alla teoria. Quando si utilizza uno stesso insieme di
variabili inter venienti per tutti i fenomeni, si puo ottenere — a seconda delle variabili intervenienti usate —
o una teoria animistica del mondo fisico, o una teoria fisicalista del comportamento;
3. l’uso di un particolare insieme d variabili inter venienti nella spiegazione di un dato fenomeno e, per
conven zione, utile solo se permette di operare in modo economico a diversi livelli di spiegazione. Cio
significa semplicemente che il mondo fisico deve essere spiegato in modo fisicalista e il comportamento in
modo « comportamentale ». Inoltre, in alcu ni casi e anche necessario spiegare prima i fatti psicologici in
modo psicologico, e i fatti sociali sociologicamente, e trattare poi le due spiegazioni in modo complementare
(Devereux
1961b); 4. in termini di logica applicata, se una teoria, e la
metodologia sperimentale che ne e implicata, si aboliscono da se, e spiegano riferendosi ad altro cio che deve
invece essere spiegato come tale (riduzionismo e abduzionismo), devono essere considerate inutili;
5. il solo tipo di teoria del comportamento che sod disfi a questi criteri deve far uso di variabili intervenienti
bio- psico-sociali;
6. qualsiasi fenomeno effettivamente spiegato nei ter mini di un’autentica scienza del comportamento e un
dato della scienza del comportamento. Un fenomeno che non sia spiegato in questo modo non e un dato della
scienza del comportamen to, anche se la sua attivita e in se manifestata tramite la ma
teria vivente e rappresenta cio che il linguaggio comune e il buon senso chiamano « comportamento ». In
quest’ultimo ca so, il fenomeno osservato puo costituire un « evento compor tamentale », ma non e un dato
della scienza del comportamen to. Per esempio, la velocita di un levriero rappresenta un
« comportamento » per il senso comune, ma, quando e spiegato 57
come « conversione di energia », o considerato dal punto di vista della « velocita », non e un dato della
scienza del com portamento;
7. la dimostrazione che il comportamento di orga nismi o anche di societa obbedisce alla seconda legge della
termodinamica, o ad altro principio fisico — o anche l’uso della matematica nello studio del comportamento
— non im plicano necessariamente, in se, una fisicalizzazione del com portamento (Devereux 1940a). Alle
variabili gia utilizzate si possono aggiungere un numero qualsiasi di variabili interve nienti, a condizione che
il loro modello fondamentale (the basic patterning) — cioe il tipo di teoria usata — resti com portamentale;
8. il fatto che una misura — come quella della velo cita di un levriero — e fiscalista, non ci impedisce di inse
rirla ulteriormente nel quadro di una teoria, o di una interpre tazione, comportamentale. Il lavoro di scienziati
come L. A. White e E. R. Guthrie puo eventualmente essere reinterpre tato, e reso estremamente fruttuoso;
9. un fenomeno diventa un dato di una particolare scienza solo se e interpretato nei termini delle variabili
inter venienti caratteristiche di quella scienza. Nessun fenomeno, per quanto sia limitato e specifico,
appartiene a priori a una particolare disciplina. E invece assegnato a una disciplina par ticolare attraverso il
modo in cui e spiegato. Solo questa asse gnazione trasforma un fenomeno, o un evento, in un dato, e, piu
specificamente, nel dato pertinente a una particolare disci plina (Devereux 1965a, Devereux e Forrest ms.).
Cosi come non esistono fenomeni preassegnati, nello stesso modo non esistono dati «orc-assegnati;
10. una filosofia della scienza che non contempli F« assegnazione » dei fenomeni come una operazione, e
che non distingua tra fenomeno e dato nei termini di questa opera zione, e impossibile.
In pratica una scienza del comportamento veramente com prensiva presuppone:
1. l’utilizzazione di tutti i dati pertinenti a tutti gli organismi viventi, guidata dalla coscienza delle differenze
fon damentali che separano l’uomo dalle altre specie, e l’individuo dal gruppo;
2. l’impiego sistematico di diversi sistemi di rife rimento — biologici, psicologici (comprendenti sia i
processi universali che quelli idiosincrasici), socioculturali, etc. — ai quali si dovranno assegnare la totalita o
le varie parti del com portamento degli organismi (Devereux 1952b);
3. un esame sistematico, nel caso in cui il soggetto sia un essere umano, del quadro di riferimento cui il
soggetto stesso — a ragione o a torto — assegna il suo comportamento, o quello di altri esseri umani;
4. la costruzione eventuale di un quadro di riferi mento generale per lo studio del comportamento, che
includa quadri di riferimento scientifici e diversi modelli culturali, con cezioni prescientifiche, o non
scientifiche... che possano fun gere almeno da casi limite (Devereux 196la).
Un terzo tipo di teoria, rappresentato dall’interpretazione metafisica dell’uomo e del suo comportamento,
non sara di scussa qui, per la ragione che, se riduzionismo e abduzionismo sono semplicemente cattiva
scienza, un misterioso balletto di astrazioni incorporee non e in alcun modo ascrivibile alla scienza ... anche
se — e specialmente quando — si maschera
da disciplina scientifica.
5

59

R
NOTE
(1) Basta pensare, in quest’ultimo contesto, a un’ipotesi gia formulata dai primi pensatori greci: vi sono cose intrinsecamente
inconoscibili. Se quest’ipotesi sia o no valida, e problema che non ci riguarda qui.
(2) Inutile aggiungere che, come la parsimonia del livello medio della ipotesi-psi non dimostra il suo realismo, cosi la mancanza di
parsimonia al livello superiore, che ne e la conseguenza, non dimostra che essa non corrisponde alla realta.
(3) L’enunciazione fondamentale della teoria einsteiana della relativita ristretta consiste in un’equazione molto semplice. Le
formulazioni meta psicologiche di Freud sono molto piu semplici, per esempio, delle sue spiegazioni della genesi e della
sintomatologia della nevrosi.
(4) Devo questo esempio al Prof. E. M. Jellinek.
(5) Aristotele pensava che una pietra scagliata sposta in ogni istante una certa quantita d’aria che, riunendosi dietro di essa, la spinge
in avanti (Fisica, 215 seguenti).
(6) In ogni situazione del tipo della «classe sovradefinita», gli enun ciati si confondono con gli enunciati su enunciati, il che produce
paradossi del tipo di quello di Epimenide. Ho sviluppato un’analisi di questo tipo di paradossi, e la sua applicazione al problema
degli statuti multipli in una Conferenza tenuta alla Associazione Etnologica Americana (Devereux 1938b). H. S. Householder (Ph.
D.) mi ha suggerito la comoda denominazione di « classi sovradefinite ». (Una diversa descrizione dell’origine di questa teoria si
trova in A. Korzybski, Science and Sanity, 2° Ed. 1941).
(7) Vedi « lo zolfo e giallo », opposto a « la luce riflessa dallo zolfo ha una lunghezza d’onda jc».
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3. - Reciprocita tra osservatore e soggetto.
Abbiamo visto che soltanto il tipo di teoria utilizzata determina la trasformazione di un fenomeno nel dato
perti nente a una o all’altra scienza. E dunque necessario esaminare le procedure che trasformano un fatto
pertinente a un orga nismo vivente in un dato della scienza del comportamento. In questo tipo di ricerca, la
principale di queste procedure defini sce la posizione dell’osservatore in una particolare situazione,
appositamente costruita per fornire dati pertinenti alla scienza del comportamento.
Nella scienza fisica ogni osservazione e unidirezionale e la relazione tra osservatore e osservato e
asimmetrica, anche se la linea di demarcazione tra osservatore e osservato e tal volta difficile da determinare
(Capitolo 22).
Poco importa cio che dicono i poeti o i mistici, le stelle non guardano l’astronomo o l’innamorato che scruta
i cieli. Questa sorta di risposta mancata della natura inanimata e la fonte di quel senso di « angoscia cosmica
» dell’uomo, che e stato sino ad oggi insufficientemente compreso (vedi l’appen dice a questo capitolo).
Incapace di ignorare il silenzio, e l’assenza di iniziativa della materia, l’uomo:
1. nega interamente la materia, considerandola per esempio come un velo di Maia, un’illusione, oppure
2. postula un prototipo trascendentale della realta, o anche
3. definisce la materia come una barriera o un me diatore tra se stesso e degli Esseri ipotetici, capaci di
rispon dergli.
61
Quest’ultimo sotterfugio, che e anche il piu primitivo, puo assumere due forme, ed e il piu illuminante per i
nostri scopi:
1. l’apparenza esteriore, la superficie, o anche la sostanza degli oggetti materiali e talvolta considerata come
una frontiera che separa l’uomo da un Essere (uno spirito) o da una Forza (il mand) immanenti, e capaci di
rispondergli. Talete ci ha lasciato una delle possibili formulazioni di questo sotterfugio: « Ogni cosa e piena
di Dio »;
2. l’universo, considerato come totalita, e visto come una frontiera che separa l’uomo da un Essere (o da
molti Esseri) che vivono al di la di esso. Questo secolare sotterfugio rassicura l’uomo, eterno bambino,
sull’esistenza di un buon Padre al di la della volta stellata (vedi l’Ode alla Gioia di Schiller).
Scelgo deliberatamente due formulazioni poetiche di que sta manovra « filosofica ». Anche il pensiero piu
logico, e piu scientifico, possiede un significato soggettivo per l’inconscio della persona che lo elabora, o lo
adotta. Ogni sistema di pensiero — compreso, inutile dirlo, il mio — trova la propria origine nell’inconscio,
come difesa contro l’angoscia e il diso rientamento. E dapprima formulato, in modo piu affettivo che
intellettuale, nel « linguaggio (illogico) dell’inconscio » (pro cesso primario). Se la fantasia si dimostra
capace di diminuire l’angoscia e il disorientamento, e trasferita dall’incoscio alla coscienza, e tradotta dal
linguaggio del processo primario in
quello del processo secondario, che e piu logico e maggiormen te rivolto alla realta. Il poeta filosofo
ritraduce parzialmente questo sistema gia in parte intellettualizzato in una serie di immagini, che lo
scienziato scarta quando le trasferisce dal l’inconscio alla coscienza. Per questa ragione, la formulazione di
un poeta-filosofo di un sistema di pensiero ci puo fornire una eccellente chiave di interpretazione della
formulazione affet tiva originale dello schema definitivo costruito dallo scienzia to. Un esempio puo aiutarci
a chiarire questo punto. Il chimico
Kekule ebbe in sogno l’idea dell’anello di benzene: sogno 62
di un serpente che si mordeva la coda (cfr. Caso 435). Una volta sveglio, egli intellettualizzo quest’intuizione
formulata in simbolismo onirico in uno schema dell’anello di benzene. Se si fosse commissionato a un certo
numero di poeti un com ponimento sull’anello di benzene, molti di essi avrebbero usato il serpente che si
morde la coda come un’« immagine poetica » dell’anello di benzene — e cio senza aver mai sentito parlare
di Kekule e del suo sogno, ma piuttosto per la grande diffusio ne storica e culturale di questo simbolo (1).
Nel linguaggio figurato di Schiller e di Talete l’Essere capace di rispondere all’uomo e separato e insieme
rivelato a lui dalla materia muta e indifferente. Talvolta questo Essere risponde, o e costretto a rispondere
all’uomo, servendosi della sua frontiera inanimata. La materia risponde allora sia « spon taneamente »,
tramite segni o prodigi — come le eclissi, le valanghe, etc. — o anche su richiesta, tramite pietre o dadi
oracolari, etc. (Devereux 1967a). L’uomo si sente poi spinto a penetrare questa barriera materiale studiando
le sue pro prieta: in un primo momento allo scopo di imparare come utilizzare la materia per raggiungere
l’Ente che risiede al di la della frontiera, come fece Pitagora (Dodds 1951) e succes
sivamente — a uno stadio di sviluppo culturale molto supe riore — per se stesso, trasformando l’alchimia in
chimica, l’astrologia in astronomia e, a un ben diverso livello logico, la numerologia in matematica (2). Lo
stesso bisogno interiore spiega anche perche l’immagine che l’uomo si forgia dell’uni verso e generalmente
modellata sulla sua concezione della so
cieta (Durkheim 1912). E anche probabile che l’esplorazione sistematica della materia muta divenne
psicologicamente tol lerabile solo tramite l’implicita premessa che si potesse in que sto modo ottenere
risposta dalla materia, e quindi dimostrare 1’esistenza di una Forza, o di un Essere interni ad essa e capaci di
rispondere. In realta, il silenzio della materia turba ancora coloro che la esplorano: di tutti gli scienziati, i
fisici sono i piu inclini a credere nel sovrannaturale (3).
63
L’unidirezionalita dell’osservazione in fisica e nello stesso tempo una delle sue caratteristiche essenziali, e
uno dei tratti che fanno maggiormente sorgere angoscia. La caratteristica fondamentale della scienza del
comportamento e invece la reciprocita, potenziale o in atto, tra osservatore e osservato, che costituisce una
relazione teoricamente simmetrica: l’Uomo osserva il Ratto, ma anche il Ratto osserva l’Uomo. Nelle
scienze del comportamento, quindi, l’unidirezionalita dell’os servazione e certamente una finzione
convenzionale, frutto
di dispositivi sperimentali che minimizzano la contro-osserva zione o la contro-risposta. La contro-
osservazione dell’osser vatore, supposta indesiderabile, da parte dell’animale sotto posto a esperimento, puo
infatti « impedire » l’ottenimento dei risultati « obiettivi » desiderati.
Caso 5. — Certi animali sperimentali — soprattutto i mammiferi superiori — sono a volte cosi contenti di
essere manipolati dai loro sorveglianti, che non rispondono «cor rettamente » alle «punizioni», o agli shock
elettrici gratuiti.
Per quanto questo fatto sia ben noto, solo gli etologi e qualche psicologo studiano sistematicamente il
rapporto sim metrico (osservazione reciproca, interazione) tra lo sperimen tatore e il soggetto sperimentale.
La stessa indifferenza alla reciprocita puo essere osservata anche in psicoterapia. La psicoterapia scientifica
pre-freudiana (o post-sciamanica) ragionava generalmente come se l’intero flusso degli eventi andassero dal
terapeuta al paziente. Freud ri conobbe resistenza sia del transfert che del controtransfert (4), ma — per
ragioni terapeuticamente valide — strutturo la situazione analitica in modo che la contro-osservazione dello
analista da parte dell’analizzando e sistematicamente impe dita — esigendo per esempio che l’analista (in
genere silen zioso) sieda dietro il divano. L’obiettivo (valido) di questa pro cedura quasi-sperimentale e di
creare una situazione in cui Panalizzando si comporta come uno « scienziato » che tenta di
« interpretare » l’analista. Egli dispone pero di cosi scarsi 64
indizi reali per costruire un’immagine completa della situazione analitica, che e costretto a ricorrere alla
fantasia, che e preci samente il tipo di materiale necessario al lavoro terapeutico (Devereux 195le). In alcuni
casi, i tratti reali di cui dispone il paziente sono cosi scarsi che il materiale fantastico (rivolto a « completare
il quadro ») distorce, e a volte cancella, anche quei pochi indizi. Cosi, una mia paziente, che mi vedeva sol
tanto entrando o uscendo dal mio studio, noto come unica mia caratteristica, il fatto che ero spesso vestito di
tweed. Ella elaboro poi a tal punto questo unico tratto reale, che arrivo a visualizzarmi come una figura
stereotipa dell’«uomo in tweed» (Caso 31). Un tal modo di «completare il quadro» puo essere interpretato
nello stesso modo in cui si interpretano i tests che richiedono di completare un enunciato, e rivelarsi un
materiale psicoanalitico eccezionalmente utile.
La psicoanalisi, secondo Freud, e prima di tutto un me todo di ricerca, e solo secondariamente una tecnica
terapeu tica: possiamo quindi legittimamente strutturare la situazione analitica in modo che le possibilita
dell’analizzando di osser vare l’analista siano ridotte al minimo. Non possiamo pero farci ingannare dal
nostro stesso apparato sperimentale. L’ana lizzando puo operare, e in effetti opera osservazioni realistiche
anche nella situazione analitica piu elastica. La personalita dell’analista, quel che appare nel suo studio, il
suo indirizzo, l’onorario etc., permettono al paziente di effettuare osserva zioni realistiche che si
accompagnano a quelle immaginarie, e di trarre da questi « dati » conclusioni sia realistiche, sia in fluenzare
dal transfert. Non sono d’accordo con la tendenza attuale a ignorare questi dati realistici, con il pretesto che «
la realta non e analizzabile »: una diffusa massima analiti ca che ritengo falsa. Credo invece che cio che cura
i nostri pa zienti non e cio che sappiamo, ma cio che siamo, e che dob
biamo amare i nostri pazienti (Nacht 1962, Devereux 1966g). Credo inoltre che il paziente impara molte cose
sul proprio analista proprio dai tentativi che fa quest’ultimo per nascon-
65
dersi al paziente, e cio per la semplice ragione che la natura del travestimento usato rivela indirettamente la
forma di cio che si vuol nascondere (5).
Questo argomento e sufficientemente importante da richie dere di essere ulteriormente discusso. Ho in varie
occasioni dimostrato (Devereux 1953b, 1955a, 1966h) che una menzo gna, o anche la censura di un testo,
sopprimono semplice- mente l’apparenza esteriore di cio che si vuol sopprimere, lasciandone intatti la
struttura e il contenuto affettivo. I se guenti esempi, che ho discusso altrove in dettaglio, lo mo streranno:
Caso 6. — Una mammana Aleut rifiuto di discutere del l’aborto con un antropologo, e scelse invece di
discutere della tecnica di fabbricazione dei cesti in vimini. Il cesto e, natural mente, un ben noto simbolo
dell’utero (Shade 1949, cfr. Deve reux 1955a).
Caso 7. — Pindaro purgo la leggenda della festa canniba- lica di Tantalo, negando che Demetra avesse
mangiato la spalla di Pelops; egli sostenne invece che il bel giovane era stato rapito da Poseidone, che si era
innamorato di lui (Pin daro, Prima Ode Olimpica, versi 24 e seguenti).
Nelle due versioni, resta invariata l’angoscia erotizzata del fanciullo, svelata nella versione tradizionale dalla
fantasia dell’aggressione cannibalica della madre, e nella versione pur gata da quella della aggressione
omosessuale da parte del padre (Devereux 1953b, 1960d, 1965f). Ho discusso altrove (Devereux 1966h) un
esempio piu complesso di censura di un testo (Pindaro, Terza Ode Olimpica, verso 27).
Caso 8. — Quando lessi in una fiaba di Grimm che il naso di qualcuno diventava sempre piu lungo, pensai
che il naso rappresentava il pene, e quel suo allungarsi una erezio ne. Piu tardi, ho scoperto che avevo letto
una versione purga ta della fiaba; la versione originale, quale e stata raccolta dai Fratelli Grimm, parla del
pene e non del naso.
66
Freud era cosciente della futilita delle dissimulazioni piu elaborate, e riceveva di conseguenza i suoi pazienti
in una stanza che portava il segno dei suoi interessi e della sua perso nalita: il suo cane era del resto disteso ai
suoi piedi durante le sedute di analisi. Visto che gli analizzandi che venivano a consultarlo avrebbero
comunque imparato molte cose su di lui, tentare di nascondersi sarebbe stato inutile. Uomo di scien za, Freud
accettava questo fatto, e non ricorse mai a travesti- menti sciocchi e puerili; lo stesso fanno del resto altri
buoni
analisti. Caso 9. — Il caso seguente e spesso citato nei circoli psi
coanalitici come esempio di comportamento psicoanalitico sensibile e realistico. Un noto analista, che fu
costretto a fug gire in America durante la guerra, arrivo a New York pratica- mente senza un soldo. Il suo
primo studio fu dunque abba stanza modesto. Quando uno dei suoi pazienti osservo: « Lei non puo essere un
buon analista, perche lo stato miserevole del suo studio mostra che lei non e ricco », Fanalista rispose
«Lei ha ragione di dire che il mio studio e squallido. Sono da poco rifugiato in America ».
Che il tentativo gratuito di nascondersi sia frutto di un im pulso puerile, o sia invece accuratamente meditato,
esso fallisce comunque, perche — come abbiamo gia detto — il travesti mento usato rivela molto di cio che
e nascosto, e molto della persona che ricorre a quel particolare travestimento.
Caso 10. — Un paziente, passato da un analista a un altro, gli racconto che una volta il suo primo analista si
era precipitato dietro una colonna della Hall di un albergo, per che il paziente non potesse vederlo (Freedman
1956).
Caso 11. — Lo studio di un analista era arredato con una tale austerita che anche i suoi colleghi vi vedevano
una espressione della sua rigidita. La nudita di quell’arredamen to, destinata a nascondere ai pazienti i suoi
interessi privati, rivelava invece molto chiaramente il suo rigore e il suo carat tere riservato.
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In breve, ne l’adattamento piu ingegnoso dell’apparato sperimentale, ne l’interposizione di schermi
unidirezionali di qualsiasi tipo, posti tra osservatore e soggetto, eliminano il problema. Ne conta la crudelta
con cui si distruggono gli ap parati sensoriali degli animali, per prevenire una loro presa di coscienza
dell’esistenza dell’osservatore. Un numero sem pre maggiore di esperimenti psicologici fallisce, « viziato »
dall’imprevista percezione da parte del ratto di indizi esterni al labirinto, tra cui l’odore, che indica la
presenza anteriore o attuale dello sperimentatore, o di altri ratti che hanno per corso lo stesso labirinto (6).
Anche quando la situazione sperimentale rende impossi bile ogni contro-osservazione, nulla meno che
l’uccisione del l’animale — che rende impossibile l’esperimento (Capito lo 22) — puo abolire questa
singolarita: la coscienza dell’im patto degli stimoli, che solo la materia inanimata non possiede. Persino i
catatonici, apparentemente inconsapevoli del mondo esterno, sono in grado, una volta usciti dallo stato di
stupore, di fornire dettagliati resoconti di tutto cio che e successo in torno a loro quando si trovavano in
quello stato. Nello stesso modo, anche le scimmie paralizzate sono condizionabili spe rimentalmente. Non vi
e dunque nessun modo realistico — da tener distinto dai vari modi scolastici — di evitare il feno meno, o
evento-chiave, costituito dalla coscienza degli stimoli, che e una precondizione della risposta. La sola
differenza si gnificativa tra animato e inanimato e probabilmente la co scienza e, fra l’uomo e l’animale, la
coscienza della coscien za — la consapevolezza della propria conoscenza (Capitolo 24). Di conseguenza,
anche quando l’osservazione diretta dell’os
servatore da parte del soggetto non e possibile, esiste sempre nell’osservato almeno la capacita potenziale, o
l’apparato atto alla contro-osservazione. Esiste quindi una differenza sui
generis tra l’esperimento (fisico-chimico) che consiste nel versa re una goccia di acido su un pezzo di carne
incisa, e l’esperi mento biologico che consiste nel versare quella stessa goccia
68
su un organismo vivente. A parte piccole differenze, nei due casi avvengono all’incirca le stesse reazioni
chimiche. Nei due casi la carne reagisce chimicamente alVacido... ma, oltre a cio, l’organismo vivente «
conosce » — il che e una forma di comportamento — mentre la carne incisa non «conosce», e, di
conseguenza, non ha comportamento. Che l’ammettiamo o no, solo il fatto di tener conto o no di questa
reazione sup plementare determina l’appartenenza del nostro esperimento alla chimica o alle scienze della
vita. In definitiva, poco im porta chiamare questa reazione supplementare «risposta di Guthrie, o di Watson
», o anche « fatto cognitivo Tolma- niano »: quel che conta e riconoscere la sua importanza de
cisiva. La misura in cui, all’interno di un apparato sperimentale
in cui la contro-osservazione e possibile, una data specie os serva (e risponde a) l’osservatore e un indicatore
molto preciso della posizione che queU’animale occupa nello schema evolu zionistico. Poco importa, in
questo contesto, che si scelga di formulare la misura in cui una specie contro-osserva in fun zione dell’«
estensione » occupata dall’osservatore nella « map pa cognitiva » di questa specie, oppure in funzione della
quan tita di risposte originate dagli stimoli che emanano dall’osser
vatore: quel che conta e ammettere 1’esistenza della contro- osservazione.
Esiste una relazione funzionale — e forse anche causale — tra i procedimenti teorici e operativi, che
fondano:
1. una teoria del comportamento che non compren de la « variabile interveniente » della coscienza, e
2. l’organizzazione degli esperimenti in modo da massimizzare l’osservazione uni-direzionale.
Il principio che postula l’inesistenza della coscienza nello organismo osservato, e il procedimento
sperimentale che mini mizza la osservazione dell’osservatore da parte dell’osservato (Devereux 1960b), sono
in realta equivalenti, per il fatto che entrambi cercano di garantire che si potra sempre dire chi e
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il ratto e chi lo psicologo. Le considerazioni che seguono mo strano che le implicazioni di questo enunciato
non sono ne cessariamente peggiorative.
E caratteristico delle scienze non-comportamentali il fat to che l’animato osserva l’inanimato — o anche, in
qualche caso, che l’animato osserva un altro animato, ma in modo tale che la caratteristica del soggetto
osservato di essere « ani mato » e irrilevante. Cio permette persino a un J. B. Watson, o a un E. R. Guthrie di
affermare: « Io sono l’osservatore, e percepisco questo », visto che l’osservato —r che puo anche essere una
persona sottoposta a un’osservazione meramente fisica — non puo dire la stessa cosa di se stesso, in nessun
modo significativo all*interno di quel contesto. Cosi, se cerco di studiare soltanto l’incremento di peso di
una donna obesa, senza riferirmi al suo ipernutrimento nevrotico (o a un disturbo ghiandolare), essa potra
gridare forte e a lungo: «sono di nuovo ingrassata perche nessuno mi ama », o anche: « la mia malattia sta
peggiorando »; semplicemente, io non sono in grado di « sentire » le sue grida, che non « esistono » (sono
cioe irrilevanti) nel mio quadro di riferimento fisicalista. Se avessi voluto tener conto, in questo contesto,
della sua escla mazione: « E ’ questo che io percepisco », sarei caduto nello stesso errore che farebbe un
ingegnere che, volendo studiare le proprieta fisiche di una automobile, comprendesse nei suoi calcoli i
numeri seriali del motore, o il numero di immatrico lazione del telaio.
L ’individuo « retrocesso » al rango di oggetto di uno stu dio che ignora o trascura la coscienza di se, spesso
risponde a questa « svalutazione » con una reazione di protesta che sti mola fortemente la sua coscienza.
Cosi, il fatto di essere pesa ta come un sacco di patate puo rendere la nostra ipotetica pa ziente obesa capace
di riconoscere, per la prima volta nella sua vita, che mangia troppo perche non si sente amata. Questo tipo di
reazione e uno dei dati piu importanti nella ricerca delle scienze del comportamento.
70
Caso 12. — Uno dei miei compiti alla Scuola di Medicina della Tempie University era di insegnare a
studenti degli ultimi anni a rilevare dati psichiatrici nel corso di esami fisici. Alcuni degli enunciati piu
rivelatori erano pronunciati quando i pazienti erano soggetti a manipolazioni puramente fisiche, come
l’auscultazione del battito cardiaco o un esame pelvico (Capitolo 24).
Per la scienza del comportamento e senz’altro necessario, sia dal punto di vista logico che da quello
psicologico, proget tare esperimenti in cui l’osservatore e l’osservato differiscano per natura, cosi come il
fisico differisce dall’oggetto che stu dia. Negli esperimenti fisici, una distinzione di natura e pre sente
dall’inizio, visto che il fenomeno «Io percepisco que sto » puo verificarsi solo nell’osservatore.
Nello studio di organismi viventi, e specialmente dell’uo mo, questa distinzione deve essere costruita, con
metodi legit timi e non fittizi. Poiche la differenziazione tra osservatore e osservato si verifica nel momento
in cui l’osservatore puo af fermare in modo significativo: «questo e cio che percepi sco », alcuni studiosi del
comportamento ricorrono tacita mente all’artificio illegittimo di negare comunque la capacita
dell’osservato di affermare: «questo e cio che percepisco». Una simile teoria del comportamento, che tenta di
mettere in scena un Amleto senza il Principe di Danimarca, non puo naturalmente render conto neppure del
comportamento del l’osservatore — e in termini di pura psicologia behaviorista, senza alcun riferimento
cognitivo; essa e dunque inevitabil mente parziale e si abolisce da se.
Non si puo sfuggire a questa difficolta appellandosi alla teoria di Russell dei tipi matematici (Russell 1938a).
Questa teoria, se ben compresa, ci obbliga a riconoscere una diffe renza di natura tra soggetto e osservatore,
precisamente nei termini di un enunciato cognitivo: « questo io percepisco », senza pero negare la stessa
capacita all’organismo osservato.
71
Il paradosso logico esemplare a questo proposito e quello detto « di Epimenide ». Il Cretese Epimenide
afferma: « Tut ti i Cretesi mentono» (fr. I, Diels-Kranz, 1951-52), essendo inteso che essi mentono sempre e
comunque. Visto superficial mente, questo enunciato produce una serie infinita di contrad dizioni a catena:
come Cretese, Epimenide mente necessaria mente quando afferma che tutti i Cretesi mentono. Ne segue che
tutti i Cretesi — Epimenide compreso — non mentono sempre. Quindi Epimenide diceva il vero quando
affermava che tutti i Cretesi mentono. Ma in questo caso, Epimenide ha mentito... e cosi via ad infinitum.
Russell ha risolto queste con traddizioni dimostrando che un enunciato a proposito di tutti gli enunciati non e
applicabile a se stesso, perche non appar tiene allo stesso tipo logico cui tutti gli altri appartengono (7).
Quando formula un enunciato a proposito degli enunciati dei Cretesi, Epimenide il Cretese non e, in questo
contesto, un
buon esempio di Cretese. Egli si comporta piuttosto come un auto-antropologo, che studia i costumi del suo
gruppo (Capi tolo 22). In ogni altra situazione, le parole di questo Cretese possono — o addirittura devono
— essere false. In questo caso preciso, invece, il fatto che Epimenide debba mentire, non e logicamente
necessario.
Inversamente, il fatto che in questa particolare situazione egli dica la verita, non smentisce necessariamente
la sua fama di campione dei mentitori di Creta, ne quella di Creta come patria di mentitori inveterati.
La teoria di Russell ha conseguenze di grande portata per lo studioso del comportamento, il quale puo
ascrivere sia a se stesso che all’ameba che sta analizzando la capacita di af fermare: « sto percependo questo
», senza per questo annul lare la differenza di natura che separa l’osservatore dall’osser- vato. E sufficiente
che il soggetto osservato possa dire soltanto, in modo significativo: « questo io percepisco », mentre l’os
servatore potra, in modo significativo, dire: « inoltre, perce pisco che percepisco e che il soggetto osservato
sta percepen-
72
do ». Nella terminologia di Russell, l’osservato puo solo for mulare enunciati, mentre l’osservatore puo
anche formulare enunciati a proposito di enunciati: i suoi enunciati e quelli del soggetto osservato. A un
certo livello, sia il soggetto os servato che l’osservatore che osserva se stesso corrispondono ai Cretesi,
compreso un certo Epimenide. Ma a un altro li vello, l’osservatore e anche Epimenide Yesperto di cose cre
tesi — cose che includono anche, e forse in modo particolare,
il Cretese di nome Epimenide. Dobbiamo affrontare ora una questione delicata: perche
l’eliminazione della contro-osservazione puo apparire neces saria, o desiderabile? Dopotutto, ci sembra
ovvio che il ratto vede il nostro apparato sperimentale; cio ci sembra accetta bile perche il ratto non sa che
cosa e un apparato, per quanto sappia cosa sono gli esseri umani. (L’inverso e del resto vero per alcuni
osservatori). Tutto questo non ci disturba, e ci sembra accettabile, perche conosciamo le proprieta di un ap
parato, e la sua natura di stimolo. Cio conduce all’inevitabile conclusione che cerchiamo di evitare la
contro-osservazione perche non conosciamo noi stessi e il nostro valore di stimolo... e non abbiamo nessun
desiderio di saperlo. Invece di impa
rare a osservare e a capire noi stessi, cerchiamo di evitare di essere osservati e capiti dai nostri soggetti.
Eppure uno psi cologo clinico attraente dovrebbe sapere che la paziente a cui somministra il Rorschach dara
piu risposte sessuali che se egli fosse vecchio e calvo (Caso 402), cosi come uno psicologo brutto dovrebbe
sapere che i tests che somministra a donne forniranno meno risposte sessuali che se egli fosse giovane e
bello. Lo stesso vale per tutte le altre situazioni di osservazio ne, dall’esperimento sulle amebe alla terapia
psicoanalitica,
all’« osservazione partecipante » degli etnologi. Inoltre, l’os servatore deve non soltanto comprendere la
propria natura di stimolo, ma anche comportarsi di conseguenza, nelle situa zioni di osservazione, di
sperimentazione, di ricerca o di tera-
73
pia. E questo un dovere cui mancano a volte persino gli psico analisti piu esperti.
Caso 13. — Una ragazza scelse (inconsciamente) come suo primo analista un uomo che aveva un vistoso
difetto fisi co simile a quello di suo padre. Poiche la sua analisi non face va progressi, scelse
successivamente un altro psicoanalista. Nel corso di questa seconda analisi, divenne faticosamente eviden te
che, agli inizi della sua prima terapia, essa aveva raggiunto una qualche consapevolezza, almeno pre-conscia,
del fatto di aver scelto il suo primo analista a causa del suo difetto fisico. Il suo mancato miglioramento era
dovuto alla mancata inter pretazione, da parte dell’analista, di questa consapevolezza latente. E difficile
evitare la conclusione che il primo analista non formulo tempestivamente questa interpretazione perche non
ammetteva di fronte a se stesso che la sua infermita reale influenzava il transfert. Questa conclusione e
rafforzata dal fatto che il primo analista ripeteva spesso che « la realta non e analizzabile », e rifiutava di
conseguenza di aiutare la sua paziente a capire il significato e le possibili conseguenze del comportamento,
estremamente distruttivo, del fidanzato. Tut to cio che importava, insisteva l’analista, erano soltanto le sue
reazioni al comportamento del suo fidanzato... e cio nono stante il fatto che una esacerbazione del
comportamento del suo fidanzato avrebbe certamente peggiorato in modo perico loso la salute della paziente.
Eppure, questa situazione ri
spondeva pienamente ai criteri che devono guidare un legitti mo intervento « didattico » dell’analista, come
ho mostrato altrove (Devereux 1956a).
In realta, la consapevolezza del proprio valore di stimolo (ordinario o massimo) rende spesso capaci di
valutare precisa- mente le reazioni transferenziali dei propri pazienti.
Caso 14. — Qualche anno fa, ho sofferto di una grave ma lattia virale, rimasta non diagnosticata per alcuni
mesi. Ave vo di conseguenza il viso non curato, grigio, con i tratti tesi — un fatto che ne io ne i miei pazienti
potevamo evitare di
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notare. Naturalmente, ognuno dei miei analizzandi reagi a questa realistica osservazione in modo congruente
alla situa zione di transfert. Cosi, quando una di essi disse: «Ah! lei non e altro che un vecchio curvo, grigio
e malato! » cio che doveva essere interpretato non era questa realistica descrizione del mio aspetto, ma il
tono trionfante e il disprezzo ironico con cui era formulata. Nello stesso modo, l’aspetto da analiz zare non
era la considerazione ugualmente realistica della mia condizione da parte di un medico che avevo in terapia,
ma il suo tentativo — gentile ma non appropriato — di prescrivere un trattamento al suo analista.
In breve, non e sufficiente che l’osservatore sia consape vole del suo particolare valore di stimolo, e che ne
tenga con to nella valutazione dei dati che scaturiscono dall’osservazio ne (Caso 13). Deve anche essere
capace di agire liberamente in funzione della comprensione del suo particolare valore di stimolo: nella
situazione di osservazione, durante un esperi mento, un’intervista o una terapia.
Nei termini della teoria dei tipi, questa distinzione e chia ra e fondamentale quanto quella che separa il fisico
dal suo oggetto di studio, e rende quindi possibili esperimenti validi. La distinzione e la distanza tra
l’osservatore e l’osservato e della stessa natura e estensione in entrambi i casi. Dal punto di vista della teoria
dei tipi, la differenza tra una entita inca pace di dire: « io percepisco questo » (un oggetto) e una
entita capace di dire: « io percepisco questo » (il fisico) e esattamente la stessa che separa un soggetto
(animale o uma no) in grado di « dire » (o in grado di dire in modo significa tivo): « io percepisco questo » e
l’osservatore in grado di dire (o di dire in modo significativo): « percepisco questo, e percepisco che anche il
soggetto percepisce ».
Un semplice esempio puo aiutarci a chiarire questo punto. Consideriamo la serie di concetti: « collie », — «
cane » — «vertebrato». In questa particolare serie la «distanza» tra
«collie » e «cane » e la stessa tra «cane » e «vertebrato ».
Cio non implica pero che la « distanza » tra astrazioni di li vello inferiore o superiore sia costante. Tutto
dipende da quali astrazioni sono trattate come «contigue». Nella serie considerata, posso far diminuire la
distanza tra « collie » e «vertebrato» omettendo il termine «cane». Posso d’altron de aumentare la distanza
tra « cane » e « vertebrato » inse rendo tra i due l’astrazione « mammifero ». Se faccio questo, i due termini
cessano di essere contigui: la distanza tra loro e aumentata. In un senso simile, possiamo aumentare o dimi
nuire la distanza tra osservatore e osservato, senza ignorare nessuna delle importanti caratteristiche di
quest’ultimo.
La convenzione secondo la quale il soggetto puo solo enunciare proposizioni (« io percepisco questo »),
mentre l’os servatore ha invece la possibilita di enunciare in modo signifi cativo proposizioni su proposizioni
(« e, inoltre, posso perce pire che sia io che il soggetto percepiamo ») e un artificio logico del tutto
paragonabile all’ingenuo rifiuto dello psicolo go behaviorista di ammettere la coscienza nel soggetto speri
mentale. Se, d’altra parte, passiamo — come e legittimo — dalla logica pura alla logica applicata, la
differenza tra le conseguenze di questi due artifici logici diventa autoevidente.
Questa distinzione permette di andare molto oltre la sem plice constatazione che una cosa e negare, o
amputare, un aspetto-chiave della realta, e un’altra cosa e invece isolare una variabile. Cio che e escluso —
tramite la negazione della sua esistenza, o per pura convenzione — dalla psicologia beha viorista e un
elemento-chiave della realta, fattore decisivo del la differenziazione tra organico e inorganico: la facolta della
coscienza, che e inutile tornare a definire specificamente qui. Il punto di vista che propongo include la
coscienza del sog getto (« io percepisco questo ») tra i suoi dati. La stessa capa cita potenziale del soggetto di
raffinare la propria coscienza — la sua possibilita di enunciare proposizioni su proposizio ni — non e affatto
esclusa, ma semplicemente trascurata per convenzione. Inoltre, questo modo di porre il problema per-
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mette di immaginare esperimenti nei quali i soggetti possano significativamente enunciare proposizioni su
proposizioni in modo rilevante — e cio semplicemente perche l’osservatore puo anch’esso formulare in
modo significativo cio che potreb be essere chiamato un « enunciato su enunciati a proposito di enunciati
» ... elaborando, per esempio, la teoria dei tipi. Il punto di vista della psicologia behaviorista fissa, una volta
per tutte, il limite dei fenomeni suscettibili di essere analizzati,
mentre lo schema che propongo non pone limiti di nessun genere ne alla teoria ne alle procedure
sperimentali, ne richie de esperimenti che mirino a negare o a inibire un fenomeno chiave. Permette invece
l’occorrere di qualsiasi forma di com portamento, la realizzazione di qualsiasi genere di funzione, perche la
selezione dei dati, in termini di criteri convenuti di pertinenza, ha luogo dopo che il fenomeno si e verificato.
Cosi, l’obesa pesata su una bilancia (considerata dal punto di vista fisico) non e (in senso figurato) privata
del suo cervello — in modo da essere privata della capacita di rendersi conto che e troppo grassa — ne le
sono tolte le corde vocali, per evitare che possa esprimere questa constatazione. E invece libera di fare cio
che vuole, mentre io, sperimentatore, sono
libero, nel momento in cui la peso, di trascurare tutto furche l’ago della bilancia. Questo metodo di
sperimentazione con corda con il principio di Poincare che « il metodo e la scelta dei fatti». Si tratta soltanto
di mettersi d’accordo su cio che si considera rilevante in un dato contesto.
Tutto cio lascia intatta la Sonderstellung dell’osservatore, anche se questi si trova ad essere intellettualmente
inferiore al suo soggetto (8). Rende inoltre possibili esperimenti nei quali l’osservatore (contro-osservato dal
soggetto) e una scim mia o un cane, l’osservato e un essere umano; alcuni dei piu importanti esperimenti in
etologia sono precisamente di que sto tipo.
Il vantaggio principale dello schema che propongo e la reintroduzione dell’osservatore, come egli e
realmente, nella
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situazione sperimentale; non come fonte di deplorevoli di sturbi, ma come fonte importante e anche
indispensabile, di dati addizionali, estremamente rilevanti, della scienza del comportamento. Cio permette di
utilizzare gli effetti sui gene ris dell’osservazione sia sull’osservatore che sull’osservato, che sono
considerati come dati-chiave (Capitolo 21).
Questo punto di vista concorda con il senso comune nel restituire importanza all’osservatore e realizza cosi
cio che vari artifici cercano di ottenere — senza successo — toglien do valore all’osservato senza alcuna
ragione. Cio che una solida scienza del comportamento esige non e certo un ratto decerebrato (realmente o in
modo fittizio), ma e invece un analista del comportamento cui sia restituito il cervello. Cer cando di
elaborare dei metodi di teorizzare e di sperimentare liberi da ogni contaminazione cognitiva, lo studioso del
com portamento inibisce se stesso piu di quanto inibisca i suoi ratti; semplifica la sua mente molto piu di
quella dei ratti: so stituisce il pensiero creativo con il candore acrobatico, inventa complicati giochi di
scacchi invece di strategie scientifiche, im balsama i semi invece di piantarli.
Il vero studioso non e paragonabile a un « sapiente e idio ta » campione di scacchi, ma e invece un creatore.
Puo darsi che non sostenga il confronto con un calcolatore; in realta, come Henri Poincare, il Principe dei
Matematici, egli puo benissimo non diventare mai capace di fare correttamente un’addizione. Cio che puo
fare e invece creare un nuovo mon do di scienza. Risolvere aritmeticamente in cinquanta pagine un problema
che l’algebra risolve in tre righe puo ben essere un ingegnoso trucco da salotto, ma non « scienza ». Il motto
famoso del bambino in bicicletta: «Guarda mamma, senza mani! » non e precisamente adatto
all’esplorazione interspa ziale. Se cosi non fosse, i piu grandi musicisti del mondo sareb bero stati gli esperti
di contrappunto, come Albrechtsberger, Jadassohn e Sorabji — non Mozart, Beethoven e i loro simili;
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la grande poesia sarebbe stata scritta dai filologi, non da Pin daro, Keats o Baudelaire.
Considerata dal punto di vista storico e culturale, molta della scienza del comportamento attuale —
specialmente in America e in Russia — assomiglia alla Scolastica. Nel cam po della scienza, cio costituisce
l’equivalente dell’impersonalita schizoide e della padronanza tecnica di certi imitatori contem poranei del «
contrappunto da macchina da cucire » (9) della gelida epoca barocca: di quella di Stravinski e compagnia
(De- vereux 196le). Questo modo di considerare le scienze e le arti creative e un segno di declino sociale e
culturale — un
declino di cui e ancora tempo, se lo vogliamo, di fermare l’estensione.
Cio di cui abbiamo piu bisogno e di reintrodurre la Vita nelle scienze della vita, e di reintegrare l’osservatore
nella si tuazione di osservazione, aderendo in modo conseguente al l’avvertimento di un grande matematico:
« cercate la sempli cita, ma non fidatevene ». Si puo « semplificare » un esperi mento decerebrando o
paralizzando un ratto — e stato fatto l’uno e l’altro! — ma gli sforzi del povero animale di trasci narsi
attraverso il labirinto sui suoi molli moncherini getteran no una flebile luce sul comportamento normale del
ratto — e una luce troppo crudele su quello di certi psicologi (Caso 372).
L’isolamento di un fenomeno e una strategia fondamentale nella scienza, mentre l’amputazione della realta
delle sue ca ratteristiche fondamentali permette soltanto di distenderla sul letto di Procuste della sterilita
scolastica. Un buon esempio ne e il tipo di esperimento psicologico « controllato », che « con trolla »
l’elemento autenticamente psicologico, quello che pro voca angoscia, sopprimendolo.
Se invece prendiamo come modello lo studio dell’uomo da parte dell’uomo, dobbiamo accettare e utilizzare
il fatto rilevante che, in una coppia osservativa, entrambe le persone sono capaci di affermare: «questo io
percepisco». Possia-
79
mo quindi una buona volta permettere loro di farlo in modo significativo!
Quale che sia la convenzione che ci assicura che «A e l’osservatore » e « B e l’osservato », entrambi
funzionano co me osservatori; la loro stessa sottomissione a questa convenzio ne implica insieme la presa di
coscienza reciproca e l’auto- osservazione. Il fatto che ognuno dei due e per se stesso l’osservatore, e per
l’altro l’osservato, e alla base di tutte le cosiddette perturbazioni che risultano dall’esecuzione del
l’esperimento. La coscienza — finora considerata come un
« inconveniente » — un « rumore », per usare un termine della teoria dell’informazione — e un dato-chiave
delle scienze della vita, che deve essere reintrodotta persino in quegli espe rimenti appositamente studiati per
eliminarla. In ogni espe rimento vi sono sempre due « eventi discreti » (« einsteniani »), che « avvengono
presso l’osservatore »: uno avviene nell’os servatore, l’altro nell’osservato. Questi problemi, posti dal
l’esistenza della coscienza, non possono sorgere nello studio della materia inanimata, e cio nonostante il «
principio di inde- terminaizone » che discuteremo altrove (Capitolo 22). Questa differenza fonda tutto cio
che nei fenomeni studiati dalla scienza del comportamento e sui generis.
La piu semplice conclusione che possiamo trarre da tutto questo e che se veramente insistiamo a voler
parlare il lin guaggio della scienza esatta, il minimo che possiamo fare e parlarlo in modo grammaticale.
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NOTE
(1) Quest’ipotesi non ci obbliga in alcun modo ad accettare la teoria Junghiana degli archetipi.
(2) Postulare una sequenza di questo genere e compatibile con l’oscil lazione della scienza tra una concezione culturalmente
sovraccarica e una concezione culturalmente neutra della realta, visto che soltanto un punto di vista scientifico recentemente
adottato tende a essere culturalmente neutro (Devereux 1958b).
(3) La storia delle scienze della vita non offre molte analogie con le elucubrazioni teologiche dei fisici, dai filosofi ionici a Newton,
Leibniz, Eddington, Jeans e Millikan, o con le divagazioni spiritualistiche di William Crookes, Oliver Lodges etc.
(4) Questi termini sono spiegati al Capitolo V.
(5) Sherlock Holmes ben comprese questo fenomeno. Concluse in effetti, dal fatto che il cane non aveva abbaiato durante il furto, che
il ladro era di casa.
(6) Spero che questa osservazione non suscitera una valanga di espe rimenti su ratti cui e preventivamente distrutto il nervo olfattivo.
(7) Questa interpretazione del paradosso di Epimenide si fonda sulla teoria di un « Insieme di tutti gli insiemi che non sono membri
di se stessi ».
(8) Un analista del comportamento normalmente intelligente puo esa minare un genio, semplicemente assumendo la «posizione
dell’osservatore».
(9) L’espressione e di Constant Lambert (1948).

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APPENDICE
Il trauma del silenzio della materia.
L’uomo reagisce col panico al silenzio della materia. Il suo bisogno di negare la mancanza di reazioni che la materia oppone alla sua
pre senza, cosi come di negare il suo panico, lo induce a interpretare in modo animista i fenomeni fisici, e ad attribuir loro «
significati » che non possiedono, al fine di poterli interpretare come « risposte ». Se nessun stimolo suscettibile di essere interpretato
come « risposta » si verifica, l’uomo tende a sostituire una risposta illusoria a quella che, a torto, si attendeva.
E’ un fatto che l’organismo ha bisogno di risposte. Lo studio di Davis (1940) su un bambino socialmente isolato, e il riassunto di
Man delbaum (1943) dei dati concernenti i cosiddetti « bambini-lupo » prova che bambini molto piccoli, se privati di risposte sociali
per un certo periodo di tempo, si rivelano incapaci di sviluppare alcuni tratti umani « fondamentali ». Inoltre, se la mancanza di
risposte si verifica nella prima infanzia, il neonato, o la scimmia appena nata (Harlow 1962) o muore d’inanizione, o resta
psicologicamente mutilato per la vita (Spitz 1945, 1946, 1949, Spitz e Wolf 1946).
Il prototipo di ogni reazione di panico causata da una mancata risposta e la reazione del neonato all’assenza, o al temporaneo
silenzio, della madre. Secondo i fatti messi in luce dalla psicoanalisi (Ferenczi 1950), il neonato cerca di compensare la mancanza di
risposta alluci nando le risposte materne gratificanti di cui ha gia esperienza. Le allu cinazioni degli adulti deprivati sperimentalmente
di stimoli (Haron et al., 1953, Bexton et al., 1954, Lilly 1956 a, b) sono funzionalmente — e forse anche ontogeneticamente —
connesse alle allucinazioni del neonato privato di amore.
Alcune situazioni culturali e cliniche sono di straordinaria impor tanza a questo proposito, perche mostrano l’individuo privato di
rispo ste nel tentativo di negare la mancata risposta di altre persone.
Caso 15. - Molte societa credono che gli Antenati defunti veglino sui loro discendenti, provvedano ai loro bisogni e puniscano le
loro trasgressioni.
Caso 16. - Un giovane, che soffriva di stati intermittenti di assen za epilettoide, litigo con sua moglie e la uccise con un colpo di
pistola. Rivolse poi l’arma contro di se, si colpi alla tempia e perse conoscenza.

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Quando torno in se — emergendo forse anche da uno stato di assenza epilettoide — chiamo la moglie perche lo soccorresse, avendo
apparen temente « dimenticato » (negato) che non era piu in grado di rispon dergli.
Il bambino piccolo — incapace di distinguere tra assenza, rifiuto di rispondere e morte (1) — considera la mancata risposta come un
segno di cattiveria o di collera. Che il silenzio della materia sia inter pretato analogamente e provato dalla famosa frase di un
eminente scienziato sulla « perversita » degli oggetti. L'osservazione di Lagrange:
« La Natura non si occupa delle difficolta dell’analisi », cioe: « la Na tura non si occupa delle difficolta matematiche che impone a
coloro che la studiano » — confonde, almeno implicitamente, l’indifferenza con la cattiveria.
Caso 17. - Gli Hopi schiaffeggiano i morti e li accusano di esser morti per affliggere i viventi (Kennard 1937).
Caso 18. - La generosita e una fondamentale qualita dei Mohave che, indifferenti al diritto di proprieta, danno o prestano i loro beni
pra ticamente a chiunque. Quando un Mohave muore, pero, fosse anche il piu generoso, si crede che egli acquisisca bruscamente un
cosi forte senso di proprieta che bisogna bruciare tutto cio che gli apparteneva, per paura che egli tomi a reclamarlo. Il morto e ora
incapace di ri sposta, e i suoi beni materiali, che egli poteva precedentemente utiliz zare per fornire importanti risposte sociali,
vengono distrutti. Il mo mento in cui il defunto non puo piu agire coincide dunque con ristan
te in cui si comincia ad attribuirgli una possessivita vendicativa, e anche una tendenza ad uccidere (Devereuz 196la). Cosi, il concetto
di uno spettro benefico e disinteressato e sconosciuto presso questa generosa tribu. E’ stato anche notato che molti eroi greci morti
erano chiara mente pericolosi (Harrison 1922).
Caso 19. - Un giorno, in cui ero eccezionalmente silenzioso du rante una seduta di analisi, la mia paziente — una giovane donna
sposata — immagino che il mio silenzio era soltanto la calma che precede la tempesta. Si aspettava dunque che mi alzassi di scatto,
gettassi a terra il mio quaderno di appunti, lo calpestassi e mi met tessi a gridarle dei rimproveri. In realta, aveva interpretato il mio
silenzio come una manifestazione di ostilita perche spesso sua madre la puniva con lunghi silenzi, rifiutandole anche l’accenno di una
risposta (Devereux 1953 a).
I pazienti in stato di transfert fortemente negativo possono per sino immaginare che il silenzio dell’analista significa la sua morte, e
ne provano un violento senso di colpa, perche pensano che il loro desiderio inespresso di vederlo morto gli sia stato fatale.

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Caso 20. - Un giovane, ossessivo e fobico, disse una volta che ero morto sulla sedia del mio studio di analista, perche non mi aveva
sentito respirare o muovermi per dieci o quindici minuti. A questa « scoperta », egli reagi con grande panico, perche la mia « morte »
provava il magico potere distruttivo dei suoi pensieri ostili e auguri di morte. Questo paziente raccontava spesso, e con grande
amarezza che suo padre aveva l’abitudine di portarlo al parco, e di nascondersi fino a che lui non urlava letteralmente dal panico. In
parte come risultato di questo ripetuto trauma, il paziente sviluppo durante l’ado lescenza la convinzione che « cose terribili » (morte
o distruzione) sarebbero successe ai suoi genitori ogni volta che lui fosse stato lon tano da loro (Devereux 1956d).
Ci sono molte indicazioni indirette — che sono spesso piu con vincenti di quelle dirette — del fatto che la mancata, o diminuita
risposta sia nevroticamente interpretata sia come una regressione allo stato inanimato (inorganico), sia come una manovra di
intimidazione che mira al potere. Cosi, la mancata reazione da parte di persone considerate arretrate e ridicolizzata in termini di
riduzione allo stato inorganico: in inglese, si dice per esempio « zolla » ( clod) o « nodo di ceppo » (bump on a log). Per contrasto,
il carattere riservato in una persona normale e segno di elevata posizione sociale presso i Cinesi, gli Anglosassoni e gli Indiani delle
Pianure. Il prestigio attribuito alPimpassibilita acquisita per educazione e chiaramente il Drodotto di alcune culture (2), ma rivela
ciononostante una tendenza inconscia ad accomunare il silenzio con il potere, o anche con l’aggressione (Caso 180). Di conseguenza,
una mancata risposta cinicamente deli berata e a volte un mezzo di intimidazione (Caso 181), e una collera fredda e spesso piu
spaventosa di una rabbia ribollente, forse perche la persona riscaldata dalla collera « segnala in anticipo l’aggressione », cosa che non
fa chi e preda di una collera fredda. Questo tipo di ca rattere e particolarmente pericoloso, perche il controllo di se che com porta
inibisce qualsiasi indicazione sulla natura e la portata dell’aggres sione.
L’angoscia dell’uomo davanti alla materia silenziosa e riflessa neH’affermazione (logicamente insostenibile) di Whitehead: « la
natura non e accessibile al pensiero », che e soltanto una eco tardiva del panico del bambino lasciato solo, le cui grida non provocano
alcuna reazione dell’ambiente inanimato. La tendenza del bambino a com pensare le risposte mancate tramite risposte allucinate puo,
d’altra parte, essere all’origine della tendenza primitiva di interpretare animi sticamente la materia, e di reperire nei fenomeni fisici
una inesistente capacita trascendentale di rispondere (Devereux 1967a).

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NOTE
(1) L’apparente incapacita del babbuino a riconoscere la morte e stata discussa da Zuckerman (1932).
(2) Per una dimostrazione del prestigio che il «comportamento fo coso » godeva nella societa francese, vedi, nelle Memorie di Saint-
Simon, la descrizione del modo in cui i discorsi e sguardi «focosi» dell’autore riuscirono a persuadere Sua Altezza Reale il Duca di
Orleans a rinunciare a una relazione che lo disonorava.

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______
T

4. - Implicazioni psicologiche della reciprocita tra osserva tore e osservato.


Una delle conseguenze involontarie dell’esistenza e della personalita dello scienziato e che la quasi-mobilita
dei limiti che separano l’osservatore dal soggetto si accompagna a una analoga mobilita dei « confini del se
». Il tracciato di queste diverse frontiere e in realta sempre definito per comodita, o per convenzione
(Capitolo 22). I confini del se sono in effetti frequentemente percepiti al di la della pelle. A volte, una simile
estensione del se e implicata dalla cultura.
Caso 2 1 . - 1 soggetti ipnotizzati da Teitelbaum (1941) ricevettero l’ordine di sviluppare una agnosia
relativa alle sole parti del corpo. Verificando l’esecuzione di quest’ordine, egli scopri che, nonostante la
specificita delle istruzioni rice vute, i soggetti sviluppano « spontaneamente » una agnosia estesa ai vestiti.
Non potevano pronunciare ne la parola « tor so », ne la parola «giacca»: i loro vestiti erano apparente mente
situati all’interno dei confini del se.
Caso 22. - Birdwhistell ha constatato che un soggetto A, richiesto di avvicinarsi a un soggetto X (di
controllo), si fer ma sistematicamente a circa 50 cm. di distanza, mentre un soggetto B si fermera in genere a
una distanza, per esem pio, di 30 circa, etc. Ho personalmente ripetuto l’esperimento, sia nello stesso senso,
sia all’inverso, chiedendo al soggetto di controllo X di avvicinarsi successivamente ai soggetti A, B etc.,
dicendo a questi ultimi di alzare un dito nel momento in cui sentivano che X si era avvicinato al punto di met
terli a disagio. Ho potuto constatare che un dato soggetto alzava il dito nel momento in cui X, avvicinandosi,
si tro
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vava alla stessa distanza alla quale lui stesso si era fermato quando gli era stato chiesto di avvicinarsi a X.
Inoltre un soggetto, una giovane donna molto riservata, non alzo sem plicemente un dito, come le era stato
richiesto: alzo invece entrambe le mani, palme rivolte verso l’esterno e dita tese, con un gesto di « difesa »
— dicendo che una riduzione della distanza tra lei e X al di la di un certo punto (circa 75 centi- metri) la
angosciava. Qualsiasi vicinanza superiore ai 75 cen- timentri rappresentava per lei una « invasione » dei
confini del se, sia che lei si avvicinasse a X, sia che X si avvicinasse a lei. Aggiunse anche che se i confini di
X coincidevano con la sua pelle, o con i suoi vestiti, per quanto la riguardava i suoi confini erano situati a 75
centimetri dai vestiti.
Una tipica manifestazione culturale di questa situazione extra-cutanea dei confini del se e il gioco infantile
che con siste nel tracciare un cerchio intorno a se, e di sfidare i com pagni a oltrepassarlo. Il senso della
proprieta personale puo derivare da qualcosa di simile. Esistono inoltre notevoli va riazioni culturali rispetto
alla distanza « corretta » e del suo corollario: la distanza massima in cui l’interazione continua a essere
efficace. Ho notato altrove (Devereux 1949d) che un Indiano Mohave spesso continua a parlare anche
quando il suo interlocutore se ne e andato. Alcuni Indiani Mohave continuano a parlare, senza alzare la voce,
anche quando la distanza che li separa dalla persona che se ne e andata ha raggiunto i 4 o anche — in un caso
— i 6 metri. Questo problema e stato recentemente analizzato in dettaglio da Hall (1963).
Gli equivalenti infraumani di questo fenomeno sembrano essere quelli che gli etologi chiamano i territori
degli uccelli. In molte specie di uccelli, ogni uccello si attribuisce un ter ritorio delimitato, e attacca, per
scacciarlo, ogni uccello che tenta di invaderlo. Nello stesso modo, il cane ha una acuta coscienza dei limiti
del giardino del suo padrone, e ne scaccia valorosamente ogni cane estraneo, anche se e molto piu grosso
88
di lui. La tendenza degli animali, simile a quella di Anteo, di far derivare la propria forza dal fatto di essere
sul proprio territorio e utilizzata in modo sistematico da molte societa Indonesiane.
Caso 23. - Quando gli Indonesiani non riescono a trovare per un combattimento due bufali di forza
approssimativa mente uguale, organizzano il combattimento sul territorio « appartenente » al piu debole dei
due, in modo da egua gliare le possibilita di ciascuno (Clifford 1927, Katz 1930). Questo sembra
incoraggiare il bufalo piu debole e scoraggiare il piu forte.
La cultura utilizza e insieme mette in azione la capacita umana di includere all’interno dei confini del se un
oggetto di per se esterno. La solidarieta di gruppo, il sentimento che le frontiere della propria nazione
debbono restare inviolate, e simili, esemplificano l’utilizzazione culturale di questo tratto. Un altro notevole
fenomeno e la credenza in un’anima ester na, o in un rapporto fondamentale tra il se e soggetti esterni, o
luoghi lontani, come il proprio luogo di nascita, o quello in cui il proprio cordone ombelicale e stato sepolto,
ecc.
Caso 24. - I Moi Sedang credono sia a un’anima esterna che a un rapporto fondamentale tra l’uomo e i beni
che pos siede. L’anima del « focolare di un uomo » (the fire place soul) — che e l’essenza stessa dell’uomo
(Devereux 1937c) — non risiede del resto nel suo corpo; ha invece la propria residenza nella base di pietra
del focolare famigliare, anche quando la persona e in viaggio. Il mana di un uomo, o l’ani ma dei suoi beni,
non comprende soltanto la sua fortuna personale, o il suo potere, ma anche l’anima di tutti gli oggetti
importanti che possiede. Cosi, appena fui adottato da Mbrao, il vecchio capo di Tea Ha, la mia «anima del
focolare » ando a risiedere nel focolare della casa di Mbrao, anche se io abitavo in un’altra capanna. (Caso
420). Per quanto riguarda il mio mana, questo comprendeva le anime del mio fucile, della mia pistola, del
mio cavallo, del mio
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fonografo e di altri importanti oggetti. Questa valutazione dei beni e apparentemente realizzata dalla
sensazione pura mente soggettiva che i limiti del se si estendono al di la della pelle. Negli stati di estasi, cio
conduce a un senso di unione mistica con l’Universo, che gli psicoanalisti chiamano il « sen timento
oceanico ».
Alcuni nevrotici e psicotici sperimentano certi organi o funzioni psicologiche che si situano secondo ogni
buon senso alFinterno dei confini del se, come oggetti esterni.
Caso 25. - Una giovane paziente mi racconto che durante la puberta fu presa dal panico quando scopri che
non sol tanto le mancava un pene, ma era anche completamente
« incapace » di trovare la sua vagina. In alcuni casi, le bam bine scoprono la vagina soltanto nel momento in
cui le pul sioni edipiche cominciano ad agire; puo anche succedere che la « ri-scoprano » solo nella puberta.
Caso 26. - Durante la puberta, quando le sensazioni pro venienti dal pene si intensificano, alcuni adolescenti
sono in un primo periodo incapaci di integrare il pene nella loro immagine di se, o nelPimmagine del corpo.
Un adolescente schizoide sentiva l’erezione come un fenomeno cosi estraneo
all’io che desiderava amputarsi quest’organo, in modo che le erezioni spontanee smettessero di disturbarlo. E
del resto signi ficativo che abbia piu tardi sposato la ragazza menzionata nel caso precedente.
Forme estreme di questi disturbi si verificano in alcune donne schizoidi, che possono a volte far l’esperienza
di una sorta di orgasmo fisiologico e impersonale, ma non del con comitante orgasmo psicologico. La loro
immagine del se non include infatti la vagina.
Caso 27. - Se si chiede a una donna affetta da questi disturbi di « concentrarsi » sul pollice, sulla spalla, sul
piede, ecc. il fatto di « pensarci » la rende in effetti capace di sentire l’organo in questione. Ma se le si chiede
di pensare alla vagina, dichiara di non sentire nulla. In alcuni casi, una
90

paziente di questo genere puo persino non accorgersi di cio che succede nella vagina, e cominciare il ciclo
mestruale senza rendersene conto. Anche quando e sessualmente ecci tata, puo restare perfettamente
inconsapevole dello stato della vagina, e incapace di dire — senza toccarla — se e secca 0 umida. Questa
incapacita non sembra derivare dal fatto, troppo spesso sottolineato — che una donna non puo vedere 1 suoi
organi sessuali senza uno specchio. In effetti, succede spesso che gli uomini schizoidi non sentono il pene, e
non sanno — senza toccarsi — se hanno o no un’erezione.
Caso 28. - Ogni volta che si preparava a far l’amore con una partner occasionale un paziente schizoide in via
di guari gione era sempre costretto a toccarsi per essere sicuro di avere un’erezione. Quando invece si
preparava a fare l’amore con una ragazza di cui era innamorato, sapeva se aveva o no un’erezione.
I genitali tendono a essere espulsi dall’io corporeo pre-. cisamente perche sono « organi sociali », che
permettono di stabilire relazioni intense. Ora, e precisamente questo tipo di relazioni che lo schizoide teme
maggiormente. Nel caso delle donne schizoidi, la loro inconsapevolezza di spontanee sensazioni vaginali
puo probabilmente essere posta in rela zione con la paura della penetrazione analizzata dalla Bona- parte
(1953), e forse anche piu con la distinzione, proposta dalla Deutsch (1944-45), tra due tipi femminili. La
donna che considera la vagina come una via d’accesso al proprio io interiore tende a darsi totalmente appena
e stata penetrata. Per l’altro tipo di donna, la porta di accesso si trova alla frontiera di un io estremamente
chiuso. Visto che la pene- trazione non significa nulla per lei, puo a volte darsi alla promiscuita impersonale;
puo persino essere incapace di sen tirsi viva o reale, se non nel momento del coito. Questi fatti suggeriscono
che e la novita delle sensazioni genitali a pro
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vocare il senso di estraneita che gli adolescenti schizoidi svi luppano a proposito dei loro organi genitali.
(Casi 25, 26).
L’esperienza di allucinazioni, pensieri ossessivi, e di in tensi impulsi alieni dall’io che irrompono nella sfera
della coscienza era gia nota a Omero (Dodds 1951), e mostra quanto anche i prodotti della propria psiche
possano essere interpretati come derivanti dall’esterno.
Caso 29. - Anche Euripide sembra essere stato cosciente di questo fatto. Quando Medea, sempre piu
disperata e agitata, comincia a parlare dei suoi impulsi, lo fa come se fossero en tita personalizzate, esterne
alla sua persona, anche se aveva prima dichiarato che provenivano daH’intemo. Rivier (1960) ha notato
questo fatto, ma non ne ha sfortunatamente colto il fondamento clinico. L’ha quindi semplicemente
interpretato come un segno della pretesa oscillazione di Euripide tra una teoria endogena e una esogena degli
impulsi umani. In realta Euripide, che era uno straordinario osservatore clinico (Bez- dechi 1932, Blaiklock
1952, Devereux 1967 f, Dodds 1925) ha semplicemente notato che nei gravi disturbi della perso nalita, cosi
come in momenti di intenso stress emotivo, la
« curva di Jordan » delle frontiere del se e interrotta da un meccanismo di proiezione (Capitoli 22, 24).
Un altro fenomeno interessante e che per le persone nate cieche, che abbiano poi recuperato la vista con
un’operazione, le sensazioni visive sono per un certo periodo molto dolorose. Non soltanto esse sono in un
primo tempo incapaci di usare costruttivamente la vista recentemente conquistata, ma sono a volte realmente
impedite nei loro tentativi di orientarsi con l’ausilio di queste nuove sensazioni, che non riescono a maneg
giare e a utilizzare in modo efficace. Un fenomeno piu o meno simile e rappresentato dall’angoscia di Caspar
Hauser che esce per la prima volta alla luce del giorno (Feuerbach 1833).
Se gli stessi organi del corpo, le funzioni psichiche e le normali esperienze sensoriali sembrano situarsi a
volte all’in
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temo, e a volte all’esterno dei confini dell’io, e ovvio che le frontiere che separano l’osservatore
dall’osservato tenderanno a essere ancora piu imprecise. A seconda quindi delle diverse procedure
dell’esperimento o dell’osservazione, l’apparato spe rimentale puo essere situato sia all’interno dei confini
dell’io dell’osservatore, sia all’interno di quelli del soggetto... o alme no all’interno di quei confini che la
posizione teorica dell’os servatore sceglie di assegnare al soggetto. Per esempio, la scel ta di considerare il
labirinto che il ratto deve percorrere come una estensione dello psicologo o del ratto, dipende dalla natura
deH’esperimento e/o dall’interpretazione dei suoi risul tati (Capitolo 22).
Ultimo, ma importante punto: i confini tra l’osservatore (sperimentatore) e il soggetto sono determinati
bilateralmente, e spesso in modo non concordante. Cio era gia suggerito al Caso 23, in cui i confini estesi
dell’io erano determinati da entrambi i bufali da combattimento.
In fisica il luogo in cui situare la linea di demarcazione tra osservatore e osservato puo essere stabilito per
conven zione (Capitolo 22). Lo stesso vale per le scienze del com portamento. In fisica, pero, il luogo dove
tracciare il confine e stabilito unilateralmente, anche tenendo presente la rela zione di indeterminazione di
Heisenberg nella meccanica quantistica non-relativistica. Nelle scienze del comportamento, d’altra parte, il
luogo dove tracciare questi confini e determi nato in modo cosi bilaterale, da essere il risultato di una vera e
propria transazione. In senso psicodinamico, e vero che non « finiamo » dove finisce la nostra pelle;
possiamo allo ra, definendo in modo specifico la situazione sperimentale, « prolungarci » nel sistema
osservato all’incirca fino a dove puo arrivare la nostra « obiettiva » comprensione di questo organismo,
trattando l’apparato sperimentale intermedio come una parte di noi stessi (Capitolo 23).
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All’altro estremo dell’esperimento, l’organismo osservato o manipolato puo, nello stesso modo, « estendersi
» nel siste ma di osservazione (osservatore, sperimentatore, manipolato- re). Nel caso piu semplice, cio si
realizza attraverso una « co noscenza » del comportamento e dell’atteggiamento usuale dell’osservatore.
Questa conoscenza puo provocare reazioni sorprendentemente insolite, anche negli animali.
Caso 30. - Chiunque si sia fatto togliere da un medico del cerume da un orecchio — meno profondo
nell’uomo che nel cane — sa di quanto autocontrollo ci sia bisogno per restare immobile. Molti veterinari,
richiesti di far quest’ope razione sui cani, amministrano prima di tutto una forte dose di calmanti, per
impedire movimenti che possono provocare una perforazione del timpano. Avevo una volta un Briard molto
dolce, che rimase perfettamente immobile durante l’ope razione, soltanto perche gli cinsi il collo con le mie
braccia, ma senza stringere: uno stimolo restrittivo che l’abitudine gli fece sentire come piacevole e
rassicurante. L’indomani, resto di nuovo assolutamente immobile, benche io non abbia fatto altro che
restargli vicino e parlargli. Quando, il giorno seguente, tornai di nuovo per assistere alla terza pulizia, il
veterinario mi disse che aveva gia fatto il necessario senza ricorrere a calmanti, ne controllarlo, o rivolgersi
ad altri.
Riferendosi alla teoria della « mappa cognitiva » di Tol- man, piuttosto che a quelle della psicologia fondata
sullo sti molo-risposta, si potrebbe dire che il cane mi aveva, per cosi dire, interiorizzato. Al punto che,
durante la prima opera zione, ero appena distinguibile da una interna capacita di con trollarsi. Quando il
veterinario riusci a pulirgli l’orecchio in mia assenza, rappresentavo una fonte di autocontrollo e di fiducia
sufficientemente interiorizzata perche la mia presenza effettiva diventasse superflua. Interpretazione che non
esclude del resto l’ipotesi ausiliaria che il cane aveva appreso che l’operazione non gli avrebbe fatto alcun
male.
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Riassumendo, oltre alle considerazioni logiche proposte nella parte centrale di questo capitolo, la natura
reciproca di tutto cio che si verifica in una situazione sperimentale e pro vata anche da dati bio-socio-
culturali, sperimentali, psicopa tologici o provenienti dalla vita quotidiana. Questi dati gettano luce
sull’essenziale natura transazionale di tutto cio che puo verificarsi tra un osservatore e un osservato.
I problemi logici sollevati in questo Capitolo saranno ripre si in dettaglio nei Capitoli 22-24.
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5. - Il Controtransfert nelle scienze del comportamento.
Definizione del transfert: Da un punto di vista puramente cognitivo, una reazione di transfert corrisponde piu
o meno a un trasferimento di apprendimento, cosi come questo concetto e definito nella teoria
deirapprendimento. L’analizzando, che ha elaborato alcune reazioni caratteristiche nei confronti di una
persona emotivamente significativa, tende a reagire nei confronti dell’analista — a volte quasi in forma di
coazione a ripetere — come se egli fosse quella persona. Cio comporta a volte una grossolana deformazione
della realta.
Caso 31. - Una paziente mi visualizzo, durante l’analisi, come un uomo molto alto, dai movimenti lenti,
fumatore di pipa, e sempre vestito di ruvido tweed. Di questo quadro, solo il tweed corrispondeva alla realta:
l’immagine di me che l’ana- lizzanda si era formata, era stata ricalcata sulla figura di una persona per lei
affettivamente significativa. In quel momento, stava elaborando la sua relazione con quella persona e, per far
cio, mi aveva identificato con quell’uomo, cercando cosi di « usarmi come cavia » sia nei confronti del suo
passato, che nei confronti delle sue future intenzioni.
E una caratteristica del transfert — come del Super-Io — di manifestarsi in modo piu marcato nelle
situazioni di stress, quando pressioni esterne o conflitti interiori risvegliano ma teriale inconscio mal digerito
(Devereux 1956 a). Le reazioni transferenziali possono verificarsi anche nella vita quotidiana — nella forma,
per esempio, di inesplicabili simpatie o anti patie a prima vista — ma vi assumono in genere un ruolo
relativamente minore e deformano raramente la realta (al fine di giustificare o razionalizzare un
comportamento transferen-
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ziale oggettivamente scorretto, ma soggettivamente necessario) cosi radicalmente come nel vero e proprio
comportamento di transfert durante l’analisi.
Definizione del Controtransfert.
Il controtransfert e la somma totale delle distorsioni della percezione e delle reazioni dell’analista verso il
paziente; que ste deformazioni fanno si che l’analista reagisca al paziente come se questi rappresentasse una
imago primitiva, e che si comporti quindi nella situazione analitica seguendo i propri inconsci bisogni,
desideri o fantasie — in genere di natura infantile.
T erminologia.
Transfert e controtransfert hanno origini e strutture iden tiche. E solo per convenzione che le reazioni
deH’informatore o quelle del paziente vengono chiamate « transfert » e quelle dell’etnologo e dell’analista «
controtransfert ». Nello stesso senso, e solo per convenzione, e per un accidente storico, che le reazioni dei
genitori ai figli si chiamano « controedipiche », per quanto sarebbe psicologicamente piu legittimo chiamare
le reazioni dei figli ai genitori « reazioni contro-Laio » o « con- tro-Giocasta » (Devereux 1953b, 1960d).
Modo di procedere.
Benche gli psicoanalisti siano legittimamente fieri della loro capacita di autoanalisi, e un fatto storico che le
reazioni transferenziali dell’analizzando sono state scoperte prima delle reazioni controtransferenziali
dell’analista. Del resto, e un fatto statistico che la letteratura psicoanalitica sul transfert e molto piu ampia
che quella sul controtransfert. Inoltre, men-
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tre gli studi sul transfert descrivono generalmente le reazioni dei pazienti di un analista, gli studi sul
controtransfert si occupano di solito di teoria, o discutono gli errori dovuti al controtransfert di candidati
analisti, privi di esperienza. Que sti fatti suggeriscono che gli stessi psicoanalisti — che dovreb bero sempre
esser capaci di analizzare le loro emozioni — sono piuttosto reticenti a discutere delle reazioni controtran-
sferenziali. Lo stesso vale per gli altri studiosi del comporta mento. Cosi, alcune delle descrizioni di reazioni
controtransfe- renziali che seguono qui sono dovute a colleghi di cui non fac cio il nome. Delle mie reazioni,
invece, parlo apertamente: nella speranza che coloro che, tra i miei colleghi, capiranno che ammettere i
propri umani limiti, non solo non e degra dante, ma e effettivamente utile, pubblicheranno le loro auto
osservazioni. Cio potra permetterci di esplorare piu a fondo questo importante aspetto del lavoro scientifico,
che e stato imperdonabilmente trascurato.
Scopo.
La seconda parte di questo libro si propone di discutere le fonti di deformazione nell’osservazione, nella
registrazione e neH’interpretazione dei dati che provengono dalla struttura della personalita dello studioso e
dalle sue manifestazioni. Prendero qui in considerazione sia la ricerca sul campo, sia i tentativi — da parte
dello studioso — di analizzare i suoi dati e quelli raccolti da altri. La personalita dello scienziato inte ressa la
scienza, perche puo render conto di quella specifica deformazione dei materiali che deriva da una mancanza
di obiettivita intra-psichicamente determinata. Cio e fonte di
« errore sistematico » precisamente nel senso in cui le limita zioni o i difetti inerenti all’apparato
sperimentale del fisico sono detti « fonte di errore sistematico ».
99
Portata.
Circa trent’anni fa (1949), Sapir ha rivoluzionato l’antro pologia gettando viva luce sull’importanza
scientifica della frase, ora celebre, di Dorsey (1884): « Two-Crows nega cio ». Forse per la prima volta nella
storia dell’antropologia, veni vano riconosciute in modo esplicito non soltanto le divergenze d’opinione tra
informatori, ma anche la portata antropolo gica dell’esistenza di queste divergenze, e la necessita di una loro
spiegazione teorica. In questo senso almeno, la seconda parte di questo libro costituisce la continuazione
della rivo luzione di Sapir in antropologia. Vi si tenta infatti, non sol tanto di prendere atto delle divergenze,
per esempio, tra le
fonti di Omaha e le interpretazioni di Fortune (1932b) e quelle di Fletcher e La Flesche (1905-1906), ma
anche di compren dere le cause di queiste discordanze, e la loro portata teorica.
In breve, non mi propongo soltanto di riconoscere resi stenza e il significato scientifico delle divergenze che
separano le descrizioni di due studiosi del comportamento, ma anche di correlarle con le loro rispettive
personalita, con il loro back ground culturale strutturalmente e funzionalmente complesso,
e anche con quello della cultura che hanno studiato.
Prolegomeni Teorici.
La percezione di una situazione e radicalmente influenzata dalla personalita dell’osservatore. Spesso, il
soggetto sperimen tale toglie o aggiunge alla realta, rimaneggiandola seguendo le proprie disposizioni, i
bisogni e i conflitti — in larga parte inconsci (Blake e Ramsey 1951). Potzl ha dimostrato (1917), del resto,
che i particolari di una immagine presentata tachi- stoscopicamente a un soggetto, non percepiti dalla
coscienza, sono inconsciamente percepiti e compaiono nei sogni della notte seguente. Molte « sottrazioni »
apparenti lo sono dunque
100
in senso molto relativo, visto che il materiale apparentemente non percepito ricompare involontariamente in
un altro con testo. Materiale di questo tipo e a volte presente nelle descri zioni etnologiche, ma non e
utilizzato per una caratterizzazione d’insieme del modello culturale. Malinowski (1932), nella sua
discussione della negazione dei Trobriandesi del ruolo del coito nella fecondazione, non ha utilizzato il mito,
che egli stesso ha raccolto, dell’acqua che cade goccia a goccia nella vagina di una donna che sta per essere
fecondata.
La descrizione che un antropologo da di una tribu, e l’in terpretazione che fornisce della sua cultura, sono in
qualche modo comparabili a un test proiettivo: in cui il Rorschach o il TAT sono rappresentati dalla cultura
studiata, e la descri zione dell’etnologo equivale alle risposte del soggetto.
Deformazione e Angoscia.
Lo studio dei tests proiettivi, della percezione influenzata dalla personalita, dell’apprendimento in stato di
angoscia, cosi come l’esame dei fenomeni di transfert e di controtransfert suggeriscono che la deformazione
si fa piu marcata quando il materiale osservato risveglia l’angoscia. Lo studioso che si occupa di questo tipo
di materiale in genere cerca di proteg gersi contro l’angoscia ricorrendo all’omissione, all’attenua zione, alla
mancata utilizzazione o all’incomprensione, alla descrizione ambigua, alla sovrautilizzazione, o al
rimaneggia mento di certe parti del materiale.
Citare in questo momento i dati che dimostrano quanto il materiale studiato dalle scienze del comportamento
puo far sorgere angoscia, anche quando e semplicemente letto, o visto in un film — e che quest’angoscia da
origine a reazioni difen sive caratteristiche, determinate dalla personalita dello stu dioso — disturberebbe il
corso dell’argomentazione. I dati rilevanti sono quindi riportati nei prossimi capitoli.
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La caratteristica angosciosa dei dati dell’antropologia puo essere discussa in due modi: teoricamente, e
riferendosi al suo impatto specifico sull’individuo antropologo.
Le cause dell'angoscia nel lavoro dello studioso del compor tamento.
1. Ogni cultura elabora in modo diverso lo stesso mate riale psichico. L’una reprime un certo tratto, l’altra lo
utilizza apertamente, e a volte anche in modo eccessivo, un’altra an cora puo ammetterlo come un’alternativa
permessa, a tutti o solo ad alcuni gruppi sovra- o sotto-privilegiati, ecc. (1). Lo studio di culture estranee
obbliga dunque spesso l’antropologo a osservare, per cosi dire allo scoperto, molto materiale che egli stesso
ha rimosso. Questa esperienza non soltanto provoca angoscia, ma e nello stesso tempo vissuta come una
seduzio ne (2). Basti pensare ai problemi che possono presentarsi a un antropologo, obbligato a mantenere
con un piccolo stipen dio gli anziani genitori, cui capiti di studiare una popolazione in cui la pieta filiale
obblighi i figli a uccidere i vecchi genitori.
2. Il « narcisismo delle piccole differenze » (Freud 1955c) induce spesso a considerare le credenze e gli usi
che ci sono estranei come critiche verso i nostri, e a reagirvi negativamente.
3. L’angoscia puo sorgere anche nel caso in cui l’an tropologo trovi congeniale lo stile di vita di una tribu
che si comporta in modo proibito nella nostra societa. Questo genere di angosce possono essere considerate
come sensi di colpa sociali.
A un livello piu soggettivo, l’angoscia puo essere provocata da materiali che:
a) minacciano la vulnerabilita fondamentale di qualsia si essere umano (pericolo di morte o di mutilazione,
minaccia di castrazione, ecc.) (Casi 35, 39);
b) risvegliano angosce idiosincrasiche legate a esperien ze passate (Caso 34);
102
c) minacciano di minare difese o sublimazioni di gran de importanza (Casi 36, 37);
d) rischiano di esacerbare problemi attuali, ecc. Caso 32. - Un giovane laureato in Antropologia, mentre
effettuava la sua prima ricerca sul campo, seppe che — per un
cambiamento nella direzione dell’Istituto in cui si stava specia lizzando, dovuto alla morte del suo insegnante
— non sarebbe stato nominato ricercatore al suo ritorno. Cio lo spinse a stu diare con grande cura i problemi
degli orfani e di altre per sone « abbandonate » nella societa di cui si stava occupanto.
Caso 33. - E probabilmente significativo che il rapporto piu dettagliato di cui disponiamo sui bambini
adottati, ille gittimi e orfani in una societa primitiva sia dovuto a un prete cattolico, Padre Meier (1929,
1938, 1939).
4. L’angoscia puo sorgere anche da cio che e vissuto come una « ipercomunicazione » disturbante tra
l’inconscio dell’osservatore e quello dell’osservato. Questa iper-comunica- zione puo del resto essere
percepita come una « seduzione », e si puo quindi tentare di resistervi in vari modi. Per esempio, alcuni
analisti, che non hanno completato la loro analisi, finiscono per diventare eccessivamente organicisti. Altri,
che hanno subito una analisi meno incompleta, si impegnano a neurologizzare la psicoanalisi, il che non va
confuso con un
legittimo interesse verso le componenti organiche di alcune nevrosi (3). Altri ancora visualizzano
semplicemente i pro cessi dinamici come se fossero processi fisici, in un modo che va ben al di la di un
semplice « modo di parlarne » (Scheffen
1958). 5. In altri casi ancora, e il carattere frammentario della
comunicazione cosciente che risveglia angoscia. E banale osser vare che quando ci si trova a studiare una
tribu mai studiata prima, di cui non si conoscono i costumi e la lingua, ci si sente spesso a disagio. Discutero
ripetutamente qui le difficolta che ho sperimentato prima di conoscere la lingua e i costumi dei Sedang. Una
caratteristica difesa contro un’angoscia di
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questo genere e quella praticata da alcuni ellenisti, che stre nuamente sostengono che la cultura greca deve
essere analizza ta esclusivamente tramite concetti greci (Wilamowitz 1955,
1959). Questo principio parzialmente valido trascura il fatto pratico che vi e tra gli studiosi un notevole
disaccordo sul pre ciso significato di certi concetti (o parole) del greco (4). La difesa consiste qui nella
sincera credenza di capire piu di quan to effettivamente si capisca.
6. A volte, la difesa contro P« iper-comunicazione » al livello inconscio si combina con una difesa contro
una « ipo comunicazione » (o ipo-comprensione) al livello cosciente. Conseguenza tipica di questo dilemma
e un attaccamento an sioso ai fatti « concreti », e un totale rifiuto a interpretarli discostandosi dal modo piu «
evidente » ... nel modo, cioe, che un particolare studioso considera « valido », semplicemen
te perche puo tollerare quella particolare interpretazione, men tre considera tutte le altre (psicologicamente
intollerabili) in terpretazioni come non-scientifiche e stravaganti (5).
Le angosce provocate dal materiale delle scienze del com portamento sono significative per la scienza. Esse
mobilitano infatti delle reazioni di difesa modellate e gerarchizzate dalla particolare personalita dello
scienziato, la quale determina a sua volta il modo in cui egli deforma il materiale. Dopo aver dimostrato, nel
prossimo capitolo, il carattere ansiogeno di questo materiale, mi propongo di esaminare le reazioni di dife sa
dello studioso del comportamento, che spiegano le distor sioni che si verificano nella raccolta e
nell’utilizzazione scien
tifica del materiale.
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NOTE
(1) Vedi la dimostrazione, fatta da Dollard (1937) che i Bianchi del Sud incoraggiano nei Neri un comportamento infantile, illegale e
repren sibile. Vedi anche l’indifferenza della polizia americana riguardo ai crimini commessi da Neri contro altri Neri. Per fenomeni
analoghi nella societa spartana, cfr. Devereux 1965a.
(2) Il carattere « seducente » del comportamento psicotico e noto a chiunque lavori con i « matti », e persino a chi ha avuto una
psicosi. Un uomo brillante, completamente guarito da un episodio psicotico, mi disse che poteva ormai capire, senza eccezioni, il
senso reale di quel che dicevano gli psicotici. Aggiunse pero che non permetteva a se stesso di comprendere, per paura di una
ricaduta nella psicosi. Cio rappresentava una difesa contro una iper-comunicazione a livello inconscio.
(3) Io stesso ho insistito perche un Indiano Wolf, che avevo in psico- terapia (Devereux 1951a), fosse sottoposto a ossigeno-
encefalografia.
(4) La stessa cosa si verifica nell’esegesi dei testi greci, anche dal punto di vista della grammatica e della sintassi. Un ellenista
dichiarera di capire una certa frase, mentre un altro sosterra che si tratta di un testo irrime diabilmente corrotto. Buoni esempi di
questa situazione sono nella recen sione di Verdenius (1962) di tre edizioni critiche delle Baccanti di Euripide, o anche
nell’apparato critico e nel commento di qualunque edizione filo logica di un testo greco. Su alcuni concetti greci ancora controversi,
cfr. Adkins (1960).
(5) A volte, rigettiamo inconsciamente le nostre intuizioni. Una volta, mentre facevo lezione, dissi: «Ho dovuto farmi violenza per
riuscire a vedere che i fatti erano... ». Gli studenti scoppiarono a ridere: il diagramma che avevo disegnato alla lavagna, nello stesso
momento in cui parlavo della mia difficolta a capire il fenomeno, rappresentava i fatti proprio come avevo desiderato che fossero.
105
6. - Reazioni d'angoscia ai dati delle scienze del compor tamento.
La natura ansiogena dei dati delle scienze del comporta mento e gia stata riconosciuta dal pioniere delle
ricerche di antropologia psicoanalitica, Geza Roheim. Secondo la sua opinione: « Non e sufficiente che un
antropologo abbia fatto una analisi terapeutica personale ». I problemi scientifici cui si trova di fronte hanno
in effetti un tale impatto su materiale conflittuale antico che, pur avendoli adeguatamente risolti da un punto
di vista terapeutico, egli dovrebbe cominciare una seconda volta a rimuoverli. Solo se l’antropologo
analizzato fa egli stesso l’analista, il che lo mantiene in diretto contatto con l’inconscio di altre persone, e lo
obbliga ad analizzare giorno per giorno le sue reazioni controtransferenziali, egli puo sperare di restare
analizzato (1).
Il mio primo compito e di mostrare che i dati delle scienze del comportamento risvegliano l’angoscia nel
ricerca tore. In questo capitolo discutero soltanto di reazioni d’an goscia riscontrate in alcuni antropologi e
psicoanalisti, ma gli esempi di cui mi servo qui hanno carattere paradigmatico per tutti gli altri campi di
ricerca delle scienze del compor tamento.
1. Reazioni di angoscia dell'antropologo.
Caso 34. - Un giovane antropologo, abile e coscienzioso, aveva ricevuto il compito di raccogliere nella
letteratura antro pologica dei dati concernenti una pratica estremamente cru dele. Dopo un primo sforzo
molto fruttuoso, fini per non rac
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cogliere piu nulla. Quando il suo supervisore gliene chiese la ragione, confesso che quei dati gli provocavano
una tale an goscia che non riusciva ad obbligarsi a cercarne ancora. Le sue angosce e inibizioni erano in parte
dovute al fatto che egli aveva subito, qualche mese prima, una dolorosa ferita: i dati che riguardavano il
dolore fisico gli divennero tempora neamente insopportabili.
Caso 35. - Un antropologo riprese con calma alcuni Afri cani mentre facevano sanguinare un vitello vivo e
ne beve vano il sangue. Egli fu invece preso dall’angoscia quando uno di loro comincio a mangiare il sangue
coagulato. Siccome non ho informazioni personali riguardanti questo antropologo, non so quali elementi
idiosincrasici della sua personalita lo rende vano capace di tollerare la vista di qualcuno che beveva san gue,
ma lo gettavano nell’angoscia di fronte a qualcuno che mangiava sangue coagulato. Posso pero offrire
almeno alcune spiegazioni di carattere culturale a queste due diverse reazioni:
1. visto che la pratica di bere sangue tolto da bestiame vivo e segnalata in diverse parti dell’Africa, questo
ricercatore era intellettualmente preparato a veder bere del sangue. Le sue difese intrapsichiche contro il
trauma prodotto da questo spettacolo « esemplare » erano dunque gia elaborate, pronte all’uso e facilmente
disponibili. Gran parte delle fonti discute invece solo di passaggio — quando il fatto e menzionato — della
pratica di mangiare del sangue coagulato. Questo ricerca tore non era quindi « allenato » per questo
spettacolo, il che 10 getto nell’angoscia (2);
2. questo antropologo apparteneva a una cultura che non considera il sangue coagulato come un « cibo ».
Sospetto invece che il mio amore per gli animali mi avrebbe fatto pro vare angoscia soltanto nel momento in
cui vedevo sanguinare 11 vitello. Non avrei provato alcun disagio quando — dopo aver liberato il vitello —
gli uomini cominciarono a mangiarne il sangue coagulato. Come a ogni bambino ungherese, mi e stato infatti
insegnato a mangiare il sangue coagulato fritto
108
del maiale appena macellato. Differenze culturali di questo tipo, che determinano il grado di vulnerabilita
individuale, sono di una certa importanza per capire le reazioni del ricer catore alle pratiche che si trova ad
osservare.
Caso 36. - I Moi Sedang usano sacrificare maiali e cani, colpendoli a morte con una mazza, ma con cosi poca
energia che gli animali muoiono letteralmente un po’ alla volta. Cio mi angosciava talmente che avevo
l’abitudine di offrire un premio al sacrificatore rituale, se riusciva a uccidere l’animale in un solo minuto —
il che e del resto perfettamente possibile se si usa una mazza abbastanza grossa (Caso 59). Inoltre, affrontai
la mia angoscia scegliendo, come uno dei miei primi temi di ricerca, il ruolo dei cani nella cultura Sedang
(3).
I dati antropologici possono provocare angoscia anche ne gli psicoanalisti.
Caso 37. - Uno psicoanalista dotato di buona cultura an tropologica, che stava raccogliendo materiale sul
suicidio nelle societa primitive, mi disse di non poter lavorare su questo problema per tre o quattro giorni di
seguito, senza avere sogni angosciosi il cui tema era il morsicare. Puo essere o non essere una coincidenza
che quello psicoanalista aveva denti grossi
e vistosi, il che conferiva al suo sorriso un carattere piut tosto « minaccioso ».
Se i materiali antropologici angosciano gli psichiatri, i da ti psichiatrici possono risvegliare l’angoscia
nell’antropologo. Il fatto che materiali di questo genere risvegliano comunque angoscia anche negli psichiatri
e negli psicoanalisti non richie de di essere provato, visto che cio e ovvio, e spiega la ragione per cui ogni
psicoanalista deve sottoporsi ad analisi didattica.
Caso 38. - Circa venticinque anni fa, un giovane antro pologo, molto abile, stava per partire per i Tropici, per
una ricerca sul campo. Gli avevo spesso chiesto di raccogliere ma teriali a proposito delle malattie mentali:
ma siccome egli non sapeva quasi nulla di psichiatria o di psicologia patologica, lo invitai a visitare
l’ospedale psichiatrico in cui lavoravo a
109
quell’epoca. Avrei potuto in questo modo mostrargli alcuni « casi da manuale » di mania, catatonia,
depressione, ecc. Egli accetto facilmente la mia proposta e arrivo, qualche gior
no dopo, con perfetta puntualita. Gli feci visitare prima i re parti tranquilli, gli mostrai certi segni e sintomi
facilmente riconoscibili — come il rigore catatonico, la posizione fetale ecc. — e gli proposi
successivamente di mostrargli casi di mania e agitazione catatonica. Appena raggiungemmo la por ta del
reparto degli agitati, impallidi, giro i tacchi e — nono stante le mie assicurazioni che nessuno l’avrebbe
assalito — decise di andarsene immediatamente.
L’intensita della sua angoscia e ben mostrata dal fatto che questo episodio pose fine alla nostra amicizia.
Anzi, quan do, anni piu tardi, pubblico una eccellente monografia sul tema dei rapporti tra cultura e
personalita, la sua estesa biblio grafia non citava nessuno dei miei lavori su questo tema. Ne egli
menzionava, come si usa fare nei Ringraziamenti, il fatto che si era orientato verso questo campo di studi
soltanto per che l’avevo convinto che le sue qualita sarebbero andate sprecate nel ramo di studi antropologici
cui aveva deciso di de dicare il lavoro della sua vita. Ultimo ma importante punto: l’unica volta in cui lo vidi
ancora, sembro imbarazzato e si mise rapidamente a parlare con qualcun altro. Queste reazioni possono
essere interpretate soltanto come fughe da un trauma che era stato incapace di dominare, e forse anche come
indizi
del suo disagio di fronte a manifestazioni di cio che lui — ma non io — considerava come « vigliaccherie ».
II. Reazioni d'angoscia di psicoanalisti.
La controparte delle reazioni angosciose dell’antropologo di fronte a dati psichiatrici, e costituito dalle
reazioni dello psi coanalista a materiali antropologici particolarmente penosi. Le osservazioni che seguono,
volte a mostrare che i materiali an tropologici possono risvegliare l’angoscia anche negli psicoa
110
nalisti, sono cosi singolari e scientificamente cosi significative che esigono un attento esame e una
interpretazione accurata. Caso 39. - Consiste nella descrizione e nell’analisi delle
reazioni di gruppo di antropologi e psicoanalisti, e di rea zioni individuali di psicoanalisti e psichiatri, ai riti
australiani della circoncisione e della subincisione, filmati da Norman Tinsdale circa trentacinque anni fa. Le
mie osservazioni furono effettuate in due diverse occasioni:
1. negli anni Trenta, quando il film fu mostrato a un gruppo di giovani antropologi, e
2. durante la guerra di Corea, quando lo stesso documen to fu mostrato allo staff professionale e
semiprofessionale di una importante istituzione psichiatrica in cui ero in quel mo mento in visita. Il giorno
seguente, potei ottenere da alcuni analisti e candidati analisti di sesso maschile, e da una giovane psichiatra,
una serie di resoconti particolareggiati dei sogni e/o delle reazioni psicosomatiche provocate da quel film
particolarmente angosciante.
Per ragioni di comodita espositiva, propongo di discutere prima le reazioni esplicite dei due gruppi di
spettatori, e di analizzare in seguito i sogni e le altre reazioni soggettive ri svegliate da quel film.
A. Comportamento esplicito di gruppo.
Il Gruppo I consisteva di circa 12-15 persone, piu o meno equamente divise tra i due sessi, e di eta tra i 21 e i
28 anni. Il gruppo comprendeva due coppie di fidanzati, ma nessuno di loro era sposato. Erano tutti
antropologi: Allievi interni, Dot toranti, uno o due di loro avevano da poco finito il Ph.D., qualcuno aveva
gia fatto un po’ di ricerca sul campo. Di conseguenza, nonostante alcune leggere differenze di eta, di
formazione e di esperienza, costituivano essenzialmente un gruppo di pari. Il film si proiettava nella piccola
sala da pranzo di uno degli studenti.
Ili
Nonostante un certo affollamento, ci fu, dall’inizio, una marcata separazione tra i sessi. Per esempio, un
piccolo grup po di quattro o cinque ragazze, che sedeva molto vicino allo schermo, comprendeva una
ragazza fidanzata, il cui ragazzo era seduto in fondo con altri giovani.
Il film era proiettato da uno dei Dottoranti. Non vi fu alcun commento della proiezione, perche tutto il
pubblico ave va una ragionevole familiarita con la subincisione australiana, durante la quale la pelle del pene
e, pezzo per pezzo, tagliata con una pietruzza tagliente, lungo l’uretra, mentre quest’ulti- ma viene aperta
dall’orifizio allo scroto.
Le reazioni dei maschi e delle femmine furono molto di verse. Gli uomini erano piuttosto silenziosi, pallidi e
a disa gio. Alcune ragazze, invece, arrossivano e sembravano ecci tate, e ricordo distintamente di essere stato
impressionato dalle loro risatine nervose durante i momenti culminanti del rito. A quell’epoca non avevo una
formazione psicoanalitica, e non potei dunque comprendere coscientemente la natura vendicativa e trionfante
di quelle risatine. Pensai quindi che cio che mi impressionava era semplicemente la loro reazione non-
professionale a un film scientifico (Vedi il Sogno I).
Benche il film, com’e ovvio, turbasse tutti, nessuno lascio la stanza. Piu tardi il gruppo — che spesso si
riuniva per passare insieme la serata — si separo rapidamente.
Tre considerazioni possono spiegare perche nessuno lascio la stanza durante la proiezione del film:
1. il pubblico era un gruppo piuttosto unito, che affol lava una piccola stanza; non si trattava quindi di
un’esperien za atomistica e quasi anonima, e nessuno sentiva di dover contare soltanto sulle proprie personali
risorse;
2. la familiarita intellettuale degli studenti con i riti au straliani della subincisione, insieme alla loro
autodefinizione come antropologi professionalmente interessati a simile mate riale, attenuava in qualche
modo l’impatto traumatico del film;
112
3. ognuno di loro si rese conto che, nel caso che la pro pria incapacita di affrontare materiali antropologici
angoscio si fosse diventata palese, essi non avrebbero avuto nessuna possibilita di fare ricerca sul campo.
Il film fece una durevole impressione a buona parte dei membri del gruppo. Un giovane, che sarebbe poi
diventato un brillante antropologo, mi assicuro ancora molti anni dopo di ricordare perfettamente sia il film
che l’occasione in cui era stato proiettato. Mi disse poi che aveva desiderato per anni mostrare quel film ai
suoi studenti, ma che non sapeva dove avrebbe potuto procurarselo — e cio nonostante il fatto che era
particolarmente interessante, e conosceva bene i film edu cativi di questo genere! Di conseguenza, la sua «
ignoranza » su come procurarsi questo film, che aveva « voluto » rivedere per molti anni, puo essere
interpretata soltanto come un segno
di ambivalenza. Il suo desiderio di dominare il trauma ini ziale, ripetendolo, era compensato dal desiderio
inconscio di evitare una ripetizione del trauma.
Per quanto mi riguarda, ricordo bene le scene principali del film, e la situazione in cui mi fu mostrato per la
prima volta. Quando pero, circa diciotto anni dopo, lo rividi una seconda volta, non fui del tutto sicuro, per
breve tempo, che si trattasse dello stesso film. Cio si puo in parte spiegare con il fatto che, nel frattempo,
avevo fatto una analsi, e quindi il
film mi colpiva meno — e in modo diverso — di quanto avesse fatto in precedenza, e in parte perche,
dovendo fornire un commento durante la proiezione, il mio atteggiamento scien tifico diminui l’impatto
affettivo del film, e lo rese piu lontano e impersonale.
Il Gruppo II consisteva di piu di centocinquanta persone, piu o meno equamente distribuite tra i due sessi, di
eta che andava all’incirca da venti a sessanta anni, ed era formato dallo staff professionale e
semiprofessionale — da infermie re e tirocinanti fino agli analisti didatti — di una grande isti tuzione
psichiatrica, che mi aveva invitato a commentare la
113
proiezione, a rispondere alle domande, e a presiedere la discus sione. La struttura del gruppo era di tipo
gerarchico, e com prendeva tre tipi di relazioni: la normale gerarchia di ospe dale, la gerarchia studente-
insegnante, e la gerarchia tra ana lista candidato e analista didatta. Il film fu proiettato nello auditorium
dell’ospedale, che era abbastanza pieno, ma non affollato. Gli psichiatri piu anziani, molti dei quali
conoscevo personalmente, tendevano a occupare le poltrone di fronte, mentre i piu giovani, assieme allo staff
semiprofessionale, oc cupavano la parte centrale e il fondo della sala. C’era anche una leggera tendenza a
formare gruppi professionali: gli ana listi sedevano insieme in una parte delle file davanti, buona parte dei
candidati analisti sedevano un po’ piu indietro, in un’altra parte della sala, mentre altri piccoli gruppi erano
for mati in fondo dalle infermiere, dagli ergoterapeuti, ecc. Que sta era, mi fu detto, una abitudine di
quell’istituzione, e chia risce ulteriormente il fatto che il pubblico era professionalmen te, oltre che rispetto
allo status sociale, troppo eterogeneo per formare un gruppo unico e coerente, capace di fornire una
massiccia protezione di gruppo contro l’angoscia. Ognuno doveva dunque affrontare questo film traumatico
in modo piu o meno anonimo, e contando sulle proprie forze. Inoltre, un pubblico formato di personale
psichiatrico — per quanto inte ressato all’antropologia — considera di solito i materiali antropologici come
essenzialmente marginali rispetto al pro prio principale campo di interessi. Era quindi piu difficile per un
pubblico psichiatrico assumere, come aveva fatto il gruppo di antropologi, un atteggiamento prevalentemente
professio nale nei confronti del film. Ma non solo: buona parte del pub blico non aveva mai sentito parlare
dei riti australiani di su bincisione: diversamente dagli studenti di antropologia del Gruppo I, essi non erano
quindi protetti contro l’impatto traumatico delle scene culminanti del film, neanche da un minimo di
preparazione intellettuale.
Nello stesso tempo, pero, almeno i medici e le infermiere 114
che facevano parte del gruppo avevano un diverso tipo di protezione contro l’impatto traumatico del film,
perche, diver samente dagli antropologi, conoscevano 1’esistenza delle ipo- spadie congenite, avevano anni
di contatto con la chirurgia e con persone malate o mutilate. Oltre a cio, diversamente dal gruppo di
antropologi che non aveva esperienza analitica,
e la cui conoscenza- medico-psicologica era nulla, quasi ogni membro del gruppo aveva avuto un contatto
professionale di prima mano con materiale inconscio, una parte del quale e, tecnicamente (Devereux 1955 a),
l’equivalente psichico sog gettivo dei riti australiani di cui ci stiamo occupando.
Ultimo ma importante punto, gli psicoanalisti e i candidati che avevano ultimato una analisi erano, fino a
certo punto, pro tetti contro questo traumatico materiale da una precedente analisi delle loro angosce di
castrazione. In breve, il gruppo non poteva assumere, di fronte a dati schiettamente antropo- logici, un
atteggiamento formale — e difensivo —, come ave vano fatto gli antropologi, e i suoi membri non potevano
so stenersi e proteggersi a vicenda, quanto i membri di un piccolo gruppo, molto unito, di pari. Ma,
eccettuato cio, il gruppo avrebbe teoricamente dovuto sentirsi piu a proprio agio du rante la proiezione del
film, di quanto non lo fossero gli an tropologi.
Le cose, pero, andarono diversamente. Commentando il film, mi trovai per buona parte del tempo di fronte al
pub blico, e potei osservare una stupefacente quantita di gesti nervosi, mormorii, e altri evidenti segni di
disagio. Osservai anche che durante, o immediatamente dopo, le scene culmi nanti della subincisione, un
certo numero di giovani psichia tri e di candidati analisti lascio la sala, sia individualmente che in coppie
composte di persone dello stesso sesso. Sono sicuro di ricordare che non vi fu nessuna coppia formata da un
uomo e una donna, che lasciavano insieme la sala. Molti di coloro che se ne andarono erano uomini,
compresi alcuni candidati analisti, che devono aver provato un forte disagio,
115
manifestando cosi apertamente la loro angoscia davanti ai loro rispettivi analisti.
Ho saputo poi che molti di quei candidati analisti e spe- cializzandi in psichiatria si erano riuniti fuori
dall’auditorium, e si erano recati in un milk-bar, dove avevano bevuto una grande quantita di bevande
(regressione orale) e avevano ini ziato quella che, secondo tutti i resoconti, deve essere stata una
conversazione ipomaniaca (regressione orale), presumi bilmente allo scopo di abreagire le loro tensioni e
angosce.
Dopo il film vi furono poche domande e commenti da parte del pubblico, e anche quelle fatte da analisti
didatti di considerevole statura intellettuale, erano sorprendentemente semplici, o riguardavano dettagli
minori. Cio non puo essere interamente dovuto al fatto che il mio commento alle immagini era stato molto
esaustivo, e ho avuto l’impressione che colo ro che ponevano domande, lo facevano per cortesia — per
mostrare il loro apprezzamento —, per dimostrare che pote vano assumere un atteggiamento scientifico verso
simile ma teriale, o anche per abreagire le loro tensioni e angosce. Sia
come sia, la discussione fu sorprendentemente breve, e ho saputo piu tardi che vi era in genere un certo
dibattito in oc casioni simili.
Queste osservazioni mi fecero una tale impressione che decisi di rimanere un altro giorno, e di chiedere ad
alcuni ana listi e candidati di sesso maschile, e anche alla giovane psichia tra — che avevo gia
superficialmente conosciuto — e che mi aveva impressionato per il suo carattere equilibrato e genui namente
(cioe non ostentatamente) femminile — di comuni carmi i sogni fatti durante la notte seguente la proiezione
del film.
B. Sogni e reazioni sintomatiche. I sogni e gli equivalenti dei sogni che discutero qui rap
presentano delle reazioni di membri individuali di un gruppo 116
ad uno stesso stimolo, ricevuto in una situazione non-speri- mentale e imprevista (4). Il loro valore e
ulteriormente rai- forzato dal fatto che, con una sola eccezione, sono state otte nute da analisti sperimentati, o
da candidati analisti che ave vano finito — o quasi finito — la loro analisi didattica, e effettuavano gia
analisi sotto supervisione.
Questi sogni, associazioni e reazioni sintomatiche mettono a nudo le reazioni inconsce di alcuni individui
allo stesso sti molo. Essi dimostrano in quanti modi uno stimolo puo essere vissuto e intrapsichicamente
elaborato da parte di persone ana lizzate, che mantengono un buon contatto con il loro incon scio. Il risultato
piu impressionante e che questi sogni e/o reazioni sintomatiche erano per certi aspetti sorprendentemen te
simili. Inoltre, essi comprendevano prevedibilmente mano vre difensive, come la negazione, lo spostamento,
la negazione del legame al contesto, dubbi e incertezze di carattere protet tivo, regressione orale, evasioni
nello spazio (sognare, per esempio, di luoghi distanti dall’Australia o dalla citta in cui il film era stato
proiettato), evasioni nel tempo (fughe nel pas
sato) ecc. Dal punto di vista metodologico, la convergenza di un certo numero di elementi nei sogni di questi
soggetti for nisce un piu solido fondamento della teoria psicoanalitica del l’angoscia di castrazione, di quanto
potrebbe fare una serie molto piu estesa di sogni angosciosi di castrazione provocata da una varieta di stimoli
diversi. Il materiale soddisfa dunque i criteri metodologici di una situazione sperimentale — qual cosa che
puo raramente essere ottenuto in un contesto psico analitico autentico.
Con l’eccezione di tre casi, tutti coloro cui mi ero rivolto risposero — o, in un caso, rifiutarono di rispondere
— imme diatamente. In questi casi, annotai i dati cosi come mi erano stati comunicati, e mandai
successivamente a ogni informatore un testo dattiloscritto del suo sogno, per controllarne la preci sione. Tre
di loro preferirono mandarmi un resoconto scritto
117
dei loro sogni, accompagnato, in due casi, da associazioni particolareggiate. Un informatore — un candidato
analista, che aveva completato l’analisi didattica, mi propose una se duta-incontro quasi-psicoanalitica, nel
corso della quale sotto posi i suoi sogni a un esame psicoanalitico piu o meno for male (5).
C. Sogni e reazioni individuali.
(A) Un analista didatta, di carattere arrogante, brusco e triste, reagi piuttosto stranamente alla mia richiesta.
Mi fisso per un momento, mi diede una risposta secca, appena udibile, che suono piu o meno come se non
avesse sentito o capito la mia risposta, mi volto la schiena e se ne ando.
Commento. — Avesse detto: «Cio non la riguarda af fatto », cio non sarebbe stato niente di piu che una
manife stazione abituale della sua maleducazione. Egli reagi invece come se non avesse udito la mia
domanda, il che suggerisce che egli cerco di affrontare l’impatto del film tramite una forte negazione, e cio
getto incidentalmente viva luce sulle sue teorie della tecnica psicoanalitica, notoriamente dogmati che e
ristrette (6).
(B) Un analista didatta: «Non ho avuto sogni. Sono
andato a letto e mi sono immediatamente addormentato ».
Commento. — Questa reazione apparentemente minima puo rappresentare una fuga nel sonno, di tipo
piuttosto ar caico; si sono osservati, nell’isola di Bali, casi di persone che, sotto processo per gravi crimini,
cadevano nel sonno di fronte al tribunale.
(C) Un analista didatta, una delle persone piu sane che conosca, rispose: «Non ho avuto sogni. La mattina
dopo, pero, mi sentivo sorprendentemente stanco e assetato ».
Commento. — L’affaticamento al momento del risveglio e un comune segno di intensa attivita onirica (7).
Visto che
l’attivita onirica intensa non e comune nel caso degli analisti, che abitualmente analizzano i loro sogni al
momento del risveglio, gli dissi: «E possibile che tu abbia passato la notte lottando contro l’emergenza di un
sogno carico d’ango scia, che tu abbia fatto uno sforzo tremendo per dimenticare il sogno che forse hai
avuto? ». Il mio interlocutore riconobbe che l’ipotesi era plausibile. Purtroppo, nessuno dei due com mento la
sua sete, il cui significato non ho potuto capire prima di aver saputo che il gruppo che aveva lasciato
l’auditorium si era riunito per bere latte, milk-shakes e bibite in grande quantita. La sete di questo analista
rappresenta dunque, pro babilmente, una parziale regressione allo stadio orale, e un ritiro dalla « minacciata
» posizione genitale.
(D) Uno psicoanalista: «Ho avuto un sogno angoscioso e ripetitivo. Ho sognato, almeno due volte durante la
notte, che mi trovavo a... (una grande citta della Costa Atlantica degli Stati Uniti) e stavo parlando, di cose
frivole, con mia madre. Ho probabilmente ripetuto una opinione che le dispia ceva, perche l’espressione del
suo viso, e tutto il suo atteg giamento sembravano significare: “ Bene, se questo e il modo in cui tu lo
senti...” ».
Commento. — La ripetitivita del sogno e la specificazione — quasi superflua — che si trattava di un sogno
d’angoscia, suggerisce che il tentativo di dominare il trauma in un sogno non ha avuto successo (8). La
distanziazione della scena oni rica rappresenta una « difesa geografica » di isolamento, pre sente anche in
alcuni altri sogni {E, F, G, H, /). Il luogo del sogno era scelto con intelligenza. Allontanava il sognatore sia
dall’Australia che dalla citta in cui aveva visto il film. Fuga e negazione sono anche segnalate dal fatto che la
conversazione con la madre riguardava come chiamate «fri vole», il che rappresenta probabilmente «cose
angosciose». Altrimenti, questo non sarebbe stato un sogno d’angoscia ripe titivo, ne l’osservazione che
provoca la disapprovazione della madre sarebbe stata dimenticata. La presenza della madre
119
nel sogno — che rappresenta regressione — era quasi certa mente dovuta alla mia osservazione che, secondo
una teoria, lo scopo di questi riti di iniziazione e di separare il bambino dalla madre. Tornando alla propria
madre, il sognatore era regredito a uno stadio in cui era ancora troppo attaccato a sua madre per essere pronto
ad essere iniziato. Si possono soltanto fare supposizioni sulla natura dell’« osservazione » che ha pro vocato
la disapprovazione della madre. Aveva forse il sogna tore indicato il suo rifiuto di crescere? Si era dichiarato,
al contrario, abbastanza grande per staccarsi dalla madre? O forse quell’osservazione esprimeva entrambe le
idee, in modo condensato e ambiguo? Semplicemente, non lo sappiamo.
Anche la reazione indignata della madre e interessante, perche sia nell’attivita fantastica (Nunberg 1949), sia
nella tradizione (Ammianus Marcellinus 14.6.17) il « circoncisore » o il castratore originario e in genere una
donna, e avevo specificamente menzionato nel mio commento che, nella cre denza australiana, la
subincisione deve fornire all’iniziato cio che e in effetti una « vagina maschile ».
La reazione sdegnosa e offesa della madre — cosi simile a quella dello psicoanalista (A), che aveva rifiutato
di udire quei che gli avevo detto — suggerisce che essa avrebbe forse considerato il rifiuto di suo figlio di
essere subinciso come una manifestazione di disprezzo per gli organi genitali femmi nili... un atteggiamento
piuttosto diffuso, sia tra gli uomini cne tra le donne (Devereux 1960a).
(E) Uno psicoanalista detto alla sua segretaria il seguente biglietto: «Caro George: ecco il sogno che ho fatto
dopo aver visto il film e sentito i tuoi commenti: non sono sicuro di essere stato attivamente partecipante, nel
sogno. In ogni caso ho visto un gruppo di soldati americani, seduti attorno
a un fuoco d’accampamento, e un soldato russo, che aveva apparentemente abbandonato « l’altra parte » per
mangiare con loro. Stavano mangiando un pollo e credo che il soldato russo tocco la coscia (drumstick: che
letteralmente significa
120
anche « un bastoncino da tamburo » n.d.T.). Sembrava che, seguendo la dieta russa, non era abituato a
mangiar pollo, e cosi la discussione verteva sulla dieta russa e americana. Credo che il soldato russo osservo
a un certo punto che il pollo era un buon sostituto per — deve aver menzionato qualche piatto russo, ma non
ricordo quale fosse. Nel sogno c’era uno stato d’animo amichevole, buona volonta interna zionale e
distensione. Credi che abbia preso i resti diurni (day resi) sbagliati, le storie sulla Corea che ci sono sui
giornali ecc.? Vi sono pero alcuni elementi del sogno che mi ricordano
il film — la gente seduta attorno al fuoco. Suppongo che ci fosse anche un pasto del film, o no?, in ogni
caso, devi almeno aver detto che la circoncisione (10) aveva luogo in occasioni in cui c’era un sacco di cibo
e bevande. E hai parlato dell’imitazione di una battaglia.
C’erano anche drumstick di altro genere nel film (bastoni da tamburi) (11). Devo pero dire che non avevo in
mente il termine « drumstick » mentre dettavo, e che ho dovuto chie dere alla segretaria come si chiama
quella parte del pollo. Fai quello che vuoi di questo sogno, ma fammi sapere quel che ne fai ».
Dopo aver ricevuto questo biglietto, scrissi a questo col lega che la sua utilizzazione delle notizie di guerra
come resti diurni nel sogno era, in se, una difesa.
Come risposta, egli detto la nota seguente: « Cosa penso dell’ipotesi che la scelta ai un particolare resto
diurno nel mio sogno fosse una difesa contro l’emergere di un altro resto diurno {due volte menzionato come
day residue n.d.T.)? E un’ipotesi del tutto plausibile. Non parteggio ne per ne contro. Forse la parte del
sogno in cui il soldato russo dice che il pollo e davvero un buon sostituto d i ------ la conferma in qualche
modo. Per finire questa discussione, devo dirti che proprio mentre dettavo questo biglietto mi e venuta in
mente
un’altra associazione. La scena del sogno era evidentemente la Corea. La associo, ora che ci penso, con «
chorea »: che
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e, se ricordo bene, una violenta malattia mentale che mi ricor da la danza piena di movimento e agitazione
dei danzatori del film ».
Commento. — Questo sogno e le sue associazioni sono rivelatori per molti aspetti: atti mancati,
dimenticanza di parole di uso comune (drumstick), l’impossibilita di ricordare un termine tecnico corretto
(12), parole omesse e punteggia tura difettosa abbondano nel sogno, nelle associazioni e/o nel testo del
biglietto. Oltre a cio, questo sperimentato psico analista non era del tutto sicuro — incomprensibilmente —
di cosa e la « chorea »! Tutto questo suggerisce grande tensione e inibizione, e un forte bisogno di reprimere
l’esperienza.
L’Australia e sostituita dalla Corea, e le associazioni co scienti tentano di giustificare questa sostituzione in
due modi. L ’analista suppone di aver scelto il resto diurno « sbagliato », e piu tardi associa la Corea con la «
chorea», e quindi con una danza. Quest’ultima associazione diventa possibile sol tanto tramite la sostituzione
di « eh » (il greco chi) con « c »
(il greco /cappa). Una simile deformazione fonetica sembra stupefacente nel caso di una persona che, come
mi capito di apprendere, aveva studiato il Greco in un Liceo: non avrebbe operato una simile sostituzione,
senza buone ragioni per farlo. Ora, puo capitare che molte persone — compresi addirittura alcuni antichi
greci (Plutarco « Isis e Osiris », 32, 363 D) — confondano a volte Chronos (il Tempo personificato) con
Kronos, che aveva castrato suo padre Urano e divorato i suoi stessi figli. La sostituzione Corea = chorea e
particolarmente impressionante quando la si esamina in rapporto all’incertezza dell’analista su cosa sia
realmente la « chorea ».
La sostituzione nel nominare il resto diurno: « day resi » invece di « day residue » puo ben essere attribuita a
regres sione linguistica. Questo analista aveva dapprima studiato Freud nell’originale tedesco, in cui il
termine usato e Tages- rest. Il suo secondo biglietto, scritto dopo aver letto la mia risposta, usa il termine
corretto: « day residue ». Questa
122
regressione presentava due vantaggi ulteriori: usando questa espressione, questo analista poteva utilizzare il
doppio senso della parola « resi » (che puo significare sia « resto » che
« riposo » n.d.l\). Il « resi » e dunque in parte cio che e rimasto dopo che il pene e stato mutilato (vedi il
sogno H, I), ma e anche un « riposo » dopo un’intensa attivita: la circon cisione, vedere un film traumatico, o
fuggire in Corea. Inoltre, l’analista aveva suggerito che forse sceglieva il resto diurno sbagliato (la Corea
invece dell’Australia). Cio implica che egli designava il « resto diurno sbagliato » con il termine tec nico
sbagliato, in modo da attrarre l’attenzione sul suo carat tere ingannevole.
Analogamente, egli non ricordava il termine di uso comu ne « drumstick » e aveva dovuto chiederlo alla sua
segreta ria (13). Questo termine « dimenticato » era, a sua volta, collegato con altri quattro atti mancati e
sostituzioni: il sogno stesso descrive il « drumstick » come un buon sostituto
(= simbolo) di un piatto russo, il cui nome e — ancora — dimenticato. Il sognatore mette poi in rapporto il
«drum stick » (di un pollo) con i « drumsticks » = strumenti musicali, il che costituisce di nuovo una parziale
sostituzione, perche gli Australiani non hanno veri e propri tamburi (drums) membranofoni: essi dispongono
soltanto di strumenti a percus sione, molto semplici, e l’analista, che era un buon musicista dilettante,
conosceva certamente la differenza tra un semplice strumento a percussione e un tamburo vero e proprio. Ma
il termine corretto era — di nuovo! — rimosso, forse perche i drumsticks appaiono qui come simboli fallici.
E anche
degno di nota il fatto che l’analista credeva che vi fosse nel film una danza «movimentata» (= erotica),
mentre si vede vano in realta soltanto alcune lance che, afferrate a meta, venivano agitate e fatte vibrare (14).
Sia il sogno che le associazioni contengono poi sostituzioni che rappresentano negazioni: la pace, il far festa
mangiando, e la buona volonta sostituiscono la guerra, la fame e l’ostilita.
9

123
La difesa geografica, la trasposizione della scena onirica, e anche essa significativa, pur se, in una certa
misura, tende ad abolirsi da se. La trasposizione della scena dall’Australia e dagli Stati Uniti (dove aveva
visto il film) alla Corea e curiosamente insoddisfacente; significa in realta cadere dalla padella nella brace. Il
rischio della circoncisione e sostituito dal pericolo, molto maggiore, di morire in battaglia... ed e questo il
rischio negato dalla fraternizzazione — presente in modo cosi marcato nel film. Gli Australiani,
relativamente poco pericolosi, sono trasformati in Russi, il cui attivo inter vento era molto temuto a
quell’epoca. Quindi, questo cambia mento di scena rappresenta una « fuga » solo se il fatto di morire o di
esser feriti (in eta adulta) durante una battaglia e vissuto come un male minore della subincisione-castrazione
infantile... il che e precisamente il tema del sogno di un altro analista (Sogni H, III e /). Un altro aspetto
paradossale di questa manovra geografica deve essere menzionato. Colpito dalla scelta, fatta dal sognatore,
della Corea, chiesi inciden talmente a diversi colleghi se, secondo loro, l’Australia e piu vicina alla Corea o
agli Stati Uniti. Ognuno di loro credeva erroneamente che la Corea e molto piu vicina all’Australia di quanto
lo siano gli Stati Uniti. C’e quindi molta ambivalenza e ambiguita nella scelta della Corea come
localizzazione « con veniente » della scena onirica, visto che gli Stati Uniti (dove si mostrano film
sconvolgenti), l’Australia (dove si fanno sub incisioni) e la Corea (dove i pericoli sessuali infantili sono
sostituiti dal « male minore » costituito dagli incidenti che una
battaglia fra adulti comporta, incidenti che possono inoltre, come mostra il sogno, essere negati) sono luoghi
approssima tivamente equidistanti l’uno dall’altro. Cio dimostra la sottile multivalenza degli effetti che le
deformazioni oniriche riescono a provocare.
La manovra di « cadere dalla padella nella brace » e di nuovo ripetuta nella sostituzione del mangiare al
posto della subincisione. Le associazioni mettono in rapporto la scena
124
conviviale in Corea con il fatto che i riti della subincisione si compiono in occasioni in cui c’e abbondanza di
cibo. Que sto tema sara ulteriormente discusso, in rapporto alla regres sione orale, cosi evidente in molti di
questi sogni e equivalenti onirici.
La « difesa di gruppo » (cioe il fatto di sognare un gruppo) sara discussa assieme al sogno G.
Anche la difesa tramite spersonalizzazione e evidente. Il sognatore non sa se il sogno era — come il film —
soltanto uno « spettacolo », o se lui, proprio lui, faceva effettivamente parte del gruppo che aveva sognato.
Quest’incertezza puo essere dovuta al fatto che, nel commento, avevo sottolineato che un tempo, se qualche
persona non autorizzata e non iniziata si trovava casualmente a presenziare a un rito segreto, come la
subincisione, veniva uccisa, o immediatamente iniziata (subincisa, ecc.), in modo da limitare ai soli iniziati la
cono scenza della cerimonia. Presumibilmente allo scopo di evitare questo pericolo, il campo americano e
visitato da un Russo che — invece di essere attaccato — e nutrito di buon cibo, forse per evitare il rischio
che sia lui ad attaccare il gruppo. Cio rappresenta probabilmente una auto-rassicurazione, perche
coloro che avevano filmato il rito, e coloro che avevano visto il film, erano in un certo senso anch’essi degli
« intrusi », che — almeno in teoria — potevano immediatamente essere uccisi o subincisi.
Il simbolismo del drumstick conferma questa supposizione. Il contenuto manifesto del sogno specifica che i
drumsticks (le cosce di pollo) possono rappresentare e in realta rappre sentano qualcos’altro: un piatto russo
il cui nome, significa tivamente, o non e stato afferrato durante il sogno, o e stato dimenticato al risveglio.
Cio implica che il vero significato del drumstick era egodistonico. Per la sua particolare forma (15), perche
viene mangiato, e soprattutto a causa del tema trattato nel film, esso simbolizza probabilmente, in forma
condensata, la ben nota equivalenza pene = capezzolo. Questo regressivo
doppio significato, e implicito nel fatto, puntualmente sottoli neato, che e stato il visitatore russo ad aver
avuto la coscia (<drumstick). Se si presta attenzione, come Freud (196lb), anche agli enunciati negativi e/o
alle omissioni stupefacenti (Devereux 1956a), e chiaro che se il Russo ha avuto la coscia, necessariamente
gli Americani hanno avuto il petto. Cio, a sua volta, ci fornisce un altro indizio per identificare 1’« equi
valente » russo, innominato, del drumstick: il petto, che e, secondariamente, un simbolo fallico. Ora, e un
interes sante fatto clinico che molte donne che rifiutano la fellatio, rifiutano anche di mangiare cosce di
pollo, piccoli pesci (che, come le sardine, non vengono smembrati prima di esser mangiati, e sono quindi
riconoscibili come animali interi) o anche organi come il rene, la cui forma ne rivela l’identita. (Vedi anche
l’allusione a drumsticks « di genere diverso » nel film stesso: drumstick — pene; tamburo {drum) = vagina;
suonare il tamburo = coito).
La stessa ambiguita e anche sottolineata, per quanto solo per allusione, dalla discussione nel sogno sulle
differenze tra la dieta americana e la dieta russa; i polli americani {drum sticks) sono rappresentati nella dieta
russa da un equivalente
« dimenticato ». La discussione implica dunque probabilmen te che, anche se la cultura americana sembra
essere diversa da quella degli Australiani, contiene comunque anche degli equivalenti simbolici della
subincisione rituale australiana (16). Questa ipotesi e confermata dal fatto che equivalenti occi dentali della
subincisione sono specificamente menzionati an che nelle associazioni di un altro sogno (Sogno H-l).
Lo scopo principale di questo sogno e di rassicurare il sognatore che, la sera precedente, era stato un
osservatore non-autorizzato di un rito segreto australiano, teoricamente quindi minacciato di morte o di
subincisione. Di conseguen za, nel sogno, il visitatore russo non viene ne ucciso ne subin ciso, ma nutrito
con un sostituto di capezzolo = pene. Egli regredisce cosi allo stadio edipico invertito, e forse addirit
126
tura allo stadio orale del morsicamento. In altre parole, vi e nel sogno una regressione a un momento della
vita (Chro- nos?) in cui uno non e abbastanza cresciuto per essere subin ciso (Kronos?) e puo addirittura
rovesciare la situazione con tro il potenziale divoratore (Kronos?) distruggendo il proprio pene (come
Kronos?) (17).
Nel sogno, il Russo, potenziale uccisore, e inoltre accolto benevolmente e pacificato con l’offerta di un
drumstick. Il pericolo di morte (sul campo di battaglia) e quindi evitato con l’offerta di un pene = capezzolo
come sacrificio par ziale, o sostitutivo. Questa manovra e efficace, perche il ne mico rappacificato riconosce
che la coscia di pollo rappre senta « qualcosa d’altro » — cioe, presumibilmente, non sol tanto l’organo
fisico, il pene, ma anche il pene come simbolo della vita e anche come capezzolo. Per quanto riguarda gli
Americani, concilianti, e attaccati alla madre, essi tengono per se il petto.
Questa analisi non esaurisce certamente tutte le impli cazioni di questo sogno affascinante, ne sarebbe stato
pos sibile farlo senza disporre di altre associazioni, fomite dal sognatore stesso. Egli, pero, come indica il suo
secondo bi glietto, era ansioso di chiudere la discussione.
Basti dire che questo sogno implica molte negazioni, e una regressione allo stadio orale. Entrambe le cose
sono pre senti in molti altri sogni e equivalenti onirici provocati da questo film.
(F) Un candidato analista, che non ricordava di aver so gnato, provo invece, per ventiquattro ore, un dolore
psico genico alla parte posteriore dell’uretra penica (subincisione) e allo scroto (castrazione).
Commento — Questa esperienza si fonda sull’identifica zione del candidato con i giovani iniziati, e si spiega
da se: egli accetta il dolore, in modo da preservare intatto il pene.
(G) Un candidato analista batte a macchina il suo sogno su un foglio di block-notes. Il foglio era indirizzato
a me,
127
e riportava il mio nome, ma non quello del sognatore, che non aveva indicato il mittente. Egli mi rese pero
nota la sua identita dandomi personalmente il foglio.
«Salgo su un autobus (un lungo Greyhound bianco e blu) attraverso una grande (alta e stretta) porta situata
nella parte posteriore, aspettando di partire per un luogo che non ricordo. Poi la porta sembra chiudersi e noi
(io e molti altri uomini vagamente definiti) restiamo chiusi dentro. A questo punto mi sveglio
improvvisamente. Non ricordo se durante il sogno provavo paura o piacere. In una serie di associa zioni,
avute in stato ipnogogico (sic!) dopo il risveglio, mi ricordo che durante la proiezione del film mi ero chiesto
come aveva fatto la spedizione a riprendere il film e a rag giungere il territorio della tribu, e avevo pensato
che ci fos sero tutti andati in autobus. La porta nella parte posteriore dell’autobus assomiglia senza possibilita
di errore a qualcosa come una fessura, che si apriva e chiudeva in modo molto complicato. In un modo o
nell’altro, avevo la sensazione che il sogno fosse collegato con quel che avevi detto di quel l’uomo che si era
rovesciato il pene nell’uretra, e lo aveva fatto uscire attraverso un altro foro praticato nell’uretra, vi cino allo
scroto ».
Commento. — Queste associazioni contengono un impor tante errore materiale. Avevo parlato di uno
psicotico te desco, che aveva ripetutamente rovesciato il suo pene, schiac ciandolo dentro all’uretra in modo
che il glande poteva uscire non, come suggeriscono le associazioni, davanti allo scroto, ma dietro di esso,
cioe tra lo scroto e l’ano (Reuss
1937). Questo errore, che situa il foro piu in avanti — cioe piu lontano dall’ano — di quanto fosse in realta,
puo essere collegato con il mancato riconoscimento, da parte del sogna tore, della natura dell’entrata
posteriore dell’autobus. Essa rappresenta infatti, in forma condensata, non soltanto il pene subinciso (reso
dagli australiani equivalente a una apertura vaginale, « fessura » nello slang americano), ma anche l’ano...
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la « vagina maschile » che si ritrova sia nelle fantasie pas sive omosessuali personali, sia in quelle
culturalmente mo dellate (Devereux 1937 a). Questa interpretazione e forte mente confermata dalle
associazioni del sognatore, che col legano la complicata porta « fatta come una fessura » ai miei commenti
aggiuntivi sulla ritrazione e lussazione del pene all’interno dell’addome (Devereux 1957 a).
Apparentemente,
l’entrata dell’uomo sull’autobus attraverso la porta complica ta, pronto a partire per una « ignota »
destinazione (l’Au stralia), rappresenta la ritrazione del pene nell’addome, dove — per quanto inutile — si
trova al riparo da eventuali fe rite (18).
Le associazioni indicano che questi uomini vanno in au tobus — come forse avevano fatto coloro che
avevano girato il film — verso un luogo in cui si subincidono gli uomini. L’implicazione e che e piu sicuro
ritrarre il proprio pene, rendendolo quindi inutile, piuttosto che esporlo a mutilazioni.
E molto stupefacente che il sognatore si proponga di andare verso, e non di allontanarsi da, l’Australia.
L’appa rente assenza di « difesa geografica » e pero in parte can cellata dalla spiegazione che il sognatore si
sta recando in quel luogo come osservatore e non come vittima potenziale, cioe voyeuristicamente piuttosto
che in modo masochistico. E vero che avevo esplicitamente detto, durante il commento, che un tempo gli
osservatori non autorizzati venivano uccisi
o subincisi immediatamente. Perche mai, dunque, il sogna tore doveva andare in Australia? Una parziale
indicazione e fornita da un lapsus grafico: il candidato parla, nel suo biglietto, della « gente che aveva girato
quei film? » — men tre in realta vi era un solo film. Questa svista suggerisce che nel sogno « vi e di piu » di
quanto non mostri il film: avevo
detto che dopo l’iniziazione, era permesso ai giovani avere una vita sessuale. Un altro, e a cio collegato,
motivo di questo viaggio e probabilmente il desiderio di dominare il trauma vivendolo una seconda volta
(vedi l’antropologo che voleva
129
vedere il film un’altra volta). Questa associazione puo pero riflettere anche una inconscia accettazione
passiva della « ca strazione » (vedi i dati forniti dal sognatore E). Questa sup posizione e rafforzata dalla «
difesa di gruppo », che discu teremo ora in dettaglio.
La difesa di gruppo — presente nel sogno E e nella fuga collettiva dafl’auditorium — appare anche in questo
sogno. Non e soltanto il sognatore, ma anche altri uomini — appa rentemente — ad entrare nell’autobus
diretti verso l’Austra lia. Essi sono quindi «sulla stessa barca »,(19).
In breve, la «difesa geografica» e ambigua. L’autobus si dirige verso una destinazione ignota che, come
indicano le associazioni, e l’Australia. Qui i viaggiatori si aspettano di osservare, e non di subire, un rito di
subincisione. Le asso ciazioni suggeriscono pero che l’entrare nell’autobus simbo lizza il ritiro del pene
nell’addome, dove, per quanto questo divenga sessualmente inutile, e renda l’uomo simile a una donna (20),
e almeno al sicuro da mutilazioni. Cio puo spie gare perche la gratificazione voyeuristica e sostituita ai pia
ceri eterosessuali, come difesa contro il rischio di una castra zione. Nulla in queste associazioni ci permette
di supporre che il salire sull’autobus possa rappresentare un tentativo di proteggere il pene (cioe il corpo)
nascondendolo nella vagina per la durata del coito. Esso puo al contrario rappresentare un ritorno
autoprotettivo al grembo materno, anche se il
fatto che l’autobus si dirige in definitiva verso l’Australia (castrazione) rende puramente temporanea questa
protezione. L’equivalenza del salire sull’autobus con una fuga nell’utero e compatibile con l’ipotesi che il
voyeurismo si sostituiva alla gratificazione sessuale diretta. Molti fatti clinici, infatti, assieme agli studi di
psicoanalisi della fiaba, mostrano che il bambino non nato e spesso definito come una specie di voyeur, che
osserva il mondo — e specialmente il coito dei genitori (Devereux 1956 b) — da una sicura « torre d’avo rio
» uterina.
130
Il fatto che, svegliandosi d’un tratto, il sognatore non sapeva se aveva avuto un sogno piacevole o un sogno
d’an goscia, indica che il sogno e pieno di ambiguita e ambiva lenze (angoscia erotizzata).
Queste interpretazioni non sono certamente esaustive: probabilmente vanno fino a dove i fatti richiedono, ma
non piu lontano.
(H) Un analista candidato, che aveva quasi completato la sua analisi didattica e, interessato all’antropologia,
si era adoperato sia perche il film fosse proiettato, sia perche fossi invitato a commentarlo, era in posizione
psicologicamente privilegiata durante la proiezione del film. Diversamente dal resto del pubblico, si sentiva
uno spettatore scientificamente attivo, il cui atteggiamento era paragonabile a quello di un ricercatore sul
campo. Egli si proponeva in effetti di elabo rare cio che aveva visto, e, siccome eravamo amici, sperava
di poter discutere con me del film, in privato. Era quindi piu che disposto a comunicarmi i suoi sogni e
associazioni, e spontaneamente suggeri di analizzarli insieme. La mia ricerca divenne dunque simile sia a un
lavoro etnologico sul campo, che a una seduta a due, quasi psicoanalitica.
Il materiale consiste soprattutto nelle sue associazioni e interpretazioni, i miei commenti sono posti tra
parentesi. Pur troppo, dopo aver raggruppato le associazioni per argomen to, ho distrattamente distrutto i
miei appunti originali. La distruzione dei miei appunti deve essere interpretata, mi spia ce dirlo, come un atto
mancato.
E degno di nota che durante l’intervista, questo collega ha quasi sempre fatto uso del presente storico, il che
rende molto vivido il suo racconto.
Commenti preliminari del candidato. — «Anche se non ero angosciato durante la proiezione del film, ed ero
occu pato a cercare di ricordare ogni dettaglio, in modo da po terne discutere con lei oggi, ho avuto tre sogni
piuttosto strani la scorsa notte (Suppongo che la sua attenzione, scien-
131
tifica e attiva, ha semplicemente rimandato ¡’esperienza co sciente dell’angoscia) (21).
Primo sogno: Vedo nn muro verde scuro, posto obliqua mente tra il Sud-est, e il Nord-ovest, con una porta
inca strata in un infisso bianco, asimmetrico e mal inchiodato. Di fronte alla porta c’e una pila di pacchetti e
scatole nere, in confezione regalo, che mi metto a esaminare, senza aprirli. Non mi piacciono in modo
particolare, ma dico a me stesso:
« a cavai donato non si guarda in bocca ».
„ t

Associazioni
1. Il muro e dello stesso verde delle pareti dell’audi- torium, solo piu scuro (piu tardi, un’altra associazione
ha suggerito che il colore scuro ha connotazioni funerarie).
2. Il fatto che il muro sia obliquamente posto tra Sud-est e Nord-ovest mi fa venire in mente una associazione
estre mamente particolare: un pene eretto, visto da sinistra. Non posso farci nulla. (La sua associazione e
facilmente com prensibile. Le ho una volta mostrato la fotografia di un Bo- scimano, visto da sinistra, che
mostra la posizione di penis rectus caratteristica della sua razza. Lei confonde Bushmen o Bushfellows
(Boscimani n.d.T.) Africani e Australiani. Cer to! Lei ha detto che i Boscimani africani possono ergere il
pene in avanti, e anche leggermente verso l’alto, anche quando il pene e flaccido). Mi ricordo di essermi
chiesto allora come puo un Boscimano fare all’amore con il pene flaccido. (A
questo non so rispondere. Ma cio sembra spiegare la posi zione obliqua del muro e degli infissi della porta.
Ma perche, allora, sono scuri e deprimenti?). Credo che, quella volta, lei mi abbia anche detto che i
Boscimani — o forse gli Otten totti — si castrano unilateralmente? [Gli Ottentotti, forse (Schaoera 1930)].
Cio spiega la connotazione depressiva e funerea, ma restano i muri obliquamente posti. Anche organi
sessuali mutilati possono diventare eretti — o possono almeno
132
sembrare tali. Ne deduco che stavo cercando di rassicurarmi. Questa e una strana associazione, ma e
pertinente.
3. L’entrata distorta deve rappresentare sia il pene mu tilato e vaginalizzato degli iniziati australiani, sia
l’organo sessuale femminile « castrato ». Lei ha detto durante il com mento che in alcune regioni dell’Africa
anche le donne su biscono la circoncisione e l’excisione. Tutto cio e quindi ab bastanza evidente. Quel che e
piu difficile da intendere e il fatto che, per qualche oscura ragione, sento che questo ingresso con una porta
difettosa rappresenta la vagina di fettosa di una vecchia donna. Questa associazione puo risa
lire ai tempi del mio internato in un Istituto di Ostetricia. Si vedono piu prolassi e sofferenze in donne di una
certa eta che nelle donne giovani. Questa spiegazione non mi soddisfa del tutto. Per qualche ragione, mi
accorgo che quello che mi fa credere che sia la vagina di una vecchia e il fatto che di fronte ad essa sta
qualcosa di nero. Perche questo colore mi dovrebbe suggerire la vecchiaia?
Si ricorda che una volta le ho mandato un estratto (De- vereux 1950a) nel quale parlo della credenza Mohave
se condo la quale i genitali si anneriscono con l’uso? Ora ri cordo! Quel « qualcosa di scuro » di fronte
all’ingresso deve dunque essere il pene di un uomo sperimentato, o di pelle scura. (Ulteriori associazioni sul
tema della vecchiaia sono riportate piu sotto).
4. Il pacchetto nero di fronte alla porta mi fa venire in mente una strofa di una canzone oscena tedesca, che
ho imparato in Germania quando mi ci trovavo con le truppe di occupazione. Fa cosi: «La padrona
dell’albergo sta con un maggiore, / che porta il lutto sul cazzo, con un velo nero / Lui non potra mai piu
dimenticare / che una maligna sifi lide / gli ha divorato (eroso) il glande » (23). Il colore nero mi fa anche
venire in mente il sangue coagulato (24). Tutti questi oggetti, scuri e funerei, come i muri verde-scuro, signi
ficano il dolore di venir mutilato. Non ho mai perdonato i
133
miei genitori che, per quanto affettuosi, mi hanno fatto cir concidere. Tutto questo spiega perche nel sogno,
dico in modo rassegnato: «Il pacchetto (pene) nero (mutilato) puo non piacermi troppo, ma e tutto quel che
ho e devo fare del mio meglio con quel che mi resta ».
5. Guardare in bocca a un cavai donato: Uno guarda i denti di un cavallo per rendersi conto della sua eta, e
quindi del suo vigore. Questa deve essere una fantasia di vagina dentata. Si collega alla mia impressione che
la vagina appar tenga a una vecchia. Quando diventa adulto, a un cavallo crescono due denti in piu — e
questo succede anche ai ca valli castrati. Una vagina dentata significa minaccia di danni al pene, da cui la
mia associazione sul Maggiore, che aveva perso il glande per aver contratto la sifilide — presumibil mente
dai genitali malati di qualche vecchia puttana. Qui ci sono due motti di spirito: uno tra cavallo e puttana (in
in glese borse e whore suonano in modo molto simile n.d.T.) e un altro a proposito del dono (gift). Freud
(1957 a, ma vedi ora anche Benveniste 1966), dice da qualche parte che la radice « gift » ha due significati
antitetici: veleno in Tede sco (Gift) e dono (gift) in inglese..«A cavai donato non si guarda in bocca » puo
quindi significare anch’esso due cose: non esporti al dente avvelenato di una vecchia vagina che causa la
sifilide, e la perdita del glande (circoncisione e subin cisione). I denti avvelenati sono simili a quelli dei
serpenti. Cio rimanda al fatto che ho sentito la necessita di dire che anche ai cavalli castrati crescono due
denti, quando diven tano vecchi. Una vecchia e dunque una donna fallica, con un dente avvelenato nella
vagina. Ma c’e anche un secondo significato: «non osservare troppo da vicino i pericoli del coito ». Qui non
e come in Australia, dove uno deve subire la circoncisione e la subincisione prima di poter vivere con una
donna. E un prezzo molto alto, ma bisogna accettarlo. Uno deve accontentarsi di cio che gli e rimasto dopo
l’opera zione. (Il suo sogno sembra dire che ogni societa esige un
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prezzo crudele, simile a un morso castratore, per accordare il diritto di vivere insieme a una donna. Lei ha
pagato questo prezzo quando, da bambino, e stato circonciso, e ora si sente sollevato perche il prezzo non era
alto quanto in Australia. Lei puo continuare a funzionare normalmente con quel che le rimane).
IL Secondo Sogno. Vedo, apparentemente dal basso, la prua di una piccola scialuppa 0dinghy), arenata su
una spiag gia tropicale. La poppa e rivolta verso il mare. Per aver visto la prua nel modo in cui la vedo nel
sogno, devo esser stato supino di fronte ad essa — ma non sono cosciente di aver sognato specificamente di
essere sdraiato. In realta, il sogno era di una impersonalita quasi clinica (25). La parte superiore
esterna dei bordi della scialuppa — ma questa parola nel so gno non c’e — era dipinta di blu cielo. Il resto e
dipinto di bianco. Viste dal basso, le linee blu dei bordi sembrano convergere verso la prua, formando una V
rovesciata. La pic cola scialuppa ha appena attraversato la barriera corallina che circonda l’isola, ed e stata
portata a riva per controllare che la chiglia non e stata danneggiata durante la traversata. La chiglia e intatta.
Associazioni:
1. Il luogo della scena onirica e una isola dei Mari del Sud, piu vicina all’Australia che agli Stati Uniti.
Durante la guerra ho visto alcune di queste isole, andando in Australia e nel Sud-est del Pacifico. Sognando
di una seducente isola dei Mari del Sud, sembro affermare di essere al sicuro, perche nulla di realmente
imprevisto mi e successo durante il tempo
che ho trascorso nella regione; in Australia, pero, una jeep in cui viaggiavo come passeggero, investi una
volta un cane. Cio mi turbo molto. Amo i cani quanto lei. Il cane investito puo spiegare perche la persona che
esamina la chiglia e la prua
135
deve giacere al suolo (Per una ulteriore disavventura, di cui egli si e poi ricordato, vedi l’associazione 5).
2. Il Dinghy: non so veramente perche dico che si tratti di un dinghy. Non conosco la differenza tra un
dinghy (sorta di piccola scialuppa di salvataggio n.d.T.) e altre piccole im barcazioni, come le lunghe
scialuppe di una nave o un ca notto di emergenza, e non ho l’abitudine di usare termini tecnici il cui
significato non mi e chiaro. Suppongo che lo chiamo dinghy perche questa parola si riferisce in qualche mo
do al contenuto latente del sogno. Dinghy e una parola che suona in modo buffo. Mi fa pensare a «qualcosa
di spor co » (dingy) a un come-si-chiama (dingus) e a un « dong », (batacchio), che e un enorme pene. Per
ragioni oscure, i miei genitori avevano l’abitudine di chiamare « dindy » il mio pene. Quando mi faceva il
bagno, mia madre mi diceva: «Fatti lavare il dindy ». Non ricordo di averli mai sentiti parlare del pene di un
adulto. Dindy sembra quindi designare soltanto il pene di un bambino — qualcosa di piccolo e di trascura
bile — di fatto, l’esatto opposto di un « dong ». Del resto, non penso a un dinghy come a un’imbarcazione
indipendente, si tratta di un accessorio che una nave piu grande porta a bordo. Finora le ho fornito
associazioni spontanee. La prossima e in vece piu intellettuale: nella lettura psicoanalitica, la barca e quasi
sempre un simbolo femminile. Se e cosi, allora un dinghy, che e l’accessorio di una barca, e il pene di una
donna. (Una associazione apparentemente intellettuale e spesso una associazione estremamente personale,
che puo essere ammessa alla coscienza solo perche il suo contenuto viene isolato dal l’affetto che veicola;
cio permette di presentarla come una psewdo-razionalizzazione). Posso capirlo. In ogni caso, un dinghy e
anche una specie di barca. Quindi, se la barca simbo lizza i genitali femminili, lo stesso fa un dinghy. E,
come lei ha detto durante il commento, gli Australiani considerano il pene subinciso come un pene
vaginalizzato. Forse sto sottin tendendo che, nel caso che una donna abbia un pene, deve
136
essere un pene subinciso. (E anche un grosso, adulto « dong », non un piccolo « dindy »).
3. La Prua. Le strisce blu che convergono verso la prua, fino a formare una V rovesciata fanno sembrare la
prua, vi sta da sotto, simile alla parte inferiore della corona glandis. Credo che cio mi sembrasse evidente
anche in sogno, ma non ne sono sicuro.
4. La Chiglia. Sto di nuovo usando un termine tecnico senza essere del tutto sicuro di cosa significhi. Mi era
del tutto chiaro che la barca era sprovvista di carlinga, e questo so che cos’e. Cio che deve essere controllato
— per essere sicuri che la barriera corallina non l’ha danneggiata — e la fessura nella parte posteriore della
barca — dove le due parti della chiglia si congiungono. La fessura e evidentemente l’u retra. La parola «
fessura » deve riferirsi qui al refe mediano, simile a una sutura, che e disposto lungo la parte inferiore del
pene, e attraversa anche lo scroto. Ho dimenticato buona parte
dell’embriologia che sapevo, ma sono piuttosto sicuro che le due bande, gia congiunte nel neonato dal refe
mediano, non lo sono ancora nell’embrione. Per esempio, il tessuto che, nella femmina, forma le labbra della
vagina, si sviluppa congiunta- mente nel maschio, e forma lo scroto. Se e cosi, anche l’uretra deve essere
aperta nell’embrione. So che esistono casi di ipo- spadia congenita: devono essere risolti chirurgicamente.
Ma la parola « seam » (fessura), significa anche sutura. Le mie as sociazioni embriologiche sono corrette?
(Credo che lo siano,
ma io non sono un medico — lei e un medico. In ogni caso, lei sa che quel che importa non e che lei si sbagli
o no; quel che conta qui e che queste idee le siano venute in mente. Mi lasci quindi notare che la sua marcata
incertezza a proposito di una quantita di soggetti smentisce il cosiddetto carattere
« clinicamente impersonale » del sogno). Ora emerge una idea puramente negativa: che con « chiglia » io
non intenda affat to una carlinga — sono sicuro che questo tipo di imbarcazio ne non possiede una carlinga
paragonabile a quella di una
137
barca a vela. Il tipo di barca che ho in mente non ha bisogno di carlinga. Lo si fa avanzare a remi — a mano.
(Sono sicuro che lei si rende conto che il remare simbolizza correntemente l’atto sessuale. E io ho detto nei
miei commenti che secondo Roheim (1932), gli uomini australiani spesso si riuniscono attorno a un fuoco,
chiacchierando e masturbandosi... di qui il suo riferimento a una barca mossa in modo manuale). In ogni
caso, anche se la barca avesse avuto una carlinga, che sporge verso il basso — pendendo o dondolando
(dangling, che rimanda a dong) come uno scroto — sarebbe stata dan neggiata dalla barriera corallina.
5. Esame della Chiglia. E’ naturale voler controllare la chiglia di una barca che ha appena attraversato una
barriera corallina. La barriera e evidentemente, ancora una volta, una vagina dentata. Forse e quella di mia
madre, perche e nel mare,
il quale e — ma sto razionalizzando! — un simbolo uterino. Visto che la chiglia non e danneggiata, questo
deve essere un sogno di negazione. Senta — bisogna che specifichi meglio qualcosa che le ho detto prima.
Le ho detto (Associazione I) che non avevo avuto disgrazie in Australia. C’e qualcosa che avevo
completamente dimenticato fino a questo momento. Sono stato fedele alla mia ragazza quando mi trovavo
oltre mare ... meno una volta, in Australia — forse perche era la mia ultima tappa prima di raggiungere la
zona di combatti mento. In ogni modo, ho passato una notte con una ragazza di un genere poco
raccomandabile e, per la prima volta nella mia vita, non ho preso precauzioni. La mattina dopo, preso dal
panico, mi recai nel Centro Profilattico militare. Poco tempo dopo, ho avuto un erpes progenitalis e, per
quanto sa pessi che non si contrae da una donna, ho continuato a colle garlo in qualche modo alla mia
avventura australiana. Mi so no spesso ripetuto che, dal punto di vista medico, cio era as
surdo, e che collegavo le due cose solo perche mi sentivo in colpa per aver tradito la mia ragazza. Ho
comunque conti nuato a pensarci, per poi razionalizzare la cosa, dicendomi
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che nessuno sa veramente come si contrae quel morbo virale che e un erpes progenitalis. (Un’altra cosa di
cui lei non e sicuro!) In ogni caso, l’erpes spari dopo qualche giorno, senza lasciare cicatrici. (Ne lascia
mai?) Naturalmente no! Ma ne aveva lasciato la sifilide del Maggiore! Inoltre, o la ragazza era sana, o la
profilassi ha funzionato, perche non ho contratto una malattia venerea. Cio spiega, credo, perche il mio
sogno di negazione dichiara cosi sicuramente che la chiglia non e danneggiata. Una cosa ancora, che mi
rende certo che la chiglia rappresenta l’uretra. Quando mi sono alzato, ho preso appunti, per essere sicuro di
non dimenticare i miei sogni. Ma
mentre ero ancora mezzo addormentato, ho buttato giu la parola « Eureka », una specie di parola composta,
che com bina « uretra » con l’esclamazione di gioia « Eureka = l’ho trovato (intatto, senza danni) ». Il sogno
significa dunque che
attraversando la barriera corallina (vagina dentata), la chiglia (l’uretra) non aveva subito danni. Pero,
dopotutto, non ne sono del tutto certo. Mi sembra di aver espresso molti dubbi nelle mie associazioni.
6. Impersonalita (non ha ancora deciso se — si o no — lei, proprio lei in persona, era presente nel sogno).
Posso sol tanto dirle che ho visto un dinghy portato a riva, e che l’ho visto come se fossi stato sdraiato sul
ventre (= su una donna),
di fronte alla prua. Non credo di essere stato sul dinghy men tre attraversava la barriera corallina, o che mi
ero preoccupato della chiglia e avevo quindi tirato a riva la scialuppa per esa minarla. Semplicemente,
sapevo che questo era successo e po tevo vedere con i miei propri occhi che la prua e la parte frontale della
chiglia non erano danneggiati. Per quanto ri guarda la pittura blu-cielo, rimanda a qualcosa di personale: ho
dovuto una volta prendere delle pillole blu di metilene, che
resero per alcuni giorni la mia urina di colore blu-cielo. (Lei ha usato l’espressione « clinicamente
impersonale ». Mi sembra che nel sogno — e anche nelle associazioni su un possibile nesso tra la sua
avventura e Yerpes progenitalis —
139
ii
lei funziona come il medico di se stesso. Lei si esamina e si fa una diagnosi, una pratica non molto stimata
dai medici. Cio puo spiegare sia la curiosa natura personale e imperso nale del sogno, sia le sue molte
incertezze, a proposito di dinghies, chiglie, embriologia, erpes e soprattutto, sul fatto se il sogno era
personale o impersonale).
III. Terzo Sogno. Ho in mio possesso, o sulla (sic!) mia persona, un oggetto di grandissimo valore, che devo
portare da qualche parte. Per far cio, devo attraversare il mare. So che e piu importante — anche per me —
che Yoggetto arri vi sano e salvo a destinazione, che io stesso vi arrivi. Posso prendere un aereo, o andare per
nave. Il tempo e molto ven toso, ma c’e il sole. Il cielo e sereno e il paesaggio sembra un depliant di una
agenzia di viaggi hawaiana. Nella baia, c’e un grande, giallo (idro) plano, che sorvola le acque azzurre. C’e
anche una barca di colore avorio, fatta come un rene, o come un galeone spagnolo, con la prua e la poppa
molto alte. Prendere un aereo e forse piu rischioso, ma potremmo aver la fortuna di sfuggire al forte vento
durante un momento di calma. Una barca e in linea di massima piu sicura, ma nes suno puo prevedere come
si comportera il tempo nell’arco di una lunga traversata. Nessuna decisione e presa nel sogno.
(Ancora una incertezza!). Associazioni:
1. Il paesaggio mi ricorda le Hawai. Quando, durante la guerra, mi mandarono in Australia, la mia nave si
fermo alle Hawai giusto il tempo per permettermi di nuotare a Wai- kiki Beach. Non mi piace nuotare
nell’acqua salata, e soprat tutto nelle acque tropicali, a causa degli squali. C’e uno scher zo piuttosto stupido
sugli squali. Un uomo, attaccato da uno squalo grida con voce di basso « Aiuto, Aiuto! », e subito in falsetto:
« Troppo tardi! ». Lo squalo lo ha castrato.
140
2. La missione importante mi fa venire in mente che — in una situazione confusa tipica di un esercito in
guerra — avevo una volta portato un messaggio di emergenza. Mi dissero che la borsa che portavo era pu
importante di me, e lo cre detti abbastanza facilmente, visto che sapevo che conteneva, tra l’altro,
informazioni sulla localizzazione di un posto me dico che l’unita sanitaria cui appartenevo doveva stabilire in
una piccola collina situata sulla linea di combattimento — unita che comprendeva alcuni miei amici
personali.
Se la borsa cadeva in mano nemica, la nostra unita sani taria sarebbe stata rasa al suolo immediatamente:
tramite in filtrazione, con una bomba, o con un fuoco di mortaio.
3. L ’oggetto, di gran valore ma non specificato, puo esse re soltanto il mio pene. Il sogno dice, con tante
parole, che questo oggetto e piu importante di me stesso. Questo e un at teggiamento inabituale, anche se nel
periodo culminante del periodo di latenza molti ragazzi tentano di preservare il pene rinunciando alle sue
funzioni. Pero il mio sogno non contiene indicazioni sul desiderio di rinunciare alle funzioni del pene. Il
problema verte semplicemente su quale dei due modi di fun zionare e il piu sicuro: il metodo piu veloce e
rischioso, rap presentato dall’aereo (volo = erezione), o il modo piu lento,
ma in genere piu sicuro, di andare per nave. Il che rappresenta probabilmente il coito, visto che la nave e in
genere un simbolo femminile. Questo mi fa venire in mente una cosa. Quando ero ragazzo, mia madre mi
spiava in modo piu o meno compul sivo e voyeuristico. Quindi, quando mi masturbavo, cercavo di
raggiungere l’orgasmo il piu rapidamente possibile, in modo da abbreviare il periodo in cui rischiavo di
essere visto. Ora che sono sposato, e non ho piu paura di essere sorpreso, pro lungo il piu possibile il coito,
sia per il mio piacere che per quello di mia moglie. L’aereo deve quindi rappresentare qual cosa di
relativamente immaturo; il suo colore giallo e probabil mente un tratto fallico-uretrale. Per contrasto, la
forma della
141
barca e il suo colore avorio mi ricordano un testicolo. L’alta prua e la poppa, che sembrano poste l’una di
fronte all’al tra, mi sembrano rappresentare me stesso e mia moglie nel l’atto di far l’amore, come a volte
facciamo, in una posizione quasi-seduta (= quasi Australiana) — tutto questo significa che il viaggio per
nave rappresenta il coito. Quel che collega questo sogno al precedente, nel quale il rischio principale era,
analogamente, una pericolosa traversata, e il dinghy, che ho definito come un accessorio di una barca bene
equipaggiata — un canotto di emergenza o qualcosa del genere. Le navi han no canotti di emergenza, gli
aerei hanno invece salvagenti in forma di seni (materni), alla « Mae West ». Naturalmente, durante la guerra
gli aerei piu grandi avevano anche canotti di gomma gonfiabili (erezione). I salvagenti e i canotti di gomma
sono sempre di colore arancio chiaro — piu o meno il colore dell’aereo nel sogno.
4. Il tipo di scelta al quale mi trovo confrontato nel so gno e importante per me. Nel corso della mia vita sono
sem pre stato lacerato tra l’impulso di raggiungere una fama im provvisa tramite qualche exploit rischioso,
anche se legale, e il bisogno di prendere la strada piu lenta, ma piu sicura. (La scelta di Ercole?).
Ho risolto in analisi questo problema, ma devo aver regre dito in sogno. Mi sono ancora una volta trovato di
fronte alla scelta e, in sogno, non ho preso decisioni. Questo puo essere dovuto al fatto che in questo
momento mia moglie e assente. Fosse stata a casa, sono sicuro che avremmo fatto all’amore ».
Riassunto. - Questi sogni rappresentano i tentativi, di volta in volta piu riusciti, del Dr. H. di far fronte in
modo non nevrotico all’impatto traumatico del film. Nel primo sogno la circoncisione e accettata, come
prezzo minimo che bisogna pagare per avere accesso all’eterosessualita. Il secondo sogno nega
esplicitamente che il pene abbia subito danni ulteriori: non era stato anche subinciso. Il terzo sogno tenta, in
modo
142
quasi cosciente, di trovare un mezzo di gratificazione sessua le che non metta in pericolo il pene. Anche se la
regressione e presente in tutti e tre i sogni, il tentativo di elaborare il trau ma e riuscito. Le macabre
associazioni del primo sogno sono via via sostituite da associazioni meno spaventose e piu reali stiche fino a
che, nel terzo sogno, il coito con la moglie amata si trova a rappresentare sia la soluzione dei conflitti, sia il
de siderio che ha provocato il sogno.
I. Avevo chiesto a una giovane psichiatra che, pur non essendo candidata analista, era orientata
psicoanaliticamente, di raccontarmi i suoi sogni perche — diversamente dalle gio vani antropologhe che
avevo osservato molti anni prima — era nata all’estero, ed era venuta in America gia da gio vane adulta. La
sua fondamentale salute, e le sue buone maniere garantivano che non avrebbe considerato la mia ri chiesta
come un corteggiamento mascherato da attivita scien tifica (deformazione transferenziale), e che avrebbe di
con seguenza raccontato i fatti in modo diretto e franco. Era anche caratteristico che tra coloro che
gentilmente collabo- rarono, solo lei e il Doti. E firmarono il testo che conteneva i sogni e le associazioni.
Come per il sogno E, riporto il suo memorandum, da cui ho omesso soltanto i nomi di luoghi e persone, in
modo da prevenire la sua identificazione. Com menti, spiegazioni, e parole che sostituiscono i nomi propri
sono posti tra parentesi quadre.
« Mia cugina di primo grado, una ragazza di due anni piu vecchia di me ( = 1 2 anni), si sposa. Suo fratello
era paggio, e io damigella d’onore (chiamata, con un lapsus, bridemaid invece di bridesmaid nel testo; bride
= sposa n.d.T.). La scena del sogno ha luogo in — (mio paese natale), nel nostro appartamento, a un’epoca in
cui avevo circa dodici anni. Ero nella stanza della mia governante per vestirmi, ma non avevo vestiti. Appare
sulla scena (una psichiatra sperimentata molto aggressiva e mascolina). Le ho chiesto di prestarmi un vestito,
cosa che lei fa, ma si tratta di un vestito di cotone blu e
143
bianco (vedi il dinghy blu e bianco del sogno H-II) dall’aria molto cheapishly (parola inesistente, formata
probabilmente da cheap = di poco prezzo e sheepish = goffo). Mi dice poi che dovro, dopo il matrimonio,
portare il vestito dalla lavan daia, e pagare il conto, il che mi fa andare in collera, e quindi mi sveglio ».
Associazioni:
«Ho pensato dapprima che il sogno non aveva niente a che vedere con il film (vedi una negazione simile nel
sogno E), ma ho fatto poi alcune associazioni libere, e non posso piu negare questo fatto.
Prima associazione: Ero in collera con (la psichiatra sperimentata) perche mi aveva assegnato a un reparto
dove lavorava un infermiere che avevo avuto in terapia per dodici mesi, e che aveva appena finito (che avevo
dovuto trasferire a un collega). Credo di sentirmi un po’ in colpa per averlo trasferito a un altro terapeuta.
Seconda associazione: Il vestito. Benche fosse una buona amica e una compagna di scuola di mia madre, la
mia gover nante lavorava per un piccolo salario e vestiva poveramente; mia madre invece era sempre molto
ben vestita. Nel corso della mia vita, mi ero identificata con lei (la governante). Anch’io ho dovuto mettere i
vestiti smessi di mia madre quando ero un’adolescente, e cio mi ha fatto molto soffrire. (Oltre a cio, questa
giovane psichiatra era pagata poco, mentre la psichiatra sperimentata era agiata, ben pagata ed elegante).
Terza associazione: I miei cugini. Sia lei che lui erano molto amici miei e abbiamo passato molto tempo
insieme nella proprieta dei nonni. Un po’ piu tardi un (ancora un lapsus: a invece di /: « io ») ebbi una
piccola infatuazione d’adole scente per lui. (Avevo parlato del matrimonio tra cugini incro ciati in Australia,
durante il commento). Quando avevo circa
144
diciassette anni, mio padre io accuso di essere omosessuale e gli proibi la nostra casa. Ebbi una scenata con
mio padre, difendendo mio cugino, e, rigettando tutto quanto disse, man tenni una corrispondenza con mio
cugino. Mio padre non gli parlo mai piu.
Qui il parallelo e evidente, mio padre ha castrato mio cugino e non gli ha mai piu parlato, esattamente come
il futuro suocero mutila il ragazzo nel film. Ho protestato vio lentemente (yiolenly invece di violently), cosi
come le mie reazioni al film sono state di disapprovazione e nausea.
Commenti:
1. L’iniziale negazione della pertinenza — che abbiamo visto verificarsi rispetto al Sogno E rappresenta una
reazione molto semplice. Se il sogno non ha relazioni con il film, allora non deve essere esaminato, e non c’e
bisogno di far fronte ad argomenti che provocano angoscia. Questa scappatoia e stata pero immediatamente
riconosciuta da questa donna emotiva mente matura, mossa da un desiderio di comprensione, e dal
suo innato bisogno di essere sincera. 2. La scena: La trasposizione della scena onirica ha,
in questo caso, un significato diverso di altre simili traspo sizioni in altri sogni. Benche la trasposizione della
scena nel suo paese di origine aumenti la distanza fisica sia dall’Austra lia, dove il film e stato girato, sia
dagli Stati Uniti, dove ha avuto luogo la sua proiezione, dal punto di vista psicologico essa fa diminuire
questa distanza. E nel suo paese d’origine che la sognatrice e nata donna — senza un pene — e la che suo
padre ha « femminizzato » su cugino. Inoltre, proprio
quel paese ha dovuto lasciare, per sfuggire a un governo totalitario.
3. La madre deprivante: La sognatrice era vestita modestamente durante l’adolescenza. Doveva indossare gli
abiti smessi dell’elegante madre, cosi come, nel sogno, deve
145
indossare un vestito di poco prezzo prestato da un’elegante, aggressiva e sperimentata psichiatra, che sembra
essere un sostituto della madre. E piuttosto chiaro che — come ogni donna — questa giovane sente che la
madre non le ha dato cio che realmente voleva: un pene. Lei e nata donna, e non uomo. Questa
manifestazione del classico complesso di castrazione femminile non e pero che una piccola parte di questa
storia. Il memorandum in effetti specifica che la madre le dava soltanto quei vestiti che non amava piu.
Inoltre, la madre sottopagava cosi grossolanamente la sua vecchia amica, che ora era soltanto una governante
nella casa, e quest’ultima era costretta a vestirsi in modo misero. La madre sembra quin di aver tenuto per se
le cose che desiderava; a sua figlia e all’amica (ora la governante) toccavano solo gli scarti. Questa
associazione e aperta a diverse interpretazioni. In parte, riflet te la credenza infantile che le donne adulte,
come le madri sono, hanno effettivamente un pene. Alcuni elementi edipici sono poi presenti. La madre
monopolizza tutta la vita sessuale femminile della famiglia, tiene per se l’amore del padre e lascia sia la
figlia adolescente che l’amica, la governante, sessual mente insoddisfatte e vestite troppo poveramente per
attrarre gli uomini. La governante — che si trova sulla stessa barca con la ragazza — e quindi incapace di
aiutare la giovane di cui si occupa a procurarsi cio di cui ha bisogno; essa prova a vestirla in modo attraente,
ma, semplicemente, non ci sono bei vestiti. L’esperienza di una deprivazione sessuale discri minatoria e
ripetuta nel sogno. La cugina si accinge a diven tare una sposa, mentre la sognatrice e soltanto una frustrata
damigella d’onore. L’interpretazione edipica di queste forme di deprivazione materna e sostenuta dal fatto
che il sostituto della madre avara e deprivante e qui una elegante, aggressiva, esigente, egoista e dominatrice
psichiatra anziana, che si com portava duramente con coloro che lavoravano sotto di lei.
(Vedi anche Commento 6). 146
4. Il vestito e cheapish (cheap: « di poco prezzo » e sheepish: « imbarazzante ») — non si addice quindi, e
imba razza, una damigella d’onore, cui si e preferita una sposa. Il vestito deve poi, oltre a cio, essere lavato a
spese di colei
che l’ha preso in prestito. L’elemento importante qui e che colei che presta il vestito assume
automaticamente che dovra essere lavato. Ora, un vestito indossato per una sola volta avrebbe bisogno di
essere ripulito solo se:
a. il vestito e prestato controvoglia, perche colei che 10 presta considera la damigella d’onore che lo prende a
prestito « non pulita » (26). Questo punto e abbastanza impor tante perche le ragazze di un college, per
esempio, che si prestano costantemente vestiti l’un l’altra, non chiedono in genere che un vestito prestato, e
portato una sola volta, sia lavato;
b. la ragazza che ha preso in prestito il vestito e una bambina irresponsabile che sporca tutto quel che
indossa. Questo punto sara esaminato in relazione all’eta della sogna- trice nel sogno (Commento 4);
c. il vestito prestato sara indossato in circostanze che rendono certo che sara sporcato. Questo e un elemento
importante, perche quello che sara verosimilmente sporcato non e il vestito della damigella, ma quello della
sposa. Gli sposi impazienti possono gettare a terra l’abito nuziale, e quasi certamente la camicia da notte
della sposa sara sporcata di sangue. E quindi ragionevole inferire che colei che presta 11 vestito chiede che
sia lavato a spese di colei che l’ha chiesto, perche prevede che sia sporcato per ragioni sessuali. Questa
conclusione puo essere confermata, dimostrando la l’identita inconscia tra il vestito preso a prestito e l’abito
nuziale.
Il dettaglio, specificato nel sogno, che il vestito della damigella d’onore e vecchio, preso a prestito, e di
colore (in parte) blu, ricorda inevitabilmente la filastrocca che la
147
sposa deve indossare « qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di preso a prestito, qualcosa di
color blu ». La sola cosa che manca nel sogno e « qualcosa di nuovo » — e le associazioni testimoniano
dell’amarezza della sognatrice, ado lescente privata di abiti attraenti e nuovi. Quindi, l’abito bian co e blu del
sogno e quasi, ma non del tutto, un bianco abito nuziale, cosi come la sognatrice e quasi, ma non del tutto,
una sposa; lei e soltanto una damigella d’onore, i cui desideri (e invidie) sono risvegliati dalla sua
associazione con le nozze (coito) di un’altra ragazza. Cio che impedisce al mi sero vestito della damigella
d’onore di diventare un seducente abito nuziale e la mancanza di « qualcosa di nuovo ». Questo tratto
mancante richiede un’analisi accurata.
5. Il fattore dell'eta: Nel sogno, la sognatrice ha dodici anni, mentre la sua intima amica e cugina, la sposa ha
quattordici anni. Questi numeri sono significativi, specialmente perche il numero dodici appare nelle
associazioni in modo
da attirare l’attenzione. La giovane psichiatra dice — in modo abbastanza goffo — di aver avuto un
infermiere in terapia » «per dodici mesi», invece che «per un anno». Ora, la differenza piu evidente tra una
ragazza di dodici anni e una
di quattordici e che la prima e normalmente ancora impu bere, mentre la seconda e gia entrata nella puberta
(dunque iniziata) e di conseguenza puo sposarsi. Di conseguenza, quel
« qualcosa di nuovo » che manca, e che impedisce alla ragaz zina di dodici anni di essere la sposa, e
presumibilmente l’assenza di mestruazioni, che l’inconscio spesso confonde con il sangue sparso al
momento della deflorazione (Devereux 1950c). In molte societa l’apparire delle mestruazioni e rapi damente
seguito dal matrimonio, mentre alcuni in gruppi, in cui molte ragazze sono deflorate prima della puberta, si
crede che le mestruazioni siano causate dalla deflorazione (27). Ne deduco che colei che ha prestato il vestito
prevede che biso gnera pulirlo, perche la damigella d’onore puo esser tanto eccitata dalla sua identificazione
con la sposa da avere me-
148
stillazioni durante la cerimonia — esattamente come alcune spose hanno mestruazioni impreviste durante la
notte nu ziale (28). L’identificazione sessuale della damigella con la sposa e anche suggerita dal fatto che la
sognatrice non indossa vestiti — e quindi piu o meno nuda, come gli Australiani, che nel film entrano nella
puberta e possono dunque sposarsi, o come la sposa sara presto. Inoltre, quando essa si veste, il vestito non
soltanto soddisfa tre dei quattro criteri che distin guono l’abito nuziale: vecchio, preso a prestito e blu, ma,
come l’abito nuziale o la camicia da notte, si prevede che sara sporcato. Il resto diurno responsabile di questo
« sporcare attraverso le mestruazioni » era probabilmente il mio com mento sugli uomini australiani, che
periodicamente e ritual mente fanno sanguinare l’uretra subincisa, e imitazione delle mestruazioni femminili.
Avevo inoltre detto che i travestiti Mohave si graffiano l’inguine, fino a farlo sanguinare come se
avessero le mestruazioni (Devereux 1937a). Quest’ultimo par ticolare puo render conto anche
dell’associazione sulla pretesa omosessualita del cugino.
6. Negazione della castrazione maschile: Le associazio ni della sognatrice mostrano che essa nutre
sentimenti amiche voli verso gli uomini e protesta contro la loro castrazione. Essa ha parlato, e precisamente
in questo contesto, della sua fiera difesa del cugino — per il quale aveva avuto un’infa tuazione — contro le
accuse apparentemente infondate del padre, che lei esplicitamente interpretava come un tentativo di castrarlo
(femminizzarlo). Inoltre, collegava il comporta mento del padre con quello, degli uomini australiani, i quali
— come avevo detto durante il commento — circoncidono generalmente i loro futuri generi. Dato che in
Australia la
scelta preferenziale del coniuge e fra un certo tipo di cugini classificatori, la loro identita e spesso nota molto
in anticipo. Femminizzando suo cugino (un compagno prefenziale in termini di parentela australiana, e,
inoltre, un ragazzo che aveva amato) il padre della sognatrice si comporta dunque
149
esattamente come un Australiano, che subincide (femminiz- za) il suo futuro genero, che e generalmente
anche il suo nipote classificatorio. Non c’e bisogno di sottolinearlo: pro testando contro la castrazione dei
maschi, la sognatrice ten tava — per quanto solo incidentalmente — di negare la castrazione femminile.
Eppure, la sua negazione del comples so femminile di castrazione e interamente subordinata al de siderio,
molto piu intenso, di salvare gli uomini dalla castra zione, perche una donna, per vivere una vita piena, ha
bisogno di uomini integri. L’atteggiamento di questa giovane donna puo quindi essere meglio compreso in
termini di un « timore reverenziale » del pene (Greenacre 1953), caratteristico delle donne normali e
autenticamente femminili (29).
7. L’uomo perduto: Nel sogno, la sognatrice e soltanto una damigella di dodici anni, e non una nubile sposa
di quattordici anni. Nello stesso modo, le associazioni rivelano il suo dolore per essere stata separata dal
cugino, e per il fatto che — a causa di una psichiatra autoritaria che l’ha avventatamente trasferita a un certo
reparto — e stata co stretta a trasferire a un altro terapeuta un infermiere che
vi lavorava, e che lei aveva in terapia. In ognuna di queste circostanze sembrano esserci due relazioni, piu o
meno mutual mente incompatibili, tra la sognatrice e gli uomini che le sono stati sottratti. Suo cugino, che
l’attraeva come uomo (incompatibilita con il tabu dell’incesto), le era stato tolto perche si pretendeva che
fosse omosessuale, cioe perche rive stiva due ruoli sessuali reciprocamente incompatibili. Analo gamente,
dovette interrompere la terapia del suo paziente nel momento in cui era obbligata a diventare anche il suo
superiore amministrativo — uno status incompatibile con la relazione terapeutica. Nel sogno, inoltre, e la
damigella d’onore di sua cugina, un ruolo tradizionalmente compatibile con la relazione di cuginanza con la
sposa, ma che in questo caso e disturbato da una identificazione conflittuale, e dall’invidia.
Ultimo ma importante tratto: questa giovane donna sottolinea 150
i ruoli molteplici — e, nella nostra cultura, incompatibili — di suo padre: egli ha « femminizzato » (castrato)
suo nipote, che sarebbe piu tardi potuto diventare suo genero, e lo aveva bandito da casa. Questo complesso e
contraddittorio nodo di ruoli, associato sia con il perdere che con l’incapacita di procurarsi un uomo,
riecheggia probabilmente le difficolta edipiche originate daH’incompatibilita tra gli impulsi amorosi e quelli
di affetto filiale della bambina nei confronti del padre. Cio, a sua volta, conferma la conclusione (Commento
3) che il matrimonio ha qui implicazioni edipiche.
Analisi comparativa:
Il sogno di questa giovane donna puo essere utilmente confrontato sia con il comportamento delle
antropologhe, sia con i sogni degli psicoanalisti di sesso maschile.
1. Il contrasto tra le reazioni di questa giovane donna e il comportamento manifestato dalle antropologhe e
molto mar cato. Diversamente da queste ultime, non aveva ridacchiato durante il film, ne malignamente
gioito perche la « calamita » che le era accaduta per il fatto di essere nata donna accadeva ora anche a degli
uomini (30).
Piuttosto, ella deplora la loro mutilazione e — come mo strano le associazioni — desidera proteggerli contro
simili calamita. Una buona parte di queste sue diverse reazioni e certamente dovuta alla sua personalita sana
e femminile. Ma non bisogna trascurare il fatto che mentre le antropologhe appartenevano a una cultura in
cui le donne sono proverbial mente aggressive, competitive e castranti, lei apparteneva invece a una cultura
in cui essere una donna nel senso fuori-
moda del termine e molto valutato: non solo dagli uomini, ma anche dalle stesse donne, che possono trarre
grandi gratifi cazioni dal fatto di essere vere donne, finche ci sono uomini capaci di farle godere della loro
femminilita.
151
2. Per quanto riguarda le differenze tra il sogno di questa donna e i sogni dei suoi colleghi maschi, e evidente
che — anche se il film ha rimobilitato l’angoscia di castra zione femminile — cio che la rivoltava e nauseava
era so prattutto il fatto che la femminizzazione e la mutilazione degli uomini non danneggia e frustra soltanto
loro, ma anche le donne. Questa e una reazione estremamente matura, caratte ristica di una personalita
femminile equilibrata e dolce. Per contro, gli uomini si sono sentiti cosi minacciati personal mente, che
praticamente tutti i sogni indicano una regres sione protettiva allo stadio orale, negazioni ingenue, mecca
nismi di difesa, o anche la rassegnata accettazione del fatto
che ogni societa esige un prezzo crudelmente alto per conce dere il privilegio di una sessualita matura.
(7) Le mie reazioni. Per essere leale con quei colleghi che mi hanno comunicato i loro sogni e le loro reazioni
sintomatiche, mi sembra giusto discutere, almeno di passag gio, delle mie reazioni durante le due proiezioni
di questo film (31).
La prima proiezione. Quando il film fu proiettato al gruppo di antropologi, ero soltanto uno degli spettatori
passivi. Ero l’unico tra i presenti non solo ad avere un Ph.D., ma anche ad aver fatto un estensivo lavoro sul
campo in aree veramente arretrate, e avevo anche accuratamente studiato la letteratura sull’Australia (32).
Eppure, anch’io mi sentii a disagio, e la leggerezza « scientificamente inverosimile » delle spettatrici suscito
in me una forte repulsione. Capisco ora che la mia indignazione era in gran parte dovuta al fatto che il mio
inconscio aveva capito le loro reazioni meglio che la mia coscienza. Nel corso degli anni, ho spesso pensato
a questo film, e ne ho parlato con numerosi colleghi, compreso il Dottor H. Credevo di ricordarlo cosi bene
che quando — circa diciotto anni dopo — lo rividi una seconda volta, mi resi conto con sorpresa che avevo
dimenticato tutto, meno le scene principali.
152
La seconda proiezione mi trovo in una situazione psicolo gicamente protetta. Visto che le ricordavo bene, le
scene traumatiche non ebbero su di me lo stesso impatto che avevano avuto la prima volta.
Avevo anche la fortuna di avere qualcosa di legittimo, prestigioso e utile da fare durante la proiezione, e
dopo di essa. A quell’epoca avevo del resto quasi terminato l’analisi didattica, e avevo casi in supervisione,
ero quindi psicologica mente piu sicuro di quando avevo visto il film per la prima volta. In breve ho potuto,
in questa seconda occasione, abre- agire la mia tensione ricorrendo a un comportamento legittimo e
sublimatorio: commentare il film, presiedere alla discus sione che ne segui, rispondere alle domande. D’altra
parte, come antropologo, mi identifico forse piu facilmente di uno psicoanalista medico con i primitivi: ma
questa fonte di stress era probabilmente largamente compensata dal fatto che questa mia autodefinizione mi
spingeva ad assumere (come per il Sognatore H) un legittimo atteggiamento professionale nei confronti del
film.
Questi fatti spiegano perche sono stato in grado di com portarmi adeguatamente in un’occasione in cui altri
divennero cosi angosciati da lasciare 1’auditorium nel bel mezzo della proiezione.
La conclusione che furono i miei commenti a mettermi in grado di abreagire e fortemente sostenuta dal fatto
che coloro che lasciarono la sala si ritrovarono poi in un bar, e parlarono in modo quasi ipomaniacale; io
avevo parlato (comportamento orale) durante la proiezione del film.
Ciononostante, sospetto che malgrado la mia posizione privilegiata e le mie molte possibilita di abreagire
alcune delle mie tensioni commentando il film, con quel film non
« avevo ancora finito ». Cio puo spiegare perche mi venne l’idea sublimatoria di registrare i sogni del
pubblico. E anche probabile che la mia decisione di studiare i sogni di altri sia responsabile del fatto di non
aver sognato quella notte. Ho
153
lasciato che gli altri facessero il lavoro onirico al posto mio (Devereux 1956a).
Anche se quest’idea e stata feconda di risultati, e mi ha permesso di raccogliere materiale scientifico
piuttosto inso lito, il suo scopo latente era probabilmente di dominare il trauma attraverso l’analisi delle
reazioni di vari membri del pubblico. In effetti, speravo che cio mi avrebbe messo in grado di capire le mie
personali reazioni senza doverle esaminare troppo da vicino. Come chiunque altro, ho avuto molte espe
rienze nella mia vita che — mi fosse venuta una buona idea al momento giusto — avrebbero potuto, quanto
questa, essere utilizzate in modo scientifico. Il fatto che un’idea sublimatoria mi venne in mente in
quell’occasione indica che non avevo ancora superato interamente il trauma. Trovai il modo di dominarlo
ricorrendo a mezzi scientificamente produttivi sol tanto perche l’analisi didattica mi aveva messo in grado di
elaborare i traumi tramite la sublimazione, piuttosto che attraverso Yacting out. Questo, naturalmente, e uno
degli obiettivi principali della terapia psicoanalitica (33).
In conclusione, posso forse aggiungere che le reazioni d’angoscia descritte nel Caso 39 non sono uniche. Il
testo di una conferenza su alcuni costumi primitivi, che dovevo fare di fronte a una societa psicoanalitica, fu
una volta distribuito a tutti i membri di quella societa, ivi compresi i candidati. Qualche istante prima che
cominciassi a parlare, due o tre analisti didatti mi dissero che diversi candidati avevano reagito alla lettura di
quei materiali con trasparenti sogni d’angoscia.
154
NOTE
(1) L’importanza di questo punto per il problema che viene cinicamente chiamato dell’«analisi profana» (condotta cioe da non-
medici n.d.T.) e evidente. Un analista del comportamento, psicanalizzato e correttamente formato non e un analista « profano »,
anche se non ha fatto studi di medi cina, e dovrebbe venire autorizzato — anche secondo Freud (1959b) — a esercitare come analista.
(2) Questa ipotesi esplicativa verra discussa piu tardi, a proposito della difesa costituita dall’« atteggiamento professionale».
(3) La « difesa tramite attivita scientifica », che ha carattere subli matorio, verra discussa nel prossimo capitolo.
(4) Gli equivalenti psichici che si possono piu agevolmente accostare a questi sogni sono le reazioni di pazienti in analisi alla morte
di un leader nazionale (Fairbairn 1936, Sterba 1946, Orlansky 1947). Questo sti molo non e pero paragonabile, ne per dinamica ne
per intensita, al valore di stimolo del film in questione.
(5) La pubblicazione di questo materiale e stata intenzionalmente ritardata di molti anni, in modo da rendere impossibile
l’identificazione degli informatori, che hanno tutti lasciato l’ospedale in questione.
(6) Non posso fornire altri dettagli su questo punto, senza rivelare l’identita della persona.
(7) Molti primitivi credono che una stanchezza di questo genere e dovuta alle faticose avventure dell’anima durante il sonno.
(8) Un sonno artificialmente prolungato fu impiegato con successo degli informatori, che hanno tutti lasciato l’ospedale in quesitone.
sopravvissuti ad atterraggi brutali che avevano causato la morte di tutti gli altri membri dell’equipaggio. Il sonno prolungato permise
ai piloti di
«inventare » un lieto fine ai loro ripetuti sogni di atterraggio (Kubie 1943). (9) In un certo tipo di gioco omoerotico, presso gli
Australiani, l’uretra
subincisa e utilizzata come se fosse l’introito vaginale (Roheim 1932). (10) Notiamo l’omissione della subincisione, molto piu
dolorosa. (11) Il termine originale drumstick indica la parte inferiore della
zampa di pollo, e anche il bastoncino con cui si suonano il tamburo e altri strumenti a percussione.
(12) L’espressione day resi e un’ambigua trasposizione diretta del termine tedesco Tagesrest; il termine inglese corretto e day
residue. In inglese, resi significa sia « cio che resta » che « riposo ».
155
n

(13) E forse possibile che il fatto di « aver dovuto chiedere » (la parola) drumstick (= pene) alla segretaria significo ricuperarlo dalla
madre, che l’aveva conservato fino a che lui non avesse acquisito il diritto di servirsene. Ricordiamo poi che, secondo una teoria, il
ragazzo iniziato lascia la parentela materna per quella patema; inoltre, fino a quando non e stato iniziato, egli non puo praticare il
coito. Un paziente « esotico » in analisi sogno, alla vigilia del suo matrimonio, che la madre e la sorella, sulle quali aveva una forte
fissazione, gli davano o rendevano un pesce (= pene) di cui aveva bisogno per sposarsi.
(14) E Roheim, grande specialista della psicologia degli indigeni austra liani, che mi ha detto che il fatto di agitare le lance in aria
simbolizzava la masturbazione. Questa interpretazione e plausibile, perche gli Australiani si masturbano molto spesso in pubblico —
cosa che, nel mio commento, avevo menzionato.
(15) Una paziente in analisi sogno di una strana penna stilografica, la cui estremita, non appuntita, aveva la forma di un osso di pollo
{drumstick). Cio rappresentava un pene circonciso, subinciso, ecc. (Deve- reux 1954a).
(16) Una delle fonti possibili di questo latente significato del sogno potrebbe essere il fatto che, durante una conversazione, avevo
detto a quel collega che la formazione psicoanalitica stava prendendo una forma cosi burocratica che mi faceva pensare ai riti di
iniziazione degli Au straliani.
(17) Ammetto che questa argomentazione e abbastanza debole e speculativa.
(18) I Tupari, come altre tribu apparentate dell’America del Sud, che vivono abitualmente nudi, lussano il pene e lo fanno rientrare
nell’addome per proteggerlo. Un Tupari estrae il pene solo per urinare o per il coito, oppure, come nel caso, descritto da Caspar
(1953), di un Indiano nevrotico, per esibizionismo.
(19) Nel Madascar, certe popolazioni delle montagne castrano ancora oggi almeno due tori insieme, perche gli animali possano
confortarsi a vicenda della loro sventura (Linton 1933).
(20) Cio e chiaramente mostrato da una fotografia presa dal Prof. Charles Wagley dell’Universita Columbia.
(21) Gli effetti dell’« atteggiamento professionale x>, in grado di riman dare l’angoscia sono discussi nel capitolo seguente (Caso
42).
(22) Questo particolare ricorda la singolare porta posteriore dell’auto bus, nel sogno di G.
(23) Frau Wirtin hat einen Major / Der trug am Schwanz / den Trauerflor. / Er konnte nicht vergessen / Dass ihm die bose Syphilis /
Die Eichel hat zerfressen.
(24) Avevo detto, nel mio commento, che gli Australiani usano il sangue coagulato come colla.
(25) Cio ricorda il caso del sogno di E. 156
(26) Un celebre annuncio pubblicitario suggeriva che le ragazze che non usavano un certo tipo di sciacquo per bocca non sarebbero
mai diventate delle spose, e sarebbero sempre rimaste damigelle della sposa.
(27) Ricordiamo, in questo contesto, che e la presenza del maschio che provoca l’ovulazione nella femmina del coniglio.
(28) Io stesso ho sentito parlare di ima damigella d’onore il cui ciclo mestruale comincio, inopinatamente, durante la cerimonia delle
nozze.
(29) Certi primitivi credono che un atteggiamento del genere nei riguardi del pene e ovvio nella donna. Quando la gonorrea devasto
Duau il governo mando delle equipes mediche in ogni villaggio, per visitare gli uomini. Sembra che lo scopo di questa spedizione fu
in un primo momento mal compreso, perche un giorno Roheim, che faceva ricerca sull’isola, senti arrivare di corsa un indigeno che,
senza fiato, esclamava:
«Tutti gli uomini! Correte subito nella foresta! Il governo viene a tagliare il pene a tutti. Cosa faranno, poverette, le donne? »
(Roheim, comunicazione personale).
(30) Una immagine cinese (Spencer 1946) mostra dei vecchi eunuchi di corte che deridono uno dei loro compagni di sventura,
recentemente castrato.
(31) Vedi anche la distruzione dei miei appunti sui sogni e le asso ciazioni di H.
(32) Nel corso di un indimenticabile corso del compianto Prof. Mauss, alla Ecole Pratique des Hautes Etudes.
(33) Devo anche dire che la versione finale, dattiloscritta, di questo capitolo conteneva piu correzioni a penna (riparazioni) di
qualunque altro capitolo di questo libro.
157
Parte seconda
IL CONTROTRANSFERT NELLA RICERCA SCIENTIFICA SUL COMPORTAMENTO
7. - Dijese Professionali.
Ogni studioso del comportamento ha a propria disposi zione un certo numero di quadri di riferimento, di
metodi e di procedure che, incidentalmente, hanno l’effetto di ridurre l’angoscia suscitata dai suoi dati, e lo
rendono quindi capace di funzionare in modo efficiente. Sfortunatamente, e proprio perche riducono
l’angoscia, questi strumenti sono spesso tra sformati in vere e proprie reazioni contro-transferenziali, che
portano ad acting out autolimitanti mascherati da ricerca scientifica. Un’approfondita comprensione dell’uso
nevrotico per cui questi strumenti possono essere impiegati e un prere quisito per la loro utilizzazione
autenticamente scientifica e su blimatoria.
Gran parte delle difese professionali sono semplici varianti della difesa per isolamento, che « decontamina »
il materiale angoscioso rimuovendo o negando il suo contenuto affettivo e umano, oltre alla sua rilevanza
personale. Il seguente caso clinico chiarira la natura e la funzione del meccanismo di isolamento.
Caso 40. — Un paziente, inizialmente sifilofobico, era riuscito a staccare cosi efficacemente l’angoscia dalla
malattia venerea che era capace di far l’amore anche con prostitute di bassifondo, senza provare alcuna
angoscia. Aveva pero svi luppato un timor panico di alcune altre malattie, come la rabbia, la meningite
spinale e la poliomielite, che, come la sifilide allo stato terziario, attaccano il sistema nervoso. Do veva
quindi disinfettarsi laboriosamente le mani, anche dopo aver semplicemente toccato un giornale o un libro
contenente la parola « poliomielite ».
161
Lo psicoanalista si prepara sistematicamente al lavoro su materiali ansiogeni sottoponendosi a un’analisi
didattica, in modo da riconciliarsi con i suoi problemi personali. Cio lo rende in genere capace di sopportare,
senza soffrire eccessi vamente, il bombardamento del suo inconscio da parte del materiale ansiogeno che i
suoi pazienti producono. Egli puo di conseguenza esaminarlo senza esser costretto a deformarlo per
controllare le proprie angosce. Inoltre, se e autenticamente ben analizzato, possiede una consapevolezza di se
che lo mette in grado, nel caso di un paziente di cui non puo elaborare spassionatamente i problemi, di
trasferirlo a un altro analista, capace di tollerare il materiale ansiogeno presentato da quel particolare
paziente. Le regole della tecnica psicoanalitica aiutano del resto l’analista a essere obiettivo, cosi come la sua
autodefinizione (« sono uno psicoanalista ») e la sua defi nizione della situazione (« questa e un’analisi »)
(Devereux
1956a). Egli e per esempio in grado di reagire in modo obiet tivo alle parole minacciose o insultanti di un
paziente, perche queste definizioni del suo ruolo e della situazione lo rendono capace di capire che le parole
del paziente sono manifestazioni di collera transferenziale, e sono quindi in realta dirette a una persona che
ha avuto un ruolo importante nell’infanzia del paziente.
I. Pre-esperienza vicaria. L’impatto traumatico di un evento potenzialmente angoscioso diminuisce
notevolmente nel caso in cui si sia preparati a farne l’esperienza. Per riprendere il linguaggio di William
James, se si possiede in anticipo una « conoscenza a proposito della » situazione, e piu facile «
familiarizzarsi » con essa. Lo studio dell’antro pologia all’universita, per esempio, costituisce un
allenamento efficace contro l’impatto di una effettiva esperienza sul campo, per quanto non possa,
naturalmente, rendere il futuro antro pologo completamente immune all’impatto di un rito austra liano di
subincisione. Semplicemente, lo aiuta a frenare (a posporre) l’esperienza cosciente dell’angoscia fino a
quando
162
non avra terminato di fotografare e descrivere quel rito. Inol tre, anche se il Caso 42 ci mostra che esperienze
traumatiche sul campo possono produrre una ritardata reazione d’angoscia di una certa intensita, cio che
conta dai punto di vista scien tifico e che senza una « conoscenza anticipata » della situa zione, l’antropologo
non sarebbe stato in grado di osservare e descrivere accuratamente pratiche di questo genere.
Anche alcuni nevrotici sanno che e possibile diminuire l’intensita di un attacco d’angoscia « anticipando »,
per quan to in forma abbastanza estrema.
Caso 4L — Un giovane, che soffriva di una acuta fobia dei ponti, mi disse: «quando so di dover attraversare
un ponte, mi induco deliberatamente ad avere un attacco d’an goscia anticipato, perche so che questo
diminuira l’angoscia che provero attraversandolo.
Ho quindi molta paura di non provare questa angoscia anticipata: la sua assenza mi angoscia ancora piu
intensa mente della normale traversata di un ponte ».
II. Il tipo di difesa fornito dall’atteggiamento e dall’atti vita professionale combina una autodefinizione ego-
sintonica e culturalmente sancita (« sono un antropologo ») con una analoga definizione della situazione («
questo e lavoro sul terreno »).
Mentre la protezione fornita dall’atteggiamento scientifico e soltanto temporanea, e non dura spesso che per
il periodo in cui si e effettivamente impegnati nel lavoro scientifico, l’attivita scientifica, permettendo una
parziale abreazione delle tensioni, puo da sola attenuare l’esperienza cosciente dell’an goscia.'Appena
l’attivita cessa, pero, l’angoscia che non si e coscientemente provata puo manifestarsi con l’intensita dolo
rosa tipica del «ritorno del rimosso». Se poi la natura del l’attivita scientifica e tale da produrre
spontaneamente tensioni, l’angoscia puo alla fine diventare cosi incontrollabile da ri chiedere un intervento
psicoterapeutico (Caso 254). Ho de
scritto sopra come la mia attivita di commentatore di un film 163
angoscioso mi ha permesso di controllare il disagio. Espe rienze simili possono verificarsi sul terreno.
Caso 42. — Due antropologi non provarono «nessuna angoscia » osservando, registrando e fotografando una
cir concisione femminile, durante una missione in Africa. Quando pero, piu tardi, videro il film « Karamoja »
— che mostrava la stessa circoncisione femminile in un’altra tribu — prova rono una « angoscia atroce »,
semplicemente perche il loro ruolo di spettatori passivi non forniva loro, questa volta, la possibilita di
abreagire l’angoscia tramite l’attivita.
Lo studioso del comportamento confrontato con materiale traumatico impara presto a utilizzare
l’atteggiamento scien tifico come uno strumento per ridurre l’angoscia, specialmente perche questo puo,
entro certi limiti, renderlo capace di im pegnarsi in attivita che risvegliano normalmente un senso di colpa
molto forte. Cosi Malinowski ha potuto studiare la vita sessuale dei Trobriandesi, e io quella dei Mohave,
senza sen tirsi un voyeur, e senza venire indebitamente eccitati dalle nostre ricerche. Immagino invece che
molti volontari che si offrono per alcuni tipi di ricerca sul coito umano (Casi 121,
122) sfruttano semplicemente la definizione scientifica della situazione per realizzare scopi nevrotici o anche
perversi (esi bizionismo).
Sia come sia, la crescente accettazione delle scienze del comportamento come un modo legittimo di « fare
scienza » puo in parte spiegare perche le moderne monografie antro pologiche descrivono in modo diretto
materiali « scabrosi » che lavori meno recenti omettevano completamente, o descri vevano in Latino, o
menzionavano solo eufemisticamente, in modo da sottolineare l’orrore e i l .disgusto dell’osservatore (alcune
vecchie descrizioni della pratica australiana della sub incisione ne parlano semplicemente come di «quel
terribile rito »).
Sfortunatamente questo atteggiamento professionale, ora in accordo con la nostra cultura, ha spinto cosi forte
il pen-
164
dolo verso l’altro estremo che alcuni antropologi considerano alcune pratiche irrazionali e crudeli come «
semplici usanze », non soggette a giudizio etico. I due estremi rappresentano reazioni controtransferenziali
nevrotiche; nessuno dei due atteg giamenti e veramente obiettivo e scientifico. Sia come sia, il nostro Caso
59 mostra che l’atteggiamento scientifico puo renderci capaci di fare sul campo cose che non ci si sogne
rebbe di fare in un altro contesto, e, inoltre, di farlo in modo sublimatorio. Cio significa che il risultato e reso
obiet tivamente meno cattivo e soggettivamente meno ego-distonico
di quanto sarebbe stato se ci si fosse completamente astenuti dall’agire. E’ in effetti spesso possibile trovare
il modo di studiare una pratica spiacevole senza far del male a un essere vivente e senza inutilmente esporsi
alla vista di cose che, risvegliando l’angoscia, rendono meno precisa l’osserva zione.
Caso 43. — I Sedang castrano i maiali con una lama affilata di bambu, e non con un coltello metallico, per
paura che gli spiriti non lo interpretino come un sacrificio. I Sedang sono crudeli verso gli animali, al punto
che a volte castrano un cane solo « per ridere »: non avevo quindi un gran desi derio di assistere alla
maldestra castrazione di un giovane maiale. Era pero mio dovere registrare accuratamente tutte le tecniche
Sedang. Alla prima occasione in cui fu ucciso un giovarne maiale non castrato, chiesi quindi a un Sedang di
castrarlo esattamente come avrebbe fatto se si fosse trattato
di un animale vivo. Cio mi permise di fare osservazioni piu precise che se fossi stato costretto a prendere
appunti di stratto — e angosciato — dalle grida di disperazione e dalla resistenza di un maiale vivo. Mi si
puo naturalmente obiet tare che questo sotterfugio mi impedi di osservare nello stesso tempo le reazioni,
psicologicamente significative, del castratore. Ho risolto la difficolta scegliendo per questo com
pito un eccellente imitatore che ha manifestato, ne sono 165
certo, esattamente le stesse emozioni di un Sedang che castra un maiale vivo.
III. Posizioni metodologiche e strumenti tecnici che, quando sono correttamente usati, sono logicamente
inecce pibili e scientificamente fecondi, possono essere inconscia mente utilizzati in primo luogo come
difese per isolamento.
Si avranno allora una percezione deformata della realta e interferenze diverse nella ricerca.
A. Relativismo ingenuo, culturale e etico — una conce zione dell’umanita come «museo di costumi», che
riconosce 1’esistenza di esseri umani ma, in nome della obiettivita
«scientifica», rifiuta di applicar loro normali considerazioni etiche. Questa posizione « metodologica » evade
inoltre l’im portante problema del significato dell’ethos di una cultura per un’altra cultura, e il rilevante
problema culturale dell’etica in generale.
Caso 44. — Un antropologo, dotato anche di approfon dite conoscenze psicologiche, mi disse che era stato
testimone della sepoltura di una persona viva che « aveva perso l’ani ma », ed era quindi considerata
tecnicamente morta (cfr. Caso 275). Quando gli chiesi perche non aveva cercato di impedirlo, mi rispose
altezzosamente: « Come etnologo, non e mio compito sabotare un rito indigeno, ma studiarlo ».
La negazione compulsiva della legittimita di giudizi etici puo condurre al rifiuto di fare diagnosi scientifiche
anche quando il grado di patologia di una data societa e valutabile in termini di incapacita -a raggiungere le
mete che quella stessa cultura si propone, e dalla sua inclinazione a distruggersi tramite l’adesione a mete
disfunzionali. L’esempio perfetto e l’atteggiamento autodistruttivo e patologico della tribu Ton- kawa, pronta
a farsi sterminare dai suoi indignati vicini, piuttosto che a interrompere un cannibalismo economicamente
non necessario (Linton 1937, Devereux 1955b).
Il relativismo culturale, dunque, tenta di ridurre l’ango scia considerando il materiale culturale in assenza
dell’uomo.
166
Per quanto scientificamente sterile, questo sotterfugio e effi cace: si reagisce certamente con meno angoscia
alla vista della mantide femmina che, durante il coito, divora il suo partner maschio (con cui non ci si puo
identificare), piuttosto che di fronte a una analoga usanza umana. In modo simile, possiamo artificialmente
ridurre le nostre angosce conside rando la tortura di prigionieri semplicemente come una « usan za »,
negando quindi implicitamente che queste pratiche hanno effetti su esseri in carne e ossa, con i quali
dovremmo iden tificarci. A simili negazioni di qualsiasi analogia tra noi e gli altri si fa ricorso anche nella
vita quotidiana, per esempio quando si tenta di giustificare la schiavitu perche, « dopotut to », riguarderebbe
solo dei « quasi-animali ». L ’antropologo,
aumentando deliberatamente la distanza sociale fra se e gli indigeni che studia, e studiandone i costumi come
se la cul tura non riguardasse vite umane, si mette nella condizione di ignorare le proprie angosce. Queste
ultime, non c’e nep pure bisogno di dirlo, vengono poi spostate su altri soggetti. Molti culturologi sono ostili
a coloro che studiano i costumi in relazione all*uomo, soprattutto perche questo punto di vista maggiormente
comprensivo minaccia di reintrodurre l’ele mento umano e angoscioso (psicologico) nel loro mondo fatto di
« pure » usanze e istituzioni, e accuratamente steri- lizzato da qualsiasi affetto.
L ’idea « relativistica » che una pratica crudele sia una usanza eticamente neutra puo anche precludere la
reale obiet tivita, e cio semplicemente perche la definizione del relativista e spesso non condivisa da coloro
che la mettono effettiva mente in pratica, che possono considerarla come moralmente ingiusta (Levi-Strauss
1955). Il rifiuto di prendere coscienza della malvagita inerente a una usanza puo di conseguenza
accecare il ricercatore sul giudizio che i primitivi danno generalmente di questa pratica.
Caso 45. — Se si fossero considerate la masturbazione preconiugale, l’omosessualita, la bestialita e le
pervesioni ete-
167
rosessuali in uso fra i Sedang come « semplici usanze », non si sarebbe mai potuto scoprire che sono gli
stessi Sedang a considerare queste pratiche come riprovevoli, e che vi si abban donano soltanto perche i loro
dei, che sono esplicitamente detti corrotti e malvagi, hanno intenzionalmente proibito le relazioni
eterosessuali prima del matrimonio, che i Sedang considerano piu giuste moralmente che le perversioni.
Questa costatazione e, a sua volta, indispensabile per capire l’ostilita dei Sedang verso i loro dei (Devereux
1940c).
Il rifiuto del ricercatore di prendere coscienza della di sapprovazione con cui i primitivi considerano alcune
pratiche tradizionali, puo impedirgli di prevedere e capire una mo dificazione culturale che rappresenti una
reazione a una pra tica tradizionale ma disapprovata.
Caso 46. — Quando, verso la fine del XIX secolo, un prigioniero stava per essere sacrificato alla Stella del
Mat tino, un grande guerriero Pawnee, sopraffatto dal disgusto, libero la vittima designata e dichiaro che non
si dovevano piu sacrificare i prigionieri. La tribu tiro un sospiro di sol lievo e decise di abolire quel rito
(Linton 1923).
Caso 47. — Contro la sua volonta, il popolo di Temese era obbligato a sacrificare ogni anno la piu bella
vergine al malvagio eroe morto Polites. Quando il pugilatore e pancra- tista olimpico Eutimos si innamoro e
ebbe pieta di una di queste ragazze, sfido e sconfisse Polites, il quale (o la sua statua?) si getto allora in mare,
liberando per sempre Temese dall’obbligo di compiere quel sacrificio (Pausania 6.6.2; Stra- bone 6.1.5, p.
255; Ebano, Varia Historia 8.18; Eustatius, Sull’Odissea, 1409.13).
Caso 48. — Il sentimento soggettivo dei Sedang che con danna come moralmente ripugnante l’atto di
mangiare il fegato di un uomo e all’origine della sostituzione di questa pratica, prima con un gesto
puramente simbolico — si portava alle labbra un frammento di un fegato umano — e in seguito con il
mangiare il fegato di un animale sacrificato allo scopo.
168
Caso 49. — Anche il sacrificio umano divenne obsoleto tra i Sedang semplicemente perche era sentito come
moral mente ingiusto. In un primo periodo, i Sedang riservarono il sacrificio umano a occasioni in cui una
crisi molto seria — per esempio un’epidemia — sembrava rendere necessario
il ricorso a questa antica usanza (1). In seguito, essi simu larono un sacrificio umano, ma in realta gli
pungevano sol tanto un’ascella, e uccidevano un maiale al suo posto (2).
Inoltre, quando un debitore « sacrificato » in questo modo persegui per danni i suoi « uccisori » e ottenne
dagli anziani una compensazione, i Sedang abbandonarono anche ogni si mulazione di sacrifici umani. Verso
il 1933, avevano sostituito le vittime umane con figurine di cera e uccidevano soltanto un bufalo. Essi
razionalizzarono poi questa pratica procla mando fieramente che i Sedang erano piu ricchi degli spiriti, che
mangiavano esseri umani, perche loro potevano permet tersi di nutrirsi di bufali!
Queste innovazioni culturali si verificarono entrambe prima che i Sedang fossero soggetti a una pressione
acculturativa e amministrativa. Ed ebbero luogo perche, diversamente da certi antropologi, i Sedang non
percepivano il fatto di mangiare carne umana o di uccidere delle persone come ima «sem plice usanza». Di
fatto essi si rallegrarono sinceramente quando la pressione amministrativa li obbligo ad abbando nare
un’altra usanza penosa.
Caso 50. — Quando i Francesi proibirono le guerre inter- tribali, costringendo i Sedang a sostituire i raids
rituali con battaglie simulate, uno di loro mi disse: «e molto meglio cosi! Ora possiamo godere della festa
della vittoria e ubria carci completamente, senza dover prima rischiare la pelle com battendo contro gli
Halang! ».
Questi dati mostrano che la concezione dei « semplici co stumi » spesso fa si che l’osservatore
compulsivamente « obiet tivo » diventi del tutto «orc-obiettivo a proposito dei costumi che studia.
169
B. L ’eliminazione dell’individuo dai rapporti etnologici del lavoro sul terreno era un tempo una procedura
abi tuale (3).
Caso 51. — Linton mi cito una volta la seguente osserva zione di un collega: « La mia monografia e quasi
finita. Mi manca soltanto di togliergli la vita (cioe i riferimenti a persone e eventi reali).
C. Schemi concettuali e posizioni metodologiche valide possono venire in primo luogo utilizzate per la
decontamina zione affettiva di materiale angoscioso.
La culturologia spesso opera come se la gente non esi stesse in realta. E, naturalmente, logicamente legittimo
ri correre a un procedimento preliminare che permetta di stu diare la cultura in isolamento — in vitro o come
«variabile analitica » — purche i risultati di questo studio parziale del comportamente umano vengano alla
fine correlati con fatti e formulazioni di tipo psicologico (4).
Se invece si crede che la culturologia fornisce spiegazioni definitive e complete, e si prova anche il timore —
comple tamente infondato — di una cospirazione tesa a ridurre il socio-culturale allo psicologico (Kroeber
1948a), allora la po sizione culturologica, o superorganica, e prima di ogni altra cosa un meccanismo di
difesa, e non un atteggiamento pro fessionale, volto temporaneamente a raggiungere uno scopo definito.
D. L’approccio atomistico deve essere nettamente di stinto dall’uso di liste di tratti culturali e di questionari
come strumenti mnemonici, che garantiscono che il ricercatore sul campo non dimentichi « apposta senza
volere » dei materiali che — impedito dalle sue angosce — egli preferirebbe non approfondire. Deve anche
essere distinto da seri studi sulla distribuzione dei tratti culturali — come le analisi di Kroe ber (1949, 1952,
1955) sulle aree culturali americane, e sulle aree di tipi specifici di personalita. Questi studi non ignorano
infatti il modo in cui i tratti si organizzano fra
170
loro, ne sottovalutano la loro rilevanza umana. Un altro tipo di studi da distinguere e quello dedicato al
raggio di diffu sione e alla varieta dei tratti culturali, che in definitiva cer cano di far luce sul funzionamento
complessivo dell’uomo- nella-cultura (Devereux 1955a). La ricerca atomistica nelle scienze del
comportamento puo rappresentare una difesa sol tanto quando, dopo aver astratto un tratto particolare dal suo
con-testo, non lo reintegra poi nella sua matrice psico
culturale. Anche alcuni studi sulla natura della cultura, sui processi
culturali e sulla loro diffusione possono essere inficiati dal rifiuto di prendere in considerazione la psicologia.
Caso 52. — Norbeck (1955) ha tentato di spiegare la presenza della storia degli uomini privi di ano in due
aree molto distanti, tramite l’ipotesi poco convincente della sua introduzione nelle Filippine da parte degli
schiavi importati dal Sud America. Se Norbeck avesse tenuto conto della cre denza Chaga (Raum 1939)
secondo la quale gli uomini adulti non hanno l’ano, e fonti greche e romane come Luciano
(Vera Historia 1.23), Plinio (Naturalis Historia 7.25) e Aulo Gellio (Noctes Atticae 9.4.10), avrebbe capito
che una solu zione di questo problema in termini di sola diffusione e im possibile, semplicemente perche la
negazione dell’ano e una fantasia umana, che puo trovarsi espressa a una varieta di livelli diversi: come
racconto in Sud America e nelle Filip pine, etc., come credenza socialmente imposta presso i Chaga,
e come fantasia nevrotica in pazienti occidentali (Keiser 1954, Devereux 1954b). Inoltre, il mito
sudamericano puo essere anche spiegato in termini strutturali (Levi-Strauss 1966).
Caso 53. — Se si vuole studiare l’idea della lussazione del pene dal punto di vista etnologico, bisogna
considerare come singoli universi di discorso una pratica Tupari, uno scherzo Mohave, un mito Zoroastriano,
una bugia eschimese, la particolare nevrosi dei koro indonesiani e della Cina del sud, un racconto della
raccolta « Le cento nuove novelle »,
171
12

un aneddoto semipomografico che risale all’Ancien Regime, l’atto di uno psicotico tedesco, il sogno di una
nevrotica ame ricana, la parestesia di un paziente borderline di Boston, la fantasia di un ossessivo del
Midwest, etc. (Devereux 1954a, 1957a). Solo una mappa di distribuzione di tutte le manife stazioni di questa
stessa idea puo essere antropologicamente significativa: la preparazione di una simile mappa richiede che si
prenda coscienza dell’uomo nella sua intera realta, fisica e psichica.
E. La psicologia dei tratti, che abusa, dei tests, impie gandoli come una sorta di sbarramento protettivo
contro l’af fettivita, e la controparte psicologica delle scienze sociali atomistiche. La possibilita offerta dai
tests, di fornire una comprensione intellettuale e di aumentare — e non dimi nuire — la percezione della
realta in ciascun soggetto e pro vata, in campo clinico, da lavori su tests fatti da illustri psico logi e, nel
campo del problema « cultura e personalita », da ricerche di studiosi ispirati come Hallowell (1955). Utiliz
zati da persone che non hanno paura delle realta psicologiche
i tests diventano strumenti per la comprensione degli esseri umani, non modi di sfuggirvi. Ma purtroppo, vi
sono anche « esperti » che (inconsciamente) usano i tests per poter me glio sterilizzare i materiali (5).
La monografia di Lessa e Spiegelman (1954) sulla per sonalita Ulithian, fondata principalmente su tests, e i
due lavori di Kluckhohn e Leighton (1946) e Leighton e Kluckhohn (1947) non riescono a fornire una
descrizione viva degli in diani Navahos — individui e gruppi — che hanno sottoposto a tests (Devereux
1948e,f). Lowie, invece, (1935) — che non si diceva psicologo e non faceva uso di tests — riusci a dare una
descrizione viva della tribu Crow e dei suoi mem bri. Persino lavori di carattere spiccatamente teorico, come
quello di Llewellyn e Hoebel (1941), che e una brillante analisi degli usi giuridici Cheyenne scritta da due
studiosi non specializzati nella questione dei rapporti fra cultura e
172
personalita e interessati a scopi completamente diversi, rie scono a dar vita alla loro descrizione degli
Cheyenne — a volte malgrado alcune diagnosi psichiatriche scorrette (6) — .
Di fatto, alcuni antropologi, nemici del punto di vista psicologico, sembrano esser diventati specialisti nel
campo
« cultura e personalita » per una sorta di soluzione di com promesso del tipo della « falsa compiacenza »
(mock com- pliance). Essi sembrano del resto aver pubblicato lavori basati su tests statistici, soprattutto per
ottenere l’autorita necessaria a combattere qualsiasi approccio autenticamente e profonda mente psicologico
alla natura dell’uomo. Alcuni articoli di Lessa (1956), Orlansky (1949) e Sewell (1952) sono buoni esempi di
questo tipo di manovra. Alcuni dati a questo pro
posito sono citati da La Barre (1958). F. La costruzione di modelli intellettualistici della per
sonalita e la controparte psicologica delle teorizzazioni cul turologiche. La costruzione di modelli e pratica
normale in ogni scienza che si sia sviluppata al punto in cui il far teoria diventa insieme necessario e
possibile. Bisogna pero capire che e possibile costruire modelli astratti della personalita senza prima
decontaminare i propri materiali. I modelli validi, a qualunque livello di astrazione si pongano — e ve ne
sono di molto astratti! — riguardano gli esseri umani e non « pre parati » di laboratorio. Essi hanno quindi la
stessa risonanza per il lettore ordinario e per il clinico, mentre certi altri mo
delli, come quello di Erikson (1950) restano — almeno per me — schemi disincarnati, anche se forse
ammirevoli. E, in questo contesto, istruttivo confrontare la tenuta e la vitalita di modelli altamente complessi
costruiti da Roheim (1950), Mead (1947a,b,c), Levi-Strauss (1949, 1955, 1962a,b, 1964) o da La Barre
(1954) con il gelido fulgore che emana dal formalistico modello della cultura e della personalita Yurok
fornito da Erikson (1943) (7). Cio si applica, in misura minore, anche ad alcuni aspetti (non a tutti!) del
modello della per sonalita etnica di Kardiner (1939, 1945). Anche chi non ac
173
cetta completamente i modelli proposti da Roheim, Mead, Levi-Strauss o La Barre, sentira, ancora e sempre,
che questi modelli apparentemente molto astratti evocano, con perspi cacia quasi magica, un amico, un
paziente, o un informa tore. Per contrasto, un modello puramente intellettualistico stupisce semplicemente
l’intelletto. E « ingegnoso » come una medievale disquisizione sul numero di angeli che possono stare sulla
punta di uno spillo. Il procedimento ingegnoso impressiona, ma non riesce a rendere reali per il lettore ne gli
angeli ne lo spillo, ne — per quanto ci riguarda qui — l’autore del trattato. Il lettore resta allora con la
domanda: « E allora? ».
Anche un procedimento teorico autentico e importante, quando e usato come una difesa contro l’obiettivita,
puo di ventare una delle fonti meno riconosciute — perche piu umi lianti dal punto di vista narcisistico —
delle deformazioni della scienza del comportamento. Si tratta in questo caso di un particolare tipo di teoria a
due livelli.
1. Il primo stadio consiste nella formulazione di una teoria che spiega adeguatamente quella parte dei fatti
che provocano meno angoscia. Questa teoria parziale serve poi generalmente a scoraggiare la ricerca
sull’altra parte di fatti, quelli che provocano angoscia maggiore.
2. Al secondo stadio questa teoria parziale viene siste maticamente elaborata, per creare l’illusione che sia
com pleta, e quindi scoraggiando ulteriormente ogni tentativo di far fronte agli aspetti disturbanti dei fatti che
si dichiara di aver spiegato.
Mentre il valore intrinseco — per quanto transitorio — delle teorie che rendono conto di un solo aspetto di
un pro cesso e fuori di dubbio, cio che conta qui e che la {corretta) teoria parziale e in seguito usata per
prevenire la formula zione di una teoria veramente completa.
Caso 54. — Alcuni anni orsono cominciai a interessarmi dei genitori di Edipo, piu che di Edipo stesso.
Rileggendo i
174
testi greci su Edipo come se non riguardassero in primo luogo Edipo, ma Laio e Giocasta, scoprii che questi
miti conside ravano esplicitamente il comportamento di Edipo come una conseguenza inevitabile del — e
una reazione al — comporta mento di Laio e Giocasta (8). Cio implica che il complesso di Edipo puo
legittimamente essere chiamato complesso « anti-
Laio » o « anti-Giocasta », e che il complesso di Laio e quello di Giocasta sono impropriamente chiamati
contro-edipici. Que sto termine suggerisce erroneamente che il complesso di Edipo del bambino suscita i
complessi « contro-edipici » dei genitori. Naturalmente, le mie osservazioni non mettono in discussione
resistenza del complesso di Edipo; di fatto, la confermano fortemente. Ho semplicemente indicato che il
complesso di Edipo del bambino e prima di tutto una risposta suscitata dagli impulsi incestuosi e/o omicidi
pre-esistenti dei genitori. Si tratta quindi, in termini rigorosi, di un complesso « anti- Laio » o « anti-Giocasta
».
Ora, anche se questo articolo riguardava fatti dimostrabili, fui avvertito in privato di non pubblicarlo: cio
avrebbe po tuto danneggiare la mia reputazione — allora ben stabilita — di freudiano ortodosso. Questo
articolo fu invece accettato — piu o meno a giro di posta — dall’organo ufficiale della Societa Internazionale
di Psicoanalisi (Devereux 1953b).
Caso 55. — Ulteriori ricerche sugli aspetti scotomizzati dalla ricerca scientifica di altre complesse relazioni
della prima infanzia mi hanno portato a scrivere un articolo sul carattere derivato degli impulsi cannibalici
caratteristici di questa eta. In quel lavoro, enunciavo alcune idee, fondate su numerosi dati di fatto:
1. le nostre informazioni sulla vita psichica dell’infante sono largamente ipotetiche, e consistono di
ricostruzioni piu o meno fondate;
2. il lattante non e ancora capace di distinguere tra carne umana e carne non-umana; non si puo quindi affer
mare, in senso psicologico, che abbia impulsi cannibalici. Il
175
bambino morde certamente il capezzolo, ma morde altret tanto forte il succhiotto di plastica. Si puo quindi
dire che ha impulsi di mordere e divorare, non che ha impulsi can- nibalici;
3. la credenza negli impulsi cannibalici specifici dei bambini e quindi il prodotto di una proiezione sul
bambino degli impulsi cannibalici dei genitori, oppure risulta dalla proiezione retrospettiva alla prima
infanzia da parte di bam bini piu grandi, in grado di distinguere tra carne umana e carne non umana. I loro
impulsi cannibalici rappresenteranno allora una risposta agli impulsi cannibalici dei loro genitori;
4. zoologia, antropologia e storia mostrano tutte che gli animali e gli esseri umani adulti divorano i loro
piccoli, e che questi ultimi non divorano mai i loro genitori; di fatto, essi non li divorano che molto
raramente anche dopo aver raggiunto la maturita. Anche il divorare il corpo di un geni tore morente o gia
morto e eccezionale (Erodoto 3.99), men tre l’uccisione di un bambino, per ragioni rituali o alimentari, e
estremamente diffusa (Devereux 1966d).
Questi fatti evidenti e queste conclusioni molto semplici hanno provocato reazioni assolutamente
straordinarie.
A) Reazioni di un collega, al quale ho mostrato in privato il manoscritto:
1. avevo menzionato le credenze Hawaiane riguardanti le voglie incontenibili delle donne in gravidanza, e
avevo citato la parola hawaiana che denota queste voglie. Malgrado cio, egli mi chiese se queste credenze
riguardavano soltanto pochi ha waiani o la nazione intera;
2. mi chiese di citare le fonti di certe mie affermazioni sui Mohave, quando era ovvio che stavo citando i
miei dati di campo;
3. malgrado egli fosse un medico, « si chiedeva » se era vero che:
a. alcuni animali femmina mangiano la placenta; 176
b. la sua ingestione favorisce la sostituzione dell’equi librio endocrino caratteristico della gravidanza con
quello ti pico dell’allattamento;
c. una cavia sperimentale, deprivata di alcuni elementi necessari alla sua dieta, seleziona, tra un certo numero
di tipi di cibo, quello che contiene gli elementi alimentari mancanti;
4. mi chiese di citare l’autorita scientifica cui mi riferivo per affermare che alcune donne primitive ricorrono
a un eserci zio fisico eccessivo per provocare l’aborto, anche se citavo, precisamente su questo punto, il mio
libro: « Studio sull’aborto nelle societa primitive » (Devereux 1955a);
5. dubito della mia affermazione che, in tempo di care stia, gli Australiani divorano i loro figli, anche se
citavo due fonti a sostegno della mia affermazione;
6. mi chiese di « chiarire » un certo numero di osser vazioni estremamente semplici, ecc.
B. Due commentatori. Una versione accuratamente rivista di quell’articolo fu poi pubblicata in una rivista in
cui gli arti coli sono sempre accompagnati dai commenti di altri autori. Uno dei miei tre commentatori
esamino — in modo del tutto legittimo — lo stesso problema da un punto di vista diverso, ar rivando a
conclusioni che mi sembrano complementari alle mie. Gli altri due evitarono accuratamente di rilevare il
fatto crucia le che, per avere impulsi cannibalici, bisogna conoscere la dif ferenza tra la carne umana e quella
animale. Essi fraintesero anche alcuni punti cruciali, mi imputarono idee che non so stengo e si
accontentarono piu o meno di osservazioni sarcasti che e di gridare all’eresia (Coodley 1966, Ekstein 1966).
Cio che conta qui non e il carattere bizzarro o capzioso di queste reazioni, che ho citato soltanto in parte nei
paragrafi precedenti.
Quel che importa e che queste reazioni erano evidentemen te frutto della natura ansiogena delle mie
conclusioni, che vio lavano due abitudini scientifiche molto diffuse:
177
1. il tabu riguardo all’esame in termini psicoanalici del comportamento dei genitori (9);
2. la tradizione secondo la quale tutto deve essere sempre rimproverato al paziente. In effetti, gia
Loewenstein (1947) aveva protestato contro l’uso di attribuire tutte le disavventure di un paziente al suo «
masochismo morale » (10).
Come freudiano perfettamente ortodosso, vorrei suggerire che certe parti non analizzate della teoria
psicoanalitica possono servire come resistenza ai fatti (Devereux 1956b) — e cio mal grado l’insistenza di
Freud sulla precedenza dei fatti rispetto alla teoria (Freud 1964) (11). La psicoanalisi e diventata una scienza
perche e stata capace di accettare fatti che molti prefe riscono ignorare.
L’utilizzazione difensiva della teoria non e limitata alla psicoanalisi.
Caso 56. - La chiave di volta della teoria dell’apprendi mento di Guthrie (1935) e il principio della « prova
unica con rinforzo proattivo » (Voeks 1954). Questo sistema e certo coe rente, comprensivo e irrefutabile ma
solo nel senso molto limi tato — e cio, purtroppo, e raramente compreso — in cui le regole del gioco di
scacchi sono coerenti, comprensive e irre futabili, perche prevedono ogni possibile eventualita. Il siste ma di
Guthrie merita dunque solo quella specie di stima mista a irritazione che si accorda all’inventore di un
enigma apparen temente insolubile, che un trucco semplice e esasperante permet te di risolvere. Guthrie
postula che l’apprendimento ha luogo, in modo completo, in ogni prova riuscita. Il fatto che questa tesi e
contraddetta sia dal senso comune che dall’esperienza
quotidiana, e che puo essere provata soltanto facendo ricorso ad argomenti speciosi e molto meno
disturbante, dal punto di vista logico, del fatto che essa contraddice il dato fondamen tale di tutte le scienze
della vita: ogni organismo e un sistema crono-olistico, il cui comportamento all’istante i + Ai non e
completamente comprensibile in termini del suo stato all’istan te t, ma solo riferendosi alla sua intera storia
(cfr. Capitolo 1).
178
Questo fatto lascia inalterate la coerenza, la comprensione e Tirrefutabilita del sistema di Guthrie, ma lo
relega nella cate goria dei sistemi operativi il cui prototipo e il gioco degli scac chi. E probabile che simili
prodezze ludiche e quasi scolasti che seducano tutto quel che c’e di infantile nello spirito di chi si vuole a
ogni costo « scientifico ». Il sistema di Guthrie e preso sul serio da alcuni studiosi soprattutto perche e
talmente ridut tivo che l’atteggiamento olimpico del ricercatore non e mi
nacciato dal fatto che il ratto che corre nel labirinto e quanto lui dotato di sensibilita (12).
Il sistema di Guthrie e particolarmente gratificante per un certo genere di ricercatori perche non soltanto li
situa al di fuori delPesperimento ma soprattutto ignora il fatto che l’osservatore, che potrebbe anch’esso
esser soggetto alle leggi Guthriane che governano il comportamento del ratto (Guthrie 1935, 1938), e
autorizzato a conservare — sfuggendo a ogni problema logico e psicologico — la sua identita umana e le sue
esperienze co gnitive, senza le quali non potrebbe effettuare alcun esperi
mento, senza parlare dell’interpretazione dei risultati (cfr. Capi toli 2 e 3).
Cosi, poco importa che una teologia privata o una riduzione meccanicista siano all’origine degli sforzi per
sfuggire ai pro blemi suscitati dalla particolare natura dei fenomeni della vita, e piu specificamente
dell’uomo e delle sue opere: la differen za tra i fenomeni della vita e gli altri fenomeni ha esercitato
un’influnza decisiva sulla storia delle idee umane sulla biosfera e sulla stessa umanita. Cio che ci interessa
qui, e soltanto il problema limitato della natura distintiva dei dati comportamen
tali e di un quadro di riferimento teorico capace di trattare i fenomeni della vita come fenomeni della vita, e
non come qual cosa di diverso.
Un tratto comune a ogni ricerca e che a un certo momento dell’esperimento, un evento e convertito in
percezione. Qualcu no — che sia Zeus, Einstein, Darwin, Freud, E. R. Guthrie o, perche no? ... Giovanni
Rossi, dichiara: « Questo io percepi
179
sco », il che costituisce un enunciato cognitivo (Capitolo 12). Conformemente all’opinione di Poincare,
secondo la quale lo scopo della scienza e di scoprire similitudini nelle differenze e differenze tra le
similitudini, cerchero di mostrare che uno dei modi operativamente efficaci di distinguere tra dati che
riguardano la vita e dati che non la riguardano e di esaminare questi due tipi di fenomeni nel punto preciso
del processo sperimentale in cui il ricercatore dichiara: «Questo io per cepisco ».
L’uso difensivo della teoria puo viziare totalmente un pro getto di questo genere perche come vedremo ai
Capitoli 22 e 23, e solo la teoria che determina il punto esatto in cui lo sperimentatore o l’osservatore
esclamano: «questo io perce pisco », e possono quindi gridare: « Eureka! » (13).
180
NOTE
(1) Analogamente, durante le guerre persiane, Temistocle si vide costretto a offrire sacrifici umani agli Dei (Plutarco, Temistocle
13). Dopo essere stati sconfitti da Agatocle, i Cartaginesi ricominciarono a sacrificare i loro figli, in sostituzione di bambini comprati
(Diodoro Siculo 20.14.4).
(2) Euripide (Ifigenia in Tumide, versi 1458 sgg#) racconta che un simile sacrificio umano attenuato fu offerto a Halai Arafcnide
davanti alla statua di Artemide di Tauride che, in quella regione, riceveva autentici sacrifici umani.
(3) Come Hallowell fece un giorno ironicamente notare: «E molto semplice: gli etnologi non si interessano molto alla gente ».
(4) Ho io stesso tratteggiato uno schema concettuale della societa (Devereux I940a) che eliminerebbe provvisoriamente dal quadro
l’individuo, ma all’unico scopo di chiarire la natura del fatto sociologico. In seguito (1945, 1957a, 1961b), ho spesso insistito sulla
specificita della compren sione, sociologica o psicologica, di un fenomeno dato, come sulla comple mentarita delle due spiegazioni.
Nello stesso tempo, ho chiaramente sotto- lineato (1958c, d, 1961b) che si trattava soltanto di una procedura preliminare, prima di
poter arrivare alla definizione di un contesto unitario, capace di combinare le due percezioni parziali, e teoricamente distinte, della
realta. Non ho mai espresso l’opinione che questi due punti di vista non potevano, ne dovevano venire unificati — in quella
prospettiva unitaria che e il complementarismo.
(5) I clinici psicodinamici si lamentano spesso che i rapporti di tests fatti da psicologi mediocri sono schemi vuoti, pieni di
espressioni gergali che vanamente tentano di farsi passare per autentico insight e empatia clinica creativa.
(6) Cosi, una donna cheyenne anormalmente autoritaria e aggressiva, che Llewellyn e Hoebel dicono « psicopatica », soffriva quasi
certamente di una grave nevrosi caratteriale.
(7) Il Dr. Loewenstcin mi ha detto che ogni volta che lui, Hartmann e Kris lavoravano a un saggio teorico, verificavano ogni schema
teorico citando, nella discussione, dati clinici appropriati. Per facilitare l’esposizione, a volte questo materiale non figurava nei saggi
pubblicati. Possiamo opporre con profitto questo metodo di costruzione dei modelli — per non parlare del metodo di Freud — con i
modelli puramente intellettuali, come quelli di Rapaport (1951a, b).
181
(8) Molto tempo fa, l’ellenista Bethe (1891) giungeva, implicitamente, alla stessa conclusione. Egli ha dimostrato che il mezzo con il
quale, secondo una tradizione, Laio tento di uccidere suo figlio appena nato corrispondeva al tipo di punizione tradizionalmente
riservato ai parricidi reali: fu questo parricidio anticipato che, secondo Bethe, provoco piu tardi il parricidio di Edipo.
(9) Questo tabu fu criticato dal piu franco degli insegnanti dell’Istituto di Psicoanalisi in cui ho ricevuto la mia formazione.
(10) Come un collega veramente realista mi fece notare un giorno: «Nella nostra professione, il cliente ha sempre torto! ».
(11) L’uso scorretto che Freud ha fatto di questa affermazione a pioposito della telepatia non ne inficia la validita.
(12) Notiamo che gli psicologi di scuola cognitiva,' che non evitano questo specifico problema, praticano sugli animali meno
operazioni dolorose e distruttive che gli psicologi di scuola comportamentistica e riduzionistica.
(13) Si dice spesso che, mentre i teorici comportamentisti dell’apprendi mento formulano teorie sistematiche, i teorici
dell’apprendimento (« locale ») cognitivo cercano prima di tutto di confutare le teorie dei comportamentisti. Questa accusa e,
nell’insieme, fondata. Gli psicologi cognitivi evitano evi dentemente la costruzione di sistemi, perche questa li condurrebbe inevita
bilmente alla posizione psicoanalitica, e li farebbe quindi uscire dai limiti delle psicologie accademiche ufficiali. Cio metterebbe del
resto fine al dialogo con i loro colleghi comportamentisti, controversia che esige una comunanza, almeno parziale, di linguaggio e di
punti di vista. E forse significativo che soltanto dopo essere diventato Professore onorario Tolman adotto una posizione teorica che,
piu o meno, e quella della psicoanalisi classica (Tolman 1949).
182
8. - Utilizzazione sublimatone! vs utilizzazione difensiva del la metodologia
E senz’altro legittimo che lo scienziato che si trova a do ver elaborare materiali ansiogeni cerchi il modo di
ridurre sufficientemente l’angoscia, in modo da poter compiere il proprio lavoro efficacemente. Ora, lo
strumento piu efficace e durevole per ridurre l’angoscia e certamente una buona me todologia. Essa non
toglie alla realta il suo contenuto ansio geno, ma la « addomestica », dimostrando cosi che anche materiali di
questo tipo possono essere compresi e elaborati dall’io cosciente. Un buon metodo, inoltre, tramite Yinsight,
puo fare dell’angoscia stessa un dato scientificamente utile. Cosi, nelle scienze del comportamento come
nella terapia
psicoanalitica, una buona metodologia garantisce che « la dove era l’Es, si trovi l’Io » (Freud). Una volta
compresa, l’ango scia puo diventare fonte di serenita e creativita psicologiche, e quindi di buona scienza.
Purtroppo, anche la metodologia migliore puo venire in consciamente e abusivamente utilizzata come
atarattico, co me artificio volto a ridurre l’angoscia; essa produce allora dei
« risultati » scientifici (?) che puzzano di cadavere e non han no piu nessuna rilevanza in termini di realta
vivente. L’impor tante non e quindi sapere se si utilizza il metodo anche come modo di ridurre l’angoscia,
ma riconoscere se cio e fatto con conoscenza di causa, in modo sublimatorio o, in modo incon scio, a fini
esclusivamente difensivi.
Caso 57. - L’uso di coprire con un lenzuolo il malato che sta per subire un’operazione chirurgica ha per
scopo principale di garantire che questa si svolga in ambiente asettico.
183
D'altra parte, cio riduce incidentalmente le angosce del chi rurgo, creando l’illusione, provvisoriamente
utile, che egli sta operando soltanto una « zona » e non che « in realta » egli sta ferendo un essere vivente
(Caso 256). In realta, il chi rurgo deve essere consapevole del fatto che, dall’inizio alla fine dell’intervento,
sta operando un essere vivente. Se accet ta acriticamente questa illusione protettrice, se si astiene dal pensare
al ritmo respiratorio, al rischio di un trauma, ecc. — l’operazione sara riuscita, ma il paziente sara morto.
La sostanza viva — e quindi pertinente — dell’uomo e della cultura « muore » nello stesso modo se lo
studioso del comportamento dimentica che la cultura non ha un’esistenza separata dalle persone, e che i tratti
culturali non sono pensa bili fuori dalla loro matrice psico-culturale.
Lo studio della cultura, distinta dall’uomo e dalla specifica psicologia umana, utilizza mezzi che gli sono
propri, senza i quali la nostra comprensione dell’uomo sarebbe in effetti trascurabile. Ricerche di questo tipo
sono pero utili solo se servono come punti di partenza per studi di tipo psicologico. Coloro che studiano la
cultura in se per ragioni sublimatorie sono in genere anche studiosi dell’uomo come essere vivente.
Caso 58. - Le teorie fondamentali della piu sociologica delle scuole di sociologia — quella di Durkheim e
Mauss — sono, come sappiamo oggi, le piu compatibili con il pensiero psicoanalitico.
Analogamente Levi-Strauss (1949, 1958) che e a volte considerato a torto come un oppositore della
psicoanalisi, pro pone per certi aspetti una metodologia ancora piu rigorosa, dal punto di vista psicoanalitico,
di quella adottata da Freud in Totem e Tabu (1955a).
Anche Kroeber (1952), l’inventore del concetto di su perorganico, era (almeno in modo ambivalente)
interessato al la psicologia. Egli sentiva pero che non sarebbe mai piena mente riuscito a fondere i risultati
delle sue ricerche antropo- logiche con quelle psicologiche (comunicazione personale).
184
Per contrasto, coloro che usano in modo difensivo i me todi della culturologia sono in generale ostili a ogni
tentativo di studiare l’uomo, che e insieme l’origine e il mediatore della cultura, in quanto essere vivente.
La negazione implicita dell’esistenza — o comunque del l’importanza — dell’uomo ha portato la
culturologia a una posizione simile a quella del materialismo storico, cui ideo logicamente somiglia: essa e
praticamente obbligata a postu lare che la cultura e la societa hanno un’origine extra-umana.
E la stessa situazione di quel filosofo che, non credendo che il linguaggio avesse potuto essere inventato
dall’uomo, si trovo costretto a postulare un dono divino (Vendryes 1921).
E spesso conveniente trattare la cultura, i tratti cultu rali, la psiche, i tratti psicologici e simili come entita
auto- sufficienti, operando temporaneamente come se la loro ana lisi potesse fornire risposte complete, cioe
come se la loro matrice psicoculturale (e le persone reali) non esistessero. Ma cio e ammissibile soltanto a
condizione che si sappia (a livello
preconscio) dall’inizio alla fine che si e semplicemente ricorso a una finzione procedurale conveniente e che,
nel quadro ge nerale delle vere scienze del comportamento, tratti e realta analoghe esistono soltanto
all’interno di una matrice psico culturale sostenuta da persone reali. Questa tesi e valida per tutte le branche
dell’antropologia, anche l’antropologo fisico deve tener conto di cio che il corpo significa in termini
psicoculturali: se il corpo che egli misura e stato dedicato ad Apollo in una palestra greca, o e vissuto
nell’incubo della cella di un asceta.
Chi analizza anche un solo tratto di una determinata cultura deve, analogamente, tener conto non soltanto dei
suoi antecedenti rituali o mitici, ma anche di tutti i loro equiva lenti idosincrasici. Altrimenti, non potra ne
comprendere, ne correttamente ricostruire la diffusione di miti come quello degli uomini privi di ano, o
concezioni come quella della lussa zione del pene (Casi 52, 53). Una buona storia culturale
185
dei viaggi nello spazio deve cominciare dall’analisi dei sogni di volo e del mito di Icaro, cosi come la storia
del paracadute deve cominciare con i sogni di caduta (Devereux 1960c) e con il rito greco del salto in mare
(Gailini 1963). In nessun altro modo si possono realizzare studi antropologico-culturali o psicologico-
psichiatrici, e meno che mai si possono far studi autentici sul rapporto tra cultura e personalita.
La procedura sperimentale ad hoc che consiste nell’isolare (in senso psichiatrico) i fatti obiettivi « esterni »
(tratti cul turali) dalle loro risonanze affettive « interne » (angoscia, sim bolismo onirico) e legittima e
tecnicamente comparabile alla distinzione — ora in parte desueta, ma un tempo utile — tra gli aspetti fisici e
quelli chimici di un processo naturale. La questione e in fondo semplice: per quale scopo reale si isolano i
fatti culturali dalle loro risonanze affettive?
Gli aspetti idiosincrasici, piuttosto che tecnici, di questo problema non possono essere eliminati
perfezionando le tec niche sperimentali o di ricerca sul campo. Lo studioso del comportamento deve invece
essere aiutato a comprendere che i suoi materiali sono almeno altrettanto ansiogeni dei fatti clinici: egli deve
dunque far fronte all’angoscia, per resistere alla tentazione di scotomizzare parte del materiale. Un’analisi
personale generalmente aiuta in questo compito, per quanto uno studioso di buon livello, disposto a empa-
tizzare con altre persone e capace di tollerare l’angoscia, e spesso in grado di elaborare questo problema
altrettanto bene che un ricercatore analizzato. Poche, fortunate persone, non hanno semplicemente nessun
bisogno di un’analisi te rapeutica.
In genere, lo studioso del comportamento si sente spinto a sviluppare un atteggiamento professionale e una
serie di strategie in grado di proteggerlo dal forte impatto con mate riali ansiogeni. Nello stesso tempo, visto
che uno scienziato non e soltanto un vulnerabile essere umano, che cerca auto
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maticamente di evitare l’angoscia, ma anche un idividuo crea tivo capace di sublimazione, molte delle
strategie che e (incon sciamente) portato a sviluppare per proteggersi dall’angoscia, hanno anche un valore
genuino per la scienza. Per esempio,
anche se l’idea di raccogliere i sogni provocati dal film sulla subincisione era senz’altro ispirata — in senso
psicoanali tico — dal mio desiderio di risolvere le angosce che aveva suscitato in me, essa rappresentava
anche, nello stesso tempo, una sublimazione. Come tale, era diretta a un progetto scientifico valido.
Purtroppo, in alcuni casi e precisamente Yovvia utilita di certe procedure scientifiche a favorire la scoto-
mizzazione della loro funzione difensiva. Cio conduce all’abu so di tecniche valide per scopi soprattutto
difensivi, masche rato da « attivita scientifica » obiettiva e spassionata. Questa fuga nell’automistificazione
— responsabile di tanta produ
zione scientifica di secondo piano — sfrutta semplicemente il fatto triviale che il luogo migliore in cui si puo
nascondere un inconscio irrazionale si trova al di la di una facciata di problemi realistici e rispettabili — in
questo caso collegati alle tecniche dell’« attivita scientifica ».
Il temporaneo distacco che il metodo scientifico permette di realizzare e legittimo quanto quello che il
chirurgo realizza coprendo con un lenzuolo tutto il corpo di un paziente, meno la zona in cui l’operazione
deve effettivamente aver luogo. Ma il sangue freddo del chirurgo puo anch’esso diventare fine a se stesso:
alcuni chirurghi sono nevroticamente inclini a operare a ogni pie sospinto, e fanno in questo modo il gioco di
donne masochiste che si dedicano alla polichirurgia
(Menninger 1938). Cio che e in discussione qui non e ne l’approccio culturalistico, ne la costruzione di
sistemi, ne il test psicologico, ma Yuso inconscio di validi strumenti meto dologici soprattutto come
meccanismi di difesa, e solo inci dentalmente come tecniche scientifiche (sublimatorie). Questi
187
13

strumenti possono essere usati come sublimazioni soltanto se con una stessa procedura si possono realizzare
due scopi:
1. la riduzione permanente dell’angoscia (soggettiva);
2. la produzione di risultati non deformati.
Quegli strumenti che non permettono di realizzare questi
due scopi sono semplici difese che, pur alleviando provviso riamente l’angoscia, non servono a fini creativi.
Tra questi due estremi vi e poi tutta una gamma di manovre miste, tra cui l’uso parzialmente nevrotico di
strumenti che altri studiosi, piu perspicaci, utilizzano prima di tutto come subli mazioni creative.
Vammortizzamento tramite sublimazione caratterizza il metodo scientifico, che comprende l’arte di
formulare astra zioni utili e la definizione di universi di discorso. Oltre alla sua utilita oggettiva, un buon
metodo puo ostacolare defor mazioni transferenziali e contransferenziali grossolane. E anche probabile che,
se l’umanita non avesse alcuna tendenza nevro tica alla deformazione della realta, la logica formale e il
metodo scientifico non sarebbero stati necessari, e non sareb bero quindi esistiti.
L ’ammortizzamento tramite l’obiettivita, che rappresenta una sublimazione, si distingue dal semplice
distacco difensivo. L’obiettivita risulta dal controllo creativo di reazioni irra zionali coscientemente
riconosciute, e senza perdita di affetto. Nelle resistenze controtransferenziali le reazioni difensive in consce e
irrazionali vengono invece negate, e l’affetto e inibito nel punto in cui si verifica l’isolamento nevrotico.
L’isolamento non e realizzato consapevolmente: lo studioso, preso dall’an goscia, lo considera quindi alla
stregua di un’autentica ogget tivita, il che naturalmente diminuisce la sua capacita di con trollare i suoi
pregiudizi. Oltre a cio, la manovra difensiva aumenta la distanza sociopsicologica che separa l’osservatore
dall’osservato, mentre una serena obiettivita la diminuisce. Ultimo, ma importante punto: l’uso sublimatorio
e consape vole delle tecniche scientifiche allo scopo di ridurre l’angoscia
188
suscitata dai materiali permette di eliminarla permanente- mente — visto che questa e una caratteristica
fondamentale di ogni sublimazione (Jokl 1950). Per contrasto, il loro uso inconscio e automistificante, al fine
di negare temporaneamente e di sopprimere l’esperienza cosciente dell’angoscia, conduce soltanto alla
successiva rimobilitazione dell’angoscia rimossa, con intensita ancora piu forte (Caso 42).
In generale, l’uso pratico e sublimatorio di un atteggia mento scientifico e di altre difese professionali, puo
metterci in grado di compiere un atto in se egodistonico ma necessario, e di farlo in modo che, alla fine,
provoca meno danni che la pura e semplice non esecuzione di quel gesto. Per contra sto, il compimento di
quello stesso atto in uno stato d’animo puramente difensivo e di isolamento, suscita inevitabilmente piu
angoscia e provoca danni maggiori.
Caso 59. — Una volta adottato dai Sedang, la mia autodefinizione come scienziato mi permise una volta di
sacri ficare un maiale, colpendolo alla testa con una mazza. Quel che qui conta, e che, usando una mazza
molto grossa, uccisi d’un colpo quel piccolo maiale, mentre al mio posto un Sedang l’avrebbe bastonato
lentamente fino alla morte (Caso 36). Il fatto che sono riuscito ad obbligarmi a far questo mostra l’efficacia
dell’autodefinizione: «Io sono uno scien ziato ». Il fatto che mi sforzai di non ucciderlo lentamente e con
poca energia, come avrebbe fatto un Sedang, dimostra
poi che si trattava di sublimazione, e non di un acting out nevrotico, o di un’occasione apparentemente
legittima per esprimere sadismo latente. Specificamente, visto che cio che spingeva i Sedang a uccidere
lentamente i maiali sacrificali non era una tradizione formale, ma semplicemente la loro insensibilita, non mi
sentii obbligato a far di piu di quanto la tradizione mi richiedeva. Se fossero intervenute motiva zioni
nevrotiche (provocando un acting out), mi sarei certa
mente sentito « obbligato » a uccidere quel maiale lentamente, come fanno i Sedang. Un ricercatore
inconsciamente sadico
189
si sarebbe certamente persuaso che la sua «integrita scien tifica » di osservatore partecipante esigeva di
uccidere il maiale lentamente, anche se la tradizione formale Sedang non lo richiede.
L’atteggiamento professionale, cosi come i metodi e le tecniche scientifiche, possono essere efficacemente
usati solo se si comprende che, al livello inconscio, funzionano anche come difese contro l’angoscia suscitata
dai materiali. Se la loro funzione difensiva e negata, essi vengono ben presto utilizzati per fini soprattutto
difensivi, specialmente quando vengono ostentatamente presentati come strumenti esclusivi dell’« attivita
scientifica ».
9. L ’irrazionale nella ricerca sulla sessualita.
E un luogo comune affermare che la civilta occidentale e cosi irrazionale in materia di sessualita, che rifiuta
persino di discutere quest’irrazionalita, e giunge fino a punire l’obiet tivita su questo argomento. Vorrei
proporre qui la tesi — forse meno triviale — che le altre civilta sono, e devono essere, altrettanto irrazionali
su questo punto, per quanto lo siano in modo diverso.
Lo stesso e vero per l’individuo. Piu di trent’anni di ricerca e di lavoro clinico mi hanno soltanto reso
consapevole della mia irrazionalita riguardo alla sessualita, senza mettermi in grado di controllarla
completamente, o di riconoscere tutte le sue manifestazioni e tutti i suoi sotterfugi. Posso quindi discutere
alcuni dei modi in cui la ricerca sulla sessualita rivela la sua irrazionalita, ma non sono in grado di indicare
una strategia di ricerca che possa garantirne l’assoluta ra
zionalita. Propongo di considerare prima alcune manifestazioni di
questa irrazionalita, e di analizzarne in seguito i fondamenti logici.
Le manifestazioni dell’irrazionalita.
L’umanita e riluttante a capire la sessualita; sia l’adulto che il bambino (Freud 1959a), insaziabilmente
curiosi di queste cose, ri-rimuovono rapidamente qualsiasi valida infor mazione sulla sessualita. Certi analisti
del comportamento sembrano addirittura aver scelto di studiare il comporta mento sessuale manifesto
soltanto per poter dichiarare che,
191
or

siccome hanno gia fatto del loro meglio a questo livello, pos sono essere dispensati dall’osservare le cose piu
profondamente. Dietro a questo sotterfugio sta un vecchio atteggiamento legalista e moralista (= infantile),
ossessionato da cio che la gente fa, ma fobico riguardo alle ragioni del comporta mento, e riguardo al
significato di cio che la gente fa — o non fa — sia per se stessa... che per chi l’osserva. Nella stessa moderna
psichiatria e psicoanalisi la definizione di base della perversione va pochissimo oltre la descrizione del puro
e semplice comportamento manifesto, anche se tutti sanno che molti comportamenti normali, descritti come
eterosessuali e coniugali, sono alimentati da impulsi e fantasie perverse.
Nel suo solito modo incerto e contorto, l’umanita ha sempe avuto coscienza della sua mancata obiettivita in
ma teria sessuale e ha quindi tentato di rimediarvi... natural mente nel modo meno efficace possibile e
garantendosi (in modo rassicurante) la perpetuazione dell’irrazionalita. Ha quindi fatto ricorso alla finzione
disastrosamente sterile del- 1’« uomo venuto da Marte », idealmente distaccato, capace di essere obiettivo
sulla sessualita proprio perche vi e perso nalmente insensibile. Ha quindi affidato l’elaborazione dei suoi
codici di comportamento sessuali a vegliardi impotenti,
a donne frigide che hanno passato la menopausa, a religiosi celibi e nevrotici, come Origene, che si e
autocastrato, a omo sessuali schizoidi come Platone, e persino agli eunuchi. Cosi, anche la cosiddetta
letteratura « erotica » tratta largamente di perversioni, e piu di un ribelle scientifico sostiene che la
perversione e « in realta » un comportamento normale (Ca pitolo 15).
Caso 60. — Gli eunuchi del Sultano turco riuscirono a trasformare la routine e l’etichetta dell’harem in un
rituale ossessivo, che regolava le scelte del sultano e il suo compor tamento nei piu piccoli dettagli. Il
fantasma delle gioiose orge dell’harem non e che un sogno a occhi aperti di timidi nevro tici occidentali.
192
Anche alcuni studiosi del comportamento sono inclini a chiamare « liberta sessuale » qualsiasi camicia di
forza ses suale che non somigli alla loro.
Caso 61. — Un’analisi spassionata della cosiddetta «li berta sessuale prima del matrimonio » in uso presso
certe tribu mostra che quel che viene chiamato liberta e soltanto una promiscuita forzata accuratamente
regolata (Devereux 1955a). Certe tribu Muria proibiscono a una donna nubile di passare piu di tre notti con
lo stesso partner (Elwin 1947). Presso i Naga, una ragazza deve, in fin dei conti, sempre sposare l’uomo a cui
e stata promessa nella prima infanzia (Fiirer- Haimendorf 1946). Alcune madri micronesiane praticano af
fannosamente la magia per assicurarsi che le loro figlie avran no degli amanti. Presso i Lepcha e quasi un
dovere cogliere sempre e comunque l’occasione di aver rapporti sessuali —
anche con un partner senza interesse — e cio configura pro babilmente una compulsione nevrotica (Gorer
1938).
Il sotterfugio che abbiamo chiamato dell’«uomo venuto da Marte » sottende anche gran parte della ricerca
impostata esclusivamente sul comportamento sessuale manifesto.
Caso 62. — Il programma di ricerca piu completo sulla sessualita umana e stato affidato a uno specialista
delle vespe, Alfred C. Kinsey, forse perche si pensava che un entomolo go puo essere effettivamente
obiettivo. Risultato: i rapporti Kinsey (1948, 1953, 1958) sono variamente insoddisfacenti sia nel metodo che
nella sostanza. I dati fomiti dagli infor matori sono quasi sempre utilizzati senza tener conto del modello
culturale che regola le risposte, senza prender co
scienza delle deformazioni inconsce, dell’oblio (rimozione) e del ricordo-schermo. Gli autoapprezzamenti
sono a volte trat tati come diagnosi valide (Caso 2). Oltre a questo, bisogna notare che molti studiosi del
comportamento avevano mostrato molto tempo fa che le specifiche conclusioni del gruppo Kinsey sulla
pretesa non esistenza dell’orgasmo vaginale sono con trarie ai fatti (Reich 1927, Lorand 1939, ecc.).
193
E certamente vero che i Rapporti Kinsey hanno tempora neamente alleviato le angosce e i sensi di colpa di
quei lettori che si credevano devianti solo perche non si rendevano conto che molti dei loro simili si
comportavano esattamente nello stesso modo. Questo, pero, non e a rigore un risultato scien tifico. E un dato
riguardante l’impatto sul pubblico della tesi, implicita nei lavori di Kinsey, che la media statistica dei
comportamenti e necessariamente « normale ». Questo e un errore disastroso, perche molti comportamenti
sessuali dell’uomo sono manifestamente anormali, se seguiamo quei pochi criteri oggettivamente validi di
cui possiamo disporre.
I Rapporti Kinsey contengono innegabilmente un gran numero di informazioni che, correttamente analizzate,
possono fornirci una comprensione piu profonda di quella del gruppo Kinsey, interessata esclusivamente al
comportamento mani festo.
Si potrebbero certamente utilizzare i dati non elaborati di Kinsey come dei campioni illustranti il ventaglio e
la gamma dei comportamenti sessuali americani. Sottoponendo questo insieme « orizzontale » di
informazioni a quel che potremmo chiamare una rotazione di novanta gradi (Deve- reux 1955a), esso
potrebbe essere trattato come un insieme di dati profondamente psicologici, nel quale le modalita pre valenti
del comportamento sessuale rappresenterebbero una zona vicina alla coscienza, mentre i comportamenti piu
rari corrisponderebbero a impulsi sessuali e fantasie in genere meno coscienti, come l’invidia maschile delle
funzioni ripro duttive femminili — cosi evidentemente espressa dalla couvade e dal nostro Caso 256.
Caso 63. — Gli stessi psicoanalisti non sono compieta- mente insensibili al canto di sirena che si esprime
nella finzione dell’« uomo venuto da M arte». Alcuni di loro sottolineano appena un po’ troppo spesso
l’impeccabile purezza e anche il puritanesimo che caratterizzano la vita privata di Freud, come per insinuare
che la sua relativa inesperienza personale
194
puo garantirci della sua obiettivita, provando cosi che egli non ha insistito sull’importanza della sessualita al
solo scopo di razionalizzare la sua privata « lubricita ». Questa inter pretazione dei fatti e, naturalmente,
fondamentalmente non psicoanalitica. La lubricita e il puritanesimo hanno — come ogni comportamento
umano — motivazioni inconsce: il pri vato comportamento sessuale di uno scienziato non puo quindi
garantire, ne del resto rendere sospetta, la sua obiettivita ri guardo al sesso... anche se questa obiettivita fosse
possibile, il che, secondo me, non e vero.
Caso 64. — Il rifiuto di comprendere ed esplorare il complesso problema della sessualita greca risale almeno
alle Rane di Aristofane, in cui Eschilo rimprovera a Euripide di aver mostrato sulla scena delle donne
innamorate. Egli non cerca di confutare la difesa di Euripide, che dichiara di aver soltanto dipinto la vita cosi
com’e. Egli sembra consi derare questo realismo come una circostanza effettivamente aggravante. Eppure
Aristofane non ha certo esitato a mettere in scena la lascivia eterosessuale e omosessuale e l’eccitamento
sessuale senza oggetto determinato (1), con parole e gesti
che non lasciano nulla all’immaginazione. Ora, i due tratti piu originali della Grecia antica si trovano
ad essere il suo « genio » e il ruolo che vi giocava l’omoses sualita, non soltanto nella vita privata, ma anche
nella societa, nelle questioni militari (2), nella letteratura (la paidika era addirittura diventata un genere
letterario), nella filosofia e nell’etica (Platone). Il genio greco e stato naturalmente ed esaustivamente
studiato per almeno 2.300 anni, mentre l’inte resse scientifico dedicato all’« omosessualita » greca e stato ed
e ancora praticamente trascurabile (Dover 1964). Se si crede, come fanno giustamente molti ellenisti, che
una cultura non
e un conglomerato fortuito di tratti, ma un sistema altamente integrato le cui componenti si spiegano l’una
con l’altra, la nostra ipotesi di lavoro dove quasi obbigatoriamente essere che deve esistere una qualche
connessione tra il genio e l’omosses-
195
sualita greca. Questa ovvia ipotesi non e pero mai stata adot tata (Devereux 19676).
Naturalmente, e anche vero che i Greci non erano essen zialmente omosessuali, nel senso di una scelta
esclusiva in favore di partners omosessuali. Essi consideravano semplice- mente l’esperienza sessuale in se,
ma non avevano deciso di dirigere l’impulso in una direzione precisa, o verso un certo particolare tipo di
partner. In effetti, almeno nella fantasia, i Greci erano disposti a considerare ogni oggetto esterno come un
potenziale oggetto sessuale (3), come gia Platone (Simpo sio 191B) e Plutarco (Amatorius 767D) cercavano
di na scondere.
Cosi, mentre e probabile che, nella pratica reale, pochi Greci si dessero alla bestialita, molti loro miti parlano
di dei che fornicano in forma animale, sia tra loro (come Posei done con Demetra), sia con esseri umani
(come Zeus con Leda), e forse (come Borea) anche con animali. Ora, si possono considerare questi miti
soltanto come racconti di matrimoni sacri (ieroi gamoi), da interpretare nell’ambito del pensiero religioso
greco. Se invece ci si riferisce a un contesto psico logico, essi devono certamente essere interpretati come il
riflesso di una piu o meno inconscia indiscriminazione nella scelta di un partner sessuale. Questo e del resto
dimostrato
dalla presenza di molte storie greche sulla fornicazione di umani con veri e propri animali (4), e a volte
anche con oggetti inanimati di forma spesso non umana (5).
L ’« omosessualita » greca e dunque, probabilmente, non tanto l’espressione di una scelta definitiva per il
partner omo sessuale, quanto il risultato di una sensibilita sessuale quasi indiscriminata quale puo essere
osservata in alcuni adole scenti nel periodo della puberta... ed e forse questo aspetto che puo in parte
spiegare la freschezza adolescenziale della visione greca, innamorata di tutta la realta, che e uno dei tratti
caratteristici del suo genio — e una causa del suo rapido declino (6).
196
Data rintrinseca irrazionalita dell’uomo a proposito della sessualita, e il suo ostinato rifiuto di comprenderla,
il meglio che uno studioso del comportamento puo fare e di ricordare l’ammonimento di Spinoza: «non
ridere, non piangere e cerca invece di capire ». Visto che non disponiamo finora di mezzi per raggiungere
l’obiettivita a proposito della ses sualita o di comprenderla realmente, dovremmo almeno cer care di
comprendere la nostra mancata comprensione, e i sotterfugi cui ricorriamo per perpetuarla. Puo essere
saggio
dire, come Maimonide: «Non so»; e sicuramente ancora piu saggio capire perche non si sa.
Alcune delle principali difficolta sono esposte nel Capi tolo 15, dove discuto del ruolo del modello-di-se
sessuale nella ricerca e in medicina. Trattero qui soltanto dei problemi creati dal sesso dello studioso, nel
modo in cui e percepito dai soggetti, oltre che del problema, estremamente impor tante dal punto di vista
teorico, delle possibilita logiche di uno studio della sessualita tramite l’osservazione partecipante.
Il sesso dell’osservatore puo avere un ruolo importante nella ricerca, specialmente quando si tratta di ricerca
sul campo. E diventato oggi un luogo comune che certi argomenti possono essere meglio studiati da
antropologhe, e altri da antropologi. Eppure, contrariamente all’opinione corrente, e probabile che le migliori
informazioni sulla sessualita fem minile possano essere ottenute da antropologi di sesso ma schile, e
viceversa. Una conversazione sulla sessualita — anche in forma di intervista scientifica — e in se una forma
di interazione sessuale che puo, entro certi limiti, essere intera mente vissuta e risolta sul piano puramente
simbolico e ver
bale, come mostra l’esperienza e la risoluzione del transfert sessuale in psicoanalisi. Del resto, visto che gran
parte della gente e eterosessuale, un’informazione migliore, e soprattutto piu multidimensionale, puo dunque
essere fornita a un ricer catore del sesso opposto. In alcuni casi, un’intervista in cui gli interlocutori sono di
sesso opposto puo anche essere
197
facilitata da una definizione culturale prestabilita della situa zione (Caso 268 e Capitolo 15).
In altri casi, qualsiasi conversazione privata tra due per sone di sesso diverso — anche se non e
necessariamente, o seguendo criteri oggettivi, orientata verso la sessualita — puo essere interpretata in
questo senso sia dalla persona intervi stata che dalla societa.
Caso 65. — Una donna abbastanza ingenua mi disse, giusto alPinizio della sua analisi, che non avrebbe
parlato di sesso con me, perche non aveva nessuna intenzione di innamorarsi di me, come, le avevano detto,
fanno sempre gli analizzando
Caso 66. — Uno psicoanalista di un paese dove il fatto che un uomo e una donna parlino da soli e contrario
alle buone usanze — e dove, di conseguenza, si pensa che ogni incontro del genere porti a un coito — mi
disse che gli infermieri della locale clinica psicoanalitica erano talmente persuasi che gli analisti facevano
l’amore con le loro pazienti, che li spiavano continuamente dai buchi della serratura o dai davanzali delle
finestre. Questo spionaggio era diventato cosi fastidioso che si dovettero prendere energiche misure per porvi
fine.
Uno dei problemi meno riconosciuti del lavoro sul campo e che alcune tribu non sono a volte in grado di
identificare correttamente il sesso anatomico e funzionale degli stranieri, i cui vestiti e comportamenti insoliti
rendono vani i loro sforzi per interpretare questi dati sensoriali come indizi della loro identita sessuale.
Questo punto e abbastanza importante, per che l’identita anatomica e il ruolo funzionale degli stranieri
determinano lo statuto che e attribuito al ricercatore, e strut turano il tipo di esigenze che il gruppo formulera
nei suoi confronti (Capitolo 19).
Caso 67. — Per quanto la maggior parte dei preti cattolici siano generalmente ben rasati, i missionari
portano abitual mente la barba, in modo da comunicare alle tribu che, mal
198
grado le loro « gonne » e il loro celibato, sono di sesso maschile (informazione fornita da uno studioso
missionario). Un ulteriore fattore determinante di questa pratica e forse la
« protesta maschile » (La Barre, senza data). In altri casi, e il comportamento del ricercatore a susci
tare dubbi sul suo status sessuale. Mostrero piu tardi che i primitivi sopravvalutano a volte l’eta di giovani
etnologhe, perche associano il loro comportamento indipendente con quello delle donne che hanno passato la
menopausa, cui e permesso ignorare le regole che governano il comportamento delle donne ancora fertili
(Caso 278).
Caso 68. — Il comportamento indipendente e un po’ brusco di un’etnologa eterosessuale fece credere alla
tribu che studiava che era una lesbica.
Caso 69. — Il comportamento fiducioso e sicuro di se di un’etnologa fu interpretato come segno di
libertinaggio, o almeno di disponibilita sessuale; ne seguirono serie difficolta (cfr. il caso 278, per una
reazione diversa).
A volte la continenza del ricercatore fa dubitare, se non del suo sesso, almeno della sua virilita o femminilita.
Cio puo falsare la situazione dell’etnologo in comunita dove la attivita sessuale gioca un ruolo importante
nella definizione dell’individuo.
Caso 70. — Gli uomini di una piccola regione di Haiti si considerano piu virili degli altri. Cio ha avuto
conseguenze piuttosto insolite: i contadini haitiani di altre regioni che passano per il loro territorio, sono a
volte praticamente co stretti a fare l’amore con donne locali, che devono poi fare un rapporto pubblico sulle
loro capacita sessuali. (Dati fomiti da un bene informato intellettuale haitiano).
Il sesso dell’etnologo determina anche quel che gli sara permesso vedere. A un etnologo puo essere proibito
presen ziare a un parto, o a un rito femminile segreto; a un’etnologa puo non essere permesso assistere a un
rito segreto di inizia zione maschile. Questi svantaggi sono in parte mitigati dal
199
fatto che lo straniero — e particolarmente quello straniero cosi « insolito » che e l’etnologo, i cui reali scopi
sono spesso incompresi da molte tribu — e a volte trattato come un essere « neutro ». Gli e quindi permesso
di assistere a eventi che il suo sesso, se fosse un appartenente al gruppo, gli impe direbbe di vedere.
Il sesso dell’etnologo puo anche limitare la gamma di situazioni nelle quali egli puo comportarsi come
osservatore partecipante.
Caso 71. — Il conte Rodolphe Festetics de Tolna (1903) ebbe il permesso il partecipare a una spedizione
melanesiana di cacciatori di teste, senza per questo essere costretto a uccidere. E certo molto improbabile che
un’etnologa avrebbe potuto fare lo stesso.
Notiamo, tra parentesi, che anche una partecipazione in completa, spesso inintenzionale, da parte
dell’osservatore par tecipante e spesso malvista e criticata.
Caso 72. — Il mio rifiuto di bere fino all’eccesso e di mangiare i « deliziosi » ratti della foresta resto a lungo
incomprensibile per i Moi Sedang, e li contrario molto (cfr. Caso 364).
Caso 73. — Quando dissi agli Hopi che avrei partecipato alla caccia comunale al coniglio, ma che non avrei
ucciso conigli, essi non soltanto mi diedero il peggior cavallo del villaggio — il che e comprensibile — ma
mi trovarono anche eccessivamente schizzinoso (Devereux 1946).
Dobbiamo ora considerare il problema: e possibile otte nere informazioni valide sulla sessualita facendo
ricorso al l’osservazione partecipante? Sono consapevole del fatto che mi si obiettera subito che nessuno ha
finora difeso un simile approccio, e che starei di conseguenza frustando un cavallo gia morto, o
semplicemente inesistente. Posso soltanto ri spondere che, data l’ossessione delle scienze del comporta
mento per il comportamento sessuale manifesto, e il genere di esperimenti « obiettivi » che si fanno oggi in
diversi centri
200
di ricerca (Casi 121, 122) l’osservazione partecipante in campo sessuale sara presto sostenuta — anche se
soltanto sotto voce (in italiano nel testo n.d.T.) — e anche praticata — forse soltanto in segreto. Ma si tratta
di un particolare relativa mente poco importante. Cio che conta realmente e che, sic come la relazione
sessuale e il prototipo di qualsiasi intima relazione umana, il mezzo migliore di dimostrare l’assurdita e
l’inutilita della finzione dell’osservatore partecipante — che gia la natura della situazione analitica, dove
ogni osserva zione tramite partecipazione e a priori esclusa, basterebbe a chiarire — e l’esame minuzioso dei
problemi sollevati dal l’applicazione di questo metodo in campo sessuale. La pul sione sessuale e infatti il
solo istinto che esige, per la sua esecuzione e per la sua completa soddisfazione, la coopera
zione di un altro individuo. Osserviamo, di passaggio, che la scienza sta finalmente scoprendo che le
relazioni sessuali sono essenzialmente una forma di comunicazione, e cio su molti piani diversi. Questa
tardiva scoperta e stata pero purtroppo resa possibile dalla superficialita e impersonalita penosamente
evidenti dei rapporti sessuali nella nostra epoca, che, al pari del precedente ascetismo ossessivo, non sono
che nuove va riazioni sul tema della vecchia autodistruttivita dell’uomo.
L’esame dell’inutilita della vecchia e desueta concezione dell’osservazione partecipante in campo sessuale
chiarira del resto, implicitamente, i difetti di questo metodo in contesti nei quali tutto questo e meno
evidente.
Comincero analizzando certe difficolta tecniche, fra le piu evidenti, e mostrero poi, concludendo, che una
fruttuosa osser vazione partecipante in campo sessuale e, a rigore, una im possibilita logica. E questo aspetto,
piuttosto che i vari appelli a considerazioni « morali », che dovrebbe piu far riflettere chi oggi esplora in
laboratorio il comportamento sessuale con metodi «obiettivi».
Ammettiamo subito che l’osservazione partecipante riguar do alla sessualita e una pratica disapprovata dalla
maggior
201
parte degli etnologi, per quanto soltanto per ragioni morali stiche (da distinguere dalle ragioni etiche).
Caso 74. — Marcel Mauss, che non si sarebbe lasciato ingannare un solo istante dalla trappola
dell’osservazione par tecipante, soleva raccomandare ai suoi studenti di occuparsi di casi e fatti concreti, e di
imparare diverse tecniche indi gene. Una spiritosa studentessa aveva tratto da questi inse gnamenti una
tavola in versi dei Dieci Comandamenti di Mauss. Uno di questi invitava l’etnologo a studiare le tec niche
sessuali e, nel caso di bisogno, a sperimentarle. Nes sun altro « comandamento » conteneva questa clausola
re strittiva.
Caso 75. — L’autore di uno studio sulla sessualita pri mitiva giudico una volta necessario assicurarmi che le
sue informazioni non erano state ottenute con il metodo dell’os servazione partecipante. Allora giovane e
ingenuo, oltre che mosso dal desiderio di apprendere qualche profondo aspetto della logica e della
metodologia dell’etnologia, chiesi a questo eminente studioso: « perche? ». Invece di darmi una risposta
metodologica, egli mi rispose, non senza disapprovazione:
« perche sarebbe stato immorale! » La parola usata era « im morale » e non « contrario all’etica ». Quel
giorno, non rice vetti nessun chiarimento sui metodi dell’etnologia.
Chi nutre una fede eccessiva nella possibilita di studiare la sessualita da un punto di vista razionale obiettera
senza dubbio che non vi era nessun’altra risposta realista, visto che il tabu degli studi sessuali tramite
l’osservazione parte cipante non e frutto di considerazioni logiche, ma del puri tanesimo occidentale. Chi
considera, come me, impossibile raggiungere una assoluta razionalita sulla sessualita, e del resto dubita che
la salvezza dell’etnologo risieda nell’osser vazione partecipante, o anche soltanto nell’osservazione di retta
(Capitolo 19), avra una opinione ben diversa. Per cominciare, non cadremo nell’errore logico di credere che
la conclusione di un ragionamento illogico sia necessaria-
202
mente falsa. E invece un fatto banale in logica che una noesis scorretta « conduca » a un noema vero..., e che
e addirittura possibile credere, per ragioni sbagliate, all’esi stenza della realta oggettiva. In questi casi, e
dovere dello scienziato raggiungere la conclusione corretta con mezzi logi camente corretti.
E evidente anche che dobbiamo analizzare attentamente le nostre motivazioni ogni volta che abbiamo
l’impressione di poter giustificare scientificamente un tabu o una regola formulati in modo irrazionale. Non e
del resto men vero che dobbiamo analizzare nello stesso modo i motivi che ce li fanno rifiutare
perentoriamente.
Caso 76. — Un attento studio delle diverse giustificazioni mediche e scientifiche della circoncisione (Spock
1947) che e, qualunque cosa ne dica Bettelheim (1954), una manife stazione di impulsi sadico-castratori
(Menninger 1938), mo stra che e perfettamente possibile far cattivo uso della scienza per giustificare delle
pratiche irrazionali (Caso 294).
Caso 77. — All’inverso, anche se la regola di seppellire i propri escrementi era probabilmente destinata
all’origine a proteggersi dalla stregoneria, essa possiede ciononostante un valore igienico evidente.
La mia posizione di base e che possiamo e dobbiamo sostituire al tabu che proibisce lo studio della sessualita
tra mite osservazione partecipante una valida regola metodologica che prescriva l’uso di questa tecnica nella
ricerca sessuale, e metta in guardia contro l’eccessiva fiducia nell’informazione ottenuta in questo modo. Il
punto fondamentale e che le esperienze dell’osservatore partecipante non sono praticamente mai conformi a
quelle di chi si dedica a un’attivita precisa
in modo abituale (Caso 79). L’osservatore non puo quindi ottenere reazioni « tipiche » da parte della persona
con cui ha stabilito una reciproca relazione. Una analogia banale puo chiarire questo fatto.
14

203
Caso 78. — Come tutti gli occidentali, sono abituato a montare a cavallo, dalla « parte sinistra ». Gli Hopi e
i Moi montano invece dalla « parte destra ». Mi ci volle un certo tempo per imparare a montare senza
difficolta un cavallo dalla parte destra, e anche il piu quieto dei cavalli Hopi si metteva a scalpitare mentre
cercavo di montare in sella dalla parte che per lui era quella « giusta », ma era per me quella
« sbagliata ». Questo cambiamento era del resto particolar mente difficile per me, perche ero un tempo stato
un buon cavallerizzo, per il quale montare dalla parte « giusta » era diventata una seconda natura.
Questa osservazione contiene, in sintesi, gran parte delle obiezioni pratiche che impediscono di accettare
fiduciosa mente le informazioni sessuali ottenute con il metodo del l’osservazione partecipante.
Caso 79. — Gli Australiani e i Trobriandesi praticano il coito in una posizione incredibilmente difficile per
chiun que non vi sia abituato (7). Un etnologo o un’etnologa che facessero l’amore in questa posizione con
un compagno o una compagna australiana o trobriandese non avrebbero al cuna possibilita di avere la stessa
esperienza dei loro partners, e non potrebbero ottenere da parte loro delle reazioni « nor mali ».
Inversamente, non potrebbero ottenere reazioni nor mali neppure facendo l’amore in una posizione familiare
per loro, ma inusuale per i loro partners indigeni.
Caso 80. — Le donne trobriandesi che avevano fatto l’amore con dei Bianchi nella posizione occidentale
avevano l’impressione che cio le impedisse nei movimenti pelvici, e disturbasse la loro normale
partecipazione all’atto sessuale (Malinowski 1932).
Il problema si complica ulteriormente per il fatto che ogni posizione coitale possiede degli armonici diversi
— il che e evidente a chiunque abbia analizzato le abitudini ses suali, anche soltanto quelle di persone
normali che si dedi
204
cano alla psicoanalisi. La posizione tradizionale del coito in una tribu ne riflette dunque il carattere etnico,
cosi come la posizione preferita rivela la personalita di un individuo (8).
Le abitudini sessuali dell’osservatore partecipante, cultu ralmente determinate, possono quindi provocare
reazioni ati piche da parte di un partner, le cui pratiche sessuali tradi zionali sono diverse.
Caso 81. — Secondo le regole dei Kgatla (Schapera 1941) un partner sessuale occidentale raggiungerebbe
l’orgasmo trop po lentamente. Secondo le regole giavanesi (Katz 1930) e dei Mohave (Devereux 1948b,
1950a), lo raggiungerebbe troppo velocemente, il che spiega la battuta di una prostituta mohave, che si
vantava di guadagnar denaro senza sforzi.
L ’osservatore partecipante e il « soggetto » indigeno ap prezzano spesso in modo diverso le diverse modalita
del rap porto sessuale.
Caso 82. — Il bacio disgusta molti primitivi, che non ne conoscono l’uso.
Caso 83. — Una Polinesiana, il cui amante bianco do veva partire per l’Europa, gli disse di far l’amore con
tutte le donne che voleva, ma di non baciarne nessuna.
Caso 84. — Una donna australiana, sapendo che avrebbe dovuto confessare a suo marito un’infedelta
(vaginale), ri solse il problema praticando « soltanto » la fellatio con l’aman te. Analogamente, una donna
Sedang non e colpevole di adul terio se permette al proprio amante di penetrarla « soltanto » attraverso l’ano.
Caso 85. — Inversamente, un Mohave ubriaco permise ai suoi amici di far l’amore con sua moglie,
anch’essa ubria ca, ma protesto violentemente quando uno di loro volle pra ticare un coito anale, dichiarando
che l’ano di sua moglie gli apparteneva in esclusiva (Devereux 1948d).
Caso 86. — Persino i membri meno monogami delle classi inferiori americane rifiutano abitualmente alcuni
giochi
205
preliminari considerati normali dalle classi colte (Kinsey 1948, 1953).
Caso 87. — Lo stesso vale per la nudita: in molte coppie delle classi inferiori americane, marito e moglie
non si sono mai visti nudi.
Caso 88. — I Romani, dopo essersi riconciliati con i Sabini, cui avevano rapito le mogli, promisero che
nessuna donna sarebbe mai stata costretta a vedere un uomo nudo; cio, secondo Plutarco (Romulus 20),
spiega perche gli atleti Romani, diversamente da quelli greci, non si esercitavano ne gareggiavano nudi.
In breve, le reazioni sessuali ritenute « normali » dalla cultura dell’osservatore partecipante possono suscitare
nel « soggetto » altrettanta angoscia che se l’osservatore si fosse
abbandonato (tramite acting out) a una nevrosi sessuale idio sincrasica. Ovviamente, anche l’inverso e
certamente vero. Caso 89. — Le donne trobriandesi graffiano violentemente
i loro partners, a fini erotici (Malinowski 1932). E’ improba bile che molti osservatori partecipanti
occidentali reagireb bero a un simile assalto con l’eccitamento sessuale.
Anche alcune differenze anatomiche razziali possono alte rare la situazione sessuale e impedire reazioni
normali.
Caso 90. — E’ noto che il pene di un Bianco, di un Mes sicano o di un Nero medio e piu grosso di quello di
un Moha- ve; la fantasia e il senso deH’umorismo mohave hanno ulte riormente esagerato questa differenza.
Risultato: ancora nel
1932, la donna mohave — la cui vagina e in genere piut tosto grande — aveva paura di far l’amore con
uomini di razza diversa, forse perche la loro reputazione di aver organi sessuali enormi risvegliava in lei il
terrore edipico della bam bina verso il pene paterno, grosso e distruttivo (Devereux
1948b). Caso 91. — Una giovane studentessa nera, piccola e
gracile, faceva l’amore soltanto con ragazzi bianchi, preten 206
dendo che lo « spacca-corpo » {body buster) dei ragazzi neri le faceva male.
L’«interpretazione» sessuale delle caratteristiche razziali (Casi 216, 217) puo falsare le constatazioni
dell’osservatore partecipante, al punto da renderle inutili. Cosi, l’uso di con traccettivi e fonte costante di
distorsioni (Devereux 1965d); le donne primitive si rifiutano di usarli, anche quando ne comprendono lo
scopo.
Anche la « reputazione sessuale » di un gruppo puo fal sare le constatazioni dell’osservatore partecipante.
Caso 92. — Il mito dell’indigeno disinibito e senza com plessi, spinge certi Bianchi ad accusare di frigidita
le donne indigene che rispondono senza passione ai loro abbracci, senza pensare che quelle stesse donne
raggiungono in genere l’orgasmo con uomini del loro gruppo sociale, con i quali hanno una relazione libera e
consensuale, e non costretta.
Caso 93. — In Ungheria, i proprietari terrieri e i fattori di grandi tenute, che potevano un tempo quasi
ordinare alle contadine di fare l’amore con loro, sostenevano che esse erano
« inerti come pezzi di legno ». Queste stesse donne, natural mente, si mostravano appassionate con i loro
mariti o amanti contadini (Illyes 1937) (9).
E evidente che, negli esempi che precedono, la non reattivita dei « soggetti » femminili e in parte dovuta alla
distanza sociale che le separa dall’« osservatore » e in parte all’obbligo di doversi sottomettere a un rapporto
non desi derato. Del resto, quando la distanza sociale e culturale e grande tra l’osservatore e il « soggetto »,
quest’ultimo puo reagire alle esigenze (culturalmente) « normali » dell’osserva tore nel modo in cui una
donna o un uomo normale reagi
scono alle esigenze perverse di un partner nevrotico. In en trambi i casi, l’esigenza « anormale » tende a
rendere il sog getto incapace di reagirvi (10).
Fondandosi su un altro insieme di informazioni, alcuni etnologi hanno recentemente sostenuto che i gruppi
primitivi
207
considerati « molto attivi sessualmente » sono in realta ipo reattivi.
Caso 94. — Elwin (1947) dichiara che i Muria, che go dono di una «liberta» sessuale preconiugale (cfr.
Caso 61) devono essere sessualmente letargici e iporeattivi, semplice- mente perche hanno sviluppato dei
raffinati modi di eccitarsi.
Caso 95. — Questa tesi e stata generalizzata da Bastide (1965b), che pensa, per esempio, che i Neri hanno
bisogno di riti afrodisiaci e di altre tecniche complicate per eccitarsi, a causa della loro iporeattivita sessuale.
Quando gli chiesi ulteriori spiegazioni, mi disse che un tempo i proprietari bra siliani di schiavi avevano
l’abitudine di mettere alla prova la virilita degli schiavi neri prima di comprarli, perche il tasso di
riproduzione tra gli schiavi era disastrosamente basso, e molti di loro erano impotenti.
Questa tesi merita certamente di essere ulteriormente ve rificata. L’esempio brasiliano, pero, puo non essere
probante perche la mancanza di interesse o di potenza sessuale dei Neri puo essere un risultato del trauma
psicologico dovuto alla schiavitu, oltre che al loro trasferimento in un ambiente nuovo, in cui erano sempre
supersfruttati, e a volte addirit tura sottoalimentati. Questa interpretazione e corroborata dal fatto che in certe
fattorie di allevamento di schiavi del Sud degli Stati Uniti, la funzione fecondatrice era molto spesso affidata
a un gruppo di uomini scelti per le loro qualita fisiche, e generalmente esentati da lavori troppo pesanti.
Caso 96. — Nell’antica Roma, deve essere esistito un problema del genere, come mostra il racconto di
Plutarco su Catone il Vecchio (Catone, 21) — un personaggio avaro e avido, che incoraggiava
sistematicamente il coito tra i suoi schiavi... e li faceva pagare per questo privilegio.
In un’epoca, come la nostra, di campi di concentramento, e persino troppo noto che lo stato di prigionia e
condizioni anormali possono provocare sia la perdita di virilita nel l’uomo, sia seri disturbi del ciclo
dell’ovulazione nella donna.
208
Non c’e quindi alcun bisogno di documentarlo. Aggiungiamo inoltre che anche alcune specie di animali
selvaggi non si riproducono in stato di cattivita, oppure non si occupano dei loro piccoli.
Questi fatti mostrano che tutte le informazioni sulla ses sualita ottenute tramite l’osservazione partecipante
sono ne cessariamente ingannevoli. Stabilito questo punto, discutiamo ora degli aspetti piu specificamente
psicologici di questo pro blema.
Sia che si pensi che la sessualita occidentale e piu nevro tica che quella di altri popoli, sia che si creda, come
me, che il suo carattere nevrotico si manifesta in modo diverso, e chiaro che le reazioni del soggetto
all’osservatore parteci pante sono necessariamente atipiche, e possono paragonarsi alle reazioni che il
soggetto avrebbe in un rapporto con un membro gravemente nevrotico del suo gruppo sociale. In
questo contesto, poco importa che la differenza culturale o la nevrosi si manifestino sotto forma di un
comportamento sessuale inusuale, o sotto forma di reazioni emotive insolite. Ecco perche un conflitto
psicologico traumatizzante e inevi tabile se uno dei due partner appartiene a una « cultura della vergogna » e
l’altro, in genere l’etnologo, a una « cultura
della colpa» (11). D’altra parte, piu la loro interazione e intensa, piu le ripercussioni psicologiche saranno
violente.
Esiste ancora un altro fatto che, in un certo senso, in fluenza, per quanto in modo diverso, tutte le situazioni
di osservazione partecipante. Obiettivamente parlando, una in terazione di questo tipo non suscita reazioni «
primitive », ma piuttosto un comportamento « acculturato ». Naturalmen te, come mostrero piu tardi
(Capitolo 21), la reazione, del l’individuo o del gruppo, alla « perturbazione » provocata
dalla presenza dell’etnologo e uno dei dati fondamentali delle scienze del comportamento. Cio implica
necessariamente che la risposta sessuale di un « soggetto » in una situazione di
209
« osservazione partecipante » e potenzialmente un dato fon damentale di questo genere, a condizione che:
1. sia riconosciuta come risposta a una «perturbazio ne», e quindi come comportamento «acculturato»;
2. l’osservazione sia completata con informazioni ver bali riguardo alle risposte « normali » (non
acculturate);
3. l’osservatore sia cosciente del suo «valore di sti molo » nel senso di May (12); che sappia chiaramente,
quin di, a cosa reagisce il soggetto.
Questo e un compito sempre difficile anche per un ricer catore che abbia fatto una analisi, e diventa
assolutamente impossibile nel corso di un normale atto sessuale, che
a. implica necessariamente un temporaneo oscuramento della coscienza (13), il che rende impossibile
l’osservazione;
b. e, come tutte le fondamentali funzioni del corpo (re spirare, mangiare, etc.) essenzialmente irrazionale
(Hartmann
1947). Ora, se l’osservatore non sperimenta su di se nessun oscu
ramento della coscienza — ed e quindi in grado di osser vare — il suo comportamento sessuale e ipso facto
obbiet tivamente anormale. Le sue constatazioni non possono quindi chiarire le normali risposte sessuali del
soggetto. In breve, siamo di fronte alla situazione paradossale che se l'osserva tore partecipante e in grado
di osservare, osserva un com portamento deformato, se invece sperimenta su di se un nor male oscuramento
della coscienza, non puo osservare le ri sposte del suo partner al suo orgasmo. Questa e una forma del
vicolo cieco logico che implica il principio di indetermi nazione di Heisenberg applicato alle scienze del
comporta mento (Capitolo 22).
La sessualita e dunque irrazionale, come tutte le fun zioni fondamentali della vita; questa scoperta di
Hartmann puo chiarire un’altra difficolta logica che, per certi aspetti, riguarda la situazione di osservazione,
e ne e per altri versi indipendente.
210
Oltre all’oscuramento della coscienza nel momento cru ciale, la mobilitazione della sessualita diminuisce
ancora le possibilita di osservazione, tendendo a interferire nel fun zionamento normale della ragione; il «
processo secondario », di ordine logico, e contaminato dal « processo primario » prelogico.
Si produce, per esempio, una caratteristica alterazione del la coscienza del tempo (Bergler e Roheim 1946),
dovuta al fatto che l’inconscio e atemporale. Di conseguenza, pochi possono valutare, anche
approssimativamente, la durata di un coito, e coloro che sono in grado di farlo non lo hanno certamente
vissuto in modo completo. Altri esempi di inter ferenze simili del processo primario nel processo secondario
fanno parte dell’esperienza quotidiana.
Secondo punto: un uomo e essenzialmente incapace di avere un’empatia e un ’auto - risonanza rispetto alle
esperienze sessuali di una donna, e viceversa (Capitolo 15); egli (o ella) puo soltanto osservare le sue
manifestazioni esteriori. Questa puo essere, incidentalmente, una delle ragioni per cui la ricerca in campo
sessuale e cosi ossessionata dal comporta mento manifesto.
Il terzo punto e l’incomunicabilita fondamentale di ogni attivita organica di base, per quanto cio sia meno
ovvio per l’attivita sessuale che per la fame o la sete. Una storia erotica, se ben scritta, puo eccitare
praticamente chiunque. Pur avendo letto molte descrizioni della fame, la sola che mi ha veramente fatto
sentire fame immediatamente e un passaggio del rac- conto-Fame di Knut Hamsun.
Cio implica del resto che anche l’osservazione non parte cipante del comportamento sessuale stimola impulsi
sessuali, e quindi contamina il processo secondario con alcune carat teristiche del processo primario
irrazionale (Casi 254, 255 ecc.).
NeH’insieme, la situazione di chi studia la sessualita e analoga — ma nulla piu che analoga — a quella del
fisico
211
che tenta di studiare i cosiddetti « modelli di gas »: il numero elevato di molecole del gas rende impossibile
l’analisi nel quadro della meccanica classica (che tratta di fenomeni rever sibili); i fisici hanno quindi dovuto
sviluppare la meccanica statistica, che considera il sistema come un tutto, e si occupa soltanto di cio che puo
essere studiato da questo punto di vista, cioe la deriva irreversibile del sistema verso lo stato di entropia.
I fisici hanno potuto compiere questo passo decisivo sol tanto dopo aver ammesso che la meccanica classica
(o mecca nica « celeste ») non permette lo studio di un modello di gas. Un’analoga lucidita sulla nostra
impotenza a studiare la sessualita con i tradizionali mezzi « razionali » e una precon dizione indispensabile
allo sviluppo di una scienza della ses sualita obiettiva e valida. Un metodo e razionale soltanto se si puo
realmente applicarlo al problema studiato: ogni tentativo di applicarlo a caso, a proposito e a sproposito, e
irrazionale. Nulla e piu razionale della meccanica classica, e sappiamo persino che il giorno in cui i
matematici riusciranno
a risolvere il problema dei tre corpi (o degli n corpi) essa sara teoricamente applicabile allo studio dei
modelli di gas. Fino a quel giorno, ogni tentativo di applicarla in questo modo e irrazionale.
Osserviamo ancora che gli ostacoli che si frappongono all’apertura di una certa prospettiva danno a volte
luogo a una prospettiva di ordine diverso, ancora piu importante della prima. Se i matematici avessero risolto
il problema dei tre corpi duecento anni fa, le leggi piu universali della fisica, quelle della termodinamica, non
sarebbero mai state scoperte.
Non possiamo quindi far altro che ammettere la nostra impossibilita di applicare con profitto i metodi
tradizionali di indagine allo studio della sessualita, ed e questa accetta zione che abbiamo cercato qui di
incoraggiare. Arriviamo certamente tardi, perche Freud ha gia mostrato dove cercare per scoprire i dati
capaci di far luce sulla sessualita come
212
manifestazione della vita e dell’esistenza organizzata in societa, e non semplicemente come una specie di
coreografia, in grado di far luce soltanto suH’incapacita umana e intellettuale di chi la considera, a torto,
autentica sessualita. Se vogliamo comin ciare a conoscere, dobbiamo prima ammettere la nostra igno ranza.
Solo dopo averla riconosciuta come tale, potremo spe
rare di superarla.
213
NOTE
(1) L’erezione in assenza di una potenziale compagna sessuale e spesso menzionata Lisistrata (84 sgg., 1072 sgg., ecc.).

(2) L’elite dell’esercito tebano di Epaminonda era la « Banda sacra » composta di cinquanta coppie di omosessuali (Plutarco
Pelopidas, 18).
(3) Al giorno d’oggi, uno « spettro sessuale » cosi esteso e considerato normale da alcuni studiosi del comportamento (Capitolo 15).
In realta, si tratta sempre di nevrosi, o almeno di immaturita.
(4) Pasifae con un toro; una signora con un uomo trasformato in asino; Aristonimo con un’asina, ecc.
(5) Oggetti inanimati di forma umana: un uomo tenta il coito con la statua di una dea (vedi la tradizione secondo la quale gli stalloni
tentano di montare la statua di una giumenta che aveva vinto un premio); forse anche la storia di Pigmalione. Oggetti inanimati,
amorfi: Zeus fece l’amore con Danae, trasformato in pioggia d’oro; Tiro s’innamoro di un fiume e se ne verso l’acqua in « grembo ».
(Un mito trobriandese analogo e stato raccolto da Malinowski [1932]).
(6) Vorrei sottolineare che si tratta qui di una interpretazione parziale e certamente eccessivamente semplificata di un problema
complesso, la cui analisi travalica i limiti di questo libro (Devereux 1967b).
(7) Molti miei informatori, Mohave e Sedang, ai quali l’ho descritta, non credettero mai che questa posizione fosse possibile.
(8) La posizione coitale puo essere determinata dal tipo somatico, o da infermita. Uomini estremamente obesi o malati di cuore sono
a volte costretti a praticare il coitus inversus.
(9) I contadini ungheresi fecero mostra di un’analoga differenza nel comportamento, anche se in un contesto abbastanza diverso.
Permisero infatti ai proprietari terrieri di picchiarli e umiliarli in vari modi, ma si batterono ferocemente contro di loro, e erano
soldati di eccezionale eroismo.
(10) Nella pratica psicoanalitica si incontrano a volte donne che si lamentano perche «tutti gli uomini sono impotenti». Un’analisi del
loro comportamento sessuale nevrotico rivela generalmente che sono loro a cercare inconsciamente di rendere impotenti gli uomini,
e che vi riescono anche troppo bene.
(11) Notevole, pero, e resistenza di sensi di colpa edipici anche nelle culture della « vergogna ».
(12) Mark A. May (1930) ha definito la personalita come il valore di stimolo dell’individuo.
(13) Questo cruciale criterio e stato fortemente messo in luce da W. Reich (1927), prima che questi diventasse il campione della
vegetoterapia e della terapia orgonica.
214
APPENDICE
Il problema delle esperienze personali
L’esperienza sessuale puo essere scientificamente utilizzata soltanto quando aumenta la nostra empatia, o quando ci fornisce
«informa zioni fortuite », ottenute non tramite la ricerca di dati, ma diretta- mente dall’esperienza dell’Amore. Esiste un genere di
informazione, fondata sull’esperienza dell’Amore, valida proprio perche non defor mata dalla ricerca ossessiva di una (pseudo)
obiettivita, e perche si fonda non sull’osservazione partecipante ma su un’esperienza pie namente condivisa.
Caso 97. - Probabilmente, le migliori informazioni sulla vita ses suale dei primitivi sono quelle di Verrier Elwin (1939, 1947).
Elwin ha infatti amato e sposato una ragazza gond — anche se egli non parla mai nei suoi lavori etnografici, se ben ricordo, delle sue
espe rienze amorose personali. E pero evidente che cio che conferisce ai suoi dati etnografici realta e profondita e ima illuminazione
interiore indiretta, scaturita dall’amore, condiviso, di una ragazza gond. Egli ha probabilmente compreso meglio di chiunque altro
cosa significa essere un Gond, facendo l’esperienza del modo in cui sua moglie esprimeva, in gesti e parole, la loro relazione
profondamente umana.
Caso 98. - Lo stesso vale — pur se in misura minore, perche Gauguin era un nevrotico — del racconto autobiografico di Gauguin
sulla sua vita con una ragazza tahitiana, che sembra aver amato quanto un nevrotico della sua specie puo amare.
Alcune significative esperienze amorose — distinte dalle situa zioni di osservazione partecipante — possono illuminare anche aspetti
non sessuali della cultura.
Caso 99. - Per quanto i cosiddetti squaw-men non abbiano mai scritto nulla sulla sessualita indiana, la profondita e il valore del
loro intuito etnografico e esplicitamente riconosciuta da Lowie (1935); essa e senz’altro dovuta, in parte, all’empatia che questi
uomini hanno svi luppato amando e sposando delle donne indiane. Cio mi fu raccontato spontaneamente dal mio paziente indiano
«Lupo» (Devereux 195la), che parlava spesso e con affetto di uno squaw-man di cui aveva letto
215
l’autobiografia, che raccontava della sua vita presso i Piedi Neri (Schultz, 1907).
Caso 100. - Ho passato diciotto mesi presso i Sedang, e credo di conoscere bene quasi tutto quanto e stato scritto sulle tribu Moi, ma
e dal libro di Reisen (1957), di una toccante ingenuita, che ho appreso per la prima volta 1’esistenza di guerriere-cacciatrici Moi.
Durante gli ultimi tentativi dei Francesi per conservare l’Indocina, questo sot tufficiale aveva ricevuto l’ordine di arruolare dei Moi
nelle truppe ausiliarie. Perseguendo questo scopo, e in accordo con le tradizioni indigene, egli sposo prima una ragazza di nome
Ilohui, di cui si inna moro subito, e poi un’altra ragazza, una cacciatrice Bahnar di nome Crey, che egli sembra aver ugualmente
amato, per. quanto forse in modo diverso. In alcuni passaggi del suo libro, Reisen ci racconta, in modo maldestro e molto
commovente, la morte eroica di Crey nel corso di un’imboscata. Cio che mi colpisce soprattutto in questo libro, che racconta la sua
vita presso i Moi in un periodo di durissime battaglie, e il fatto che egli seppe fin dall’inizio riconoscere quasi esclu sivamente la
parte migliore dei Sedang, e vi rimase profondamente attaccato. Come indicano i Casi 391, 392, 393, 420, 421 ecc., fui in grado di
far cio soltanto dopo aver fatto un considerevole sforzo di comprensione, e dopo aver vissuto con loro per molti mesi.
A questo livello dell’interazione, non si verifica una relazione spe rimentale tra un Inglese e una ragazza gond, o tra un soldato fran
cese e una ragazza moi, ma una interazione tra esseri umani. Un simile rapporto e piu fondamentale di qualsiasi relazione, «scientifi
camente » effettuata sul piano comportamentale, tra un etnologo e la sua informatrice sessuale. E una relazione di tipo fondamentale,
che si trova semplicemente ad essere espressa — e solo espressa, non vis suta — attraverso due tipi di personalita etniche diverse.
L’etnologo, la cui presenza sul terreno e necessariamente tempo ranea, non puo in genere sperare di poter realizzare una simile auten
tica relazione amorosa. Fortunatamente, vi sono altre relazioni — al trettanto soddisfacenti sul piano umano —, che gli sono
accessibili, e che possono aiutarlo, quanto la stessa esperienza amorosa, a intensifi care la sensibilita e l’empatia. Eros non da vita
soltanto all’amore sessuale, ma anche all’amicizia, alla gentilezza amorosa e alla crea tivita scientifica.
Caso 101. - Sono consapevole di aver meglio compreso la sessualita mohave perche ho avuto molti, amati amici Mohave. Cio mi ha
aiutato molto di piu che se avessi avuto la possibilita — o il desiderio — di fotografare coppie mohave durante l’atto sessuale, o
anche se mi fossi dedicato all’osservazione partecipante. La spiegazione e molto sem
216
plice: l’amicizia, come l’amore erotico, e un’espressione creativa di una relazione autenticamente umana. Cio che mi ha permesso di
com prendere la sessualita mohave e stata sia l’amicizia con molti di loro, sia il modo in cui questi amici mi raccontavano e
interpretavano per me le loro attivita sessuali, che sempre vivevano come esperienze profondamente umane. I due detti mohave che
non mi stanco mai di citare: «Quando una coppia fa l’amore, il corpo fa l’amore con il corpo, e l’anima con l’anima » e « Puoi
sempre dire il mattino chi ha fatto l’amore la notte prima: cammina lieto e fiero, e ha gli occhi scintillanti» mi hanno insegnato piu
cose sulla sessualita mohave
che qualsiasi situazione di osservazione partecipante. Gli antropologi possono raramente trovare l’amore sul terreno.
Essi possono, se ne sono degni, trovare degli amici, e quindi imparare tutto quel che e umanamente possibile dall’epifania, in quella
partico lare cultura, di quell’Eros universale che e all’origine di ogni mani festazione della vita.
217
10. - L'importanza delle teorie primitive del comportamento.
Una delle distorsioni meno spiegabili delle scienze del comportamento risulta dalla scotomizzazione di quel
che e forse l’aspetto piu importante del sapere popolare e delle etno-scienze del comportamento, formulate
da non-scienziati. Esistono naturalmente molte eccellenti analisi dei modelli di pensiero e dei sistemi di
valori che sottendono la scienza primitiva. Questi lavori cercano pero soltanto di spiegare come idee tanto «
bizzarre » possano venire concepite, e non si soffermano mai un istante sugli aspetti sostanziali di questi
sistemi di pensiero, capaci di contribuire alla comprensione scientifica del comportamento. In altre parole,
molti studiosi del comportamento si interessano alle teorie primitive, popo lari, mitologiche, teologiche o
metafisiche soltanto come « fe
nomeni culturali », ma non come « scienze » — spesso inin tenzionali, e quasi sempre espresse in termini
allegorici. Alcune eccezioni vanno naturalmente segnalate, come certi passaggi nelle opere di Lowie (1929),
o gli ammirevoli lavori di Mead (1928, 1930), di La Barre (1949), e di alcuni altri. Accade pero raramente
che si studino le teorie di una tribu primitiva sull’educazione dei bambini non soltanto come un fenomeno
culturale, ma anche come una scienza (buona, cattiva o indif ferente) che contiene una sostanza di verita,
utile sia per lo studioso che per il moderno genitore.
La nostra riluttanza a imparare dai primitivi e ancora piu evidente nel campo della scienza che in quello della
pura tecnologia. Abbiamo facilmente adottato il parka degli abi tanti dell’Artico, e il mais, il tabacco, la
china e la coca degli Indiani d’America, ma abbiamo sistematicamente rifiu-
219
tato di adottare anche questi stessi tratti a qualunque livello che non sia quello della pura tecnologia, distinta
dalla scienza. Ora, La Barre ha mostrato che il sapere popolare dei primitivi sulle piante, pur espresso in
termini mitologici, contiene spesso anche un’autentica comprensione scientifica della vita vege tale. A volte,
rifiutiamo addirittura di cercare quegli elementi tecnologici che meriterebbero di essere adottati, e
aspettiamo che siano letteralmente messi sotto il nostro naso.
Caso 102. — Harley (1941) non riusci a trovare nessuno studioso, disposto ad analizzare la sua collezione di
piante medicinali africane.
Caso 103. — Solo recentemente le compagnie farmaceu tiche incoraggiano gli antropologi a raccogliere
esemplari del le piante usate dai primitivi a fini medicinali.
In molti casi, ci troviamo poi a scoprire retrospettiva mente che i nostri risultati, laboriosamente ottenuti,
sono stati anticipati molto tempo fa da qualche gruppo « sottosvi luppato ».
Caso 104. — Per quanto ne so, la scoperta che la Rau- wolfia Serpentina e utile nella chemioterapia dei
disturbi men tali non e stata direttamente ispirata dalla sua utilizzazione, per lo stesso scopo, nell’antica
India.
Questa situazione, gia abbastanza negativa per le scien ze naturali, e disastrosa nelle scienze del
comportamento, anche se l’uomo ha studiato e osservato l’uomo, sviluppando cosi idee sulla natura umana e
sul modo di adattarvisi, fin dagli albori della storia. Il numero di risultati delle moderne scienze biologiche e
del comportamento che sono stati anticipati da un popolo primitivo, antico o esotico, e quasi infinito. Gran
parte degli studiosi continuano pero a studiare queste «biz zarre » forme di pensiero esclusivamente come
fenomeni cul turali. Anch’io sono stato un tempo responsabile, come molti altri, di questo punto di vista.
Caso 105. — Il mio articolo sul pensiero criminologico cinese classico (Devereux 1944) dimostra soltanto
che le
220
teorie e le pratiche cinesi presuppongono una concezione specifica (propria di una data cultura) dell’uomo.
In quel lavoro, non mi sono pero chiesto se queste teorie contribui scono concretamente alla moderna scienza
del comportamento.
Caso 106. — Soltanto dopo che la manifesta analogia tra certe teorie mohave della sessualita e la
psicoanalisi mi si impose letteralmente, ho capito che le teorie psichiatriche non occidentali possono
contribuire alla nostra comprensione della patologia mentale (Devereux 196la).
La sola scienza non-modema considerata come un so stanziale contributo alla scienza del comportamento —
almeno fino a qualche tempo fa — era quella greco-romana. Quasi tutti gli altri studi delle concezioni non
moderne dell’uomo
cercano semplicemente di scoprire le caratteristiche delle culture che hanno prodotto queste idee sull’uomo.
Caso 107. — Granet (1934) ha accuratamente descritto e analizzato l’interesse dell’antica medicina cinese
per gli ori fizi del corpo, ma non si e mai chiesto se cio rappresentava un potenziale contributo alla scienza.
Ora, e abbastanza facile stabilire un rapporto tra quest’interesse per gli orifizi corporei e la teoria
psicoanalitica delle zone erogene. La di stinzione tra il « principio » maschile e quello femminile, in parte
formulata in termini di « secco » e « umido », puo
chiarire il fantasma di una giovane adolescente che credeva che le sue feci dure e secche erano di sesso
maschile, e quelle liquide e molli di sesso femminile (Devereux 1954a). E del resto interessante che
1’esistenza di eccezioni al principio fisico della parita sia stata scoperta da una scienziata Cino-Ameri- cana
(La Barre, senza data).
I poeti e le popolazioni primitive hanno spesso anticipato molte delle scoperte delle scienze del
comportamento. Sfor tunatamente, queste anticipazioni sono state generalmente stu diate solo in termini di
sociologia della conoscenza, cioe co me forme di comportamento culturale. Se fossero invece state
221
studiate come idee sul comportamento, avrebbero facilitato la scoperta di molti nuovi fatti e principi.
Caso 108. — Solo recentemente abbiamo scoperto i prin cipi fisiologici e psicologici che spiegano
l’efficacia dei vestiti e delle abitazioni degli Eschimesi. Appena compresi questi principi, e diventato
possibile capire che i « miglioramenti » di quei costumi fatti dagli esploratori artici diminuivano in realta la
loro efficacia. « La soluzione indigena era perfetta; per capirlo, abbiamo semplicemente avuto bisogno di
com prendere la teoria sulla quale quei costumi erano basati » (Levi-Strauss 1955).
Molte osservazioni, primitive o antiche, sono ora risco perte nei moderni laboratori.
Caso 109. — Un gruppo di ricerca del Mount Sinai Ho spital di New York, ha recentemente scoperto i
movimenti oculari durante il sogno (Dement et al. 1957a,b). Questa scoperta era gia stata fatta circa
duemilacinquecento anni fa da Eschilo, che, nelle Coefore (vv. 287 seguenti) parla dei movimenti delle
sopracciglia durante un sogno angoscioso.
Caso 110. — Una chiara allusione agli effetti piacevoli della scena primitiva si trova in un dramma satirico
di Eschilo, i Pescatori con la rete (versi 807 e seguenti Lloyd-Jones). Una giustificazione della domanda di
allattamento si trova nelle Coefore (versi 753 e seguenti).
Del resto, ho qui appositamente citato Eschilo, che non e considerato come un grande psicologo. Se avessi
scelto di citare queirammirevole psicologo che e Euripide, non avrei saputo da dove cominciare.
Il caso classico e, naturalmente, il complesso di Edipo.
Caso 111. — Si pubblicano oggi innumerevoli articoli per dimostrare che questo complesso e stato
ripetutamente descritto dai poeti molto prima di Freud — una cosa che Freud sapeva benissimo. In effetti
Aristotele (Storia degli Animali 9.47) giunse addirittura ad attribuire sensi di colpa edipici a un giovane
stallone, e la sua storia e stata ripresa
222
da almeno altri tre autori antichi (Devereux 1965g). Nell’Edi po Re di Sofocle (versi 981 e seguenti),
Giocasta dice a Edipo che molti uomini sognano di far l’amore con la loro madre. Stendhal racconta nella
sua Vie d’Henri Brulard che, da bam bino, « aveva amato la propria madre nel modo piu criminale possibile
» e aveva odiato suo padre fino a meditarne l’as sassinio.
Un gran numero di miti, come oggi ci viene spesso mo strato, riecheggiano il tema del complesso di Edipo.
Per quanto riguarda la (contestabile) teoria della famiglia ciclopica e la genesi preistorica del complesso di
Edipo (Freud 1955a), si tratta del tema esplicito di molti miti primitivi (Trilles
1912 ecc.). Perche dunque la scoperta del complesso di Edipo, come
idea scientifica, ha dovuto attendere fino a quando i pazienti di Freud praticamente gli dissero che esisteva?
La risposta e breve quanto deprimente: per molti secoli i pazienti hanno tentato di dire le stesse cose ai loro
terapeuti ... che pero rifiutavano di ascoltare.
Caso 112. — Ferenczi parla da qualche parte del caso di uno psicotico che tentava di discutere il problema
della masturbazione con il suo psichiatra. Questi gli rispose secca mente di tener per se le sue oscenita.
Questo stato di cose non e molto cambiato in questi ultimi anni.
Caso 113. — Alcuni psicoanalisti hanno l’impressione che la dimostrazione, dovuta a Levi-Strauss, di
similarita strutturali tra le pratiche di uno sciamano Cuna e quelle degli psicoanalisti sia una condanna della
psicoanalisi. Io credo invece che si tratti di un importante contributo alla comprensione del processo
terapeutico.
A volte, le scoperte dei primitivi, e anche quelle dei pazienti, possono essere direttamente assunte ed
utilizzate sia come dati di base, sia come strumenti concettuali.
223
Caso 114. — Molti termini psicoanalitici ci vengono di rettamente dagli analizzandi. Inoltre, e indubbio che
— come Freud — molti di noi hanno imparato la psicoanalisi prin cipalmente dai pazienti.
Uno studio intensivo dei sistemi scientifici primitivi, o diversi dal nostro, puo fornirci nuove e illuminanti
idee sulla psicologia normale e patologica.
Caso 115. — Il mio studio sulle teorie psichiatriche mohave mi ha insegnato almeno altrettante cose che la
terapia psicoanalitica (Devereux 196la) dei miei pazienti.
Il fatto che molte teorie primitive del comportamento, implicite o esplicite, non siano necessariamente il
frutto di pensiero scientifico, ma dipendano da modelli di pensiero de terminati dalla cultura, non li rende
scientificamente inutili. In molti casi, queste teorie possono essere utilizzate con profitto, basta considerarle
non come conclusioni formali, ma come stimoli o intuizioni capaci di chiarire nuovi problemi, o di suggerire
nuove strade per risolverne dei vecchi.
Caso 116. — Danielsson (1956) ha tentato di applicare alcune idee derivate dal suo studio della sessualita
polinesiana alla soluzione dei problemi sessuali della nostra societa. Nelle mani di un antropologo piu
preparato sul piano teorico e psicologico, un simile tentativo avrebbe potuto essere molto fecondo. Un
esempio ne e certamente lo studio comparativo di Mead (Caso 283) tra le due diverse elaborazioni,
americana e samoana, dei problemi dell’adolescenza: un lavoro che apre nuove strade alla riflessione
antropologica.
In breve, il fatto che una teoria primitiva si trova a essere dipendente da un modello di pensiero
culturalmente determinato non significa necessariamente che sia falsa, o scientificamente inutilizzabile
(Devereux 1958b): come ab biamo visto, anche una falsa noesis puo incidentalmente por tare a un noema
vero.
Anche se molti miti, sistemi teologici e metafisici con tengono intuizioni riguardo a problemi meritevoli di
essere
224
approfonditi, essi sono raramente considerati oggi da questo punto di vista, perche non e piu di moda pensare
che la magia e il mito siano teorie scientifiche ancora in fasce. Invece di considerare anche i cosiddetti miti
naturali come tentativi di spiegare l’universo fisico in modo obiettivo — che e quel che molti miti
proclamano di fare — dobbiamo consi derarli, come in effetti sono, degli enunciati, certo ingenui e confusi
sulla natura dell’uomo e sul suo comportamento. Troveremo allora in loro molte valide idee, per quanto non
formulate scientificamente, sul comportamento dell’uomo. Cio vale anche per i miti cosmologici, visto che
— come ha mo strato Durkheim (1912) — la concezione umana dell’universo ricalca la sua immagine della
societa e — potremmo aggiun
gere — le sue idee sulla natura dell’uomo (1). Cio che e vero per i miti, visti come espressioni di idee
implicite sulla natura umana e sul comportamento, vale anche per la teologia, la metafisica e altri sistemi di
pensiero non
scientifici o anti-scientifici. Analogamente, l’indifendibile tesi teologica di un’insormon
tabile differenza qualitativa tra uomini e animali (in termini di anima immortale) puo diventare, una volta
riformulata in termini scientifici, un indispensabile strumento classificatorio in tutte le scienze del
comportamento. Nello stesso modo, si puo dire che il mito platonico dell’originaria natura ermafro dita
dell’uomo (Simposio 189E) e un’anticipazione — scien tificamente sterile — delle fertili teorie di Freud
sulla bises sualita. Le vecchie teorie non hanno prodotto risultati scienti fici semplicemente perche erano
fondamentalmente non scien tifiche. Se pero temi come questi fossero stati approfonditi come intuizioni di
nuove strade della riflessione sul com portamento, si sarebbe trovato gia in Aristotele un tentativo
scientificamente produttivo di distinguere tra uomini e ani
mali, e l’ermafroditismo della lumaca non avrebbe sorpreso i moderni biologi.
225
Le razionalizzazioni dei nevrotici, le fantasie degli psi cotici, le divagazioni dei miti, delle teologie e delle
metafi siche ecc.... non contengono in genere nuove idee sulla natura dell’uomo, o nuovi metodi per lo studio
del comportamento — in forma immediatamente utilizzabile. Essi contengono oscure intuizioni su nuovi
problemi e nuove soluzioni, e sic come nulla e piu difficile che costruire nuove prospettive scientifiche,
possiamo risparmiarci molti sforzi cercando nelle fantasie e nelle credenze non scientifiche le indicazioni per
nuovi punti di vista sul comportamento, e nuovi modi di interpretare lo spirito umano, che produce tali
fantasie. Que sta e certamente un’impresa ardua, anche se non piu della trasformazione di fatti non elaborati
in dati scientifici. Questo approccio della scienza primitiva e del mito potra, come minimo, stimolare 1’«
immaginazione teorica » degli studiosi, in modo simile alla « diffusione dello stimolo » definita da Kroeber
(1952), e li aiutera a formulare quelle «ipotesi scandalose » (Lynd 1939) che sono la linfa vitale della
scienza.
Una scienza del comportamento veramente comprensiva comporta:
1. l’utilizzazione di dati pertinenti a tutti gli organismi viventi, in modo da tener conto delle caratteristiche
differenze tra diversi tipi di organismi, e soprattutto tra gli umani e gli altri esseri viventi;
2. una chiara formulazione di quadri concettuali par ziali — biologici, psicologici, psichiatrici, socio-
culturali, ecc. — nei cui termini la totalita o la parte del comporta mento di un organismo puo essere
osservata, descritta, com presa, prevista e controllata (Devereux 195ld, 1952a, b);
3. un esame sistematico dei quadri concettuali d riferi mento cui lo stesso soggetto umano riferisce — a torto
o a ragione — il proprio comportamento, quello dei suoi simili e quello di altri tipi di organismi. Questo
metodo include an che lo studio del folklore del comportamento;
226
4. la costruzione di una teoria generale del comporta mento, che renda espliciti i rapporti (di
complementarita, di caso limite (2) ecc.) che si stabiliscono tra i diversi contesti parziali che vi si troveranno
coordinati. Nella spiegazione del comportamento umano, questa teoria generale dovra tener conto della
concezione, spesso non realistica, del soggetto stesso sul suo comportamento e su quello degli altri (vedi
sopra, punto 3).
La formulazione di una simile teoria generale e stata finora impedita dalla miopia, culturalmente
determinata, degli analisti del comportamento. Queste scotomizzazioni, che si presentavano come metodo
scientifico, hanno impedito allo studioso del comportamento di cercare in nuovi campi i suoi dati, e di
considerare in modo nuovo i dati gia disponibili — per esempio, non semplicemente come tratti culturali
classi ficabili come « folklore » del comportamento, ma come enun ciati (« scientifici ») sul comportamento.
La costruzione di
questa teoria comprensiva e il compito piu urgente della scienza del comportamento.
227
NOTE
(1) Lo studio recente dei Buriati, fatto da Krader (1954), contiene un’eccellente analisi del modo in cui le idee cosmologiche
modellano la struttura sociale della tribu.
(2) Un caso limite e sempre deducibile da un caso piu generale, come la fisica newtoniana e deducibile da quella di Einstein, e ne e
un caso limite.
228
Parte terza
LO SCIENZIATO E LA RICERCA SCIENTIFICA
11. - Le deformazioni imposte dalla cultura.
Lo scienziato puo trovarsi a interiorizzare cosi profonda mente le abitudini di pensiero tipiche della sua
societa e della sua cultura che — simile in questo a Milton e alla sua concezione delle « vie di Dio verso
l’uomo » — puo trarre grandi gratificazioni inconsce dalle deformazioni che queste gli impongono, e dalla
semplice adesione compiacente alla domanda sociale.
Nelle societa che esigono dallo scienziato una giustifica zione dell’ideologia dominante c’e sempre,
inevitabilmente, una certa coscienza di queste abitudini di pensiero socialmente determinate, che non sono
pero riconosciute come fonte di deformazione della realta. In societa di questo tipo lo scien ziato si trova, per
certi aspetti, in una situazione psicologica mente privilegiata. Non ha bisogno di credere, ne di fronte a se
stesso ne di fronte agli altri, che il suo pensiero e cultu ralmente neutrale. Dove invece uno scienziato puo
affermare la propria neutralita ideologica, o proclamare impunemente che la luna e fatta di gorgonzola
(green cheese), 1’esistenza stessa di leggi volte a proteggere la libera ricerca puo fornirgli una scusa per
ignorare quelle pressioni latenti che lo guidano, e dirigono il suo pensiero verso mete ingannevoli, o lo
costrin gono a ripiegarsi in schemi prefissati. Proprio in una societa libera, lo scienziato non puo in alcun
modo permettersi di affidare al gruppo sociale il compito di proteggere l’indipen denza intellettuale. Spetta
soltanto a lui la sorveglianza vigi
lante sul suo pensiero, e la piena responsabilita della sua onesta intellettuale. E infatti nelle societa « libere »
che l’invisibile polizia del pensiero agisce in modo piu efficace, e cio preci-
231
samente perche si crede che non esista. Simile a certi uccelli migratori, l’uomo di scienza che tenta
freneticamente di forzare la porta di una prigione reale segue spesso ciecamente una serie di impercettibili
segnali, di cui non conosce 1’esistenza.
Un esempio affettivamente neutro puo provare questa affermazione:
Caso 117. - Secondo E. T. Bell (1937), Henri Poincare conosceva a menadito tutti i dati necessari alla
formulazione della teoria della relativita, e ne era in gran parte l’autore. Fu pero incapace di compiere il
passo finale, e decisivo, semplice- mente perche era allora troppo vecchio per abbandonare l’abi tudine —
che lo aveva accompagnato per tutta la vita — di pensare in termini di fisica newtoniana.
In una scienza in rapido mutamento come la fisica, e ov vio che gli autori di innovazioni radicali sono in
genere giova ni, che non hanno ancora pienamente interiorizzato le abitu dini di pensiero tradizionali. Lo
stesso vale, a mio parere, per le scienze del comportamento: la maggior parte di noi passa la vita a sviluppare
le idee fondamentali formulate durante la giovinezza. Molti dei miei contributi all’etnopsichiatria erano gia
embrionalmente formulati in quelle parti della mia tesi di dottorato che fui costretto a sopprimere: mi era
stato chiara mente consigliato di lasciare la teoria a studiosi piu anziani.
Il richiamo dei modelli di pensiero stabiliti sembra partico larmente forte nelle scienze del comportamento.
Caso 118. - Molte teorie psicoanalitiche moderne sono in- . consciamente modellate su schemi di pensiero
puramente cul turali, non scientifici (Devereux 1958b); altre sono invece in fluenzate dai tradizionali modelli
di pensiero della medicina (Scheflen 1958).
Uno dei modelli di pensiero che maggiormente seducono gli analisti del comportamento e quello sviluppato
dai fisici. Gli sforzi per imitarlo hanno spesso condotto a esperimenti cosiddetti psicologici su ratti. Simili
esperimenti non ci dicono nulla sulla psicologia della specie ratto, ma conducono addirit-
232
tura a un quasi platonico « modello mentale del ratto » (il ratto statistico) che, pur tecnicamente analogo a
certe legittime teorie fisiche (1), non ha semplicemente nulla a che fare con la realta psicologica, umana o
animale, visto che si fonda sulla elimi nazione di ogni aspetto psicologico dalla psicologia. I modelli di
pensiero della fisica sono invece, se ci e permessa l’iperbole, ancora piu fisico-matematici della stessa realta
inorganica.
L’imitazione inadeguata della teoria fisica, quale e prati cata da alcuni teorici dell’apprendimento, conduce
inevitabil mente a una sorta di psicologia in cui le diverse teorie non di scendono piu da fatti (2) diversi, ma
da diversi tipi di esperi menti, concepiti appunto al fine di fondare una particolare teoria dell’apprendimento.
In una simile strategia operativa, il prototipo fisicalista non funziona piu come un autentico mo dello
scientifico, ma solo come una seducente ideologia. E quin di abbastanza facile convenire con Marbe (1916-
1919) che il modello culturale prescrive a volte cosi rigidamente il percorso che il pensiero deve seguire, da
rendere difficile l’esercizio di un pensiero indipendente.
Alcune pressioni culturali sono del tutto manifeste.
Caso 119. - Uno psichiatra molto noto per le sue ricerche, commentando un progetto di cui era l’autore, ha
detto: « Siamo autorizzati a iniettare ormoni sessuali a pazienti schizofrenici per compensare la loro
mancanza di libido. Abbiamo pero an che il diritto di permettere che si avvicinino a una donna? Cer tamente
no! ».
Certe ricerche potenzialmente preziose possono essere con dotte in segreto, e i loro risultati sono in genere
comunicati soltanto in via privata.
Caso 120. - Kinsey (1948) cita di passaggio alcuni tenta tivi sperimentali di ibridazione tra l’uomo e gli
antropoidi, ma evita di menzionarne le fonti.
Gli scienziati che hanno raccolto dati contrari alle conven zioni sociali si sentono obbligati a precisare che li
hanno rac-
233
colti in modo non proibito (Caso 75), o inventano dei disposi tivi sperimentali che non violino certi
particolari tabu.
Caso 121. - Alcune ricerche dedicate alla fisiologia del coito furono svolte su coppie di persone sposate — il
che non ha del resto impedito di violare il tabu che proibisce l’osserva zione dell’atto sessuale.
Inutile aggiungere che il carattere « audace » di un espe rimento non ne garantisce in alcun modo la validita.
Caso 122. - Una istituzione scientifica ha preteso di li cenziare un certo numero di ricercatori che avevano
studiato la fisiologia del coito. A mio parere, questi scienziati non sono stati licenziati per ragioni valide.
Avrebbero dovuto esserlo per aver creduto che le reazioni di soggetti osservati, filmati, riem piti di strumenti
sperimentali, potessero contribuire alla cono scenza dell’Amore. Un progetto analogo e stato criticato in
modo convincente da Farber (1964).
Lo scienziato puo anche trovarsi obbligato ad adottare la tecnica detta « degli abiti nuovi dell’Imperatore »
(allusione alla celebre fiaba di Andersen, n.d.T.) in modo da scotomiz- - zare la realta.
Caso 123. - Le scoperte di Galileo sono state in parte an ticipate dai Greci. Il suo crimine e stato di
proclamare ad alta voce quel che molti studiosi sapevano gia (Caso 282).
Anche alcuni fattori soggettivi possono influenzare l’atteg giamento dello scienziato verso le scoperte degli
altri.
Caso 124. - Uno scienziato cito una volta, con approva zione, la constatazione di Blender e Blau (1937) che
gli effetti sui bambini di un rapporto sessuale con persone adulte non sono del tutto perniciosi. Diventato
padre di una bambina, que st’uomo scrisse poi un articolo in cui non soltanto ignorava questi risultati e la sua
precedente approvazione, ma definiva la seduzione di bambini come un sintomo di grave malattia mentale
(3).
Un innovatore e spesso una persona difficile. La societa rie sce spesso a penalizzarlo in modo in cui e quasi
impossibile
234
provare che la punizione riguarda ¡’originalita del suo pensiero e non il suo comportamento anticonformista.
Questo metodo puo essere utilizzato anche per reprimere qualsiasi ricerca sugli aspetti meno abituali di una
disciplina scientifica stabilita.
Caso 125. - Fino alla nomina di Weston La Barre nel 1958, nessun antropologo orientato psicoanaliticamente
aveva mai ottenuto una cattedra in un dipartimento di antropologia ame ricano.
Caso 126. - Prima dell’era della bomba atomica, molti fi sici nucleari oggi famosi avevano un ruolo di
secondo piano nei laboratori cui appartenevano.
Queste osservazioni diventano ancora piu significative, se si pensa che molto spesso la ribellione contro un
modello di pensiero culturalmente determinato e giustificata ricorrendo a un altro modello di pensiero,
altrettanto culturalmente de terminato (Kuhn 1962).
Una rivolta compulsiva e non critica, perche inconscia mente determinata, contro un modello tradizionale del
pen siero, non e necessariamente creativa. Un ribelle compulsivo puo in genere soltanto indicare nuovi
problemi, ma e incapace di risolverli. A differenza dell’innovatore in buona fede, non e spinto dal desiderio
di sublimare, ma da un bisogno inconscio
di ribellarsi e di contestare. Di conseguenza, le questioni che egli solleva sono spesso formulate in modo cosi
inadeguato che non possono ricevere soluzioni scientifiche, prima di essere ri scoperte e riformulate da veri
scienziati, in una forma suscet tibile di soluzione (4).
Naturalmente, l’ortodossia angosciata delle retroguardie sterili, sia nelle scienze che nelle arti, e altrettanto
inefficace dell’angosciata eterodossia del ribelle senza talento (Kuhn
1962); quest’ultimo cerca spesso di dissimulare la sua mancan za di ispirazione ricorrendo a stravaganze
superficiali — quindi scientificamente e artisticamente irrilevanti —, che spesso non sono altro che vecchi
modelli di pensiero capovolti, riproposti in modo compulsivo e senza immaginazione (Devereux 1940b).
16
235
Come nel caso della psicologia analitica di Jung, questa origi nalita non e in realta che una vetusta e desueta
concezione del mondo, travestita in cio che La Barre ha chiamato (1966) una
« teologia liberale » pseudoscientifica. Caso 127. - Stravinsky non e mai riuscito a superare la
deplorevole tendenza delle sue linee melodiche a ruotare at torno alla tonica e alla dominante, se non
rifugiandosi nella ca micia di forza della dodecafonia, dove cio e impossibile. Il caso dei « culturalisti neo-
freudiani » e dello stesso genere: rifuggendo una cattiva psicoanalisi sono caduti in una antropo logia ancora
peggiore.
Non possiamo sfuggire completamente airinfluenza dei mo delli culturali, che ci dicono
contemporaneamente come rispet tarli e come ribellarci contro di essi (Gluckman 1953). La fe condita di un
modello di pensiero non dipende dal suo carat tere convenzionale o anticonformista. Un modello e fecondo
se e consapevolmente utilizzato, e rappresenta una sublimazione; e invece sterile e autodistruttivo se
rappresenta una difesa in conscia.
Non possiamo essere tutti geni, ma ci sono molti modi per evitare di essere stupidi.
236
NOTE
(1) Confronta con l’osservazione di Dirac: « L ’elettrone e un’equa zione differenziale».
(2) L’ottica newtoniana corpuscolare deriva, in primo luogo, dalla spiegazione della riflessione della luce. L’ottica ondulatoria di
Fresnel deriva dalle spiegazioni del fenomeno d’interferenza.
(3) Opinioni soggettive su cio che puo essere vero spinsero Siebold a rifiutare l’articolo di N. Wagner sulla singolare riproduzione di
un moscone (Wigglesworth 1964). Beattie continua ad attaccare la decifrazione, oggi generalmente accettata, della scrittura lineare B
fornita da M. Ventris (Chadwick 1958). Comportamenti di questo genere possono essere inter pretati come falsi non-
riconoscimenti (Devereux 195la, 1967c).
(4) Il modo di «sollevare problemi» di Groddeck o di W. Reich in psicoanalisi, come quello di Korzybski e dei suoi allievi sia in
logica che in psichiatria, sono precisamente di questo tipo.
237
12. - La condizione sociale dello scienziato.
L’influenza dell’ideologia, del ruolo sociale e etnico, del l’appartenenza a una classe, della posizione
professionale dello scienziato nella formazione delle tendenze storico-culturali e delle mode scientifiche e
stata finora relativamente poco stu diata. Persino i biografi se ne occupano poco: per quanto ri guarda i poeti
e i romanzieri, essi sottolineano spesso, anche se in genere in modo poco convincente, l’influenza del
contesto sociale sulle opere. Ma non lo fanno quasi mai per gli scien ziati... forse perche si pensa che l’opera
scientifica e sovraper- sonale. Le poche eccezioni a questa regola sono abbastanza in soddisfacenti.
Caso 128. - Dal punto di vista della comprensione reale, c’e poca differenza tra uno Jung che accusa la
psicoanalisi di essere una scienza influenzata dall’ebraismo di Freud, e la
« dimostrazione » di un Bakan (1958), secondo il quale la sco perta freudiana della psicoanalisi fu
parzialmente ispirata dalla tradizione mistica giudaica. Bakan non ha dimostrato che Freud conosceva la
tradizione mistica ebraica nell’epoca in cui ha scoperto la psicoanalisi. Del resto, non ha neppure tenuto
conto del fatto che, visto che tutte le mistiche si assomigliano, si potrebbe sostenere analogamente che la
psicoanalisi e stata influenzata daH’orfismo, dallo gnosticismo e dal buddismo zen. Gran parte delle analogie
tra il pensiero mistico (ebraico) e la teoria psicoanalitica derivano dal loro comune interesse per i processi
psichici inconsci. Bakan non ha capito che cio che caratterizza la psicoanalisi non e l’oggetto di cui tratta, ma
il punto di vista e il metodo che adotta per elaborarlo (Capitolo 24). Il misticismo e lo sciamanismo hanno
certamente esplorato
239
molti aspetti dell’inconscio, ma hanno elaborato l’irrazionale in modo irrazionale, mentre la psicoanalisi lo
ha considerato dal punto di vista razionale. (Devereux 196la).
L’ideologia dello scienziato, prodotto della cultura cui ap partiene, influenza in modo radicale la sua opera.
Per esempio, una certa forma di behaviorismo e airorigine di gran parte delle ricerche psicologiche condotte
negli Stati Uniti, e di tutte quelle realizzate in Unione Sovietica, ma ha un ruolo secon dario nel pensiero
psicologico dell’Europa Occidentale. In un certo senso, l’influenza dei fattori ideologici e analoga a quella
esercitata dall’appartenenza culturale, dalla classe e dalla si tuazione professionale dello scienziato, e ne
differisce soltanto perche si esprime spesso nella forma di un sistema, formale ed esplicito, di postulati.
L’influenza dell’ideologia dello scienziato occidentale sulla sua opera e particolarmente difficile da valutare,
in parte per che egli si interessa poco di essa, o non ne e cosciente. Questo e, in se, un fenomeno culturale,
riflesso del carattere amorfo e della preoccupante incoerenza dell’ideologia occidentale di oggi. L’ideologia
religiosa e forse oggi l’unica ideologia oc cidentale rigorosa e coerente. Il suo prestigio non le deriva da un
contributo fondamentale al modo occidentale di vivere,
ma soltanto dal fatto di essere l’unica ideologia sistematica di cui dispone l’uomo occidentale, che sembra
conoscere soltanto cio che non desidera. Una ideologia creativa della liberta non e ancora stata formulata, e
questo spiega in parte perche il coinvolgimento dell’uomo occidentale verso il suo stesso modo di vivere e
cosi lieve (Devereux 1956a). Cio non toglie, pero, che soltanto l’occidente e oggi in grado di formulare
un’ideolo gia conforme all’ideale dell’io razionale, piuttosto che al codice brutale e negativo di un Super-Io
irrazionale.
Cio spiega l’abbondanza di ottime analisi del contesto ideo logico della scienza dei primitivi, degli antichi,
dei popoli stra nieri e, in particolare, di quelli nemici, mentre gli studi sui
240
fondamenti ideologici della scienza occidentale restano molto rari.
I pochi studi esistenti analizzano del resto non tanto l’in fluenza delle ideologie coscienti e esplicite sul
lavoro scientifico, quanto quella di modelli di pensiero non espliciti (Devereux
1958b), radicati nel modello culturale implicito e non nelle ideologie consapevoli.
Idealmente, la scienza progredisce piu rapidamente quan do, non ostacolata da ideologie coscienti o da
modelli culturali impliciti, e concepita come un autonomo valore culturale. Cio non si e pero verificato
spesso nella storia: quasi sempre la scienza — e in particolare quella del comportamento — si trova irretita
nelle maglie dell’ideologia e del modello cultu rale (Devereux 1958b).
Come ho gia detto, l’uomo occidentale manca oggi di una ideologia esplicita e coerente; l’influenza dei
pochi frammenti ideologici che gli restano si manifesta tramite la sua apparte nenza etnica, culturale e di
classe, oltre che professionale. E in funzione di queste variabili che mi propongo di analizzarla.
II carattere etnico, che implica l’adozione di un punto di vista o di un quadro teorico di riferimento
culturalmente deter minati per valutare la realta, e una fonte importante di defor mazione. Le nostre
informazioni e teorie sul comportamento sono tutte opera di ricercatori occidentali: le conseguenze
scientifiche di questo fatto sono state ignorate persino dai so ciologi della conoscenza, molto piu attenti, in
genere, alla « so cieta » e alla «scienza», che agli individui che costituiscono la prima e creano la seconda.
Non soltanto la scienza del com portamento e quasi completamente prodotta dalla cultura oc
cidentale, ma e anche essenzialmente fondata sullo studio del l’uomo occidentale. La psicoanalisi e
praticamente l’unica psi cologia che ha utilizzato fin dall’inizio dati riguardanti l’uomo non-occidentale per
formulare i concetti fondamentali sull’uo mo. Questa e forse la ragione per cui la psicoanalisi e oggi — per
quanto riguarda gli scopi pratici — la sola psicologia che
241
si occupa essenzialmente di cio che, nell’uomo, e specifica- mente e esclusivamente umano (Devereux
1953c, 1958c,d) (1). La scienza del comportamento e generalmente rassegnata o indifferente alPinfluenza del
contesto etnico e culturale del ricercatore sul suo lavoro, e si sforza di neutralizzarla solo
di rado. Caso 129. — Mandandomi nel 1932 a studiare i Mohave,
Kroeber mi disse: « Le propongo di studiare la vita sessuale. Non abbiamo fino ad ora un solo rapporto
soddisfacente sulla vita sessuale degli Indiani d’America, in parte perche molti di loro sono, a differenza dei
Mohave, reticenti a parlarne, ma soprattutto a causa del puritanesimo degli etnologi ameri cani. Lei, come
Europeo, puo fornire un contributo prezioso all’etnologia americana ».
Caso 130. — Quando un’organizzazione americana decise di patrocinare una ricerca di ampio respiro sul
Negro Ame ricano, chiese a uno studioso svedese, Myrdal (1944), di diri gerla. Uno Svedese era in grado di
esaminare questo difficile problema con maggiore obiettivita in di Americano.
A volte, si tenta di mandare etnologi di origine non-Occi- dentale presso popolazioni gia descritte da studiosi
occi dentali.
Caso 131. — L’articolo di buon livello, che Li An-Che ha scritto (1937) sugli Zuni e stato in un primo
momento accolto con un’attenzione un po’ eccessiva. La parziale con vergenza delle sue osservazioni con
quelle di ricercatori ame ricani sembrava provare il rigore, non influenzato da un punto di vista etnico, delle
descrizioni degli studiosi che l’avevano preceduto. Le osservazioni che divergevano da quelle di altri furono
poi accettate come verita di Vangelo. Nessuno tenne conto del fatto che, anche se Li era un Cinese formato
in Cina, la sua formazione era consistita nello studio di opere di studiosi occidentali. Ne si considero che la
sua apparte nenza alla cultura cinese era fonte di (diverse) deformazioni, non una garanzia di perfetta
obiettivita.
242
I lavori etnografici di studiosi non-occidentali sono di in calcolabile valore, quando sono utilizzati in modo
consape vole. Si rivelano invece molto ingannevoli, quando si crede ingenuamente che le loro descrizioni
sono assolutamente obiet tive. Questo genere di auto-inganno risale almeno alle Lettere Persiane di
Montesquieu, anche se i lavori etnografici di un Erodoto, di un Ibn Batuta, o di un Li non sono certo meno
culturalmente « astigmatici » di quelli degli studiosi occidentali.
Caso 132. — In un passaggio di difficile comprensione, Erodoto racconta che gli Sciti utilizzavano, come
armi, delle lunghe fruste. Cio e probabilmente vero, ma e talmente mal interpretato che e difficile coglierne il
senso reale senza tener conto della posizione specificamente greca di Erodoto, per il quale i discendenti di
schiavi barbari devono avere una paura innata della frusta. Quel che i ribelli temevano era, credo, quella
specie di lunga frusta che i csikos (i mandriani ungheresi) usano ancora oggi come un lazo, o piuttosto una
boia. In altri termini, essi temevano piu la cattura che la morte sul campo di battaglia.
E estremamente difficile leggere con intelligenza un rap porto etnologico scritto da uno studioso non
occidentale.
Lo studio di un rapporto scritto da uno studioso occi dentale suppone che si tenga conto soltanto:
1. dell’appartenenza etnica degli informatori; 2. di quella dell’autore, che somiglia alla nostra. Lo studio, per
esempio, della descrizione di un Cinese
della cultura Zuni suppone che si tenga conto:
1. 2. 3.
a.
dell’appartenenza etnica degli informatori (Zuni); di quella dell’autore (Cinese); del nostro « astigmatismo »
riguardo:
alla cultura analizzata dall’autore (cinese); b. alla cultura dell’autore (cioe la nostra visione di
quella cultura); c. alla nostra cultura.
243
Per analogia con la geometria, si potrebbe dire che stu diando un rapporto scritto da un Occidentale, la
visione che ne possiamo trarre della cultura descritta e paragonabile a una valutazione « a occhio nudo » di
una distanza, in cui le im perfezioni dell’occhio sono approssimativamente conosciute. Quando valutiamo
ingenuamente una fonte non occidentale la visione che ne abbiamo somiglia anch’essa alla misura di una
distanza « a occhio nudo », salvo che non sappiamo nulla delle specifiche imperfezioni dell’« occhio »
dell’osser vatore, per esempio di un cinese. Se invece ci serviamo con temporaneamente, e in modo
intelligente, di una fonte occi dentale e di una fonte non occidentale, per esempio cinese, tenendo conto delle
specifiche deformazioni delle due «vi sioni », l’esattezza della nostra osservazione sara paragonabile a quella
che si ottiene per triangolazione.
In termini leggermente diversi, si puo affermare che dal punto di vista del lettore occidentale il rapporto di un
altro occidentale su una tribu primitiva e paragonabile a un bilancio diagnostico basato su un test di cui si
conoscono le caratte ristiche (Capitolo 20). La descrizione della stessa tribu, fatta da un etnologo non
occidentale e analoga invece a una diagnosi fondata su un nuovo test, le cui caratteristiche sono ancora mal
conosciute.
Abbiamo finora parlato soltanto delle deformazioni do vute all’etnocentrismo dell’osservatore. Ma si puo
procedere a una analoga « triangolazione » anche considerando le diffe renze psicologiche: e il caso del
confronto che abbiamo sopra proposto tra le diverse descrizioni della cultura Omaha di Fortune (1923b) e di
Fletcher e La Flesche (1905-1906).
Le implicazioni di questi fatti sono molto semplici: le deformazioni specifiche dell’osservazione
etnocentrica, dovu te alla cultura di appartenenza, sono inevitabili. Invece che deplorarne 1’esistenza,
dobbiamo tenerne conto come fonti di errore sistematico. Due descrizioni della stessa tribu dovute ad autori
di diversa cultura e/o personalita dovranno quindi
244
essere confrontate in modo che gli errori sistematici del primo autore possano essere rilevati e « calibrati »
rispetto ai (diversi) errori sistematici del secondo, e viceversa. L’obiet tivita che risulta da una «
triangolazione » del genere sara superiore a quella dell’uno o dell’altro autore, presi separa tamente.
Caso 133. — I dati forniti da Cook e Boungainville sulla sessualita polinesiana sono insieme esatti e inesatti,
e piu o meno in modo equivalente. Quelli di Bougainville mostrano che Cook ha sottolineato principalmente
1’« immoralita » dei Po linesiani, quelli di Cook rivelano che Bougainville ha idealiz zato gli aspetti « idillici
e naturali » della loro vita sessuale. La pubblicazione della descrizione di Cook ha quindi inco raggiato le
imprese dei missionari protestanti in Polinesia; quella di Bougainville ha invece incitato folle di ribelli
sessuali a evadere, almeno nell’immaginazione, dall’Europa « artificia le e dalla vita sessuale depressa », per
raggiungere una specie di Citera dei mari del sud. I due gruppi sono diventati degli
« specialisti » della vita sessuale polinesiana. Molti missionari, per esempio, esigevano dai Polinesiani
convertiti che costruis sero e utilizzassero dei letti individuali. Una regola che sembra priva di senso, prima
di capire che e molto piu facile, e meno rumoroso, stare con una ragazza sulla sua amaca che su un letto
scricchiolante (2).
I frequentatori di spiagge non furono da meno dei missio nari, e diventarono anch’essi degli esperti di un
genere molto particolare. Certi indizi mostrano che, sbarcando in Polinesia pieni di idee preconcette,
riuscirono a provocare da parte degli abitanti delle isole, e forse a loro insaputa, il tipo di comportamento che
si aspettavano da loro. I piu ricchi fra loro riuscirono spesso a trasformare in prostitute delle ragazze
che avevano semplicemente l’abitudine di avere rapporti ses suali prima del matrimonio. I missionari hanno
raggiunto lo stesso risultato, trasformando una sessualita spontanea in peccato eccitante. In una delle isole, i
missionari imposero
245
una volta alle donne di portare un vestito ultra puritano. Questa misura provoco tra gli abitanti dell’isola una
curiosita sessuale cosi ossessiva che i missionari dovettero abolirla, e addirittura stabilire un’ammenda per
tutte le donne che coprissero i seni fuori dalla chiesa (Festetich de Tolna 1903).
In un certo senso, i frequentatori di spiagge e i missionari hanno non soltanto sopravvalutato la « massa
sociale » (De- vereux 1940a) della sessualita in Polinesia, ma hanno contri buito in molti modi ad
accrescerla.
Una cosa del genere e successa per quanto riguarda la guerra e i modelli culturali del coraggio tra gli Indiani
delle Pianure. I tentativi americani di penetrare e di dominare le Pianure obbligarono gli Indiani, accerchiati
da ogni parte, a sviluppare incredibili risorse di ingegnosita e valore per combattere contro avversari meglio
armati e meglio organiz zati. Ma gli Indiani non avevano avuto bisogno di sviluppare queste qualita quando
combattevano contro altre tribu, ar mate piu o meno come loro. Gli osservatori americani ne furono sorpresi,
e cominciarono quindi a esagerare il ruolo della guerra nelle tribu delle Pianure, e il suo carattere antico,
senza preoccuparsi del fatto che erano le pressioni americane
a obbligare gli Indiani delle Pianure a coltivare la guerra molto piu intensamente di quanto avessero mai
fatto. Come Linton (1956) ha osservato, la stragrande maggioranza dei racconti individuali riuniti dai primi
etnologi sulle Pianure riguardano principalmente le attivita belliche, e trascurano gli altri aspetti della vita
sociale. In un certo senso, si era veri ficata una specie di complicita tra etnologi e informatori, volta a
ingrandire il ruolo, gia importante, della guerra come tratto principale della cultura delle Pianure. La scelta di
guerrieri celebri come informatori fece il resto. Per quanto riguarda 1’« antichita » di questo modello
(pattern) della guerra, per quanto ogni etnologo sappia che non pote nascere prima della introduzione del
cavallo (probabilmente nel XVII secolo), i suoi aspetti reattivi e anti-acculturativi sono stati completa
246
mente trascurati. Analogamente, il modello totalitario e intel lettualmente retrogrado degli Spartiati fu
soltanto una conse guenza della lotta disperata di Sparta per conservare il do minio di Messene. Prima di
questa guerra, Sparta era una citta civile (Huxley 1962). La sola differenza e che nelle Pianure il modello si
estinse dopo circa duecento anni, mentre a Sparta duro molto di piu.
Le considerazioni che precedono non cercano di mini mizzare l’oggettiva validita di concetti come quello di
tema centrale di una cultura, ne la massa socioculturale dei tratti dominanti, ne di negare il loro valore di
strumenti per diffe renziare i tipi culturali. Vogliono semplicemente suggerire che le differenze di temi tra
diverse culture possono essere meno forti, e che, quanto ai tratti dominanti, certamente si e consacrato loro
piu tempo sulla carta che nella vita reale. Dopotutto, sia le culture che i popoli si assomigliano molto piu di
quanto siano diversi, per la buona ragione che gli esseri
umani sono prima di tutto tali, e soltanto secondariamente eschimesi o bantu, e che tutte le culture sono
autentiche mani festazioni della Cultura, definita come un prodotto umano ca ratteristico della specie; solo
secondariamente possono essere considerate come le manifestazioni di un’area culturale. In certi contesti, e
in effetti legittimo considerare una qualsiasi cultura, quale e trasmessa all’infante, semplicemente come
un particolare modo di umanizzare un organismo che, all’ori gine, non puo essere definito che in termini
zoologici (Deve- reux 1956a).
Oggi ci si sforza di neutralizzare le deformazioni di questo tipo: per esempio, si incoraggiano gli Africani
colti a descri vere la loro cultura di origine. Quest’idea, pur legittima, non dovrebbe sollevare troppe
speranze: «Non si puo nello stesso tempo far parte del paesaggio e averne la vista » (Gramont 1929). Pochi
individui analizzano gli aspetti com plessi nella loro cultura, e pochi sono in grado di farlo perche le loro
difese culturali li aiutano, e insieme li obbligano,
a rimuoverne certe implicazioni latenti. Cio spiega certi difetti della sociologia che, nella misura in cui studia
la nostra societa, e ima « auto-etnografia » soggetta al paradosso di Epimenide (Capitolo 2).
Caso 134. — Il mio migliore informatore Sedang esclamo un giorno: «Non mi ero mai reso conto che
c’erano tante cose nella mia cultura! ».
Caso 135. — Durante il mio lavoro sul campo presso i Mohave, mi trovai un giorno a raccogliere un
secondo in sieme di credenze, concernenti i gemelli, fino a quel momento sconosciute, e in totale
contraddizione con il primo. Fu difficile convincere i miei informatori che i due insiemi di credenze erano
logicamente — anche se non psicologicamente — in conciliabili (Devereux 1941).
La stessa formazione antropologica non ci protegge da pregiudizi e scotomizzazioni, quando si tratta della
nostra cultura.
Caso 136. — All’inizio del 1957, Margaret Mead mi utilizzo come informatore sulla cultura ungherese. Fu
un’espe rienza memorabile, che fece ancora aumentare la gia notevole fiducia che nutrivo sulla validita dei
suoi dati di campo: la sua abilita a interrogare l’informatore, io stesso, era infatti stupefacente. Quando
l’intervista passo dalla ricostruzione di dati di fatto alla verifica di certe ipotesi ad hoc formulate dalla Mead
— ipotesi che potrei confermare quasi senza ecce zioni — cominciai a rendermi conto del fatto che era
riuscita a percepire un gran numero di aspetti della cultura ungherese di cui non avevo mai sospettato
1’esistenza (Caso 134).
Le autobiografie di indigeni e le auto-caratterizzazioni culturali sono quindi senz’altro utili, ma soltanto se si
tiene presente che l’appartenenza alla societa che si descrive e fonte di scotomizzazioni e crea deformazioni
paragonabili a quelle che si trovano comunemente nell’immagine di se di un indi viduo non-analizzato.
Inoltre, si dimentica spesso che ogni
248
descrizione del genere e consapevolmente rivolta a lettori appartenenti ad altre culture — un fatto che
deforma note volmente i dati e le ricostruzioni. Cio basterebbe a mettere in dubbio l’opinione, comunemente
ammessa negli studi filo logici, che i Greci devono essere studiati esclusivamente tra mite gli scritti e le
tracce che ci restano della loro cultura, soprattutto quando i filologi trattano questi materiali come
« autoetnografia ». . 1. Il tentativo di giustificare la propria cultura puo con
durre alla difesa assurda di pratiche contestabili. Caso 137. — L’omosessualita e sempre stata ad Atene un
modello di comportamento marginale e aristocratico (Plutarco, Solone I). Ciononostante, per ragioni
politiche e personali, Platone ha sostenuto che l’omosessualita e la vera essenza
dell’amore, e quindi della vera nobilta (Il Convivio). 2. Il non-Occidentale acculturato cerca spesso di « alleg
gerire » (whitewash) quegli aspetti della sua cultura che pos
sono urtare i lettori occidentali. Caso 138. — L’interessante libro di Soga (1932) sugli
Amaxosa attenua certi costumi che potrebbero scandalizzare i lettori occidentali. Secondo La Barre (senza
data) lo stesso varrebbe per certe descrizioni dell’Induismo dovute ad Indiani occidentalizzati.
3. La descrizione di una tribu da parte di uno dei suoi membri acculturati e a volte l’autocritica pubblica di
un
« rinnegato ». Caso 139. — Le prime descrizioni dei pagani ungheresi,
fatte dai loro discendenti cristianizzati, somigliano strana mente a un mea culpa, in cui l’ingenua fierezza
ispirata dal ricordo del valore degli antenati pagani mal si accorda con l’orrore cristiano provocato dalla
distruzione delle chiese, dai riti e dalle usanze pagane, dall’abitudine di mangiare carne equina e di bere del
latte di giumenta fermentato. Questi Ungheresi recentemente cristianizzati hanno fatto della vita
dei loro antenati un quadro quasi altrettanto sensazionale e 249
condannatorio di quello dei cronisti occidentali, che erano stati vittima di quei feroci pagani. Le descrizioni
ungheresi dei costumi e delle crudelta — certamente terribili — degli invasori Mongoli (Rogerius) (3) e piu
ancora di quelli degli immigranti pagani Comani (culturalmente imparentati con gli Ungheresi) erano
analogamente influenzate dal fatto che la condanna dei loro costumi implicava indirettamente il rigetto di
quelli degli Ungheresi pagani, allora appena caduti in disuso (Homan e Szekfii 1941-1943).
Si troveranno facilmente nel mondo contemporaneo esem pi simili a questi, in cui dei rinnegati culturali si
battono il petto a proposito della loro cultura.
In breve, ne possiamo concludere che le auto-caratteriz zazioni culturali non sono piu obiettive deirimmagine
che abbiamo di noi stessi. Parafrasando Bernfeld, possiamo dire che c’e altrettanto « controtransfert in una
autoetnografia che in un’autoanalisi ».
Le tendenze storiche sono responsabili di altre deforma zioni specifiche, sia nell’autoetnografia che
nell’etnografia comparativa.
Caso 140. — La Repubblica degli Ateniesi, opera del cosiddetto «Vecchio Oligarca » (Pseudo Senofonte)
fornisce informazioni inestimabili, se la si legge tenendo presente che e scritta da un illuminato ma
irriducibile nemico della demo crazia ateniese.
Caso 141. — Un pregiudizio dello stesso genere caratte rizza anche la Repubblica dei Lacedemoni del vero
Senofonte. Nel Capitolo 14 di quest’opera, la sua ideologia antidemo cratica e la sua ammirazione
incondizionata per le istituzioni oligarchiche di Sparta, si rivelano in modo molto esplicito. Come
osservatore ateniese obiettivo, Senofonte rileva gran parte delle imperfezioni fondamentali del sistema
spartano, ma come teorico filospartano le attribuisce al declino delle pretese istituzioni di Licurgo, e non a un
loro difetto fonda- mentale (Devereux 1965a) (Caso 345).
250
Caso 142. — Le prime cronache ungheresi, scritte in un’epoca in cui il potere reale era veramente assoluto,
affer mano che le tribu ungheresi originarie erano dominate dal capo della tribu principale, cioe da un
antenato della dinastia degli Arpad. Le cronache compilate dopo che il feudalesimo si fu saldamente stabilito
in Ungheria definiscono al massimo Arpad come un primus inter pares (Homan e Szekfii, 1941-
1943). Caso 143. — La vecchia pratica etnologica di omettere
completamente le informazioni sulla sessualita, e l’abitudine dei missionari di descrivere la sessualita
primitiva in termini odiosi per ottenere fondi per la loro opera di evangelizzazione sono state solo
recentemente sostituite da descrizioni ogget tive. Questo cambiamento riflette, naturalmente, un parallelo
cambiamento nei costumi occidentali. Resta pero che mentre studi scientifici gia vecchi sulla sessualita
primitiva — come quelli di Mantegazza (1888), Pioss e Bartels (1927), Stoll
(1908) e Westermarck (1901) — hanno conservato tutto il sapore della vita e hanno moltiplicato le
osservazioni empi riche, il solo recente studio d’insieme su questo tema e soprattutto di tipo statistico (Ford e
Beach 1951).
Uappartenenza a una classe sociale influenza il lavoro dello scienziato come le sue radici etniche: a volte
per il meglio, a volte per il peggio.
Caso 144. — I professori di inglese hanno cercato per secoli il modo di insegnare ai loro allievi stranieri la
corretta pronuncia, sorda e sonora, del « th »; Herzog e stato il primo a trovare un metodo semplice e
infallibile: fece notare che bastava chiedere allo scolaro di parlar bleso. Sospetto che cio che permise a
Herzog di fare quest’ingegnosa osservazione fu la sua appartenenza di classe: intellettuale della classe media
ungherese, Herzog era negativamente sensibilizzato
contro il manierismo verbale di certi aristocratici del suo paese, che pronunciano la « r » in modo particolare,
e a volte parlano bleso.
17

251
Il ruolo professionale influenza l’opera etnologica di mis sionari e funzionari, molto piu di quella degli
etnologi di professione, perche vi sono certamente meno deformazioni quando l’osservatore ha per solo
scopo la ricerca, di quando vi sono altri scopi, e lo stesso vale per la situazione psicoanalitica. La
deformazione tende del resto a essere minore negli studi di etnologia applicata intrapresi nell’interesse della
tribu — come la ricerca sulla salute pubblica — che quando lo scopo finale e la conversione o la
dominazione della tribu.
Caso 145. — Molte fra le descrizioni piu dettagliate delle religioni primitive sono state scritte da missionari
che le studiavano unicamente per poter meglio sostituirvi la loro fede. Cio li obbligava, naturalmente, a
dimostrare che il paganesimo e inferiore al cristianesimo, e che era cosi con trario all’interesse pubblico da
giustificare un appoggio am ministrativo all’opera di evangelizzazione (Priest 1942). Di conseguenza, anche
le descrizioni piu fedeli fatte da missionari sulle religioni primitive sottolineano, a volte in modo fasti dioso, i
tratti suscettibili di scandalizzare particolarmente i cristiani. In altri casi, la religione di una tribu non e
analizzata in funzione della sua logica interna, ma in rapporto alle categorie fondamentali del pensiero
religioso occidentale. Cio provoca deformazioni paragonabili a quelle che si verificano
quando un linguista dilettante scrive la grammatica di una lingua non-indoeuropea fondandosi sulle categorie
della gram matica latina. Un certo numero di difetti di secondaria impor tanza illustrano questo tipo di errore
negli scritti, per il resto eccellenti, di Kemlin sulla religione dei Moi Reungao (1909-
1910, 1910, 1917). Una fonte particolarmente notevole di deformazioni e la
tendenza di alcuni missionari a credere, con lo stesso vigore di coloro che vogliono convertire, nell’esistenza
reale delle divita locali, e nel potere magico degli sciamani indigeni. La sola differenza e che il primitivo
considera queste entita so vrannaturali come delle divinita, e crede che il potere dello
252
sciamano sia soprattutto benefico, mentre il missionario crede che gli dei indigeni sono le incarnazioni locali
delle coorti delPInfemo, e i poteri dello sciamano un dono del diavolo.
Caso 146. — E un luogo comune della storia che, quando un popolo viene convertito a un’altra religione,
non vi e in un primo momento nessuna perdita di credenza nella realta e nel potere degli dei antichi. Questi
vengono sempli cemente trasformati in demoni, cioe ridefiniti come tali. E questa la sorte degli dei greci
nell’Alto Medioevo (si pensi a « Venere, la grande strega »). Lo stesso e successo alle divinita locali
sopravvissute alla diffusione della religione greco-romana.
Caso 147. — Un missionario erudito, spiritoso ed aperto, che ha dato un valido contributo all’etnologia della
Papuasia, mi ha personalmente assicurato che il Diavolo — rappresen tato dalle divinita locali — era cosi
irritato dalla presenza dei missionari che aveva assalito, legandola con delle corde, una delle scuole della
missione. Non solo: Padre Dupeyrat
(1954), nel suo eccellente libro semi-divulgativo sulla Papua sia, esprime una cieca credenza nei poteri —
ovviamente malefici — degli stregoni locali, e racconta che uno di loro riusci quasi ad ucciderlo, incitando
magicamente un serpente ad attaccarlo. Analogamente Padre Dourisboure (1929) di chiara piuttosto
esplicitamente di aver distrutto gli oggetti rituali di un villaggio bahnar recentemente evangelizzato, non
perche avrebbero potuto ricordare ai neofiti le pratiche pagane abiurate, ma perche era sicuro, come i Bahnar,
che quegli oggetti erano abitati dalle divinita locali, che per lui erano degli equivalenti del diavolo.
Con questo atteggiamento, il missionario perpetua in real ta la credenza del neofita nell’esistenza reale degli
dei ance strali; semplicemente, gli insegna a temerli e a considerarli dei demoni.
Caso 148. — Durante il mio soggiorno presso i Moi Sedang, appresi una volta che un piccolo funzionario
indigeno
253
cercava di ingraziarsi una persona, raccogliendo per conto suo degli oggetti indigeni antichi. Questi, che era
un uomo d’onore, e onesto, ignorava che il funzionario non comprava sempre quegli oggetti, ma a volte se ne
appropriava semplicemente. Non fui quindi sorpreso di sapere, da parte di alcuni abi tanti di un villaggio
vicino, che quell’uomo aveva inten zione di appropriarsi di un vecchio scudo sacro che appar teneva al loro
villaggio. Visto che volevo io stesso comprare quello scudo per il Musee de l’Homme di Parigi, offrii loro
una somma di denaro. Mi dissero che purtroppo non potevano vendere un oggetto sacro, e che dovevano
quindi rassegnarsi a che l’oggetto fosse rapito con la forza dal villaggio. A quell’epoca ero gia diventato un
esperto di casistica giuridica Sedang. Risposi quindi che sarebbe stato «il colmo della sventura » se
quell’oggetto fosse stato « rubato » (Caso 420). I miei ospiti colsero immediatamente l’allusione, e strizzan
domi l’occhio, mi offrirono di comprare le uova che mi ave vano portato in regalo. Dopo qualche
patteggiamento, le uova cambiarono finalmente di proprietario, per una somma che sarebbe stata
ridicolmente esorbitante — se non fosse stato implicitamente inteso che rappresentava in realta un prezzo
ragionevole per uno scudo. I miei ospiti mi confida rono poi il loro « timore » di veder lo scudo « scomparire
» un certo giorno, in un momento in cui tutti sarebbero stati sui campi, e, con un largo sorriso, presero
congedo. Nel giorno tacitamente stabilito, chiesi ai mio interprete, Paul Den, un Reungao cristiano che era
stato catechista, di andare a « rubare » per me lo scudo. Questo giovane, che non temeva alcun pericolo reale,
e che, avendo assistito ai negoziati, sapeva che nessuno avrebbe ostacolato l’impresa, mi parve sconvolto
quando, qualche ora piu tardi, torno con lo scudo. Mi disse che, subito prima di prendere lo scudo, aveva non
soltanto pregato i santi di proteggerlo dai « demoni » indigeni che vi abitavano, ma aveva anche, per maggior
sicurezza,
254
informato i « demoni » che non faceva altro che eseguire un ordine, e non era quindi responsabile del
sacrilegio.
L’etnologo dilettante spesso non capisce l’essenza di una usanza i cui dettagli concreti egli conosce forse
meglio degli etnologi di professione: il suo errore e funzione della pro fessione che esercita.
Caso 149. — L’acquisto, tramite denaro, della sposa in Africa e stato un tempo descritto accuratamente — e
forte mente condannato — da missionari e funzionari, che non hanno potuto fare a meno di paragonarlo
all’acquisto di schiavi. Soltanto quando gli etnologi cominciarono, a loro volta, a studiare quest’usanza
divenne chiaro che il paga mento di un « prezzo della sposa » {bride price) la proteggeva da flagranti abusi, e
lo sposo da un abbandono immotivato.
Anche se « comprata », una moglie realmente maltrattata poteva tornare presso la sua famiglia, che non era
obbligata a rendere il denaro a un marito brutale. Se d’altra parte una donna lasciava il marito per un
capriccio, la sua famiglia la obbligava a tornare sotto il tetto coniugale per non essere costretta a rendere il
denaro al marito. La dote africana non abbassa quindi la donna al rango del bestiame, ma assicura invece
precisamente quella stabilita e dignita del matrimonio che i funzionari e i missionari volevano promuovere
abolen
dola. Del resto, le donne Kiowa si vantano di esser state pagate a caro prezzo, e si prendono gioco di quelle
che non hanno avuto questa fortuna (La Barre, senza data).
Certi errori di interpretazione delle usanze indigene sono una conseguenza quasi inevitabile degli scopi
extra-scientifici perseguiti da autori non-etnologi. Cio spiega, incidentalmente, perche la psicoanalisi non
puo essere efficace se vi e uno scopo extra-terapeutico, sia nell’analisi stessa o da parte del paziente.
Caso 150. — Certi funzionari americani che avevano negoziato con alcuni capi indiani su questioni che non
dipen devano realmente dal potere di questi ultimi, attribuirono loro
255
sistematicamente dei poteri che non avevano, al fine di coprire con un’apparenza di legalita dei trattati
imposti con la forza. D’altra parte, l’attribuzione di poteri assoluti ai capi indiani non era forse
completamente cinica, ma in parte dovuta a una concezione occidentale sulla natura dei poteri reali. Qual
cosa di analogo successe quando furono comprate da alcuni Kikuyu delle terre che appartenevano all’intera
tribu (Leakey
1952). In qualche caso, l’organizzazione politica di una tribu si
accorda cosi poco con le teorie politiche occidentali che la sua analisi sfida anche gli sforzi degli etnologi
competenti. Caso 151. — Ho molte ragioni per credere che non comprendiamo realmente l’originaria
organizzazione politica dei Mohave, e che oggi non possiamo piu ottenere i dati necessari. Le prime fonti
spagnole descrivono le funzioni del
capo in termini conformi alle concezioni spagnole della sovra nita; lo stesso fanno — mutatis mutandis — i
primi documenti ufficiali americani. La breve discussione di Kroeber (1925a) dell’organizzazione politica
mohave e per molti versi incom pleta. Io stesso (Devereux 195lb) ho descritto soprattutto i contatti politici
americani-mohave, ma non ho realmente chiarito la struttura del potere nella tribu mohave, all’epoca della
sua indipendenza. L ’« epopea storica » che Kroeber (195la) ha pubblicato e troppo mitica e stilizzata per dar
di piu che un abbozzo dell’organizzazione politica origina ria. Tutte le altre informazioni sull’esercizio del
potere tra i Mohave sono altrettanto difettose, soprattutto perche l’organizzazione politica mohave non si
accorda con il nostro concetto abituale di istituzione. Anche l’ipotesi, teoricamente possibile, che
l’organizzazione politica originaria dei Mohave non era altro che una sorta di anarchia, e insostenibile. E
chiaro quindi che le nostre idee sull’esercizio del potere tra i Mohave non sono semplicemente ne abbastanza
precise, ne abbastanza esplicite per permetterci anche soltanto la
costruzione di un modello teorico. 256
Le mode scientifiche influenzano profondamente la ri cerca.
Caso 152. — La moda di interpretare sistematicamente tutti i miti come miti naturali e stata dura a morire
negli studi classici, come testimoniano i primi volumi del Roscher (1884).
Caso 153. — Un professore di antropologia in una delle principali universita americane, che aveva ricevuto
molti finan ziamenti per ricerche sul terreno, mi ha fatto notare che e oggi quasi impossibile ottenere fondi
per una ricerca generale — e ha osservato che, purtroppo, si pubblicano oggi troppo pochi lavori di etnologia
generale.
Questo genere di mode scientifiche influenza anche la scelta e l’interpretazione di temi di ricerca che, in un
dato momento, sono considerati come la via reale di accesso al- 1’« essenza » della societa primitiva, e come
capaci di for nire quel grado di « scientificita » o di « quantificabilita » che, per molti etnologi, e il tratto
distintivo della rispettabi lita scientifica.
Caso 154. — Una di queste mode e stata e resta ancora Tinteresse quasi ossessivo per la parentela. In effetti
si crede, senza ragione, che lo schema di parentela non e ambiguo, e puo di conseguenza essere applicato, in
modo meccanico, sia dall’etnologo che dairinformatore per la classificazione dei rapporti sociali. Si presta
ben poca attenzione al fatto evidente che, in un piccolo gruppo endogamo, molte persone sono fra loro
apparentate in modi diversi. Deve quindi esi
stere, parallelamente al principale sistema di parentela, una tecnica per cui un individuo « doppiamente
parente » deve esser chiamato, per esempio, « cugino » o « cognato ». Per sino i migliori informatori sono
spesso incapaci di definire le regole di questo sistema supplementare di classificazione. L’osservazione
diretta rivela pero in genere che, in situazioni di questo tipo, il termine effettivamente impiegato designa la
relazione che implica il maggior numero di restrizioni. Le
257
eccezioni a questa regola consistono soprattutto in casi in cui l’impiego del termine tecnicamente piu
restrittivo rende rebbe impossibile la maggior parte delle transazioni che la relazione funzionalmente piu
importante richiede.
Caso 155. — Dopo la morte della sua prima moglie, il Moi Sedang Mbrao sposo una delle sorelle della
moglie morta. Poco dopo, un suo figlio adulto sposo un’altra so rella della madre deceduta, e divenne quindi
il cognato di suo padre oltre che, per affinita, lo zio di se stesso. Questa unione era comunque abbastanza
atipica perche alle nozze i due sposi mordessero un pezzo di ferro: questa dimostra zione di « ferocia » era
destinata a intimidire gli spiriti che avrebbero potuto punirli per la loro scelta non convenzio nale. Le
difficolta terminologiche che risultavano da questo matrimonio furono risolte come segue:
1. il figlio continuo a chiamare suo padre «padre», anche se questi era diventato contemporaneamente anche
suo cognato e suo zio per affinita, e il padre continuo a chiamarlo «figlio». La relazione padre/figlio e infatti
sia piu restrittiva che piu funzionale di quella di cognato o di zio per affinita;
a se avessero adottato il nuovo termine di « cognato », Mbrao avrebbe dovuto avere una relazione con sua
nuora (= sua cognata), e suo figlio avrebbe dovuto fare lo stesso con sua suocera (= sua zia = sua cognata),
pur dovendo prima chiamarla « zia ». Queste relazioni avrebbero creato delle tensioni edipiche intollerabili,
che avrebbero potuto rom pere l’equilibrio dinamico della famiglia;
b se si fossero mutuamente chiamati « cognato », gli spiriti avrebbero certamente respinto questa definizione
della relazione di parentela tra padre e figlio. Per i Moi Sedang, infatti, gli spiriti sono una sorta di maestri
cantori del so vrannaturale, sempre in cerca di pretesti per estorcere sa crifici. Gli spiriti avrebbero anche
rifiutato di considerare un flirt tra Mbrao e sua nuora, o tra il figlio e sua suocera,
258
come un comportamento legittimo tra un uomo e la sorella di sua moglie. L’avrebbero comunque considerata
una rela zione incestuosa, e avrebbero voluto un sacrificio per am mettere questa trasgressione;
2. una volta sposata sua zia per parte di madre, il figlio di Mbrao dovette chiamarla « sposa », e adottare nei
suoi confronti il modello di comportamento di un marito, che e piu funzionale, ma meno restrittivo di quello
di nipote. In effetti, se avesse continuato a comportarsi secondo la rela zione reciproca « restrittiva »
zia/nipote, non avrebbe potuto realizzare effettivamente il matrimonio. Il bisogno imperativo
di adottare questo nuovo modello di relazione reciproca spiega probabilmente perche il figlio di Mbrao e sua
moglie presero delle precauzioni per prevenire una calamita. Il padre e il figlio invece, che continuarono a
conformarsi alla piu restrittiva delle due 'o tre relazioni reciproche teoricamente possibili, non dovettero
prendere nessuna precauzione (4).
La parentela e quindi molto piu ambigua nella pratica di quanto alcuni studi etnologici sembrano indicare;
essa ha, del resto, radici profondamente inconsce (Devereux 1965j). Anche se lo studio della parentela e
un’attivita sublimatoria, la finzione che si tratti di un sistema non-ambiguo, anche nella pratica, e un
pregiudizio scientifico che puo produrre deformazioni.
Non mi illudo di aver esaurito questo argomento com plesso: le mie osservazioni sono poco piu che bersagli
per le critiche di altri studiosi. Cio che conta veramente, non e se le mie interpretazioni sono plausibili e i
miei esempi ben scelti, ma piuttosto se altri studiosi, piu qualificati di me, accetteranno la sfida e riusciranno
a risolvere questo pro blema. Qui non posso che sollevare il problema e sottolineare la necessita di una
soluzione.
259
NOTE
(1) Vedi, per opposizione, l’assurda deformazione della psicoanalisi io Giappone, dovuta a ragioni culturali (Moloney 1953).
(2) Questi dati mi sono stati molto gentilmente fomiti dalla Signorina M. L. Stoller, Ph. D., che ha dedicato uno studio specifico ai
missionari nei mari del Sud.
(3) Rogerius, Carmen Miserabile. Si tratta di un poema sull’invasione dell’Ungheria da parte dei Tartari (XIII secolo) scritto in
latino da un uomo di chiesa ungherese, di origine francese.
(4) Ho proposto altrove (Devereux 1961a, 1965j) un’analisi piu appro fondita di alcuni problemi e complicazioni, finora
apparentemente non studiati, che risultano dal matrimonio tra parenti.
260
13. La condizione umana e Vautopertinenza della ricerca.
Ogni ricerca e autopertinente al livello dell’inconscio, anche se il tema prescelto puo a volte sembrare molto
lon tano dal Se (cosciente). Cio e completamente dimostrato dall’analisi dei determinanti inconsci della
scelta di una pro fessione.
Caso 156. — Un ricercatore chimico si specializzo nello studio dello status nascendi: inconsciamente,
tentava ancora di soddisfare un’insaziabile curiosita infantile sulla nascita dei bambini (Abraham 1927).
Caso 157. — Un fisico sperava inconsciamente che lo studio di un certo tipo di fenomeni avrebbe in qualche
modo chiarito l’incomprensibile e incontrollabile comportamento del suo ambiente infantile, e l’avrebbe
(simbolicamente) aiutato a controllarlo. Egli trattava del resto alcune persone esatta mente nel modo in cui
manipolava gli strumenti del suo laboratorio.
Caso 158. — Un musicista professionista acquisi un « orecchio assoluto » solo dopo aver scoperto in analisi
che, da bambino, aveva trovato troppo angosciosa la corretta iden tificazione dei rumori sessuali che
provenivano dalla camera dei suoi genitori (Devereux 1966c).
Cosi, ogni ricerca e autopertinente e corrisponde piu o meno a una introspezione. Cio vale del resto sia per
l’auto- osservazione costante dello psicoanalista sia per gli sforzi di fotografare la faccia nascosta della luna.
Sia la pratica psi coanalitica che la teoria della sublimazione mostrano che piu si analizza una sublimazione,
piu questa si rafforza (Jokl
1950). In un’epoca in cui e il progresso scientifico che decide 261
quale stile di vita diventera dominante, la consolidazione me todica delle sublimazioni dello scienziato e
quindi almeno altrettanto importante del miglioramento dei programmi uni versitari e della costruzione di
nuovi laboratori di ricerca. Sul piano individuale, puo essere piu urgente analizzare i nevrotici e aiutarli a
superare la loro infelicita; da un punto di vista sociale, e senz’altro piu importante analizzare per sone in
(relativa) buona salute e intelligenti, per aumentare la loro produttivita e rafforzare le loro sublimazioni.
L ’auto-osservazione indiretta e particolarmente evidente nelle scienze del comportamento. Colui che studia
l’uomo sa che sia il soggetto che lui stesso sono esseri umani: stu diando quest’ultimo egli studia se stesso,
esattamente come l’analista continua la propria auto-analisi mentre cura i suoi pazienti ... in parte per
prevenire l’identificazione nevrotica e l’interazione complementare con gli analizzandi (Capito lo 19). Lo
studio dell’uomo e quindi solo di un grado meno difficile dell’auto-osservazione, che richiede all’ego — in
parte composto di difese contro Vinsight — il riconoscimento della propria riluttanza ad affrontare la realta.
Questa difficolta ha portato Bernfeld ad affermare che «l’auto-analisi e impossi bile, perche comporta troppo
contro-transfert».
L’umanita stessa dell’analista del comportamento, che lo spinge a considerare lo studio dell’uomo come
autopertinente, e anche come uno studio di se stessi, provoca deformazioni controtransferenziali. Questi tenta
a volte di ridurre questa difficolta non migliorando la propria capacita di auto-osser vazione — aumentando
la propria conoscenza di se — ma inventando dei mezzi di aumentare la doppia distanza, psi cologica e
sociale, che lo separa dai soggetti.
Lo studio dei popoli primitivi volto a sostituire lo studio di se e uno di questi mezzi, anche se almeno tre
etnologi di grande lucidita hanno poi retrospettivamente utilizzato l’espe rienza della ricerca sul campo come
un mezzo per ridefinire
262
la loro identita (Levi-Strauss 1955; Balandier 1957; Condo- minas 1965).
Nella maggior parte dei casi, chi studia l’uomo ha l’am bizione di diventare un osservatore « idealmente »
(cioe di sfunzionalmente) obiettivo dell’umanita. Il suo automodello e il « Marziano » del grande pubblico.
La circolarita del ragionamento implicato in questo modello ideale e rivelata dal fatto che questo osservatore,
supposto perfetto, resta designato come un uomo marziano, e non come una macchina venuta da Marte.
Trasformarsi in Marziano e una manovra che, dal punto di vista dei risultati scientifici, si elimina da se. Un
etnografo o uno psicologo marziani, incapaci di em patia con i soggetti, potrebbero descrivere tutto, salvo
appunto
cio che nell’uomo e umano. La ragione di cio e che il fatto stesso di non essere umano gli toglierebbe la
capacita fon damentale dell’essere umano di studiare se stesso — una facolta che ha le proprie radici nella
percezione che l’uomo ha della propria identita, e della sua capacita di funzionare simultaneamente e
consapevolmente come soggetto e come osservatore ... cosa che ne le macchine ne gli animali sem brano
essere in grado di fare (1).
I tentativi di neutralizzare la tendenza (causata dal con trotransfert) dell’osservatore a identificarsi con i
soggetti hanno una lunga storia.
Caso 159. — Erodoto ha tentato di risolvere questo pro blema adottando deliberatamente il punto di vista
greco. Cio gli permise di prendere le distanze dai barbari, «vedendo che il popolo degli Elleni si era da tempo
distinto dai bar bari, mostrandosi piu intelligente, e libero da sciocche inge nuita » (Erodoto 1.60). Questa
posizione somiglia molto a quella dei moderni missionari e propagandisti, che si cre dono i soli depositari
della verita.
Caso 160. — Montesquieu (1721) volle descrivere e ana lizzare obiettivamente la societa francese: per far
cio, in
263
vento un viaggiatore persiano, le cui lettere in patria cerca vano di spiegare il modo di vivere dei Francesi.
Il tentativo di Montesquieu falli a tal punto che oggi leggiamo Le Lettere Persiane soprattutto come un testo
let terario, mentre le Memorie di Saint-Simon, violentemente sog gettive, restano una fonte preziosa di
informazione sulla vita sociale dell’Ancien Regime.
Un altro modo di provocare spontaneamente l’errore con siste nella « riclassificazione » dell’uomo. Questo
tipo di ri classificazione esiste naturalmente anche nelle societa primi tive, ma i primitivi tendono piuttosto,
in generale, ad antro- pomorfizzare il non-umano che a disumanizzare l’uomo.
Caso 161. — La brillante analisi di Hallowell del con cetto di personalita nella cultura Saulteaux (1960)
mostra che alcuni animali sono considerati « persone », ma non precisa che cio si verifica solo se il
comportamento di questi animali si differenzia dal normale comportamento animale.
La scienza del comportamento procede in generale in modo diametralmente opposto. Non e passato molto
tempo da quando la scienza « filosofica » del comportamento, e i tribunali, avevano una concezione
nettamente antropomorfica degli animali. La stessa Chiesa, che ha professato 1’esistenza di differenza
assoluta tra l’uomo e l’animale, ha cancellato questa differenza, intentando per esempio dei processi di
stregoneria contro degli animali. D’altra parte, appena Ma lebranche tento di sopprimere la concezione
antropomorfica degli animali, dichiarando che non erano altro che delle quasi-macchine viventi, incapaci di
provare la sensazione del dolore, La Mettrie (1748) elaboro la sua concezione del- l’uomo-macchina, che di
nuovo identificava l’uomo con l’ani male. Una conseguenza diretta di questa concezione e la tendenza
odierna a studiare l’uomo attraverso il ratto, e, nell’ultimo decennio, a considerare lo stesso funzionamento
mentale umano soltanto come una varieta del funzionamento prototipico dei « cervelli » elettronici. Eppure,
un istante di
264
riflessione sarebbe bastato per capire che e il cervello elet tronico che funziona come la mente umana, e non
viceversa, visto che e lei ad avere creato delle repliche meccaniche di se, mentre i calcolatori elettronici non
hanno ancora fabbri cato delle « menti » a loro immagine e somiglianza.
Ci sono, e vero, degli scienziati che fanno del loro meglio per pensare e comportarsi come dei calcolatori. Il
loro in successo e reso piu notevole dal fatto che questa loro per versa ambizione e ispirata dal loro
inconscio, una «istanza psichica » che i calcolatori non possiedono ancora.
Due cose sembrano chiare: 1. Pantropomorfizzazione delle macchine e degli ani
mali (che avviene per proiezione) conduce necessariamente all’estremo opposto: una zoomorfizzazione e/o
una mecca- nomorfizzazione dell’uomo (il che avviene per introiezione);
2. Pantropomorfizzazione delle macchine e degli ani mali, pur in-fondata, ha almeno la scusa di costituire un
tentativo (infelice) di comprensione totale. La zoomorfizza zione, o meccanomorfizzazione, dell’uomo cerca
invece di frammentare la comprensione; la causa di questa frammen tazione risale certamente alle angosce
che l’empatia provoca nello scienziato, provocando grossolane deformazioni della realta.
L’approccio parziale fornisce certamente dei dati verifi cabili: ma cio che importa e se quei dati sono
pertinenti rispetto a quel che si suppone sia l’oggetto della ricerca. L’acustica e una importante branca della
fisica, e i solchi di un disco possono venire misurati con grande precisione; ma resta da dimostrare che dati
simili ci dicano qualcosa di interessante su un quartetto d’archi di Mozart. Una simile sterile riduzione
all’inessenziale dei dati non e metodologia, ma una difesa contro l’angoscia. Non risolve il problema
dell’obiettivita, si accontenta invece di evitarlo. Nessuno con testa — e il caso di dirlo? — l’utilita dei
risultati degli esperimenti sui ratti, e neppure, in molti casi, la loro inter
265
pretazione. Cio che e qui in discussione, e la tendenza a attribuir loro una portata e un interesse che non
possono avere.
Una tecnica molto piu condannabile di aumentare la di stanza fra se stessi e un soggetto (umano o animale)
era un tempo piu comune nella vita quotidiana che nell’attivita scientifica — almeno fino a quando i medici
nazisti presero a fare esperimenti su soggetti umani nei campi di concentra mento (Mitscherlich e Mielke
1949). Il miglior modo di stu diarla e l’analisi delle manipolazioni non-scientifiche: esse cominciano con il
disumanizzare l’essere umano, come per rendere assurdo ogni rapporto d’empatia con lui, per sotto metterlo
poi ad aggressioni fisiche e psichiche che il suo statuto non-umano sembra giustificare, e che finiscono per
espellerlo definitivamente dalla comunita umana.
Caso 162. — Gli uomini liberi vengono prima ridotti allo stato animale tramite la schiavitu (Caso 168 e
169), e sono poi trasformati in eunuchi, in modo da squalificarli definitivamente come esseri umani (2).
Caso 163. — L’oligarca Senofonte (Ciropedia 7.5.58 e seguenti) era probabilmente l’unico Greco
dell’epoca clas sica a difendere la castrazione di uomini, cavalli e cani. Egli sosteneva che gli eunuchi erano i
servitori piu fedeli, poiche il buon volere dei loro padroni era l’unica protezione su cui potevano contare,
contro un mondo ostile e sprez zante (3).
Caso 164. — La legge priva i folli della maggior parte dei loro diritti umani. Alcuni di loro subiscono la
lobotomia, anche se questa non guarisce affatto la psicosi, ma rende sol tanto piu facile dominare uno
psicotico. Il paziente che ha subito una lobotomia, che equivale a una castrazione psichi ca, e trattato come
un sotto-uomo. Un « famoso » specializ zato in questo genere di chirurgia disse cosi brutalmente ai pazienti
che ormai non erano piu in grado di esercitare nes
266
sun lavoro, nemmeno quello di ragazzo d’ascensore, che scan dalizzo tutto il personale medico e
paramedico.
Caso 165. - Bisogna aver letto, per crederla possibile, la minuziosa giustificazione della castrazione dei
bambini oligo- frenici che ha scritto il fu Dottor Hawke (1950), gia direttore della Scuola per handicappati
mentali di Winfield, nello Stato del Kansas.
La psicologia che giustifica il ricorso a tecniche di questo genere, che tentano di accrescere la distanza tra
osservatore e soggetto osservato, sara discussa nel Capitolo 19, soprattut to per quel che riguarda la pratica di
chiamare « preparati » degli animali mutilati a fini sperimentali (Caso 369).
Un soggetto umano non mutilato e a volte trasformato in un « preparato » tramite l’espediente, puramente
formale, di ignorare il suo lato umano, e soprattutto la sua facolta di eser citare la coscienza, e di produrre
enunciati pertinenti a pro posito di altri enunciati. I difetti logici di questa operazione verbale saranno
discussi nel Capitolo 19; la sua fondamentale
equivalenza con cio che Bohr chiama Abtotung (distruzione) negli esperimenti sugli animali sara analizzata
nel Capito lo 22 (vedi anche Devereux 1960b).
Risultati del tutto paragonabili possono ottenersi, sul pia no sociale, con il rifiuto arbitrario di attribuire uno
statuto pienamente umano a certe categorie di persone.
Uno dei modi in cui l’osservatore ingenuamente soddi sfatto di se puo dissociarsi dai suoi soggetti e la
classificazio ne, per ordine gerarchico, delle razze umane secondo la loro somiglianza con le scimmie. Molte
di queste classificazioni non sono affatto caratterizzate dal loro, piu o meno grande, valore oggettivo, ma
piuttosto dalla loro utilizzazione nevro ticamente dissociativa, che trascura il fatto che diversi criteri
di ordinamento gerarchico forniscono diversi risultati. In real ta, la gerarchizzazione delle razze e a volte
cinicamente mani polata attribuendo un diverso peso — o addirittura ignoran
18
267
do — a certi criteri che appartengono in linea di principio allo stesso metodo di classificazione.
Caso 166. - Il Nero e piu vicino alla scimmia del Bianco se si considerano la pigmentazione bruna — diversa
dal vero nero —, il prognatismo ecc. Ma lo e meno se si considerano i suoi tratti specificamente umani: il
forte sviluppo del tallo ne e della curva lombare, le labbra sporgenti, la qualita « la nosa » dei capelli (4), e la
lunghezza del femore.
Caso 167. - L’Australiano, che si situa ai livelli piu bassi della scala gerarchica — per ragioni che non ci
interessano qui — per la facolta di concettualizzazione, raggiunge inve ce livelli molto piu alti per quanto
riguarda l’adattamento al l’ambiente (Porteus 1931, 1937).
Queste classificazioni sono in genere sostenute anche da sotterfugi di ordine concettuale.
Caso 168. - I Bianchi del Sud degli Stati Uniti, notoria mente pii, hanno provato il bisogno psicologico di
formulare una teoria secondo la quale i Neri sono animali. Di conse guenza chiamavano chi curava gli
schiavi malati «veterina rio ». D’altra parte, anche se il coito con una Nera non era considerato zoofilia dalla
legge, era psicologicamente perce pito come tale visto che, per i Bianchi del Sud che idealiz zavano la «
Bianca pura » ogni atto sessuale e bestiale. Que sto ragionamento permetteva poi loro di trattare come «be
stiame umano » i frutti di quelle « bestiali » unioni.
Caso 169. - Uno dei termini greci per « schiavo », andra- podon, deriva probabilmente dal termine zoologico
tetrapoda.
Succede, naturalmente, anche che sia il primitivo a nega re che lo straniero appartiene alla sua stessa specie,
o che ha una simile natura.
Caso 170. - Alcune popolazioni australiane pensavano che i Bianchi erano spiriti degli antenati « tornati »
nella loro terra. Secondo loro, i Bianchi non avrebbero mai potuto tro vare la strada per « tornare » in
Australia, se non vi avessero gia vissuto in una vita precedente.
268
Caso 171. - Gli Atzechi credevano che gli Spagnoli fosse ro quei Bianchi Dei che avevano per secoli
aspettato, e cam biarono opinione solo dopo innumerevoli gesti di crudelta e perfidia (Caso 389).
Caso 172. - I Cristiani Europei credettero che i Mongoli non erano uomini, ma mostri venuti dal Tartaro; una
falsa cre denza probabilmente favorita dalla somiglianza tra «Tartar » e «Tartaro» (Tartarus=inferno).
Questa credenza e stata probabilmente sfruttata dai Mongoli, che terrorizzavano i ne mici lanciandosi in
battaglia con dei fantocci mostruosi posti sulla groppa dei cavalli, che i guerrieri portavano per le briglie.
Alcuni gruppi perseguitano altri popoli meno civilizzati come se si trattasse di animali selvaggi, o praticano
il genoci dio come i Nazisti.
Caso 173. - Nell’Est della Tailandia e del Laos, i molto primitivi Phi Tong Luang vengono chiamati «spiriti
delle foglie gialle », e sono considerati come degli animali nocivi. Le popolazioni vicine li perseguitano
almeno altrettanto bru talmente (Bematzik 1958) — per quanto con minori risul tati — di quanto fecero gli
Inglesi con i Tasmaniani (Roth
1899). Altri problemi connessi con il concetto di razza, che non
implicano l’attribuzione di una natura animale o l’appartenen za ad un altro mondo, saranno discussi nel
Capitolo 14.
Anche la credenza che soltanto il proprio gruppo e auten ticamente — o almeno originariamente — umano
puo costi tuire un mezzo di dissociazione dagli estranei.
Caso 174. - I Navaho, e altre popolazioni Atabascane, chiamano se stessi semplicemente « Gli Uomini », e
usano specifiche denominazioni tribali solo per altri gruppi (Leigh- ton e Kluckhohn 1947). Lo stesso vale
per molte altre tribu.
Reazioni dissociative di questo genere possono verificar si anche nella scienza. Daro qui un solo esempio,
visto che questo argomento sara discusso in dettaglio nei Capitoli 14 e 15.
269
Caso 175. - L’ambiguiia a proposito dell’oggettivita e cosi profondamente radicata nel gergo scientifico che
ho sen tito la necessita di sottolineare altrove (Devereux 1966b) che l’espressione psicoanalitica « amore
oggettuale » (o investi mento oggettuale) e una contraddizione in termini. Si puo infatti amare in modo
maturo una persona soltanto se la si concepisce come un « soggetto », e non come un « oggetto ». Solo nel
caso delle perversioni e legittimo parlare di scelta
« oggettuale », visto che la perversione non e centrata sul partner, ma sull’atto « sessuale ».
Un altro modo, antico e straordinariamente diffuso, di accrescere la distanza tra se stessi e un proprio simile
(o un soggetto) umano non consiste nell’espulsione del soggetto al di fuori dell’umanita, ma piuttosto
nell’esclusione di se dalla comunita degli uomini. Questo stratagemma gode di grande favore tra gli
scienziati delusi del culto dell’« obiettivita ».
Questo fenomeno non puo essere compreso se non si esa mina la piu antica di queste tecniche di esclusione
di se dal l’umanita: Pattuazione di un crimine inumano.
Caso 176. - Nella mitologia eschimese, coloro che pratica no il cannibalismo si proclamano entita
sovrannaturali, e non semplici esseri umani (Rasmussen 1927; Boas 1907).
Caso 177. - Il cacciatore Ba Thonga, quando si prepara a cacciare un animale molto pericoloso, come
l’ippopotamo, commette a volte l’incesto con sua figlia, perche crede che il suo crimine lo rendera altrettanto
terribile (cioe inumano) che l’animale che vuole uccidere (Junod 1927).
Caso 178. - Tieste, che suo fratello Atreo aveva ingannato facendogli mangiare la carne dei suoi figli,
commise l’incesto con sua figlia Pelopia. Un oracolo gli aveva detto che cio gli avrebbe permesso di
vendicarsi, in modo altrettanto abomi nevole, di suo fratello (Scolio a Euripide Oreste 15; Apol- lodoro
Epitome 2.14; Hyginus Fabulae 87, ecc.).
La credenza secondo la quale un crimine abominevole permette al criminale di auto-escludersi dalla
comunita uma-
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na e stata addirittura sfruttata dai sostenitori del terrorismo politico, in almeno quattro diverse societa.
Caso 179. - Secondo Leo Alexander (1948), molti terro risti mongoli e nazisti erano uomini che erano stati
persuasi 0 costretti a compiere un gesto inumano, che li legava per sempre a Gengis Khan o al regime di
Hitler. Analogamente, 1giuramenti dei Mau-Mau violavano intenzionalmente tutti i principi Kikuyu di
umanita e pieta, in modo che chiunque li pronunciasse si auto-escludeva definitivamente dalla normale
societa Kikuyu. Se l’interpretazione di Jeanmarie (1939) del la cripteia e fondata, qualcosa di simile si
verifico anche nel l’antica Sparta (Devereux 1965a).
Un fenomeno analogo e lo statuto « particolare » del gua ritore, cui molti medici moderni rifiutano
tenacemente di ri nunciare. Si riconosce raramente la somiglianza dello statuto
« particolare » del guaritore con quello del « criminale inu mano ». Il « crimine » del medico e che non
sembra com muoversi di fronte alla miseria umana: egli vi reagisce in modo razionale, amputando
impassibile degli arti irrimedia bilmente danneggiati, o toccando senza paura dei corpi coperti di piaghe
odiose (Ippocrate, De Flatibus, 1.6; Luciano, Bis Accusatus, 1). L’acquisizione di questo atteggiamento
distan
te esige dal medico un notevole sforzo. Prova ne sia che gli studenti del primo anno di medicina cercano
tradizionalmente di superare l’orrore per i cadaveri abbandonandosi a scherzi eccessivi — o addirittura
osceni — nelle sale d’anatomia. Questa formazione reattiva contro la normale paura umana dei cadaveri e
delle malattie puo diventare cosi nevroticamen te compulsiva che alcuni medici sviluppano un impersonale
« atteggiamento da obitorio » nei confronti dei pazienti (Le- win 1946, vedi anche il Capitolo 14).
E evidente che la pretesa dei medici di ottenere uno statu to particolare serve a volte interessi corporativi.
Alcuni grup pi di pressione organizzati dalla professione medica hanno per esempio ottenuto una legge che
attribuisce loro un rango
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piu elevato, e una posizione piu privilegiata nelle Forze Arma te americane di quella degli ingegneri, che
sono numericamen te altrettanto rari, e altrettanto utili dal punto di vista militare dei medici. Ma gli ingegneri
non pretendono di avere uno sta tuto particolare nella comunita umana, ne sono professional mente costretti
ad assumere un atteggiamento insensibile nei confronti degli altri.
Inutile dire che parlo soltanto dei gruppi di pressione dei medici. Ho lavorato a tempo pieno per quasi dieci
anni con dei medici, e molti altri a tempo parziale, e so per esperienza che i buoni medici sono sempre prima
di tutto esseri umani, e soltanto in secondo luogo medici, e cosi dovrebbe essere sem pre. Nessun medico
coscienzioso manda un paziente da un virtuoso della chirurgia che si interessa piu del successo tecni co
dell’operazione che della sopravvivenza del paziente — e ve ne sono. La calma del chirurgo durante
un’operazione non e un modo di prendere le distanze dalla compassione e dalla sollecitudine « non
professionali », ma rappresenta una subli mazione di questi sentimenti, e trae la sua forza dalla condizio ne
umana del medico, e dalla sua umanita. E la grandezza umana e professionale di persone del genere che
rende per contrasto cosi odiosi i politicanti della medicina.
Il solo rimedio a questo genere di vanita, che si giustifica con la freddezza nei confronti del genere umano, e
quel sano senso deH’umorismo che spinse Vespasiano, un uomo pieno di buon senso, a esclamare sul letto di
morte: «Povero me! Credo proprio che mi sto trasformando in un dio » (Svetonio
Vite dei Dodici Cesari, Vespasiano 23). Il fatto che anche un certo numero di studiosi del compor
tamento si dissociano dai soggetti e assumono una posizione d’osservatore piu o meno extra-umano,
trasformando cosi i soggetti umani in cavie, e fonte di angoscia inconscia. Questa provoca a sua volta un
certo numero di reazioni difensive, che possono variare dal semplice atteggiamento professionale alla
meccano-morfizzazione, o almeno zoomorfizzazione, del
272
l’uomo. La perdita di sensibilita che ne risulta, e la degrada zione del senso — molto rassicurante — della
propria umanita dovrebbero da sole costituire ragioni sufficienti per evitare questo atteggiamento distante,
anche se non fosse evidente che il modo piu fecondo di studiare l’uomo passa attraverso la mediazione della
propria umanita.
Il prossimo obiettivo delle scienze del comportamento deve quindi essere la reintroduzione dell’affettivita
nella ricerca. Le considerazioni che precedono gettano una luce molto
chiara su una delle piu importanti fonti d’angoscia nello stu dio dell’uomo. Per l’inconscio, l’osservazione
distaccata di un proprio simile e un « peccato » — di voyeurismo e di desoli- darizzazione — che esilia
l’osservatore, almeno temporanea mente, dall’umanita. Questa sensazione di « peccato » e ine vitabile perche
ogni essere umano, compreso lo studioso del comportamento, ha certamente pulsioni voyeuristiche e ten
denze alla dissociazione non sublimate che questo atteggia mento riservato soddisfa, ma solo al prezzo di un
senso di colpa che nuoce alla raccolta e all’interpretazione dei dati. Un’altra fonte di colpevolizzazione
risiede nel fatto che l’im passibilita soddisfa pulsioni di potere egodistoniche: il rifiu
to di reagire umanamente a un essere umano mina la forza dell’Io e la sicurezza interiore della vittima.
Anche i bambini sanno che si puo facilmente intimidire un compagno sgradevo le mettendolo in quarantena.
Caso 180. - Cooley (1902) ha spiegato in modo convin cente l’aura quasi magica di prestigio e di potere che
circon darono lo stathouder dell’Olanda, Guglielmo il Taciturno, ri ferendola al carattere riservato e
all’impassibilita intimidente di questo principe.
Il rifiuto di rispondere puo essere anche una nevrotica ma novra di potere.
Caso 181. - Un Dongiovanni compulsivo racconto una vol ta in analisi che diventava deliberatamente
silenzioso e im
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passibile quando una ragazza rifiutava le sue proposte: « Que sto le terrorizzava! Poche sono capaci di
resistere piu di un quarto d’ora; dopo, sono pronte a far qualunque cosa, purche si smetta di negare la loro
esistenza ignorandole ».
Il rifiuto di reagire affettivamente e un peccato capitale in almeno tre culture.
Caso 182. - Le famose parole di Caino: « Sono forse il guardiano di mio fratelo? » ci sono presentate nella
Bibbia come un crimine quasi altrettanto odioso del fraticidio (Ge nesi, 4.9).
Caso 183. - La dimenticanza di Parsifal, che non chiese al Re Pescatore di che male soffriva, lo rese
provvisoriamen te incapace di trovare il Santo Graal (Weston 1920).
Caso 184. - Secondo i Mohave, quando il dio Matavilye fu incenerito, tutti i popoli, salvo i Bianchi, lo
piansero pub blicamente. L’insensibilita e il rifiuto di lasciarsi commuo vere sono, secondo gli Indiani, uno
dei tratti piu odiosi dei Bianchi, che sono a volte qualificati come esseri quasi inu mani. Questo episodio del
mito della Creazione, evidentemente piu recente della venuta dei Bianchi, ricalca probabilmente la tradizione
che racconta che il comportamento atroce del Coyo te ai funerali di Matavilye e la causa della macchia nera
che ha sul muso, e della sua condizione di paria folle errante nel deserto (Kroeber 1948b) (cfr. Caso 321).
L ’atteggiamento impassibile e particolarmente ingiustifi cato nelle scienze del comportamento, dove puo
provocare gravi reazioni d’angoscia e regressioni in chi e costretto a sen tirsi una cavia. Cio spiega,
incidentalmente, perche in analisi le persone con un Io gravemente danneggiato non dovreb bero venire
sottoposte a lunghi silenzi, e perche, in caso di re gressione improvvisa e eccessiva, l’analista deve
immediata mente farsi vivo (manifestarsi).
Caso 185. - Durante un’analisi, per ragioni in quel mo mento non ancora chiarite, una ragazza
moderatamente ne vrotica ebbe un’improvvisa allucinazione: il pene di suo pa
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dre era nella sua vagina. L’analista le disse immediatamente di alzarsi dal divano e di sedersi su una poltrona
di fronte a lui. Questa reazione immediata e energica dell’analista per mise alla ragazza di evitare una crisi
psicotica (5).
A volte, anche una impersonalita illusoria puo creare problemi durante una terapia psicoanalitica.
Caso 186. - Una Indiana delle Pianure racconto al suo analista che, quando era infermiera nell’esercito
durante la Seconda Guerra Mondiale, un fotografo le propose di foto grafarla per conto di un giornale, per
mostrare che anche gli Indiani partecipavano allo sforzo bellico. Lei rifiuto, dicendo che quell’interesse
implicava un interesse non per l’essere umano che lei sentiva di essere, ma solo per l’Indiana che si trovava
ad essere. Durante l’analisi, il fatto che sono un etno logo divenne per un certo periodo fonte di resistenze.
Preten deva infatti che la curavo non perche mi interessavo a lei o alla sua malattia, ma solo perche, come
etnologo, mi interes savo agli Indiani.
Un’altra manovra di dissociazione consiste nell’esagerare le differenze e nel sottolineare in modo ossessivo
cio che e unico — per esempio si esagerano sistematicamente certi trat ti culturali e si minimizza
l’importanza del modello che li im plica, cioe l’interdipendenza e la reciproca compensazione dei tratti. La
ricerca di cio che e unico induce certi studiosi del comportamento a negare praticamente l’unita psichica
dell’umanita e ad attribuire una psicologia « speciale » a ogni gruppo etnico (6). Simili caratterizzazioni delle
culture sono unilaterali e esagerate come l’immagine che Melanie Klein
ci da della psiche del lattante (1948, 1951), o come certi rap porti fondati sui tests diagnostici, redatti in
gergo da psicologi clinici incompetenti. In effetti, anche la plasticita umana ha dei limiti. In etnologia, cio e
dimostrato da molte recenti rettifi che: in particolare quelle che riguardano la descrizione di Benedict,
brillante ma troppo colorata, del carattere «para- noide » degli Kwakiutl, dovute a Codere (1956) che ha
studia
275
to gli aspetti amabili di quella cultura. Io stesso ho dovuto riconoscere che la dura cultura dei Sedang
possiede aspetti umani compensatorii, e che presso i Mohave non tutto e dol cezza e luce (Casi 393 e 333).
Infine, si sono recentemente messi in luce gli aspetti irrazionali della cultura greca (Caso 329). E interessante
notare che la tendenza ad attribuire una psicologia « speciale » a ogni popolo e particolarmente for te tra gli
etnologi ostili alla psicoanalisi, che tendono a igno rare i tratti latenti che compensano i tratti manifesti
estremi.
In realta, e chiaro che l’unita psichica dell’umanita e un fatto innegabile. Il modellaggio differenziale delle
stesse pul sioni e delle stesse difese spiega infatti adeguatamente sia le differenze di carattere etnico che
quelle individuali.
L’ultima manovra di dissociazione di cui parleremo qui e particolarmente tortuosa, perche sembra fondarsi
su una reale solidarieta con il resto deH’umanita. Questa manovra consiste essenzialmente nel considerare se
stessi — e la propria cultu ra — come l’archetipo, o almeno il prototipo, di cio che e umano. Cio puo portare
a errori diagnostici in medicina (Ca pitoli 14 e 15) e ad errori di attribuzione — e di sottovaluta zione —
nelle scienze del comportamento.
Caso 187. - L’ospitalita sessuale degli Eschimesi puo sem brare singolare solo a chi la spiega come una «
atrofia » di un modello generale « umano » di gelosia innata (occidentale). In realta l’Eschimese e geloso
come chiunque altro, e manife sta questi suoi sentimenti quando si verificano relazioni extra matrimoniali «
irregolari », cioe non comprese nel modello di ospitalita sessuale. Egli distingue pero tra ospitalita sessuale e
adulterio. L’esistenza dell’ospitalita sessuale degli Eschime si non ci obbliga dunque a mettere in discussione
il carattere fondamentalmente umano della gelosia; essa esige soltanto un
esame della definizione contestuale delle « situazioni che ecci tano la gelosia » (« vero adulterio »), e delle
difese, cultural mente modellate, che inibiscono la manifestazione di questo sentimento nelle situazioni in cui
e giudicato inadeguato. Lo
276
stesso vale per il rituale del prestito delle mogli in quelle regio ni dell’Africa in cui l’infedelta segreta e
irregolare della moglie prestata e severamente punita (Brelsford 1933).
Se una popolazione non sembra reagire in conformita con le nostre concezioni sulla «natura umana », il suo
comporta mento e spesso denigrato come « inumano » (crudelta) o
« bestiale » (sessualita). Oggi si evita di usare termini che implicano un giudizio di valore, ma la mentalita
che questi termini riflettono ispira ancora buona parte delle scienze del comportamento.
In ultima analisi, poco importa che il fatto di definirci come « archetipi dell’umanita » ci spinga a dire: «
Questa gente non e umana, non ha le stesse reazioni di noi! » o a te nere dotte dissertazioni sulle differenze
irriducibili tra la cultura ateniese e la barbarie degli Ottentotti, come Wilamowitz fu cosi irascibilmente
incline a fare (Caso 365). I risultati sono identici nei due casi.
Il fatto e che due individui possono essere l’uno diverso dall’altro soltanto perche ognuno dei due e un
esempio della specie plastica « Uomo », e due culture possono essere signifi cativamente diverse soltanto
perche ognuna delle due e un esempio della Cultura, cioe un prodotto della capacita, carat teristica della
specie umana, di creare cultura. Il tratto carat teristico che tutti gli uomini hanno in comune e la capacita di
essere piu diversi tra loro di quanto possano esserlo i leoni.
Il conflitto provato dall’osservatore, che deriva dal fatto che studiando soggetti umani egli studia
inevitabilmente se stesso, spiega perche si inventano tante manovre per tentare di aumentare il distacco e
garantire un’obiettivita che inibisce persino la coscienza creatrice della solidarieta dell’osservatore con i
soggetti. Cio spiega pero anche perche si inventano cosi pochi procedimenti capaci di promuovere l’empatia.
Ep pure, la sola empatia metodologicamente rilevante e quella che nasce dal riconoscimento che osservatore
e osservato sono entrambi esseri umani.
277
mmm
Freud sembra essere stato il primo a rendersi conto che i problemi creati dalla comune appartenenza
dell’osservatore (l’analista) e dell’osservato (l’analizzando) all’umanita non ri chiede manovre difensive, ma
un controllo razionale e una consapevole utilizzazione di questo fatto ineliminabile. Egli fece quindi
dell’autosservazione, sia diretta che per interposta persona, e dell’analisi delle deformazioni provocate
dall’auto- osservazione influenzata, la via reale verso l’obiettivita su di se e sugli altri. Egli sottolineo che
l’essere obiettivi a propo sito degli altri presuppone che si sia obiettivi su se stessi, senza per questo perdere
il senso della propria identita. Cosi, la psicoanalisi e quasi l’unica situazione di osservazione in cui non si ha
bisogno di desolidarizzarsi dal soggetto. Cio e vero anche se questa regola e a volte violata, come prova la
reazione allarmata di alcuni quando Nacht dichiaro senza ambagi che bisogna amare i pazienti, esattamente
come, se condo me, bisogna amare i propri soggetti.
Ogni psicoanalista, come qualunque altro studioso del comportamento, e costretto, che lo voglia o no, a
riconoscere che il suo strumento principale e il suo « senso » piu impor tante e il suo inconscio, che
comprende anche gli affetti. Pro prio perche il buon psicoanalista e, sul piano tecnico, impassi bile e
obiettivo, nello stesso momento in cui inizia un intimo
« dialogo dell’inconscio » con il paziente, egli puo indurre quest’ultimo a regredire (Menninger 1958) senza
provocare in lui il timor panico di venir ridotto a semplice « oggetto ». L’analista puo in tal modo indurre un
comportamento umano e non semplicemente un comportamento « di ratto » o addi rittura « di oggetto » nel
soggetto (l’analizzando).
Vi sono purtroppo psicoanalisti che reagiscono all’usura del contatto quotidiano con l’incoscio, e si
trasformano in semplici macchine di elaborazione del materiale inconscio. Essi soddisfano in grande misura
il desiderio inconscio, e a volte consapevole, proprio di molti pazienti, di non risolvere, ma abolire, i loro
problemi, aiutandoli a non sentire nulla.
278
Certi pseudo-omossesuali cominciano cosi un’analisi, non per diventare eterosessuali, ma nella speranza di
diventare degli asessuati.
Questo non e e non puo essere lo scopo della psicoanalisi, ne di nessun’altra scienza del comportamento. Il
coltello della castrazione, reale o simbolico, ha avuto per troppo tempo un ruolo dominante nell’evoluzione
delle societa oppres- ve (7) e brutalmente centrate sul Super-Io, fondandosi su folle di mutilati fisici, affettivi
e intellettuali completamente scorag giati. Esse somigliano alle societa di api che si fondano sul lavoro delle
api operaie sottoposte a castrazione ormonale tramite una dieta ristretta (Wigglesworth 1964). E certamente
ora di rendersi conto che una societa e una cultura incapaci di fronteggiare la spontaneita degli esseri umani
senza soppri merla brutalmente corre alla propria perdita altrettanto rapi damente di chi cerca l’obiettivita
nell’uomo spersonalizzan dolo.
I dati e le osservazioni che precedono mostrano che lo studioso del comportamento ha reazioni di difesa
contro la comprensione ansiogena della comunicazione affettiva con i soggetti. Lo scopo reale, per quanto
misconosciuto e rimasto allo stato inconscio, di molte di queste procedure tecniche e delle posizioni
metodologiche che vi sono implicate e quindi l’interruzione del dialogo fondamentale con l’inconscio.
NOTE
(1) La precisazione « consapevolmente » elimina dalla nostra discussione le macchine cibernetiche.
(2) Un gran numero di imperatori bizantini soleva eliminare tutti i potenziali pretendenti al trono. A volte, i capi delle famiglie nobili
che potevano pretendere al trono, cercarono di salvare i loro figli facendoli castrare: un eunuco non poteva diventare imperatore.
(3) La baronessa von Blitzen — meglio conosciuta sotto il nome di Isak Dinesen — dice nelle sue Memorie sull’Africa che i buoi
dovevano essere meglio protetti dei tori dalle belve feroci, perche il fatto di essere castrati li rende incapaci di difendersi.
(4) Il pelo riccio o lanoso e piu o meno inesistente negli animali selvaggi; sembra quindi essere il risultato di un lungo
addomesticamento. (5) Devo le informazioni che riguardano questo caso a un collega
altamente qualificato. (6) Cio sembra essere l’equivalente « psico-culturale » della ricorrente
idea che le diverse razze umane discendono da antenati pre-umani diversi. (7) Nel Caso 163, ho fatto notare che Senofonte, che
simpatizzava per l’oligarchia, raccomando la castrazione di uomini, stalloni e cani, anche se cio era contrario ai costumi greci.
Platone (.Protagora, 314c), che aveva anche lui idee oligarchiche, e uno dei rari autori che parlano di schiavi
eununchi ad Atene. Erodoto, molto piu democratico, ha orrore della castra zione degli esseri umani, e insinua in molti passaggi che si
tratta di una manifestazione della tirannia.
280
14. - Il modello di se: tipo somatico e razza.
La percezione e la corretta interpretazione della realta sono insieme facilitate e ostacolate dalla tendenza
dell’uomo a considerare se stesso, il suo corpo, il suo comportamento e il suo modo di sentire come
l’archetipo, o almeno il prototipo, di tutto cio che e umano. L’uomo modella dunque su di se l’immagine del
mondo esterno. Egli costruisce per se un modello inconscio di se stesso, spesso parzialmente idealizzato, che
gli serve poi come pietra di paragone, regola o fonda mento per giudicare gli altri esseri, e anche gli oggetti
ma teriali.
Il ruolo del modello-di-se e evidente nella metrologia e nella numerazione. Unita di misura come il « piede »
o il « pollice » sono basate sulle dimensioni del corpo; inversa mente « yard » e un termine dialettale inglese
per « pene ». Tutte le unita Sedang per misurare la lunghezza e la circon ferenza sono fondate sulle
dimensioni del corpo umano.
L’instaurazione, fatta durante la Rivoluzione Francese, del sistema metrico basato sul metro definito come
1/10.000.000° del meridiano terrestre, unita non fondata sulle dimensioni del corpo umano — e stata, dal
punto di vista psicologico, una decisione di considerevole importanza. Il sistema decimale e basato sul fatto
che abbiamo dieci dita. Nell’inconscio, come per i Romani (Plutarco, Le Questioni Romane n. 2, 264 A) il
numero 2 simbolizza generalmente la donna (due seni), mentre il 3 simbolizza l’uomo (il pene piu i testicoli).
Certi concetti, come quello di « paio », e probabilmente anche quel lo di « simmetria », sono ispirati alla
forma del corpo umano, che serve eventualmente come procedimento mnemotecnico.
281
Certe radici verbali ungheresi, che designano funzioni corporee implicanti l’uso di organi accoppiati,
terminano con una «1» — hai: sentire, al: stare in piedi; si insegna anche ai bambini che questi verbi si
scrivono con due l perche si sente con due orecchie e si sta in piedi con due gambe: hallok (sento), allok (sto
in piedi). Ricordo di aver molto irritato il mio maestro chiedendogli perche, allora, non si scriveva il verbo ai
con quattro l — quando si parlava di quadrupedi.
Su un piano piu generale, Ferenczi ha sottolineato da tempo che si ha la tendenza a vedere in ogni cavita dei
simboli della vagina e in ogni protuberanza dei simboli del pene, il che spiega perche si parla di prese
elettriche maschi e femmine. Nello stesso senso, si parla di vite« destra » e di vite « sinistra », sempre
menzionando prima la « destra », forse perche la mano destra e quella predominante.
In un senso ancora piu generale, Roheim (1952) ha potuto mostrare che il mondo, apparentemente esterno,
rappresen tato nel contenuto manifesto dei sogni e una proiezione del corpo del sognatore visualizzato come
una casa o un pae saggio.
Il modello-di-se fonda anche la nostra concezione del « naturale » e dell’« irriducibile ». I bambini amano
sapere da dove vengono; non chiedono perche sono vivi o perche hanno un corpo. E quindi il modello-di-se
che determina quale parte della realta esterna ha bisogno di una « spiegazione » (metafisica). I miti non
spiegano perche le mucche hanno, come noi, quattro arti: spiegano invece perche, a differenza degli uomini,
gli uccelli hanno le ali, i pesci le pinne e i serpenti nessun arto. Mais nous avons change tout celai (in
francese nel testo, n.d.T.). L. J. Henderson (1913) ha persino cercato, tra Valtro, di spiegare perche, non
come ma proprio perche, l’acqua conviene ai pesci!
Si classificano gli altri uomini, e anche gli animali, in funzione della loro conformita rispetto al proprio
modello- di-se.
282
Caso 188. — Una storia greca racconta che un uomo salva un’aquila da un serpente perche l’aquila gli
sembra un animale piu naturale di un serpente (Eliano, Natura degli Animali 17.37). Parsifal salva un leone
da un drago per la stessa ragione.
L’unica notevole eccezione a questa regola e il fatto che l’uomo non ama gli antropoidi, che si avvicinano
insieme troppo e troppo poco al suo modello-di-se. Quest’ultima osser vazione solleva alcuni problemi, di
cui potremo meglio parlare collegandoli con quello della validita del modello-di-se per la comprensione delle
reazioni umane alla mascolinita e alla femminilita (Capitolo 15).
Visto che il modello-di-se e una regola profondamente radicata nell’uomo, riconoscere che si e « marginali »
— ammalato, handicappato o anche di molto superiore — e a volte difficile e anche angoscioso. Questa
situazione richiede infatti una riflessione sull’utilita normativa del modello-di-se, e spiega parzialmente
l’assenza di insight nello psicotico. La sua ostinata credenza nel fatto che tutti sono senza impor tanza meno
lui stesso e probabilmente un’estrema difesa con tro l’irreversibile frammentazione dell’Io, che gli ultimi
resti del modello-di-se impediscono appena di distruggere.
In generale, si oppone resistenza a una brutale degrada zione deH’immagine-di-se, e la si nega. Chi ha subito
un’am putazione sente a volte dolore la dove il membro amputato
« dovrebbe essere »: e il fenomeno, ben conosciuto, dell’arto fantasma. Euripide ci descrive in modo
mirabile, nei Figli di Ercole, il rifiuto di Iolao di riorganizzare il proprio modello- di-se in funzione della sua
infermita fisica (1). Nell’Odissea, l’eroe e sempre turbato dai bruschi cambiamenti che Atena, sua
protettrice, gli fa subire. Le metamorfosi e, a fordori, la trasmigrazione delle anime hanno in ogni tempo
affascinato scrittori e teologi. Ovidio ha scritto un intero volume di Meta morfosi mitiche; Kafka ha descritto
la trasformazione di un uomo in insetto; Gameti ha scritto Lady into Fox (« Signora
19

283
trasformata in volpe », n.d.T.). Anche il miglioramento o la maturazione deirimmagine-di-se possono
generare conflitti. Caso 189. — Gli adolescenti hanno reazioni ambigue alla maturazione sessuale. Un
nevrotico ricordo di aver desiderato l’amputazione del suo pene, di cui non poteva controllare le erezioni
(Caso 26). Alcune adolescenti si comprimono il seno nascente. Una giovane Mohave, in eta puberale, si batte
con le sue compagne che l’accusavano di avere dei peli sul pube (Devereux 1950a). Jones (1923) ha descritto
il fantasma dell’inversione delle generazioni che costituisce, a mio avviso, una manifestazione dello stesso
conflitto, come la credenza
molto diffusa tra i popoli primitivi che il figlio e la reincarna zione del nonno.
Alcuni nevrotici considerano lo stesso sviluppo di nuove capacita come una minaccia intollerabile per il
modello-di-se, soprattutto se queste nuove « capacita » non rappresentano una sublimazione, ma una difesa
nevrotica.
Caso 190. — Come il profeta Giona (Giona, 1.3), il pri mitivo che riceve una « vocazione sciamanica », puo
tentare di rifiutare la « missione » o il « potere » che gli vengono imposti. Alcuni Sedang, quando sentono di
essere stati dotati di simili poteri (non graditi), bevono addirittura la loro urina, nella speranza che gli dei,
disgustati, si ri-prenderanno i loro sgraditi doni.
Caso 191. — Forse sono stati conflitti di questo tipo a provocare il tragico crollo di Arthur Rimbaud, che
smise di scrivere poesie prima di aver raggiunto l’eta adulta ... Janos Bolay, che, poco dopo aver passato i
vent’anni, formulo il concetto di uno spazio a curva negativa come alternativa al quinto postulato di Euclide,
non fece mai nient’altro. L’ine splicabile precoce declino intellettuale di molti brillanti ado lescenti — e il
fatto che molti di loro sprecano il loro talento su questioni minori, e non scrivono mai l’opus magnum che
tutti si aspettano da loro, potrebbero essere in parte dovuti a conflitti scatenati da un miglioramento del
modello-di-se.
284
La stabilita del modello-di-se e a volte solo un segno di fissazione nevrotica, che resta per anni in ritardo
sulla realta. In effetti, anche l’adulto normale, rivedendo una casa in cui non aveva messo piu piede dai tempi
dell’infanzia, e in genere stupito di trovarla piu piccola nella realta che nel ricordo. I modelli-di-se infantili e
gli altri modi della percezione e del vissuto propri di questa eta si manifestano a volte nei sogni
(Devereux 1965e) e permettono in genere di determinare la « data psicologica » (Devereux 1949a) del sogno,
cioe l’eta cui il sogno si riferisce. A volte, l’analista puo in tal modo determinare esattamente lo stadio cui
l’analizzando e rimasto
fissato. Caso 192. — Qualche anno fa, un’impresa specializzata
nell’arredamento e negli accessori sanitari per bambini, espose un appartamento pieno di mobili enormi e di
inaccessibili lavandini, per mostrare agli adulti le difficolta che provano i bambini nelle case concepite
esclusivamente per gli adulti. E significativo che questa esposizione ha avuto un ruolo importante nell’analisi
di un paziente che si considerava sem pre un bambino.
Il modello-di-se e naturalmente un fattore importante del senso della propria identita, che si sviluppa nel
bambino come risposta al modo in cui e trattato. Non soltanto l’elaborazione di un modello-di-se, ma anche
la possibilita di adattarlo periodicamente in conformita alle esigenze della realta possono essere gravemente
ostacolate da un rifiuto di ima sua auto nomia al bambino, e dalla negazione di un suo statuto sui juris
(Devereux 1966b, 1967d). L’analisi di questo complesso problema supera pero i limiti di questo libro.
Visto che il quadro di riferimento piu stabile dell’uomo e il modello-di-se, questi non ha cessato di chiedersi,
fin dalla Antichita, se gli altri hanno la stessa esperienza della realta — ponendo per esempio il problema se
la sua percezione del colore giallo e la stessa di quella dei suoi simili. Si tratta naturalmente di una domanda
a cui non e possibile rispondere,
285
dunque abbastanza priva di senso da affascinare i filosofi metafisici.
All’altro estremo, si suppone che soltanto il proprio mo- dello-di-se ha valore universale e che qualsiasi
deviazione, da parte di altri, da questa regola e un atto intenzionale e malevolo. Questo « narcisismo delle
piccole differenze » (Freud
1955c) riflette i dubbi dell’uomo sulla validita universale del proprio modello-di-se. Una conseguenza diretta
di questa oscil lazione dell’uomo tra la convinzione che solo il suo modello- di-se ha valore universale, e la
paura che ;non possa averlo e la sua doppia tendenza a negare e a esagerare le differenze. L’esagerazione
serve infatti abitualmente a giustificare la sot tovalutazione e/o l’oppressione di chi e diverso, o e costretto a
differenziarsi dal nostro modello (Dollard 1937, Devereux 1965a).
Non posso qui tentare di esplorare completamente il pro blema del modello-di-se, e del suo ruolo nel
pensiero e nel comportamento umano. Parleremo quindi soltanto del mo- dello-di-se somatico nei diversi
contesti della razza, del sesso e della malattia, con particolare riferimento alla pratica me dica, intesa come
una delle scienze (applicate) del compor tamento.
I. Salute e malattia: il modello « normale ».
La costruzione di un modello-di-se somatico implica l’og- gettivazione del corpo, come separato dal se reale
— per esempio nel senso della vecchia dicotomia tra corpo e anima. In casi piu estremi, lo schema corporeo
e cosi frammentato che le sue parti sono percepite come entita separate.
Caso 193. — Non solo il greco omerico non possiede un termine per designare il corpo come totalita, ma
negli antichi disegni greci il contorno del corpo non e neppure continuo. Il corpo e rappresentato come una
sorta di puzzle, dove solo le articolazioni principali sono segnate da un tratto continuo
286
(Snell 1953). (Vedi la credenza mohave secondo la quale l’uomo ha quattro anime) (Devereux 1973b).
Caso 194. — Molte tribu indiane, compresi i Mohave, proibiscono di toccare il corpo con le dita in alcune
occasioni; bisogna grattarsi con un bastone perche la pelle non si copra di macchie (Devereux 1949c, 1950c).
L’oggettivazione (l’espulsione al di fuori di se) almeno delle parti danneggiate del corpo appare gia in forma
rudi mentale negli artropodi: cosi il granchio si amputa abitual mente una zampa danneggiata (autotomia).
Il modello-di-se oggettivato, che a volte rappresenta una sorta di io corporeo ideale, fornisce alla pratica
medica una base di riferimento per la diagnosi.
Non si puo pero parlare dell’influenza del modello-di-se sulla diagnosi, senza prima aver chiarito la natura
delle norme in medicina.
La malattia e abitualmente, e un po’ sommariamente, con cepita come una semplice deviazione rispetto a
uno stato « normale » (variamente definito) chiamato « salute ». La definizione della salute come « stato
normale » sembra essere
una delle categorie fondamentali del pensiero umano. Parlan domi delle sue capacita di guaritore, uno
sciamano mohave sottolineo che gli uomini sono « destinati » a essere in buona salute (Devereux 196la), e
non conosco societa primitive o moderne in cui la malattia sia considerata come uno stato normale.
Caso 195. — Sia l’asceta, che odia il suo corpo, che quel biologo francese che si e lamentato che « la vita e
una malattia di cui non si guarisce », considerano la salute come uno stato normale e la malattia come
anormale, per quanto in modo deviato.
Caso 196 — I Sedang hanno una concezione fondamen talmente pessimista della vita e non si aspettano
granche di buono dal suo corso naturale; eppure anche loro definiscono la salute come normale e la malattia
come anormale.
287
Caso 197. — Gli Elmolo del lago Rudolf Rift hanno una alimentazione cosi povera di calcio che molti di
loro hanno delle tibie curve come scimitarre. Eppure non pensano che cio sia normale, bello o desiderabile.
Riconoscono invece che si tratta di una malattia e hanno quindi inventato dei modi di alleviare i dolori che
provoca (Dyson e Fuchs 1937).
La predominanza di una malattia non ha quindi spinto, che io sappia, nessuna societa a considerarla come
normale. Alcuni psichiatri e antropologi a orientamento psichiatrico hanno ciononostante — credo a torto
(Devereux 1956c, 196 la,
1963a, Boyer 1964, Bastide 1965a) — assimilato la salute mentale ai tipi statisticamente piu frequenti di
struttura della personalita, certamente per giustificare l’opinione insostenibile che l’adattamento e
equivalente alla normalita. Una diagnosi cosi relativista rivela l’incertezza che l’uomo prova rispetto al
valore normativo del proprio modello-di-se e, per estensione oltre che ai fini difensivi, di qualsiasi regola
assoluta. In effetti, malgrado la concezione non relativista della normalita di Freud, alcuni psicoanalisti
tendono oggi a confondere adat tamento e normalita. L’espediente dell’adattamento (Devereux
1939b) e particolarmente seducente per lo psichiatra, che vive in una societa in rapido e a volte discontinuo
mutamento. Questa particolare situazione esige uno sforzo eccessivo dal l’uomo medio, chiedendogli di
sopravvivere tramite un con tinuo riadattamento razionale anche se, contrariamente a quel che si verifica nel
« lavaggio del cervello », cio non implica una rottura del senso della propria identita nella continuita '
temporale (Devereux 1966b, 1967d). Poco importa, da questo punto di vista, che il cambiamento sociale
richiesto sia una conversione ideologica (Linton 1961) o religiosa (Dodds
1965), che implicano una radicale modificazione dell’identita — o che si tratti soltanto di una conformita
esteriore, senza che la societa richieda una « conversione » interiore, come oggi avviene in societa recenti o
in via di coagulazione, che
288
non hanno ancora avuto il tempo di sviluppare un proprio ethos autentico (Devereux 1958b).
Le concezioni statistiche della normalita sono dunque erronee. La prova migliore e che gli uomini, pur
definendo la malattia in termini negativi — come un deviazione rispetto allo stato di salute — fanno in
pratica sia la diagnosi di base: « malattia », che la diagnosi specifica: « un certo tipo di malattia », non in
termini di deviazione rispetto a una norma ideale ( = « non sano »), ma in termini di conformita dei sintomi
con una norma positiva, esplicitamente formu lata, o con un modello concettuale di « malattia », e piu par
ticolarmente, di « malattia X » (Devereux 1963a, 1966g). Cio ha una considerevole importanza per il nostro
discorso, perche molti errori e inavvertenze nelle diagnosi di pazienti di razza o sesso diverso sembrano
essere dovuti alla sostituzione dei
« modello-di-se » normale al modello meno soggettivo della normalita assoluta.
All’altro estremo, stanno concezioni apparentemente scien tifiche della normalita (della salute), che sono
invece arbitra rie e statisticamente irrealistiche.
Caso 198. — I manuali di oftalmologia affermano ex cathedra che la visione normale dell’uomo e 20/20,
eppure solo una parte di coloro che non soffrono di difetti morfolo gici o funzionali hanno effettivamente una
vista di 20/20. Visto che questa norma e diventata oggi una specie di ve rita esterna, gli elenchi del telefono, i
giornali e le note a pie di pagina sono stampati in caratteri cosi piccoli che ben poche persone possono
decifrarli senza sforzo. Cio do vrebbe colpire chiunque ha visto dei giovani, che non portano
occhiali, cercare di consultare un elenco in una cabina tele fonica. Un ragionamento circolare ha poi fatto
diventare quella dei caratteri anormalmente piccoli la norma a partire dalla quale gli oculisti determinano il
grado di correzione « neces sario » all’occhio di un paziente. Questa norma non si fonda ne su considerazioni
statistiche, ne su osservazioni scientifiche
289
obiettive. E stata verosimilmente il risultato di un problema economico oggi superato. In un’epoca in cui il
lavoro del tipografo e la vista dello scienziato non costavano cari, ma la carta era molto costosa, i libri erano
stampati in caratteri il piu possibile piccoli, ed e questa minuscola tipografia che ha generato le regole
ottometriche. C’e da chiedersi quale sarebbe stata la norma ottometrica se questa fosse stata stabi lita da un
oftalmologo della tribu dei Kalmuck, che hanno notoriamente una buona vista.
Caso 199. — L’influenza del modello-di-se sul lavoro scientifico e implicitamente provata dal fatto che il
mio inte resse per le norme ottometriche e la loro storia si spiega con la costante fatica che la lettura di
piccoli caratteri infligge costantemente ai miei occhi. L’uso di norme somatiche arbi trarie, fondate sul
modello-di-se, puo avere conseguenze sociali catastrofiche.
Caso 200. — Molti intellettuali haitiani, tra i quali due medici, mi hanno dichiarato che la ribellione « caco »
contro le truppe di occupazione americane fu in gran parte provo cata dal fatto che gli operai haitiani,
sottoalimentati e deva stati dagli anchilostomi, erano puniti dai sorveglianti americani per la loro incapacita a
fornire la quantita di lavoro, giudicata normale per operai americani ben nutriti e in buona salute.
Caso 201. — Gli Spagnoli hanno distrutto la popolazione indiana delle Antille, in parte perche esigevano
dagli schiavi un carico di lavoro normale per gli schiavi neri, di razza piu robusta e piu adattati al clima
tropicale.
In breve, l’idea che la media statistica equivale alla salute e viziata da un lato dalla frequenza statistica di
certe condizioni patologiche, e dall’altro dall’utilizzazione di norme dipendenti da un modello-di-se
soggettivo e/o socioculturale, e quindi privo di qualunque valore scientifico. Inoltre, se il medico utilizza il
proprio modello-di-se, o quello della sua razza, come norma per la diagnosi, si rende probabilmente
colpevole sia di errori che di inavvertenza.
290
IL - Il modello-di-se razziale.
I caratteri razziali costituiscono una delle componenti principali del modello-di-se. Gli individui di una razza
che si differenzia esternamente dal modello sono a volte trattati come estranei, e possono addirittura venire
eliminati.
Caso 202. — La diffidenza tradizionale e proverbiale, diffusa in certe regioni europee, contro le persone dai
capelli rossi puo spiegarsi, secondo alcuni studiosi, come una traccia superstite di un conflitto preistorico
contro una razza vinta di uomini rossi; la preistoria e la protostoria europea non con fermano pero questa
spiegazione.
Caso 203. — Presso i Tanala del Madagascar, il clan Zafiakotry dei Menabe, che ha la pella scura, uccide i
neonati di pelle chiara, mentre i Maromena di pelle chiara uccidono quelli che nascono con la pelle scura
(Linton 1933).
Ogni razza sceglie tra diversi tipi corporei, ugualmente sani e caratteristici, quello che diventera l’ideale del
gruppo e l’oggetto di tutti gli sguardi, nel senso definito da La Barre (1964a), diventando poi implicitamente
un ideale di bellezza.
Caso 204. — I capelli biondi sono cosi sistematicamente assimilati alla bellezza negli Stati Uniti (che si
considerano nordici) che i giornali possono persino rendere interessanti le banali scappatelle di una
casalinga, semplicemente dicendo che e bionda.
II modello-di-se del gruppo influenza profondamente il modello-di-se individuale e ogni tentativo di mettere
in discus sione il suo valore oggettivo puo essere interpretato come un’offesa.
Caso 205. — Qualche anno fa, la rivista Time riporto che uno studio antropometrico, che aveva dimostrato
la falsita del mito del « Texano alto », aveva suscitato grande indigna zione in quello stato.
291
Il modello-di-se razziale e del resto generalmente « brevet tato » e la sua usurpazione da parte di stranieri e
sentita come un’impostura deliberata.
Caso 206. — Gli Americani del sud degli Stati Uniti non odiano nessuno piu di un Nero dalla pelle
abbastanza chiara da « passare », e gli antisemiti odiano piu di ogni altro l’ebreo non facilmente
identificabile come tale.
Caso 207. — Le donne che si decolorano i capelli, o le Nere che se li stirano sono spesso oggetto di
disprezzo e di crudeli sarcasmi (Caso 225).
Gli stessi scienziati possono a volte esprimere pesanti giu dizi di valore su somatotipi socialmente
sottostimati.
Caso 208. — Dato che dobbiamo a Sheldon (1940, 1942) le analisi e le classificazioni piu efficaci, corrette e
esaurien temente documentate dei somatotipi, non si puo che stupirsi della collera e del disprezzo con cui si
esprime parlando del tipo « sporgente endomorfo », che designa in realta il Nero o l’Ebreo obesi. Esempi
analoghi possono trovarsi facilmente.
Chi ha la fortuna di appartenere a un somatotipo ambito tende a trattare il proprio corpo come un bene
negoziabile; gli « acquirenti » usano, poi a loro volta, questa « proprieta » a fini di consumo ostentatorio nel
senso di Veblen (1912). Inversamente, chi appartiene a un somatotipo sottostimato e in genere costretto a
contrarre matrimoni ipogamici. I figli, che si trovano spesso di fronte a difficili problemi di identifi cazione,
evitano queste difficolta identificandosi — tramite una nevrotiva sottovalutazione — al genitore socialmente
sotto stimato (Devereux 1965h).
Il punto di vista piu pratico del modello-di-se razziale e probabilmente quello estetico.
L’individuo e in grado di apprezzare la bellezza di un cavallo da tiro o quella di un cavallo arabo secondo
criteri appropriati, ma e incapace di valutare la bellezza di un Cinese secondo norme cinesi, o quelle di un
bianco secondo le regole dei Bianchi.
292
Caso 209. — I Cinesi trovano i Bianchi odiosamente e diabolicamente brutti: percio li chiamano i «diavoli-
stra nieri ».
A volte, la reazione ai caratteri razziali sfiora il panico e provoca il ritorno del rimosso, sotto forma di sogni
di angoscia.
Caso 210. — Un membro di una troupe somala accarezzo in sogno un’Ungherese, il cui pube, a differenza
di quello delle Somale, non era rasato. L’uomo percepiva i peli pubici di quella donna come un volto barbuto
e minaccioso. Il sogno rivelava gravi angosce di castrazione (Roheim 1932).
Si e quindi capaci di valutare la bellezza dei cavalli secondo appropriati criteri, perche il giudizio non e in
questo caso influenzato dal modello-di-se. Non si e pero in grado di fare altrettanto con individui di razza
diversa, perche l’af fettivita legata al modello-di-se influenza l’obiettivita del giudizio.
Spesso, i tratti caratteristici razziali sono inconsciamente assimilati a difetti fisici. Alcune persone pensano
che notare le labbra sporgenti o i capelli ricci di un Nero e una man canza di tatto, come fissare la manica
vuota di un monco (2).
Caso 211. — Un professore Nero, specialista di scienze del comportamento, aveva nella vita conosciuto un
solo Bianco che pronunciava la parola « Nero » con lo stesso tono di voce che « Inglese » o « Francese »: «
La maggior parte degli altri ricorrevano a una parafrasi o tradivano Fimbarazzo ».
Caso 212. — Dopo una conferenza sulle differenze razziali nelle malattie, fatta a studenti del secondo anno
di medicina, una studentessa bianca, iper-egualitaria, mi rimprovero di so stenere un punto di vista « razzista
».
Disturbi eccezionalmente gravi del modello-di-se e della immagine del corpo possono colpire individui
appartenenti a minoranze razziali sfavorite, che accettano, senza criticarlo, il modello-di-se razziale della
maggioranza.
293
Caso 213. — Un candidato psicoanalista, nato in Ame rica e non bianco, dovette dedicare molti mesi della
sua analisi didattica alPesame della sua tendenza a sottostimare il suo corpo. Egli non era in effetti conforme
alle norme dei Bianchi, pur essendo un bell’uomo, a qualsiasi regola ci si riferisca.
Caso 214. — Una giovane ebrea americana ingenuamente ipersofisticata disse durante la sua analisi che nel
suo ambiente il regalo abituale che si faceva per 1’«affascinante sedice simo anno » era un’operazione
estetica al naso. Aggiunse poi, che, per quanto la riguardava, lei voleva sposare un ebreo che facesse la libera
professione e avesse « un’aria molto non ebrea e molto Harvard » (cfr. le operazioni di chirurgia estetica alle
palpebre che si facevano in Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale).
I disturbi del modello-di-se possono a volte generare un passaggio all’atto (acting out) autodistruttivo.
Caso 215. — Un medico nero mi racconto una volta che una mulatta dalla pelle dorata, ricca e affascinante,
spese gran parte della sua fortuna in uno strano trattamento endo crino, che non fece altro che renderla simile
a un albino, e compromise definitivamente la sua salute.
Una manifestazione particolarmente impressionante dei disturbi del modello-di-se e la tendenza a stabilire un
legame tra caratteri razziali e dimorfismo sessuale.
Caso 216. — Una giovane Cinese americana, bella e colta, mi disse che le giovani americane di origine
cinese trovavano i Bianchi pelosi piu virili e attraenti che i Cinesi glabri. Pero, esse si considerano piu
femminili e attraenti delle Bianche: l’assenza di peli sul corpo sembra loro parti colarmente femminile, e
costituisce il migliore complemento alla pelosita virile dei Bianchi.
I membri nevrotici e socialmente negativisti (Devereux 1940b) di un gruppo dominante stabiliscono
analogamente un legame tra caratteri razziali e caratteri sessuali. Alcuni
294
di loro tentano semplicemente di sembrare esotici; altri vanno fino a imitare l’apparenza di una razza «
inferiore » (cioe priva, come si crede a torto, di inibizioni sessuali).
Caso 217. — Una studentessa nevrotica, molto disponibile sessualmente e che aveva senza dubbio tendenze
lesbiche latenti, trovo il corpo della sua compagna di camera giappo nese cosi femminile e « allettante » che
offri al suo ragazzo del momento di depilarsi tutto il corpo, per rendersi piu attraente. Questa proposta fu
certamente motivata dal fatto che il pube protuberante e glabro delle bambine e a volte per cepito, in modo
nevrotico, come un rudimentale fallo femmi nile (Brunswick 1943) (3).
La modificazione intenzionale del proprio modello-di-se da parte di un individuo socialmente negativista e a
volte piu drammatica.
Caso 218. — Un musicista di jazz, colpito da una psicosi borderline, prendeva un musicista nero quasi per
un Dio, e gli rivolgeva di conseguenza le sue preghiere, prendeva regolarmente in prestito i vestiti dei suoi
colleghi neri, imitava il passo strascitato degli hep cats e sporgeva compulsivamente le labbra per sembrare
un Nero.
L’importanza del modello-di-se non e in nessun caso piu manifesta che in certi tipi di pseudo-attrazione
sessuale tra razze diverse che illustrano bene quel che Freud ha chiamato (1957b) «l’universale tendenza alla
degradazione della vita amorosa ». Queste pseudo-attrazioni non rappresentano una risposta positiva a un(a)
partner di bellezza esotica, ma una fuga dai partner della propria razza, la cui somiglianza con il genitore di
sesso opposto scatena insopportabili angosce edipiche. Queste reazoni, un tempo limitate quasi esclusiva-
mente agli uomini si sono, dall’emancipazione della donna, fortemente manifestate anche nel
comportamento femminile.
(Devereux 1965h). Caso 219. — Una studiosa del comportamento, molto
attraente e intelligente ma anche molto nevrotica, si interessava 295
soltanto a Neri piu giovani di lei, senza educazione e, di preferenza, volgari o anche depravati. Aveva persino
costruito un « modello intellettuale » del Nero « reale » e « pieno di vitalita », che difendeva con argomenti
cosiddetti scientifici. Visto che era totalmente indifferente a Neri che esercitavano la libera professione, colti
e belli, perche secondo lei non erano dei « veri » Neri, e evidente che il suo tipo ideale di Nero era altrettanto
peggiorativo di quello di un qualunque razzista. Quel modello era in effetti il simbolo della sentina in cui
cercava rifugio contro i suoi problemi edipici.
L’unica prova obiettiva che il modello-di-se non ha un ruolo inibitorio e di deformazione e la capacita di
apprezzare la bellezza di un individuo di un’altra razza secondo i criteri appropriati di quella razza. Alcune
persone che appartengono a razze diseredate se ne rendono conto, almeno a livello pre conscio.
Caso 220. — Quando un bianco mostro a un intellettuale nazionalista nero una bella ragazza di razza
puramente afri cana, quest’ultimo gli chiese con aria sospettosa cosa si tro vasse di tanto attraente. Quando
questi rispose: « E un bronzo del Benin vivente! », il Nero esclamo con grande emozione:
« Lei almeno ci capisce! ». Si deve naturalmente fare una netta distinzione tra il
giudizio estetico dei caratteri reali della razza e i criteri di bellezza espliciti, e parzialmente non realistici,
della razza in questione.
Caso 221. — Quando feci i miei complimenti a un giovane Sedang per la bellezza della ragazza che aveva
sposato, egli nego la sua bellezza, e mi fece notare i suoi grandi occhi, che per i Sedang sono un segno di
bruttezza. Ciononostante, visto che il Sedang medio ha occhi di grandezza almeno media, e evidentemente
secondo questo criterio realistico che giudi cavo la bellezza della sposa.
Gli studiosi del comportamento, tra i quali conto anche i medici, che crescono in una societa sensibile alle
diffierenze
296
razziali, elaborano inevitabilmente il loro modello-di-se sui caratteri della loro razza e l’oppongono — quasi
sempre in modo inconscio — all’immagine mentale che si sono fatti del modello delle altre razze. Il loro
modello-di-se puo quindi esercitare un’influenza nociva sulla diagnosi.
III. Il modello-di-se razziale nella diagnosi.
La maggior parte delle osservazioni che presentero in questo paragrafo sono state fatte presso la Clinica di
Medi cina Generale della Facolta di Medicina della Tempie Uni versity. Una mattina ogni settimana, per due
anni, ho inse gnato agli studenti dell’ultimo anno (qui sotto chiamati « dot tori ») a notare e a interpretare i
sintomi psichiatrici che si manifestano durante gli esami fisici (4). In linea generale, ho osservato coppie di «
dottore/paziente » rispettivamente Bianco e Nero. Quando cio si e reso possibile, ho in genere preferito le
coppie di questo tipo in cui i membri erano di sesso diverso. Ogni informazione di diversa provenienza e
segnalata nel testo.
L ’ipotesi che il paziente di razza diversa debba « appa rire » diverso genera inavvertenze e disattenzioni,
almeno quanto la mancata consapevolezza delle reali differenze raz ziali.
Caso 222. — Una dottoressa bianca, capace e coscien ziosa, fece un approfondito bilancio diagnostico su un
uomo nero di circa trent’anni. L’anamnesi, le schede mediche e alcune constatazioni neurologiche
suggeriscono tutte che la magrezza pronunciata dei polpacci del paziente era parzial mente dovuta a una
sifilide terziaria e forse anche, in parte, a un attacco cerebro-vascolare benigno. La diagnosi e la terapia
corrette di quei paziente esigevano un minimo di
« senso clinico » e di esperienza, che potevano far indovinare in quale misura la sifilide e l’attacco cerebro-
vascolare erano rispettivamente responsabili della magrezza dei polpacci. Ma
297
appena il paziente si alzo dal lettino, lascio per caso cadere il lenzuolo che lo avvolgeva; divenne allora
evidente che si doveva tener conto di un terzo fattore: la conformazione corporea generale del paziente —
leggera lordosi, tracce di steatopigia, capelli crespi che formavano delle « palline » e polpacci magri —
indicava che egli doveva discendere da una tribu dell’Africa del Sud, apparentata con gli Ottentotti e/o con i
Boscimani. Questa scoperta non influenzava la diagnosi, corretta, di atrofia muscolare dovuta alla sifilide e/o
a un incidente cerebro-vascolare, ma modificava sensibilmente la valutazione del « coefficiente di patologia
» della magrezza dei polpacci, e rese quindi possibile una diversa valutazione della gravita del suo stato.
Caso 223. — Quando lavoravo in un grande Ospedale in cui venivano curati molti Indiani, ho dovuto spesso
con sigliare la revisione di diagnosi di metabolismo «anormal mente lento » o di « leggero ipognadismo ».
Le razze mongo liche hanno infatti spesso un tasso metabolico relativamente basso e pochissimi peli sul
pube.
Altre difficolta nella diagnosi sono dovute a una ripu gnanza « piena di tatto », e probabilmente soltanto
precon scia, a esaminare da vicino le parti distintive del corpo di pazienti di razza diversa da quella del
medico.
Caso 224. — Non ho mai visto un medico esaminare automaticamente gli anelli inguinali di un Nero ... forse
a causa del mito secondo il quale il pene .dei Neri e partico larmente grande.
Caso 225. — Una giovane Nera di sedici anni, alta, ben sviluppata e leggermente grassa, venne alla clinica
perche perdeva i capelli. Il suo cranio era coperto soltanto di una leggera peluria fine e scarsa, di lunghezza
variabile tra i 5 e gli 8 centimetri, dritta sulla testa. Il medico esamino accu ratamente il cuoio capelluto, ma
non si occupo direttamente degli antecedenti della malattia, e fu quindi incapace di pro porre una diagnosi,
quando il medico di servizio e io stesso
298
entrammo nella sala delle visite. Questo medico, uomo di notevole competenza e dotato di una simpatica
franchezza, getto uno sguardo sui capelli della ragazza, e scopri in un batter d’occhio che aveva utilizzato
senza precauzioni e in modo eccessivo un prodotto, a buon mercato, per stirare i capelli. Il dottore aveva
senza dubbio « dimenticato » di in terrogare la malata su un eventuale incidente cosmetico per una
ripugnanza « piena di tatto » a parlarle dei suoi capelli
crespi, e anche perche conosceva la tendenza dei Bianchi a ridicolizzare le Nere che utilizzano prodotti per
stirarsi i capelli. Non avrebbe certamente mancato di porre una simile domanda a una Bianca con i capelli
decolorati, se si fosse cioe trattato di una donna con capelli « normali » rispetto al modello-di-se del medico.
Lo stesso genere di « tatto » puo manifestarsi rispetto alla pelle nera e alle lesioni cutanee di un Nero. Sul
momento, non ricordo neppure un caso in cui un dottore abbia spon taneamente interrogato un Nero su una
lesione cutanea o su una cicatrice ne purulenta ne fastidiosa.
Caso 226. — Uno dei dottori evito un giorno di interro gare un paziente Nero a proposito di una brutta
cicatrice, evidentemente vecchia, situata nel quarto inferiore destro del l’addome. Quando gli chiesi la
ragione di questa omissione, mi spiego che pensava che si trattasse di una incisione fatta con una lametta da
barba, anche se gli sembrava difficile capire come il paziente aveva potuto tagliarsi l’addome con un rasoio.
Quando interrogai direttamente il paziente, questi mi rivelo che si trattava della cicatrice, mal suturata, di una
appendicectomia eseguita da un medico generico in un ospe dale di campagna, situato in un villaggio
sperduto del Sud.
Caso 227. — Un Nero di una certa eta non fu interro gato sulle innumerevoli piccole cicatrici, che andavano
da un 1,5 a 3 centimetri di diametro ed erano ripartite su ima superficie di 100 centimetri quadrati, di ognuna
delle tibie.
299
20

Questo caso diventa ancora piu impressionante, se si pensa che il dottore era un giovane eccezionalmente
coscenzioso e capace, molto devoto alla causa dei Neri.
Un’altra parte generalmente trascurata del corpo dei pa zienti neri e la parte inferiore del viso, caratterizzata
dal prognatismo. In genere, i dottori esaminano abbastanza su perficialmente il naso e la cavita boccale dei
pazienti neri, a meno che lo stato del malato non richieda un esame piu dettagliato.
Caso 228. — Una Nera, abbastanza giovane, si lamentava di diversi disturbi gastro-intestinali.
Conformemente alle abi tudini, il dottore esamino la bocca e la gola, ma dimentico di notare che non aveva
quasi piu denti. Il medico di servizio scopri piu tardi che la quasi totalita dei disturbi gastro-inte stinali della
paziente erano dovuti a una masticazione insuf ficiente.
Analogamente, si esaminano di rado i piedi dei Neri, perche sono spesso piatti.
Caso 229. — Mentre accompagnavo un Professore Asso ciato (Assistant Professor) di Pediatria di una
facolta di me dicina del sud degli Stati Uniti durante il suo giro quotidiano del reparto, incontrammo uno
studente dell’ultimo anno e l’interno di pediatria molto perplessi di fronte a un bambino nero di sei anni che
saltellava su una gamba sola da qualche giorno. Siccome l’abituale compagno di giochi del piccolo paziente
era appena stato ospedalizzato per poliomielite, egli fu accuratamente esaminato da questo punto di vista, ma
l’esame si rivelo negativo. Quando vidi che neppure il pro fessore riusciva a fare una diagnosi, proposi
abbastanza timi damente di guardare se il bambino aveva i piedi piatti. Dopo alcune gioviali battute sulle mie
qualita di pediatra, scoprim mo non soltanto che il bambino aveva i piedi estremamente piatti ma anche che,
per correggere il difetto, sua madre gli aveva appena comprato, senza ricetta, delle scarpe ortope
300
diche che gli facevano cosi male, che era costretto a saltel lare su un piede solo.
Caso 230. — Una Nera di eta media, molto obesa, tor nava continuamente in clinica perche non riusciva a
dima grire, malgrado il suo scrupoloso rispetto alla dieta prescritta. Si trovo alla fine che aveva dei piedi
simili a mucchi difformi di pasta di pane, con duroni, comi, dita curvate e unghie mal tagliate. Lo stato dei
suoi piedi l’aveva quasi immobiliz zata, impedendole di perdere peso.
A volte si trascurano anche gli stati notoriamente rari in una data razza.
Caso 231. — Un dottore evito di notare che il viso di una giovane nera era ricoperto di peli, molti evidenti
perche la pelle era di colore abbastanza chiaro.
Invece, in linea di massima almeno, il giovane dottore ha ben presente le malattie correnti presso questa o
quella razza, il che e certamente molto lodevole. Non ho mai visto un dottore, fosse anche il meno dotato,
non riconoscere i sintomi della drepanocitosi dei pazienti neri, o omettere una attenta ricerca di tumori fibrosi
dell’utero.
Nell’insieme, il modello-di-se determina inavvertenze e disattenzioni che sembrano limitarsi a disturbi
relativamente minori. Non ho certamente mai avuto l’impressione che i pazienti neri fossero esaminati meno
accuratamente dei bian chi, ne che una negligenza del genere sarebbe mai stata tolle rata in uno dei tre
ospedali menzionati nelle osservazioni che precedono (5).
Parleremo qui solo brevemente del ruolo del modello-di- se nella diagnosi psichiatrica: in parte perche
questo capitolo e essenzialmente dedicato all’analisi del modello-di-se soma tico, e in parte perche ho gia
trattato questo problema in pubblicazioni anteriori (Devereux 1951a, 1956c, 1961a,
1963a). Basti sottolineare che nella diagnosi psichiatrica in terculturale le esperienze divergenti del terapeuta
e del pa ziente costituiscono degli importanti ostacoli a una buona
301
comunicazione diagnostica e terapeutica. La psichiatria in fantile conosce difficolta analoghe (Devereux
1965b).
Per rispondere all’obiezione favorita degli etnologi ostili alla psicoanalisi, non vi sono psicoanalisti sensati
che met tono in dubbio realmente l’esistenza di legami edipici sepa rati di affetto e di ostilita nelle societa
matrilineari, oltre che nelle societa in cui, in virtu di un particolare sistema classifi catorio di parentela, molte
persone sono considerate « madri » (e/o «padri») di un bambino. Il fatto che i sentimenti edi pici di ostilita
siano rivolti verso lo zio materno, e che sul padre biologico sia invece rivolto un affetto positivo (omoses
suale) (Malinowski 1932) puo mettere in difficolta soltanto uno psicoanalista ingenuo, senza grandi
conoscenze etnolo giche, e le cui reazioni edipiche infantili non siano state ripartite tra il padre e lo zio
materno. Tutto questo non mette naturalmente in discussione la validita della teoria psi coanalitica di base.
Il modello-di-se influenza la diagnosi psichiatrica in due modi:
1. prima di aver seguito dei corsi di etnopsichiatria, gli interni di psichiatria, e a volte gli stessi psichiatri
diplomati, tendono a considerare ogni deviazione dalle norme del loro gruppo come un segno di malattia
psicologica. Certi tipi di comportamento, abituali nelle tribu indiane, possono cosi essere presi per sintomi. Il
ruolo di un modello-di-se piu individualizzato nella diagnosi e nella formulazione di obiet tivi terapeutici e
ben chiarito da una battuta un po’ aspra, secondo la quale ogni manuale di psichiatria dovrebbe inti tolarsi: «
Come assomigliarmi meglio »;
2. dopo aver seguito dei corsi di etnopsichiatria, gli interni di psichiatria hanno tendenza a diventare troppo
sot tili; puo quindi succedere che definiscano degli evidenti sin tomi di malattia mentale come «
comportamenti normali per un Indiano ». Ho dovuto una volta salvare dalla sedia elet trica due Indiani
Pueblo, le cui allucinazioni e deliri erano
302
stati diagnosticati a torto come « credenze indigene » (Deve- reux 1956c).
In breve, le osservazioni che precedono indicano che Putilizzazione come base diagnostica del modello-di-se
— so matico, psicologico e culturale — idealizzato e un ostacolo alla formulazione di una diagnosi corretta.
Ho trattato altrove (Devereux 1958b) dell’influenza eser citata dai diversi modelli di pensiero sul lavoro
psichiatrico che, sul piano culturale, corrispondono al modello-di-se so matico utilizzato nella formulazione
della diagnosi: non credo quindi necessario esaminarla piu dettagliatamente in questo contesto.
303
NOTE
(1) Si pensa generalmente che, in questo dramma, Iolao si ribella contro la vecchiaia; secondo me, e contro l’artrite reumatoide che si
rivolta. Dimo stro questo punto in un altro lavoro (Devereux 1967f).
(2) Discuteremo in dettaglio (infra) il ruolo di un simile «tatto » nel lavo ro diagnostico. .
(3) Cio spiega forse il ruolo culminante della depilazione totale in un romanzo «erotico» che ha sicure qualita artistiche, ma che, dal
punto di vista psicologico, e di spaventosa perversione. In questo romanzo, i peli pubici sono considerati come degli ostacoli al coito.
(4) Gli esami fisici incoraggiano la produzione di materiali significativi dal punto di vista psichiatrico (Caso 12).
(5) La discriminazione razziale e impensabile all’ospedale dell’Uni- versita Tempie. Il primario dell’ospedale dell’Ovest degli Stati
Uniti, che riceve molti pazienti indiani, e un noto difensore dei diritti degli Indiani. Per quanto riguarda l’ospedale del Sud degli Stati
Uniti, e noto fra i Neri come il solo nella regione che li tratta non solo con competenza, ma anche con cortesia.
304
15. Il modello sessuale di se.
L’argomento trattato in questo capitolo non e la ses sualita, ma il ruolo del modello-di-se sessuale dello
studioso del comportamento nella mancata comprensione della vita sessuale.
I. La sfida del dimorfismo sessuale.
Il fatto che l’umanita e composta di maschi e femmine non e mai stato accettato come un fatto irriducibile. A
me moria d’uomo, e persino nelle prime mitologie, questo fatto e sempre stato percepito come una sfida
intellettuale, e come una fonte di angoscia. I miti primitivi, il celebre mito plato nico deH’ermafroditismo
primordiale (// Convito, 189 e sgg.) e anche certi moderni generi di « scienze » tentano di « spie gare » —
evidentemente per via metafisica — un fatto irri ducibile di cui si possono studiare scientificamente soltanto
le proprieta e le implicazioni (1).
Ora, e fuor di dubbio (Capitolo 14) che si tentano di « spiegare » (in modo metafisico) o mitizzare soltanto i
feno meni naturali di cui si rifiuta di ammettere il carattere irri
ducibile. Di conseguenza, il fatto che l’umanita ha sempre mitizzato — recentemente utilizzando il gergo
scientifico — 1’esistenza dei due sessi dimostra in modo definitivo che essa rifiuta di accettarla come fatto
irriducibile. La comprensione di questo fenomeno puo del resto essere soltanto ostacolata dalla supposizione
che si tratta di qualcosa da «spiegare», o da giustificare metafisicamente, in forma di «Just-So-Sto- ries »
(titolo di un libro per bambini di Kipling: « Storie Proprio Cosi » [n.d.T.]) per intellettuali diplomati.
305
In breve, ogni essere umano e e resta perplesso di fronte al fatto che un altro essere, quasi interamente
conforme al suo modello-di-se, possa differenziarsi talmente per un solo aspetto: il sesso. Lo stupore e
l’esasperazione che si provano di fronte all’altro sesso non sono molto diversi dai senti menti che si provano
rispetto alla scimmia, cui si nega sem plicemente il « diritto » di essere cosi simile, e insieme cosi diversa,
dal nostro modello-di-se (2). Inoltre, gli uomini e le donne sono probabilmente piu disturbati dal fatto che
l’altro sesso appartiene alla loro stessa specie, di quanto lo sarebbero i cani, se solo potessero riflettere su
questo pro blema. E cio semplicemente perche il dimorfismo sessuale e piu marcato presso gli umani — per
quanto in gradi di versi a seconda delle razze — che presso la maggioranza degli altri mammiferi. Del resto,
una buona parte del di morfismo sessuale marcato negli umani e dovuto all’evidente femminilita della
donna. Essa resta infatti sempre sessual mente ricettiva, e ha seni permanenti. L’uomo non e manife stamente
piu virile dello stallone; la donna e invece eviden temente piu femminile della giumenta, per quanto, parados
salmente, l’invidia femminile del pene e piu forte dell’invidia maschile per il seno (3).
Il comportamento sessuale culturalmente determinato e stato recentemente ben studiato da M. Mead (1949a),
e gli studiosi non lo assimilano piu a un comportamento innato. D’altra parte, i tipi coniugati di
comportamento sessuale — come l’interesse degli uomini per le donne, e quello delle donne per gli uomini
— sono in senso stretto delle risposte e delle reazioni all’esistenza e/o ai caratteri del sesso opposto e
continuano a essere considerati — in modo esplicito o implicito — come se si trattasse di comportamenti
sessuali innati. In realta, invece, sembrano costituire, almeno parzial mente, soprattutto dei mezzi di
autodefinizione sessuale (Gre- enson 1965).
306
La stessa psicoanalisi non e esente da rimproveri a questo riguardo. E quasi certo che la tendenza delle donne
a so gnare (piu o meno simbolicamente) il coito durante la prima meta del ciclo mestruale, e di aver bambini
durante la seconda meta, e un comportamento sessuale innato. Si tratta in effetti di manifestazioni
sincronizzate con manifesti cambiamenti dell’equilibrio ormonale, che si verificano durante il ciclo
mestruale (Benedek e Rubinstein 1942) (4). L’invidia del
pene e il complesso femminile di castrazione sono invece, per quanto universali, manifestazioni legate alla
sessualita soltanto nella misura in cui si tratta di comportamenti pro vocati dall’esistenza dell’uomo, che
possiede un pene (5). In modo analogo, il complesso di castrazione maschile e indis solubilmente legato al
sesso femminile, sprovvisto di pene, e costituisce una reazione a questa assenza. La degradazione del
modello-di-se femminile, illustrata dal complesso femmi nile di castrazione, corrisponde alla degradazione
del mo dello-di-se delle minoranze razziali oppresse. La donna si sente « incompleta » per la sola ragione
che, a differenza
dell’uomo, non ha un pene; il Nero americano si sente « incompleto » soltanto perche, a differenza del
Bianco, non ha la pelle bianca e i capelli lisci. Inversamente, alcuni uomini si sentono inferiori perche, a
differenza delle donne, non hanno seni e non possono partorire (Caso 246), e certi Bian chi si sentono
inferiori ai Neri, che sono reputati molto potenti sessualmente. Cio spiega in parte perche i caratteri razziali
sono a volte presi per caratteri sessuali, e si vedono attribuire un « significato » sessuale (Capitolo 14).
Per quanto ne so, non si e ancora tenuto esplicitamente conto, nelle ricerche sulle differenze legate al sesso,
della distinzione tra i caratteri autenticamente inerenti al sesso e quelli che si possono chiamare
complementari o coniugati, cioe provocati dall’esistenza del sesso opposto. Eppure una distinzione del
genere dovrebbe certamente favorire un pro gresso verso una maggiore razionalita.
307
Questa distinzione ha inoltre importanti conseguenze pra tiche. Riconoscere che alcuni tratti, universalmente
associati al sesso, non sono originari e inerenti, ma costituiscono delle risposte all’esistenza irriducibile
dell’altro sesso, implica che questi ultimi possono, in una certa misura, venire influen zati dall’educazione.
Per esempio, non credo che sia possibile impedire completamente lo sviluppo di un complesso di ca
strazione, maschile e femminile. E pero evidentemente pos sibile, nella misura in cui vi si riconosce un
comportamento complementare, impedire che assuma proporzioni catastrofi- che, venendo a costituire il
nucleo di una grave nevrosi.
Caso 232. — Una madre di famiglia di quarant’anni affermava tenacemente durante l’analisi che le donne
non possiedono organi genitali. Cio che viene, per ragioni di cor tesia, chiamato « organo genitale femminile
» non era per lei che un’apertura, o la mancanza di qualcosa. La paziente rifiutava dunque tutte le mie
allusioni agli organi femminili come degli eufemismi ipocriti, inventati per i bisogni della terapia. Questa
situazione senza uscita non ebbe fine che quando la paziente scopri che, nel mio articolo sulla castra zione
femminile (Devereux 1960a), affermavo esplicitamente
1’esistenza di organi sessuali femminili. Questo non la per suase immediatamente della loro esistenza reale,
ma almeno le provo che la mia credenza, forse erronea, nella loro realta era molto anteriore all’inizio della
sua analisi, e che, di conseguenza, non cercavo di consolarla con una menzogna intenzionale. Questa leggera
breccia aperta nella sua frene tica negazione dissolse in breve tempo quel nucleo partico larmente resistente
di una nevrosi che aveva piu di un aspetto. Quando fu finalmente in grado di ammettere che le donne
possiedono degli autentici organi genitali, essa divenne — dopo quasi vent’anni di matrimonio — una sposa
amorosa e sensuale, e una buona madre (6).
L ’umanita reagisce in modi diversi al « paradosso » della forte differenza tra uomini e donne, che pur
appartengono
308
entrambi alla stessa specie. Tra queste reazioni, le piu tipiche sono il riconoscimento pseudo-obiettivo della
differenza, la sua minimizzazione o massimizzazione, e anche certe soluzioni di compromesso, che a volte
tentano di creare un modello- di-se (e un tipo) neutro, e in altri casi cercano di abolire qualsiasi tipo di
modello-di-se legato al sesso.
La semplice esistenza della differenza e sottolineata in diversi modi: tramite la divisione del lavoro,
l’abbigliamento e i comportamenti distintivi, lo sviluppo di un linguaggio caratteristico delle donne ... ecc. ...
Questi modelli (patterns) sociali differenziali sono in seguito generalmente razionaliz zati, postulando che ci
sia qualcosa di essenzialmente « giusto e appropriato » nel fatto che gli uomini si conformino al modello
maschile, e le donne a quello femminile (entrambi culturalmente determinati).
Caso 233. — Un Mohave, incollerito, disse una volta a sua moglie che portare secchi pieni d’acqua e un
lavoro da donne perche le donne hanno una vagina ... che sembrava sim bolizzare, per lui, un recipiente.
Caso 234. — Secondo Engle (1942) i Greci attribuivano il magnifico portamento di cavallerizze delle
Amazzoni, e la loro abilita nel montare a cavallo, ai loro grandi fianchi e glutei. Altre societa pensano che
l’eccezionale grandezza della regione pelvica permette alla donna di portare grandi pesi; in effetti la donna
porta prima il feto nel ventre, e poi il bambino sui fianchi.
Alcune differenze, che sembrano essere universali, sono certamente legate al sesso, ma non innate. Esse
costituiscono un adattamento specifico di un sesso ai caratteri distintivi del sesso opposto.
Caso 235. — La tendenza, che sembra essere universale, delle donne a perseguitare i mariti con lamenti e
rimproveri, e a far progetti alle loro spalle, e probabilmente null’altro che un tentativo di tener testa al
maschio, fisicamente piu forte (7).
309
La massimizzazione delle differenze produce a volte opi nioni estreme, a volte addirittura grottesche.
Caso 236. — Alcuni Mussulmani pensano che soltanto gli uomini hanno un’anima.
Caso 237. — I contadini ungheresi, uomini e donne, chiamano a volte la donna asszonyi allat (« animale
fem mina »). Non si tratta di una espressione peggiorativa, perche il nome asszonyi (« donna ») non puo
essere applicato agli animali di sesso femminile, anzi in origine era usato come un termine di rispetto,
equivalente all’inglese « lady ». Questa denominazione non implica del resto che la donna sia priva di anima,
visto che i contadini ungheresi, quando parlano con affetto o bonta di un animale domestico, lo chiamano
spesso lelkes (« essere provvisto di anima »). In realta, come il termine lelkes, l’espressione asszonyi allat e
essenzialmente utilizzata dagli uomini per esprimere la pieta affettuosa, men tre le donne vi fanno ricorso
quando si impietosiscono di se stesse, o si sentono impotenti.
Caso 238. — Poche donne ostentano la femminilita quan to le Americane, troppo ben vestite e de-
femminilizzate; pochi uomini ostentano la virilita piu degli Americani, sempre attac cati alle gonne della
mamma.
La minimizzazione delle differenze e una manovra molto piu complicata. Il suo argomento fondamentale e
che la donna e umana prima di essere donna — il che in genere non porta alla conclusione indiscutibile che
la donna e un essere umano che deve essere trattato come tale, ma a una affer mazione del suo diritto di
essere un uomo. Le femministe, che pretendono prendere di petto questo problema, cercano soltanto, in
questo modo, di evitarlo. Esse presumono in genere che fino a oggi solo gli uomini sono stati considerati
esseri umani. Questa rivendicazione permette loro di consi derare i tratti specifici della mascolinita come i
tratti gene rali dell’umanita, il che equivale a negare la mascolinita come fenomeno sai generis. Torniamo in
tal modo al vecchio so-
310
fisma secondo cui la donna non puo essere umana che tra sformandosi in uomo. L’invidia del pene non puo
certamente spingersi piu lontano; l’irrazionalita che produce non puo certo manifestarsi in modo piu
impressionante.
L’argomento secondo il quale la donna e un essere umano prima di essere donna implica anche un altro
sofisma, molto rivelatore, che tende a negare indirettamente l’esistenza irri ducibile dei due sessi. Non si
puo, in effetti, essere umani prima di essere donne o uomini: e impossibile essere umani senza essere o l’uno
o l’altro. Essere maschi o femmine e inerente sia al concetto che alla realta degli esseri umani.
Inoltre, e illegittimo sostenere, probabilmente persino dal solo punto di vista operativo, che il concetto di «
umano » e piu generale o piu comprensivo di quello di « maschio » o di « femmina » (il fatto di avere un
sesso). E infatti chiaro che una caratteristica fondamentale della mascolinita rimanda a un insieme di modelli
di comportamento che costituiscono una risposta alla donna, e dunque presuppongono la sua esistenza, e
viceversa. Se questi modelli di comportamento complementare cessassero di esistere, mascolinita e femmi
nilita (cioe il fatto di avere un sesso) non avrebbero piu
senso operativo. In breve, non si puo essere umani senza avere simultaneamente un sesso, maschile o
femminile. Sia la mascolinita che la femminilita presuppongono 1’esistenza dell’altro sesso e rappresentano
delle risposte significative alla sua esistenza. In un certo senso, si potrebbe persino dire che 1’esistenza degli
uomini « crea » la femminilita, cosi come quella delle donne crea la mascolinita.
Il misero sotterfugio che consiste nell’affermare che il concetto di « umano » e piu « generale » e piu «
fondamen tale » che quelli di « maschio » e « femmina » ci conduce direttamente alla soluzione di
compromesso del modello-di-se intermedio o, se si preferisce, « generalizzato ». Uno di questi compromessi
ridurrebbe in pratica l’attuazione della masco linita e della femminilita al solo ambito del coito e della
311
riproduzione. Ma visto che il dimorfismo sessuale, sia fisico che psicologico, della specie umana e
particolarmente svi luppato, questo compromesso impoverirebbe e renderebbe schematici tutti i rapporti
umani persino nei gruppi di indi vidui dello stesso sesso: in tutto il mondo, anche le interre lazioni tra
individui dello stesso sesso sono largamente mo dellate sulla consapevolezza della esistenza del sesso
opposto (assente).
Naturalmente, l’impoverimento dei rapporti tra i sessi di verrebbe ancora piu forte, soprattutto in ambito
sessuale. Una situazione del genere avrebbe probabilmente deliziato Platone, teorico di una « Repubblica »
in cui regna la pro miscuita impersonale, o anche Sant’Agostino, autore di una teocratica « Citta di Dio », ma
non attirerebbe oltremisura delle persone normali.
La seconda soluzione di compromesso, che vorrebbe abo lire tutti i modelli-di-se legati al sesso, e piu
ipotetica che reale: i modelli di carattere sessuale sembrano resistere con particolare efficacia ai tentativi di
«adulterarli». Nessuna donna rinuncia al modello-di-se femminile e nessun uomo al modello-di-se maschile,
anche al di la della sola sfera sessuale, senza adottare immediatamente il modello-di-se del sesso opposto.
Caso 239. — Vong, il giovane Sedang piu alto e robusto di Tea Ha, si identifico in piena coscienza con le
donne, cercando di intrecciare degli oggetti in vimini belli quanto le stoffe intessute dalle donne. Eppure non
era piu omosessuale degli altri giovani celibi Sedang.
L’imitazione del modello-di-se del sesso opposto, operata anche dai travestiti primitivi (Devereux 1937a), e
un feno meno troppo conosciuto per richiedere una discussione piu ampia.
Piu rivelatrice ancora e l’esistenza di modi specificamente maschili e femminili di diventare neutri, almeno
per ogni scopo utile. Il tipo della vecchia zitella asessuata e radical
312
mente diverso dal tipo del vecchio scapolo, altrettanto ases suato. In realta, persino il comportamento degli
eunuchi e influenzato dai modelli-di-se sessuali.
Caso 240. — Gli eunuchi che subiscono pratiche omo sessuali in gioventu diventano invertiti. Altri, come
Putifarre nella Bibbia, diventarono ricchi e influenti, si sposarono e a volte arrivarono a possedere, in
Turchia, dei grandi harem. Lo storpio Narses, un eunuco bizantino, divento, dopo Beli sario, il miglior
generale del suo tempo. Secondo Stendhal, un eunuco divenne per un certo periodo l’amante ufficiale di una
contessa italiana (Stendhal, Cronache Italiane).
I compromessi che tentano di abolire i modelli-di-se ma schili e femminili conducono, come tutti i
compromessi, alle estremizzazioni piu grottesche.
Un piccolo numero di studiosi del comportamento di fendono attualmente quel che si potrebbe chiamare
l’idea di una sessualita normale « a largo raggio », che abolisce la differenza tra sessualita maschile e
femminile, e che con sidera normale non soltanto la scelta di qualsiasi partner (o di nessun partner, come
nella masturbazione), ma anche tutte le forme di comportamento « sessuale », fondandosi sull’argomento che
procurano tutte soddisfazione e sollie vo (8).
Un vizio relativamente minore di questo genere di teorie e il fatto evidente che le perversioni procurano
meno piacere e meno sollievo che gli atti sessuali normali. Questa consta tazione mi ha portato ad affermare
che uno degli scopi inconsci delia perversione e di ridurre e di controllare l’in tensita della soddisfazione
sessuale (Devereux 196 la).
II vizio fondamentale di queste teorie consiste invece nello staccare la pulsione sessuale — implicitamente e
ten denziosamente definita come una forza indipendente — dalla femminilita e dalla mascolinita, cioe
dall’esistenza dei due sessi. I sostenitori di queste teorie dimenticano che l’ameba ignora la pulsione
sessuale, semplicemente perche non e ne
313
maschio ne femmina, ma asessuata. La nozione di pulsione sessuale « normale » (generalizzata) che non
sarebbe maschile ne femminile e sia sul piano logico che su quello operativo, non soltanto una finzione, ma
una sciocchezza (9).
In realta, il modello sessuale e assolutamente fondamen tale e necessario. Cosi, malgrado la loro convinzione
che tutti gli avvoltoi erano di sesso femminile e venivano fecondati dal vento, gli Egiziani (di epoca
ellenistica) derivavano tutte le loro conoscenze del comportamento « coitale » degli avvoltoi
dall’osservazione del comportamento delle femmine durante la loro fecondazione da parte dei maschi
(Plutarco, Questioni Romane N. 93, 286c).
Poco importa quindi il grado di esotismo che guida la scelta di un particolare oggetto (10) o comportamento
ses suale: il suo modello inconscio — a volte deformato e nega tivo — resta fondamentalmente il modello
maschile o fem minile (Caso 240).
La capacita di renderci conto della fallacia di sofismi del genere non e forse sufficiente per renderci razionali
ri spetto alla sessualita, ma puo almeno aiutarci a misurare l’ampiezza della nostra irrazionalita, in particolare
quando ci sforziamo di essere piu razionali di quanto e possibile esserlo.
II. L’influenza del modello-di-se sulla ricerca e sul lavoro diagnostico in ambito sessuale.
Il corpo e senza dubbio la base del modello-di-se, e insieme un importante punto di riferimento
nell’organizza zione della percezione dell’ambiente. Il dimorfismo sessuale ostacola quindi la comprensione
empatica e la risonanza ri spetto al corpo e alle funzioni sessuali di un membro del sesso opposto. Questa
difficolta si manifesta in modo parti colarmente chiaro nella pratica ginecologica, anche se non si limita
certamente a questo ambito.
314
Le differenze anatomiche possono venire negate non sol tanto dai primitivi, ma anche dall’inconscio di
ginecologi nevrotici.
Caso 241. — Un Somalo, la cui moglie non poteva uri nare dalla finestra della moschea in cui si erano
trovati rinchiusi, maledisse colui che aveva amputato il clitoride di sua moglie (Roheim 1932). Cio significa
che egli assimi lava la clitoridectomia, subita da tutte le donne somale, alPamputazione del pene (inesistente)
della donna. Egli cre
deva anche, come del resto molte donne, che le donne uri- nano tramite il clitoride.
Caso 242. — Uno psicoanalista medico aveva analizzato un chirurgo-ginecologo (!) di eccezionale
competenza, che credeva ostinatamente che le donne hanno un pene, nono stante il fatto che la sua
formazione professionale e la sua
esperienza avrebbero dovuto insegnargli il contrario. Era talmente attaccato a quest’idea, dapprima
inconscia, che l’ana lista era costretto a mostrargli periodicamente un manuale di anatomia per convincerlo
che la donna non ha un pene. L’analisi rivelo che lo scopo inconscio delle operazioni pra
ticate da questo chirurgo-ginecologo era di scoprire il fallo femminile.
La negazione inconscia delle differenze morfologiche tra i due sessi puo addirittura spingere un medico
nevrotico a fare operazioni chirurgiche, il cui fine inconscio sembra essere la eliminazione degli organi
caratteristici dell’altro sesso, che appaiono « superflui » dal punto di vista del modello-di-se sessuale del
chirurgo.
Caso 243. — Un generalista nevrotico pratico, senza ne cessita, una isterectomia su sua moglie e su tutte le
sue figlie. Un uomo, la cui moglie era morta per un cancro al seno, riusci a persuadere un chirurgo a praticare
l’ablazione dei
« seni » di suo figlio. Caso 244. — Un aviatore delle Forze Alleate, che era
stato abbattuto nei cieli tedeschi, riportandone soltanto una
315
21
ferita a un muscolo della coscia, fu castrato senza ragione (come fu possibile accertare in seguito) da una
dottoressa nazista che lavorava in un ospedale di prigionieri di guerra.
Menninger ha gia analizzato le motivazioni nevrotiche delle operazioni chirurgiche inutili. Bastera
sottolineare qui il ruolo che assume la negazione inconscia del dimorfismo sessuale nelle operazioni che
implicano l’ablazione, totale o parziale, degli organi sessuali di pazienti del sesso opposto. Ci sarebbero
meno isterectomie se tutti i chirurghi-ginecologi fossero donne, e lo stesso vale per le mastectomie. Inversa
mente, la tendenza americana a circoncidere tutti i neonati maschi e forse da mettere in rapporto con il
numero cre scente di donne che esercitano una professione medica. Da un punto di vista medico, questa
operazione e certamente inutile (Caso 76).
Negazioni cosi estreme delle differenze sessuali sono rela tivamente rare sul piano anatomico, ma molto
frequenti ri spetto alle funzioni sessuali distintive del sesso opposto.
Caso 245. — Ho dovuto una volta far notare a un gio vane assistente sociale che era assurdo dire a una
cliente che si lamentava di crampi mestruali: «So perfettamente che cosa sente, Signora! ». Questa e
certamente una tipica espressione del gergo degli assistenti sociali. Ma ricorrervi in circostanze cosi insolite
deve essere interpretato come una negazione inconscia della sua incapacita di empatizzare in modo
autorisonante con un’esperienza esclusivamente fem minile, e forse anche come una negazione inconscia di
qual siasi differenza sessuale funzionale.
L’incapacita di empatizzare in modo autorisonante con le esperienze caratteristiche dell’altro sesso, che
semplicemente non appartengono al registro delle esperienze del proprio ses so, non e superabile ne con la
formazione medica, ne con la psicoanalisi. Inutile precisare che cio che crea queste difficolta scientifiche non
e questa irriducibile incapacita. Ne sono invece responsabili gli sforzi piu o meno inconsci di
316
considerare alcune funzioni non omologhe del proprio corpo, o anche alcune funzioni fisiologiche non
specificamente ses suali, come equivalenti delle funzioni sessuali del sesso op posto.
Il bisogno di persuadersi che si comprendono in modo autorisonante le esperienze delPaltro sesso genera
fantasmi nevrotici, culturali e persino medici.
Il nevrotico puo rifiutarsi di ammettere che il sesso oppo sto ha funzioni distintive, perche interpreta tutto cio
che si verifica al di fuori della propria sensibilita come la manife stazione di un potere inquietante.
Caso 246. — Un uomo che soffriva di ossessioni e di gravi compulsioni sostenne ostinatamente che i
bambini non nascono dagli organi sessuali femminili, ma d&iYombelico, che.e comune agli uomini e alle
donne. «Se i bambini na scessero dagli organi femminili, cio significherebbe che le donne sono superiori agli
uomini » (Caso 429).
Caso 247. — Un ossessivo ancora piu grave immaginava durante il coito non soltanto che lui e la sua
amante stavano avendo un rapporto « lesbico », ma che lei era il « maschio » e lui la « femmina » (Devereux
1966b).
Caso 248. — Il desiderio frustrato di enfatizzare con le sensazioni corporee del sesso opposto spiega senza
dubbio, almeno in parte, la credenza mohave secondo la quale le donne eiaculano (Devereux 1950a; per i
Kgatla: Schapera
1941). Caso 249. — L’imitazione, da parte dei travestiti, del
comportamento dell’altro sesso, e anche la couvade, riflet tono in parte un tentativo di enfatizzare con le
funzioni sessuali dell’altro sesso. Questo particolare comportamento provoca d’altra parte un rapporto di
«co-dipendenza for zata » con i membri del proprio sesso (Devereux 1957a).
Caso 250. — Un medico psicoanalista, che e anche uno specialista di ricerca metodologica, mi ha parlato
una volta molto diffusamente della collera che alcuni ostetrici mani
317
festano quando le loro pazienti incinte ingrassano troppo. Siamo insieme arrivati alla conclusione che alcuni
ostetrici concettualizzano inconsciamente la gravidanza e la feconda zione in modo orale, senza dubbio
perche non sono in grado di enfatizzare in modo autorisonante con la gravidanza senza assimilarla alle
funzioni digestive, di cui il loro corpo di uomini ha esperienza. Essi confondono quindi la gravidanza con la
costipazione, e l’aumento del diametro addominale della donna incinta con il meteorismo.
Questa interpretazione della gravidanza, che la mette in relazione con le teorie infantili sulla fecondazione
orale e della nascita anale, puo anche avere ripercussioni culturali.
Caso 251. — Presso i Mohave i maschi travestiti che imitano tradizionalmente tutte le funzioni femminili,
bevono una pozione costipante di baccelli di fagiolo prosopis, pre tendono di essere incinti e chiamano il
duro segmento fecale che espellono un « bambino nato morto » (Devereux 1937a).
E quindi probabile che questa osservazione possa chia rire le cause del sintomo soggettivo delle nausee
mattinali delle donne incinte e anche il fatto culturale che i primitivi hanno sempre saputo che delle forti
purghe possono provo care l’aborto (Devereux 1955a), o almeno accelerare il parto.
L’assimilazione inconscia della defecazione con il parto puo fornire una giustificazione apparente a certi
interventi medici.
Caso 252. — L’ostetrico di una paziente in analisi le prescrisse dei lavaggi ripetuti perche, a suo avviso, il
parto era in ritardo di sei (!) giorni.
Il passaggio all’atto {acting out) suscitato, in un contesto medico, dai problemi relativi all’esistenza di un
sesso « oppo sto » ha molte cause, di cui almeno una, per quel che ne so, e stata finora trascurata.
In realta, una donna che cerca di spiegare a un uomo quel che prova durante l’allattamento si trova piu o
meno nella stessa situazione di chi cerca di spiegare i colori a
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un cieco — o di quella di un uomo che cerchi di spiegare il vissuto dell’eiaculazione a una donna.
Poiche ne lo studioso del comportamento ne il medico sono in grado di comprendere in modo autorisonante
le espe rienze specifiche dell’altro sesso, paragonandole alle loro sen sazioni, essi cercano a volte di
comprenderle ricorrendo a sensazioni coniugate o complementari che, in altre circo stanze, li condurrebbero
al coito. In realta, e possibile che il bisogno fondamentale di adattarsi all’esistenza dell’altro sesso e di
cercare di empatizzare — ricorrendo a sensazioni coniugate e complementari — con le esperienze
dell’altro sesso, che non possono venire comprese in modo autoriso nante, sia uno dei piu importanti e meno
compresi fattori originari dell’eterosessualita umana (11).
La mia esperienza di analista mi ha convinto che per alcune persone il coito rappresenta inconsciamente, tra
l’altro, un tentativo di « penetrare » il « funzionamento » dell’altro sesso.
Caso 253. — Ho dovuto spesso far notare a piu di un analizzando che trattava il corpo del partner come se si
fosse trattato di un apparecchio complicato, di cui cercava di ca pire il funzionamento imparando a
servirsene. La reazione del partner rappresentava soltanto la prova che era diventato capace di manipolare
correttamente una « macchina » com plicata. Cosi, una ragazza nevrotica, relativamente priva di esperienza,
senti di aver ottenuto la « patente » quando, per la prima volta, riusci a soddisfare il suo partner in un modo
per lei nuovo.
La sessualita e il solo istinto che richiede, per la sua piena soddisfazione, la risposta di un’altra persona. Essa
rafforza quindi la tendenza a compensare, tramite risposte complementari, l’incapacita del soggetto di
comprendere in modo autorisonante l’altro sesso. Persino una formazione professionale approfondita non
puo sopprimere completamen-
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te la tendenza a reagire con eccitazione all’eccitazione di una altra persona, o anche a quella di un animale.
Caso 254. — Una assistente di laboratorio si trovo a dover eccitare sessualmente degli animali maschi. Ne
divenne cosi angosciata che una psicoterapia si rese necessaria.
Caso 255. — Un etnografo ricorse in un primo periodo soltanto a informatori di sesso maschile, perche i
seni nudi delle donne della tribu africana che studiava lo turbavano. Piu tardi, si servi anche di vecchie donne
come informatrici: i loro seni appassiti non lo eccitavano. Soltanto verso la fine del suo soggiorno fu in grado
di utilizzare anche donne giovani, perche si era nel frattempo abituato alla loro nudita.
Caso 256. — « Ricoprire con un lenzuolo » una donna che subisce un esame pelvico e paradossale, nel senso
che il lenzuolo copre le parti meno intime del corpo, ma espone gli organi genitali. Eppure, questo modo di
procedere aiuta il medico a restare obbiettivo, perche dissimula la forma (Gestalt) del corpo umano. Gli
organi sessuali cessano cosi praticamente di essere tali, per diventare realta anatomiche prive di valori
sessuali di stimolo (Vedi il Caso 47).
Anche questo procedimento non puo pero abolire com pletamente la tensione, il che potrebbe spiegare
l’osserva zione dello psicologo Henri Guze (1951) sulle sorprendenti inavvertenze che possono verificarsi
durante gli esami pelvici.
Come sempre, il modo migliore di far fronte a tutto cio che ostacola l’obiettivita e di affrontarlo
direttamente.
Caso 257. — Un medico in eta matura, raccontando i suoi ricordi dell’epoca in cui era allievo interno in
diversi reparti di un grande ospedale appartenente a un’organizza zione religiosa molto puritana e situato in
una regione ecce zionalmente tradizionalista, disse che dovette una volta fare un esame pelvico a una ragazza
molto carina e attraente... Con sua grande sorpresa, la sua diagnosi non fu verificata, come si faceva in
genere, da un solo assistente in ginecologia, ma da molti di loro. Quando menziono incidentalmente la
320
cosa al direttore del reparto ginecologico, questi lodo la sua volonta di guardare in faccia le cose e gli disse:
«La sua franchezza mi garantisce che il suo comportamento medico sara sempre ineccepibile, sia dal punto
di vista dell’obiet tivita che da quello della deontologia ».
La reazione di una paziente all’esame pelvico e a volte cosi disturbante che e lo stesso ginecologo a cercare
di ini birla per preservare la sua serenita. Per far cio, egli puo ricorrere a mezzi per lo meno sorprendenti.
Caso 258. — Dickinson e Beam (1931) hanno racco mandato di praticare gli esami pelvici con modi
abbastanza bruschi, per non eccitare le pazienti (12). Questa raccoman dazione non tiene conto del fatto che
alcune donne sono appunto eccitate da manipolazioni un po’ brutali.
A volte i problemi e le angosce del soggetto o del pa ziente lo spingono a provocare nel medico o
nell’osservatore un comportamento complementare (Caso 402).
Caso 259. — Molte donne rifiutano di consultare gine cologi di sesso femminile. Alcune credono che sia piu
«na turale » che gli organi genitali femminili siano manipolati da un uomo, altre traggono un certo piacere
dalla visita (De- vereux 1966e), altre ancora, piu o meno consciamente, spe rano di provocare una reazione
sessuale del medico, a volte soltanto per provare a se stesse che i loro organi non sono disgustosi (13).
Questa interpretazione e provata dal fatto
che alcune donne manifestano un comportamento insieme puritano e seducente prima e durante l’esame
pelvico, men tre, una volta finita la, visita si comportano in un modo che ricorda il proverbio: « L ’inferno
non conosce furia peggiore di una donna indignata ».
Le donne inclini al passaggio all’atto sessuale, che sanno per esperienza di non poter provocare una risposta
sessuale da parte del ginecologo, rifiutano a volte l’esame pelvico, soprattutto se e una donna medico che
deve farlo.
321
Caso 260. — Su circa quaranta donne rimunerate per diventare soggetti di studio nel quadro di un
importante pro getto di ricerca medica e socio-psicologica, la sola che rifiuto l’esame pelvico era anche la
unica ad essere abitualmente e ostentatamente « leggera ». L ’esame dello psichiatra indico che rifiutava la
visita perche il prevedibile fallimento di ogni tentativo di seduzione del medico minacciava, in modo intol
lerabile, l’immagine che si faceva di se stessa: quella della
donna sessualmente piu eccitante della terra. Un comportamento provocante, manifestato da donne dai
costumi abitualmente facili, crea a volte problemi anche nel corso di ricerche socio-psicologiche.
Caso 261. — Un sociologo che doveva intervistare un gruppo di prostitute (rimunerate), si rese conto che la
sua obiettivita rendeva alcune di loro cosi ansiose che si offri vano spontaneamente, e a volte con insistenza,
di far l’amore con lui senza essere pagate. Queste profferte erano probabil mente motivate da bisogni
appartenenti a due diversi piani della coscienza:
1. Sul piano inconscio, queste donne provano costan temente il bisogno di essere rassicurate che i loro organi
sessuali non sono disgustosi. Cio spiega in parte perche sono diventate prostitute: hanno infatti un’attivita
psichica com plessa e indirettamente autodistruttrice, ispirata dal comples so femminile di castrazione. Per
donne di questo genere, ogni disfatta si trasforma in vittoria. La loro disponibilita sessuale le rassicura sul
fascino e l’interesse suscitati dai loro organi genitali, ma solo pagando il prezzo di una degrada zione
generale della persona. Cio rappresenta un successo nevrotico, perche un sentimento di degradazione etica,
psi cologicamente piu tollerabile, si sostituisce al precedente, e piu angoscioso senso di degradazione
biologica (Complesso
di castrazione femminile). 2. Sul piano preconscio l’impassibilita sessuale del ri
cercatore rappresenta per questo genere di donne una mi 322
naccia implicita alla loro situazione economica, che e fun zione della loro capacita di eccitare qualunque
maschio, e permette loro, nello stesso tempo, di giocare il gioco nevro tico che consiste nello sfruttare il
maschio e nel « rubargli » la sua virilita (La Barre, senza data).
A volte, l’obiettivita del ricercatore irrita talmente queste donne che pretendono di essere state obbligate a
respinger delle proposte sessuali.
Caso 262. — Ho una volta intervistato una donna con siderata dai Mohave come la sola vera kamoly (donna
senza pudore e di sessualita aggressiva) della tribu. Il fatto che ero esclusivamente interessato a ottenere delle
informazioni sull’assassinio di uno stregone malefico in cui si diceva avesse avuto un certo ruolo, la deluse o
spavento talmente, che pretese in seguito che avevo tentato di sedurla. Fortunata mente per me, la sua
famiglia mi conosceva bene, e accolse le accuse con incredulita e disprezzo (Devereux 1948b).
Il problema del modello-di-se psicologico e troppo com plesso per essere discusso in dettaglio qui. La natura
di questo problema e ben chiarita dalla disputa sulla misura in cui la concezione psicoanalitica della
psicologia femminile e stata influenzata dal fatto di esser stata formulata in origine da Freud, e da altri
psicoanalisti di sesso maschile. Le psi- coanaliste hanno risposto a questa sfida in due modi:
Caso 263. — Karen Homey (1937, 1939) ha, si dice, deviato dalla psicoanalisi classica soprattutto perche
non ha potuto accettare la formulazione freudiana del complesso di costrazione femminile e della psicologia
femminile in gene rale.
Caso 264. — Altre psicoanaliste hanno invece accettato le teorie di Freud sulla psicologia femminile ancora
piu com pletamente che gli uomini. E una donna — Phyllis Gree- nacre (1953) — ad aver fatto l’importante
scoperta che le donne non provano soltanto invidia, ma anche venerazione per il pene. Quanto a Helene
Deutsch (1944-45), il suo eccel
323
lente lavoro sulla psicologia femminile ha aggiunto nuove dimensioni alla concezione freudiana della
femminilita, ma ha a volte esagerato in modo troppo conformista la passivita e il fondamentale masochismo
della donna — e l’ha quindi nello stesso tempo illustrato.
Caso 265. — La psicoanalisi studia da piu di sessantanni il ruolo del pene. Sembra quindi quasi incredibile
che il primo studio psicoanalitico sul ruolo dei testicoli sia stato condotto in anni recenti (Bell 1960) e, in piu,
sia stato scritto da una donna. Si e trattato di un contributo notevole perche come ho mostrato altrove
(Devereux 1976e), molti fattori hanno operato per sviare dai testicoli l’attenzione degli psi coanalisti (14).
L’influenza, a volte positiva come nel caso di Greenacre e Bell, e a volte negativa — come nel caso di
Horney — del modello-di-se psicologico legato al sesso e provata in modo chiarissimo dal fatto che in questi
ultimi anni gran parte dei lavori psicoanalitici realmente importanti sulle dif ferenze psicologiche e
psicofisiche tra i sessi e opera di psi- coanaliste. Cio e parzialmente spiegato dal fatto che l’alto grado di
dimorfismo sessuale della specie umana e larga mente dovuto alla femminilita estrema e evidente della don
na, piu marcata di quella di ogni altro mammifero femmina. La presente discussione non esaurisce
certamente l’argo
mento. Basta pero a chiarire l’influenza del modello-di-se sessuale sulla ricerca scientifica. La delucidazione
completa di questo problema richiedera certamente gli sforzi congiunti di molti specialisti del
comportamento, la soluzione di molti problemi teorici fondamentali e soprattutto il superamento della miopia
scientifica.
324
NOTE
(1) Analogamente, molti manuali di sociologia cominciano con una spiegazione del carattere gregario dell’uomo. Gli autori non
tengono conto del fatto che, visto che l’uomo e effettivamente di specie gregaria — per quanto non necessariamente di « specie
sociale » — cio che esige una spiegazione scientifica (da distinguere da una spiegazione metafisica) non e l’uomo gregario, ma
l’eremita.
(2) L’uomo sembra piu preoccupato di ripudiare la sua parentela la scimmia che con gli altri animali. Cosi, anche se la scimmia e gia
menzionata da Archiloco (Jr. 224 L.B., VII sec. a.C.) non conosco alcun mito greco che parli di coito con un antropoide. Cio
potrebbe spiegare il fatto che rari sono gli individui, e anche i gruppi, che scelgono le scimmie come animali di compagnia.
(3) Anche se e un po’ femminista, non conosco discussioni piu imma ginative, eppure moderate e ponderate, delle implicazioni
socio-psicologi che del dimorfismo sessuale dell’uomo, di quella di La Barre (1954).
(4) Questi risultati sono stati recentemente messi in discussione.
(5) Cosi formulando l’enunciato, ho evitato, credo, Terrore che con siste nel non trattare la coesistenza dei sessi come un dato
ineliminabile. (6) Una comprensione della reale portata e della varieta dei tratti e reazioni coniugate legati al sesso condurrebbe a una
relazione piu felice, piu soddisfacente e piu creativa tra i sessi. Cio puo spiegare perche chi, come un avvoltoio, si nutre della carogna
della miseria sessuale umana,
cerca in ogni modo di evitare che studi del genere vengano fatti. (7) Nello stesso senso, la nota capacita del cane di « coccolare » e
grosso modo una conseguenza della sua simbiosi con l’uomo. I pochi esem plari di cani selvaggi che sono stati addomesticati
appaiono meno inclini a questo genere di manifestazioni.
(8) Questa opinione va oltre il modello greco di una sessualita a « largo spettro » che, anche nei rapporti omosessuali, imitava i
modelli maschili e femminili ( Caso 64).
(9) Anche se teorie del genere rappresentano parzialmente una rea zione all’insensata persecuzione delle persone sessualmente
anormali, esse fanno molto piu onore al senso di umanita dei loro sostenitori, che al loro buon senso.
(10) L’uso del termine « oggetto » e legittimo quando si parla di per versioni, che minimizzano sempre il carattere umano del
partner (Capi tolo 9).
325
(11) Un fatto abbastanza banale puo chiarire il significato di questo enunciato. Quando due persone del sesso opposto non in grado di
trovare un contatto in campi in cui sono capaci di avere esperienze parallele, esse sostituiscono spesso alla conversazione un
contatto sessuale sprovvisto di significato. Una studentessa descriveva rincontro tra sconosciuti come se gue: «Quelle fra noi che
trovarono dei partners interessanti si misero a parlare, le altre, che non ne avevano trovati, si fecero sbaciucchiare ».
(12) Alcuni psicoanalisti non sono molto piu ragionevoli. Durante una conferenza fatta di fronte a un pubblico di professionisti, uno
psicoanalista affermo che i ragazzi dovrebbero essere tutti circoncisi; in questo modo, l’igiene del glande non renderebbe ansiose le
madri, e non ecciterebbe i bambini. Peggio ancora: nessuno di coloro che parteciparono alla discus sione critico questo ragionamento.
,
(13) Ho parlato altrove (Devereux 1958a, 1960a) del problema fonda- mentale della tendenza della donna a sottovalutare i suoi
organi sessuali, come del suo bisogno di essere rassicurata sulla loro capacita di piacere.
(14) Un sociologo della conoscenza, che studia la simultaneita delle scoperte, potrebbe trovare interessante il fatto che la Dottoressa
Anita Bell venne a chiedermi informazioni sul ruolo dei testicoli nel pensiero pri mitivo nello stesso preciso momento in cui avevo
anch’io iniziato a scri vere un articolo sui testicoli. La pubblicazione di quel mio lavoro fu ritardata da circostanze esterne.
326
16. — L’eta come fattore di controtransfert.
L’eta dello studioso del comportamento provoca spesso un certo numero di reazioni transferenziali — in
genere tra scurate — e puo persino indurre il soggetto a fargli assumere il ruolo complementare (Capitolo 19)
che, dal suo punto di vista, piu si addice alla sua eta. Il suo rifiuto di accettare un simile ruolo puo esporlo a
volte alla critica.
Caso 266. — Roheim, che nel 1931 aveva gia quaranta anni, conservava la passione dello sport; si storse una
caviglia giocando al pallone con i ragazzi di Duau e dovette passare alcuni giorni a letto. Il vecchio capo del
villaggio ando allora a trovarlo e gli disse in tono di rimprovero: «Non ho voluto parlargliene prima, ma cosa
ci si puo aspettare da un adulto che vuol comportarsi come un adolescente? ».
Caso 267. — Un giovane disse una volta all’analista, che era una donna di mezza eta, che non poteva
sviluppare un transfert erotico verso di lei, perche era troppo vecchia per essere attraente dal punto di vista
sessuale. A uno stadio piu sviluppato dell’analisi, l’analista gli rivelo che la sua ripugnanza cosciente per le
donne anziane era soltanto un modo di resistere alla presa di coscienza delle sue pulsioni edipiche ... che
l’avevano spinto a scegliere come analista una donna di una certa eta.
Sfortunatamente, disponiamo di pochissime informazioni sulle reazioni transferenziali spontanee,
determinate dall’eta, che si verificano durante la ricerca sul campo, e ancora meno riguardo a quelle
determinate dalla cultura.
Caso 268. — Le migliori informazioni su questo pro blema sono forse quelle fomite da Jacobs (1958).
Questo
327
etnografo visito per la prima volta i Tillamok quando era ancora molto giovane. La tradizione di questa
cultura favo risce una definizione « romantica » del rapporto tra giovani e donne di una certa eta: pur non
essendo cosciente di questo tratto culturale, Jacobs noto che le sue migliori informatrici erano donne di una
certa eta.
Caso 269. - Ero anch’io molto giovane quando andai per la prima volta dai Mohave e mi accorsi anche
allora, che Tcatc mi ricordava per certi aspetti la nonna paterna, che ama vo molto. Cio potrebbe spiegare in
parte perche Tcatc mi chia mava abitualmente il suo nipotino preferito. I capelli grigi e l’enorme corporatura
di Hivsu Tupoma mi ricordavano mio nonno materno, benevolo e energico, mentre la mia interprete, Hama
Hutce mi ricordava una mia cugina piu grande di me, che aveva spesso fatto da mediatrice tra me e i miei
genitori. Non sono invece consapevole di alcuna reazione controtransfe- renziale, dovuta all’eta, nei
confronti di nessun Sedang, i quali, sia detto di passaggio, non rispettano gli anziani (Caso 273).
Le reazioni di contro-transfert, determinate dall’eta, del ricercatore sono largamente influenzate dagli
atteggiamenti tradizionali della tribu verso i vecchi e i giovani. Alcune tribu pensano che i bambini molto
piccoli non sono ancora dei veri esseri umani e si comportano, conformemente a queste concezione, in
diversi modi.
Caso 270. - In linea di massima, l’aborto e l’infanticidio sono praticati per ragioni futili soltanto in societa in
cui il feto, o il neonato, non sono considerati come pienamente uma ni, o completamente iniziati alla societa
umana — per esem pio tramite una seconda nascita (sociale) analoga al rito atti co della amfidromia. Penso
che persino il divoramento canni- balico dei bambini in Australia e in parte reso possibile dalla enorme
importanza che gli Australiani attribuiscono al rito di iniziazione come mezzo di trasformare l’adolescente
— che e ancora al di fuori della societa — in un essere pienamente sociale.
328

L
Si puo anche attribuire una specifica « natura » alle per sone molto giovani, o molto anziane.
Caso 271. - Quando, seguendo l’esempio della Mead (1928) chiesi ai miei informatori di descrivermi uno a
uno tutti gli abi tanti di Tea Ha, i bambini molto piccoli furono senza ecce zioni caratterizzati in termini
puramente biologici: «Tutto quel che (il Tal dei Tali) sa fare e mangiare, urinare e defe care ».
Caso 272. - Presso alcune tribu australiane si crede che la vergine e una donna alknarintja, una specie di
donna demonia ca che deve essere « domata » (socializzata) tramite l’atto sessuale.
Questa concezione della verginita e sostanzialmente iden tica alla concezione greca di Artemide e del suo
seguito di vergini. Artemide era in effetti particolarmente incline ad of fendersi, e a mandare ogni sorta di
calamita (1).
Si puo attribuire una « natura » specifica alle persone an ziane riferendosi in particolare alla percezione che
ha il bam bino dell’adulto, che gli sembra « vecchio ».
Caso 273. - I Mohave non forniscono mai informazioni sulle stigmate psicologiche della vecchiaia anche se
li si inter roga direttamente sul tema della sensibilita. L’unica osserva zione che ho potuto ottenere e che gli
sciamani e gli stregoni diventano peggiori con l’eta.
I Sedang si preoccupano invece molto dei sintomi dell’in- vecchiamento. Il vecchio Mbrao, per esempio, che
era eccezio nalmente vivace intellettualmente e conservava una memoria intatta anche dei fatti recenti, mi ha
detto: « Quando ero gio vane avevo molto « orecchio » (intelligenza). Ora sono vec chio, e ho poco «
orecchio », tanto che arrivo a picchiare mia moglie, che e una brava donna e non merita di essere maltrat tata
». Sono incline a mettere in relazione questi risultati con il fatto che, poiche i Mohave trattano il bambino
con affetto, questi considera gli adulti come persone ragionevoli; i Sedang trattano invece duramente i
bambini, e questi credono di con-
329
seguenza che gli adulti (i « vecchi ») sono estremamente ca pricciosi e indegni di fiducia (Devereux 196la)
(2). E in teressante notare, a questo proposito, che nella lingua Sedang la stessa parola (kra) significa:
vigoroso, violento e vecchio.
Un contributo importante al problema delle reazioni con- trotransferenziali determinate dall’eta e il bel
lavoro di La Barre (1964a) sui tipi socialmente « esposti » {social cynosu res). Questo studio illustra
chiaramente, per esempio, l’idealiz zazione del giovane nell’America contemporanea, o quella della vecchia
sapiente, tipica delle civilta ebraica e australiana, oltre che della Cina classica (3).
La socializzazione differita del neonato e la desocializza zione anticipata del vecchio sembrano entrambe
costituire delle « disposizioni preparatorie » {preparatory sets) nel senso di Mowrer (1940). Poiche la vita
dell’uno e dell’altro e sospe sa a un filo, e possibile attenuare il senso di perdita causato dalla loro morte
negando loro uno statuto di piena apparte nenza alla societa (4).
Naturalmente, questa manovra non e sempre coronata da successo.
Caso 274. - L’intensita del senso di perdita provato da gli Indiani Mohave, anche alla morte di persone molto
an ziane, fa loro credere che tutti gli spettri sono avari e me schini (Caso 18). Inoltre, anche se i Mohave non
desocia lizzano i vecchi, una coppia di giovani che vive con i genitori finisce sempre per costruirsi una
propria abitazione, per non ritrovarsi senza un tetto quando, alla morte di uno dei geni tori, la vecchia
capanna deve essere ritualmente distrutta col fuoco.
Presso alcune tribu, persino la data della morte effettiva di una persona puo essere determinata dalla societa.
Caso 275. - Alcune tribu seppelliscono vive persone che stimano « tecnicamente » morte (Rivers 1926) (cfr.
Caso 44). E in questo modo che propongo di interpretare VAlceste di Euripide.
330
Caso 276. - Nella Grecia antica una persona che era sta ta, a torto, creduta morta, doveva sottoporsi a una
cerimonia di seconda nascita (Plutarco, Questioni Romane, n. 3, 264C).
L’atteggiamento di una societa e a volte determinato dal l’attribuzione di un’eta fittizia a certe categorie di
persone.
Caso 277. - Nel diciannovesimo secolo, in Olanda, si chiamava « signorina » (Juffrouw) qualsiasi cameriera,
anche se si trattava di una donna sposata; come cameriera, essa non poteva esser trattata da persona adulta.
Caso 278. - Il comportamento indipendente di una gio vane etnologa la fece confondere con una donna che
aveva gia oltrepassato la menopausa (cfr. Caso 69).
Caso 279. - Ho parlato altrove (Devereux 1939a) del ruo lo che il prolungamento arbitrario dell’adolescenza
nella no stra societa gioca nella genesi della schizofrenia.
Caso 280. - Il momento in cui conviene morire — gene ralmente definito in funzione dell’eta avanzata —
puo essere determinato in base a considerazioni che nulla hanno a che fare con la cronologia. Cosi, certi re
divini venivano uccisi appena perdevano la potenza sessuale, senza preoccuparsi
dell’eta che avevano. Inversamente, i lattanti cui si e dato il seno non vengono praticamente mai uccisi.
Questi fatti indicano che l’attribuzione di uno statuto pie namente umano e sociale risulta dall’investimento
affettivo di una persona da parte del gruppo in cui vive. (Devereux 1966b). E un investimento affettivo di
questo genere che l ’etnologo deve suscitare, se vuole andare al di la delle apparenze nell’a
nalisi della cultura che lo interessa. Il fatto che anche un etno logo adulto puo, in virtu di uno statuto di «
apprendista », venire considerato come una persona giovane e mostrato nei Casi 385, 386, 387, 395.
A qual punto l’eta e lo statuto di adulto dello studioso del comportamento influenzano il suo lavoro e ben
mostrato dal l’estrema deformazione che la personalita reale del bambino subisce nelle scienze del
comportamento. Ho spesso sottolinea
331
23

to (Devereux 1956a, 1964a, 1965b) che gran parte delle no stre conoscenze sui bambini e costituita da
proiezioni cosi van taggiose per l’adulto che ben pochi studiosi vorrebbero met terle in discussione (Caso 54,
55). L’esempio piu eloquente di questo genere di deformazione e la definizione del bambino come
incarnazione della dolcezza e della purezza, e nello stes so tempo come piccolo mostro che, fortunatamente
per lui e per gli altri, non ha la forza di realizzare i suoi diabolici im pulsi. Inoltre, l’immagine adulta del
bambino influenza cosi profondamente sia l’educazione che le teorie pedagogiche che, studiando i bambini,
certi psicoanalisti arrivano a prendere il modello, culturalmente trasmesso, della puerilita, per la na tura
fondamentale del bambino (5). Cio conduce a un circolo vizioso: le teorie vengono « provate » dallo studio
di soggetti cui si e insegnato a comportarsi in modo conforme a quelle teorie. Cio non e sostanzialmente
diverso dal modo in cui gli Americani degli Stati del Sud insegnano prima ai Neri a comportarsi in modo
reprensibile (Dollard 1937) — per poi interpretare quel comportamento inculcato come una manife stazione
della « natura » del Nero. Lo stesso facevano gli
Spartiati con gli Iloti (Devereux 1965a). Caso 281. - A mio avviso, l’esempio classico di una de
formazione di questo tipo e la concezione kleiniana (1948, 1951) della vita psichica del bambino.
In realta, gli adulti rifiutano di « vedere » il comporta mento reale dei bambini e non amano chi fa luce su
compor tamenti che tutti conoscono, ma che nessuno vuol riconoscere.
Caso 282. - La « scoperta », di Freud e Moli, delle pul sioni sessuali dei bambini ha scandalizzato scienziati
e profa ni. Eppure tutti i genitori borghesi, che spesso licenziavano le bambinaie di origine contadina che
masturbavano i bambini per calmarli, dovevano conoscerne 1’esistenza. Del resto, qualsiasi donna che ha
allattato un bambino non ha potuto non notare le sue erezioni. Eppure i genitori dell’epoca vitto riana
avevano accettato con tanto ardore il dogma della « pu
332
rezza » dei bambini che una madre che notava l’eccitazione sessuale del suo bambino doveva aver la
sensazione di aver generato un mostro — e si faceva un dovere di rimuovere sempre piu intensamente
1’esistenza di una sessualita del bam bino in fasce.
Le deformazioni controtransferenziali sono particolarmen te marcate quando si tratta di persone molto
giovani o molto anziane. Qualsiasi categoria di eta puo pero provocare nel l’osservatore delle reazioni
controtransferenziali, soprattutto se la cultura del soggetto definisce in modo particolare la natu ra, la
psicologia e il comportamento normale dei membri di ima data classe di eta, mentre quella dell’osservatore li
defini sce in modo del tutto diverso.
Caso 283. - Lo studio della Mead (1928) sull’adolescenza dei Samoani si fonda su una utilizzazione brillante
e efficace delle differenze tra atteggiamenti tradizionali, rispetto a certe classi di eta, dell’osservatore e del
soggetto. Si tratta di un la voro notevole, e libero da ogni deformazione contro-transfe- renziale dovuta
all’eta. In effetti, invece di schivare il pro blema dell’incompatibilita delle concezioni americana e samoa- na
dell’adolescenza, la Mead ha direttamente affrontato que
ste differenze senza mascherare il proprio personale atteggia mento verso l’adolescenza, e le ha poi
sistematicamente ana lizzate, in modo che un punto di vista chiarisce e illumina i tratti distintivi dell’altro.
Le deformazioni controtransferenziali dovute all’eta, pos sono, come tutte le altre deformazioni di questo
genere, veni re ridotte e rese scientificamente feconde affrontando diretta- mente il problema. Il modo
migliore di rendere utili queste deformazioni sarebbe senz’altro di intraprendere uno studio esaustivo,
psicologico e sociale, delle idee che gli studiosi del
comportamento si fanno sulla « natura » dei bambini. Questo studio non ci direbbe certo molto sui bambini,
ma ci rivele rebbe molto sulla natura dell’educazione, e della psicologia im plicita nella ricerca sui bambini.
333
NOTE
(1) Un’Americana sposata che esercita una professione liberale si aspetta in genere che la si chiami Miss, senza tener conto della sua
eta. Passata una certa eta una Francese, anche nubile, che esercita una profes sione si fa chiamare Madame. Tutto questo rende
perplessi i bambini: ve dendomi adulto, ma sapendo che ero celibe, un piccolo Americano di sei anni mi chiese un giorno se ero
proprio un Mister.
(2) L’immagine che ha il bambino dell’adulto ha un ruolo decisivo nella genesi della psicopatia, o nevrosi caratteriale (Devereux
19556). (3) Il Prof. La Barre ha.attirato la mia attenzione sul fatto che, in un
pimo abbozzo di questo passaggio, non avevo «accidentalmente» (?) par lato dei Cinesi.
E evidente che un contro-transfert negativo ha determinato questa omis sione (Casi 297, 332). Cio e particolarmente significativo
se si pensa che in quel preciso momento stavo scrivendo un lavoro in cui citavo un caso di rispetto quasi grottesco per i vegliardi in
Cina (Devereux 1964b).
(4) Presso alcuni primitivi, i bambini piccoli non hanno diritto a un cerimoniale funerario completo.
(5) R. A. Spitz e una notevole eccezione a questa regola.
334
17. - La personalita e la deformazione dei dati.
La struttura del carattere del ricercatore, che comprende anche i fattori soggettivi che determinano la sua
visione scien tifica, influenza profondamente i dati e i risultati della ricerca. Discutero qui soltanto degli
elementi normali, ma idiosincra- sici, del carattere dello scienziato.
L’estraneo e l’ignoto affascinano la mente umana, e la spingono a colmare le lacune della conoscenza con la
proie zione, cioe con i prodotti dell’immaginazione, troppo facilmen te accettati da tutti come fatti reali. Il
modo migliore di mettere in evidenza questa tendenza e di menzionare esempi abbastan za fuori dal comune,
sulla base del principio riconosciuto che, visto che l’anormale e soltanto una esagerazione del normale, la sua
osservazione ci permette di vedere cio che nella vita normale e attenuato, e sfugge alla nostra attenzione,
salvo ap punto se un « caso eccezionale » ce ne fa percepire resi stenza (1).
Il proverbio francese: « Chi viene da lontano puo mentire impunemente » mostra che anche l’uomo comune
e cosciente della tendenza umana a dar libero corso all’immaginazione ogni volta che gli interlocutori non
sono in grado di verifica- re l’esattezza di un racconto.
Piu che il realismo e la buona fede dell’osservatore, uno dei principali determinanti funzionali dell’obiettivita
potreb be consistere nel fatto che l’osservatore e cosciente che le sue affermazioni possono venire verificate.
Era facile frodare in etnografia in tempi in cui la possibilita di verificare le storie che si raccontavano sui
paesi dei Tartari o sulle Sette Citta d’Oro di Cibola erano molto scarse.
335
Caso 284. - Due celebri esempi di fabulazione etnografica sono i pretesi viaggi di Sir John Mandeville
(1375) e lo straor dinario libro su Formosa scritto da un impostore, probabil mente francese, conosciuto
soltanto sotto il nome di Georges Psalmanazar (1704), che fingeva con successo di essere na tivo di Formosa.
Ci sono poi naturalmente anche casi in cui degli autentici racconti di viaggio sono stati presi per dei falsi.
Bolton ha per esempio mostrato (1962) che i’Arimaspea di Aristea di Proconneso, a lungo considerato come
opera di fantasia, e in realta la storia di un vero viaggio nell’Asia Cen trale, raccontato secondo i canoni di un
« viaggio d’anima » sciamanico. Anche i racconti di Marco Polo furono in un pri mo momento accolti con
incredulita.
Le imposture in campo etnografico non sono compieta- mente motivate da un desiderio di notorieta.
Riflettono an che, pur in forma nevrotica e degradata, la nobile ambizione dell’uomo di conoscere l’ignoto, il
suo bisogno di riempire le lacune sulla carta geografica della terra e del mondo, e di avere informazioni su
cio che e al di la dalla portata dei sen si. Mandeville e Psalmanazar sono semplicemente i «paren ti poveri »
grotteschi dei filosofi ionici, fedeli ad una austera
razionalita, e dei moderni teorici dell’universo. Il desiderio di spiegare l’ignoto anima anche i primitivi e a
volte succede, forse perche anche una gallina cieca trova a volte un seme di grano, che alcune nozioni
primitive su cio che e al di la dei sensi rappresentino una approssimazione di risultati verificati
scientificamente.
Caso 285. - I Moi Sedang credono che alcune malattie so no causate dall’intrusione di organismi invisibili,
chiamati con lo stesso nome con cui si qualificano i piccoli vermi e insetti visibili: da. L’aspetto significativo
di questa teoria risiede nel fatto che gli da sono definiti in termini puramente natu ralistici. Essi sono
considerati come dei veri e propri organi smi che si introducono nel corpo in modo naturale, e non so
vrannaturale, come per esempio le frecce di una strega — e
cio anche se la persona invasa dagli oa e in generale conside rata colpevole di una trasgressione, e quindi «
condannata » alla malattia. L’idea che alcune malattie sono provocate dagli oa e stata probabilmente ispirata
dall’osservazione di piaghe aperte, spesso infestate di vermi. In ogni caso, malgrado la sua origine puramente
culturale e la sua formulazione non scienti fica, la teoria degli oa somiglia alle moderne teorie microbi che
delle malattie.
Il bisogno di colmare le lacune della conoscenza non anima soltanto l’immaginazione menzognera, o
l’estrapolazio ne e la teorizzazione autenticamente scientifiche. Lo stesso bi sogno spiega anche la tendenza
ad accettare acriticamente le testimonianze trasmesse semplicemente per sentito dire, ogni volta che:
1. le informazioni valide non sono disponibili,
2. l’informazione ottenuta per sentito dire non contra
sta con l’idea che l’interlocutore ha del possibile (2) e
3. soddisfa il bisogno di evasione, che spinge a cre dere che il mondo situato al di la dei sensi e diverso dal
mondo che ci e familiare.
Caso 286. - Il ricorso di Erodoto a testimonianze trasmes se per sentito dire per le descrizioni che ci ha
lasciato di re gioni lontane e stato motivato da una o alcune di queste ragioni.
In certi casi, dopo aver riportato storie immaginarie, egli si interroga sulla loro esattezza, ma, in generale, lo
fa soltan to quando la storia contraddice la sua concezione del possibile
(Legrand 1932). La tendenza a accettare delle « evidenze » stravaganti
— o anche a inventarle — genera poi dei tentativi altrettan to vigorosi di verificarle. Questo atteggiamento
critico che rappresenta, a seconda dei casi, sia una formazione reattiva puramente difensiva, sia una autentica
sublimazione, ha con seguenze molto curiose:
337
Caso 287. - Sia i dati empirici che le teorie scientifiche in novatrici di pionieri come Leuwenhoek, Darwin,
Pasteur, Freud e Einstein sono state da alcuni respinte come contrarie al buon senso e travalicanti il limite,
arbitrariamente traccia to, di cio che e possibile.
Caso 288. - Voltaire racconta che alcuni suoi contem poranei dubitarono della fondatezza di certe esatte
afferma zioni di Bouganville su Tahitr (Danielson 1956) (vedi anche supra, Caso 284, le osservazioni a
proposito at\YArimaspea di Aristea).
A volte, lo stesso particolare che serve ai critici per dimo strare la falsita manifesta di una affermazione si
rivela, a un esame scientifico piu attento, precisamente il dato che ne con ferma la verita.
Caso 289. - Erodotto (4.42) credeva che i Fenici avevano effettivamente compiuto per mare la
circumnavigazione del l’Africa, ma dubito dell’affermazione che quei naviganti eb bero, durante una certa
parte del viaggio, il sole alla loro de stra. Ora, e precisamente questo « incredibile » particolare che prova ai
moderni scienziati che i Fenici fecero realmente la circumnavigazione dell’Africa.
Alcuni dati etnografici, apparentemente assurdi, raccolti dai primi viaggiatori furono dapprima messi in
dubbio come improbabili, e successivamente confermati da ricerche piu accurate
Caso 290. - Wittfogel (1946) ha dimostrato che alcune in formazioni raccontate da Marco Polo, che erano
state in prece denza messe in dubbio, erano in effetti esatte. Ma non solo, egli ha anche dimostrato che quei
particolari furono messi in discussione soprattutto da chi non aveva tenuto conto del fatto che Marco Polo
aveva osservato la Cina attraverso gli occhi dei Mongoli.
Le concezioni soggettive, e generalmente inespresse, del- l’udhore riguardo a cio che e possibile, o anche
solo probabile, determinano in gran parte la sua disponibilita a credere o a
338
non credere a una data descrizione, e a volte sono all’origine della decisione di non prendere atto di un certo
tipo di dati. Questo genere di concezioni spiegano anche la diffidenza ver so qualsiasi inferenza o teoria, e la
reticenza ad ammettere ogni fatto che non sia stato fotografato o osservato cronometro alla mano.
Caso 291. - L’atteggiamento antiteorico di Boas era a vol te cosi estremo che alcuni etnologi pensano oggi
che egli ha nuociuto allo sviluppo dell’etnologia americana.
Caso 292. - Jules Henry (1961; cfr. Mensh e Henry 1953) lascia intendere che gli unici fatti etnografici validi
sono quel li personalmente osservati dal ricercatore. Il carattere falla ce di questa opinione, che, in effetti, si
abolisce da se, e ana lizzato nel Capitolo 21.
E pero vero che se non si distingue tra osservazione effet tiva di un comportamento e informazioni raccolte
tramite un informatore, si puo essere spinti a formulare inferenze erro nee (Caso 4i3).
La possibilita di valutare, unicamente in funzione di pro ve intrinseche, se una data fonte e completa e esatta
dipende in gran parte dal carattere esplicito di cio che l’autore conce pisce come possibile o probabile. In
effetti il senso del « bene » e del «male» (o del «ragionevole» e dell’« irragionevole ») e cosi
inestricabilmente legato all’idea del « possibile » che questa situazione mi ricorda un epigramma tedesco. «
Cio che non dovrebbe esistere non puo esistere ».
Caso 293. - L’esempio classico di questa mentalita e He gel. Si dice che una volta, trovandosi di fronte a un
fatto in flagrante contraddizione con una delle sue teorie preferite, egli abbia esclamato: « Ebbene, tanto
peggio per la realta! ».
Caso 294. - Nell’intento di dimostrare che, anche dal pun to di vista psicologico, la circoncisione non e una
forma atte nuata di castrazione, Bettelheim (1954) cita piu volte il libro di Merker (1904) sui Masai.
Purtroppo, la sua concezione di cio che e reale (cioe possibile) e di cio che non lo e spinge
339
Bettelheim a non tenere conto del passaggio in cui Merker racconta come un uomo fu insultato perche suo
figlio « aveva muggito come un toro sottoposto alla castrazione » durante la circoncisione. Bettelheim
sottolinea anche che la circon cisione non e un atto di ostilita o di rappresaglia e cita diverse volte i costumi
australiani a sostegno di questa affermazione. Egli non ha purtroppo fatto abbastanza attenzione al libro
classico di Elkin (1938) — o forse, inspiegabilmente, non
l’ha neppure consultato — sugli aborigeni d’Australia. Vi si legge in effetti che presso alcune tribu in cui
subincisione e circoncisione iniziatorie stanno scomparendo rapidamente i vecchi lamentano incolleriti che i
giovani possono accedere alle conoscenze esoteriche senza pagare il prezzo che loro hanno dovuto pagare
(subincisione). (Vedi anche Aristofa ne, Le Nubi verso 1435 e' seguenti). Visto che l’onesta scien tifica di
Bettelheim e fuor di dubbio, siamo costretti a con cludere che la sua concezione di cio che e reale —
formulata solo a livello preconscio — gli fa inconsciamente trascurare i testi che contrastano con le sue tesi
(vedi Caso 76).
In breve: Homines id quod volunt credunt.
Queste osservazioni non implicano che l’oggettivita scien tifica possa venir garantita solo se lo scienziato
cerca ossessi vamente di impedire che la sua concezione del possibile (e del reale) interferisca nella
registrazione dei fatti. Una eccessiva
« larghezza di vedute » conduce soltanto a registrare acritica mente informazioni che una valutazione piu
critica deve esclu dere come realmente impossibili. Informazioni del genere devono naturalmente venire
raccolte, ma soltanto come cre denze culturali (Caso 300).
L’effetto positivo, per la storia culturale e anche per la scienza, della credulita — che e in gran parte una
reazione sog gettiva strettamente connessa con il contro-transfert — puo essere illustrato opponendo le
diverse concezioni del possi bile e probabile nella Grecia antica e nel Medioevo cristiano.
340
Caso 295. - Anche se erano a volte irrazionali (Dodds 1951) i Greci erano orgogliosi del loro scetticismo, ed
erano meno pronti di altri popoli a prestar fede a storie assurde (= improbabili) (Erodoto 1.60; vedi anche
W.K.C. Guthrie 1954). I cristiani del Medioevo erano invece orgogliosi della loro fede nei miracoli e
nell’irrazionale {credo quia absur dum est). Ecco perche persino i racconti piu fantastici di Ero doto sui
popoli stranieri sembrano piu ponderati che le idee medievali sulle nazioni lontane. Una delle origini
possibili di questa differenza risiede forse nel fatto che i marinai greci hanno viaggiato ben piu lontano che
l’uomo dell’alto medio evo, che viveva in un mondo molto violento, e osava raramen te allontanarsi dal
proprio villaggio.
Dal punto di vista dello sviluppo immediato di una auten tica scienza, l’avversione greca per i fatti e le teorie
strava ganti (cioe improbabili) e « assurde » e stata ben piu utile della prospettiva, focalizzata sui miracoli,
della cristianita medievale. Eppure sono state senza dubbio la credulita inge nua e la sete di ignoto dell’uomo
medievale che hanno in fin dei conti reso il credulo Occidente, e non la scettica Gre cia, capace di utilizzare
delle solide costruzioni teoriche, che sembrano « divagazioni » al profano. Penso all’idea greca
che la Terra e rotonda (che ha per corollario « assurdo » il fatto che gli uomini camminano a testa in giu agli
« anti podi »), ai paradossi — oggi meglio compresi — di Zenone sul continuo, alla teoria dell’evoluzione,
all’ipotesi della con trazione di Fitgerald e Lorenz, alla teoria della relativita, al principio di indeterminazione
di Heisenberg, alla tesi che il principio del tertium non datur (il terzo escluso) potrebbe non essere valido
neppure in matematica, alla psicoanalisi ecc. E precisamente perche credo che l’impatto di simili «divaga
zioni » prestigiose sul pensiero comune non deve essere sotto-
valutato che mi chiedo spesso se la riemergenza dell’irrazio nalita nella Grecia classica (Dodds 1951, Murray
1951) non sia stata ispirata o in parte incoraggiata dal prestigio conqui
341
stato dalle « divagazioni » teoriche di certi brillanti scienziati greci. Questa ipotesi sembrera plausibile a
chiunque abbia sentito un occultista di oggi dire che gli spiriti vivono nella
« quarta dimensione », si sia sentito turbato dalla contamina zione della psicoanalisi a opera della
parapsicologia (Devereux 1953a), o abbia osservato l’interesse di certi eminenti fisici
matematici per la parapsicologia, o ancora abbia sentito — co me una volta mi e successo — il direttore di
un museo d’arte dire con sicurezza a uno specialista di fama mondiale della fisica nucleare che la teoria della
relativita ha influenzato il modo in cui i pittori moderni manipolano « lo spazio ».
Per queste ragioni, credo che anche se la credulita dell’Oc cidente ha prodotto sistemi filosofico-religiosi
stravaganti e altre cose del genere, la liberta di immaginazione dell’uomo occidentale e la sua sete di «
miracoli » hanno avuto un ruolo concreto — anche se a volte non molto onorevole — sia nello sviluppo delle
moderne teorie scientifiche che nella crescente disponibilita degli empiristi a tener conto di fatti «sconvol
genti » ma reali, come l’inconscio, il cambiamento di sesso ne gli animali protandrici ecc.
Lo scienziato non dovrebbe certo soddisfare, in modo quasi autistico, la sua sete di sensazionale e di tutto cio
che sembra poco probabile o manifestamente impossibile al senso comu ne. Cosi facendo, egli rischierebbe
di cessare di essere uno scienziato e potrebbe esprimere nel suo lavoro soltanto dei problemi personali,
tramite il passaggio all’atto. Ma d’altra parte una prospettiva che si costringe a restare miope, un at
teggiamento ossessivamente ipercritico rispetto alle teorie e ai fatti nuovi, una timorata sottomissione alla
metodologia tradizionale — che arriva fino al punto in cui il metodo ces sa di essere un mezzo di fare
correttamente, e si trasforma
in un codice di tabu che impediscono di fare qualunque cosa — sono tutti atteggiamenti autodistruttivi.
Questo tipo di pro spettiva conduce soltanto al rifiuto di tener conto del caratte re reale di fatti sorprendenti, e
a un’inibizione della capacita
342
di costruire, almeno in modo euristico, delle « ipotesi scomo de » (Lynd 1939), le sole in grado di assicurare
alla scienza uno sviluppo continuo a ritmo esponenziale.
In pratica, le reazioni determinate dal carattere non produ cono necessariamente fatti e conclusioni
contestabili. Possono addirittura facilitare la scoperta di nuovi dati e la formula zione di nuove ipotesi che,
senza queste reazioni soggettive, non si sarebbero, probabilmente, neppure presentate. Cosi, an che se e stata
influenzata dalla personalita dello scienziato, una scoperta o una teoria possono, dopo un’attenta valuta
zione, contribuire in modo nuovo e fondamentale alle scien ze del comportamento, semplicemente perche
non e il contro transfert in se, ma il fatto di ignorarlo o di elaborarlo in modo sbagliato a costituire la vera
fonte di sterili errori (Capitolo 11).
Pochi ammettono francamente che bisognerebbe, prima di mandare un etnologo presso una qualunque tribu,
assicurarsi che la sua personalita non contrastera con il suo modello cul turale di base. Sfortunatamente i
buoni consigli di Lindgren (1936) sono stati quasi ignorati. Come gli psicoanalisti di se- cond’ordine, che
sostengono in modo difensivo che qualunque psicoanalista diplomato puo analizzare correttamente qualun
que paziente, molti etnologi sembrano credere che una buona formazione rende qualunque etnologo capace
di studiare in
modo efficace qualunque societa. Caso 296. - Sara facile confutare questa comoda finzione
paragonando i lavori di Malinowski sui Trobriandesi con le sue altre ricerche sul campo; le monografie di
Lowie sui Crow con i suoi studi sugli Hopi; l’opera di Kroeber sui Moha- ve e sugli Yurok con le altre sue
pubblicazioni etnografiche; i dati ottenuti da Roheim sugli Australiani e i suoi appunti sugli Yuma ecc. Di
fatto, se le pubblicazioni di un etnologo su diverse tribu si trovano a essere ugualmente buone, e per che egli
ha giudiziosamente scelto in precedenza le tribu che voleva studiare. Cio e particolarmente chiaro nel caso
della
Mead, i cui lavori su diverse regioni dell’Oceania e dell’Indo- 343
nesia non soltanto sono tutti eccellenti, ma eclissano legger mente il suo libro sugli Omaha — anche se
quest’ultimo e a ragione considerato un solido lavoro. Notiamo del resto che, mentre la Mead aveva scelto
gli altri gruppi da lei studiati, fu invece piu o meno mandata presso gli Omaha, in circostanze da lei ricordate
nei « Ringraziamenti » che precedono il libro (Mead 1932).
La struttura del carattere, cioe l’elemento invariante della configurazione psichica dell’etnologo, non fa
soltanto da filtro alle informazioni che puo raccogliere, ma determina anche alcune reazioni dei suoi
interlocutori, e persino il loro grado di produttivita. In effetti, la situazione di osservazione, o anche la
semplice presenza dell’etnologo in una tribu — non fosse che nella cosiddetta condizione di « osservatore
partecipante » — rappresenta una « perturbazione », nello stesso senso in cui si dice, in meccanica
quantistica, che l’esperimento stesso e fonte di « perturbazione ».
Cosi certi etnologi ostili alla psicoanalisi, che sottolinea no il fatto che l’analista « impone » certe
associazioni ai pa zienti, dovrebbero cominciare con lo studiare le perturbazio ni che la loro stessa presenza
provoca nei gruppi che stu diano. Difficolta particolari possono sorgere quando una data persona e studiata
da uno o molti etnologi in modo cosi si stematico e per tanto tempo che il ruolo di informatore diven ta parte
integrante della sua vita. Si conoscono casi di persone
« iper-studiate », e bastera citare la battuta secondo la quale la famiglia navaho comprende la madre, suo
marito, i bambini, un vecchio zio e un etnografo. In questi casi un evidente « ruo lo complementare » viene
imposto airinformatore o al grup po. Cio e inevitabile — e si dovrebbe ammetterlo, piuttosto che cercare
una scappatoia nella finzione dell’osservatore par tecipante. (Discuteremo di questo genere di perturbazioni
nei Capitoli 20 e 21).
E evidente che un etnologo con tratti compulsivi e osses sivi troverebbe i Mohave insopportabili, e viceversa.
La pro-
344
posta di Lindgren di adattare, servendosi eventualmente di tests proiettivi, il futuro etnografo alla tribu che si
prepara a studiare (3) ha meriti indiscutibili. In effetti, ogni etnografo che ha studiato diverse culture sul
campo sa che non puo avere con tutte la stessa empatia.
Caso 297. - Un eminente collega, al quale confidavo che non potrei facilmente empatizzare ne con la cultura
cinese, malgrado un soggiorno in Cina (Caso 332), ne con la cultu ra australiana, anche se conosco gran parte
della letteratura sugli indigeni australiani, mi confesso che per tutta la durata del suo lavoro presso una certa
tribu non aveva mai potuto su perare la sensazione di essere un estraneo. Egli aveva pero scritto una
monografia non di prim’ordine, ma certamente buona, di quella cultura.
Sarebbe pero un po’ troppo sbrigativo supporre che cercan do di adattare carattere dell’etnologo e carattere
della cultura ci costringiamo a credere che soltanto l’empatia per identifi cazione, fondata sulla somiglianza
di tratti comuni, possa dare solidi risultati. In certi casi, in effetti, l’identificazione non ha luogo nel quadro
della personalita manifesta (l’Io) del l’etnografo, ma in un segmento non attualizzato del suo Ideale dell’Io.
Caso 298. - Nessuno fu meno bellicoso, meno chiassoso e meno disposto a impietosirsi « eroicamente » sulla
propria persona che quel gentleman erudito, di cortesia squisita, che fu Lowie. Eppure, il suo lavoro sui
Crow e assolutamente su perbo, forse perche, come molti altri pacifici eruditi, Lowie era attirato dalle grandi
imprese degli altri (4). In casi del genere, l’identificazione avviene tramite un segmento comple
mentare dell’Io, non attualizzato in comportamento, cioe at traverso un Ideale dell’Io indistinto, o un «
doppio » simme trico o complementare all’Io quotidiano. Se Lowie avesse potuto identificarsi con i suoi
informatori soltanto tramite il suo comportamento pieno di tatto, di calma e modestia, non
345
avrebbe preferito i fanfaroni Crow agli « apollinei » (?) Hopi, che lui chiamava con disprezzo «i piccoli
borghesi del Sud Ovest». In breve, come quegli specialisti sedentari della ca valleria nel Medioevo, Lowie ha
evidentemente completato il proprio schema di vita nella propria opera scientifica, em- patizzando con
imprese guerresche compiute da estranei, che certamente non riguardavano la sua vita di erudito, ma espri
mevano in modo efficace una parte latente del suo Ideale dell’Io (Caso 352).
In altri casi, l’identificazione avviene al livello delle pul sioni, come mostra l’esempio degli adepti
dell’erotismo a Tahiti (Caso 133).
In altri casi ancora, una identificazione parallela puo avve nire tramite il Super-Io.
Caso 299. - Nel XVIII secolo i Gesuiti trovarono il tem- peramente dei Cinesi cosi simile al loro, che
adattarono la li turgia ai modeli culturali tradizionali cinesi. Questo compro messo sincretico li mise in
conflitto con il Vaticano (Saint- Simone 1829-30). Inutile dire che e proprio questa identifica zione (super-
egoica) segmentale dei Gesuiti con i loro fedeli che spiega la perspicacia delle loro descrizioni della Cina e
dei Cinesi.
Se si fa lo sforzo di controllare i propri pregiudizi, si pos sono ottenere risultati notevoli proiettando sul
gruppo estra neo le proprie pulsioni istintive, sia quelle che si rifiutano e sono egodistoniche, sia quelle
egosintoniche ma culturalmen te proibite. Il primo di questi meccanismi spiega le reazioni dei missionari, il
secondo quello dei frequentatori di spiagge, alla sessualita polinesiana.
Invece di cercare di analizzare le deformazioni contro- transferenziali determinate dalla personalita
dell’etnografo so prattutto in termini di meccanismi di proiezione, d’identifica zione ecc., propongono di
analizzarli qui in funzione delle loro manifestazioni effettive.
346
Possiamo classificare queste reazioni piu o- meno in tre grandi categorie, che si intersecano parzialmente.
1. Rapporto con i dati.
2. Rapporto con gli informatori, e con la tribu come
persone.
3. Il ruolo complementare. In questo capitolo mi occupo essenzialmente del rapporto
dello scienziato con i dati. Le inesattezze materiali, le contraddizioni e le oscurita di
scrittura sono spesso causati da scotomizzazioni inconsce, com prese quelle che si devono attribuire
alFatteggiamento pro fessionale.
Gli errori materiali possono venire da una eccessiva preoc cupazione di registrare, senza critica, le credenze
indigene, so prattutto se il ricercatore definisce se stesso esclusivamente come uno specialista della cultura.
Caso 300. - Secondo Kroeber (1925a), i quattro primi riti di mestruazione delle ragazze mohave si celebrano
ogni qua ranta giorni. Cio e manifestamente impossibile, visto che il ci clo mestruale ha ventotto giorni (5).
Kroeber, che conosceva bene le realta biologiche, doveva certamente saperlo, ma non se ne e ricordato in
questa occasione. La mancata utilizzazio ne di conoscenze biologiche, non foss’altro che per approfon dire la
questione con altre domande, era evidentemente do vuta alla:
1. consapevolezza che nella cultura mohave i numeri quattro e quaranta hanno importanza rituale;
2. sua definizione come specialista (esclusivo) della cultura, che si riflette anche sulla sua teoria « sovra-
organica » della cultura (Kroeber 1952) (6).
Le credenze culturali devono essere sottoposte a esame critico durante la ricerca sul campo.
Caso 301. - 1 Sedang dicono che gli uomini vedono di not te con il bianco degli occhi, che i cervidi hanno un
secondo paio d’occhi che permette loro di vedere di notte e che la
347
23
gallina non vede nulla nell’oscurita. Chiesi loro di mostrarmi gli « occhi di notte » dei cervidi: si trattava di
un paio di ghian dole vicine agli occhi. La credenza sedang che l’uomo vede di notte con il bianco degli
occhi riflette senza dubbio una vaga coscienza del fatto che di notte la visione periferica (che uti lizza i
bastoncelli della retina) prevale sulla visione maculare (Devereux 1949b). La Barre (1954), fondandosi sulla
stessa osservazione, ha messo in relazione la credenza diffusa nei fantasmi di colore blu-verde con il fatto
che questo colore e il piu visibile nell’oscurita.
Le contraddizioni sembrano essere dovute a una angoscia inconscia.
Caso 302. - Un amico psicologo scopri una volta una con traddizione in un passo di secondaria importanza
nel mano scritto del mio articolo sull’alcolismo presso il Mohave (De vereux 1948d), che corressi
immediatamente. Oggi non rie sco piu a ricordare l’argomento su cui verteva la contraddi zione, ma credo
che il mio « lapsus » era dovuto al carattere ansiogeno dei miei dati: in effetti ho sempre nutrito un’avver
sione quasi irrazionale per l’ubriachezza. Dopo che la perspica cia del mio amico mi ha costretto ad
affrontare il materiale ansiogeno responsabile delle mie affermazioni contradditto rie, l’ho immediatamente
rimosso per la seconda volta.
Le ambiguita e i lapsus calami sono spesso dovuti a una resistenza a comprendere completamente il
materiale studiato.
Caso 303. - In un articolo sulla telepatia, cioe su un argo mento che gli ha creato difficolta durante tutta la
vita, Freud ha casualmente sostituito l’iniziale di padre a quella di marito Freud 1955b). Freud non corresse
mai questo lapsus, e nes sun traduttore se ne accorse. Io stesso non ho potuto notarlo che dopo aver compreso
(Devereux 1953a) che i dati conte nuti nell’articolo avevano alcune implicazioni edipiche sup plementari,
che lo stesso Freud non aveva elaborato. Solo do po che ebbi scoperto indipendentemente queste
implicazioni fui in grado di notare il lapsus di Freud, dovuto appunto al
348
fatto che aveva inconsciamente compreso, ma anche inconscia mente rimosso, il signmcato dei suoi dati.
Caso 304. — Un candidato psicoanalista, capace di reale empatia, ma abbastanza maldestro nell’espressione
orale delle idee, fere un giorno lapsus su lapsus, durante la presentazione di un caso. Ognuno dei suoi lapsus
rivelava che egli compren deva il signficato latente dei suoi materiali meglio di quanto, coscientemente,
credeva.
Caso 305. — Una parte della mia analisi didattica fu condotta in una lingua che avevo quasi dimenticato.
Divenne ben presto chiaro che il mio inconscio traeva profitto da que sta circostanza: insights e ricordi
inconsci si nascondevano in quasi ogni costruzione ambigua e in quasi ogni termine im proprio che
adoperavo.
Le idee rimosse possono influenzare la redazione sia di dati empirici, sia di scritti teorici.
Caso 306. — Gli insights egodistonici supplementari, o di cui non si ha chiara coscienza, che fanno
concorrenza ai dati che si vogliono consapevolmente registrare, sono spesso all’ori gine di passaggi oscuri
nelle note di campo. Ogni volta che sono perplesso davanti a una frase oscura nei miei appunti di campo sui
Mohave (che risalgono agli anni 1932-33) scopro sempre che l’oscurita non e dovuta alla fretta, ne allo stile
telegrafico, ne alla mia ancora imperfetta conoscenza dell’in glese a quell’epoca, ma al fatto che mi si stava
raccontando — o che io stavo cogliendo — un solo aspetto di un costume
complesso. Gli altri aspetti — di cui mi rendevo conto al solo livello preconscio — imbrogliavano i miei
appunti cer cando di farvi irruzione.
Caso 307. — Quando correggo la prima stesura di un manoscritto scientifico, cerco deliberatamente di
identificare tutti i passaggi redatti in modo ambiguo, in cui la mancanza di chiarezza e spesso dovuta alla
presenza di qualche idea supplementare rimasta allo stato latente e preconscio. Mi ren do anche conto che la
difficolta, molto rara, inspiegabile e
349
esasperante che provo a volte a esprimermi con chiarezza e quasi sempre dovuta al moto subliminare di
un’altra idea ancora rimossa. Per questa ragione ogni volta che cio mi suc cede, smetto di far battaglia alla
sintassi, e cerco invece di scoprire qual e l’idea rimossa che tenta di irrompere nell’af fermazione
apparentemente « semplice » che voglio coscien temente fare. E in questo modo che ho incontrato alcune
delle mie migliori idee.
Le oscurita, le ambiguita e i lapsus sono di conseguenza dovuti a una resistenza contro certi signficati del
materiale studiato. Si tratta di atti mancati, simili ai lapsus calami la cui analisi permette generalmente di
comprendere alcuni aspet ti misconosciuti e egodistonici dei dati sui cui si lavora.
Selettivita. L ’« etnografia completa », come la « psicoana lisi completa » e piuttosto un ideale che una
possibilita reale. Ogni volta che nuovi ricercatori studiano di nuovo una tribu, scoprono invariabilmente non
soltanto dei tratti non cono sciuti, ma anche nuovi temi, che richiedono a volte importanti riformulazioni del
modello culturale della tribu in questione. Riformulazioni di questo tipo rappresentano spesso, del resto, una
reazione contro le caratterizzazioni anteriori, giudicate troppo semplici e prive di sfumature.
Caso 308. — La caratterizzazione di Benedici (1934) della cultura Kwakiutl come paranoide, superba ma
abbastanza uni laterale, ha provocato una nuova analisi teorica dei dati dispo nibili, e anche un sistematica
ricerca di dati di un tipo nuovo. Cosi Linton (1956) ha osservato che i capi dei Kwakiutl potevano avere un
comportamento megalomane e paranoide soltanto a causa dt\Yestrema buona volonta di gente comune, non
megalomane, e sempre pronta a fornire ai capi i mezzi per le parate ostentatone. Codere (1956) ha dal canto
suo dedicato un intero lavoro all’aspetto gentile della vita quoti
diana del Kwakiutl. Tentativi impliciti di rifocalizzare il quadro fatto dalla Benedici della vita dei Pueblos,
che so pravvaluta i tratti « apollinei » esterni, possono trovarsi nelle
350
molte opere che illustrano, in modo implicito o esplicito, l’aspetto chiassoso, invidioso e piccolo-borghese
della vita dei Pueblos (Simmons 1942; Ellis 1951 ecc.).
La selettivita piu corrente e piu legittima e quella che puo mettersi in relazione all’interesse principale (ma
incon sciamente determinato) dell’etnografo: parentela, cultura ma teriale, leggi, cultura e personalita ecc. Si
puo a volte scoprire un punto di vista molto selettivo anche in monografie che si vogliono dedicate
all’insieme della cultura.
Caso 309. — Lo studio di Meigs (1939) sui Kiliwa dedica venti pagine alla cultura materiale, e solo tredici
all’intero ciclo vitale, compresi i complessi riti funerari, che occupano dieci pagine su tredici (Devereux
1940d).
Altri tipi di selettivita influenzano essenzialmente il modo di utilizzare e interpretare i dati.
Caso 310. — In parte a causa della mia poca stima degli studi atomistici della cultura, e in parte perche
l’etnologia storica si e all’inizio occupata piu di tratti culturali che di modelli, mi sono in un primo tempo
disinteressato dell’inter pretazione dei miei dati in termini storici, il che e molto sor prendente, dato il mio
costante interesse per la storia. Solo dopo che ebbi compreso che l’etnologia storica non aveva nessun
bisogno di essere atomistica (Kroeber 1949) cominciai a interpretare una parte dei miei materiali anche dal
punto di vista storico, ricostruendo per esempio i cambiamenti subiti, negli ultimi cent’anni, dai modelli di
relazione interpersonale
presso i Mohave (Devereux 1965a; Devereux e Forrest, senza data).
La selettivita determinata dal carattere si manifesta in molti modi, molti dei quali non richiedono un esame
detta gliato. Esiste pero un tipo di selettivita cosi strettamente legato al lavoro etnologico che tende a passare
inosservato.
La selettivita esotica ha avvelenato fin dagli inizi qualsiasi lavoro etnologico, e qualsiasi studio di cultura-e-
personalita. La tendenza a registrare soprattutto i modelli e le attivita molto
351
diverse da quelle che hanno corso nella societa dell’etnografo e sempre esistita (Caso 311). Questo «
esotismo » spiega certa mente l’esagerazione sistematica del ruolo dei riti nelle societa primitive (Devereux
1957a) e l’assenza di dati sulla vita quotidiana (7).
Caso 311. — Uno stimato collega mi disse che malgrado un esame accurato del testo non era riuscito a
trovare quasi nessuna informazione sulla vita quotidiana in una delle mono grafie piu celebri, esaustive e
minuziosamente documentate che siano mai state scritte da uno dei puiu grandi etnologi di tutti i tempi.
La deformazione esotica nell’analisi del carattere etnico tende a sottolineare i caratteri distintivi di un gruppo
e a minimizzare il fatto che tutti i tratti del carattere etnico prendono origine nei meccanismi di difesa,
dunque nel sub strato universale di ogni carattere etnico. Ogni carattere parti colare si differenzia dagli altri
solo per il modo specifico di configurare in modello culturale i meccanismi di difesa.
Caso 312. — Credo di essere stato il primo a sottolineare, in modo sistematico (Devereux 195la) la
componente maso chistica del carattere degli Indiani delle Pianure, sempre pronti a impietosirsi su se stessi.
Eppure erano disponibili in lette ratura (Lowie 1935) abbondanti indicazioni sull’autotortura rituale, o sui
discorsi incitanti la tribu alla guerra, fatti con un tono di autocommiserazione quasi hitleriano. Questo mo
dello sopravvive ancora oggi nel comportamento di certi tipi di personalita di alcolisti indiani delle riserve
(La Barre, senza data).
Molte caratterizzazioni delie personalita etniche sono ma dornali essenzialmente perche accentuano
eccessivamente i tratti poco evidenti delia personalita etnica e, parallelamente, minimizzano i tratti che
caratterizzano anche la nostra societa. Non sono sfortunatamente affatto sicuro che questa critica non
riguardi anche la prima caratterizzazione che ho pubbli cato della personalita mohave (Devereux 1939c).
352
La trappola dell’esotismo negli studi di cultura-e-persona- lita si combina a volte — e ne e rafforzata — con
una visione semplicistica della struttura della personalita, che esagera la plasticita dell’essere umano. Di
conseguenza i caratteri psi cologici estremi, o credenze che presuppongono atteggiamenti singolarmente
privi di ambivalenza e psicologicamente del tutto estremistici, ci vengono presentati come « tutta la verita ».
Nessuno si chiede come una posizione psicologica cosi squili brata possa essere indefinitamente mantenuta;
nessun tenta tivo e fatto per scoprire gli atteggiamenti e le credenze com pensatorie, che rendono possibile la
prospettiva « ufficiale », o la finzione sociale, che sono spesso, del resto, molto super ficiali.
Caso 313. — Fino al 1938 tutte le descrizioni delle credenze dei River Yuman presentavano i gemelli come
dei visitatori celesti, onorati e gioiosamente accolti e sistematica- mente privilegiati durante il loro soggiorno
sulla terra. Nes suno, e nemmeno io (Devereux 1935) si chiese come l’uomo comune poteva, per quanto
generoso fosse, accettare senza discutere la subordinazione a vita dei suoi desideri a quelli dei gemelli. Non
si puo dire che fui ricompensato per la mia perspicacia, perche e stato per un immeritato colpo di fortuna che,
nel 1938, ho potuto chiarire questo problema. Nel corso di alcune ricerche sugli statuti sociali, feci una
domanda (« chi e piu considerato, un gemello o un non gemello? ») di cui credevo di conoscere in anticipo la
risposta. Come risposta, mi fu data una dettagliata descrizione di una concezione alternativa, e ampiamente
sviluppata, dei gemelli come reincarnazione maligna di spettri odiosi e rapaci (Caso
18) (Devereux 1941). La mia teoria (1937e) secondo la quale sembra esserci
una sorta di legge di Newton psicologica, per cui «Ad ogni azione (manifesta) corrisponde una reazione
uguale e opposta (generalmente latente) » — e che ogni cultura contiene quindi dei conflitti e delle soluzioni-
tipo, oltre che conflitti e soluzioni
353
secondarie, terziarie, ecc. (8) compensatorie — va ben oltre, dal punto di vista psicologico, della concezione
di Kardiner (1939) delle istituzioni primarie e secondarie. Il rifiuto di prendere in considerazione questo «
rovescio della medaglia » invariabilmente presente e alla base di molte schematizzazioni negli studi di
cultura-e-personalita (Casi 308 e 315)... e anche nel culturalismo neofreudiano.
Le ambiguita e le ambivalenze della cultura studiata for niscono alle reazioni contro-transferenziali radicate
nel carat tere delle occasioni eccezionali per manifestarsi. Per questa ragione la discussione sistematica di
questo punto e indispen sabile malgrado vi abbia gia alluso in molti passaggi prece denti.
Dopo aver molto insistito, del resto legittimamente, sulle interazioni funzionali di tutte le componenti di una
cultura, e dopo aver proposto un gran numero, necessario, di modelli culturali univoci, cominciamo oggi a
comprendere che le cul ture sono meno univoche di quanto sembrino. In effetti, se una cultura sottolinea
manifestamente un tratto X e mini mizza, implicitamente o esplicitamente, il suo opposto (non-X), questa
minimizzazione di non-X costituisce un tratto cultu rale altrettanto importante che la massimizzazione del
tratto X. E anche probabile che certi tratti essenzialmente margi nali, ma culturalmente sovraelaborati o
sovra-attualizzati, sono fondamentalmente una contropartita (« in un gioco di pesi e contrappesi ») a certi
opposti tratti « nucleari » e cultural mente massimizzati (Devereux 195la). Si puo determinare
precisamente la « massa sociale e culturale » (Devereux 1940a) di un dato tratto identificando il numero di
tratti senza rap porto logico con esso, che gli sono artificialmente associati, per stabilire una relazione di co-
dipendenza (Devereux 1957a). Questi modi di procedere da letto di Procuste sono utilizzati sia nel tentativo
di massimizzare un tratto « nucleare », sia nello sforzo di minimizzare o sopprimere certi tratti «mar ginali ».
354
Caso 314. — La cultura degli Indiani delle Pianure, forte mente centrata sul valore virile, contiene procedure
estrema- mente elaborate per reprimere la vigliaccheria (attualizzazione negativa). Sono persino previste
delle nicchie o rifugi per
i vigliacchi, che vengono autorizzati e addirittura incoraggiati a lasciare il gruppo degli uomini, che aspirano
al valore guer riero, per integrarsi come travestiti al gruppo delle donne, cui non si chiede di essere valorose,
ma semplicemente di apprezzare e incoraggiare il valore degli uomini (Devereux
195 la). Questo fenomeno puo essere in parte compreso in ter mini di evoluzione storica (Caso 318). Lo
stesso vale per la bellicosa tribu Mohave: durante le feste che celebrano la vittoria i travestiti di sesso
maschile, definiti come donne, si uniscono alle vecchie per umiliare pubblicamente gli imbo scati, e li
deridono con il soprannome di alyha (« vigliacchi » e «maschi travestiti») (Devereux 1937a). Anche in
questo caso l’umiliazione e l’isolamento sociale del vigliacco servono
di complemento alla valorizzazione sociale dell’eroismo.
Il grado di elaborazione di un tratto culturale non fornisce quindi la misura della sua « centralita »: la
complessita puo in effetti risultare dal tentativo di renderlo la contropartita di un « tratto nucleare »
culturalmente massimizzato. L ’elabo razione di un contratto di questo genere indica soltanto una buona
approssimazione della massa socio-culturale totale dei due tratti coniugati, considerati insieme.
Una buona regola empirica per identificare un «contro tratto » minimizzato (= negativamente massimizzato)
e cer care di sapere se non e massimizzato manifestamente in un’al tra cultura.
Caso 315. — La nostra societa e ufficialmente cinofila, e l’amicizia e una componente nucleare del nostro
sistema di valori. La societa araba e invece ufficialmente cinofoba; il cane vi e considerato come ritualmente
e oggettivamente impuro. Contrasti di questo genere dovrebbero incitarci — ma vi riescono solo di rado — a
cercare i tratti ufficialmente
355
disapprovati, ma fortemente cinofobi, della nostra cultura, e inversamente, i tratti fortemente cinofili della
cultura araba. Una volta posto il problema in questo modo, non e difficile trovare dati in grado di confermare
l’ipotesi: la fobia dei cani e molto diffusa in Occidente, « cane » e « cagna » sono epiteti infamanti e i cani, «
migliori amici dell’uomo », vengono brutalizzati (per esempio nei laboratori: Caso 370) molto piu spesso dei
montoni, economicamente apprezzati ma inca paci di rispondere all’affetto dell’uomo. Inversamente,
l’Arabo fa un’eccezione per lo sloughi (il levriero): non lo considera impuro e a volte include il suo pedigree
nel Corano di famiglia, assieme al proprio e a quello del suo cavallo, che e social mente valorizzato.
Caso 316. - Ufficialmente, le reazioni culturali all’esi stenza dei gemelli sono, in generale, o estremamente
positive o estremamente negative. Quando la reazione manifesta e aper tamente positiva si puo spesso
trovare — come presso i Moha- ve (Caso 313) — un secondo insieme di reazioni in contrad dizione totale
con l’atteggiamento ufficiale (Devereux 1941). La dove la reazione ufficiale e fortemente negativa, si fanno
a volte delle eccezioni per alcuni tipi di gemelli — oppure si sviluppa un atteggiamento opposto nei loro
confronti. E quel che a volte succede quando si tratta di gemelli di discen denza reale (Loeb 1958).
Due modelli simmetrici e opposti sono spesso non soltanto logicamente ma anche affettivamente
incompatibili. Essi rap presentano i due poli di un’ambivalenza personale e/o cultu rale, e devono
rispecchiare una simile ambivalenza. In effetti, non esiste condizionamento culturale che possa trasformare
l’uomo in un essere privo di ambivalenza, e soprattutto e ma terialmente impossibile esigere l’assenza di
ambivalenza a proposito di un tema o di un valore culturali investiti di una carica affettiva. In realta, anche se
l’ambivalenza puo essere re lativamente assente nel caso di tratti culturali ordinari, essa esiste sempre per un
tratto culturale molto investito. L’iperin-
356
vestimento obbligatorio di un atteggiamento verso un dato tratto culturale e del resto un sottoprodotto del
tentativo di negarne l’ambivalenza.
Ogni cultura contiene anche la negazione del proprio modello manifesto e dei suoi valori nucleari, attraverso
una tacita affermazione dei modelli latenti e dei valori marginali contrari. Il vero modello completo di una
cultura e il prodotto di un’interazione funzionale tra i modelli (dotati di massa) ufficialmente affermati e
quelli ufficialmente negati. Questa interazione non puo venire ne analizzata ne compresa nel quadro del
sistema essenzialmente non psicologico della dia lettica hegelo-marxiana, ne in quello del sistema delle istitu
zioni « primarie » e « secondarie » di Kardiner.
La designazione di certi tratti o di certi modelli come « nucleari » o « primari », e dei loro opposti come «
margi nali » o « secondari » e soltanto una (utile) convenzione fon data suH’autodefinizione del gruppo, che
e tendenziosa, o comunque rappresenta soltanto un punto di vista possibile sulla questione.
Caso 317. — E oggi banale affermare che malgrado la propria autodefinizione, la Russia non e ne uno Stato
comu nista, ne uno Stato socialista; eppure l’Ovest continua a considerarla come se lo fosse.
Caso 318. — Si puo sostenere che la societa degli Indiani delle Pianure e essenzialmente focalizzata sulla
vigliaccheria, piuttosto che sul valore guerriero, in parte perche un buon numero di tratti dominanti cercano
di rinforzare la forma zione reattiva contro la paura, in parte perche il modello del valore comprende
elementi nettamente masochistici, e un’eroica commiserazione di se (Devereux 195 la). Questo punto di vista
puo essere confermato da considerazioni di tipo storico. Gli
Cheyenne e gli Arapaho, il cui valore in guerra e proverbiale (Caso 314) sono un tempo fuggiti verso le
Pianure perche erano stati vinti in battaglia dai loro vicini delle Eastern Wood- lands. Analogamente, quasi
tutte le tribu di cavalieri asiatici
357
— con la sola eccezione dei Mongoli — che terrorizzarono l’Europa con il loro incredibile coraggio erano
fuggiti verso l’Europa sospinti da tribu piu potenti, venute dall’Est. In realta, se i Cimmeri, gli Sciti, gli Unni,
gli Avari, gli Ungheresi, i Patzinak e i Comani si fossero battuti in Asia con altrettanta ferocia che in Europa,
non sarebbero stati costretti a lasciare l’Asia. Il valore guerriero di queste tribu in Europa viene forse dal
fatto che compresero che le loro sconfitte in Asia e nella Russia meridionale erano dovute a una relativa man
canza di coraggio e di determinazione. In effetti, ho il sospetto che quasi tutti quei cavalieri divennero dei
saccheggiatori « eroici » per reazione alle loro precedenti sconfitte, subite in un’epoca in cui erano soltanto
piccoli gruppi di cacciatori- raccoglitori privi di adeguata struttura politica, o anche, piu raramente, una sorta
di fanteria vagabonda costituita di con tadini sradicati dalle loro terre. Quel che mi porta a crederlo e il fatto
che gran parte di queste tribu vittoriose di cavalieri aveva un’organizzazione molto rigida, il che indica
un’eccessivo bisogno di disciplina. Del resto queste confederazioni di tribu, una volta battute o private di un
capo aggressivo (e a volte anche le tribu che componevano le federazioni) si disperdevano spesso
rapidamente. Cio spiega perche e oggi quasi impos sibile identificare i contemporanei discendenti di molte
tribu di cavalieri asiatici importanti, e un tempo vittoriose (Homan e Szekfu 1941-43).
La formazione di modelli di contro-tratti e il modo in cui interagiscono con il modello composto di tratti «
ufficiali » e tra loro sono processi piu psicologici che culturali. L’esi stenza stessa di questi modelli
coniugati, e il grado in cui si oppongono l’uno all’altro, sono determinati dalla quantita di affetto che i
membri della cultura hanno imparato a inve stire nel modello ufficiale. L’intensita dell’affetto investito su un
tratto culturale non determina soltanto la posizione di quest’ultimo nella gerarchia dei valori culturali, ma
rappre senta in se un tratto culturale, che a sua volta provoca il
358
processo psicologico di formazione dei contro-tratti, che rea lizzano poi le ambivalenze fondamentali. Un
tratto che non implica, come propria componente fondamentale, un investi mento eccessivo non puo
sollevare opposizioni violente. Un tratto relativamente minore, e non normalmente sovra-inve- stito, puo
diventare problematico solo se e posto in relazione, reale o supposta — e in co-dipendenza artificiale — con
un modello di grande importanza, e investito di una carica af fettiva.
Caso 319. — Bere del koumys (latte fermentato di giu menta) era una pratica banale nella societa ungherese
pagana, senza particolari legami con la religione. Questa usanza divenne un problema fondamentale quando
il clero occiden tale, nel tentativo di cristianizzare l’Ungheria, decise arbitra riamente che rivelava in se
tendenze pagane. L’iperinvesti- mento (negativo) di questa usanza da parte del clero provoco la sua
sopravvalutazione presso gli Ungheresi rimasti pagani.
Il koumys acquisto in questo modo un significato religioso e una carica affettiva sia per i cristiani che per i
pagani, si gnificato e carica che non possedeva affatto al tempo del paganesimo (Homan e Szekfii 1941-43).
Caso 320 — La circoncisione femminile era da sempre un importante rito presso i Kikuyu, anche se non
costituiva, come pretendeva per reazione Yomo Keniatta (1938), il cuore della cultura della tribu quando i
missionari cominciarono a opporvisi (9). Del resto, per resistere alla lotta dei missionari contro questa ed
altre usanze, i Mau-Mau fecero giuramenti del tutto contrari alle leggi, alla religione e all’etica dei Kikuyu.
In questo modo, si esclusero letteralmente dalla so
cieta Kikuyu normale. Sia l’emozione che l’indifferenza — o l’indifferenza si
mulata — possono diventare importanti tratti culturali. L’as senza di espressione degli affetti puo rivoltare
una societa emotiva, l’ostentazione delle emozioni ripugna alle societa che valorizzano la riserva.
359
Caso 321. — Abbiamo gia visto che i Mohave hanno condannato gli antenati dei Bianchi perche non hanno
pianto pubblicamente per la morte di Matavilye (Caso 184). Inver samente, nel romanzo Stalky and Co. di
Kipling, un corpo di volontari per l’addestramento di ufficiali in una public school e cosi disgustato
dall’esibizionismo patriottico di un politicante in visita che decide di sciogliersi.
I conflitti soggettivi possono implicare un iperinvesti- mento idiosincrasico, e persino nevrotico, di un tratto
privo di importanza nella cultura.
Caso 322. — Un amatore degli scacchi, giocatore eccel lente, ma di carattere dominatore e sprezzante,
comincio un’analisi con un certo Dottor Torre. Appena si rese conto che non poteva manipolare l’analista,
divenne incapace di muovere accortamente le torri, e cesso di essere un buon giocatore di scacchi.
Le paia di tratti culturali diametralmente opposti sono quindi il prodotto di iperinvestimenti culturalmente
obbliga tori, e la loro interazione e paragonabile, dal punto di vista dinamico, a quella tra pulsione e
formazione reattiva.
Visto che non possono esistere modelli culturali univoci, qualsiasi caratterizzazione di una cultura che ne
consideri solo un aspetto e dovuta o aH’incapacita dell’etnologo a tollerare il rovescio ansiogeno della
medaglia, o a un suo biso gno compulsivo di ottenere un quadro coerente a qualsiasi costo.
I pregiudizi personali dell’osservatore possono manife starsi in tre modi:
1. l’osservatore puo occuparsi sistematicamente della parte del modello globale che ha per lui una particolare
to nalita affettiva, senza preoccuparsi di sapere se questo seg mento si trova nell’aspetto manifesto o latente
della cultura considerata.
Caso 323. — Fortune sembra aver avuto una particolare affinita con il lato oscuro delle culture. Presso i
Dobu, egli
360
ha soprattutto studiato il lato manifesto (ma oscuro) di quella cultura, e presso gli Omaha l’aspetto latente
(altrettanto oscuro).
Caso 324. — Credo di avere un’affinita particolare per l’aspetto caloroso e umano delle culture. Per questa
ragione presso i Mohave mi sono principalmente interessato del mo dello manifesto, e presso i Sedang al
modello latente della cultura.
2. Alcuni studiosi soddisfano il loro soggettivo bisogno di coerenza (Caso 308) mettendo l’accento sul
modello mani festo a spese di quello latente.
Caso 325. — Se la societa omerica avesse minimizzato la dolcezza nei rapporti umani quanto sembra
credere Adkins (1960), dubito che avrebbe potuto durare per secoli. Il quadro che traccia Finley del mondo
dell’Odissea e molto meno unilaterale. Analogamente, gli studiosi che mettono esclu sivamente l’accento
sull’aspetto « vergogna » di certe culture tendono a dimenticare che il senso di colpa edipico fa parte della
condizione umana.
3. Alcuni psicoanalisti che si interessano, come dilet tanti, all’etnologia sottolineano in modo eccessivo
l’aspetto latente della cultura anche se, come clinici, sanno poi benis simo che non si possono ignorare i
processi coscienti. In effetti, un esclusivo interesse per l’inconscio e molto caratteri stico dei candidati
psicoanalisti senza esperienza, che gli ana listi chiamano a volte, sorridendo, i «detective dell’incon scio ».
Caso 326. — Quando ero ancora un candidato psicoana lista, ho analizzato correttamente una volta il
contenuto latente del sogno di una psicotica indiana, che verteva sulle maniglie delle porte. Non ho pero fatto
abbastanza attenzione al conte nuto manifesto del sogno, che mostrava il presentimento di un nuovo episodio
psicotico, a causa del quale la donna sarebbe stata rinchiusa in una cella con una porta senza maniglia
361
(Devereux 1953c). Fui quindi sorpreso quando la crisi psico tica si verifico.
Non si puo negare che certi studi psicoanalitici di dati et nografici mettono l’accento sul contenuto latente.
Cio non signi fica pero che sia legittimo negare l ’esistenza del contenuto la tente semplicemente perche non
si manifesta esplicitamente nei costumi.
Caso 327. — Posinsky (1956) ha mostrato che Lessa (1956) sembra credere che il complesso di Edipo non
puo esistere che presso tribu in cui le storie di tipo edipico siano raccontate in modo assolutamente esplicito.
Caso 338. - Roheim (1946) ha mostrato che l’ossessione di Kardiner (1939) — « culturalista » e
neofreudiano — per l’aspetto manifesto della cultura lo spinse a sottovalutare, e quasi a negare, 1’esistenza
del complesso di Edipo presso gli abitanti delle Isole Marchesi.
Il vero problema non e tanto riconoscere l’esistenza di modelli doppi — in rapporto di reciproca simmetria e
com pensazione — quanto piuttosto l’analisi accurata della loro interazione.
Caso 329. — Sir James Frazer (1911-15), Gilbert Mur ray (1951) e Jane Harrison (1921, 1922, 1927) hanno
inse gnato agli ellenisti che la cultura serena e razionale della Grecia classica aveva molti aspetti irrazionali,
solo in appa renza problematici. E soltanto grazie all’opera di Dodds, che fece epoca (1951), che abbiamo
potuto comprendere l’esatta relazione e interazione tra la razionalita e l’irrazionalita greca in generale, e, piu
in particolare, tra culti civici serenamente olimpici e riti orfici, o di estasi dionisiaca. Dodds ha dimo strato
che l’irrazionalita e i misteri (rituali) erano componenti fondamentali e indispensabili del paesaggio culturale
greco
e dei processi della storia culturale greca, e fornivano il necessario contrappeso alla razionalita ufficiale.
Grazie ai lavori di Dodds, questi elementi irrazionali, un tempo consi derati anomalie inesplicabili, sono
diventati oggi aspetti-chiave
362
della nostra comprensione della cultura greca, e soprattutto della razionalita greca manifesta.
Se certe tribu non vengono studiate di nuovo da etnologi di orientamento e carattere diverso da chi li ha
preceduti, non sapremo mai se la caratterizzazione tradizionale di una data cultura e composta di enunciati
per esempio sugli alberi o — come nel libro di Fortune sugli Omaha (1923b) — sulle ombre (altrettanto
reali!) che proiettano. La periodica necessita di queste nuove analisi e ben mostrata dalla storia degli studi
greci che, fin dall’epoca ellenistica, sono stati siste maticamente condotti da autori di etnia, carattere e
professione diversa, e quindi da punti di vista necessariamente molto diversi. Nella prospettiva scientifico-
culturale attuale, e pro
babile che molti nuovi temi e tratti potranno essere facilmente scoperti da etnologi capaci di applicare le
tecniche psicoana litiche alla ricerca etnografica sul campo (Devereux 1957a). Cio implica che — malgrado
Kroeber pensi il contrario
(1948a) — l’etnologo psicoanalista e un etnologo autentico. In effetti uno dei concetti che condivide con
l’etnologo « pu rista » e la cultura, e uno dei suoi principali obiettivi e la comprensione della Cultura
(Devereux 1956c). Il fatto di pos sedere Cultura costituisce un aspetto-chiave di tutto cio che e
specificamente umano nella psiche degli uomini, e la psica nalisi resta, per il momento, la sola psicologia il
cui scopo
esclusivo e caratteristico e lo studio di cio che e umano nell’uomo.
24

363
NOTE
(1) Una delle ragioni principali che hanno permesso a Freud di por tare un eccezionale contributo alla comprensione della psiche
normale e stata la sua sistematica utilizzazione dell’anormale per far luce sul normale.
(2) Il fenomeno clinico che ho chiamato « falso non-riconoscimento » ha origini analoghe (Devereux 1951a, 1967c).
(3) Negli ambienti piu avanzati della psicoanalasi si discute oggi di come « combinare » l’analista con un analizzando idoneo.
(4) Naturalmente, Lowie aveva un grande coraggio morale, come mo stra l’onesta senza compromessi delle sue discussioni e delle
sue recensioni di libri.
(5) Il fatto che il primissimo ciclo mestruale e a volte leggermente irre golare non e pertinente in questo contesto. Inoltre, i miei
informatori mohave negarono esplicitamente il ciclo di quaranta giorni (Devereux 1950c).
(6) Quando discussi questa affermazione erronea con lui, Kroeber ac cetto queste interpretazioni. Erano, in un primo tempo, sfuggite
anche alla mia attenzione (Devereux 1935).
(7) Un pregiudizio analogo spiega perche si e scritta la storia princi palmente in termini di monarchi e battaglie.
(8) Un amico comune comunico, nel 1938, il manoscritto a Kardiner.
(9) Gli elementi soggettivi (e probabilmente inconsci) che spinsero Yomo Keniatta a fare di questo problema la « questione chiave »
dei rap porti tra i Kikuyu e i Bianchi non hanno significato storico-culturale, salvo per certi aspetti di cui non ci occupiamo qui.
364
18. - La personalita e il suo ruolo nello studio dei gruppi e degli individui.
Questo capitolo tratta delle reazioni di contro-transfert nei confronti dei gruppi e degli individui. Dovrebbe
esser letto insieme ai Capitoli 11 e 12, che trattano delle deforma zioni provocate dall’ideologia, dal carattere
etnico ecc... e ver tono quindi su temi parzialmente coincidenti. In linea di mas sima, questo capitolo mette
l’accento sulle relazioni rispetto al gruppo portatore di cultura — piuttosto che sulle reazioni
provocate dalla cultura stessa. La tribu. «favorita». La personalita dell’etnografo de
termina in generale la sua predilezione per alcune tribu. Caso 330. — Una fondamentale compatibilita
emozionale spiega la mia predilezione per i Mohave, presso i quali ho scelto di tornare molte volte, mentre
avrei potuto recarmi presso
altre tribu indiane. Reciprocamente, una compatibilita emo zionale complementare spiega probabilmente la
predilezione di Lowie per gli Indiani delle Pianure (Caso 298).
Certe personalita complesse possono interessarsi a due gruppi socialmente e culturalmente molto diversi.
Caso 331. — Nel corso di una buona parte della sua car riera, Kroeber si e interessato in modo piu o meno
equiva lente dei Mohave, che sono di natura accomodante, e agli Yurok, che sono invece estremamente
rigidi. E significativo che egli abbia mandato Roheim, di carattere estroverso e im maginativo, preso gli
Yuman, che somigliano ai Mohave, e il formalista Erikson, costruttore di teorici sistemi, presso gli Yurok.
Eppure questa contraddittoria predilezione di Kroe ber, anche se gli ha permesso di illustrare i temi
dominanti
365
polari di queste due diverse culture, gli ha impedito di osser vare certi aspetti rigidi dei Mohave, e certi
aspetti piu ela stica della cultura Yurok. In realta il solo scritto di Kroeber che contiene osservazioni sul lato
accomodante e caloroso de gli Yurok e stato pubblicato in collaborazione con T.T. Wa- terman (1934), forse
meno personalmente implicato in quella ricerca. Sembra probabile che la predilezione contraddittoria di
Kroeber per queste due tribu antitetiche rifletta la sua preoccupazione per due aspetti contraddittorii della sua
per sonalita.
L'interesse per gruppi diametralmente opposti non e sem pre necessariamente dovuto a doppia
identificazione. Una tribu puo soddisfare il bisogno di identificarsi con — e anche di idealizzare — un
gruppo « diverso » (out-group), mentre un’altra soddisfa i bisogni di proiezione tramite la formazione di una
sorta di contro-ideale culturale, una specie di bete noire (in francese nel testo, n.d.T.) che viene in genere
oppo sta alla tribu preferita.
Caso 332. — La Barre e io stesso siamo ugualmente affa scinati, per quanto in modo diverso, sia dalla
cultura e dalla personalita dei Cinesi, che da quelle degli Indu. Ho personal mente trovato la descrizione dei
Cinesi di La Barre troppo positiva (1946b), lui trova la mia immagine di quel popolo troppo negativa (Caso
297). L’India rappresenta per lui un contro-ideale cosi forte che ho dovuto impiegare tutta la forza di
persuasione di cui sono capace per convincerlo a non pubblicare un articolo che aveva preparato sulla cultura
e la personalita indu. Lui persuaderebbe certamente me di non pubblicare nulla sulla personalita cinese.
Caso 333. — I Mohave sono un popolo cosi gradevole che, prima della mia analisi didattica, non sono mai
riuscito a comprendere in modo adeguato i loro tratti meno seducenti. Non ho invece avuto bisogno di
psicoanalisi per capire gli aspetti gentili dei Sedang, che sono per molti versi sgradevoli,
366
semplicemente perche provo il bisogno soggettivo di tro vare qualcosa di buono in ogni essere umano.
La tribu che costituisce il contro-ideale e raramente l’og- getto principale dell’opera dell’etnologo di
professione. Mol to piu spesso, sono gli amministratori e i missionari a farne l’oggetto principale dei loro
lavori etnografici. In effetti, essi cercano di comprendere una « cultura contro-ideale » al solo scopo di
minarne le fondamenta (Caso 145). Per questa ra gione, alcune delle migliori descrizioni della religione
primi tiva sono state fatte da missionari, il che prova che l’ostilita,
come l’amore, possiede una lucidita, certo parziale, ma auten tica.
Ho pero l’impressione che se un etnologo fosse mandato presso una popolazione per cui non prova simpatia,
le sue rea zioni negative — e il fatto che il suo impegno e contraria mente a quello del missinorio di breve
durata — potrebbe dan neggiare la qualita del suo lavoro — a meno che non si sforzi di scoprire qualche
aspetto attraente del gruppo che e costret to a studiare. Egli interpretera allora la situazione come una sfida
alla sua capacita di amare e sublimare.
Caso 334. — Agli inizi della mia carriera, volevo diven tare uno specialista di culture malesi-polinesiane.
Fui quindi deluso quando fui mandato non in Oceania, ma presso i Moi, e neppure presso i Moi del Sud, ma
presso i Moi del Nord, che non hanno subito l’influenza degli Cham. La scelta della tribu mi era stata
lasciata. Scelsi la tribu guerriera dei Sedang, perche speravo che la loro personalita somigliasse a quella dei
valorosi Mohave, o a quella degli Indiani delle Pianure. Fui di nuovo molto deluso quando scoprii che erano
invece me schini, cattivi e litigiosi. Visto che non c’era altra via d’uscita, decisi di imparare ad amarli
cercando di scoprire il loro lato
attraente, che la loro cultura crudele tendeva a obliterare. Mentre imparavo la lingua e mi adattavo al loro
modo di vivere, scelsi deliberatamente di studiare aspetti affettivamente neutri, come la tecnologia, la
parentela e altri temi del gene
367
re. Mi sono in seguito reso conto del fatto che, in quel primo periodo, ho anche cercato di trovare degli
informatori con cui avere un rapporto umano.
Considerata la natura dei Sedang, questo significava che i miei primi informatori erano culturalmente
devianti, cioe ami chevoli e accomodanti. Cominciai ad amare queste persone devianti, e compresi che anche
loro non erano affatto « a-cul- turali », ma rappresentavano un altro aspetto, altrettanto autentico, per quanto
molto meno manifesto e molto piu uma no, della cultura sedang. Piu tardi scoprii'che molti Sedang odiavano
molte delle loro usanze, e vi si conformavano sol tanto per paura degli Dei cattivi, che avevano imposto ai
Sedang delle regole assurde {plani ploy), al solo scopo di estor cere delle offerte sacrificali a ogni violazione
di quelle intol lerabili leggi. In effetti, anche i Sedang piu tipici e adattati mi hanno detto che odiavano i loro
Dei. Alcuni di loro bal zavano in piedi, e, menando grandi colpi di lancia in aria, gri davano: «Se solo potessi
vedere un Dio, gli conficcherei questa lancia nel ventre » (Devereux 1940c). Questi Sedang tipici mi dissero
anche che il coito premaritale era eticamente
« giusto » per quanto, sfortunatamente, proibito. La mastur bazione e l’omosessualita, sfoghi sessuali
permessi ai celibi, erano invece « ingiusti » (Caso 45). Il senso del bene e del male dei Sedang contrastava
talmente con le regole imposte dai loro Dei che molti « peccatori » venivano puniti a malin cuore, e soltanto
per evitare che gli dei-del-fulmine non li castigassero per non essersi dissociati dal colpevole.
Quando ebbi compreso tutto cio, cominciai a capire quan to la cultura e la personalita Sedang erano
complesse e piene di contraddizioni, e potei farlo molto meglio che se avessi avu to qualche personale
affinita con la loro cattiveria. Da allora, ho potuto lavorare in modo efficace anche con informatori che non
obbedivano ne alle mie norme culturali, ne a quelle dell’etica privata dei Sedang. Imparai a considerare uno
stre gone intrigante e interessato, o un ladro truffatore inveterato
368
prima di tutto come vittime di una situazione culturale che ge nerava uno stress notevole. In generale, i loro
conflitti sog gettivi impedivano loro di adattarsi passivamente a questa situazione, o di rivoltarvisi contro in
modo costruttivo: solo i miei migliori amici Sedang riuscirono a farlo.
Di conseguenza, mi feci tanti amici a Tea Ha che alla mia partenza una buona meta del villaggio era in
lacrime ... e del resto anch’io piangevo.
Quindi, anche se l’etnografo non puo scegliere la tribu che deve studiare, la sua personalita continuera a
operare una selezione specifica. Inoltre, le difficolta iniziali di adattamento possono in fin dei conti fornire
insights che non si sarebbero mai potuti ottenere se l’avversione iniziale non fosse stata vis suta come una
sfida a sviluppare non soltanto un atteggia mento professionale materialmente efficace, ma anche un rap
porto umano positivo.
Il fatto che nel periodo in cui cercavo a tentoni il modo di stabilire degli autentici rapporti umani mi occupai
quasi esclusivamente di argomenti effettivamente neutri indica che l’analisi delle motivazioni che spingono
l’etnologo a diventare uno specialista di cultura materiale o del rapporto tra cultura e personalita e altrettanto
importante che lo studio dei fattori che lo spingono a scegliere una tribu o un’area culturale par ticolari.
In effetti, la vecchia e ancor oggi valida distinzione tra culture « facili » e culture « difficili » rende per certi
versi perfettamente conto del problema. Ci sono, secondo me, an che culture che sfiorano l’incubo: una delle
loro caratteristi che salienti e un particolare tipo di distorsione del corpo umano nelle arti plastiche, e
dell’esperienza umana nel mito. Cio che ci interessa qui non e ovviamente il semplice grado di
deformazione, visto che ogni arte e, per definizione, defor mazione e stilizzazione (Devereux 196le); cio che
conta e il tipo e la qualita della deformazione. I Maori e gli abitanti delle Marchesi deformano e stilizzano la
figura umana quanto
369
certe tribu della Nuova Guinea. Presso i primi, la stilizzazione e pero volta a trasformare l’uomo in qualcosa
di superiore all’umano; in Nuova Guinea molte tribu stilizzano la figura umana rappresentandola come
qualcosa di extra-umano, o di non-umano ... forse perche l’arte figurativa e in questo caso psicologicamente
connessa con il tipo di cannibalismo da essi praticato.
In effetti, ci sono almeno tre tipi di cannibalismo: nel pri mo tipo, raro, il corpo umano e quasi
completamente ridotto al ruolo di « carne da macello »; nel secondo, il cannibali smo e visto come un
sacrificio esaltante; nel terzo e un sacri ficio dedicato specificamente alle « terribili e notturne potenze delle
tenebre ».
Caso 335. — Nelle Baccanti di Euripide, Agave si pre para gioiosamente a divorare ritualmente il suo
Penteo (che « non ha riconosciuto »), e che prende « per errore » per un giovane toro. Le Menadi asiatiche,
invece, che non hanno motivazioni inconsce per non riconoscere Penteo, rispondono con orrore all’invito a
partecipare al banchetto sacrificale. Analogamente, un Windigo algonchino psicotico reagi con orrore, nei
momenti di lucidita, al suo irresistibile desiderio sovrannaturale (cioe quasi rituale) di carne umana, e arrivo
al punto di chiedere di essere ucciso prima di tentare di soddi sfare quel desiderio (Teicher 1960).
Queste osservazioni potranno forse chiarire alcune costa tazioni di Ackernecht (1943) relative all’ignoranza
dei canni bali in materia di anatomia; egli la spiega — credo con ragione — tramite la differenza tra interesse
culinario e inte
resse scientifico per il corpo umano. Un altro fattore potrebbe essere il seguente: considerata l’autopertinenza
di ogni scienza (Capitolo 13) e l’importanza del modello-di-se nella ricerca (Capitoli 14 e 15), il fatto che il
corpo umano sia visto sem plicemente come « carne da macello » potrebbe mettere fine alla sua
autopertinenza come fonte di insight. Se non e perti
370
nente che in funzione di bisogni nutritivi, cio inibisce qual siasi curiosita scientificamente feconda (Devereux
1952c).
Si potrebbe quasi sostenere la stessa cosa riguardo alla deformazione dell’esperienza umana nella mitologia.
Il terri bile mito greco della Casa di Atreo racconta un (orribile) atto cannibalico, e, provocando il terrore,
corrisponde psicologi camente al cannibalismo (cosiddetto) « esaltante ». In fin dei conti pero, come ha
mostrato Aristotele (Poetica, 6, p. 144b, 28f) un mito simile permette una gratificazione catartica (1).
Uorribile atmosfera di certi miti della Nuova Guinea, o anche quella che regna nei romanzi di Amos Tutuola
(1953, 1954), corrisponde invece piu a un atto rituale « da incubo ». Pro voca in noi una violenta sensazione
di ripugnanza, nel senso aristotelico {miaros), che sfiora la nausea. In fondo la diffe renza tra questi due
generi di deformazione e quella che separa il «terribile» dall’« orribile » (o ripugnante). Quest’ultimo non
puo essere aH’origine di una catarsi. E il primo passo in
un incubo che si perpetua e rafforza spontaneamente, in un movimento spiralico discendente.
Chi tiene a mantenere sempre un elegante atteggiamento professionale dira forse che la mia reazione e «
soggettiva » e quindi non realistica. Ma ho gia confutato questa accusa, di mostrando che questo particolare
genere di atteggiamento professionale e una difesa (del resto soggettiva) contro la per cezione della realta
come tale (Capitolo 7). Non posso quindi che esortare simili critici a sviluppare la loro sensibilita, leg gendo
per esempio la Poetica di Aristotele, in modo da diven
tare capaci di empatizzare, in modo autorisonante, con il materiale dell’analisi.
Chiamo riporto (o proiezione retrospettiva) l’influenza, soggettiva o oggettiva, di aspettative e esperienze
anteriormen te vissute con un’altra tribu sull’atteggiamento che si adotta nei confronti della tribu
presentemente studiata.
Caso 336. — La professoressa Mead mi disse che al suo arrivo presso i Manu esclamo (a causa delle
precedenti espe
371
rienze con i Samoani): «Che gente sgradevole». Fortune, che dal canto suo veniva dalla dura conoscenza di
Dobu, disse invece: «Come sono gentili!».
Il riporto e a volte piu profondo, e influenza in modo permanente la personalita dell’etnologo, sia in senso
positivo che negativo.
Caso 337. — Sono consapevole del fatto che la mia ami cizia con i Mohave ha rafforzato in modo
permanente la mia tendenza, culturalmente e soggettivamente determinata, ad apprezzare l’affetto e
l’intimita umana. Inversamente, la mia vita presso i Sedang ha rafforzato la mia avversione di sempre per
l’ubriachezza e la meschinita.
Il riporto non ha necessariamente effetti nocivi. Accresce la capacita di percepire e rende possibile la
scoperta di tratti, sfumature o significati altrimenti trascurati.
Caso 338. — Se si esaminano le credenze e i costumi rela tivi all’aborto in quattrocento tribu (Devereux
1955a), si trova che in solo due societa cio dipende semplicemente dalla decisione della donna. I dati relativi
a queste due tribu ci vengono dai Beaglehole, e sono quindi degni di fiducia. Sembra ragionevole presumere
che, visto che avevano gia trovato questa credenza presso gli Hopi (P. Beaglehole 1935), si misero a cercare
se esisteva anche presso i Pukapuka (E. e P. Beaglehole 1938).
Questa questione, sia detto di passaggio, solleva un certo numero di problemi sulla validita degli studi
fondati sulla distribuzione dei tratti che, in un modo o nell’altro, tengono conto anche di affermazioni
riguardanti l’assenza di un dato tratto. Alcune indicazioni mostrano che, abbastanza spesso, si omette di
rilevare la presenza di un tratto in una data area perche nessuno si aspettava di trovarlo, e quindi nessuno
l’ave va cercato.
Caso 339. — Qualche tempo dopo che Gayton (1935) ebbe stabilito che il motivo di Orfeo era assente dalla
mitolo gia delle tribu Yuman, ho pubblicato un mito orfico mohave
372
(Devereux 1948c), raccolto nel 1932, e ne ho scoperto una altra versione negli appunti inediti di Roheim
sugli Yuman. Caso 340. — Kroeber (1948b) pubblico un mito mohave
che conteneva il tema della strega di Endor, ma affermo che questo tema non aveva nessun altra
ripercussione nella cul tura mohave. Eppure, nel 1950, uno dei miei informatori mi parlo spontaneamente
dell’evocazione dei morti in un contesto culturale completamente diverso (Devereux 196la). In segui to,
Kroeber (1957) pubblico un racconto mohave che riguarda la chiaroveggenza, ma ne concluse, secondo me a
torto, che si trattava di un tratto recentemente adottato, poco integrato nei modello culturale globale dei
Mohave; senza dubbio, non ha pensato al motivo mitico, molto vicino, della strega di Endor, di cui la
chiaroveggenza rituale sembra essere una variante.
A volte si incontra un tratto inatteso, in modo puramente accidentale.
Caso 341. — Nessuno studio etnografico sulle tribu Yu man menziona mai il tema del ponte stretto che i
morti de vono attraversare per raggiungere la dimora degli spettri. Eppure, un racconto dettagliato di questa
credenza mi fu spontaneamente offerto da un informatore mohave degno di fede, nel corso di una
conversazione su temi totalmente diversi. E probabile che gli etnologi, compreso io stesso, non hanno
cercato questo motivo per l’unica ragione che non era mai citato nella letteratura sulle tribu Yuman. Cio
porta a chie dersi quante sono le dottrine culturali importanti non ancora raccolte per la sola ragione che,
visto che non ci si aspetta di trovarle in una data regione, semplicemente non le cerchia mo ... soprattutto se
si utilizzano questionari preparati in pre
cedenza. Il riporto ha a volte effetti secondari apparentemente
nocivi, ma in realta benefici. Caso 342. — I lavori di Fortune sugli abitanti di Dobu
(1932a) e sugli Omaha (1932b) rivelano un suo sistematico
interesse per gli aspetti oscuri — o noiosi — di una cultura (2). Gli etnologi hanno riservato ai due libri
un’accoglienza molto diversa. La cultura di Dobu e « difficile » anche dal solo pun to di vista manifesto: il
libro e stato quindi accettato immedia tamente come un lavoro etnografico esemplare. Inversamente,
l’accento messo da Fortune sul lato lugubre (latente) della cul tura omaha ha in un primo momento provocato
la costerna zione generale, espressa almeno in privato, perche la cultura omaha era fino ad allora considerata
una tipica cultura delle Pianure del Sud, il che e del resto vero. In realta, il lavoro di Fortune sugli Omaha e
di una precisione meticolosa, e costituisce un importante contributo alla comprensione del modello generale
delle culture delle Pianure, proprio perche fa luce su aspetti fino ad allora trascurati.
Ma la novita e l’importanza del lavoro di Fortune sugli Omaha non sono esclusivamente dovute alle sue
notevoli qualita, generalmente riconosciute: sembrano dipendere anche da alcuni fattori di carattere
soggettivo.
Il suo lavoro su Dobu aveva centrato la sua attenzione sul carattere fondamentalmente sinistro di certe
culture. Egli era quindi, per cosi dire, precondizionato alla ricerca del l’aspetto notturno della cultura omaha,
fino a quel momento trascurato. L’elemento contro-transferenziale di questo ripor to e quasi esclusivamente
rivelato dal fatto che mentre For tune era evidentemente consapevole di aver studiato a Dobu l’aspetto
manifesto di quella cultura, non si rendeva invece conto, almeno non nella stessa misura, di aver sottolineato
l’aspetto complementare latente della cultura omaha (Caso
323) ... forse perche il tono affettivo di quel modello latente gli ricordava la cultura di Dobu, ed era inoltre
compatibile con il suo interesse per gli aspetti « duri » della cultura.
Se non disponessimo di studi sugli aspetti manifesti della cultura omaha, la sua monografia
rappresenterebbe, rispetto ai criteri etnologici tradizionali, una « deformazione »; si sa rebbe potuto
addirittura sostenere che essa ci informa piu
374
su Fortune che sugli Omaha. Ma visto che una monografia classica sugli Omaha esisteva gia (Fletcher e La
Flesche 1905-1906) l’opera di Fortune assume il significato di un « correttivo » e dice di piu, in effetti, su un
aspetto trascu rato della cultura Omaha che sulla persona di Fortune. Ci
permette di comprendere che la cultura omaha possiede pro fondita, e forse abissi psicologici prima
insospettati. Lavoro apparentemente « astigmatico » se preso isolatamente, neutra lizza di fatto un altro
genere di « astigmatismo », quello degli studi precedenti sugli Omaha, e ci permette di percepire la cultura di
questa tribu in modo tridimensionale e senza de formazioni.
Naturalmente, non voglio sostenere che Fortune abbia de liberatamente concepito il progetto di correggere
l’impressione creata dalle monografie esistenti sugli Omaha, anche se questo e certamente il risultato finale
del suo lavoro. Ci si puo pero chiedere se, senza questa prima correzione, Codere (1956) si sarebbe
consapevolmente messo a rivedere la caratterizzazione fatta dalla Benedici (1934), brillante ma un po’ «
astigmatica »,
del temperamento della societa Kwuakiutl. Ricerche « corret- trici » di questo genere sono oggi diventate
correnti.
Il fecondo contributo di Fortune all’inaugurazione di que sta nuova pratica non dovrebbe venir dimenticato,
per quanto grande (o piccola) sia stata l’influenza esercitata su questa iniziativa dalla sua personale
inclinazione per l’aspetto not turno delle culture.
In effetti, l’etnologia ha il merito di aver reagito rapida mente, e in modo costruttivo, a questo stimolo: un
confronto con quel che si e verificato negli studi greci puo dimostrarlo. Malgrado un’erudizione e una
ricchezza di idee universalmente riconosciute, Lobeck (1829) non riusci realmente a capovol gere la serena
immagine della Grecia che era cara all’imma ginazione degli ellenisti. Molto tempo dovette passare prima
che diventasse evidente che la luce cristallina della Grecia non illuminava certi aspetti oscuri della civilta
ellenica. La
375
« Classica Notte di Valpurga » di Goethe (nel Faust) e in fin dei conti molto piu « classica » (alla
Winckelmann) che not turna (« Walpurgis »). Il grande libro di Rohde (Psyche 1893) ha certamente infranto
il cristallo, ma non ha potuto disin tegrarlo. La luce — quella della scienza e non quella, prover biale, del
cielo greco — non ha potuto realmente penetrare gli aspetti oscuri prima che un gruppo di ellenisti britannici,
soprattutto Frazer (1911-1915) e Harrison (1921, 1922, 1927), seguiti poi da Murray (1951) (3), non
applicassero sistema ticamente le scoperte e le teorie dell’etnologia ai problemi della Grecia. La prima
analisi, e la sola sistematica, non sol tanto del lato notturno della cultura greca, ma anche della relazione di
questo aspetto con la serenita greca — punto di capitale importanza! — e stata pubblicata esattamente
centoventidue anni dopo YAglaophamus di Lobeck. E l’opera, che ha fatto epoca, di Dodds, I Greci e
l’Irrazionale (1951), che costrinse, quasi da sola, gli ellenisti a prendere atto delle scoperte della psicoanalisi.
L’analisi della relazione tra lato manifesto e aspetto laten te delle culture e infinitamente piu importante della
presen tazione separata dei due aspetti. In effetti non e tanto il rifiuto di tener conto del « rovescio della
medaglia » a costituire una notevole fonte di deformazione negli studi sul rapporto tra cultura e personalita,
ma piuttosto la mancata definizione del rapporto che i due aspetti intrattengono. Questa omissione ha portato
sia a caratterizzazioni parziali e univoche del modello culturale, e della personalita etnica, sia a
interpretazioni trop po bipolarizzate. E in effetti legittimo, ma anche insufficiente,
affermare, come fanno certi psicoanalisti, che il tratto umano fondamentale e il conflitto. Questa concezione
nasconde pero una verita ancora piu importante: la vita umana non e con flitto, ma tentativo, a volte
perfettamente riuscito, di risolvere il conflitto.
Questo sarebbe parso evidente a Freud, che si interessava alla vita reale di persone reali, e sapeva che le «
istanze psi-
376
chiche » o i fantasmi, sono entita puramente psichiche, che si danno soltanto nella psiche di persone reali.
Freud era troppo avvertito per cadere nella trappola della concretizzazione mal- posta. Tutto cio sembra
molto meno chiaro ad alcuni « disce poli » che, con la sapienza superiore (?) degli epigoni trovano piu
ameno costruire modelli astratti che studiare gli esseri umani. Uno psicoanalista serio dovra ben presto
imitare quel sobrio etnologo che e stato Hallowell, e dichiarare a proposito dei suoi colleghi: «
Semplicemente, non si interessano molto della gente in carne e ossa ». Questa tendenza non e certa mente
prossima ad esaurimento, e potra venire capovolta sol tanto quanto tutti gli psicoanalisti avranno imparato a
distin guere tra teoria e filosofia. Solo la teoria ci permette di parlare della realta. La seconda puo soltanto
dirci se il linguaggio che parliamo e o no conforme alla grammatica: non puo metterci
in grado di decidere se cio che diciamo e o no provvisto di senso rispetto ai fatti. Gli accorgimenti e gli
artifici speri mentali impoveriscono piu l’osservatore che i soggetti ani mali: analogamente, la filosofia
impoverisce il pensiero teo rico quando viene impiegata a fini diversi da quello di control lare la «
correttezza grammaticale » degli enunciati teorici.
Come l’uso simultaneo di due lenti astigmatiche, le cui deformazioni si compensano reciprocamente,
garantisce l’as senza di deformazioni, cosi e possibile acquisire molti insights tramite una reciproca taratura
dei dati ottenuti da persone diverse, con mezzi diversi o in funzione di diversi quadri teorici di riferimento.
Non credo necessario sviluppare qui questo punto: una discussione completa ne sara data al capitolo 20.
Vorrei sotto- lineare soltanto che e pigrizia aspettare che si verifichi un imprevisto, come la monografia di
Fortune sugli Omaha, che letteralmente ci costringa a cambiare i nostri metodi di spie gazione, e persino di
ricerca (4).
Un’anticipata valutazione del riporto probabile permette a volte di scegliere delle tribu opposte in modo da
poter stu
377
diare la gamma di variazioni di un tratto, di un modello o di un comportamento.
Caso 343. — Mead (1949b) ha studiato le variazioni cul turali della concezione del « maschile » e del «
femminile » lavorando presso tre societa: gli Arapesh, i Mundugumor e i Tchambuli, che definiscono
ciascuna in modo diverso i con cetti di « maschile » e « femminile ».
Una particolare forma di riporto non si fonda tanto su esperienze anteriori, ma piuttosto su delle aspettative, a
volte infondate.
Caso 344. — Durante la mia prima formazione di etno logo, mi ero dedicato esclusivamente allo studio
dell’Indonesia e dell’Oceania: l’Indiano nord-americano « tipico » era quin di per me il cavaliere, cacciatore
di bisonti, delle Pianure. La mia prima esperienza di lavoro sul campo ebbe sfortu natamente luogo presso gli
Hopi, per i quali (come del resto Lowie) avevo cosi poca simpatia che mi riusciva difficile considerarli come
dei « veri » Indiani ( = Indiani delle Pia nure). Percio, quando mi chiesero in seguito di andare presso i
Mohave, di cui non sapevo nulla, se non che, come gli Hopi, erano agricoltori e fanti, ne fui abbastanza
scontento. Mi aspettavo che somigliassero agli Hopi. La mia disposizione negativa era probabilmente
rafforzata dalle mie origini unghe resi. Gli Ungheresi affermano cosi tenacemente che « i cavalli fanno
l’uomo » che la parola gyalog (« a piedi ») ha anche il senso peggiorativo di « infame » e « degno di
disprezzo ». Misi quindi qualche giorno a rendermi conto che, anche se
combattevano a piedi, i Mohave erano tutt’altro che gyalog nel senso metaforico del termine.
L’effetto di rimbalzo: malgrado l’utilita, riconosciuta fin dall’Antichita, dell’assunzione delle culture
straniere come mo dello di riferimento per giudicare e calibrare la propria cultura, queste possono anche
nutrire i pregiudizi personali dello scienziato.
378
Caso 345. — Malgrado il suo amore per Atene, e le lodi che ha dedicato alla democrazia, Erodoto, con la
tradizionale simpatia del Dorico per la monarchia, idealizzo leggermente Ciro e Dario. Egli fu del resto
incapace di dissimulare, mal grado la sua devozione alla causa della liberta greca, una certa ammirazione per
Artemisia, regina di Alicarnasso, la sua citta natale, anche se quest’ultima, come vassallo di Serse, aveva
personalmente e valorosamente comandato un impor tante contingente della flotta persiana, che tentava di
conqui stare la Grecia. Come discepolo deirantidemocratico Socrate, e anche come cittadino della vinta
Atene, Senofonte fece, nella Ciropedia, un ritratto molto idealizzato di Ciro il Grande, e, nell’Anabasi, fece
altrettanto per Ciro il Giovane. Egli non vedeva del resto altra soluzione che un’alleanza con la monar chica
e aristocratica Sparta (Caso 141). Tacito misuro la decadenza della, sua patria in funzione di una immagine
(idea lizzata) della « Germania » tribale. L ’idealizzazione rousseau- viana (1755) dell’« uomo naturale »
coincide storicamente con l’espansione coloniale francese. In ognuno di questi esempi l’idealizzazione del
nemico, o, nel caso di Rousseau, della vittima, del proprio popolo e utilizzata per criticare la propria cultura.
Due effetti di rimbalzo completamente diversi producono a volte una stessa deformazione (Caso 133).
Una « deformazione da rimbalzo » molto comune proviene dal desiderio di piacere ai propri lettori. Questo
effetto e parti colarmente marcato quando riguarda dilettanti amanti del sensazionale, o anche autori
politicamente impegnati, e cio anche se i dati su cui si fondano sono essenzialmente esatti.
Caso 346. — Kroeber (1925a, 195lb) ha mostrato come Stratton (1857), nell’intento di fornire una
descrizione a forti tinte di quella cultura, e riuscito a deformare il senso impli cito della cattivita delle ragazze
Oatman presso i Mohave. Eppure, lo stesso Kroeber sottolinea a ragione che, lette con
379
25

occhio critico, alcune parti del libro di Stratton sono abba stanza utili allo studioso di culutra Mohave.
Purtroppo anche gli scienziati non sono sempre insensibili alla tentazione di cedere, per gusto del successo
mondano, alla « nuova lingua » di orwelliana memoria (Orwell 1949).
Caso 347. — Non ho mai potuto capire se uno studioso del comportamento, di cui ho attentamente seguito il
lavoro per quasi ventanni, era o no favorevole al punto di vista psi coanalitico, e penso che neanche lui lo
sapesse.
Un effetto di rimbalzo voluto puo, a volte, essere ottenuto, senza deformazione dei dati, semplicemente
scegliendo un certo mezzo di pubblicazione delle ricerche.
Caso 348. — Contando sulla notoria mancanza di humour della Germania nazista, decisi una volta di
pubblicare in una rivista tedesca un articolo sulle idee Mohave a proposito della purezza razziale, idee che
costituiscono praticamente una caricatura delle concezioni hitleriane. Il mio manoscritto fu accettato a giro di
posta: fu la risposta favorevole piu rapida che abbia mai ricevuto (Devereux 1937d).
E appena il caso di precisare che, in mano a uno studioso meno abile e/o onesto che M. Mead per esempio
(Caso 283), l’utilita evidente di certi dati sulle societa primitive per giudi care la nostra societa puo portare
facilmente a una deforma zione dei materiali, o a una formulazione scorretta della loro rilevanza per la nostra
cultura.
Il « Noi » e il « Loro ». La capacita o la disposizione degli etnologi a sviluppare riguardo ai gruppi sociali
che analizzano il senso del « Noi » (che va distinto da quello del « Loro ») puo notevolmente variare. Lo
stesso etnografo puo provare verso una data tribu un senso di appartenenza e di solidarieta (« Noi »), e un
senso di esteriorita (« Loro ») nei riguardi di un’altra cultura. Entrambi gli atteggiamenti sono determinati dal
contro-transfert e influenzano i risultati, anche se, a livello conscio, il ricercatore cerca di assumere la
posizione dell’osser
380
vatore partecipante che, in teoria, dovrebbe situarsi a uguale distanza dal « Noi » e dal « Loro ».
Caso 349. — Il colonnello John Masters, nelle sue deli ziose memorie (1956), racconta un curioso episodio,
che risale all’epoca in cui era ufficiale alla frontiera nord-occiden tale dell’India. Una colonna dell’esercito
britannico obbligo un giorno un gruppo di briganti pathan a combattere. Il Com missario Politico (Politicai
A geni) del Governo britannico van to allora il valore dei «Nostri», che si trovarono ad essere proprio quei
Pathan alla cui analisi e comprensione il Com missario doveva dedicare la propria vita. Il colonnello Mas
ters sottolinea a ragione che questa manifestazione del senso del « Noi » del Commissario rispetto ai « suoi »
Pathan, per
quanto priva di tatto in quella situazione, fu la miglior prova dell’efficacia e dell’utilita di quel funzionario.
Al contrario del senso del «Noi», il senso del « Loro » puo in generale venire empiricamente verificato.
Basta infatti decidere se una certa persona appartenente ad un gruppo e stimata esclusivamente in quanto
individuo, o se nella valu tazione entra in gioco anche la sua affiliazione tribale. Sara anche utile chiedersi se
l’informatore amico e considerato co me un tipico appartenente alla tribu, o come un marginale.
Caso 350. — Sono stato formalmente adottato da una famiglia sedang di Tea Ha (Caso 420). In
quell’occasione, mi fu chiesto di bere dell’acqua dal canale d’irrigazione che apparteneva al villaggio (il che
significava che ero, non sol tanto de facto, ma anche de iure, membro del villaggio). I Sedang localizzarono
la mia anima famigliare in una data casa collettiva (Caso 24), e potei persino compiere un certo numero di
riti a nome dell’intera comunita (Caso 59). Eppure, presso i Mohave, non sono stato adottato ne da una
famiglia,
ne dalla tribu, anche se gli Indiani mi dicevano spesso che io non ero « veramente » un Bianco, ma un
Mohave. Cio nondimeno, penso « Noi » quando parlo dei Mohave — i quali mi ricambiano pienamente — e
« Loro » quando parlo
381
dei Sedang. Inoltre, considero i miei migliori amici Sedang esclusivamente come degli individui, e i miei
migliori amici mohave come « X il Mohave », « Y il Mohave », e conservo la sensazione che i primi sono
Sedang atipici, e i secondi Mohave tipici.
Un’altra buona regola empirica consiste nel verificare in quale misura le grandi imprese d’una data societa vi
fanno
« battere il cuore piu in fretta ». Caso 351. — La resistenza, estremamente coraggiosa, di
un pugno di Yuman e Mohave contro un esercito molto piu numeroso di Maricopa e di Pima (Kroeber
1925b), o quella degli Ateniesi a Maratona, mi emoziona quanto una vecchia ballata ungherese sull’ultima
battaglia di Verbulcsu. Ammiro invece in modo puramente intellettuale, come si ammira una tattica abile, sia
l’ingegno stupefacente dimostrato dai Sedang nel difendere Tea Ha, sia la difesa spartana delle Termopili,
che suscita in me soltanto la reazione: «Non sapevano fare altro! ».
Caso 352. — Quando Lowie fece visita a una collega alla fine del 1956, la conversazione cadde
inevitabilmente sulla campagna del Sinai. Mentre lasciava l’ufficio della collega, Lowie disse: « Dobbiamo
aiutare Israele: e il baluardo orien tale della nostra civilta. Certo, io rispetto anche la civilta araba (pausa) ...
ma la campagna di Israele mi ricorda tal mente una spedizione guerriera degli Indiani Crow! ».
Una reazione caratteristica del senso del « Noi », comple mentare a quella menzionata, e la tendenza a
sentirsi perso nalmente umiliati e avviliti dalla scelleratezza del gruppo cui si sente di appartenere.
Caso 353. — Anche se l’attacco a tradimento di Pearl Harbor fu perpetrato dai Giapponesi, molti Americani
odia rono ancora di piu i Tedeschi, probabilmente perche erano tal mente piu vicini agli Americani che i loro
abominii sembra vano avvilire l’intera civilta occidentale.
382
Caso 354. — Non ho mai provato vergogna di fronte al comportamento ignobile di un Sedang, ma quando
ho saputo che, ai nostri giorni, si e sviluppata una forte delinquenza giovanile nella riserva mohave, mi sono
letteralmente sentito personalmente umiliato del fatto che alcuni membri della
« mia » tribu siano caduti cosi in basso. Un altro modo di misurare il senso del « Noi » che si
prova rispetto a una societa e valutare fino a che punto il proprio inconscio si accorda con l’inconscio (e in
particolare con 1’« inconscio etnico ») (5) della tribu studiata, e fino a che punto questo accordo e
riconosciuto dagli stessi informatori. Nell’utilizzare questo test bisogna accuratamente distinguere tra
osservazioni spontanee, che sono degli autentici prodotti dell’inconscio, e osservazioni che si radicano in
processi di pensiero preconscio.
Caso 355. - Quando un Mohave mi disse che le anime dei morti si espongono, nel passare lo stretto ponte
che le con duce al regno dei morti, a un attacco osceno, mi lasciai spon taneamente sfuggire un commento
piuttosto indelicato su quello che io avrei fatto in una situazione del genere. Questa battuta, che sgorgava
spontaneamente dal mio inconscio, fu accolta da grandi scoppi di risa e provoco la seguente rispo sta: « E
proprio quel che dicono i nostri giovani! ». Il paral lelismo proveniva da fondamentali somiglianze tra il mio
in coscio e quello dei Mohave, e costituiva di conseguenza un
segno del mio senso del « Noi » rispetto a loro, e recipro camente.
Caso 356. - Quando mi trovai ad essere testimone per la prima volta di una complicata cerimonia sedang,
chiesi im pulsivamente: « Perche era X, invece di Y , che batteva il tamburo? ». Immediatamente, il rito fu
interrotto. Era stato commesso un errore e gli anziani cominciarono immediata mente a discutere sui modi di
ripararvi senza dover ripren
dere dall’inizio quella costosa cerimonia. In realta, contra riamente alla mia battuta mohave, la mia domanda
sul tam-
383
buro non emanava dall’inconscio. Era, piu semplicemente, il risultato di una elaborazione combinatoria
precosciente, che non implicava nulla di piu che una comprensione intuitiva del modello fondamentale dei
riti sedang: non rifletteva dun que affatto un senso del « Noi ».
Caso 357. - Un giorno, due miei amici Moi si abbandona vano a scherzi osceni, piu o meno simili ai dozens
dei Neri americani (Dollard 1939). Dopo averli ascoltati per un po’, feci a mia volta una battuta: gli scherzi
cessarono immediata mente, probabilmente perche un materiale, inconscio (stra niero) inammissibile era
stato introdotto nello scherzo. Inver samente, ho sempre potuto intervenire in una conversazione mohave,
senza turbarla.
Un test psicologicamente simile al precedente consiste nello stabilire se, in una data tribu, si comprendono
molto piu rapidamente i sogni di amici personali, o quelli di occasio nali informatori.
Caso 358. - Presso i Sedang, potevo letteralmente com prendere i sogni di una sola persona — un caro amico
— e ne coglievo il senso generale nel momento stesso in cui me li raccontava. Era come se leggessi un testo
sedang in tra duzione interlineare (interpretativa). Per quanto riguarda i sogni di gran parte degli altri Sedang,
non potevo compren derli che dopo aver analizzato separatamente ogni elemento, e averlo riferito alla
struttura d’insieme del sogno. Sono sicu ro che anche oggi sarebbe lo stesso, anche se, nel frattempo, sono
diventato psicoanalista. A partire dal 1932-33, invece
(cioe molto tempo prima di aver acquisito una qualsiasi cono scenza della psicoanalisi) potevo cogliere
immediatamente il senso di qualunque sogno mohave, compresi quelli di per sone che non conoscevo
personalmente, e che mi erano riferiti da informatori (6).
A volte, un autentico senso del « Noi » verso una tribu permette di comprendere anche i sogni di tribu affini.
384
Caso 359. - Poco dopo il mio primo soggiorno presso i Mohave, lessi alcuni sogni yuman, raccolti da
Roheim (1932), e li compresi altrettanto facilmente che i sogni mohave.
Caso 360. - Nel 1935 dovetti, durante l’esame scritto pre liminare per il dottorato, analizzare da un punto di
vista psico culturale un insieme di sogni walapai (Kroeber 1935). In quel l’epoca non sapevo nulla dei
Walapai e non avevo preso cono scenza di quei sogni prima dell’esame; inoltre avevo soltanto quattro ore a
mia disposizione. Eppure, potei determinare l’analisi in una sola ora. L’analisi di un gruppo di sogni sedang,
presi dai miei appunti, e sognati da persone conosciute mi avrebbe richiesto, ne sono sicuro, almeno una
mezza giornata.
Si ha a volte un senso empatico del « Noi », anche rispet to a societa che non si sono studiate personalmente.
Caso 361. - Come mostra la mia psicoterapia di un In diano delle Pianure nevrotico (Devereux 195la),
compresi fin dall’inizio il senso generale dei suoi sogni. Eppure, non avevo fino a quel momento mai
incontrato un Indiano « Wolf », e conoscevo meno la letteratura sugli Indiani Wolf che quella sui Crow o gli
Cheyennes. La mia capacita di pormi, fin dal l’inizio, sulla stessa lunghezza d’onda del paziente era dovuta,
in particolare, al fatto che, come molti Occidentali, provo simpatia per il modello culturale di base degli
Indiani delle Pianure.
La comprensione intuitiva dell’etichetta di un gruppo non e sempre il risultato di somiglianze tra la nostra
cultura e quella della tribu studiata. In realta, e spesso piu difficile adattarsi spontaneamente a una cultura
abbastanza, ma non completamente, affine alla propria che a una cultura total mente diversa. Nel primo caso,
infatti, si suppone di com prendere automaticamente gli « stimoli sociali » cui si e sotto posti; nel secondo
caso, invece, si e consapevoli di non com
prenderli. Caso 362. - Uno psichiatra britannico mi racconto che
gli era stato piu facile adattarsi in India che negli Stati Uniti: 385
le differenze tra la cultura indu e quella britannica erano evidenti, mentre le somiglianze tra cultura
americana e cul tura inglese colgono in inganno.
Caso 363. - Poco dopo il mio arrivo in America, fui invi tato a far visita a una famiglia. Conformemente agli
usi euro pei, arrivai verso le cinque del pomeriggio, aspettando — in vano — che il te venisse servito. Alla
fine, verso le sei, sentii che in cucina stavano maneggiando dei piatti e credetti che avrei avuto una tazza di
te. Invece, mi fu chiesto di restare a cena. Accettai l’invito, sempre continuando a chiedermi a che ora
avrebbe servito il te, e pensando che, naturalmente, l’ora della cena era verso le otto. Fui quindi abbastanza
sor preso di vedere che la cena era in tavola. Qualche giorno piu tardi, fui mortificato di apprendere che i
miei ospiti si erano sentiti obbligati a invitarmi a cena perche mi ero pre sentato cosi tardi nel pomeriggio.
Presso i Mohave, non ho invece mai commesso una gaffe grave, e soltanto una presso i Sedang (Caso 364),
perche non ho mai creduto di capire automaticamente gli stimoli convenzionali di questi sistemi
« esotici » di etichetta, e mi sono quindi sforzato di chiedere sempre consiglio prima.
La natura di un faux pas (in francese nel testo, n.d.T.) sociale in un dato ambiente culturale indica anche se si
sta operando in termini di « Noi » o di « Loro ».
Caso 364. - Un giorno il mio padre adottivo Sedang, Mbrao, mi rimprovero il mio comportamento «
sconveniente » verso le mogli dei suoi figli. Quando protestai che mi ero sem pre mostrato rispettoso e
servizievole, replico: «Ma e pro prio di questo che si lamentano! Con loro hai un rapporto di parentela-di-
scherzo ». Una volta compresa la natura del mio comportamento « offensivo », me ne scusai, promisi di ripa
rare, e chiesi a Mbrao di insegnarmi il modo conveniente di prendere in giro le mie cognate. Non mi e invece
mai succes so di chiedere a chicchessia come dovevo scherzare con i Mohave: ho saputo d’istinto, fin dal
principio, che il mio
386
inconscio e il loro parlavano la stessa lingua (Caso 355). In breve, il mio faux pas in America (Caso 363) era
dovuto alla mia spontanea supposizione, del resto infondata, che i costumi americani e europei fossero
identici, mentre runico faux pas che ho commesso presso i Sedang era dovuto
al fatto che mi ero comportato conformemente a certe idee preconcette sulla « natura umana » senza aver
prima studiato il modo in cui la cultura sedang esprime questo particolare aspetto della natura umana. Questa
analisi delle reazioni del tipo «Noi » e del tipo «Loro » non e esaustiva, ma basta a illustrarne alcuni aspetti
principali.
Fondamentalmente, il senso di comunita (« Noi ») nei riguardi di tutta l’umanita presuppone:
1. il senso di una partecipazione totale — senza riserve ne privilegi — alla condizione umana. Molti
importanti tratti comportamentali che si riferiscono al « Noi » e al « Loro » rispetto alla razza e al sesso sono
discussi nei Capitoli 14 e 15;
2. un senso dell’essenziale uniformita della psicologia di tutti gli uomini. Il solo sistema psicologico che
poggia su queste basi e la psicoanalisi. Esempi di questo tipo di senso del « Noi » si trovano un po’
dappertutto in questo lavoro, e saranno esaminati in dettaglio nel prossimo capitolo;
3. la capacita di considerare qualunque sistema cultu rale semplicemente come un campione di un fenomeno
gene ricamente e caratteristicamente umano: la Cultura per se (7).
Caso 365. - La filologia classica e una delle rare scienze del comportamento che, con rare eccezioni (Dodds
1951, 1965) ha neH’insieme resistito all’influenza della psicologia
scientifica, e in particolare della psicoanalisi, e, dopo un bre ve flirt con l’opera di Frazer, anche all’influenza
dell’etnolo gia. La ragione che si invoca per giustificare questo atteggia mento (Wilamovitz-Moellendorf
1955, 1959) e che i Greci devono essere compresi in termini esclusivamente greci.
A prima vista, questa concezione di Wilamovitz e con forme ai principi dell’etnologia moderna. Purtroppo
— esat
387
tamente come le idee di certi etnologi di vecchio stampo — non tiene conto del fatto fondamentale che, a un
livello piu profondo, Euripide ha potuto essere un Ateniese soltanto perche era prima di tutto un uomo, e che
la cultura ateniese non e stata altro che un esempio, altamente riuscito, della Cultura in generale. Il montone
non puo essere ateniese; i formicai, i calcolatori e le idee platoniche non possono pro durre civilta.
-■ Il senso del « Noi », cosi raramente realizzato nella pra tica, puo essere raffinato da un senso temperato
del « Loro », che permette al ricercatore di scoprire differenze tra gruppi, individui, modelli culturali della
personalita etnica diversi tra loro. L’oggetto dello studio del comportamento e perfetta mente riassunto, e
precisamente su questo tema, dalla defini zione che Poincare ha dato della scienza (1931): ricerca della
somiglianza nelle differenze, e delle differenze nelle somi glianze.
Il senso del « Noi » e quello del « Loro » rappresentano entrambi reazioni di tipo contro-transferenziale, i cui
effetti — a volte nocivi e deformanti — possono essere ridotti al minimo tramite un accurato esame delle
nostre reazioni, in termini di « Noi » o di « Loro », rispetto a una tribu.
Cio potra permetterci di operare un’abile fusione dei due atteggiamenti (e non soltanto una periodica
oscillazione tra i due) in modo da mettere in rilievo sia le differenze che le analogie tra il gruppo studiato e il
ricercatore che lo studia.
388
NOTE
(1) Tiestc vomito quando gli dissero cosa aveva mangiato (Eschilo, Agamennone, 1598 sgg.).
(2) Noteremo in modo particolare la sua spiegazione, nella prefazione alla sua monografia sugli Omaha, del modo in cui la miseria
economica e sociale di questa tribu accrebbe l’efficacia del suo lavoro sul campo.
(3) Prime edizioni, per Franzer: 1890; per Harrison: 1903 ( Prole gomeni), 1912 (Temis), 1921 (Epilegomeni); per Murray: 1912.
Visto che non sto scrivendo una storia degli studi greci, posso citare solo di sfuggita altri « eroi culturali » di questo importante
movimento come A.B. Cook, F. M. Comford, A. Lang ecc.
(4) Una analogia potrebbe essere utile. Per tutto il tempo in cui fun ziona un commutatore elettrico, i fenomeni risultanti dalla sua
manipola zione esigono spiegazioni dipendenti daH’elettricita. Quando il commutatore si rompe, il fenomeno esige una spiegazione
di tipo meccanico.
(5) L’inconscio etnico contiene tutto cio che si insegna sistematica- mente a rimuovere ai membri di un gruppo dato. Questo
inconscio non ha nulla a che fare con 1’« inconscio razziale » di Jung (Devereux 1956c).
(6) Analogamente, lo psicoanalista comprende abbastanza facilmente i sogni di certi pazienti, mentre fa molta fatica per capire i
sogni di altri. (7) Questa e una prova supplementare della mia tesi secondo la quale chi si dedica allo studio dei rapporti tra cultura e
personalita, come del- l’etnopsichiatria, e un etnologo nel senso piu stretto (cioe kroeberiano) del termine. Egli si occupa prima di
tutto della Cultura per se: senza questo
concetto, non puo operare affatto (Devereux 1956c).

19. - Il contro-transfert provocato: teoria del ruolo comple mentare.


Piu importanti ancora dei determinanti transferenziali intro dotti dall’analista del comportamento nella
situazione di osser vazione sono le reazioni che i soggetti gli impongono insidio samente, e che egli realizza
poi inconsciamente seguendo la struttura della propria personalita. Proprio perche il ricerca tore pretende di
possedere uno spirito capace di regolarsi e sorvegliarsi, anche quando opera come osservatore parteci pante,
egli puo non rendersi conto della tendenza dei soggetti a costringerlo ad adattarsi al letto di Procuste di uno
statuto imposto, scelto conformemente ai loro bisogni. Se l’osservatore partecipante crede a questo punto di
essere in dovere di accet tare un simile ruolo, trovera senz’altro nella realta una scusa plausibile per non
dover analizzare le soddisfazioni inconsce
che trae da questa scelta: egli assumera di conseguenza quello che H. Deutsch ha chiamato un « ruolo
complementare » (1926).
La brillante definizione di H. Deutsch riguarda soltanto la realizzazione di un ruolo complementare
nevrotico, che im plica una reazione nevrotica di un « soggetto rispondente » Crespondent) a una « domanda
» {demandi) autentica, anche se nevrotica, da parte di un « soggetto scatenante » {elicitor). Si puo pero
estenderla anche a coloro che assumono un ruolo complementare in modo autistico e persino psicotico, nel
quale
il rispondente interpreta i segni in cui si esprime la domanda in modo totalmente dereale, o addirittura nega
che una doman da valida sia stata, o possa mai essere formulata. In questo ultimo caso, il soggetto realizza
un ruolo complementare,
391
reagendo a una fittizia « assenza di domanda » che, esatta mente come una domanda mal compresa, puo
provocare un comportamento dereale (1).
Il ruolo complementare non e sempre necessariamente distruttivo, e neppure fondamentalmente nevrotico.
Puo suc cedere che fornisca semplicemente delle soddisfazioni incon sce, che sfuggono alla coscienza
(insight) dell’osservatore. Il modo migliore per mettere in evidenza sia queste soddisfa zioni inconsce che le
vie contorte seguite dal comportamento complementare per manifestarsi e mostrare come anche gli animali
di laboratorio possono indurre nell’osservatore un comportamento complementare.
Caso 366. — Uno specializzando lavorava, durante la crisi del 1929, come aiuto in un laboratorio di
biologia. Fece tanti e tali sforzi per preservare dal dolore i ratti che doveva operare che ne uccise molti,
amministrando loro dosi eccessi ve di cloroformio.
Caso 367. — Molti medici sensibili mi hanno detto che, quando avevano dovuto imparare le tecniche
chirurgiche ope rando dei cani in buona salute (2), era per loro particolar mente penoso operare dei cani
perduti, che facevano sforzi commoventi per conquistarsi l’affetto di tutti. Un medico di grande bonta ebbe
tali rimorsi per aver asportato una parte degli intestini di un cane perduto che fini per portarselo a casa e
adottarlo.
Credo che la maggioranza, e forse la totalita dei problemi penosi di questo genere scomparirebbero se lo
sperimentatore si servisse della propria testa prima che del bisturi. Come mo stra il Caso 372, uno psicologo
intelligente, perche umano, ha potuto rifare un esperimento straordinariamente crudele senza infliggere la
minima sofferenza; egli ha ottenuto in questo modo risultati piu convincenti — perche piu naturali — di
quelli forniti dall’esperimento originale, compiuto con orribili mutilazioni su ratti. Di fatto — e il Caso 370
lo mostrera —
392
la brutalita degli esperimenti e in genere dovuta al sadismo latente dello sperimentatore.
Queste constatazioni ci obbligano a esaminare piu atten tamente le fonti delPinsensibilita nella
sperimentazione sugli animali o, come e successo nei campi di concentramento nazi sti, sugli esseri umani.
L’insensibilita di molti sperimentatori, a ragione condan nata da Menninger (1951), e spesso soltanto una
istrionica finzione di « obiettivita », inscenata davanti ad una interioriz zata platea di colleghi critici, cui si
attribuisce un ruolo supe- regoico. Questa analogia e confermata dal fatto che il Super-Io e per definizione
un’istanza arcaica, crudele o ottusa (Devereux
1956a), responsabile di brutalita molto maggiori di quelle che deriverebbero dall’Es meno inibito.
Ora, l’insensibilita e la brutalita generano sensi di colpa anche nello sperimentatore piu incallito (3), e cio
rende inevi tabili le manovre difensive.
Una reazione molto singolare e la tendenza a interpretare la totale impotenza dell’animale di laboratorio
come un « ap pello » alla brutalita. Questa reazione e appena diversa dalla aggressivita di una iena verso una
iena ferita e ridotta alla impotenza, o dell’aggressivita esasperata che scatena nei pe- scicani la presenza del
sangue nell’acqua, compreso il sangue di un altro pescecane. Gli uomini non sono molto migliori, come
dimostra l’assurda violenza scatenata nel vincitore dalla consapevolezza dell’impotenza del vinto — anche
se non vi
e piu nessuna « offesa » da vendicare (4). Visto che e proprio l’impotenza dell’animale da laboratorio a
scatenare questo genere di brutalita, questa costituisce, in senso stretto, un comportamento complementare.
L’animale e a volte privato dei mezzi per risvegliare la pieta; in altri casi, gli si toglie, con un sotterfugio
verbale, lo statuto di essere vivente con diritto alla pieta.
Caso 368. — Le pietose urla dei cani disturbano talmente numerosi sperimentatori che, in certi laboratori, si
ha l’abitu-
393
dine di tagliar loro le corde vocali. Cio mi ricorda Fironica e amara storia, raccontata dal poeta Heine, di quel
milionario che fece buttar fuori di casa un mendicante perche il racconto delle sue pene gli spezzava il cuore.
Caso 369. — Un sotterfugio di tipo fisico e verbale con siste nel mutilare prima l’animale da laboratorio fino
a non lasciargli che un ultimo soffio di vita, e poi a battezzare questo essere pietoso « un preparato »: il che
implica che si e ridotto un essere vivente a una cosa, che non merita pieta. E appena necessario aggiungere
che una simile manovra riflette il totale divorzio tra il ricercatore e la realta.
E ormai acquisito (Russell 1938b) che e nel comporta mento dell’uomo verso gli animali che si manifesta nel
modo piu impressionante il concetto di potere assoluto, e che questo comportamento e largamente
determinato da fattori inconsci (Menninger 1951). E quindi difficile sostenere — soprattutto in tempi che
hanno conosciuto la brutalita inutile e deliberata degli esperimenti effettuati su esseri umani dai medici nei
campi di concentramento nazisti (Mischerlich e Mielke 1949) — che non si pratica sugli animali nessun
esperimento di bru talita inutile e/o intenzionale.
In realta, molti esperimenti inutili sono principalmente realizzati per soddisfare il sadismo inconscio dello
«scien ziato » (Menninger 1951), e fanno luce molto piu sul carattere dello sperimentatore che sul problema
studiato.
Caso 370. — In assenza del professore, un assistente in Biologia prese alcune disposizioni per studiare la
chimica cere brale delle scimmie, che venivano uccise in un certo modo. Al suo ritorno il professore, che era
un uomo sensibile, annul lo quelle disposizioni, e ricordo all’assistente che quel proble ma era gia stato
approfondito in altri laboratori, meglio attrez zati per quel genere di ricerche, e gli consiglio di imparare a
controllare l’irrazionale — e notoria — avversione che nutriva per le scimmie.
394
Persino alcuni esperimenti che comportano un reale inte resse sono a volte realizzati con inutile crudelta,
destinata a soddisfare il sadismo latente del ricercatore.
Caso 371. - Si puo facilmente studiare la capacita dei ratti di orientarsi in un labirinto senza ricorrere a indici
visivi. Basta, in effetti, costruire un labirinto oscurato, in cui il per corso seguito dal ratto viene registrato
tramite dispositivi mec canici e elettronici. Eppure, un ricercatore si limito ad aspor tare, con un colpo di
forbici, i globi oculari dei ratti, senza neanche preoccuparsi di anestetizzarli prima.
Un culto nevrotico della posa scientifica impedisce a volte allo scienziato l’uso dell’immaginazione, e lo
porta a praticare esperimenti inutilmente crudeli. Un attimo di riflessione gli permetterebbe di ottenere,
tramite esperimenti indolori, risul tati ben piu convincenti.
Caso 372. - La teoria secondo la quale l’apprendimento implica lo stabilirsi di una sequenza stabile di unita
minime di comportamento motorio e stata messa alla prova sottomet tendo i ratti, che avevano imparato a
percorrere un labirinto, a un’operazione cerebrale che danneggiava la motricita al punto che non potevano
fare altro che rotolarsi attraverso il labirinto. Uno sperimentatore piu umano, e quindi piu capace di
immaginazione, verifico la stessa teoria facendo nuotare i ratti, che sono eccellenti nuotatori, attraverso un
labirinto che avevano imparato a percorrere di corsa. Un simile esem pio non ha bisogno di commenti.
La formazione reattiva — priva di insight — contro le proprie pulsioni sadiche puo manifestarsi nella
tendenza a « giocare col fuoco », cioe sotto forma di angoscia erotizzata e di masochismo, per esempio
scegliendo di lavorare con
animali naturalmente pericolosi. Caso 373. - Le persone che si tengono in casa degli ani
mali pericolosi, come i serpenti (Menninger 1951) non sono i soli a minimizzare in modo compulsivo il
pericolo rappresen tato da simili belve: il caso e corrente anche tra zoologi e
395
26

direttori di Zoo — e cio, spesso, costa loro la vita. La motiva zione di un simile comportamento e
probabilmente simile a quella che incita altre persone a diventare domatori di belve feroci nei circhi — ed e
la psicologia del giocatore d’azzardo che spiega nel modo migliore casi del genere (Bergler 1943; Devereux
1950b).
Ora, e certo possibile manipolare in modo non nevrotico — e senza cercare il rischio — degli animali
pericolosi: e quel che dimostrano il leggendario addomesticamento di Bu cefalo, che Plutarco attribuisce ad
Alessandro il Grande {Vita e fortuna di Alessandro), e la descrizione di Ferenczi (1953) delle imprese di un
maresciallo-maniscalco, e domatore di cavalli.
La crudelta inutile nella sperimentazione su animali non e praticamente nient’altro che una negazione
nevrotica del senso di colpa provato dopo aver inferto il dolore, e una formazione reattiva contro di esso.
Questa, come altre reazioni di difesa hanno probabilmente avuto una grande influenza sulla teoria
behaviorista del comportamento.
In realta, il modello concettuale del ratto, che implica numerosi esperimenti di tipo behaviorista e culmina
nella fin zione del « ratto statistico » contraddice non soltanto la psico logia, e a volte anche la biologia, ma,
contrariamente agli esperimenti realizzati dagli etologi, non ci dice assolutamente nulla sulla specifica
psicologia tipica della specie ratto (Caso 397). Questa constatazione ha spinto alcuni ponderati ricer catori a
qualificare gli esperimenti sull’apprendimento come
« una specie di gioco di scacchi ». In breve, sia la natura della specie animale studiata che
il comportamento idiosincrasico dell’animale implicato nello esperimento possono, per certi aspetti, venir
considerati come « domande » suscettibili di provocare nello sperimentatore forme assolutamente estreme di
comportamento complemen tare, positivo o negativo. Ne dovremo dedurre che la tentazio ne di assumere un
comportamento complementare e ancora
396
maggiore quando l’oggetto studiato e l’uomo: ed e questo il problema che esamineremo ora.
Tutti i tipi correnti di interazione sociale sono determinati dalla definizione che fornisce la societa del genere
«conve niente » di reciprocita che deve intervenire tra le persone che interagiscono. Numerosi tipi di
comportamento reciproco vengono sistematicamente inculcati, in modo da preparare l’individuo a interazioni
standardizzate. E cosi che la maggior parte delle societa umane insegnano agli uomini e alle donne non
soltanto le forme complementari del comportamento inter sessuale, ma, in generale, anche le tecniche
tradizionali del coito, concepite come il complemento del comportamento prevedibile di qualunque
individuo del sesso opposto. Questi modelli complementari vengono inculcati in modo cosi effi
cace che persino l’omosessuale tende a imitare il comporta mento intersessuale normale, nelle relazioni con i
partners (Devereux 1937a).
Si tratta di una regola del tutto generale. La ragazza del l’epoca vittoriana imparava a restare vergine, frigida,
sessual mente goffa e monogama, la giovane polinesiana a essere sen suale, sessualmente esperta e
disponibile, la ragazza Ouled Nail a comportarsi come una prostituta professionale. Ma, in ultima analisi, lo
schema di comportamento che veniva inse gnato a ciascuna di loro doveva, almeno in teoria, corrispon dere
alle aspettative e ai bisogni di qualunque uomo medio con cui sarebbero state chiamate a vivere. Soltanto in
casi
eccezionali una ragazza e fin dall’inizio formata allo scopo di soddisfare i bisogni di un uomo particolare.
Caso 374. - Presso certe piccole tribu australiane, che applicano rigorosamente le regole del matrimonio
preferen ziale, una ragazza puo fin dalla nascita venire destinata a un uomo determinato, ed e probabile che
la si educhi di con seguenza.
Caso 375. - Nell’Europa feudale, succedeva a volte che una principessa venisse fidanzata, praticamente dalla
nascita,
397
a un giovane principe, e sistematicamente preparata al matrk monio con lui: si affidava per esempio la sua
educazione alla sua futura suocera. Usanze del genere non erano sempre coronate da successo:
l’abominevole Elisabeth Bathory, che doveva piu tardi macchiarsi del sangue di molte giovani con tadine, fu
educata, durante l’adolescenza, dalla sua futura suocera, la dolce e umana vedova del conte Nadasdy.
Caso 376. - In Somalia, quando un giovane sposo non ha il coraggio di praticare l’incisione necessaria per
aprire la vulva, chiusa per infibulazione, di sua moglie, egli ricorre in genere all’aiuto di una vecchia. Questa
gli misura il pene, e pratica poi un’incisione appena sufficiente per permettere la penetrazione da parte di un
organo di quelle esatte dimen sioni (Roheim, s.d.).
Tutti i membri delle tradizionali diadi, triadi, ecc. ... umane assumono ruoli reciproci che si completano
mutuamente e si costituiscono in modello generale. Se cosi non fosse la vita sociale sarebbe caotica e
imprevedibile.
L’individuo impara non soltanto a interpretare il ruolo che gli viene assegnato, ma anche ad aspettarsi da un
altro, o anche a provocare in lui, certi segni di consenso, e il compor tamento complementare tipico che puo
ragionevolmente pre vedere.
Il segno di domanda (demandi cue) che consiste nel ten dere la mano induce il partner potenziale a tendere
anche lui la sua per significare la sua accettazione, il che rende possibile la stretta di mano. Un lupo si
dichiara vinto esponendo la gola vulnerabile, cosi come un cane manifesta la sottomissione sdraiandosi sulla
schiena: questi segni di domanda incitano il vincitore a risparmiare il vinto (Lorenz 1955). Nell’antichi ta
Sparta ha addirittura conosciuto quel che deve essere chiamato un rituale dell’oppressione, rigorosamente
conforme ai modelli di interazione stilizzati e carichi di affettivita che abbiamo appena ricordato (Devereux
1965a).
398
L’inculturazione insegna all’individuo come trarre soddi sfazione dagli atti reciproci convenzionali, e a
comportarsi in modo « conveniente » anche in situazioni impreviste, a volte assimilando una situazione
nuova a una situazione tradizionale (Caso 31). Ora, esiste una situazione senza precedenti, che il gruppo deve
sempre regolarizzare e far rientrare nel modello delle interazioni reciproche tradizionali: e l’entrata in scena
dell’etnografo. Attribuendogli uno statuto tradizionale, la tri bu si da la possibilita di applicare nei suoi
confronti le forme tradizionali del comportamento, e di aspettarsi da lui un appropriato comportamento
complementare.
Quando la risposta attesa a un segno-domanda {eliciting cue) non arriva, forse perche il segno non viene
compreso, puo seguirne una estrema confusione, e persino delle vere e proprie reazioni di panico.
Caso 377. - Il funzionario e etnografo francese Odend’hal fu ucciso per aver rifiutato il cibo che gli veniva
offerto da alcuni contadini mo'i, che considerano quel gesto come un atto (rituale) di amicizia che avrebbe
dovuto provocare l’atto amichevole complementare (anch’esso di natura rituale) del l’accettazione. Il fatto
che Odend’hal non si attenne al com portamento complementare che ci si attendeva da lui fu quindi
interpretato come un segno di ostilita, e i Moi reagirono a questo contro-segnale (counter-cue) « minaccioso
» ucciden
dolo (informazione personale, Guerlach (1906) non fornisce dettagli).
La societa insegna all’individuo sia i segni di domanda convenzionali che il modo di rispondervi, anche se, a
volte, domande e risposte si allontanano dal modello iniziale, e acqui siscono una correttezza e convenienza
di tipo idiosincrasico. All’inizio di una relazione, tutte le domande e le risposte devo no conformarsi alle
attese sociali per permettere che la rela zione si sviluppi. Poi, nella misura in cui la relazione si appro
fondisce, domande e risposte vengono progressivamente fatte
e ricevute in funzione di cio che si sa della struttura della 399
personalita del partner. Questa progressione e particolarmente chiara nel caso dello scambio di doni. A una
persona, di cui si conosce lo statuto sociale ma non la personalita, si offre il genere di regalo che puo piacere
a chiunque abbia la stessa posizione sociale. Vengono poi i doni pseudo-personalizzati, sorta di buoni-
acquisto che sembrano voler significare: « V or rei regalarle qualcosa che sia conforme ai suoi gusti; non li
conosco ancora, ma spero che mi sara data l’occasione di conoscerli ». Alla fine, quando si cominciano a
conoscere i gusti del proprio partner, gli si offrono doni in grado di sod disfare sia i suoi bisogni che i nostri
(Devereux 1952b).
Caso 378. - Un paziente in analisi, piccolo e fragile, molto insicuro della propria mascolinita, decise di
offrirmi per le feste di Natale un paio di calze, il che « sfortunatamente » — cioe intenzionalmente — lo
costringeva a conoscere la mia misura. Telefono in segreto a mia moglie che, molto giudizio samente, rifiuto
di fornire l’informazione. Il suo desiderio di farmi un regalo il cui carattere personale era incompatibile con i
nostri rapporti rifletteva in lui l’esigenza che mi lasciassi insidiosamente porre in un atteggiamento di
esibizione fallica nei suoi confronti, il che avrebbe soddisfatto sia la sua scopo filia che la sua tendenza
compulsiva a classificare uomini e donne in ordine gerarchico in funzione delle dimensioni dei loro « falli »
reali o anali ( = feci) (5) rispettivi.
Caso 379. - Piu o meno alla stessa epoca, una delle mie pazienti, in stato di transfert fortemente positivo,
immagino di fare a maglia per me — invece che per suo marito, che non la soddisfaceva sessualmente —
delle calze della mia misura (calza = vagina).
La sincronicita di queste due reazioni di transfert si spiega probabilmente con il fatto che a quell’epoca
zoppicavo in se guito a una brutta caduta (6).
Certi nevrotici hanno una capacita quasi inquietante di provocare reazioni egodistoniche, anche in persone
normali. Un individuo mediamente sano di mente e ben disposto prova
400
in genere una forte angoscia quando una «vittima cronica delle circostanze » — che non e in realta che un «
collezionista di ingiustizie » — lo induce insidiosamente, senza che riesca a capire esattamente come, a
mostrarsi duro e ingiusto. Privo di insight sulla situazione, la sua reazione alle manovre del collezionista di
ingiustizie gli parra ancora piu inquietante per il fatto che costui non interviene nel vuoto psichico. Egli
raggiunge invece il suo scopo inconscio — che e di « dimo strare » che il mondo gli e ostile — per mezzo di
una mobi litazione incredibilmente efficace e insidiosa di tutto cio che puo restare di aggressivita nevrotica
inconscia anche negli
amici piu benevoli. Analogamente, certi parassiti affascinanti possono risvegliare reazioni erotico-materne
complesse persino — e spesso soprattutto — in vecchie zitelle aride e domina trici. L’ostilita involontaria
che finiscono per manifestare gli amici dei collezionisti di ingiustizie e le reazioni erotico-mater ne delle
amiche, generalmente frigide e narcisistiche, dei paras siti di sesso maschile, rappresentano comportamenti
nevrotici complementari. Questi comportamenti sono il risultato di ma novre stranamente efficaci dei «
protetti » nevrotici, che rie
scono a mobilitare le pulsioni egodistoniche, in genere inibite, dei loro «protettori».
La tendenza dell’analizzato a identificare l’analista, per mezzo del transfert, con un’immagine parentale
arcaica rap presenta anch’essa un tentativo di obbligare l’analista ad assumere un ruolo complementare. Se
questa domanda si trova a soddisfare i bisogni nevrotici non risolti dell’analista,
questi puo, in modo impulsivo, accettare quest’identita che gli viene attribuita e esibire, nel contro-transfert,
il ruolo com plementare desiderato dall’analizzato. Soltanto l’analisi della domanda del paziente e,
soprattutto, quella del proprio desi derio inconscio di soddisfarla con un comportamento comple mentare
permette all’analista di mantenere la propria obiet tivita.
401
Individui potenti, e di narcisismo impietoso, sono a volte capaci di modificare, con la forza o con l’astuzia, la
normale definizione di una situazione. Essi vi riescono manifestando in genere esigenze illegittime, la cui
totale incompatibilita con la situazione impedisce alle vittime disorientate sia di rispondervi ricorrendo agli
abituali mezzi di difesa, sia di soddisfarle tramite comportamenti culturalmente stereotipati. Esigenze del
genere tendono a provocare una mobilitazione difensiva, che corrisponde precisamente al segmento
nevrotico della personalita della vittima che puo venire soddisfatto dal fatto di piegarsi a una situazione del
genere. Cio spiega anche perche gli schiavi, come le vittime del lavaggio del cervello, finiscano cosi spesso
con l’amare i loro padroni (Hinkle e Wolf 1956; Devereux 1965a).
L’allontanamento fisico del soggetto dal gruppo cui ap partiene — che inibisce nel modo piu efficace le
reazioni devianti e rafforza l’Io razionale (Devereux 1942a) — tende a disinibire le tendenze nevrotiche e a
incoraggiare il passag gio all’atto (acting out). L’etnografo che lavora sul campo si trova precisamente in una
situazione di questo genere; egli deve, di conseguenza, mobilitare le risorse del suo Io (e del suo Ideale-
dell’Io) per resistere alla tentazione di passare all’atto.
Caso 380. - Un etnografo, che si era ubriacato, passo una volta all’atto, in modo piuttosto eccessivo, e fu
sorpreso di costatare che, contrariamente a quel che sarebbe successo nella sua cultura, la tribu che studiava
rifiutava di conside rare l’ubriachezza come una valida scusa.
Il passaggio all’atto e a volte « giustificato » dal pretesto che costituisce una forma « conveniente » di
osservazione par tecipante e/o un comportamento complementare che ci si aspetta dall’etnologo. In certi casi,
la tribu studiata implica effettivamente la domanda corrispondente, che pero non e rivolta all’ospite straniero.
Questi puo, per ragioni nevrotiche, pretendere che la domanda era rivolta a lui.
402
Caso 381. - Un esploratore fu assassinato perche aveva tentato, per ragioni probabilmente nevrotiche, di
abbando narsi a certe attivita proibite agli stranieri. Secondo la versio ne ufficiale dei fatti, destinata a salvare
le apparenze, egli era stato assassinato perche aveva commesso un atto di vio lenza — che aveva del resto,
sia detto di passaggio, real mente commesso — anche se sapeva perfettamente che quella
tribu era nota per rispondere con la violenza alla violenza. Il suo comportamento deve dunque venire
interpretato come una domanda inconscia di essere ucciso. Una manovra suicida cosi contorta e molto meno
rara di quanto pensino i profani di psichiatria (Devereux 196la).
E naturalmente una buona regola quella di soddisfare le domande tradizionali della tribu che si studia. Se, per
una ragione o per un’altra, si ha l’impressione di non poterlo fare senza danneggiare la propria integrita
morale, basta in genere un po’ di buon senso per trarsi d’imbarazzo.
Caso 382. - Un etnologo molto innamorato di sua moglie studiava un gruppo polinesiano, in cui le ragazze
corteggia vano ardentemente gli uomini « esotici ». Egli tento di sco raggiare le piu ardite dicendo che era
sposato, ma gli fu risposto che esser sposati con una bianca non contava. L’inge gnoso etnologo invento
allora che sua moglie era una Poline siana di un’altra isola. Sedurre il marito di una Polinesiana era contrario
ai costumi: l’etnologo pote quindi restare fedele
a sua moglie senza irritare le ragazze dell’isola. L’etnografo cui si attribuisce, senza che egli ne sia consa
pevole, uno statuto tradizionale puo essere facilmente indotto ad assumere un ruolo complementare, a volte
molto egodi stonico. Inoltre, se non si comporta come ci si aspetta da lui, urtera probabilmente contro ogni
genere di difficolta, senza neppure rendersi conto di come tutto questo sia successo (Caso 377). Cio significa
che, esattamente come il collezio nista di ingiustizie riesce in genere a risvegliare l’aggressivita anche negli
amici piu bendisposti, l’etnografo ingenuo puo
403
scoprire improvvisamente che si sente irresistibilmente spinto ad assumere il ruolo complementare che gli e
stato attribuito. Puo dunque succedere che, senza rendersene conto, egli veda la societa che studia soltanto
dal punto di vista conforme al ruolo complementare che gli viene attribuito. Di fatto, dal momento in cui
l’etnografo sa ricevuto uno statuto, la tribu, in piena buona fede, rivolge verso di lui soltanto quel profilo che
e complementare allo statuto che gli ha assegnato. Questa autorappresentazione della tribu, corrispondente
allo statuto che ha attribuito all’etnografo, diventa allora fonte di defor mazioni e false interpretazioni, alla
cui analisi e dedicato il resto di questo capitolo.
Sarebbe perfettamente assurdo supporre che e la «ne vrosi » della tribu a imporre all’etnografo un
comportamento complementare, anche se e vero che le manovre della tribu, come quelle del parassita o del
collezionista di ingiustizie, mobilitano effettivamente i bisogni nevrotici dell’etnografo. Il fatto che la cultura
che studia gli e estranea, che all’inizio non comprende i segnali di domanda (<demand cues) — i quali,
precisamente perche sono incomprensibili, hanno un impatto diretto sul suo inconscio —, l’irresistibile
coerenza del model lo culturale, e la sua ostinazione ad attribuire all’etnografo un certo statuto, senza
preoccuparsi se questo e egosintonico o egodistonico, o se l’etnografo ne comprende tutte le impli
cazioni, tutto questo mobilita inevitabilmente reazioni e pul sioni nevrotiche e regressive. Anche l’etnografo
normale non puo sfuggirvi: le sue reazioni e difese, condizionate dalla sua cultura d’origine, si rivelano in
genere inefficaci all’interno di una cultura estranea (7). Inoltre, nella misura in cui ogni cultura realizza
apertamente pulsioni che vengono invece rimos se nella cultura dell’etnografo, il ruolo che gli verra attri
buito stimolera inevitabilmente alcune pulsioni abitualmente rimosse. Egli puo allora sia esprimerle tramite
passaggio all’at to (acting oui), sia ri-rimuoverle, sia padroneggiarle in modo
404
adulto: quel che egli fara dipende dal suo insight, dalle sue pulsioni nascoste e dalla sua capacita di
sublimarle.
Caso 383. - Come vedremo al Caso 391, lo statuto di « ricco sfruttatore » che i Sedang cercarono di impormi
sti molo inevitabilmente quel che c’e in me di desiderio di potere e di tendenze egoiste. Ma, visto che ero
riuscito a sublimare piuttosto bene queste mie debolezze (inerenti alla natura uma na in generale) non le
espressi tramite passaggio all’atto. Riu scii persino a modificare certi aspetti sgradevoli dello statuto che mi
era assegnato, senza dovermi zper-controllare in modo nevrotico. Al contrario, lo statuto che mi attribuirono
gli Hopi mobilito in me pulsioni che a quell’epoca avevo compreso e sublimato meno bene. Dovetti quindi
ricordarmi periodica mente che sarebbe stato imprudente esprimerle tramite pas saggio all’atto, nel contesto
del ruolo che mi era stato attri buito. Cio, sia detto di passaggio, potrebbe spiegare la mia avversione per gli
Hopi.
Il fatto che ogni tribu stimola nell’etnografo pulsioni nevrotiche diverse ha, sul piano scientifico,
conseguenze pre cise. In effetti, la « diagnosi » psichiatrica di una cultura non rappresenta, in certi casi, una
valutazione obiettiva del suo modello {pattern) fondamentale, ma la proiezione di una delle pulsioni rimosse
dell’etnografo, che questa cultura ha stimolato.
Per quanto una tribu primitiva non sia l’equivalente di un paziente, le difficolta psicologiche che l’etnologo
sul campo si trova a dover affrontare — la sua incapacita a sfuggire com pletamente al ruolo che gli viene
imposto — sono, da un punto di vista dinamico, comparabili a quelle dello psicoana lista, cui un paziente
cerca insidiosamente di far assumere un ruolo complementare ansiogeno.
Il modo di essere globale (e preesistente) dell’etnografo determina necessariamente i tipi di statuto che
possono venirgli attribuiti, e i ruoli complementari in cui lo si puo far cadere.
405
Caso 384. - Linton, reduce della Prima Guerra mondiale, si vide assegnare, in un rito comanche, un ruolo che
poteva essere assunto soltanto da un guerriero che era passato attra verso la prova del fuoco, e che nessun
Comanche vivente poteva in quel momento interpretare. I Comanche avevano quindi rivolto verso di lui quel
particolare aspetto della loro cultura che era riservato ai guerrieri sperimentati. Cio spiega l’eccellente qualita
delle informazioni di Linton, per esempio per quel che riguarda il ruolo complementare assunto dai giovani o
dalle donne comanches nei confronti dei guerrieri (Kardiner e Linton 1945). Il migliore, o la migliore
etnografa non avrebbero potuto, senza aver avuto esperienza della guerra, assumere un simile ruolo.
Esaminando accuratamente sia i propri dati di campo che i resoconti di altri ricercatori, l’etnografo deve
distinguere non soltanto tra gli eventi che ha direttamente osservato e le dichiarazioni degli informatori, ma
anche tra i fatti che pos sono meglio venire osservati a partire dallo statuto attribuito al ricercatore, e quelli
che puo meglio osservare assumendo una posizione sociale che gli e stata rifiutata. Appena si e compresa la
portata di questa distinzione e in genere possi bile assumere — almeno provvisoriamente — la posizione che
permette di osservare un fatto specifico, il suo contrario, o il suo complementare, nel modo piu efficace. Il
Caso 392 mostra come ho potuto acquisire a proposito della schiavitu, sia come istituzione che come insieme
organizzato di espe rienze, non soltanto il punto di vista dello schiavista, ma anche
quello dello schiavo. Caso 385. - Probabilmente, Roheim e stato il primo
(1932) a rendersi conto dell’importanza dello statuto asse gnato all’etnografo dalla tribu che studia. Non
soltanto egli era perfettamente consapevole del fatto che gli abitanti di Duau lo definivano come un esa esa —
cioe come un uomo ricco, prestigioso, e molto generoso — ma aveva chiaramente compreso il ruolo
implicato da quello statuto. Credo pero che
406
Roheim non avesse una consapevolezza altrettanto chiara del fatto che accettava quello statuto soprattutto
perche si accor dava con la sua autodefinizione come gentleman ungherese, dotato di una passione quasi
melanesiana per lo spreco osten-
tatorio, che esprimeva in forma di magnifica ospitalita. Mi chiedo anche se Roheim sapeva che, accettando
questo sta tuto, incitava di fatto gli abitanti di Duau a rivolgere verso di lui quell’aspetto della loro
personalita sociale che in genere riservano agli esa esa.
Caso 386. - A causa della sua profonda conoscenza dei riti esoterici, la posizione di Roheim presso gli
Australiani era piu o meno quella di un ragazzo accidentalmente finito nel bel mezzo di un rito di iniziazione.
Egli deve venire imme diatamente iniziato, o ucciso — per regolarizzare la situazione e limitare il sapere
esoterico al solo circolo degli iniziati. Visto che il ruolo di ragazzo non era certamente conforme
alla sua autodefinizione, credo che Roheim non ha capito il suo statuto presso gli Australiani quanto aveva
compreso il suo statuto di esa esa a Duau.
Caso 387. - La posizione di Roheim presso gli Yuman — quella di un « giovane che deve essere educato »
— sem brava convenirgli ancor meno di quella che gli era stata asse gnata in Australia. Cio spiega
probabilmente perche trovo nei suoi lavori sugli Yuman alcuni difetti — per esempio una
confusione tra un vero sogno e un sogno sciamanico fondato su materiali mitici (Devereux 1957c) — che
non trovo ne nelle sue descrizioni su Duau, ne nei suoi lavori sugli Austra liani (Caso 395).
A volte l’etnografo accetta solo parzialmente lo statuto che la tribu cerca di imporgli. Descrivendo alcune
esperienze personali, tengo a sottolineare che mi trovavo in posizione migliore a quella di Roheim: egli era
partito da zero, io ero stato messo sull’avviso dai suoi lavori di precursore.
Caso 388. - Ho accettato volentieri due segmenti dello statuto che mi avevano assegnato i Sedang:
407
a) ero contento di essere il figlio adottivo di Mbrao, e, dopo le mie prime gaffes, scherzavo spesso con le mie
co gnate (adottive) (Caso 364);
b) ho trovato vantaggioso ammettere, in risposta a do mande insistenti, che potevo in effetti trasformarmi in
tigre. Cio istillo nei Sedang, che odiano i Bianchi, il desiderio di accettarmi come membro del villaggio: un
alleato cosi feroce non poteva che essere utile per difendere Tea Ha contro i vicini Halang (8). Naturalmente,
confessando di potermi tra sformare in tigre, dovetti anche ammettere che — in parte perche ero una tigre, in
parte perche, a differenza dei Sedang, mangiavo ogni giorno della carne — la mia anima si sarebbe
trasformata, dopo la mia morte, in uno spettro-tigre, mentre le anime dei miei parenti sedang sarebbero
diventate soltanto degli spettri-muntjacs (piccolo cervide della Malesia e dell’In donesia, n.d.T.). A causa di
questa credenza, molti amici Sedang mi fecero promettere che il mio spirito-tigre non avrebbe perseguitato e
divorato i loro spiriti-muntjacs, inca paci di difendersi.
Caso 389. - Durante la mia ricerca a Tea Ha, mi resi conto che, pur contenti di prendere le medicine che
davo loro, i Sedang trovavano necessario completare la cura che facevo del loro corpo, con una cura
sciamanica destinata alla loro anima. Siccome la cura sciamanica costringeva spesso per sone malate e
miserabili a lasciare la capanna e a subire il trattamento sotto una pioggia notturna e fredda, decisi di
diventare io stesso sciamano. Una notte, quindi, sparii sem plicemente dal villaggio e Tindomani dichiarai
che ero stato portato nel regno degli Dei del tuono, dove ero stato inve stito di poteri sciamanici. Avevo per
caso saputo, in due occasioni, che solo gli sciamani possono trovare delle asce neolitiche: questo convinse i
Sedang.
Quando fui diventato uno sciamano riconosciuto, dovetti affrontare altri problemi. I Sedang credono che gli
Dei con feriscono poteri sciamanici soltanto a coloro che vogliono
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arricchirsi. Se quindi uno sciamano vuol curare la gente gra tuitamente, gli Dei non tardano a privarlo dei
loro doni, pensando che egli li disprezza. Ora, rifiutando di farmi paga re, rischiavo di compromettere i miei
doni, che i Sedang trovavano utili. Inquieti, si misero a introdurre nella mia cucina degli « onorari » che non
avevo chiesto, destinati a rimunerarmi per le mie cure sciamaniche. Cosi, mio malgrado, le mie cure
sciamaniche diventavano abbastanza onerose per i miei pazienti. Mi misi quindi ad accettare degli onorari,
ma ogni volta avevo cura di scambiare contro due uova, che valevano una decina di centesimi, la giara
preziosa che mi
era stata data in pagamento della cura sciamanica. Questo trasparente sotterfugio era perfettamente
soddisfacente per i Sedang, che sono molto legalisti. In effetti, nulla impediva loro di concludere degli
scambi vantaggiosi con uno sciama no. Da parte mia, accettai il compromesso, in parte per dar loro la
garanzia che non avrei perduto i miei poteri, in parte per evitare di attirarmi l’ostilita dei miei « concorrenti
», che erano molto avidi.
Caso 391. - I Sedang si aspettavano da me un comporta mento da uomo ricco, implacabile sfruttatore, la cui
enorme anima-delle-ricchezze schiaccia e fa vergognare (lim) le ani me piu piccole e umili dei poveri,
costringendoli cosi a sotto mettersi alle mie volonta. Ora, pur comprendendo quel che ci si aspettava da me,
mi sentivo assolutamente incapace di adottare verso gli altri un atteggiamento da sfruttatore. Con tinuai
quindi a pagare un giusto prezzo, anche ai poveri, per le derrate alimentari e gli oggetti che mi vendevano, e
a trat tare tutti con riguardo. Quando litigavo con un Sedang,
avevo cura di discutere con lui come si fa con un eguale, invece di rimproverarlo come un inferiore.
All’inizio questo comportamento — cosi « sconveniente » per un uomo «ricco » — provoco grande
costernazione. Ver so la fine del mio soggiorno, uno dei miei amici sedang mi disse: «Quando sei arrivato tra
noi, abbiamo pensato che
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dovevi essere matto per comportarti come facevi. Ci aspetta vamo che tu fossi arrogante e incline allo
sfruttamento: la tua gentilezza ci fece quindi paura, e ci turbo. Da allora, pero, ci hai dimostrato che e
possibile essere contemporaneamente ricchi e avere un buon carattere ». Non si trattava, bisogna dirlo, di un
vano complimento. Una volta che si fu abituata al mio modo di fare, la gente di Tea Ha prese in giro un
malato, venuto da un villaggio lontano, che rifiutava il chi nino che volevo regalargli, dicendo che non
poteva pagarlo. Lo derisero per la sua paura, e gli assicurarono che non volevo essere pagato. In realta, la
scoperta che un uomo puo essere benevolo senza essere stupido influenzo anche i loro rapporti reciproci.
Airinizio del mio soggiorno, sentivo spesso la gente farsi beffe di un vecchio vedovo che aiutava tutti. Verso
la fine, molti facevano l’elogio della bonta con cui aiutava gli altri. Del resto, nessuno a Tea Ha tento di
ingan narmi, anche se le loro leggi permettevano di sfruttare un ricco cosi folle da non sfruttare gli altri.
Infine, cosa ancora piu significativa, quando un Sedang di un altro villaggio volle infliggermi una ammenda
ingiustificata, il consiglio dei notabili lo avverti che ero io a poterne infliggere una a lui, perche mi aveva
accusato ingiustamente.
In breve, il prestigio derivante dalla mia « ricchezza », cui si aggiungeva il fatto che non me ne servivo per
sfruttare gli altri, ha reso la bonta « rispettabile », almeno a Tea Ha che, prima di essere conquistato dai
Francesi, era il piu « duro » dei villaggi di cacciatori di schiavi sedang. Il mio esempio non avrebbe pero mai
potuto far nascere nei Sedang un tratto caratteriale se ne fossero stati totalmente privi, o se non vi fossero
stati limiti imposti alle pretese di sfruttamento dei ricchi (Caso 393).
Il fatto che la tribu rivolge inevitabilmente verso l’etnogra fo l’aspetto che abitualmente presenta ai detentori
dello sta tuto che gli ha assegnato puo gravemente falsare, per l’osser vatore, la complessita della cultura
considerata.
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Caso 392. - Quando ancora ci si aspettava da me un comportamento da uomo ricco incline a sfruttare gli
altri, mi resi casualmente conto che ero anche considerato come un possessore di schiavi. La gente della mia
casa mi chia mava pa (padre), come gli schiavi chiamano il padrone, e si tagliarono i capelli, non per
imitarmi, ma perche gli schiavi devono avere i capelli corti.
Ora, per tutto il periodo in cui fui considerato come un padrone di schiavi, gli informatori non potevano
certamente offendermi descrivendomi l’ingiustizia della condizione servi le dal punto di vista dello schiavo.
Si limitavano quindi a ten tare di insegnarmi a essere un buon padrone, dicendomi che anche gli schiavi
hanno certi diritti, che alcuni di loro avevano sposato la figlia del loro padrone, che altri, diventati piu ric chi
del padrone, si consideravano cosi ben trattati che non trovavano valesse la pena di comprarsi la liberta.
Nessuno
parlo delle brutalita inflitte agli schiavi, ne della riduzione illegale dei bambini in schiavitu ... neppure
Toang, il mio gar zone di scuderia, che, rimasto orfano, era stato venduto come schiavo dai suoi parenti, che
l’avevano illegalmente ridotto in schiavitu, condizione in cui aveva vissuto fino a che i Fran cesi non lo
avevano liberato. In realta, avevo ignorato che era stato schiavo fino al giorno in cui, avendo guadagnato
abbastanza denaro al mio servizio per sentirsi parte della clas se dei proprietari, pote far infliggere
un’ammenda alla paren
tela che l’aveva illegalmente ridotto in schiavitu. Non aveva potuto comunicarmi il punto di vista dello
schiavo sulla schia vitu fino al giorno in cui, anche se dal punto di vista legale si era riscattato da molti anni,
aveva cessato di essere uno schiavo anche di fronte a se stesso. Se non avessi ripudiato lo statuto di
proprietario di schiavi che mi era stato asse gnato, i miei dati sulla schiavitu Sedang sarebbero stati par
ziali quanto la descrizione autogiustificatrice che l’uomo del Sud degli Stati Uniti fa ancora oggi dei tempi «
gloriosi » di prima della Guerra di Secessione.
411
27

Caso 393. - Dai Casi 334 e 392 possiamo concludere che, se la loro cultura non avesse comportato leggi che
imponevano limiti agli eccessi dello sfruttamento e alla hybris, il mio esem pio non sarebbe bastato per
convincere i Sedang che si puo contemporaneamente essere ricchi e avere un buon carattere. Eppure, fu
soltanto dopo che ebbero imparato a considerare
« naturale » la mia bonta che mi informarono dell’esistenza di regole destinate a proteggere i deboli. Fu solo
allora che appresi che un adulto che costringe un bambino o una ra gazza al suicidio e soggetto alla stessa
ammenda che un assassino, che e proibito costringere gli schiavi catturati du rante una spedizione a portare il
bottino saccheggiato nel loro villaggio, e che non si deve ridere di un animale che soffre. Fino a quel
momento, tutto quel che avevo sentito era la seguente osservazione: «Come potremmo essere buoni, vi sto
che tutti i nostri Dei e i nostri antenati sono stati cat tivi? » (9).
In breve, dovevo lottare contro almeno due dei ruoli che mi erano arbitrariamente attribuiti per poter
liberamente per correre la configurazione sociale della tribu, per venire infor mato di cose che i ricchi
preferiscono nascondere o ignorare, per convincere i miei parenti adottivi piu anziani a chiamarmi
« figlio » o « fratellino », e non mbok («signore ») o per spingere il mio padre adottivo Mbrao a sentirsi
libero di rim proverarmi per un involontario faux pas (in francese nel testo, n.d.T.) (Caso 364). Se non fossi
riuscito ad acquisire questa mobilita sociale, non avrei visto, della cultura e della perso nalita sedang, che gli
aspetti che si presentano al « notabile » ricco e sfruttatore. Certamente, avrei potuto registrare un certo
numero di fatti capaci di suggerire che la situazione aveva anche altri aspetti, ma avrei potuto considerare
questi dettagli complementari come semplici esempi di quelle sin golari contraddizioni che possono a volte^
complicare persino la programmazione di un calcolatore. Non avrei capito che sono precisamente questi
aspetti della legge sedang a rendere
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possibile la vita in una cultura « dura », e che rappresentano la rivolta dell’essere umano sensibile contro
tutto quel che vi e di brutale, assurdo e distruttore dell’amore e della subli mazione.
La parzialita di molte descrizioni e caratterizzazioni di culture e personalita etniche deriva generalmente dal
fatto che l’etnografo si e lasciato rinchiudere, a sua insaputa, in uno statuto particolare che gli permetteva di
vedere, della cultura come delle persone che studiava, soltanto gli aspetti visibili — e rivolti — ai detentori
di quel particolare statuto. Ecco perche, invece di tentare di calmare la nostra coscienza scientifica con la
finzione della neutralita dell’osservatore par tecipante, dovremmo piuttosto analizzare la situazione effet tiva
nella quale ci lasciamo coinvolgere dai soggetti, in modo da raggiungere una piena obiettivita, l’unica che
puo metterci in grado di esaminare il ruolo che ci viene assegnato. La fin zione dell’osservatore partecipante
non puo sostituire un’ana lisi di questo tipo, perche produce spesso informazioni del tutto ingannevoli.
Caso 394. - Un giorno, decisi di giocare all’osservatore partecipante — e al buon figlio — e aiutai la mia
parentela a diserbare la risaia. Il dato piu impressionante che ricavai da quella giornata di osservazione
partecipante fu il mal di schiena. Eppure, la conclusione piu « penosamente chiara » che l’osservatore
partecipante avrebbe potuto trarre da que st’esperienza, e cioe che anche la mia famiglia sedang aveva mal di
schiena, sarebbe stata perfettamente falsa, perche loro, al contrario di me, erano abituati a questo genere di
lavoro. Questo esempio senza pretese mette in chiaro il carattere illusorio dell’idea che l’osservazione
partecipante garantisce necessariamente un’autentica obiettivita.
Si potrebbe dire altrettanto delle mie reazioni di osserva tore partecipante di fronte all’obbligo rituale di
uccidere un maiale a colpi di bastone (Caso 59): le mie reazioni non erano certamente quelle di un Sedang
tipico.
413
Soltanto in rare occasioni lo statuto assegnato all’etno grafo si presta a uno studio sul campo che comprende
l’in sieme degli aspetti di una cultura.
Caso 395. - I Mohave mi definirono come un giovane Mohave che bisognava educare (Caso 387). La
vecchia Tcac mi chiese espressamente di conservare, registrandole per iscritto, le usanze e le tradizioni
storiche cui i giovani non si interessavano piu (Devereux 195lb). Da questo punto di vista, ero quindi
considerato come un potenziale incaricato dell’educazione delle future generazioni mohave: Questa defi
nizione del mio statuto aveva una portata cosi estesa che tutto quel che facevo, anche lontano dalla riserva,
era valu tato in funzione della cultura mohave. Cosi, quando mi tro vai presso i cacciatori di teste moi
dell’Indocina, il vecchio sciamano Hivsu Tipoma — e molti altri miei amici — espres sero nei miei confronti
lo stesso genere di preoccupazione che si manifesta in genere per un giovane guerriero che « viaggia in
territorio nemico per farsi un nome » (name travelling) (Me Nichols 1944). Quando i Mohave seppero che
durante la Seconda Guerra mondiale mi ero offerto volon tario e ero diventato ufficiale, non soltanto
interpretarono il mio gesto come tipico di un kwanamihye (un guerriero valo roso della tribu), ma il mio
arruolamento volontario spinse uno dei miei giovani amici mohave, che serviva come semplice marinaio
(Devereux 1948d), a votarmi un « culto dell’eroe » tipicamente mohave (Stewart 1947). Infine, cosa non
meno significativa, i Mohave ebbero verso i miei genitori, che non avevano mai incontrato, lo stesso
atteggiamento che avreb bero avuto se questi avessero visitato la riserva (Devereux 196la) ed erano
ugualmente pronti a integrare anche mia moglie nello schema tribale. Cosi, quando alcuni amici mohave
fecero la conoscenza di mia moglie e io, scherzando a meta, proposi che fosse nominata mohave honoris
causa, uno di loro rispose seriamente: « Si chiamera Vimak, dal nome del clan Vimak, che e il mio ». Il
senso del « Noi » che i Mohave
414
provavano verso di me trova la sua migliore espressione nelle parole della mia interprete e amica Hama Utce
che, quando la ringraziai per il suo aiuto, mi disse: « Perche non dovrem mo collaborare con te? Con gli altri
etnografi lavoriamo, ma con te, i nostri incontri sono visite amichevoli » (Devereux
196la). Le differenze, infinitamente preziose dal punto di vista
scientifico, tra i resoconti di etnologi diversi che hanno suc cessivamente studiato la stessa tribu sono in
genere dovute al fatto che questa non attribuisce a tutti lo stesso statuto. Il grado di acculturazione e il tempo
passato non hanno pro babilmente che un ruolo di secondo piano nella determinazio ne dello statuto
attribuito dalla stessa tribu a osservatori diversi, anche se vi sono certamente molte eccezioni a questa regola.
Caso 396. - Kroeber, che aveva lavorato agli inizi del secolo con gli ultimi vecchi Mohave nati prima della
crea zione della riserva, era diventato una figura quasi leggen daria, malgrado il fatto che i Mohave
credevano che il con tatto con il suo sangue estraneo aveva causato la morte dei suoi vecchi informatori
(Caso 411). Questa e la ragione per cui, quando torno a visitarli circa quarantanni dopo, fu con siderato quasi
come un Mohave dell’epoca anteriore alla Riserva. Altri quattro etnografi furono ugualmente accettati e
ricevettero uno statuto in qualche modo simile al mio; una quinta persona — per quanto molto stimabile —
fu invece mal considerata e si vide assegnare uno statuto incompatibile con la sua vera personalita. Quanto a
un sesto ricercatore, fu oggetto di una tale avversione che alcuni dei miei informatori rifiutarono di lavorare
con lui, dicendo che si trattava di un
« Bianco tipico », il che e ancora uno statuto mohave, ma molto poco invidiabile.
Non si ripetera mai abbastanza che soltanto una serrata analisi del suo statuto nella tribu permette
all’etnografo di orientare liberamente il « periscopio » dell’osservazione in
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qualunque direzione, in modo da scoprire, per esempio a pro posito della schiavitu, non solo il punto di vista
del padrone ma anche quello dello schiavo.
Vi sono certamente atteggiamenti che non si possono mai veramente apprendere — per esempio perche si e
uomini e non donne. Altri ancora non possono essere appresi a causa della particolare ferma di etnocentrismo
dell’etnografo, o del la sua inflessibilita nevrotica ecc. E certamente difficile par lar bene della proverbiale
famiglia navaho «composta dalla madre, suo marito, i figli, un vecchio zio e un etnografo ». Eppure, e
soltanto se degli etnografi dei due sessi, con per sonalita e appartenenze etniche diverse e dotati di statuti
diversi rispetto alla tribu, studiano e ristudiano periodica mente la stessa tribu che sara possibile ottenere
un’immagine veramente completa — esaminata da tutti i punti di vista possibili — della cultura e della
personalita etnica di questa tribu. Un ricercatore fortunato puo a volte acquisire una visione d’insieme di una
cultura, considerata sotto aspetti
diversi, senza fare particolari sforzi. Ma raggiungera piu sicuramente lo scopo se si sforza consapevolmente
di compren dere in quale posizione e posto dalla tribu che studia. Egli dovra poi intraprenderne l’analisi sia
nel suo significato sog gettivo che nelle sue implicazioni obiettive — esattamente come lo psicoanalista
analizza sia la posizione complementare nella quale il paziente cerca di porlo, sia le sue personali reazioni a
questa manovra.
Cosi, cio che veramente importa dal punto di vista scien tifico non e l’attribuzione, l’accettazione o il rifiuto
di uno statuto e di un ruolo complementare particolari, ma la loro analisi cosciente e la consapevolezza del
carattere parziale dell’aspetto che viene (automaticamente) mostrato all’osser vatore, in funzione di cio che i
soggetti credono che egli sia. Soltanto questo insight gli permettera di insistere perche gli siano mostrati
anche quegli aspetti che non sono normal-
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mente rivolti a una persona cui si e attribuito quel partico lare statuto.
In breve, molte caratteristiche etnologiche sono esenti da ambiguita e contraddizioni non perche i fatti stessi
siano per fettamente coerenti, ma perche l’etnologo ha generalizzato l’aspetto della personalita e della cultura
che i soggetti con cui ha lavorato, interpretando il loro ruolo complementare, hanno rivolto verso di lui. Un
tale sistema di comportamento autorappresentativo parziale, orientato in funzione dello sta tuto, sembra
inevitabilmente molto piu univoco, e di conse guenza scientificamente piu soddisfacente di quanto non possa
mai essere la personalita etnica considerata in tutti i suoi aspetti, o la cultura vista da posizioni diverse. Il
solo difetto di queste immagini, cosi soddisfacenti per il loro carattere univoco, e che sono ingannevoli.
NOTE
(1) In molti modi, cio corrisponde allo «scambio di quiproquo». A. O’ Brien-Moore (1924) ha mostrato che questo e il modo
classico in cui si cerca, in quella che viene chiamata la Nuova Commedia greca, di sug gerire che uno degli interlocutori e pazzo.
Molti scherzi primitivi si fon dano su quiproquo.
(2) Ai giorni nostri, alcuni professori di chirurgia mettono in dubbio l’utilita di questa tecnica d’insegnamento.
(3) Vorrei insistere sul fatto che non sono ostile agli esperimenti su animali: ne ho fatti io stesso. Voglio semplicemente sottolineare
che, ser vendosi della propria testa piuttosto che dello scalpello, e possibile fare, nella maggior parte dei casi, esperimenti che non
infliggono ne dolori ne lesioni di nessun genere.
(4) Creso, vinto, riusci a persuadere il vittorioso Ciro a smettere le devastazioni compiute dal suo esercito, facendogli notare che i
beni che i soldati persiani distruggevano erano ormai diventati di sua proprieta (Senofonte, Ciropedia 7, 2, 11 sgg.).
(5) Quando, durante un pic-nic vide una ragazza che espelleva feci molto voluminose, si senti spinto «a stringergli la mano, e a
riconoscere che lei era Vuomo migliore dei due ».
(6) La claudicazione, che implica un suggestivo movimento in avanti e indietro, possiede un forte valore di stimolo sessuale per
molte donne. Nella mitologia greca, il marito di Afrodite e Efesto, che zoppica e che — oltre al gigante Pallas — e il solo dio
sufficientemente sensuale da tentare di violentare la vergine Atena (Powell, 1906). Un proverbio erotico delle Rumene dice: «Che
Dio ti preservi dall’essere picchiata da un cieco (che non puo vedere dove cadono i colpi) e dal farti foriere da uno zoppo, che ti cade
pesantemente addosso ». (Va ricordato che, per molte contadine, il fatto che il marito le picchi e un gesto d’amore). Durante la
guerra, un chirurgo navale mi racconto che gli uomini che avevano una gamba amputata piacevano particolarmente alle donne (cfr.
Mimnermos (?), frammento 23, Edmunds).
(7) Alcune persone reagiscono a questo stress adottando il modo di vita indigeno.
(8) Una coppia sedang autorizzo la figlia a sposare un soldato moi che veniva da un altro villaggio soltanto dopo che questi promise,
una volta tornato a casa, di stabilirsi nel villaggio della ragazza. Come soldato, lo credettero coraggioso, e quindi di grande valore
potenziale per il villaggio.
(9) Sarebbe interessante discutere qui di cio che ho chiamato «rituale di oppressione ». Devo accontentarmi di rinviare il lettore a un
lavoro in cui l’ho esaminato da vicino (Devereux 1965a).
418
Parte Quarta
LA DEFORMAZIONE COME VIA VERSO L’OBIETTIVITA
Freud, ha descritto la “ complementarita psicologica ” che si manifesta qui con una formula che somiglia in modo
impressionante alle idee di Bohr: « Non soltanto il significato dei sintomi e sistematicamente inconscio, ma esiste anche
una relazione di rappresentazione (Vertretung) reciproca tra questo carattere in conscio (del loro significato) e la
possibilita della loro esistenza ».
Pascual Jordan (1934, p. 248)
20. Perturbazione e comportamento provocato.
Si puo mettere in evidenza l’utilita scientifica delle « per turbazioni » create dall’osservatore e
dall’osservazione con siderando i mezzi dell’osservazione: gli esperimenti, i tests, le interviste sono anche
perturbazioni, visto che provocano un comportamento che altrimenti non avrebbe luogo.
Anche se si puo dire che ogni comportamento e provo cato, nel senso che e sempre una risposta a un
qualsiasi sti molo interno o esterno, e comodo distinguere tra due tipi ideali: il « comportamento provocato »
che consiste in rispo ste a esperimenti, tests, interviste ecc., e il « comportamento di vita » che consiste in
risposte a tutti gli altri stimoli. Inutile dire che la risposta deve, nei due casi, far parte del repertorio delle
possibilita dell’organismo.
Il comportamento provocato e sempre accompagnato da comportamenti di vita, perche e impossibile
immaginare delle tecniche capaci di produrre comportamenti che sopprimano ogni comportamento di vita. Il
ratto puo attraversare un labi rinto (comportamento provocato) solo se puo nello stesso tem po respirare
(comportamento di vita). L’iperamplificazione del comportamento provocato, al punto da rendere
impossibile qualsiasi comportamento di vita renderebbe l’esperimento au todistruttivo, e farebbe intervenire
l’Abtdtungprinzip di Bohr
(Capitolo 22). 11 comportamento provocato e una risposta a stimoli con
cepiti in modo da provocare un’attivita il cui valore per la scienza e anzitutto determinato dal modo in cui
differisce da un comportamento di vita e, in secondo luogo, dal modo in cui puo chiarire lo stimolo stesso.
421
Un ratto che preme su una leva per evitare uno shock elettrico, uno scimpanze che ottiene del cibo
utilizzando un gettone che ha dovuto prima « guadagnarsi » (con uno sforzo precedente), una persona che
risponde a un test di Rorschach o che e intervistata da un etnografo reagiscono a stimoli che non si
incontrano, o sono molto attenuati, nella vita reale. Del resto, la risposta (provocata) che questi individui
sono portati a fornire e una risposta che non hanno probabilmente mai dovuto produrre in precedenza, e
soprattutto non in quel particolare contesto. Questa specificazione elimina il Ror- schach-di-nuvole di cui
parla Aristofane {Le nuvole. 335 e se guenti).
L’esperimento cerca di provocare un comportamento in una forma che lo rende accessibile all’osservazione,
e suscet tibile di venire utilizzato come un dato scientifico:
1. si fa in modo che la risposta intervenga in isolamento — in vitro — al fine di renderla osservabile;
2. essa viene sufficientemente amplificata, in modo da poter venire misurata;
3. la si fa intervenire in contesti che, in genere, non provocano quella particolare risposta (riflesso
condizionato);
4. una risposta comprensibile e provocata in un conte sto oscuro, il cui significato viene poi chiarito dalla
risposta stessa (per esempio la domanda: « Mi spieghi, per favore! » dopo la registrazione delle risposte
iniziali a una tavola Ror schach);
5. si provocano risposte mai attualizzate in precedenza, ma che appartengono al repertorio delle unita di
comporta mento possibili (imparare a nuotare);
6. si provocano indicazioni derivate che evidenziano mo delli normalmente non attualizzati o attualizzati in
modi in comprensibili e indiretti (associazioni libere considerate come indicazioni sull’inconscio ecc.).
Nessun organismo puo produrre una risposta che non appartenga al repertorio delle sue potenzialita, e ogni
com
422
portamento provocato in un organismo e conforme al suo modello {pattern) fondamentale (1). Cio implica
che certi risul tati di esperimenti relativi all’apprendimento, praticati su ratti, ci informano piu sulla
psicologia dei ratti che sul processo di apprendimento. E un fatto che lo scienziato misconosce a suo rischio e
pericolo.
Caso 397. - Un esperimento su ratti si rivelo alla fine privo di qualsiasi valore perche lo sperimentatore —
che pure aveva lavorato per anni sui ratti! — aveva dimenticato che i ratti sono, per cosi dire, fotofobi, e
preferiscono spontaneamente un corridoio scuro del labirinto, a un passaggio dipinto in bian co. Questa
mancanza di interesse per il comportamento di vita caratteristico della specie ratto vizia molti esperimenti e
costi tuisce il prezzo che certi psicologi pagano al punto di vista centrato sul « ratto statistico ».
Si puo in genere distinguere tra comportamento di vita e comportamento provocato cercando di stabilire se la
risposta provocata e, in se, un valore finale, o soltanto un valore di indicatore, intermediario. Se chiedo a un
cameriere di portarmi una tazza di caffe, il fatto che egli lo faccia e un comporta mento di vita perche
termina la catena di eventi di cui sono stato l’iniziatore, e perche quest’atto terminale possiede per me valore
e significato solo in se stesso (2). Al contrario, la salivazione (condizionata) di un cane al suono di un campa
nello, o le risposte di un paziente a un test Rorschach non hanno, come tali, un valore finale. Il loro solo
valore per lo scienziato risiede nel modo in cui esse differiscono da altre risposte (di vita), o anche nel fatto
che esse possono chiarire un altro processo, forse piu fondamentale.
Per evitare oscurita inutili, mi occupero soltanto delle ri sposte provocate, diciamo, da un test proiettivo, pur
cercando di sottolineare gli aspetti che possono chiarire anche altre pro cedure di produzione di risposte e i
loro risultati.
Qualsiasi discussione del valore dei tests come tecniche che permettono di provocare un comportamento
deve poggiare
423
sulla premessa che, prima di tutto, ogni situazione di produ zione di risposte e ogni risposta prodotta
implicano tracce di situazioni e di risposte di vita. Cosi, la maggioranza dei sog getti che vengono sottoposti
a un test di Rorschach sono abi tuati a guardare un quadro o un testo scritto, e conoscono tutti l’esperienza di
lasciar vagare l’immaginazione prendendo come punto di partenza un testo o un quadro, oltre che quella di
esprimere in parole le proprie fantasie. Di fatto, quando la vita non ha fornito precedenti, il test puo rivelarsi
di realizza zione estremamente difficile.
Caso 398. - 1 Sedang hanno sculture figurative rudimentali, per esempio dei giocattoli, ma nessuna
rappresentazione realista bidimensionale di oggetti a tre dimensioni. Di conseguenza, la prima volta che
mostrai loro una fotografia, non vi videro in un primo momento che delle macchie bianche e nere (Deve-
reux 1957b). Questa costatazione significa che i Sedang avreb bero difficolta a vedere qualcosa di «
tridimensionale » su una tavola di Rorschach; un riassunto psicodiagnostico della loro personalita etnica
dovrebbe quindi tener conto della loro man
canza di familiarita con le immagini a due dimensioni. Il modo, culturalmente condizionato, in cui un gruppo
si rappresenta o percepisce le forme e i colori in situazioni di vita potrebbe quindi non soltanto influenzare le
sue risposte a un test di Rorschach, ma anche costituire in se una specie
di risposta di Rorschach. Caso 399. - Linton ha notato (1956) che, mentre un Ame
ricano vedrebbe due donne in una certa tavola di Rorschach, un Kwakiutl vi vedrebbe probabilmente una
sola persona taglia ta in due. Una risposta simile verrebbe generalmente inter pretata come l’espressione di
una forte ostilita, ma e piu como do riferirla all’abitudine kwakiutl di rappresentare gli animali su una
superficie piatta, come se fossero tagliati in due ... il che, come lo stesso Linton suggerisce, potrebbe essere
in se l’espres sione di una intensa aggressivita dei Kwakiutl.
424
Caso 400. - I Sedang disegnano sistematicamente dei mo tivi bianchi su fondo scuro. Invece di tracciare un
disegno scuro su una canna di bambu di colore naturalmente chiaro, essi cominciano con l’annerire la canna,
e vi incidono poi un disegno chiaro. I tessuti, di un naturale colore bianco grezzo, sono analogamente bordati
di una fascia scura, decorata con motivi bianchi. Inoltre, un’osservazione del loro comportamen to rende
evidente che essi percepiscono meglio un motivo bianco su fondo scuro che un motivo scuro su fondo
bianco. Quando, di notte, attraversano una risaia, inciampano piu fre quentemente di quando attraversano la
foresta — perche, credo, il sentiero che attraversa i campi sembra scuro rispetto al verde e giallo pallidi dei
gambi di riso, mentre il sentiero nella foresta sembra chiaro rispetto agli alberi e ai cespugli. Queste
costatazioni suggeriscono che a causa del condiziona mento culturale i Sedang si interesserebbero
probabilmente alle zone chiare delle tavole di Rorschach — e la tendenza a rea gire ai particolari bianchi
riflette generalmente la collera e l’aggressivita, che sono tratti salienti del carattere etnico dei Sedang.
I modi culturalmente condizionati di percepire le situazioni di vita corrispondono anche a tests proiettivi,
cosi come i pro dotti della cultura stessa.
Caso 401. - Wallace (1950) ha dimostrato che i geroglifici dei Maya, analizzati come se fossero risposte a un
Rorschach, forniscono un quadro psicodiagnostico coerente sia con le descrizioni antiche che con le moderne
caratterizzazioni psi codiagnostiche di questa etnia.
A rigore, le risposte Rorschach o TAT contengono anche molte risposte di vita non proiettive, generalmente
trascurate. Di conseguenza, soltanto gli elementi della risposta totale, che sono prima di tutto risposte
provocate, sono trattati come dati. Inoltre, la non produzione di una risposta attesa — per esem pio
l’affermazione che non si vede assolutamente nulla in una macchia d’inchiostro di una tavola di Rorschach
— deve
425
essere considerata come un importante comportamento pro vocato ai fini della diagnosi.
Spesso, il comportamento provocato in una situazione di test e altamente specifico, non e cioe
semplicemente un nuo vo tipo di risposta di vita, ma una risposta sui generis il cui carattere distintivo e in
precedenza assicurato dal test stesso. Questa risposta sottende inoltre sempre il motivo fondamentale
implicato nelle effettive risposte di vita dello stesso soggetto (a volte meno utilizzabili sul piano scientifico).
Il motivo e anzi spesso manifestato piu chiaramente di quanto lo sia nelle risposte di vita effettive.
La definizione quasi contrattuale di una situazione di pro duzione di risposte come situazione libera —
implicante cioe meno obblighi e conseguenze che una situazione di vita — puo, in se, provocare risposte non
abituali.
Caso 402. - Una ragazza leggermente nevrotica, e in genere poco inibita, trovo il bel psicologo che la
sottoponeva a test — tra cui quello di Rorschach — cosi attraente che approfitto della situazione,
contrattualmente disinibita, per fornire un numero insolitamente elevato di risposte sessuali, del tutto
« appropriate » e per nulla bizzarre, in modo da comunicare allo psicologo la sua disponibilita come partner
sessuale.
L’efficacia dei tests proiettivi e dovuta, in larga misura, alla liberta contrattuale prevalente nella situazione di
test. Dal punto di vista del Super-Io e della morale, si tratta di una sorta di situazione « come se », che
implica una attenuazione della responsabilita. In effetti, cosi come si puo constatare una atte nuazione della
responsabilita rispetto ai sogni (Freud 196la), il carattere « come se » della situazione di test facilita l’emer
gere di materiali abitualmente rimossi (3).
Anche quei pazienti in analisi che sembrano rifiutarsi di accettare l’aspetto « tutto e permesso » della
situazione anali tica possono in realta sfruttarla in modo indiretto.
Caso 403. - Una paziente in analisi, di un rigido purita nismo, sottolineo con energia che anche la situazione
analitica
426
doveva essere estremamente morale. Lei trovava quindi « in concepibile » che io potessi violare la
deontologia professio nale portanto con me nello studio il mio pene (4). Naturalmen te, non poteva sapere
come avrei potuto staccarlo e lasciarlo pudicamente in un’altra stanza. In realta il suo rifiuto, a un primo
livello, del carattere permissivo della situazione analiti ca le permetteva di approfittarne, a un secondo
livello, per parlare lungamente della mia mancanza di pudore e del mio pene.
La cultura esercita a volte una profonda influenza sul modo in cui si assumono le responsabilita sia rispetto
ai propri sogni, sia nei confronti di un comportamento provocato in una situa zione di test.
Caso 404. - Padre Andre Dupeyrat mi racconto che i Me lanesiani e i Papua convertiti confessano di aver
commesso un adulterio anche se l’hanno soltanto sognato, perche non distinguono tra azioni compiute in
stato di veglia e azioni so gnate. Si sentono quindi altrettanto responsabili di cio che fanno e di cio che
sognano.
L ’aspetto « come se » di molte situazioni di produzione di risposte spiega in parte perche la psicoanalisi e
cosi efficace come tecnica produttrice di comportamento. La posizione distesa del paziente, l’assenza
dell’analista dal suo campo visivo, e la sua tolleranza verso le reazioni di transfert provocano nell’analizzato
un comportamento ch’egli non esibisce in modo osservabile — o che comunque non esibisce consciamente
— nelle situazioni di vita normale.
Risultati piu o meno simili possono essere ottenuti appli cando tests che richiedono un tipo di attivita non
familiare, di carattere regressivo: per esempio la produzione di un oggetto la cui qualita non puo essere
valutata dalla persona sotto posta a test.
Caso 405. - Il test che richiede di disegnare un uomo e relativamente strutturato, perche il soggetto sa come e
fatto un uomo; il soggetto cerchera inoltre di fare un disegno il piu
427
28

possibile « artistico ». La Barre (1961) ha quindi ragione di menzionare anche alcuni tests proiettivi nel suo
saggio sull’ar te: una delle preoccupazioni latenti del soggetto e, a mio avvi so, di natura artistica. Il
dipingere con le dita {finger painting, inventato da Ruth F. Shaw) e invece, un test regressivo, non strutturato
e privo di precedenti. Favorisce quindi una parziale regressione allo stadio dello sporcarsi con le feci — il
che spiegherebbe perche tante pitture fatte con le dita rivelano
tratti anali della personalita o contengono rappresentazioni dis similate e inconsce degli intestini e degli
orifizi del corpo (5). Il test non e strutturato perche il soggetto deve scoprire da solo cio che si puo fare con
questo genere di pittura. Non ha precedenti perche praticamente nessun soggetto ha mai visto una pittura
fatta con le dita. Di conseguenza, visto che i sog getti cercheranno di realizzare una norma artistica, anche
que sta norma sara opera loro e costituira un interessante dato per la diagnosi. Questa e la ragione per cui
contesto l’abitudine della Shaw, che spiega ai soggetti come dipingere con le dita. In realta, la grande
bellezza delle sue opere non si limita a for
nire loro una norma estetica esterna, ma mostra anche quel che si puo fare con la tecnica della pittura con le
dita. Si tratta di una inutile strutturazione del test, che limita la spontaneita (provocata) del soggetto e
diminuisce di conseguenza il valore diagnostico della pittura con le dita.
Nelle situazioni di produzione di risposte, molte regole di comportamento normale sono « contrattualmente »
abolite. L’autopresentazione del soggetto in una simile situazione si distingue quindi dalla sua
autopresentazione normale quanto il comportamento di un uomo infuriato o ubriaco differisce dal suo
comportamento normale. Naturalmente, il comporta mento provocato e/o il comportamento in stato di
ubriachezza sono altrettanto rivelatori che il comportamento normale del soggetto. Gli stati affettivi
eccezionali non fanno spesso altro che amplificare tendenze e unita comportamentali in genere inibite, e che
si devono conoscere, se si vuole comprendere
428
OBHOnnMHIH

pienamente la personalita del soggetto. Esistono persino situa zioni di vita assolutamente non-strutturate, o
strutturate sol tanto in modo negativo, in cui il soggetto adotta un com portamento che, dal punto di vista
diagnostico, puo essere trattato come un comportamento provocato.
Caso 406. - Il codice sessuale occidentale, in gran parte negativo, non propone alcuna regola di
comportamento per una vita sessuale razionale. Ecco perche il comportamento coitale e spesso una specie di
psicodramma (significativo dal punto di vista diagnostico) provocato dal carattere non strut turato della
situazione sessuale. Questa e la ragione per cui Fanalista studia con cura il comportamento coitale dei suoi
pazienti. Inversamente, quando un codice culturale — come il Kama Sutra — fornisce regole troppo
minuziose, il compor tamento coitale puo trasformarsi in un rito senza significato affettivo. Cio potrebbe
spiegare perche gli Indiani di oggi, che non seguono piu le direttive di questo genere di manuali reli giosi di
comportamento sessuale, hanno tante difficolta di ordi ne sessuale.
Inutile dirlo, l’adagio in vino veritas e il valore diagnostico del comportamento provocato non implicano che
la vera natu ra dell’uomo si riveli soltanto nell’ubriachezza e nei tests. C’e una grande verita psicologica
anche in un comportamento sobrio o non provocato, anche se per certi aspetti e anche per certi scopi il
comportamento provocato rivela certamente di piu — per esempio amplificando i desideri inconsci e
riducendo le difese. Percio, non basta dire semplicemente che un test
« dice di piu » su un soggetto che la sua normale condotta di vita: bisogna anche precisare cio che una certa
tecnica rivela, e quale luogo queste rivelazioni occupano nell’immagine glo bale che si ha della personalita
del soggetto.
Del resto, qualsiasi tecnica di produzione di risposte rap presenta anche un filtro selettivo che, come un
prisma, ha uno specifico coefficiente di rifrazione (Caso 405). Esso seleziona e isola gli elementi, in genere
non identificabili, di un composto
429
complesso. Inoltre, proprio perche ogni test amplifica certi tratti, ne attenua necessariamente altri. La
maggior parte dei tests proiettivi sono costruiti in modo da captare gli aspetti o i livelli nascosti della
personalita, o comunque sistematica- mente attenuati nelle situazioni di vita. Questi comportamenti sono del
resto altrettanto importanti per lo psicologo che, per un biologo, gli organi interni di un animale. Eppure,
1’esistenza di organi interni non ha mai spinto i biologi a negare resi stenza della pelle. Qualche psicologo,
psichiatra e psicoanalista si comporta invece come se la sola cosa che conta veramente e l’inconscio del
soggetto.
Ci sono naturalmente anche studiosi del comportamento che vanno all’estremo opposto, e pretendono che i
dati prodotti dalla psicoanalisi o dai tests proiettivi non riflettono «real mente » la struttura fondamentale
della personalita. Queste opinioni sono smentite dal fatto che gli stessi specialisti dei tests non possono
falsificare in modo convincente i risultati dei tests psicopatologici.
Caso 407. - Una specialista del Rorschach, affettiva mente stabile, tento, in via sperimentale, di fabbricare
dei protocolli Rorschach tipici della mania, della schizofrenia, della paranoia ecc. ... Dopo aver completato
queste contraffa zioni, trovo che, senza alcuna eccezione, il quadro diagnostico finale restava, malgrado vi
figurassero un certo numero di risposte « tipicamente schizofreniche » ecc., quello della sua personalita sana,
anche se manifestamente deformata.
Non vi e dunque tra comportamento provocato e compor tamento di vita nessuna differenza di « valore »:
nessuno dei due e piu « naturale » dell’altro. Comportamento provocato e comportamento di vita sono di
natura diversa, ma soltanto a causa dell’interazione differenziale dei loro elementi costitu ivi, cosi come
appaiono alla superficie visibile del comporta mento.
Un quadro della personalita di un soggetto, fondato esclu sivamente su dati ottenuti tramite tecniche di
produzione di
430
risposte non e quindi mai « tutta la verita », e non contiene necessariamente una parte maggiore di questa «
verita totale » di un quadro composto di elementi di comportamento di vita osservabile. Non e mai neppure
una copia non deformata del- l’autorappresentazione del soggetto nelle situazioni di vita. E una
rappresentazione diversa, un complemento deH’immagine costruita su elementi del comportamento di vita.
Tutte le imma gini parziali di questo genere sono necessariamente caricatu rali, e devono essere fuse in una
immagine comprensiva della personalita del soggetto.
Eppure, questo non e l’unico aspetto importante. Non sol tanto ogni test proiettivo suscita una diversa
proiezione della personalita e ne sottolinea certi specifici tratti — manifesti o latenti — a spese di altri.
Bisogna aggiungere che ogni tecnica sperimentale possiede un coefficiente sui generis di rifrazione: una
risposta provocata deforma la personalita in modo diverso a seconda che e stata ottenuta in una situazione
psicoanalistica, tramite test proiettivo o durante una ricerca etnografica. Que ste tre risposte non possono
venire direttamente combinate in un quadro unificato. Devono prima essere trasformate e unifi cate in modo
da deformare nello stesso modo tutti gli aspetti della realta.
Una analogia puo aiutarci a farci un’idea di questo proce dimento: un cartografo non puo limitarsi a
sovrapporre una carta proiettiva in cui l’Olanda e a uguale distanza dagli azimuth, una carta proiettiva di
Mercator del Belgio, una proiezione ortogonale della Francia e una proiezione polico nica della Spagna per
ottenere una carta dell’Europa occi dentale. Queste carte non si accordano tra loro, perche ognuna di esse e
stata costruita per uno scopo diverso. Ognuna defor ma (proietta) diversamente l’area rappresentata, perche e
geometricamente impossibile proiettare su una superficie pia na (una carta) una superficie curva a tre
dimensioni senza deformarla sistematicamente in un modo o nell’altro. Cosi il cartografo deve prima definire
lo scopo cui deve rispondere
431
la carta, e proiettare poi la superficie curva sulla superficie piana in modo che certe proprieta della superficie
curva resti no invariate nella proiezione, anche se altri aspetti saranno deformati. v
Dopo aver determinato lo scopo per il quale deve costruire la carta deirEuropa occidentale, il cartografo
prende succes sivamente ognuna delle quattro carte di base, «manipolan dole » e deformandole fino a che
presentino tutte e quattro delle deformazioni dell’Europa occidentale uniformi e con formi a uno scopo
definito. Solo a questo punto le quattro carte diventano giustapponibili.
Un cattivo cartografo, che ignora la geometria proiettiva, procede in modo diverso. Sceglie nelle quattro
carte le parti meno deformate, le taglia, e poi cerca di metterle insieme; piu tardi, si accorgera che quelle
sezioni « non deformate », semplicemente non si articolano tra loro. Se comincia allora a smussare i contorni
dei segmenti di carta per poterli mettere insieme, ne ottiene soltanto un mostro cartografico che defor ma
ogni sezione molto di piu della carta iniziale.
E probabilmente perche non hanno compreso la rilevanza di questa analogia per l’interpretazione globale
delle batterie di tests proiettivi che alcuni psicologi di terz’ordine elaborano
« profili diagnostici » scritti in gergo, che attribuiscono ai sog getti processi e stati intrapsichici a volte molto
bizzarri, nel vano tentativo di conciliare i risultati grezzi dei Rorschach — che proiettano la personalita in un
certo modo — e i risultati, ugualmente non elaborati, dei tests di Szondi — che la proiettano in modo
diverso.
La stessa ingenuita ispira anche la fede dei partigiani della scuola detta general semantics, secondo i quali «
la carta deve corrispondere al territorio » ... senza che si precisi in alcun modo come — e per quale scopo —
la carta deve «corri spondere », cioe senza stabilire il sistema di proiezione utiliz zato per stabilire la carta.
432
E soltanto rendendo uniformi gli insiemi di dati bruti ottenuti utilizzando tecniche diverse, cioe deformandoli
secon do un unico sistema, che e possibile costruire una rappresen tazione del comportamento capace di dare
un’immagine sod disfacente di una realta tanto complessa.
E quasi sempre possibile evitare le interpretazioni impro priamente sincretiche di un insieme di dati fomiti
dai tests, riferendosi ai seguenti punti:
1. tutti i tests cercano soprattutto di provocare cio che non e osservabile o manifesto nel comportamento di
vita: 2. ogni test proietta particolarmene bene un aspetto specifico della personalita. Cosi, le tendenze
omosessuali si riflettono piu chiaramente nel test di Szondi che in quello di Wechsler-Bellevue, anche
quando quest’ultimo e utilizzato
come test proiettivo. Cio implica che:
1. l’interpretazione composita di un insieme di tests rivela piu chiaramente le strutture nascoste che le
strutture manifeste della personalita;
2. l’interpretazione composita di una batteria di tests deve valutare in modo diverso il tratto X a seconda che
e rivelato dal test A, che tende a esagerarlo (o a minimizzarlo), o dal test B, che lo proietta in modo invariato;
3. si deve valutare in modo diverso il tratto X, a secon da che e rivelato dal test A, che lo proietta quale si
manife sta nel comportamento di vita, o dal test B, che ne rivela principalmente le manifestazioni inconsce;
4. bisogna trattare diversamente i dati che provengono dal comportamento di vita e quelli, in genere inconsci,
pro vocati dalla situazione di osservazione;
5. l’interpretazione separata di questi due insiemi di dati deve precedere gli sforzi di chiarire la loro
interazione.
Ogni buon clinico specialista in tests procede istintiva mente in questo modo; i suoi rapporti saranno quindi
chiari e non scritti in gergo, mentre quelli degli altri sono in genere
433
confusi e gergali. Lo stesso vale per le interpretazioni psico analitiche e etnologiche, e doppiamente per le
interpretazioni etnopsicoanalitiche.
Caso 408. - Le interpretazioni etnopsicoanalitiche di Roheim — con le quali non sono sempre d’accordo —
hanno sempre una chiarezza e una precisione intrinseche. La sola difficolta nella lettura di Roheim viene dal
fatto che egli sup pone nel lettore una conoscenza della psicoanalisi e della etnologia simile alla sua. Roheim
salta quindi molte tappe intermedie del ragionamento. Al contrario,’ la complicata interpretazione proposta
da Erikson (1943) della visione del mondo degli Yurok non contiene lacune che il lettore debba colmare da
se, ma colpisce per la sua intrinseca inverosimi glianza. Nel suo caso, si tratta molto piu di filosofia che di
etnologia o psicoanalisi.
Anche il miglior profilo diagnostico, costruito seguendo i migliori principi, e una proiezione (deformata)
della persona lita del soggetto cosi come questa funziona in una situazione di produzione di risposte. Vi si
trovano quindi una minimiz zazione dei tratti di comportamento di vita che i tests — costruiti per
raggiungere il materiale inconscio — ridu cono in maniera sistematica. Questa non e pero una situa zione
irrimediabile. In effetti, utilizzando i tests diagnostici in modo nuovo, si possono raggiungere anche i livelli
manifesti della personalita, e captare i tratti che si manifestano general mente nelle situazioni di vita. Una
utile tappa su questa stra da e la pratica che consiste nel registrare non soltanto le rispo ste ai tests, ma anche
il comportamento del soggetto nella situazione di test. Un’altra innovazione potrebbe consistere nel prestare
una specifica attenzione ai tratti che un dato test riduce in modo notevole. Per esempio il test di Szondi, che
amplifica le pulsioni fondamentali, disamplifica l’intelligenza, in modo che si tiene raramente conto dei suoi
risultati nella valutazione dell’intelligenza del soggetto. Ma proprio perche non costituisce che un mediocre
strumento per valutare l’intel
434
ligenza coinvolta nella situazione sperimentale, un test di Szondi ben analizzato potrebbe fornire
informazioni impor tanti sull’intelligenza del soggetto nelle situazioni di vita.
In altre parole, gli indici delle capacita intellettuali del soggetto che riescono ad apparire nel test di Szondi
sono di grande importanza per valutare il funzionamento delle sue capacita intellettuali nelle situazioni di
vita, che implicano la mobilitazione delle pulsioni. Di fatto, e probabile che l’auten tico rapporto tra le
effettive capacita intellettuali e quelle potenziali di un dato soggetto puo essere meglio valutato oppo nendo
l’attitudine potenziale — rivelata dal test di Wechsler- Bellevue — all’effettiva realizzazione di capacita
intellettive — che puo manifestarsi tramite il test di Szondi — piuttosto che comparando valori di
potenzialita e di realizzazione misu rati unicamente ricorrendo al Wechsler-Bellevue. Inversamen te, visto
che il Wechsler-Bellevue non e particolarmente sen sibile alle pulsioni latenti, i dati sulle pulsioni ottenuti
tramite questo test potrebbero chiarire il ruolo delle pulsioni nel
comportamento di vita effettivo del soggetto, meglio di quanto lo possano fare i risultati del test di Szondi,
che rivelano la struttura pulsionale provocata del soggetto.
Un quadro completo della personalita puo risultare sol tanto da una giudiziosa calibrazione reciproca dei
comporta menti provocati e di vita da un lato, e dei risultati ottenuti tramite l’applicazione dei diversi tests
dall’altro. Nelle situa zioni di produzione delle risposte, come nello studio delle perturbazioni causate
dall’osservatore e dall’osservazione, la via reale verso l’obiettivita e l’utilizzazione immaginativa delle
deformazioni che i metodi di produzione delle risposte fanno subire ai dati. Precisamente perche la realta
diventa semplice soltanto dopo che abbiamo riconosciuto la sua complessita apparente, si puo scoprire la
verita soltanto considerando l’esistenza delle complessita e delle difficolta come il dato fon damentale e
caratteristico della ricerca scientifica (6).
435
NOTE
(1) Cosi, se si rompono alcune delle zampe di un certo insetto ( Apio- pus mayeri) esso continuera a camminare muovendo in
diagonale le zampe che gli restano, anche se, per far cio, deve cambiare l’ordine in cui le muo veva in precedenza.
(2) I nevrotici trasformano spesso un valore finale ( end-value) in un valore di indice (clue-value); per esempio, interpretando la
gentilezza di un cameriere in un caffe come un segno di amore, o come la prova tangibile del loro carisma personale.
(3) Ho potuto utilizzare con successo il fatto che ci si sente meno responsabili dei sogni che dei gesti quotidiani nella psicoterapia di
un Indiano delle Pianure, che ho incoraggiato a risolvere i suoi problemi in sogno (Devereux 195la).
(4) Visto che lei pensava che le donne non hanno organi genitali, ma soltanto una « apertura » (Caso 232), la presenza dei suoi
organi genitali nel mio studio non creava problemi.
(5) La selettivita inerente a ogni test sara discussa piu ampiamente piu tardi.
(6) Non c’e bisogno di insistere sul fatto che i problemi esaminati in questo capitolo vanno assolutamente distinti dall’analisi attenta e
penetrante che ha fatto Sarason dell’etnologo, dello psicologo e dell’informatore come «fonti di errore » (Gladwin e Sarason 1953).
Sarason cerca — legittimamente — di identificare e correggere l’er rore, mentre, da parte mia, cerco di servirmene, utilizzandolo
come un dato.
436
21. - L’utilizzazione delle perturbazioni prodotte dall’osser vazione.
Il fatto che non si possono registrare ne interpretare senza deformazioni i dati ansiogeni che caratterizzano il
comporta mento sembra implicare l’impossibilita di una scienza obiet tiva del comportamento. Se questa
supposizione fosse vera, si potrebbe affermare che anche la Fisica e analogamente impossibile, visto che gli
irrimediabili difetti degli apparati sperimentali e anche quella che viene chiamata l’equazione personale del
ricercatore introducono errori sistematici anche negli esperimenti in Fisica. In effetti, persino la matematica
non puo sfuggire ai limiti umani.
Caso 409. - Qualche decennio fa, un noto matematico pubblico una « dimostrazione » del teorema di Fermat,
in una delle riviste di matematica piu importanti del mondo. Purtroppo, sia l’autore che il redattore
desideravano talmente che il teorema venisse dimostrato che nessuno dei due si accorse di un errore iniziale
che invalidava completamente il resto della « dimostrazione » (1).
Una (ingiustificata) fonte di disperazione nella scienza del comportamento e il fatto che la semplice presenza
di un osservatore introduce una nuova variabile nella situazione che osserva. L’osservatore disturba lo
svolgersi normale dei fatti e l’abituale struttura delle relazioni al punto che l’evento osservato non avviene
come se l’osservatore fosse assente. Cio sembra implicare che non puo esistere un osservatore reale capace
di raggiungere il tipo e il grado di obiettivita che puo fornire un osservatore invisibile (2).
437
La presenza di un osservatore puo rompere l’equilibrio economico.
Caso 410. - Il denaro che ho speso a Tea Ha rappre sento un tale afflusso di ricchezza che l’estensione dei
campi coltivati fu ridotta dai Sedang durante il mio soggiorno. Se avessi trascurato questo fatto, le mie
informazioni sull’esten sione dei campi normalmente coltivati a Tea Ha sarebbero state inesatte.
Lo statuto di informatore puo essere profondamente influenzato dalla frequentazione dell’etnografo *di
passaggio. Caso 411. - Durante il primo decennio di questo secolo, Kroeber lavoro in modo intensivo con i
Mohave piu vecchi che, inevitabilmente, dovevano morire qualche tempo dopo. I Mohave erano pero
convinti che erano morti a causa dei loro intimi rapporti con uno straniero, il cui « sangue forte » aveva
«colpito» il loro «sangue debole» (Devereux 196la). Caso 412. - Prima di diventare un mio informatore,
Mbrieng era un uomo piuttosto povero, e un po’ disprezzato dalla gente di Tea Ha: la sua mancanza di
energia fisica io faceva sembrare pigro. Dopo aver lavorato un anno e mezzo con me, divenne uno degli
uomini piu prosperi del villaggio,
e quindi anche uno dei piu influenti. Il semplice fatto che una persona sa di essere osservata
influenza radicalmente il suo comportamento. Naturalmente, il grado di modificazione del suo
comportamento non sara lo stesso se l’osservatore e membro dello stesso gruppo cui appartiene l’osservato
(in-group), se la sua presenza e motivata da qualche serio affare, o se e invece uno straniero venuto a studiare
gli eventi armato di cronometro e macchina foto grafica.
Caso 413. - I miei informatori Sedang mi dissero spesso che durante le bevute (rituali) si facevano molti
giochi ses suali, e mi citarono una serie di esempi per confermarlo. Fui in un primo momento tentato di non
credere a queste affer mazioni, perche non avevo osservato nessun gioco sessuale
438
durante le molte feste cui avevo assistito. Quando pero la mia adozione mi fece diventare un membro del
gruppo (in group), fui testimone di molti episodi che confermavano le precedenti affermazioni dei miei
informatori, e non si accor davano con le mie prime osservazioni. Prima della mia ado zione, la mia presenza
inibiva il comportamento amoroso; dopo di essa, la gente si comportava in mia presenza in modo del tutto
normale (Caso 415).
Cosi, per quel che riguarda il comportamento abituale durante le bevute rituali, le mie osservazioni erano, per
certi aspetti, meno « corrette » delle affermazioni degli informatori.
Cio non significa pero che le relazioni dei miei informatori erano piu fedeli ai fatti delle mie prime
osservazioni. Erano semplicemente fedeli ad altri fatti. La mia presenza, come osservatore, creava anomalie,
mentre i loro racconti, forse leggermente esagerati, si riferivano al comportamento nor male. In breve, ho
annotato con precisione degli eventi per turbati; i miei informatori mi hanno invece fornito racconti
soggettivamente deformati di eventi non perturbati.
Nello stesso tempo, le mie osservazioni iniziali registra vano una tipica reazione sedang a una situazione di
osserva zione, nella quale la mia presenza assumeva il ruolo di elemen to scatenante. I miei appunti di quel
periodo hanno quindi soltanto un significato leggermente maggiore dal punto di vista psicologico che da
quello etnologico, visto che i Sedang, in presenza di estranei, frenano le manifestazioni di erotismo.
I dati forniti dagli informatori registravano invece le usanze normali dei Sedang, cosi come si manifestano al
di fuori di situazioni d’osservazione o sperimentali. Sono quindi legger mente piu significative dal punto di
vista etnologico che da quello psicologico, anche se il modo in cui il comportamento erotico mi veniva
descritto illuminava la personalita dei diver si narratori. Le storie raccontate da Mbrieng erano in genere piu
rabelaisiane di quelle che raccontava Mbrao. Quest’ultimo mostrava il suo imbarazzo cospargendo i racconti
con osser
439
vazioni del tipo: «vedi, ti dico tutto, non mi vergogno!». Una fonte supplementare di deformazione in questo
genere di racconti e il fatto che sono rivolti a una persona in particolare. Una volta diventato mio padre
adottivo, Mbrao dovette sfor zarsi ancora di piu per superare il pudore, mentre Mbrieng, con cui avevo
stretto, tramite l’adozione, un legame di « paren tela di scherzo » divenne piu rabelaisiano che mai.
A volte, certe differenze di personalita possono indurre due informatori a raccontare un costume o una
credenza in modi che sembrano divergenti. Un esame accurato puo rive lare che i due racconti sono del tutto
compatibili, almeno dal punto di vista dei significati latenti.
Caso 414. - Il calmo Ahma Humare mi spiego l’etiologia della malattia hikwlr (attacco da parte dei serpenti
sovran naturali) in modo non sessuale, mentre l’esuberante Hivsu Tupoma me la descrisse in termini
nettamente osceni (coito sott’acqua). In realta, e chiaro che i due informatori dicevano la stessa cosa: il
rapporto tra i due racconti e simile a quello tra contenuto manifesto e contenuto latente di un sogno.
(Devereux 196la) (vedi anche i Casi 6, 7 e 8).
Questi risultati non confermano affatto l’ostinata affer mazione di Jules Henry (1961) secondo il quale i dati
otte nuti per osservazione diretta sono necessariamente superiori a quelli ottenuti parlando con gli
informatori (3). Un infor matore e certamente meno esatto che una macchina foto grafica. Eppure, una
attenta analisi delle sue affermazioni permette in genere di correggere le deformazioni introdotte dal suo
particolare punto di vista, mentre e praticamente impossibile decidere quale parte di un comportamento foto
grafato si sarebbe verificata anche in assenza dell’obiettivo, e in quale misura il comportamento e stato
radicalmente modificato — o addirittura provocato — dal fatto che il sog getto era cosciente della presenza
di una macchina fotografica. Possiamo almeno essere certi che riprendere un comporta mento rituale
influenza meno lo svolgersi del rito che la
440
ripresa di una attivita spontanea, banale e poco strutturata. In effetti, la rigidita del modello {pattern)
liturgico neutralizza in parte l’impatto perturbatore del dispositivo di osserva zione, mentre una sequenza
meno consapevolmente struttu rata — la cottura di un pasto, l’allattamento di un bam bino — e
probabilmente influenzata in modo radicale dalla coscienza che ha il soggetto di venire osservato e
fotografato.
Caso 415. - Le mie prime fotografie dei diversi riti sta gionali dei Sedang sono, in tutti gli aspetti
significativi, ana loghe a quelle che presi un anno piu tardi. C’e pero una sensibile differenza tra le istantanee
prese durante la prima meta del mio soggiorno, e quelle realizzate durante la seconda meta. Nelle prime, i
soggetti appaiono imbarazzati e fissano l’obiettivo. Nelle seconde, appaiono distesi, pochi fissano l’obiettivo
e la maggioranza continua a dedicarsi alle proprie occupazioni.
Il racconto di un evento da parte di un informatore e necessariamente filtrato dalla struttura della sua
personalita. Il racconto e, oltre a cio, anche modellato dalla cultura, che precisa non soltanto cio che doveva
succedere, ma anche come bisogna raccontare quel che e successo (4). Le afferma zioni di un informatore
possono dunque essere meno esatte, ma culturalmente piu rivelatrici, delle osservazioni di un estraneo. Del
resto, un ipotetico osservatore invisibile, confi nato alla sola testimonianza dei sensi, non potrebbe imparare
assolutamente nulla sul modo in cui la cultura si lascia osser vare, e mostra i fatti, ne su come i membri della
societa reagi scono al fatto di venire osservati. Considero cosi importanti questi aspetti della cultura che ho
spesso avuto cura di chie dere a un informatore sedang di raccontarmi un avvenimento che avevo osservato
di persona, e che avevo registrato dal l’inizio alla fine, al solo scopo di imparare come un Sedang percepiva e
raccontava quell’avvenimento (Caso 416).
Non sto certamente cercando di insinuare che non dovrem mo osservare, fotografare o filmare tutto quel che
e possibile.
441
Ma e augurabile che si ottenga in seguito un racconto verbale dell’avvenimento in questione, fatto da
partecipanti o da osservatori indigeni, e che se ne discuta con loro nei detta gli, in modo da scoprire qual e il
modo « convenzionale », specifico della cultura considerata, di percepire e raccontare un evento.
Caso 416. - Ho visto la moglie di Mbrieng partorire un bambino, e ho persino cronometrato la frequenza dei
dolori. Sono quindi assolutamente certo dei fatti che ho registrato, come sono sicuro che la mia presenza ha
avuto un impatto sulla situazione, e forse anche sulla frequenza delle doglie. Ho poi discusso dell’evento di
cui ero stato testimone con Mbrieng per avere il suo « punto di vista », e anche una sua valutazione sul suo
comportamento, la cui rettitudine e decen za erano state contestate dalla figlia. Scoprii cosi che que st’uomo,
eternamente a corto di denaro (Caso 412) aveva trovato legittimi sia il suo rifiuto di promettere un sacrificio
— anche dopo che le difficolta del parto erano diventate evi denti — sia la sua capitolazione finale davanti
all’insistenza della famiglia. Dal suo punto di vista, aveva semplicemente cercato di salvaguardare la
situazione economica della fami glia. La figlia appena pubere, che fungeva da levatrice invece, anche senza
tener conto delle sue angosce edipiche ne di qulle generate dalla rivalita tra germani, era evidentemente
indignata di cio che considerava un atteggiamento di fredda avarizia. L’indomani, vi reagi con una crisi
isterica distruttiva, che rese necessario un intervento psicoterapeutico urgente.
In questo caso la piena verita poteva venir scoperta solo calibrando reciprocamente dati molto diversi: le mie
osser vazioni personali, l’influenza della mia presenza sugli avve nimenti, il modo in cui Mbrieng percepiva
il suo comporta mento, la reazione della figlia al comportamento del padre e il conseguente intervento
psicoterapeutico — che mi forni
442
informazioni sui veri sentimenti provati dalla ragazza, che non avrei potuto ottenere in nessun altro modo
(5).
Molti « primitivi » trovano ovvio che una situazione, reale o mitica, puo venire percepita in modi diversi.
Non soltanto cio mi e stato esplicitamente detto da una Mohave, ma si tratta anche di una componente del
modello globale secondo il quale si sognano i miti (myth dreaming pattern) in quella tribu. Questa e del resto
una delle tradizionali cause di frizio ne tra persone che hanno « sognato » (?) lo stesso evento mitico in modi
diversi (Devereux 1957c).
La visibilita dell’osservatore, che influenza gli eventi che osserva, non e dunque un fatto che giustifichi lo
sconforto. Quando i fisici compresero che la semplice « ispezione » del l’elettrone influenza in modo cosi
radicale il suo comporta mento che diventa impossibile determinarne simultaneamente e con uguale
precisione la posizione e il momento, Heisenberg non abbandono gli esperimenti sugli elettroni, ma formulo
il suo famoso «principio di indeterminazione». Questo prin
cipio non e, come spesso si crede a torto, un enunciato sulla realta fisica «non osservata», o che si svolge
«senza inter ferenze », ne un rifiuto della causalita, ma una formulazione teorica e una utilizzazione creativa
dei limiti della sperimen tazione (Capitoli 23, 24).
Invece di deplorare la perturbazione dovuta alla nostra presenza sul campo o nel laboratorio, e invece di
mettere in dubbio l’obiettivita di qualsiasi osservazione del comporta mento, dovremmo affrontare la
difficolta in modo costruttivo e scoprire quali insights positivi, non suscettibili di venire ottenuti con altri
mezzi, possiamo trarre dal fatto che la presenza di un osservatore (dello stesso ordine di grandezza di cio
che osserva) perturba Vavvenimento osservato.
La prima osservazione da fare e che, anche in assenza di un osservatore esterno, il corso degli eventi puo
venire tur bato sia da avvenimenti esterni non umani, sia dalla presenza accidentale di un osservatore
indigeno non invitato.
443
29

Caso 417. - Un importante rito dei Mnong Gar dovette essere interrotto perche una tigre ne aveva cosi
fortemente turbato lo svolgimento normale che bisogno neutralizzare con una cerimonia speciale gli effetti di
questa intrusione (Condo- minas 1957).
Caso 418. - Ho piu di una volta descritto (Devereux 196la ecc.) il modo in cui l’interazione tra partners
sessuali mohave veniva modificata dalPintrusione di un osservatore indigeno, che assumeva a volte la
funzione di un burlone. Caso 419. - Anche il rifiuto di farsi turbare da un intruso e una risposta
all’osservazione. Il rifiuto di una impudica
strega mohave di interrompere il coito con suo fratello quan do la zia entro nella stanza e un’autentica
reazione al fatto di venire osservati perche, senza l’interruzione, l’indifferenza all’interruzione non avrebbe
potuto manifestarsi (Devereux
1939d). Se ci si ostina a considerare l’osservatore unicamente
come una fonte di deformazione, si dovrebbe considerare come tale anche la perturbazione causata da una
tigre, o da un intruso o un burlone indigeno. Di fatto, cosi come si pos sono imparare molte cose su una
cultura analizzando questo genere di intrusioni (non etnografiche), nello stesso modo si puo apprendere
molto analizzando le perturbazioni create dalla presenza e dalle attivita di un etnografo.
La reazione di una tribu all’arrivo di un etnografo puo quindi venir considerata sia come un disturbo
scientificamen te sterile, sia come un dato fecondo di risultati scientifici, che indica il modo in cui la tribu
reagisce agli stranieri e alle situa zioni inattese.
Caso 420. - Quando arrivai a Tea Ha, i Sedang erano ancora fortemente ostili ai Francesi, che avevano
appena conquistato il villaggio. La maggioranza della gente, quindi, mi boicottava. Le rare persone che
acconsentivano a frequen tarmi erano, come era prevedibile, dei marginali (Caso 334). I Sedang li
utilizzavano, come molte altre societa, come inter
444
mediari e « personaggi-cuscinetto » nelle loro relazioni con i Bianchi (6). Malgrado il boicottaggio,- rifiutavo
di andar mene. I Sedang tentarono allora di prendermi per fame, rifiu tando di vendermi una quantita
sufficiente di cibo. Anche questo era conforme a un modello culturale di base {pattern): durante certi periodi
rituali, e proibito vendere riso agli stranieri. In realta, quando, piu tardi, fui parzialmente accet tato ebbi
ancora bisogno di riso in un momento in cui, per ragioni rituali, era proibito vendermene. Mi fu proposto
spon
taneamente di « rubare » un po’ di riso dai granai, di fare in seguito un appropriato « regalo », e di pagare
infine una pic cola « ammenda » simbolica per il furto. Come mostra il Caso 148, anche questo sotterfugio
era conforme al modello di base. In seguito, gli abitanti di Tea Ha mi accettarono come vicino, e costruirono
per me una nuova condotta d’acqua che arrivava fino a casa mia. Credetti che fosse un
gesto d’amicizia, ma, secondo le norme sedang, cio signifi cava che la mia casa costituiva un villaggio
separato. Piu tardi, mi dissero che potevo attingere all’acqua della fontana comune del villaggio. In questo
modo, fecero di me un mem bro di pieno diritto del villaggio, definito come la comunita giuridica e morale
di tutti coloro che bevono la stessa acqua(7). Da quel momento, la mia anima-del-focolare
(fire-place soul) fu localizzata in una delle lunghe case, di forma regolare, del villaggio in cui abitavano
numerose fami glie. Il mio statuto fu quello di membro della guardia indi gena che, fisicamente assente dal
villaggio e senza prender parte effettiva ai riti — salvo forse in veste di « ospite » — e giuridicamente
considerato come un « cinghiale », cioe come un essere umano che rinuncia temporaneamente alla sua
apparte
nenza al genere umano (Devereux 1937c). Piu tardi, divenuto membro di pieno diritto di una famiglia, la mia
anima-del- focolare (hearth soni) passo nel focolare della mia famiglia (Caso 350) e il mio statuto fu quello
di un parente, piena mente umano, e di un membro del villaggio partito in viaggio
445
(cioe abitante nella mia capanna individuale), o anche quello di un uomo che viveva nella casa dei celibi e
che, in occa sione dei riti principali, doveva « tornare a casa » e dormire, almeno per una parte della notte,
nella lunga capanna che la sua famiglia condivide con altri.
Il mio arrivo ha quindi creato una perturbazione, e altre perturbazioni accompagnarono ciascuna delle tappe
della mia progressiva integrazione nella societa sedang. Cio che importa qui e che nessuna di queste
perturbazioni si e rivelata sterile dal punto di vista scientifico: ognuna di esse« ha chiarito il meccanismo
omeostatico che ha permesso ai Sedang di affron tare problemi inattesi e senza precedenti. Del resto, alcuni
degli insights forniti da questi dati non avrebbero potuto venir ottenuti con nessun altro mezzo, e non
avrebbero mai potuto essere osservati ne analizzati da un etnografo disin carnato e invisibile. Come la
constatazione che l’osservazione di un elettrone crea perturbazioni ha portato a nuovi sviluppi, sia in fisica
teorica che nel metodo scientifico generale, cosi esperienze di questo genere, correttamente utilizzate
possono, come spero di dimostrare, condurre a una scienza del compor tamento piu significativa.
Su un piano concreto, ogni situazione senza precedenti e ogni perturbazione mettono alla prova, fino ai limiti
estremi, la gamma di possibilita, la portata e l’elasticita di un sistema, come la cultura o la personalita, e cio
in maniera piu radicale che qualunque altro evento o osservazione abituale. Essa rivela precisamente a cosa
— e quanto — un sistema puo far fronte con i propri mezzi e senza modificare la propria natura, ma
semplicemente ricorrendo a premesse implicite, potenzialita e implicazioni latenti. In altri casi, cio dimostra
l’incapacita del sistema ad affrontare situazioni nuove rispet tando i propri limiti, e indica il modo in cui deve
modificarsi per non spezzarsi di fronte al compito di includere situazioni
completamente nuove. 446
Questa situazione ricorda un po’ quella dei tribunali che, in seguito a cambiamenti nella societa, devono
affrontare casi completamente inediti. Naturalmente, gli avvocati dicono che
« i casi difficili fanno le leggi cattive » (qui « legge » corri sponde — nel senso di Oliver Wendell Holmes —
alla deci sione del tribunale). Cio e pero unicamente dovuto al carat tere ossessivo dello spirito legalitario e
all’estrema ossifica zione della legge, che non solo e spesso di molte decine d’anni in ritardo sulla realta
sociale ma e anche, almeno in teoria, non modificabile da chi deve applicarla. Tutto questo era molto diverso
ad Atene, in epoca classica, e ancora lo e in alcune societa primitive dove — malgrado il forte ritardo in certi
settori della vita sociale — le leggi e le usanze sono
realta vive, la cui applicazione e adattamento riguardano tutti. La gente vive quindi grazie a, e non sotto il
dominio delle leggi e delle usanze.
Quasi altrettanto feconda di idee nuove e l’identificazione del contesto, o del complesso culturale grazie al
quale una una societa affronta la situazione creata dalla presenza del ricercatore.
Caso 421. - Per risolvere i problemi sollevati dalla mia presenza, i Sedang hanno fatto ricorso alia flessibilita
del loro complesso sistema di leggi, e alla sua capacita di fun zionare tramite finzioni legali (Caso 420). I
Mohave, che non sono legalitari^ si accontentarono di identificare le loro rea zioni affettive come fatto
sociale. Siccome mi volevano bene, trovarono che cio significava che io « ero » un Mohave — il
che rese inutile una procedura di adozione. In realta, l’ado zione non esiste presso i Mohave. In una certa
misura, coabi tare con una donna gia incinta basta per far proprio il bam bino che nascera, esattamente come
il fatto di amare e nutrire un bambino basta per assimilarlo funzionalmente a un figlio. Se fossi stato per
molto tempo presso gli Hopi, avrebbero certamente reagito alla mia presenza ricorrendo alle loro com plesse
procedure rituali.
447
E appena necessario aggiungere che anche gli individui hanno dei modi caratteristici di affrontare simili
perturba zioni, e che lo studio del modo in cui una persona reagisce alla perturbazione provocata
dall’osservatore e un dato psi cologico della piu alta importanza per le ricerche sul com portamento.
Queste considerazioni si possono applicare anche alla psi coanalisi; i suoi avversari irriducibili deplorano le
perturba zioni che la situazione analitica, la presenza dell’analista, la sua personalita, le sue teorie ecc.
provocano nel paziente. Questa situazione priverebbe i dati analitici di ogni valore obiettivo. Questi critici,
che versano in realta «lacrime di coccodrillo», non capiscono che certi dati cruciali (di transfert e di
controtransfert), che non si possono ottenere in nessun altro modo, emergono e possono venire osservati
proprio grazie alla perturbazione (Capitolo 23).
Il segmento di cultura abitualmente utilizzato da una societa per far fronte all’inatteso, la flessibilita e la
portata di questo segmento — o, al contrario, la sua rigidezza e insuffi cienza — cosi come la scelta di una «
categoria-cuscinetto » di persone preposte all’accoglienza di estranei forniscono pre cisamente il genere di
dati che si possono ottenere soltanto
creando perturbazioni, cioe arrivando sulla scena con in mano il quaderno di appunti. In effetti molto spesso
in cam po scientifico — ma forse anche nella pratica giuridica — i casi difficili permettono la scoperta di
superbe « leggi » (scientifiche), grazie alla mobilitazione delle potenzialita la tenti della cultura. Queste leggi
aprono nuove prospettive, sia pratiche che teoriche, per l’etnografia. I futuri sviluppi e ampiamenti delle
tecniche di ricerca sul campo devono quindi venire dalla teoria, compresa la teoria psicoanalitica. Questa e la
modalita normale dello sviluppo in tutte le scienze che hanno superato l’empirismo grossolano. In queste
scienze e la teoria a guidare la sperimentazione, e non l’inverso (8).
448
NOTE
(1) Il teorema di Fermat — ancora non dimostrato — postula che se, nell’equazione xp + yp = zp, p e maggiore di 2, allora x, y, z
non pos sono mai essere numeri interi.
(2) Mostreremo piu tardi che questa non e una sventura.
(3) La dottrina che ritiene validi soltanto i dati che provengono dai nostri sensi e, per certi aspetti, un’illusione solipsista, che porta a
due tipi di assurdita.
A livello pratico, implica che l’etnografo debba, inter alia, praticare il cannibalismo o subire un rito di iniziazione che lo obbliga a
una rela zione omosessuale in Nuova Guinea. Dal punto di vista teorico, significa che, per il lettore, il racconto che l’etnografo fa
delle proprie osservazioni non e piu credibile di quanto lo siano le descrizioni di un informatore indigeno: una difficolta a cui non si
puo certo sfuggire ricorrendo alla teoria russelliana dei tipi logici, che abbiamo esaminato nel capitolo III.
(4) Ho analizzato in due pubblicazioni anteriori (Devereux 195la, 1957c) l’influenza delle attese culturali sul modo in cui si
raccontano i sogni.
(5) Per l’utilizzazione dei metodi psicoterapeutici come fonti di infor mazione etnologica, cfr. Devereux 1957a.
(6) Cosi, quando l’amministrazione ordino al villaggio di Tea Ha di nominare un capo responsabile ( tyulang) — uno statuto
sconosciuto in questa tribu — la persona proposta non fu il capo rituale del villaggio (kan pley), ma un capofamiglia incapace che,
in caso di noie con l’ammi nistrazione coloniale, poteva servire da capro espiatorio senza lasciare un vuoto.
(7) Il che puo spiegare perche tanti nomi di villaggio contengono la parola Tea = acqua.
(8) Evidentemente, non parlo qui della pratica, che ho gia condannato (capitolo 11) che consiste nell’inventare esperimenti per
appoggiare una parti colare posizione teorica, cosa che succede molto spesso negli esperimenti sull’apprendimento. Parlo di teorie
che servono da guida per inventare espe rimenti in grado di esplorare le conseguenze che derivano dalla teoria, e che possono a loro
volta fornire una base per nuovi sviluppi teorici.
449
22. - La demarcazione tra soggetto e osservatore.
Uno dei temi principali di questo libro e la realta e l’im portanza delle interazioni, coscienti e inconsce, tra
osserva tore e soggetto. Diventa sempre piu evidente che molte diffi colta della scienza del comportamento
derivano da tentativi di evitare o ignorare queste interazioni — e, primo fra tutti, il fatto che l’osservazione
del soggetto da parte dell’osserva tore ha come complemento la contro-osservazione dell’osser vatore da
parte del soggetto.
Questo insight ci costringe ad abbandonare l’idea — al meno nel suo senso piu elementare — che
l’operazione fon damentale della scienza del comportamento e l’osservazione di un soggetto da parte di un
osservatore. Dovremo sostituirvi l’idea che l’operazione fondamentale e invece l’interazione tra i due, in una
situazione in cui ciascuno e simultaneamente osservatore per se e soggetto per l’altro. Eppure, anche in
questo caso, e necessario chiarire in modo logico la natura e il luogo della demarcazione tra i due: i tentativi
sperimen tali di creare simili demarcazioni, infatti, falliscono regolar mente, annullandosi spontaneamente
sia dal punto di vista pratico che dal punto di vista teorico.
Si potrebbe obiettare che il « buon senso » basta a de terminare chi e il soggetto (ratto, persona intervistata,
pri mitivo, paziente) e chi e l’osservatore (psicologo, sociologo, etnografo, psicoterapeuta). Purtroppo,
quando si chiede al buon senso di tagliare nodi gordiani, esso non resiste a un esame preciso, fatto negli
stessi termini del buon senso, per poco che si voglia applicarlo in modo coerente.
Ora, anche se la scienza del comportamento (come ope razione) e ridefinita come osservazione reciproca del
sog- (j
451
getto e dell’osservatore, la parola « osservazione » cessa di avere un senso se non si riesce a stabilire, con
mezzi spe cificabili, una demarcazione tra soggetto e osservatore. Le barriere sperimentali, supposto ostacolo
alla contro-osserva zione, non possono costituire una linea di demarcazione logi camente difendibile. Si puo,
in effetti, dimostrare che dal punto di vista del soggetto esse costituiscono un prolunga mento
dell’osservatore. Cio vale tanto per uno specchio unidi rezionale quanto per la seppia che emette inchiostro
per sot trarsi alla vista dell’osservatore, in questo modo rivela la pro pria presenza. In un certo senso, tutti i
mezzi dell’osservazione, dai tests agli strumenti fino all’anonimato psicoanalitico, pas sando per gli specchi
unidirezionali, sono informazioni su cio che l’osservatore desidera nascondere all’osservato, e lo tradiscono
quanto una resistenza o una « dimenticanza » tra discono un paziente in analisi (Caso 11).
Abbiamo gia dimostrato l’insufficienza della demarca zione « logica » che consiste nel negare che
l’osservato ha coscienza di se (self awareness). Abbiamo constatato che e scientificamente piu produttivo
attribuire la coscienza di se al soggetto e permettergli di produrre enunciati, autorizzando
contemporaneamente l’osservatore — cioe chi e definito come tale — a produrre enunciati su enunciati.
Questa definizione non oscura il fatto che, per parlare in modo realista, c’e osservazione reciproca. La
differenza tra osservatore e osser vato puo venire determinata soltanto in modo operativo,
* decidendo chi dei due puo produrre un certo tipo di enun- ; ciati in modo significativo..
In questo tipo di situazione diadica, soggetto e osserva tore sono definiti in funzione di cio che sono in grado
di rea lizzare in modo significativo.
1. Il soggetto e autorizzato a produrre enunciati e ad assumere un comportamento non solo reattivo, ma
anche operante, il che include enunciati che riflettono la coscienza di se del soggetto e la coscienza della
presenza dell’osserva-
452
tore. Gli enunciati vengono quindi trattati come informazioni significative in un particolare contesto,
restando inteso che ogni comportamento implicante la coscienza e, dal punto di vista logico, un enunciato.
2. L ’« osservatore » e autorizzato a produrre soltanto enunciati sugli enunciati del soggetto. In un diverso
conte sto, egli puo anche produrre enunciati sui propri enunciati. In questo caso, solo gli enunciati sui propri
enunciati devono venir considerati informazioni significative, nel particolare contesto osservativo in cui
questi analizza il proprio compor tamento scientifico. In situazioni del genere, egli e contem poraneamente
l’osservatore e l’osservato.
Questo metodo di stabilire una demarcazione tra A (l’os servatore) e B (l’osservato):
1. esige l’osservazione reciproca; 2. riconosce esplicitamente che sia A che B elabo
rano (process) le impressioni sensoriali emananti dall’altro e le trasformano in informazioni significative;
3. Vacquisizione, da parte del soggetto, di informa zioni sull’osservatore e quindi trattata come un fenomeno
elementare, che interessa l’esperimento e fa parte dell’insieme dei dati che questo rivela;
4. Pacquisizione, da parte dell’osservatore, di infor mazioni sul soggetto non e trattata come un fenomeno
che riguardi questo esperimento. Queste informazioni non fanno parte della raccolta di dati significativi,
perche Yatto tramite il quale l’osservatore acquisisce informazione sul soggetto non riguarda l’esperimento
in questione;
5. questo atto puo nondimeno venir trattato come un fenomeno da analizzare nel quadro di un diverso
esperimento, che riguarda altre discipline: per esempio la sociologia della conoscenza o la psicologia del
lavoro scientifico. Poco im porta che questo secondo esperimento sia effettivamente rea lizzato e
interpretato. Quel che conta e che potrebbe aver luogo, sia spingendo l’osservatore a osservare se stesso, sia
453
incaricando un altro di osservarlo. Bisogna pero ben com prendere che, anche se puo realizzarsi
contemporaneamente all’osservazione del soggetto, l’osservazione dell’osservatore e, da un punto di vista
logico, un esperimento molto diverso.
Qualche esempio potra chiarire quest’ultimo punto.
Caso 422. - Sia Thompson (1945) che Goldfrank (1945) hanno elaborato dati quasi identici sul conformismo
degli Indiani Pueblo, ma in modo radicalmente diverso. Dall’ela borazione della Thompson e risultata
informazione sulla in tegrazione logico-estetica della cultura pueblo, da quella della Goldfrank risulta
informazione sul prezzo (psicologico) che i Peublo devono pagare per realizzare il loro caratteristico
conformismo. Sia Thompson che Goldfrank hanno agito da autentiche etnologhe, e il discorso di ognuna di
loro e un discorso di tipo schiettamente etnologico. La notevole analisi di Bennet (1946) del comportamento
adottato dalla Thompson e dalla Goldfrank nell’elaborazione dei dati non e etnologia, ma un penetrante
contributo alla sociologia e alla psicologia della scienza.
Caso 423. - Gli psicoanalisti in formazione cominciano col praticare l’analisi sotto la sorveglianza di un
analista
« supervisore ». Nel corso di queste prime analisi, « elabo rano » i dati sensoriali e li trasformano in
informazioni sui pazienti. Poi, una volta alla settimana, ne discutono con il «supervisore». Nell’ora che
passano con lui (o con lei), questi fa molto di piu che aiutarli a capire i problemi dei pazienti che hanno in
analisi. Lo scopo di questo controllo e di trattare come « insieme di dati » il modo in cui l’ana lista candidato
ha trasformato in informazione le impres sioni sensoriali provocate in lui dal paziente. In altri termini, cio
che, durante le sedute analitiche, era informazione « ela borata » diventa dato da elaborare (fenomeno)
nell’ora di controllo, durante la quale non e il paziente del candidato, ma il candidato stesso ad essere
sottoposto all’osservazione. In certi casi, si puo essere l’analista supervisore di se stessi:
454
molte delle osservazioni contenute in questo libro descrivono le mie personali reazioni a situazioni di ricerca
sul campo, di laboratorio, o di studio di analista. In queste situazioni, assumevo volta a volta il ruolo di
etnologo, di psicologo sperimentale o di psicoanalista, trasformando le mie impres
sioni sensoriali in informazione etnologica, psicologica o psicoanalitica. Quando invece esamino le mie
reazioni, non mi comporto piu da etnologo, psicologo o psicoanalista, ma da sociologo e/o psicologo della
conoscenza, cioe divento, in questo contesto, l’analista supervisore di me stesso. Le conclusioni cui ero in
precedenza arrivato, come le procedure che avevo seguito, diventano qui dati da elaborare. In questo nuovo
contesto i miei « enunciati su enunciati » sono ora diventati « enunciati » semplici a proposito dei quali tento
ora di enunciare qualcosa. In breve A, l’osservatore, e semplicemente colui la cui
acquisizione di informazione su B, il soggetto, non e elabora ta come un dato significativo nel contesto
specifico di un dato esperimento di osservazione. L’acquisizione, da parte di A, dTinformazioni su B non
puo venire trasformata in dato da elaborare che attraverso un altro esperimento o osservazio ne, costruiti e
interpretati in un diverso contesto. Inversa mente Facquisizione da parte di B, il soggetto, di informa zione su
A, l’osservatore, e considerata un dato da elaborare gia nel primo esperimento. Essa viene elaborata
(processed) esattamente come le altre unita di comportamento di B e con
duce a un’informazione che appartiene all’insieme di dati (significativi e ricercati) di quell’esperimento.
Cosi, il soggetto e colui le cui reazioni verso l’osservatore (per esempio lo psicologo) vengono trattate come
dati (per esempio psicologici). L’osservatore (per esempio lo psicolo go) e colui le cui reazioni al soggetto
non vengono trattate come dati psicologici, almeno in questo contesto. In un altro contesto, potranno per
esempio venir trattate come dati per
455
costruire una psicologia della sperimentazione o dell’osser vazione.
Distinguere tra osservatore e soggetto non e una diffi colta sui generis delle scienze del comportamento, in
cui il soggetto puo contro-osservare l’osservatore e esibire un signi ficativo comportamento operativo. Simili
difficolta esistono anche in microfisica, per quanto non si puo dire che l’elet trone puo realmente contro-
osservare il fisico; di conseguenza, esso puo manifestare esclusivamente un comportamento reat tivo.
A questo punto, interviene una difficolta che si rivela catastrofica per il comportamentismo piu ingenuo.

Sebeome fanno certi comportamentisti, si tratta la[coscienza di sejcome ( 2> non significativa, la reazione
specifica dell’elettrone all’osser vazione ci costringe a supporre che esso contro-osserva il fisico, e dimostra
addirittura un comportamento operativo. Cio implica, a sua volta, che si potrebbe interpretare, nel senso del
comportamentismo piu elementare, la « psicologia » degli elettroni esattamente come si interpreta cio che e a
volte chiamato la « psicologia » dei ratti. Cio facendo, si arriva a una psicologia (?) degli elettroni, oppure a
una teoria quan tica non relativista (?) del comportamento del ratto, che pretende di essere una psicologia.
Quest’ultima specificazione esclude in questo contesto un appello alla tesi di Bohr, secondo la quale
l’organismo amplifica microprocessi sottoposti al principio di complementarita (vedi infra). Che questo prin
cipio non possa venire applicato in questo modo e stato espli citamente riconosciuto da Bohr (1934), che
precisa che una relazione di complementarita esiste gia tra la fisiologia e la psicologia. In breve, la miglior
prova del fatto che la coscien za e un elemento ineliminabile dalla ricerca sul comporta mento e fornita
proprio dalla possibilita di credere che persino l’elettrone contro-osserva il fisico, se la coscienza non viene
trattata come una componente sine qua non dell’osservazione e della contro-osservazione.
456
Quando si ammette tutto cio, non vi sono piu difficolta nello stabilire chi osserva cosa in fisica.
Cionondimeno, anche in fisica, il luogo di demarcazione ha grande importanza metodologica.
La natura della demarcazione e perfettamente illustrata da una curva di Jordan. In topologia, una curva di
Jordan e una qualunque linea che comprende una porzione dello spazio, in modo che ogni punto
dell’universo sia o « all’inter no » o « all’esterno » della curva. Questa evidente proprieta delle curve di
Jordan e purtroppo difficile da provare mate maticamente. Ma cio non puo turbarci qui, perche e molto
probabile che la linea di demarcazione tra soggetto e osser vatore e, almeno per due ragioni, di tipo molto
particolare.
1. La demarcazione e, per definizione, « mobile » e il suo « spostarsi » non e continuo, ma discontinuo.
Dicendo che e « mobile », non tengo provvisoriamente conto del fatto che viene continuamente rigenerata
(Capitolo 24) in un « luo go » conveniente ai nostri bisogni operativi (Devereux 1966a).
T. Cio implica che in ogni momento il luogo in cui si trova la demarcazione puo soltanto venire « inquadrato
» (nel senso in cui si dice che un artigliere « inquadra » l’obiettivo) in modo molto particolare.
Di questi due caratteri della demarcazione, il primo — che e lungi dall’essere il piu semplice — sara
discusso piu tardi. Bastera, per il momento, mostrare che e possibile assegnare un luogo alla demarcazione
soltanto tramite un’operazione di inquadramento.
Esistono numeri irrazionali, per esempio y f l , il cui va lore puo venire determinato soltanto tramite
un’operazione di inquadramento, conosciuta come « taglio di Dedekind ». Sapendo che y j l e maggiore di
uno, ma minore di due (1 < -\/2 < 2), e possibile inquadrare il suo vero valore con siderandolo
simultaneamente da due lati opposti. Si costrui scono quindi due serie: una che cresce lentamente a partire da
1, l’altra che decresce a partire da 2. Le due serie con-
457
vergono verso il valore rappresentato da y/2, senza mai po tersi toccare, visto che y 2 e un numero
irrazionale. \ / 2 si trova in qualche punto nella piu piccola differenza possibile tra le due serie convergenti
(1).
Il luogo di demarcazione tra osservatore e soggetto e anche esso determinabile soltanto tramite un
procedimento del ge nere, con una differenza importante. In senso figurato, non dobbiamo in questo caso
fermare la crescita della serie il cui primo termine e 1 giusto un attimo prima che non « superi »
y/2 verso l’alto, ne fermare la diminuzione della serie che comincia da 2 appena prima che non « superi » y/2
verso il basso. Dobbiamo piuttosto permettere a ognuna delle due serie di saltare il valore y/2, e poi situare
yf2 nel minor set tore possibile contenuto nel continuo in cui le due serie si sovrappongono, invece di situarlo
nello scarto (« taglio ») tra le due. E ovvio che questo suggerimento non riguarda per nul la il problema
matematico del numero irrazionale y/2, il qua le deve continuare a esser definito in termini dedekindiani.
Non ricordo qui il taglio di Dedenkind che a titolo di analo gia, e per illustrare come, a mio avviso, si
dovrebbe conce pire e definire il luogo della demarcazione tra osservatore e soggetto. Vedremo che questa «
demarcazione » e in realta una sovrapposizione continuamente rigenerata.
Possiamo ora affrontare il problema della demarcazione tra osservatore e oggetto in fisica. Secondo Lenzen
(1937) (2), i fisici si sono interessati al problema del luogo in cui situare la demarcazione tra oggetto e
osservatore quando si sono accorti che i mezzi di osservazione utilizzati negli esperimenti di meccanica
quantistica creavano inevitabili perturbazioni nell’oggetto sottoposto a esperimento (vedi infra).
Il fatto di interessarsi al luogo della demarcazione tra oggetto e osservatore presuppone una presa di
coscienza crea trice dell’esistenza dell’osservatore. L’osservatore, in quanto
« base delle operazioni » — e non semplicemente come per sonaggio necessario ma esterno — fece la sua
prima notevole
458
apparizione quando la teoria della relativita prese a studiare i fenomeni che avvengono presso Vosservatore.
Anche dando per scontata una certa schematizzazione, l’astronomo relati vista studia una stella non « la-fuori
», ma « qui » ... presso di se (ihere ... at himself). In altri termini, egli studia eventi che hanno luogo nei — o
presso — gli strumenti di osser vazione: semplicemente, si presume che provengano da una certa stella.
Newton ha studiato il movimento di due corpi M e N — ognuno in moto rispetto all’altro — come se l’osser
vatore si trovasse su un corpo assolutamente fisso X. Einstein ha studiato i movimenti dei corpi M e N come
se fosse situato su uno di essi. Inoltre, quando si e situato su M, non ha preteso di studiare gli eventi che si
verificano « laggiu », cioe
sul corpo N. Ha invece studiato le ripercussioni provenienti da N tramite il modo in cui influenzavano gli
strumenti situati « sul corpo M. Egli ha dunque studiato gli eventi «avvenuti presso di se ». Lo straordinario
sviluppo della fisica moderna sembra in gran parte dovuto a questo « studio presso l’osser vatore » dei
fenomeni fisici (3) (Milne 1934).
Appena il fisico ha cominciato a studiare i fenomeni che si verificano presso l’osservatore e ha compreso
l’importanza delle perturbazioni che l’apparato sperimentale (l’atto di osser vare) produceva negli
esperimenti di meccanica quantistica, lo studio del luogo della demarcazione tra oggetto e osserva tore ha
assunto una importanza capitale per la metodologia.
I fisici che si occupavano di questo problema hanno utiliz zato una psicologia che non esclude la coscienza
(Lenzen
1937). Hanno di conseguenza affermato che l’osservatore « co mincia » nel punto e nel momento in cui dice
« Questo io per cepisco». Visto che non tutti i punti/istanti convengono alla impresa, dobbiamo cercare quali
sono quelli che possono esse re piu adatti. Il primo elemento di cui bisogna tener conto nella scelta —
almeno all’inizio e per ragioni euristiche — e se e piu sensato parlare di una demarcazione tra apparato e
oggetto, o tra apparato e osservatore.
459
30

In teoria, tutte le demarcazioni di questo genere sono mobili: e insieme possibile e necessario spostarle per
adat tarle al dispositivo sperimentale e alla prospettiva teorica scelti. In piu, lo stesso apparato, utilizzato in
un certo modo, fa parte dell’osservatore; utilizzato in modo diverso, fa invece parte dell’oggetto. Questa e la
ragione per cui il modo miglio re di determinare il luogo della demarcazione e un proce dimento simile al
taglio di Dedekind.
Nils Bohr ha mostrato in quale misura il dispositivo spe rimentale determina il luogo della demarcazione,
analizzando un esperimento semplice: l’esplorazione di un oggetto per mezzo di un bastone. Se il bastone e
tenuto in modo fermo, diventa un prolungamento della mano; il luogo della demar cazione si trova quindi
all’« estremita » del bastone (il piu lon tano). Se il bastone e tenuto in modo piu molle, dal punto di vista
della percezione esso non fa parte dell’osservatore; la demarcazione si situa quindi a « questo » estremo del
ba stone (il piu vicino).
Bohr non ha approfondito l’analisi di questo esperimento, ma e importante notare, sia da un punto di vista
logico che psicologico, che la non coincidenza delle due demarcazioni sia dovuta al fatto che l’esperimento
del bastone tenuto in modo fermo fornisce principalmente informazioni cinestesi- che, mentre quella del
bastone tenuto in maniera piu molle fornisce soprattutto dati tattili. Tutto cio e direttamente rile vante rispetto
al problema dell’auto-osservazione, il cui pro totipo schematizzato potrebbe essere l’esplorazione del pro
prio corpo per mezzo di un bastone. Per semplificare, trascuro la predominanza laterale (in genere destra,
sinistra per i man cini, n.d.T.) e mi occupo soltanto di cio che si verificherebbe nel caso di un
autoesplorazione ambidestra.
1. La mano A, che tiene fermamente il bastone, esplora la mano B. La mano A riceve principalmente
informazioni cinestesiche relative alla mano B. La mano B riceve princi palmente informazioni tattili sul
bastone.
460
2. La mano A, tenendo mollemente il bastone, esplora la mano B. Le due mani ricevono principalmente
informazio ni tattili ma la mano « attiva » A riceve soprattutto informa zioni sulla mano B, e la mano «
passiva » B soprattutto sul bastone.
Altre complicazioni sorgono quando il membro cosi esplo rato e il piede dell’osservatore (subordinato dal
punto di vista sensoriale) o anche quando i piedi afferrano il bastone e esplo rano la mano. Una situazione
ancora piu complessa intervie ne quando la mano, che ha sensibilita epicritica, esplora con un bastone il
glande del pene, che ha soltanto sensibilita pro- topatica (4). Se vale la pena di menzionare qui questi casi
com
plessi, non e necessario discuterne piu diffusamente. Nell’esempio di Bohr il bastone tenuto rigidamente fa
piu parte dell’osservatore che dell’oggetto. Tenuto mollemente, fa
piuttosto parte dell’oggetto che dell’osservatore. Questi due modi di reggere il bastone costituiscono un
paradigma di qualsiasi esperimento o osservazione in scienza
del comportamento. Ogni esperimento che non lascia al soggetto nessuna scel
ta cosciente, ne alcun modo di riflettere sul proprio compor tamento (5), e che non include, almeno in teoria,
le nozioni di scelta e di coscienza, corrisponde all’esperienza di un ba stone tenuto rigidamente. Gli
esperimenti che permettono in vece una scelta cosciente e in cui l’osservatore e libero di pensare che il
comportamento del soggetto riflette o implica una scelta consapevole (considerata come variabile interve
niente) corrisponde all’esperimento del bastone tenuto molle- mente.
Cio significa che uno stesso esperimento, che utilizza gli stessi ratti, costituisce, quando l’interprete e J.B.
Watson, un esperimento analogo a quello del bastone tenuto rigidamente, dove l’apparato fa in un certo
senso parte dell’osservatore Watson. Interpretato da E.C. Tolman, si tratta invece di un
esperimento analogo a quello del bastone tenuto mollemente, 461
«

perche l’apparato fa in un certo senso parte del soggetto, uomo o ratto che sia. Questa e forse una delle
ragioni per cui potrebbe essere per sempre impossibile realizzare un « esperimento cruciale » capace di
decidere una volta per tutte, su basi concrete e sostanziali, se e piu valida la teoria psicologica reattiva o
quella cognitiva. Una decisione del ge nere non puo venir presa che a livello logico (Capitolo 3).
Ua' differenza concettuale tra resperimento del bastone tenuto mollemente a quello del bastone tenuto
rigidamente potrebbe anche spiegare perche i comportamentisti sono a volte in-capaci di rifare gli
esperimenti dei cognitivi e viceversa. E quasi come se i ratti di Guthrie si comportassero in modo diverso da
quelli di Tolman (6). I capitoli precedenti hanno gia mostrato che la posizione teorica dell’osservatore si
infiltra in modo per fettamente comprensibile nell’esperimento: non dobbiamo dunque occuparcene qui.
Lo spostamento delle frontiere dell’osservatore, che sup pongo qui per ragioni puramente logiche, ha anche
— come ho gia mostrato — un significato psicologico. Esso si mani festa tramite l’integrazione dei vestiti e
dei beni dell’osservato re alPimmagine che. ha di se (Capitoli 21, 24), tramite il rigetto di alcuni organi al di
fuori dell’immagine del corpo (paralisi isterica) o tramite la proiezione di prodotti psichici sotto forma di
allucinazioni ecc. Molti psicologi associano questi fenomeni allo spostamento delle frontiere dell’Io. Cre do,
da parte mia, che sia utile considerare lo stesso Io come una frontiera, piuttosto che come qualcosa che
possiede fron tiere (Capitolo 24).
Questa corrispondenza tra distinzioni logicamente neces sarie e processi psicologici reali non e piu
sorprendente di quella che esiste tra realizzazioni e struttura di un cervello elettronico (7).
Fino a questo momento ho ricordato soltanto il problema della mobilita della demarcazione, considerata dai
punti di vista logico e psicologico, e ho mostrato che e necessario
462
attribuire mobilita alla demarcazione. Il problema che affron tero ora e quello dei criteri che si devono
adottare per deter minare dove « comincia » l’osservatore e dove « comincia » l’oggetto. In linea di principio
e possibile parlarne senza rife rirsi al luogo preciso della demarcazione sulla linea immagi naria che va
dall’oggetto all’osservatore, passando attraverso l’apparato sperimentale. Il miglior punto di partenza per una
analisi del genere e, ancora una volta, fornito da J. Von Neumann (193.2), ed e stato riformulato da Lenzen
come segue:
« Sviluppando la teoria della demarcazione, scompongo una osservazione completa in registrazione fisica,
stimolazione e percezione. Distinguo quindi tra demarcazione fisica, de marcazione biologica e
demarcazione percettiva. Una colonna di mercurio in un termometro e percepita dall’osservatore quan do
misura una temperatura, ma l’oggetto della misurazione e la temperatura dell’ambiente circostante.
L’ambiente circo stante registra un effetto sul termometro; di conseguenza, la demarcazione fisica si situa tra
l’ambiente circostante e il ter mometro. La luce riflessa dal termometro stimola la retina: situeremo quindi in
genere la demarcazione biologica tra la luce e la retina. L’osservatore percepisce il termometro come situato
a una certa distanza da lui: la demarcazione percet tiva tra il termometro e la luce per mezzo della quale lo si
vede ».
E essenzialmente questo esperimento che mi propongo di analizzare, estendendo leggermente l’analisi di
Lenzen, e suggerendo dei criteri supplementari per determinare il luo go della demarcazione.
La sola cosa che l’osservatore non percepisce direttamen te e il calore, o la temperatura dell’acqua, anche se
e proprio cio che vuole studiare.
In un senso ingenuo, la demarcazione biologica potrebbe venire situata anche sulla superficie esterna del
globo oculare. Eppure, Lenzen l’ha situata sulla retina, all’interno del cor-
463
po: questa precisazione importante implica il resto delle mie osservazioni.
L’osservazione fondamentale e che possiamo seguire il percorso della luce dalla superficie esterna del globo
oculare, attraverso il cristallino, soltanto fino alla retina. Nel momento in cui la luce produce il suo impatto
sulla retina, non siamo piu in grado di seguire il percorso della luce con gli stessi mezzi (ottici): in questo
preciso punto/istante, il raggio di luce cessa di esistere in quanto tale.
Cio che succede a partire da questo momento non e piu un fenomeno ottico, ma un fenomeno neurologico e
elettro chimico. Tutto quel che possiamo allora studiare e la propa gazione, non della luce, ma asXYimpatto
della luce sulla retina.
Viste dall’esterno, le tre demarcazioni di Lenzen — fisica, biologica e percettiva — sono valide. Eppure,
all’interno del l’universo di discorso scelto — e ben scelto — da Lenzen, la demarcazione biologica non e
pertinente, visto che lui stes so sottolinea che la demarcazione logicamente significativa e quella psicologica,
cioe il momento in cui si dice: « Questo 10 percepisco ». Questo punto/istante e determinato dal modo in cui
l’osservatore si trova ad operare e a pensare su se stesso. Se e un macrobiologo ingenuo, situera questo
punto/ istante alla superficie del globo oculare. Se si occupa di opto- metria, o di ottica fisica, potra situarlo
sulla retina, in cui 11raggio di luce cessa di esistere in quanto tale. Se e neuro
chimico o un oftalmologo, cerchera probabilmente di seguire gli effetti delPimpatto della luce sulla retina
attraverso il nervo ottico, fino al cervello. Ma, per far cio, non si servira piu di mezzi ottici, ma di mezzi
elettrochimici e neurologici.
Esiste pero un punto in cui anche quest’ultimo tipo di ricerca sbocca « sul vuoto ». E il punto in cui gli
esperimenti e apparati elettrochimici e neurologici non possono piu segui re l’impulso nervoso, perche cio
che si verifica al di la di que sto punto/istante non e piu un fenomeno elettrochimico o neurologico, ma un
fenomeno psicologico.
464
Una simile modificazione della situazione e gia interve nuta due volte. All’osservazione del calore —
definito qui come velocita delle molecole — si e sostituita l’osservazione della luce riflessa dal punto piu
alto della colonna di mercu rio dilatato del termometro — alla quale l’acqua aveva tra smesso una parte del
calore. A questo punto avevamo co minciato a studiare la luce, cosi come, arrivati alla retina, abbiamo
abbandonato lo studio della luce per quello della propagazione elettrochimica dell’impulso nervoso. In
ognuno di questi due casi, si cambia quadro di riferimento e di tecni ca sperimentale nel punto/istante preciso
in cui diventa im possibile seguire gli eventi con i metodi utilizzati in prece denza, e spiegarli nel contesto
cui ci si e fino a quel momen to riferiti. E esattamente quel che succede quando si esauri scono tutti i mezzi
elettrochimici che ci permettono di seguire gli eventi, e, di conseguenza, anche le spiegazioni di tipo
elettrochimico. L’importante e che non si esauriscono le spiegazioni elet
trochimiche per difetto di conoscenze elettrochimiche, ma per che i fenomeni in questione cessano di essere
di natura elet trochimica, come avevano cessato di essere termici all’estre mita della colonna di mercurio, o
ottici sulla retina.
Le diverse demarcazioni sono dunque « intrinseche » nel senso che il dispositivo sperimentale ci costringe ad
abban donare lo studio della propagazione del calore per quello della propagazione della luce, poi
quest’ultimo per quello della propagazione elettrochimica dell’impulso nervoso. In un altro senso, le
demarcazioni sono funzione della conoscenza effet tiva o rivendicata del ricercatore. « Conoscenza
rivendicata » include qui quel che si potra sapere il giorno in cui l’elettro chimica della propagazione
dell’impulso nervoso sara com pletamente elucidata.
In breve, la demarcazione psicologica — il punto/istante in cui si dice: « E questo io percepisco » — si
verifica quan do l’osservatore giunge al limite della sua conoscenza, reale
465
e pretesa, e delle sue spiegazioni. Il comportamentista classico e in genere a corto di spiegazioni quando si
esauriscono le unita di comportamento, quando le microreazioni diventano la sostanza stessa dell’esperienza
(vissuta). Lo spiritualista si trova nella stessa situazione quando la sostanza della psico logia diventa la
sostanza dell’«anima». Il maggiore peccato logico del platonico e di non trovarsi mai a corto di « spie
gazioni », e cio per qualsiasi scopo utile.
Questo punto/istante puo pero venire anche definito per « convenzione ». E legittimo rinunciare a seguire il
fenomeno al di la di un certo punto. Si puo esigere, in conformita al
contesto scelto, che la conoscenza si arresti al punto al di la del quale si e deciso di non seguire piu gli eventi.
E legittimo. Cio che non lo e, e ignorare le tappe decisive dell’analisi: pas saggio dallo studio dei fenomeni
termici a quello dei feno meni ottici, da quello dei fenomeni ottici a quello dei feno meni elettrochimici. E
ancor meno legittimo pretendere che la portata di un tipo particolare di conoscenza e (per ipotesi) infinita. In
particolare, l’elettrochimico non puo pretendere che un giorno il punto/istante in cui si dice: «E questo io
percepisco » si trovera alla portata del suo particolare tipo di comprensione, invece di esserne la frontiera.
Tecnicamente, il luogo dell’affermazione «E questo io percepisco » e la dove si trova la « scatola nera » del
« peri- feralista ». E il punto al di la del quale questi non ha cono scenze, o rifiuta — ed e suo diritto — di
averne. Per lo psico logo Guthriano piu raffinato, la « scatola nera » comincia la dove cessa il
comportamento osservabile e cominciano le va riabili intervenienti ( intervenirlo variables). Per il Tolmania-
no o il freudiano, piu sottilmente, essa comincia dove finiscono gli stimoli e cominciano le costruzioni
teoriche, come la carta cognitiva o le istanze psichiche (l’Es, l’Io, il Super-Io, l’Ideale dell’Io). Ognuno di
loro, anche lo psicologo piu « centralista » ha da qualche parte una « scatola nera » che contiene (e isola)
alcuni o anche tutti gli elementi seguenti: cio che non si sa
466
ne si puo sapere nel quadro della propria disciplina; cio che ci si rifiuta di sapere (di prendere in
considerazione) per ragio ni metodologiche, e cio che si presenta (in modo ottimistico) come una spiegazione
(variabili intervenienti, costruzioni ipo tetiche ecc.) di cio che si sa e che si consente a prendere in
considerazione.
Queste considerazioni possono venire immediatamente collegate al problema delle osservazioni localizzate
«presso l’osservatore ». La sola cosa che quest’esperimento non per mette di dire e che si sta osservando la
temperatura, o piu esattamente il calore, dell’acqua. Cosi non soltanto il termo metro, ma anche il globo
oculare, la retina, il nervo ottico ecc., possono per certi scopi venir definiti come « apparec chi ». Il problema
principale e quindi se quest’apparecchio e un bastone tenuto in modo rigido o un bastone tenuto in modo piu
molle... cui si devono, forse, aggiungere gradazioni intermediarie. Se il bastone e tenuto in modo molto
rigido, l’osservatore comincia alla superficie del termometro — o almeno nel punto in cui la luce e riflessa
dal punto piu alto della colonna di mercurio; se il bastone e tenuto in modo molto molle, l’osservatore
comincia nel punto in cui l’elettro chimica e a corto di spiegazioni.
Tutti gli esperimenti delle scienze del comportamento sono o del tipo « bastone rigido », o del tipo « bastone
molle ». Il modo in cui si tiene il bastone e determinato dalle teorie o cui si riferisce, a loro volta
radicalmente influenzate da esso. Gli esperimenti del tipo « bastone rigido » forniscono general mente
informazioni del genere che William James chiama
« conoscenza a proposito di », quelli del tipo « bastone molle » informazioni del genere « familiarita con ».
Guthrie in psico logia e White in etnologia sono ricercatori del tipo « bastone rigido»; Freud, Tolman,
Linton, Mead, Levi-Strauss e La Barre sono ricercatori del tipo « bastone molle ».
Prima di poter discutere le conseguenze dell’atto di loca lizzare la demarcazione nel luogo e nel momento in
cui ci si
467
trova a corto di spiegazioni elettrochimiche, dobbiamo analiz zare l’impatto dell’esperimento e
dell’osservazione sull’ogget to e sul soggetto. E ancora una volta opportuno cominciare con un esempio
tratto dalla fisica.
Negli esperimenti di macrofisica, l’analisi di un oggetto o l’esperimento praticato su di esso non distruggono
necessa riamente l’oggetto dell’osservazione o dell’esperimento. Pesare un blocco di ferro non puo
interferire con la capacita del blocco di avere un peso o un volume.
La situazione e radicalmente diversa in certi esperimenti di meccanica quantistica.
Se si « esamina » un elettrone, per esempio con un micro scopio a raggi gamma, per determinarne la
posizione, l’atto di esaminarlo non soltanto « obbliga » l’elettrone ad assumere una posizione determinabile,
ma rende anche impossibile la determinazione simultanea, e di precisione uguale, del suo mo mento. La
determinazione della sua posizione con una pre cisione Ax produce una incertezza Avx sulla sua velocita,
che e almeno uguale a A/M (8). A questo livello dell’esperimento l’errore non puo mai essere inferiore ad h.
In breve, ogni interazione (sperimentale) in grado di perturbare il mondo esterno (cioe l’osservatore e/o il suo
apparato sperimentale) con un segnale (osservabile e registrabile) reagisce anche sul sistema stesso.
Questa osservazione conduce al principio di Heisenberg della « relazione d’indeterminazione » (9). Estesa a
principio metodologico, chiamato «principio di esclusione o di com plementarita » (di Bohr), essa non e piu
l’enunciato di una difficolta puramente tecnica, ma quello di una proprieta ine rente alla materia (Bohr
1937).
Cosi, non e possibile raggiungere {’interno di un elettrone — ne comunque raggiungerlo — senza creare una
situazione radicalmente diversa da quella che si vuole esplorare. In effetti, come ha sottolineato Heisenberg,
l’indeterminazione e alla superficie dell’elettrone. In fenomeni di questo tipo, il
468
luogo della perturbazione e quindi anche il luogo di una demarcazione, in modo che il limite esterno di un
oggetto non e dato a priori, ma il prodotto di una ispezione — che questa ispezione sia un esperimento o una
spiegazione (De- vereux 1960b). Ogni perturbazione di questo genere e quindi anche una demarcazione, e
ogni demarcazione e sempre anche il luogo di una qualsiasi perturbazione.
Ancora piu importante e il fatto che piu si penetra pro fondamente airinterno di certi oggetti, piu il fenomeno
che si vuole studiare si attenua, a volte fino al punto di scom parire completamente — il che e conforme al
principio di esclusione di Bohr. Una frontiera almeno si trovera sempre alla punta estrema della « sonda »,
sia essa concettuale o ma teriale.
La chiave della mia argomentazione e che le conseguenze teoriche dellutilizzazione di una « sonda »,
materiale o con cettuale, sono sempre le stesse perche:
1. il fenomeno si trova sempre alla punta estrema della « sonda » materiale o concettuale — giusto al di la
della portata del tipo di spiegazione al quale abbiamo fino a quel
momento fatto ricorso (Devereux 1960b); 2. il fenomeno scompare, conformemente al principio
di esclusione di Bohr, ogni volta che la spiegazione o l’espe rimento si spingono troppo lontano. Sia detto di
passaggio, questa e forse una delle ragioni per cui Meyerson (1921) insi steva, a ragione, sul fatto che una
spiegazione totale (riduzio ne) di un fenomeno implica logicamente la negazione della sua esistenza.
Bohr (1934) e Jordan (1932, 1934, 1935, 1936, 1947) hanno capito che si puo « liquidare » (abtoten) un ratto
sot tomettendolo a «sondaggio » materiale troppo profondo. Vor rei aggiungere che si puo ottenere lo stesso
risultato costruen do un modello concettuale del ratto che riduce il suo compor tamento a processi
infinitamente sottili, la cui analisi speri mentale, se fosse possibile, ucciderebbe il ratto (Devereux
469
1960b). I neuro-elettrochimici lo sanno probabilmente in mo do intuitivo, ma certo i comportamentisti
classici preferi scono ignorarlo. La costruzione di un modello Guthriano da parte dei neuro-elettrochimici e
inconcepibile: essi sanno che uno schema del genere sarebbe appena qualcosa di piu di un balbettio fiscalista.
Tutti questi casi comportano un tipo di « sondaggio » spinto troppo lontano. Niente di simile si verifica se,
nel mo mento in cui si crea una perturbazione che crea una demar cazione, si passa a un’altra spiegazione, o
a un altro metodo di sondaggio (10).
1. Un esperimento in scienza del comportamento co mincia nel momento in cui il soggetto e autorizzato a
dire in modo significativo — nel momento in cui si acconsente ad ascoltare il soggetto quando dichiara:
«questo io perce pisco ».
2. L’analista del comportamento comincia nel momento in cui dice: «questo io percepisco». Tra questi due
punti/ istanti si situa (in un certo senso) 1’« apparato » materiale e/o concettuale. Si possono liberamente
manipolare queste due frontiere-di-coscienza (awareness boundaries) per adat tarle al contesto e all’obiettivo
della ricerca. La maggior parte della grande opera sperimentale dei Guthriani potrebbe acquisire un autentico
significato psicologico se qualcuno fosse autorizzato, a una tappa qualunque della ricerca, a esclamare:
« E questo il ratto percepisce» (11). In scienza del comportamento, non si puo pensare che un
apparato sperimentale reagisca in modo determinato dalla natura del fenomeno studiato: « apparato » —
definito come tale — e cio che produce i fenomeni studiati. Cosi, qualsiasi modo di far psicologia che tenti di
escludere l’esperienza (vissuta), sia trasformando il soggetto in un « preparato » (Caso 369), sia eliminando
la coscienza dal novero delle spie gazioni e delle costruzioni teoriche, corrisponde a una liquida zione
(Abtotung) che annienta cio che si pretende studiare
470
(Devereux 1960b). Lo studio, reale o fittizio, di un «prepa rato » fornisce esclusivamente informazioni su «
preparati », non su ratti o su uomini.
Prima di proseguire, bisogna ricordare qui la teoria di Bohr e Jordan sulla sperimentazione su organismi
viventi. Questa teoria dimostra che questo genere di ricerca e sog getto alla « relazione di indeterminazione »
o al « principio di complementarita » (riformulati in termini biologici). Bohr e Jordan hanno dimostrato in
maniera decisiva che, se si vogliono determinare completamente le funzioni della vita, si e costretti a
penetrare cosi a fondo nell’organismo — a per turbare cosi radicalmente il suo stato fondamentale — che si
abolisce con cio precisamente il fenomeno che si vuole
studiare: la vita. In altri termini, si « elimina » l’organismo. Si fa esattamente cioe quel che fa il fisico
quando esamina (o interferisce con) l’elettrone. Questa constatazione e stata enun ciata sulla base
dell’Abtotungprinzip (principio di eliminazio ne), che Donnan ha poi chiamato (1936, 1937) «il princi pio di
esclusione di Bohr».
Visto che, paragonati agli elettroni, anche i virus sono giganteschi, Bohr ha postulato che l’organismo
amplifica processi del tipo di quelli studiati dalla meccanica quantistica. Egli osserva, per esempio, che
anche pochissimi quanti di luce stimolano il nervo ottico e possono percio provocare un
macrocomportamento, anche se non si tratta che di una parte minima del problema generale
dell’amplificazione.
In un certo senso, si puo quindi dire che un certo tipo di demarcazione tra osservatore e soggetto, in scienza
del com portamento, si situa nel punto in cui l’ispezione (o l’esperi mento) provocano un comportamento,
che a sua volta rappre senta una amplificazione di microprocessi cui si applica il principio di esclusione di
Bohr. Per quel che riguarda gli scopi che ci interessano qui, poco importa se quel che viene amplifi cato e
autenticamente a-causale, nel senso di Bohr, o causale, come credono Einstein e Russell. Ci basta ammettere
che l’ispe-
471
zione _produce fenomeni in modo dipendente dalla relazione d’indeterminazione — dunque fenomeni
diversi da quelli che si cerca di osservare.
In scienza del comportamento, ogni osservazione o espe rimento sono piu o meno di questo tipo (Capitolo
23).
E vero, beninteso, che, secondo Bohr e Jordan, questa situazione viene obliterata nei gruppi, nello stesso
modo (inter- compensatorio) che nello studio di processi macrofisici amplifi cati, in cui, siccome M e molto
grande, h/M e necessaria mente molto piccolo.
Ho in altri tempi accettato pienamente questa conclusione supplementare, ma non sono sicuro di poterla
accettare ancora (12).
Molte osservazioni, citate in questo libro, mostrano che un intervento, teoricamente minimo (lavoro sul
campo, espe rimento, terapia di gruppo) puo non soltanto avere conse guenze di importanza sproporzionata,
ma anche, in modo molto preciso, produrre nuovi fenomeni, che rappresentano un’alterazione dello stato di
cose che si desidera studiare.
Questa situazione puo essere osservata molto facilmente nei piccoli gruppi, ma puo esserlo anche in gruppi
piu nume rosi: a volte, un intervento teoricamente minimo, altamente specifico, produce effetti considerevoli
(Capitolo 21). In effetti il gruppo amplifica uno stimolo che, in colui da cui emana, e gia una amplificazione
di microfenomeni. Pochi quanti di luce bastano per incitare un uomo a gridare « al fuoco », e a provocare
cosi il panico generale (Devereux 1966a).
Sono quindi incline a chiedermi se Bohr e Jordan hanno ragione di postulare l’obliterazione completa della
comple mentarita a livello sociale. Questo principio non puo, credo, venire ignorato, per esempio nell’analisi
degli effetti sulla tribu studiata del lavoro di ricerca dell’etnologo che lavora sul campo. In effetti,
tecnicamente parlando, la societa e un
« campo » strutturato che possiede i mezzi per amplificare stimoli in se piuttosto ridotti (Devereux 1939c).
472
Tornando al problema dell’analisi di un solo organismo, dovrebbe essere ormai evidente che, quando si «
misura » un organismo, non si misura soltanto cio che si voleva misurare, la sua reazione all’impatto dello
stimolo, si misura anche la sua reazione all’impatto dell’operazione di misurazione.
Cio porta a chiedersi se, facendo correre attraverso un labirinto dei ratti accecati, si ottengono informazioni
sul « ratto » o piu precisamente su quest’essere diverso che e il ratto accecato. Quando si condizionano delle
scimmie, para lizzate per gli scopi dell’esperimento, questo non potrebbe in realta fornire informazioni che
su organismi paralizzati, e sulle loro possibilita, non sulle caratteristiche di organismi sani. Sappiamo anche
che si possono indurre per ipnosi degli stati di regressione cosi profonda che si puo provocare in un adulto
persino un riflesso di Babinski, che si verifica in genere soltanto nel bambino piccolo, oltre che in certe
malattie neu rologiche (13). Non si puo quindi esser certi che simili ricer che ci diano informazioni su un
autentico «comportamento di vita » (Capitolo 20).
Ho gia riportato molti significativi esempi, ma vorrei aggiungerne un altro, perche si trova ad essere
all’origine del mio interesse per questo problema.
Caso 424. - Molti anni fa, ho visto un film che mostrava il comportamento coitale delle scimmie. Per poter
filmare questo comportamento ogni volta che lo si voleva, tutte le femmine erano state castrate. Quando si
voleva riprenderne il comportamento, si provocava in loro un estro artificiale, tramite iniezione di estrogeni.
Per me, il dato principale fornito dal film era il distacco quasi catatonico delle femmine: il loro
comportamento coitale era radicalmente diverso da
quello che si puo osservare in un moderno giardino zoolo gico, o nella giungla. La posizione e l’espressione
facciale somigliavano in realta a quelle che si notano nelle scimmie femmina che sono state « allattate » da
una « madre » di stoffa (Harlow 1962). Quando lo feci notare a uno psichiatra
473
di un altro laboratorio, convenne con me che il film non diceva nulla sul comportamento coitale naturale
delle scim mie. Visto che e quasi impossibile fare una lista di tutti i fattori trascurati dagli autori del film, ne
menzionero soltanto uno: salvo nei momenti in cui ricevevano estrogeni, le scim mie si trovavano in stato di
menopausa chirurgicamente pro vocata, con tutto quel che implica sul piano fisiologico (mo dificazioni
metaboliche) e psicologico. La periodica iniezione di estrogeni le strappava bruscamente dal loro stato di
ases sualita, in cui ricadevano altrettanto bruscamente appena metabolizzati gli estrogeni. Non c’era quindi
nessuna reale continuita (Devereux 1966b) tra il loro abituale stato di meno pausa e la loro intermittente fase
sessuale. Le scimmie dove vano sentirsi disorientate quanto Ulisse sottoposto a una serie di metamorfosi per
volonta di Atena. Cio prova soltanto che gli studiosi del comportamento hanno ancora molto da imparare dai
poeti ... e anche dalla distinzione fatta da Hugh- ling Jackson (1931-32) tra i sintomi risultanti dalla dissolu
zione delle funzioni superiori, e quelli risultanti dalla libera zione delle funzioni interiori.
Torniamo al problema della demarcazione; e possibile sostenere che la demarcazione piu significativa dal
punto di vista scientifico si situa nel punto in cui si produce una pertur bazione che si puo collegare al
principio di complementarita. In molti casi, questo punto e — almeno per l’osservatore imparziale
at\Yinsieme della situazione sperimentale — situa to profondamente « all’interno » dell’osservatore o dello
spe rimentatore reale. Il punto/istante in cui lo sperimentatore esclama: « Questo io percepisco » puo
benissimo essere anche il punto nel quale prevale una situazione suscettibile di venir collegata al principio di
complementarita.
Si e detto che F« Io » e situato tra l’altro e il basso, la destra e la sinistra, il davanti e il dietro. La stessa idea
e stata una volta espressa, in maniera drammatica e commovente, da una persona colpita da schizofrenia
ambulatoria, in stato
474
di remissione completa, pagata pero con un abbassamento del livello di aspirazioni: «Prima, avevo
l’impressione di essere un pisello che rotolava da qualche parte dietro il mio cranio. La cominciavo io ».
Questi problemi possono in gran parte venir discussi in termini del livello psichico che l’osservatore tratta
come il suo ultimo « avamposto ». E quando uno stimolo esterno rag giunge questo livello che egli esclama:
« Questo io percepi sco ». Questo tipo di comportamento ha una importanza decisiva per la comprensione
delle diverse forme di psicote rapia, considerate qui come esperimenti (Capitolo 23).
L’ultimo problema che dobbiamo affrontare e suggerito da una analisi piu approfondita dell’esperimento del
bastone. Il bastone tenuto in modo molle fornisce dati dattili, il bastone rigido dati cinestesici. Esiste pero un
dato supplementare di cui bisogna tener conto: e la percezione del movimento di esplorazione della mano,
anche nel caso in cui «l’esplora zione » e soltanto un’operazione mentale. I dati che si riferi scono a questo
processo non devono venir confusi con cio che e stato chiamato « acquisizione di conoscenze », che riguarda
un’altra disciplina, diversa da quella che ha ispirato l’espe rimento. Per certi aspetti, la percezione da parte
dell’osserva tore del movimento di esplorazione della mano (o della men te) e probabilmente anch’essa un
dato che corrisponde logi camente alla perturbazione provocata dall’ispezione degli elet troni o degli
organismi. Si tratta di un fenomeno nuovo, prodotto dall’esperimento, e che viene considerato qui come un
tipo particolare di comportamento.
Questa constatazione ci conduce al problema della natura dei dati delle scienze del comportamento, di cui
tratta il capitolo seguente.
475
31

NOTE
(1) Sono da tempo convinto che i fenomeni psicologici descritti dalla legge di Weber-Fechner dovrebbero venire analizzati in modo
analogo al procedimento del « taglio » di Dedekind (Devereux 1966a).
(2) Riconosco qui, una volta per tutte, l’incalcolabile debito di questo capitolo all’analisi di Lenzen del problema della demarcazione.
Gli altri suoi scritti, come le mie conversazioni con lui, hanno fatto di me, per molti altri aspetti, il suo debitore intellettuale.
Sarebbe azzardato dedurne che ci occupiamo qui della «menta lita dell’epoca », e non di una semplice coincidenza, ma vale la pena
di notare che il reinserimento di Einstein del fisico nell’esperimento fisico e di Freud della persona del terapeuta nella situazione
terapeutica coinci dono nel tempo con i tentativi di molti studiosi del comportamento di escludere l’osservatore dall’esperimento.
(4) E possibile che cio chiarisca qualche aspetto della masturbazione, dove la mano, dotata di sensibilita epicritica (e che riceve anche
sensazioni cinesiche) manipola il pene, che ha soltanto sensibilita protopatica. E anche possibile che cio possa far luce sulla tendenza
nevrotica a trattare il partner sessuale come una « cosa » con la quale non c’e « fusione » psicologica.
(5) Soltanto un certo particolare modo di riflettere su un fenomeno puo trasformarlo in dato, cioe in informazione rilevante per una
scienza, e piu particolarmente ancora in informazione appartenente alla scienza in funzione della quale si riflette. Quest’ultima
costituisce la prospettiva teo rica utilizzata per trasformare un fenomeno non specifico in un dato, o informazione, specifici di una
disciplina data. Per un esempio, cfr. Capi tolo I, nota 3. '
(6) Un’analogia potrebbe essere la differenza tra il modo in cui gli allievi di un virtuoso classico e quelli di un virtuoso romantico
interpre tano la stessa sonata.
(7) Le speculazioni sulla questione se « esseri » diversi possano avere una « logica » diversa appartengono alla metafisica. Preferisco
non occu parmene, soprattutto perche servirsi di simili « esseri » e della loro « logica » come ipotesi e gia comunque una operazione
logica umana. Di conseguenza, questo genere di ragionamento e necessariamente circolare, il che del resto succede spesso in
metafisica.

(8) M e la massa, h la costante di Planck, che rappresenta il piu piccolo quanto di energia possibile. L’equazione fondamentale e:
AxAv^ u/M.

476
(9) Alcuni scienziati hanno pensato che cio implica il carattere a-cau- sale dei processi quantici. Einstein e Bertrand Russell non sono
d’accordo. Quest’ultimo insiste particolarmente sul fatto che e il termine «indetermi nazione » ad aver suggerito che questi processi
fossero a-causali, mentre questo termine riguarda in realta soltanto l’imprecisione inevitabile delle misurazioni (Russell 1927).
(10) NeH’esperimento in cui si misura il calore, si passa spesso da un sondaggio termico a un sondaggio ottico, e poi a un sondaggio
elettro- chimico.
(11) I fisici hanno per molto tempo accumulato molte valide cono scenze sul calore, anche in tempi in cui si credeva all’erronea
teoria flo gistica del calore. Queste scoperte dovevano soltanto venire riformulate in termini diversi.
(12) Ho discusso, senza coglierne appieno l’importanza, la possibilita di interpretare il «rispetto della legge» del cittadino in funzione
di un modello teorico della societa in cui «l’agente Martin», che rappresenta la « legge », puo essere considerato come privo di
posizione « definitiva ». Egli e, come direbbe Dirac, « distribuito lungo una linea » e impone quindi il rispetto della legge lungo
questa linea, proprio in funzione dell’«inde terminazione » della sua posizione al tempo t (Devereux 1940a).
(13) Il dottor Garwood si e con ragione chiesto che cosa stiamo in realta studiando quando un soggetto adulto normale produce, in
stato di ipnosi, il segno di Babinski. Credo che studiamo un « preparato » sui generis (nel senso che ho definito altrove) il cui
comportamento chiarisce soprattutto il preparato stesso e contribuisce solo indirettamente — se veramente si puo parlare di
contributo — alla comprensione dei neonati e degli adulti normali, o alla comprensione dei malati neurologici, in cui il segno di
Babinski e un sintomo usuale.

477
23. - La teoria della demarcazione e la natura dei dati delle scienze del comportamento.
La natura di una scienza e completamente definita dalla sua utilizzazione di determinati aspetti dei fenomeni,
cui altre discipline non si interessano. Quando un gruppo di discipline si occupano essenzialmente dello
stesso fenomeno, la disci plina che studia con piu coerenza un aspetto del fenomeno che viene analizzato
soltanto incidentalmente dalle scienze connesse, e per nulla dalle altre, diventera paradigmatica del l’intero
gruppo di scienze. E soltanto in questo senso limitato che la psicoanalisi e la piu caratteristica delle scienze
del comportamento, il che non implica che sia la migliore, o la piu sviluppata. In effetti, e proprio perche si
trova a essere paradigmatica che e, per certi aspetti, necessariamente anche la meno sviluppata, e forse anche
la scienza che finora ha portato meno contributi concreti al patrimonio definitivamente acquisito della
scienza del comportamento.
E possibile che il concetto di comportamento di Watson o quello di area culturale di Kroeber sopravvivano a
concetti freudiani come l’Io e l’Inconscio, come il labirinto dello psi cologo potrebbe avere piu avvenire che
il divano dello psico analista. Ma l’epistemologia e la metodologia di un Watson o di Kroeber non sono in
grado di spiegare i dati e le teorie di Freud, mentre la metodologia e l’epistemologia psicoanalitica possono
spiegare i dati e le teorie di Watson e di Kroeber. Il divano dello psicoanalista e in grado di produrre
equivalenti osservabili del comportamento che consiste nel percorrere un labirinto, mentre il labirinto non
puo produrre fenomeni
479
psicoanalitici di ampiezza sufficiente (1) per diventare acces sibili alPosservazione.
Gia Freud aveva insistito sul fatto che la psicoanalisi e prima di tutto una teoria psicologica e un metodo di
indagine, e soltanto in secondo luogo un mezzo terapeutico. Se faccia mo un altro passo nella direzione
indicata da Freud, possiamo postulare che la psicoanalisi e prima di tutto un’epistemolo gia e una
metodologia. Questo e il suo maggiore e piu dura turo contributo alla scienza, e quasi l’unica base alla sua
pretesa di essere considerata paradigmatica di tutte le scienze del comportamento.
Purtroppo, l’epistemologia e proprio l’aspetto meno stu diato della psicoanalisi, scienza quasi completamente
mono polizzata dai partigiani della « scienza applicata » (Devereux
1952a). Inoltre cio che i suoi avversari hanno attaccato, non e tanto l’epistemologia e la logica della
psicoanalisi, ancora relativamente embrionali, ma i dati che porta alla luce, e la sua teoria. Cio ha spinto gli
psicoanalisti a elaborare questi ultimi e a trascurare le prime (2). La causa ultima di questo disinteresse
risiede nel fatto che la maggioranza di coloro che si sono occupati dei fondamenti logici della psicoanalisi
erano dei metafisici, non dei logici; dei formalisti, e non dei costruttivisti. Di conseguenza, il loro punto di
partenza era
« Esiste un X » piuttosto che « Posso costruire e illustrare in questo modo un X ... ». Uno dei rari autentici
costruttivisti in psicoanalisi e stato Freud, la cui prospettiva fondamentalmente scientifica fu sdegnosamente
rifiutata da alcuni suoi allievi, contaminati da tendenze metafisiche, come un retaggio del razionalismo
ingenuo del XIX secolo.
NeH’insieme, i teorici della psicoanalisi avevano tendenza a trattarla, fin dall’inizio, come un sistema di
postulati, o come un sistema ipotetico-deduttivo ... cosa che la psicoanalisi po trebbe diventare, ma che, oggi,
non e sicuramente. Di conse guenza, gran parte di loro ha dedicato i propri sforzi a una prematura
esplorazione di tutte le implicazioni teoricamente
480
possibili di quel che non costituisce ancora uno schema concet tuale (3). A volte, l’hanno fatto senza
considerare se una manipolazione di concetti, teoricamente possibile, trova o puo trovare un riscontro nella
realta. Ogni tanto, si incon trano quindi studi teorici o addirittura clinici che somigliano a un platonico
balletto di astrazioni, o a una combinazione da gioco di scacchi (di concetti o « pezzi » del pensiero) disposti
senza tener alcun conto del fatto che in nessun gioco possibile si troverebbe una simile disposizione di pezzi
sulla scacchiera. Questo genere di esplorazione di tutte le implicazioni possi bili di uno schema e forse
legittimo in matematica — alla quale, visto che si tratta di un « linguaggio », si puo far dire
« qualunque cosa » in modo grammaticale. Ma cio non e legittimo per una scienza che pretende di essere una
descri zione della realta. In scienze di questo tipo, ogni implicazione, teoricamente possibile, dello schema
concettuale di base, che non ha riscontri nella realta, dimostra che lo schema e difet toso, o almeno
incompleto (4).
E precisamente perche la teoria psicoanalitica non e ancora uno schema concettuale completo che esiste una
tendenza a trattarne i concetti come se fossero realta, anche se Freud stesso li chiamava la « nostra mitologia
». Malgrado questo avvertimento, vi sono ai nostri giorni tentativi sempre piu numerosi per localizzare l’Io
nella parte anteriore del cervello, l’Es nel talamo ... o poco ci manca.
Certi psicoanalisti non sembrano rendersi conto del fatto che si impiegano concetti come l’Io, il Preconscio
ecc. non perche denotino, in modo evidente, delle realta, ma perche sono gli strumenti migliori, e
praticamente gli unici, di cui disponiamo attualmente (5). Se un giorno ognuno di questi concetti si potesse
sostituire con uno strumento migliore, la scienza che li utilizzerebbe non cesserebbe per questo di essere la
psicoanalisi. Basta che la nuova disciplina continui a ricor rere all’epistemologia psicoanalitica.
Inversamente, chi si aggrappa ai concetti freudiani, ma abbandona l’epistemologia
481
di base — cosa che succede sempre piu spesso ai nostri giorni — rinuncia alla essenza della psicoanalisi.
La posizione attuale della psicoanalisi, come scienza, e probabilmente simile a quella della fisica dei
Milesiani, il cui contributo permanente alla scienza non sono i concetti, ma il modo in cui se ne servivano,
cioe l’epistemologia e la me todologia di base. Il fatto che — in un’opera forse intitolata Della Natura —
Anassimandro abbia (forse) analizzato la realta in termini di freddo, caldo, umido e secco non interessa la
scienza moderna. Quel che conta, e che Anassimandro ha considerato analizzabile la natura, utilizzato
concetti operati vamente definiti e prefigurato il concetto di variabile analitica, anche se i concetti di cui si
serviva erano scientificamente insoddisfacenti.
Per quel che riguarda la nostra discussione, che tratta uni camente dei dati, la verita o la falsita dei concetti
della psico analisi non ha importanza. Cio che conta e che l’epistemologia psicoanalitica ha portato alla
scoperta dei fenomeni piu carat teristici del comportamento: quelli che, nella terminologia corrente, sono
considerati manifestazioni dell’Inconscio. E precisamente per questa ragione che la psicoanalisi potrebbe
diventare il fondamento logico di tutte le ricerche nelle scien ze del comportamento.
Anche se sono un freudiano detto « ortodosso » (6) mi propongo di presentare qui una analisi
dell’epistemologia psicoanalitica interamente indipendente dalla validita (o infondatezza) dei concetti e delle
teorie psicoanalitici. Piu precisamente, mi propongo di definire i dati psicoanalitici esclusivamente a partire
dalle operazioni che li rendono acces sibili all’osservazione, e chiariscono cosi le caratteristiche specifiche
dei dati delle scienze del comportamento. Una scien za giovane puo piu o meno cavarsela senza concetti ne
teorie, ma non puo fare a meno di un’epistemologia.
La natura dei dati psicoanalitici (cioe pertinenti alle scien ze del comportamento)', nessun fenomeno
possiede un senso
482

intrinseco. Non e quindi ne un dato, ne un’informazione: e semplicemente una potenziale fonte di dati.
Diventa un dato solo quando e assegnato a, o assunto da, una scienza partico lare (Capitolo 2) che seleziona,
tra i numerosi aspetti del feno meno, quelli che considera pertinenti e ai quali puo attribuire un senso nel
proprio particolare contesto. Considerata in que sto modo, la teoria di base di ogni scienza puo essere parago
nata e a un setaccio e a una pressa: e lei a determinare sia
il tipo che la quantita di informazione che si puo trarre da un fenomeno dato. Un aspetto meno semplice e la
trasforma zione del fenomeno in dato, che dipende non soltanto da cio che e « mandato », ma anche da cio
che viene « ricevuto » (7).
Ogni comportamento osservabile puo venire trattato come un enunciato (messaggio), anche se tutto quel che
enuncia non e stato intenzionalmente comunicato, e puo, in parte, costituire un autotradimento involontario.
Le impronte dei passi di un fuggitivo inseguito sono messaggi — anche se sono involontari. Quasi tutte le
scienze del comportamento studiano messaggi involontari. La psicoanalisi e la disciplina che li studia nel
modo piu sistematico, perche e costruita in modo da amplificare specificamente i messaggi involontari
(provocati), che rappresentano un autotradimento, e incorag gia costantemente il soggetto a esaminare le
impronte che ha lasciato durante la fuga.
Caso 425. — Un paziente in analisi, che temeva di entra re in un rapporto di rivalita con qualsiasi figura
paterna, cito un giorno le parole di un altro paziente: « Si scherza spesso sulla difficolta di distinguere tra
medici e pazienti in questo ospedale. Del resto, non c’e gran che da stupirsi, visto che, prima di ammalarsi, i
pazienti erano piu o meno dello stesso ambiente dei medici». Subito dopo, il paziente inspiro rumo
rosamente, comincio a contorcersi e a ridere con imbarazzo:
«Mio Dio, mi sono appena reso conto di come lei interpre tera quel che ho detto ... che oso paragonarmi ai
medici ... ma non e lei che ha fatto questa interpretazione. Sono io che l’ho
483
fatta. Sono io che l’ho pronunciata. So che cerco spesso di evitare la responsabilita del significato delle mie
parole anti cipando la sua interpretazione e dicendo che lei direbbe che cio significa questo o quello. Ma lei
non mi permette mai di sottrarmi in questo modo alla situazione. Lei mi risponde sempre che sono io, e non
lei, ad aver fatto un’interpreta zione ».
In questo esempio, lo stesso paziente trasformo un mes saggio inizialmente non intenzionale (che ricevetti)
in una co municazione intenzionale (che mi mando). In altri casi, e l’ana lista del comportamento,
psicoanalista compreso, che, mobili tando tutte le proprie risorse, trasforma messaggi che rappre sentano un
involontario autotradimento in informazioni dotate di interesse scientifico.
Fino a questo momento, il modus operandi dello psico analista e lo stesso di quello di altri analisti del
comporta mento. Come tutti loro, studia un comportamento osservabile e lo elabora come informazione.
Come alcuni di loro, esamina anche messaggi non intenzionali e li legge tra le righe del comportamento. Per
un solo aspetto il suo modus operandi si distingue da quello degli altri analisti del comportamento. Egli tratta
i fenomeni che emergono dall’inconscio, di cui alcuni specialisti del comportamento negano addirittura la
esistenza, come una fondamentale fonte di informazione.
Si e a volte detto che l’inconscio non e direttamente osser vabile perche, appena diventa osservabile, cessa di
essere inconscio. Cio e vero soltanto entro certi limiti.
Caso 426. - Un paziente che provava una paura patologica dei microbi, e credeva che fossero trasportati dal
vento, mi parlo di una piccola epidemia di poliomielite nei paraggi della citta in cui abitava suo padre.
Aggiunse poi che il vento sof fiava ora dalla citta verso la regione colpita dall’epidemia, e osservo: « e una
fortuna ... (pausa) per lui ». L ’intero messag gio inconscio era contenuto in quella pausa. La direzione del
vento era favorevole al padre del paziente, ma non al paziente
484
stesso, che aveva le sue nevrotiche ragioni (inconsce) per augu rarsi la morte del padre. Il monologo del
paziente era certa mente un’attivita cosciente, e gran parte di quei che diceva costituiva un messaggio
cosciente e intenzionale. La pausa, breve ma rivelatrice, non era invece cosciente: il paziente se ne ricordo
soltanto quando glielo feci notare. Solo il significato della pausa non era cosciente (Jordan 1934).
Da un punto di vista epistemologico, il fatto che osservai la pausa del paziente non significa che ho osservato
diretta- mente l’inconscio del paziente (8). La pausa corrisponde sol tanto alle impronte lasciate da un
fuggiasco inseguito, che possono fornire informazioni su di lui. In un certo senso, cio e paragonabile al fatto
che, per studiare il calore di una baci nella d’acqua, si e costretti a trarre informazioni da indici di tipo ottico
(Capitolo 22). In realta, se utilizzo un cannoc chiale, posso ispezionare una bacinella d’acqua bollente da
grande distanza: semplicemente osservando che l’acqua bolle, posso affermare che la temperatura e di 100
gradi, anche se nel corso dell’ispezione non ho provato nessuna esperienza
termica (vissuta). Il problema complesso dell’esplorazione dell’inconscio e
stato ulteriormente oscurato dalle molte eccessive afferma zioni degli avversari della psicoanalisi. Lo
psicoanalista, come scienziato, dovrebbe preoccuparsi piu dei propri insuccessi che di quelli dei suoi critici:
conviene quindi confutare un contro-argomento psicoanalitico, che getta discredito piu su coloro che se ne
servono che su coloro cui e rivolto.
U argomento delle scotomizzazioni afferma che le persone non analizzate hanno troppe scotomizzazioni per
essere in grado di comprendere le manifestazioni dell’inconscio. Per la stessa ragione, esse non sono in grado
di comprendere le loro scotomizzazioni. Ho io stesso sostenuto opinioni del genere
(Devereux 1950d). Retrospettivamente, non riesco neppure piu a comprendere come ho potuto farlo, visto
che colui che ha scoperto le scotomizzazioni, cioe Freud, non e stato ana-
485
lizzato, e che l’auto-analisi e impossibile (9). Esistono, oltre a cio, anche molti scienziati, non analizzati ma
di spirito aper to, che hanno un’autentica comprensione deH’inconscio — se non del loro, almeno di quello
degli altri. Infine, sia i poeti che gli sciamani primitivi (Devereux 196la) hanno, con ogni evidenza, un senso
dell’inconscio e lo usano spesso con gran de abilita.
Questa constatazione non ha pero reale rilevanza scien tifica visto che l’argomento della scotomizzazione
non fa che postulare un difetto, reale o fittizio, nell’osservatore e nel l’osservazione. Difetti del genere,
puramente tecnici, possono, per definizione, venir evitati. Inoltre, 1’esistenza di scotomiz- zazioni non
implica che l’individuo non percepisce le mani festazioni dell’inconscio e non vi reagisce in modo specifico.
Significa soltanto che l’individuo nega la loro origine incon scia e/o le razionalizza. Cosi, la battuta: «Le sue
scotomiz- zazioni le impediscono di vedere le sue scotomizzazioni » somiglia in modo preoccupante a un
ragionamento circola re (10). Prima gli psicoanalisti abbandoneranno questo argo mento specioso, meglio
saranno compresi dagli specialisti del comportamento. c-
In ultima analisi, nulla possiede rilevanza scientifica, eccetto l’esatta precisazione delle operazioni tramite le
quali lo scienziato piu o meno imparziale puo ottenere informazioni sull’inconscio. Il mio unico obiettico e
quindi l’analisi ope rativa dei mezzi e dei modi tramite i quali l’inconscio diventa accessibile alla
osservazione.
Se si postulasse fin dall’inizio che l’inconscio e una varia bile intermedia euristica, ci si troverebbe
immediatamente costretti a costruire un sistema ipotetico-deduttivo, le cui implicazioni dovrebbero trovare
un riscontro dimostrabile nella realta. Ho preferito invece elaborare una definizione operativa dell’inconscio
(11), in parte perche non credo che cio sia possibile oggi, in parte perche giudico necessario pre munirmi
contro il rischio di diventare «un astrattore di
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quintessenze » (Rabelais) in un campo in cui la tentazione di abbandonarsi ai voli delFimmaginazione e a
volte irresistibile. Un approccio del genere mette necessariamente un freno alla immaginazione disordinata,
come fa del resto lo scopo di questa discussione, che e di determinare la natura dei dati delle scienze del
comportamento, e non la difesa di questa o quella teoria.
Alcuni critici ingenui affermano spesso che lo psicoanalista « indottrina » i pazienti: essi fanno notare che i
pazienti di
un freudiano fanno sogni freudiani, che quelli di uno junghia no fanno sogni junghiani ecc. Questa
affermazione, spesso male accolta, e perfettamente vera dal punto di vista della descrizione, pur essendo
logicamente non pertinente, visto che confonde linguaggio e informazione. Non si « indottrina » un
Ottentotto insegnandogli l’inglese, se gli si permette di dire in inglese tutto quel che vuole. Si fornisce
semplicemente una base alla comunicazione. Si potrebbe forse obiettare che
ogni lingua prestruttura sia il pensiero che la realta (Whorf 1952). Cio e assolutamente vero, oltre che
assolutamente non rilevante, visto che le specifiche abitudini « linguistiche » dei pazienti nevrotici si
manifestano nel modo piu chiaro quando li si fa parlare 1’«inglese», piuttosto che il natio ottentotto.
Ma cio non esaurisce ancora il problema. Ben piu sottile e l’obiezione che la tecnica psicoanalitica
crea il fenomeno che in seguito spiega. Questo enunciato, irrefutabile perche vero, non implica che la
psicoanalisi e una pseudo-scienza, perche esattamente la stessa cosa si verifi ca nella sperimentazione in
meccanica quantistica non relati vista (Capitolo 22). Conviene ricordare qui anche la battuta degli psicologi
specialisti in tests: « L ’intelligenza e cio che i tests misurano ». Questa battuta implica che l’intelligenza
misurabile e un prodotto dell’operazione di applicare tests. C’e anche molta saggezza nell’epigramma (di
Karl Kraus, n.d.T.): «La psicoanalisi e la malattia di cui pretende di essere la terapia ». Questi discorsi erano
tenuti in modo critico,
487
e gli psicoanalisti hanno quindi cercato di confutarli, senza rendersi conto che questi avversari attribuivano
loro la piu grande scoperta possibile nelPepistemologia delle scienze del comportamento, cioe che i dati piu
caratteristici di tutte le scienze del comportamento sono fenomeni provocati dall’os servazione stessa.
In gran parte delle scienze del comportamento, i dati di base sono gli « enunciati » (il comportamento) dei
soggetti. In psicoanalisi, gli enunciati non elaborati del paziente sono dati relativamente secondari, essendo
situati, come i dati di Newton, « la fuori » (Capitolo 22). I dati della scienza del comportamento
comprendono anche le percezioni dell’osser vatore. Queste sono state pero appena studiate, visto che la
demarcazione tra osservazione e soggetto e stata posta «la fuori » — il piu lontano possibile dall’osservatore.
In psico analisi, le percezioni dell’osservatore sono situate, come quel le di Einstein, « qui dentro » {in here);
sono localizzate alme no «presso», e persino, in un certo senso, «all’interno» dell’osservatore.
L’epistemologia che sottende l’osservazione in scienza del comportamento e estremamente complessa. Il
miglior modo di esaminarla e di determinare il punto/istante che l’osserva tore tratta come il suo «
avamposto » estremo (Capitolo 22). Semplificando all’eccesso, per il momento, si puo dire che
quest’avamposto e il punto/istante in cui, quando uno stimolo 10 raggiunge, l’osservatore esclama: « Questo
io percepisco ». In realta, e ovvio che, se seguiamo l’analisi di J. Von Neumann e Lenzen dell’esperimento
che consiste nel misurare il calore, si deve dire che e possibile esclamare: « Questo io percepisco » soltanto a
proposito di un evento gia « interiorizzato »... come 11 cambiamento elettrochimico nel nervo ottico, anche
se non e certamente il nervo a « dire »: « E questo io percepisco ». Il miglior modo di analizzare questo
problema e di affron tarlo in termini di situazione psicoterapeutica, che costituisce
488
il paradigma di tutte le osservazioni e gli esperimenti autentici della scienza del comportamento (Devereux
1957a).
La demarcazione tra psicoterapeuta e paziente: ogni for ma di psicoterapia presuppone tra terapeuta e
paziente una certa sovrapposizione, che non e neppure necessariamente di ordine concettuale. Una persona
compassionevole che racco glie un cagnolino ferito e lo conforta raggiunge (reach) il cane, e lo raggiunge
nella sua interiorita unicamente perche aveva permesso al cane di raggiungerla — e di raggiungerla
interiormente — provocando in lei la compassione. E a questa compassione provocata che in seguito
reagisce il cane, e smette di piangere.
La demarcazione tra terapeuta e paziente non puo certo situarsi sulle labbra del paziente. Anche nella sfera
concet tuale vi e, in linea generale, una intersezione almeno lessicale tra i due. La parola « madre » designa
per entrambi la donna che li ha messi al mondo. In una situazione terapeutica inter culturale, possono pero
verificarsi divergenze semantiche importanti. Il terapeuta occidentale sa di avere soltanto una madre, mentre
il paziente primitivo sa che sua zia materna e anch’essa sua « madre » classificatoria. Entrambi possono
quindi non comprendersi. Nello stesso modo, il terapeuta occi dentale potrebbe trovare normale amare il
proprio fratello; un suo paziente della Grecia antica avrebbe invece pensato
che un amico e un amico, ma un fratello e un nemico (Arte- midoro 4.70).
La situazione e ancora piu complessa quando per il tera peuta un W.C. e essenzialmente un dispositivo
sanitario, men tre per il paziente schizofrenico si tratta essenzialmente di un trono, oppure di fauci terribili,
aH’interno delle quali un mostro attende di divorare i suoi escrementi (Devereux
1952b). L’informazione che proviene dal paziente e che raggiunge
il terapeuta per via sensoriale puo venir bloccata in diversi punti della traiettoria. Lo psichiatra
comportamentista puo
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fermarla esclamando: « Questo io percepisco » nel momento stesso in cui essa raggiunge la sua coscienza.
Puo allora, trac ciando per cosi dire un limite, prescrivere insulina, l’elettro choc ... o addirittura una
lobotomia. E il suo modo di dire:
« E tutto quel che ho bisogno ( = posso tollerare) di sapere », o anche: «Ferma! Proibito proseguire oltre».
Ricordiamo quello psichiatra che disse a un paziente di tenere per se le sue oscenita (Caso 112). Uno
psichiatra simile canalizza tutto quel che il paziente dice direttamente verso la sfera cosciente, e lo elabora
tramite un processo secondario razionale. Que sto modo di procedere cerca di evitare le fughe verso la sfera
inconscia, e a volte persino verso la sfera preconscia, e a garantirsi che la riflessione (mentation) dello
psichiatra — che riguarda il processo secondario (logico) — non sara distur bata da ripercussioni provenienti
dall’inconscio o dal pre conscio. In breve, egli cancella deliberatamente le ripercus sioni ansiogene provocate
in lui dal paziente. Questo modo di comportarsi e legittimo soltanto quando si ha troppo poca esperienza per
poter utilizzare a fini costruttivi le perturba zioni, e vi si reagisce con un’angoscia che impedisce Yins- ight
(12).
Questa e dunque la situazione « ideale », o piuttosto cio che psichiatri del genere credono di fare. In realta,
anche loro reagiscono agli echi suscitati nell’inconscio dalle parole del paziente. Il panico con cui gridano
(prematuramente): « Que sto io percepisco », e il contrattacco che mettono in opera tramite elettrochocs e
lobotomie ne sono l’illustrazione elo quente. Misure del genere cercano di impedire al paziente di
raggiungere l’interiorita del terapeuta, con attacco difensivo che tende a raggiungere quella del paziente. Cio
significa che la perturbazione viene apparentemente spostata dalla psiche del terapeuta a quella del paziente.
In ultima analisi, cio rap presenta uno spostamento della demarcazione, ma solo nella misura in cui questo
spostamento trasforma cio che dovrebbe
490
essere un esperimento con un bastone tenuto in modo «mol le », in un esperimento con un bastone « rigido ».
Il modus operandi dello psicoanalista « ideale » (13) e diverso. Per lui, la perturbazione e un dato
fondamentale che deve essere massimizzato. Non si tratta di un sottoprodotto indesiderabile, per quanto
inevitabile: e piuttosto lo scopo delle sue attivita psicoanalitiche, che tendono a raccogliere dati ... il che
dovrebbe del resto essere lo scopo di tutte-le scienze del comportamento. Lo psicoanalista ideale canalizza
gli stimoli che provengono dal paziente direttamente verso il proprio inconscio, e, in misura minore, anche
verso il proprio pre-conscio. Egli utilizzera come un rivelatore, o come un ricettore, la parte della psiche che
la maggior parte degli altri
analisti del comportamento cercano di scartare. Oltre a cio, comincera a elaborare questi stimoli ricorrendo ai
processi primari di pensiero. Egli si fa raggiungere, e raggiungere all’in- temo, dal paziente. Permette che si
crei in lui una perturba zione, e la studia ancora piu accuratamente che le stesse parole del paziente. Egli
comprende il paziente in modo psico analitico soltanto nella misura in cui comprende le perturba zioni che
questi provoca in lui. Egli dice: « Questo io perce pisco » soltanto a proposito degli echi che si verificano in
lui (Devereux 1056a).
Questo punto e cruciale per l’epistemologia della psico analisi. La perturbazione si verifica « alFinterno »
dell’osser vatore; e la perturbazione ad essere in seguito sentita come lo stimolo autentico, e che viene
elaborata come un dato significativo. Da un punto di vista logico, si ha il diritto di dire che e alla
perturbazione, e solo ad essa che reagisce l’os servatore dicendo: « Questo io percepisco ». Inoltre, la per
turbazione si verifica, come abbiamo gia mostrato, nel punto
in cui ci si trova a corto di spiegazioni del tipo « la fuori » (Capitolo 22).
E possibile che il metafisico insista perche la perturba zione sia separata dalla percezione, postulando cosi
l’esi
32

491
stenza di due regioni, che rispettivamente sarebbero il luogo della perturbazione e il luogo della percezione.
L’operazio- nista preferira dire che l’esclamazione: « E questo che io per cepisco » e un prodotto della
perturbazione stessa, che non si verifica al di fuori del « sistema » perturbato ma al suo limite, e che anzi essa
e questo limite (vedi infra).
Dal punto di vista logico, la perturbazione e in se un enunciato, e il « questo io percepisco » e un enunciato
su questo enunciato. Si tratta inoltre di un enunciato razionale, anche se il suo contenuto sembra irrazionale.
Se il paziente dice: « le uova escono dall’ombelico delle galline » e l’analista risponde «come i bambini
escono dall’ombelico della ma dre » (Caso 429), entrambi profferiscono, dal punto di vista obiettivo,
enunciati irrazionali. Nella misura in cui le parole dell’analista sono un enunciato sull’enunciato del paziente,
pero, esse sono razionali perche implicano: «E mi accorgo che lei si sta implicitamente avvicinando
all’enunciato: “ an che i bambini nascono dall’ombelico ” ».
Analizzeremo piu tardi questo problema estremamente complesso.
Per tomare al nostro tema principale, e evidente che gran parte degli analisti del comportamento « elaborano
» il « sog gettivo » come una fonte di errore sistematico, mentre lo psicoanalista lo considera la sua
principale fonte di informa zione, semplicemente perche la sua analisi didattica l’ha messo in grado di
tollerare una informazione soggettiva di questo genere (Devereux 1965a) (14).
Non soltanto e vero che l’esperimento psicoanalitico pro voca il comportamento che studia, ma di fatto lo
crea — pro prio come gli avversari della psicoanalisi non hanno smesso di ripetere allo psicoanalista, che
rifiutava di ascoltarli. L’analisi crea comportamento nel senso in cui la sperimentazione crea i fenomeni piu
caratteristici della fisica quantistica (Capi tolo 22).
492
E un fatto e, se si puo dire che un fatto abbia uno scopo, il suo scopo e di costringere lo scienziato a trarne il
massimo vantaggio. Il comportamento cosi prodotto comprende anche le risposte specifiche del paziente
all’esistenza del terapeuta, oltre che al quadro formale e materiale dell’analisi. Soprat tutto, questo
comportamento comprende le reazioni all’espe rienza di esser sottoposti ad analisi, esperienza unica e del
tutto diversa da quelle che si possono fare nella vita comune
(Capitolo 20). E anche probabile che sia questa esperienza a provocare il transfert, spingendo il paziente a
scoprire, e, se e il caso, a inventare, analogie tra l’analisi e la vita corrente, in modo da potersi comportare
nell’analisi secondo il modello della vita quotidiana. In questo senso, il transfert e uno spo stamento di
apprendimento (transfert oj learning) inappro priato. E una specie di « incompetenza appresa » (trained
'competence) simile alla « stupidita biologica » che si osserva
presso gli animali che operano secondo compulsioni istintive in situazioni in cui un comportamento del
genere e votato al fallimento. Basti pensare alla femmina del ratto che, se pri vata dei materiali necessari alla
costruzione di un nido durante la gravidanza, tratta la propria coda come un filo di paglia, raccogliendola e
posandola reiteratamente nel luogo in cui
si propone di costruire il nido. Inoltre, e probabile che sia la stranezza della situazione analitica di produzione
di risposte a rendere una persona, anche normale — come per esempio un analista in formazione — capace
di sviluppare una nevrosi di transfert.
Un altro importante fattore, che produce fenomeni sui generis, e la differenza fondamentale tra « confessare
» qual cosa a se stessi, e confessarla a un altro, « de-privatizzando » cosi i propri « segreti ».
Obiettivamente parlando, il paziente produce due tipi di informazioni: il primo consiste in informazioni che e
consa pevole di comunicare, e che, inoltre, ha intenzione di comu nicare. Il secondo tipo consiste in
informazioni comunicate
493
« involontariamente », « tra le righe », senza sapere di farlo. Questo secondo tipo di informazioni puo anche
venire utiliz zato al di fuori della situazione psicoanalitica. Nel corso di un’intervista a proposito delle usanze
ungheresi, il modo in cui la professoressa Mead ottenne da me informazioni che non sapevo di possedere
(Caso 136) illustra perfettamente questo processo. Anche gli auto-tradimenti inconsci hanno un ruolo
importante in psicoanalisi (Caso 429).
Dati del genere sono importanti per lo psicoanalista quan to per il comportamentista classico. Sono inoltre un
chiaro prodotto delFinterazione tra osservatore e osservato. Sono puri e semplici dati diadici.
L’interazione psicoanalitica produce anche un terzo tipo di dati, piu latenti. Sono, in teoria, i dati piu
caratteristici della scienza del comportamento. Gli psicoanalisti parlano a volte della « rivelazione »
dell’inconscio di un paziente nel corso dell’analisi. La formulazione di questo enunciato e impropria. E
impossibile osservare direttamente l’inconscio, almeno quanto e impossibile osservare il calore della baci
nella d’acqua nell’esperimento di Von Neumann. Cio che si puo direttamente osservare, e che quindi
costituisce un dato, e la ripercussione — la perturbazione — che le parole del paziente provocano
nell’inconscio dello psicoana lista. L’esplorazione di queste perturbazioni interne fornisce dati « che si
verificano presso l’osservatore » e anche, per dirlo in modo ingenuo, « all’interno » dell’osservatore. Si
assume poi che quei dati hanno origine — esattamente come nell’astronomia relativista (Capitolo 22) — « la
fuori », cioe
« presso » o « all’interno » del paziente. Interpretandone le ripercussioni dentro di se, l’analista pretende di
interpretare anche l’inconscio del paziente.
Si tratta, evidentemente, di un’ipotesi, e, inoltre, di un’ipo tesi che implica l’assunzione supplementare che
l’inconscio dell’analista e quasi identico a quello del paziente, principal mente perche l’inconscio e una
funzione o una parte relativa
494
mente poco differenziata della psiche di un individuo. L’in conscio di una persona puo quindi somigliare a
quello di un’altra, molto di piu di quanto possa farlo la coscienza, che e invece altamente differenziata. Ogni
analista che crede di poter percepire direttamente l’inconscio di un paziente, piut tosto che il proprio, si
inganna da se. Chi pratica l’analisi secondo quest’ipotesi erronea non puo operare che delle pseudo-
guarigioni. Praticando meccanicamente l’analisi tra sforma il paziente in cio che a volte viene chiamato una
« rapa », ma che potremmo a ragione chiamare uno « zom bie ». Anche questo e un modo di liquidare
(abtoten) la per sona, e di realizzare con mezzi psicologici quel che l’elet trochoc e la lobotomia realizzano
con mezzi fisici.
Le considerazioni che precedono sono direttamente colle gate con quel che si puo imparare da esperimenti su
soggetti di cui si nega la coscienza, e soprattutto da esperimenti sui cosiddetti « preparati » (Caso 369).
Qualsiasi esperimento che aumenti la distanza tra osservatore e osservato, quantitati vamente o
qualitativamente, e una implicita negazione del l’ipotesi fondamentale secondo la quale e possibile
analizzare l’inconscio del soggetto soltanto perche assomiglia a quello dell’osservatore. Soltanto un «
preparato » puo analizzare un altro « preparato ».
Possiamo recisamente affermare che un « preparato » non ha inconscio semplicemente perche la maggior
parte o la totalita della sua coscienza e stata distrutta, il che ha per messo la liberazione di cio che prima era
inconscio. Anche se siamo ben lungi dall’essere certi che gli animali possiedono un inconscio, il
comportamento degli animali decerebrati sug gerisce che qualcosa che prima era inibito e ora libero e si
trova alla « superficie » del comportamento. Considerazioni analoghe si applicano anche alle lobotomie, che
producono piu spesso di quanto si creda risultati diametralmente opposti a quelli attesi. In molti casi, questi
risultati « inattesi » pos
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sono essere previsti con grande esattezza, e sorprendono sol tanto chi ragiona in termini di « preparati » (15).
Sarebbe augurabile, dal punto di vista logico, rimandare a piu tardi l’esposizione del senso operativo che
assegno qui al concetto di inconscio, ma e forse meglio trattare imme diatamente questo problema, perche
non mi si sospetti di in trodurlo surrettiziamente nella discussione.
Cosa vogliamo dire quando diciamo che l’inconscio dello psicoanalista riecheggia quello del paziente?
Le differenze fondamentali tra le diverse maniere di rea gire a un enunciato possono venir chiarite
dall’analisi di un aneddoto.
Caso 427. - Una casalinga che vive nel Nebraska dice a suo marito: «Se uno di noi muore, andro a vivere a
Los Angeles ».
Il marito puo reagire facendo semplicemente notare alla moglie il carattere illogico dell’enunciato: « uno di
noi » po trebbe essere la moglie stessa. In questo caso, il marito rea gisce semplicemente al contenuto
manifesto e alla presenta zione logica del pensiero della moglie. Egli non permette che il messaggio
implicito: « Mi piacerebbe che tu morissi per poter andare ad abitare a Los Angeles » raggiunga il suo
inconscio, e che vi produca ripercussioni. Egli percepisce (cioe ferma) l’enunciato al livello cosciente. Lo
elabora solo a questo li vello, e lo restituisce sotto forma di analisi logica. Lo psi
chiatra comportamentista agisce spesso in questo modo. Se invece permette al messaggio implicito
(inconscio) di raggiungere il suo inconscio, egli prova un sentimento di collera, senza forse comprenderne la
causa. Ma, decidendo di
esaminare la causa della collera, la sua prima ipotesi po trebbe essere: «La collera e provocata da quel che mi
ha appena detto mia moglie ». Poi, potrebbe domandarsi: « Per che un lapsus cosi stupido puo farmi
arrabbiare? ». La risposta sarebbe: «perche il lapsus rivela involontariamente che lei desidera la mia morte ».
Un desiderio inconscio di morte e
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potenzialmente pericoloso. Se non ne ha coscienza, non puo controllarlo: potrebbe quindi farmi «
accidentalmente » ca dere sulla testa un vaso di fiori dal secondo piano, e ucci dermi. Un desiderio di morte
cosciente potrebbe essere meno pericoloso, perche lei sarebbe in grado di controllarlo, visto che non puo
ignorare che, uccidendomi, rischierebbe la sedia elettrica. Farei bene a farle prendere coscienza del suo desi
derio di morte, per darle la possibilita di controllarlo ». In questo caso, il marito non ha cominciato da
un’analisi del lapsus della moglie, ma da un’analisi della sua collera. In senso stretto, e analizzando la
collera che ha ottenuto un insight sull’ostilita della moglie contro di lui. E quindi l’ana lisi del suo
sentimento di collera — che collega al lapsus della moglie — che gli comunica in seguito come una analisi
del suo lapsus. E un’analisi del proprio inconscio che le pre senta come un’analisi del suo inconscio,
insistendo tra l’altro sul fatto che la sua ostilita e inconscia perche lei la esprima non con un enunciato
diretto, ma sotto forma di un lapsus
linguae velato, allusivo e involontario (autotradimento). In altri casi, l’osservatore e messo in guardia non da
cio che viene detto dal soggetto, ma da cio che il soggetto
non dice. Caso 428. - Una volta, un collega psicoanalista mi disse
che non riusciva ad analizzare un sogno che aveva fatto la notte precedente. Aveva sognato di un acquario
sferico contenente tre pesci rossi di nome Marco, Matteo e Luca. Lasciai che questo messaggio creasse in me
una perturba zione — un leggero imbarazzo dovuto al fatto che mancava qualcosa. Gli psicologi della
Gestalt chiamano questo feno meno una « spinta verso la chiusura »; e il bisogno di comple tare, in modo
adeguato al sistema, una configurazione par zialmente incompleta (Devereux 195 le). Dicendomi dunque:
«Questo io percepisco», chiesi: «Dov’e finito Giovanni?». Il collega sobbalzo e disse: «Adesso capisco il
sogno, ri guarda Giovanni ».
497
Il leggero imbarazzo che avevo provato mi informava che c’era qualcosa da capire. Esaminando il mio
imbarazzo, mi resi conto che provavo una « spinta verso la chiusura ». Col legandola al mio interlocutore,
riconobbi che il sogno era incompleto. In modo cosciente o precosciente, mi resi conto che tre dei quattro
evangelisti si chiamavano Marco, Matteo e Luca. Questo non bastava per provare che il collega aveva
veramente « pensato » ai quattro evangelisti. Notai, pero, che li rappresentava in forma di pesci, e
d’improvviso mi ricordai che il simbolo cristiano primitivo di Gesu era il pesce. Questo mi rese certo che «
avrebbe dovuto » esserci un altro pesce, di nome Giovanni. Si trattava quindi di una omissione flagrante, che
si faceva necessariamente notare. Inoltre, lo stesso modo di nascondere l’informazione (l’omis sione)
indicava cio che era nascosto (omesso). Il fatto che Giovanni, invece di Marco Matteo o Luca era stato
omesso suggeriva che il sogno riguardava Giovanni (confronta Freud
1961b e Fodor 1945). Questo episodio consiste prima di tutto in una serie di
cose che avevo sentito. D’altra parte, implica due cose: in primo luogo, che l’imbarazzo che avevo provato
proveniva da un’origine esterna, era cioe causato dal sogno del collega; in secondo luogo, che i sogni
riguardano materiale rimosso.
La spinta verso la chiusura e un fatto sperimentalmente verificabile. Se si mostra a un soggetto un disegno
tachisto- scopicamente incompleto (par esempio un viso senza bocca) il soggetto non notera l’omissione. Il
suo bisogno suppletivo di completare la configurazione gli fara « aggiungere » la bocca mancante. Gli si
mostra un viso incompleto, ma egli vede un viso completo.
In altri casi, la sensazione di incompletezza ha radici piu inerenti alla configurazione. E anzi ispirato dalla
configura zione stessa. Se si trascorre una serata a parlare con un chi mico, non saremo colpiti dal fatto che
non parla di musica.
498
i
Se invece si e con un musicista, l’assenza totale di allusioni alla musica ci sembrera significativa.
Caso 429. - Un paziente in analisi parlo un giorno inter minabilmente e senza apparenti ragioni dei polli di
sua non na. Mi sentii imbarazzato, perche mi sembrava che mancava qualcosa. Il paziente sembrava cercare
di guadagnare tempo. Mi resi conto che non aveva ancora parlato di uova. Da un punto di vista obiettivo, non
era certo tenuto a parlarne, e le uova non erano la sola cosa che avesse omesso parlando
di polli. Eppure, avevo la sensazione che la totale assenza di riferimenti alle uova era diversa, dal fatto che
non aveva per esempio parlato del chiocciare delle galiine, o del canto del gallo. Se fosse stato musicista o
oratore, sarebbe forse stata questa omissione a colpirmi. Ma nel caso di un paziente letteralmente
ossessionato dalle secrezioni e da tutto cio che proviene dal corpo, era il fatto che non aveva parlato di uova
a sembrarmi curioso. Gli chiesi dunque: « E le uova? ». Non potevo prevedere la risposta: potevo prevedere
soltanto che qualsiasi risposta sarebbe stata significativa. La risposta fu un gesto involontario: prima di avere
il tempo di pronun
ciare una sola parola, la sua mano destra si diresse verso l’ombelico. Si mise quindi a balbettare,
pronunciando frasi sconnesse, che si contraddicevano l’una con l’altra. Durante questo incoerente discorso,
si rese conto, per la prima volta nella sua vita, che malgrado tutto quel che aveva imparato all’universita
continuava a credere che i bambini nascono dall’ombelico ... e comprese, ancora per la prima volta nella sua
vita, perche aveva bisogno di credere in una cosa che
« sapeva » essere falsa (Caso 246). Come nel caso precedente, quel che aveva attirato la mia
attenzione sul fatto che qualcosa doveva essere analizzato, era la perturbazione provocata nel mio inconscio
dal fatto che il paziente non aveva parlato di uova. Non potevo ana lizzare nient’altro che quella
perturbazione, e riconoscere che, in un modo o nell’altro, riguardava le uova. Il paziente stava
499
« discorrendo » di uova senza, ostentatamente, parlarne. La mia esperienza del « questo io percepisco » mi
mise allora in grado di fargli una domanda del tutto neutra. Cio facilito, a sua volta, l’emergenza nel paziente
del materiale inconscio che aveva urtato il mio inconscio e vi aveva provocato una perturbazione.
Caso 430. - Almeno due volte uno dei miei pazienti, M.A., mi indusse in errore (in un contesto
apparentemente non anali tico) con una frode molto curiosa. Mi comunico un episodio, assolutamente
autentico e importante, in modo da farmi pen sare che vi aveva reagito nel modo piu naturale e ragionevole.
In realta, aveva agito in modo del tutto imprevisto e non ragionevole. Riusci a dissimulare cio che si trovava
dietro la facciata con cio che avrebbe dovuto esserci, semplicemente spingendomi a pensare spontaneamente
che aveva fatto quel che doveva fare. Inutile dire che la differenza tra cio che « e » e cio che « dovrebbe
essere » aveva un ruolo importante nella sua nevrosi.
Quando cercai di interpretare per lui il modo in cui aveva effettuato l’inganno, mi trovai di fronte a una delle
sue abi tuali resistenze. Non riusciva a « capire » quel che gli dicevo. Mentre cercavo un modo di farglielo
capire, una fantasia apparve dal mio inconscio, e io la comunicai al paziente in forma di metafora: «
Supponiamo che lei mi mostri la foto grafia di un volto umano e che lei mi chieda di invitare a cena la
persona il cui volto figura nella fotografia. Lei sa che io credero che si tratti di un essere umano, e che mi
aspettero quindi di incontrare un uomo. Lei, pero, sa che si tratta del viso di un centauro — ma si guarda
bene dal dirmelo ».
Questa allegoria permise al paziente di capire quel che avevo cercato di spiegargli. Era il mio unico scopo.
Ma fui nello stesso tempo colpito dalla natura della mia fantasia (o metafora). Mi chiesi perche avevo scelto
la fantasia di un centauro, quando l’immagine di una donna a coda di pesce
500

L
ecc. avrebbe servito ugualmente allo scopo. In quel momento, ricordai improvvisamente che avevo gia
utilizzato l'immagine di un centauro facendo un’interpretazione a M.B., uomo che si dedicava
compulsivamente alle razionalizzazioni, e che cer cava sempre di trasformare la sua analisi in un dibattito da
aula di tribunale o in discussione filosofica. Nel tentativo di far capire a M.B. quel che faceva, gli dissi: «
Supponiamo che lei scorga, mentre si sta avvicinando, un oggetto che somiglia a un torso umano in sella a un
cavallo. Invece di aspettare che si avvicini in modo da poterlo identificare, lei
decide che si tratta di un centauro. Si precipita allora nella sua biblioteca e si mette a formulare una teoria
biologica capace di spiegare come mai un mammifero puo comporsi di due parti diverse, e avere due torsi e
sei membra ».
Mi chiesi poi che cosa M.A. e M.B. — i soli pazienti che avevano suscitato in me fantasie di centauri —
avevano in comune. Mi ricordai allora che entrambi erano stati edu cati in collegi appartenenti a
un’organizzazione conosciuta per l’alto livello intellettuale, l’estrema importanza che attribui sce alla
riflessione e al comportamento disciplinati — ma anche per l’uso tendenzioso e addirittura contorto della lo
gica, pieno di trappole e di capelli spaccati in quattro. Sia M.A. che M.B. avevano subito profondamente
l’influenza di questi maestri ed erano diventati molto abili nell’arte della razionalizzazione, e in quella di
spaccare i capelli in quattro.
Ora, nella mitologia greca, il piu celebre dei centauri fu Chirone, maestro di molti eroi. Del resto, anche i
Greci tro varono difficile decidere se i Centauri erano piu animali o piu umani (16). L’analisi della mia
fantasia mi permise quindi una interpretazione supplementare, che riguardava le origini della tendenza di
M.A. a ingannarmi facendomi credere che aveva fatto quel che doveva fare, invece di quel che aveva
realmente fatto.
In breve: diceva la verita in modo che mi avrebbe ine vitabilmente ingannato. Ora, se permettevo che mi si
ingan
501
nasse, era evidentemente colpa mia, e non sua, visto che lui aveva detto il vero ... e in realta molti problemi
di quel pa ziente riguardano il fatto di essere tecnicamente « colpevole » o « innocente ».
Un’altra fonte della mia fantasia sui centauri poteva essere il fatto che l’oracolo di Delfi ricorreva
costantemente a questo genere di inganno. Quando Creso, re di Lidia, con sulto l’oracolo per sapere chi
avrebbe vinto la guerra, lui o Ciro re di Persia, questi rispose che, combattendo la Persia, avrebbe distrutto un
grande regno. Dopo la sua sconfitta, Creso rimprovero all’oracolo l’inganno: l’oracolo rispose che era lui in
torto, perche non aveva mandato un’altra amba sciata per domandare se il grande regno era il suo o quello di
Ciro (Erodoto 1.90) (17).
In tutti questi casi, quel che e stato analizzato — quel che aveva provocato l’esclamazione « Questo io
percepisco » — era una perturbazione della mia psiche, in seguito associata al paziente. In entrambi i casi,
lasciai che l’inconscio del sog getto venisse direttamente a contatto con il mio, creando cosi una
perturbazione. Elaborai poi quelle perturbazioni (fantasie) come informazioni sull’inconscio
dell’analizzando. Cosi, dal punto di vista logico, il mio solo dato reale era, in quel momento, la mia fantasia
sul centauro. Quella fan tasia era un enunciato (messaggio, comportamento) emesso,
a rigore, dal mio inconscio. Collegando l’enunciato al pa ziente, lo trasformai (da enunciato sulla mia
perturbazione) in enunciato sull’enunciato del paziente. Dal punto di vista del l’esperienza vissuta, come da
quello sperimentale, la mia fan tasia sul centauro era una reazione del tipo «questo io percepisco »; dal punto
di vista logico, era un « enunciato a proposito di un enunciato ».
Si puo procedere in modo identico per la ricerca obiet tiva nel quadro della scienza del comportamento,
permet tendo all’informazione ottenuta di produrre ripercussioni nel l’inconscio.
502
Caso 431. - Una informatrice sedang mi racconto che i maschi celibi praticavano il coito anale nella loro
casa co mune. I miei informatori di sesso maschile negarono energi camente. Un giorno, uno dei miei
migliori informatori, Mbrieng, mi racconto una storia a proposito di sanguisughe che formavano un ponte sul
fiume: ogni sanguisuga si attac cava al posteriore di quella che la precedeva (18). Il racconto era vivo e
pittoresco, e il mio inconscio vi reagi con una fantasia ispirata dal fatto che, qualche anno prima, avevo
sentito parlare di un locale notturno per omosessuali, a Ber lino, dove' gli attori formavano un cerchio
osceno. Associai quella fantasia al racconto che mi era appena stato fatto (col legandolo anche con quel che
mi aveva detto l’informatrice)
e dissi: «Proprio come i ragazzi nella casa comune!». Mbrieng scoppio a ridere e disse: « Si, proprio cosi! ».
Mes so di fronte al fatto della sua involontaria rivelazione, Mbrieng mi diede poi informazioni dettagliate
sulle attivita omoses suali che si praticavano nella casa comunitaria dei celibi.
Potrei citare molti esempi simili ottenuti nel corso del mio lavoro di etnologo sul campo, ma basta questo
caso per mostrare la necessita di prestare attenzione non soltanto al contenuto manifesto degli enunciati
dell’informatore, ma an che alle ripercussioni che provocano nell’inconscio del ricer catore. Inoltre, il fatto
che Mbrieng ha scelto di raccontarmi proprio quella storia non puo essere interpretato che come un modo di
tradirsi « apposta per caso », motivato dal fatto che aveva mentito a proposito delle attivita omosessuali dei
celibi. In una menzogna deliberata di questo genere, la verita coscientemente soppressa assume, sul piano
dinamico, il ruo
lo del materiale inconscio, e a volte puo essere persino la natura della menzogna a suggerire la verita (Casi
6 ,7, 8) (19).
Per quel che ci riguarda qui, anche soltanto questo esem pio puo bastare per una definizione operativa
dell’inconscio, e del modo in cui diventa accessibile all’osservazione. Gli
503
esempi precedenti possono essere generalizzati, piu o meno, nel modo seguente.
Ogni volta che un paziente fa un’osservazione apparente mente irrazionale o inappropriata, il pensiero logico
dell’ana lista ne percepisce soltanto l’irrazionalita formale. Poi, quasi nello stesso istante, lo stesso analista
prova una breve rea zione affettiva e/o concepisce momentaneamente una breve fantasia irrazionale, che gli e
propria. Questa fantasia e la perturbazione di cui si e parlato. Il pensiero logico dell’ana lista analizza allora
la propria fantasia trattandola come una risposta (« associazione ») all’enunciato irrazionale del pa ziente. E
quindi, in un certo senso, l’analisi della propria per turbazione (fantasia) che l’analista comunica poi al
paziente, presentandola come l’analisi della fantasia del paziente.
Il compito principale dell’analista e permettere che enun ciati irrazionali del paziente raggiungano il suo
inconscio. Deve quindi ascoltare il paziente con una « attenzione flut tuante » — uno stato di distrazione
ricettiva — che per mette alle parole del paziente di entrare in contatto diretto con l’inconscio, senza
elaborarle prima, cioe deformarle, tra mite l’intervento della coscienza.
Caso 432. - Ebbi una volta la sensazione che uno dei miei pazienti, da due settimane, cercava
(inconsciamente) di dirmi qualcosa, ma non riuscivo a capire dove voleva arrivare. Du rante la seduta
seguente, un forte raffreddore e un po’ di feb bre mi resero leggermente sonnolento, e ancora piu disteso che
in genere. In questo stato eccezionalmente favorevole, di attenzione fluttuante, lasciavo che le parole del
paziente andas sero alla deriva di fronte a me: le ascoltavo in profondo ozio, come se fossi stato sdraiato in
un prato in un bel giorno d’estate, a guardare le nuvole passare in cielo. In questo stato, quel che il paziente
voleva dire riusci a urtare il mio inconscio, e a provocarvi una percettibile reazione. Compresi quindi in
pochi minuti quel che il paziente cercava di dirmi gia da un certo periodo di tempo.
504
Se si analizza questo genere di autentica situazione tera peutica in termini di esperienza paradigmatica,
possiamo para gonare la bacinella d’acqua calda all’inconscio del paziente: l’inconscio non puo manifestarsi
che per mezzo della coscien za, esattamente come le proprieta termiche dell’acqua non possono farsi
accessibili all’osservazione che attraverso mezzi ottici.
La differenza fondamentale tra l’esperimento in fisica e resperimento psicoanalitico e che, in quest’ultimo,
cio che si analizza (« la fuori ») e supposto identico a cio che e provato (« qui dentro ») un attimo prima della
reazione: « Questo io percepisco ». Si osserva l’inconscio del paziente esaminando l’inconscio
dell’osservatore. Si potrebbe certamente mettere a punto un esperimento fisico piu o meno simile all’esperi
mento psicoanalitico « circolare »: un apparato complesso potrebbe eventualmente riconvertire in calore la
luce che riflette la punta della colonna di mercurio, e questo calore potrebbe poi venir misurato in un modo o
nell’altro. Nel com plesso, l’investigazione circolare avviene raramente nella spe
rimentazione fisica, ed e purtroppo sistematicamente evitata nell’osservazione corrente in scienza del
comportamento. E in vece fondamentale nell’esperimento psicoanalitico in cui i fe nomeni coscienti sono
appena qualcosa di piu che « strumen ti » di rilevazione. E nell’inconscio dell’analista che si produ ce la
perturbazione cui questi reagisce esclamando: « Questo io percepisco ». E l’inconscio dello psicoanalista che
la trasfe risce, come un dato non elaborato, ai livelli consci e razio nali del pensiero.
Lo pseudo-problema dellindottrinamento psicoanalitico:
e probabile che si cerchera di valersi delle osservazioni che precedono per sostenere l’idea che l’analista
indottrina il pa ziente, e sovrappone le sue fantasie a quelle del paziente. Un esame della natura
dell’intervento psicoanalitico mostra che questa inferenza e erronea.
Anche se l’analista procede direttamente all’esplorazione 505
del suo inconscio, non aggiunge nulla ai fantasmi del pazien te, cosi come il termometro non aggiunge nulla
al calore della bacinella d’acqua. Quando fa un’interpretazione, l’analista dice semplicemente: « Lei mi ha
mandato un messaggio: ecco quel che ho sentito ». Il termometro dice: « Lei mi ha man dato un messaggio
(calore), la mia colonna di mercurio l’ha sentito: e aumentata di volume». Ne l’analista ne il termo metro
deformano il messaggio, lo traducono fedelmente. La deformazione ha luogo soltanto quando l’analista e
parzial mente « sordo », o il termometro parzialmente insensibile o « capriccioso » (20). L ’analisi didattica
cui e stato sottoposto insegna all’analista a non interporre prematuramente la pro pria coscienza tra il suo
inconscio e quello del paziente. Egli impara a non temere le ripercussioni dell’inconscio del pa ziente nel
suo. L ’analista « sordo » somiglia a un cieco cui si cercherebbe di spiegare il senso della parola « bianco ».
Egli deforma l’informazione, non « aggiungendo », ma piuttosto
«togliendo» qualcosa (21). La coscienza dell’analista puo soltanto cogliere il formale carattere illogico degli
enunciati del paziente, come, nel caso 427, il marito vedeva soltanto, almeno in un primo tempo, il carattere
illogico del lapsus della moglie, e non poteva quindi tradurlo: dargli cioe un senso. Soltanto quando permette
all’inconscio del paziente di per turbare il proprio l’analista puo tradurre il fantasma incom prensibile del
paziente in un fantasma intelleggibile. Recipro camente, e soltanto quando non risponde pienamente all’in
conscio del paziente — con un fantasma che e una completa traduzione del fantasma (latente) del paziente —
che « aggiun ge » qualcosa di personale alla traduzione. Questa aggiunta e una deformazione
controtransferenziale, la cui fonte e il seg mento glaciale, riservato e inaccessibile dell’inconscio del
l’analista, incapace di riecheggiare e tradurre il fantasma del paziente. Egli non puo quindi rimandarlo al
paziente che in forma deformata, con l’impronta del rigido muro che l’ha
506
fatto rimbalzare, ma sul quale non ha avuto alcun impatto reale.
Discuteremo piu diffusamente di questo tema quando par leremo dell’apparato psichico come demarcazione
(Capito lo 24).
I dati piu caratteristici della psicoanalisi non si ottengono quindi « esprimendo » fenomeni che si trovano « la
fuori », in un mondo esterno arbitrariamente definito, e di cui l’ordi naria sperimentazione isola soltanto i
fenomeni, senza modi ficarli. Si tratta invece di fenomeni che provengono da una situazione diadica in cui il
« dentro » e il « fuori », nel senso banale della parola, significano molto poco. In questa situa zione l’impatto
deH’esperimento, sia sul soggetto che sull’os servatore, e molto piu importante di quanto non sia il com
portamento reattivo del soggetto. L’esperimento psicoanalitico fa molto di piu che isolare certi aspetti dei
fenomeni di un mondo (cosiddetto) esterno: esso crea questi fenomeni trami te l’osservazione stessa. Questo
e il fondamento logico, pur inespresso, dell’opinione di Freud secondo la quale la proce dura psicoanalitica e
contemporaneamente una tecnica di ri cerca e una misura terapeutica.
Esplorazione e terapia. Quando e correttamente utilizza ta, l’esplorazione e la sola autentica operazione, o
intervento psicoanalitico, e le modificazioni che l’esplorazione causa nel soggetto osservato sono
modificazioni terapeutiche. Il deno minatore comune di tutti i fenomeni psicologici creati dalla esplorazione
e Yinsight, quella coscienza di se senza la quale la teoria delle scienze del comportamento non ha signifi cato
(22).
La psicoanalisi, intesa sia come ricerca che come tera pia, cerca di ottenere effetti massimali per mezzo di
inter venti che possono sembrare minimi. Ci sono due tecniche, e soltanto due, che massimizzano l’impatto
di stimoli mini mali: la tempestivita dell’intervento e la sua specificita. Anche l’interpretazione piu
suggestiva — e piu giusta — proposta
33

507
a un paziente che non e pronto a riceverla — che, cioe, non risveglia in lui associazioni traumatiche — resta
senza effetto. Inoltre, non e la dimensione assoluta o oggettiva dell’inter- vento, ma la sua specificita a
produrre risultati.
Caso 433. - Una giovane donna in analisi, che indossava un vestito senza maniche, mi disse: « Ho appena
avuto, pro prio in questo istante, una crisi di orticaria ». Alzo poi le braccia per mostrarmi che erano coperte
di macchine rosse. Risposi: « Lei e inconsciamente cosi in collera contro di me che si piscia nella pelle ». La
paziente sobbalzo violentemen- * te, poi sollevo di nuovo le braccia e disse: « Guardi, l’ortica- ria e
scomparsa! ». Una iniezione di adrenalina avrebbe otte nuto lo stesso risultato, ma non, come
l’interpretazione, nel breve spazio di qualche secondo.
Dati del genere giustificano molti aspetti della procedura psicoanalitica: dall’anonimato, al silenzio, fino agli
interventi apparentemente minimi, ma che riguardano dettagli precisi. Quel tanto di zavorra che puo
appesantire un’interpretazio ne, come un minimo scarto temporale rispetto al momento teoricamente
opportuno, ne diminuiscono sempre l’efficacia. Al momento giusto, un semplice intervento — anche un sem
plice « si » — puo essere mormorato; cinque minuti prima o dopo, bisogna gridarlo a squarciagola, e anche
cosi, produce a malapena un effetto.
La specificita di un’interpretazione non implica necessa riamente un atteggiamento sprovvisto di affetto, o un
modo neutro di parlare, sia nella terapia che nella ricerca.
Caso 434. - Un giovane in analisi, che aveva l’abitudine di passare all’atto (acting out) in modo
scioccamente infantile, fini per rendersi conto che si aggrappava a quel comporta mento soltanto perche,
all’eta di sei anni, gli era valso la soia reale approvazione che avesse ricevuto in vita sua. Qualche giorno
dopo che quest’interpretazione fu proposta e accet tata, il paziente parlo ancora della sua estrema sensibilita
alla derisione. Aggiunse che i modi dell’analista, che erano
508
a volte scherzosi ma mai sarcastici, gli davano a volte la sen sazione di essere preso in giro. In quel
momento, fu possi bile fornire l’interpretazione in vista della quale avevo inten zionalmente usato, per quasi
un anno, quel tono di voce:
« Il suo comportamento e tale che anche la descrizione piu obiettiva deve sembrare ironica. Lei ha fatto il
buffone per tutta la vita, cercando in questo modo di ottenere l’approva zione e la condiscendenza che si
riservano ai bambini diver tenti, piuttosto che la stima che si da a un adulto ... Inoltre, lei ha sempre cercato
di nascondere la sua aggressivita dietro gli scherzi del buffone ». Questa interpretazione, diversamente da
molti precedenti confronti tra me e il paziente, fu fatta con un tono di voce partecipante e serio.
L’indomani stesso, il paziente mi disse che era ormai in grado di controllare sia la tendenza alla buffoneria,
che quella a criticare e a rimpicciolire tutto e tutti (23). In questo stadio, poteva soltanto controllare cio che
fino a quel mo mento era stato incontrollabile, ma dovette pagarne il prezzo con cio che chiamo la sua prima
notte bianca.
La zavorra che pesa su un’interpretazione ne riduce sem pre l’efficacia, forse perche un’interpretazione non
adeguata colpisce, come un colpo di fucile caricato a pallini, anche il materiale inconscio adiacente, che si
risveglia e confonde la situazione (24).
Queste considerazioni spiegano anche perche e necessario ridurre al minimo la specificita del quadro
analitico (setting) che potrebbe altrimenti venir percepito dal paziente come una inespressa « interpretazione
» supplementare, che avrebbe lo stesso effetto della « zavorra » che puo pesare sull’inter pretazione (25). Il
Caso 11 indica pero che il quadro non deve venire eccessivamente o artificialmente impoverito, per che cio
creerebbe un massiccio stimolo negativo (= interpre
tazione). In senso figurato, si puo dire che un’interpretazione pre
senta qualche somiglianza con un test di allergia in cui uno 509
stimolo, minimo ma specifico, urtando una specifica sensi bilita, produce effetti massicci. La situazione
analitica e inve ce, nel suo complesso, paragonabile a uno stato di carenza sperimentalmente prodotto («
frustrazione ») e rivela il modo in cui il paziente in analisi compensa questa mancanza, rea gendo, con un
comportamento transferenziale, a indicazioni inesistenti (26).
E questa mancanza di stimoli esterni che puo far reagire un paziente a un analista posato, di sesso maschile e
di mezza eta, come se fosse, per esempio, la madre carina, leggera e seducente della sua infanzia (Capitolo
5). Naturalmente, il transfert e osservabile anche nella vita quotidiana, ma mai, salvo che negli psicotici, in
forma cosi estrema come nella situazione analitica.
E vero che anche nella vita quotidiana una frase senza importanza puo provocare reazioni massicce, se si
trova a colpire, per caso e nel momento giusto, un punto sensibile. A volte, questa sensibilita e inculcata
dalla cultura — e cio determina in larga misura il contenuto tradizionale degli insul ti (Devereux 195 le) (27).
Reazioni esplosive di questo genere restano pero rare nella vita quotidiana, precisamente perche questi
stimoli minimi devono trovare circostanze eccezionali per produrre effetti. Analogamente, un analista alle
prime armi puo insistere a fornire ripetutamente un’interpretazione giusta e adeguata senza ottenere risultati,
per l’unica ragione che l’interpretazione e intempestiva. Egli potra raggiungere lo scopo solo quando riuscira
a presentare l’interpretazione
al momento giusto. Fatti di questo genere sono a volte ten denziosamente considerati come esemplari dell’«
indottrina mento » psicoanalitico, o come una « terapia della sugge stione ». Ma non si tratta per nulla di
indottrinamento, sem plicemente perche le interpretazioni intempestive, anche se ripetute, non hanno nessun
impatto sull’inconscio del paziente.
Per riassumere, la psicoanalisi produce effettivamente i fenomeni che in seguito interpreta. In questo senso
1’« espe-
510
rimento » psicoanalitico e l’equivalente di quel tipo di espe rimenti che in meccanica quantistica dipendono
dal principio di indeterminazione di Heisenberg. Inoltre, producendo e uti lizzando certi fenomeni, lo
psicoanalista deve spesso rinun ciare a ottenere insight in altre sfere del comportamento. A volte, per
esempio, piu capisce come il paziente percepisce la madre, meno puo rendersi conto di come e nella realta.
Ma questa, fortunatamente, e una cosa che solo il paziente ha bisogno di scoprire: l’unico compito
dell’analista e di dargli i mezzi perche possa farlo da solo.
La stessa relazione di complementarita vale anche da un altro punto di vista. Nella misura in cui l’analisi
progredisce, diventa sempre piu difficile determinare quel che « proviene » dal paziente e quel che «
proviene » dall’analista. Abbiamo per esempio mostrato che l’analista non interpreta realmente l’inconscio
del paziente: egli interpreta piuttosto le ripercus sioni e gli echi dell’inconscio del paziente nel suo inconscio,
che, fortunatamente, gli somiglia molto, pur essendo piu acces sibile sia all’esplorazione che all’utilizzazione
razionale.
A questo punto, e possibile procedere all’esame del senso psicologico da attribuire ai concetti di « dentro » e
« fuori ». Il contrasto tra i due si rivela definibile, in termini operativi, come l’interazione di paradigmi
sperimentali quali quelli che abbiamo esaminato in questo capitolo e in quello precedente.
Si puo definire l’inconscio, in termini operativi, come una serie, continuamente soggetta al cambiamento, di
funzioni (e non di « regioni »):
1. che possono produrre nel paziente fantasmi irrazio nali e materiale analogo che,
2. una volta direttamente sottoposti ad analisi logica, possono fornire informazioni soltanto sul loro carattere
for malmente illogico, ma che,
3. se le circostanze permettono loro di colpire diretta- mente le analoghe funzioni dell’analista, provocano in
lui una fantasia irrazionale, o materiali analoghi, che rappresen
511
tano, ex hypothesi, un comportamento reattivo {respondent behavior);
4. questo materiale suscita una reazione del tipo: « Que sto io percepisco », e costituisce un dato
fondamentale, che si puo
5. sottoporre ad analisi logica, e trattare quindi come un enunciato sull’enunciato del paziente. In termini
meno rigo rosi, cio significa trasformare una fantasia incomprensibile in una fantasia comprensibile, il che
corrisponde a una tra duzione o decodificazione.
Se si attribuisce al paziente la perturbazione che si verifica nell5analista, si fa della scienza del
comportamento (ricerca). Se la perturbazione nelPanalista e esplorata in modo da riferirla a se, e se, tramite
esplorazione e analisi, essa viene trasformata in un enunciato sull’enunciato dell’analista stesso,
allora quest’attivita fa parte della psicologia o della sociolo gia della scienza.
La definizione di questi due modi possibili di esplorare e utilizzare 1’« enunciato » (affetto o fantasma)
dell’osserva tore nella situazione sperimentale e attivita epistemologica e metodologica.
Specificamente, se ci serviamo del Caso 430 come di un paradigma:
1. le mie fantasie (su qualunque cosa vertano) sono « enunciati » che possono venir collegati al paziente;
2. la mia fantasia sul centauro (e non, per esempio, sulle sirene) e un enunciato che deve venir fatto risalire,
prima di tutto, a me stesso (autoanalisi);
3. definendo il modo in cui questa fantasia puo venir utilizzata per l’analisi, ho contribuito all’epistemologia
e alla metodologia delle scienze del comportamento.
Nel corso di questo ragionamento, non ho mai introdotto il concetto di « regione ». Non mi sono servito dei
concetti di Inconscio, Preconscio, di Es, di Io, di Super-Io o di Ideale dell’Io in senso «geografico». Vi ho
fatto riferimento impli-
512
diamente, sempre utilizzandoli per designare funzioni del l’osservatore, che possono venir rese accessibili
all’osserva zione ricorrendo a procedure specificabili. Se poi cio che ho chiamato « inconscio » debba « in
realta » venir designato con un altro nome e questione altrettanto sensata quanto il sostenere che l’animale di
nome « Lupo » dovrebbe « in realta » venir chiamato « lupus ».
Altre due obiezioni restano possibili:
1. si potrebbe affermare che qualche altra operazione puo rendere l’inconscio ancora piu accessibile
all’osservazio ne. Un enunciato simile diventa scientificamente legittimo solo quando si specifichi in cosa
consiste quell’operazione;
2. si potrebbe anche dire che l’operazione che ho appe na descritto rende accessibile all’osservazione non
1’«incon scio », ma qualcos’altro. In questo caso, bisognerebbe trova re una adeguata etichetta per quel che
la mia operazione rende effettivamente osservabile. Si dovrebbe analogamente descrivere, per grandi linee,
l’operazione che rende il vero
« inconscio » accessibile all’esplorazione. A mio parere, i concetti di Freud sono di utile impiego,
soprattutto se vengono trattati come insieme di funzioni, e non come « regioni » situate all’interno della
psiche (Devereux
1956a). In un certo senso, l’enunciato: « Lasciamo che le parole
del paziente colpiscano l’osservatore, e provochino una per turbazione alla quale questi reagira esclamando:
“ Questo io percepisco ” considera semplicemente la perturbazione come una frontiera ». Poco importa, per
certi aspetti, che si tratti di una frontiera tra « regioni » o tra gruppi di funzioni. Dal punto di vista del
metodo, l’enunciato implica soltanto che piu si differisce la reazione « Questo io percepisco » — e piu
numerose sono le funzioni che vengono colpite dallo stimolo — piu i fenomeni effettivamente percepiti
saranno significativi e autenticamente comportamentali. Che si esprima questa si tuazione dicendo che lo
stimolo ha potuto raggiungere l’in
513
conscio dell’osservatore (concepito come « livello » o « regio ne ») oppure dicendo che « un gran numero »
di funzioni, o « certe importanti funzioni », sono state messe in moto dallo stimolo, dipende dal modo in cui
si concepisce la psiche: come un campo strutturato o come una serie di operazioni (funzioni) reali e possibili.
Entrambe le concezioni sono stret tamente equivalenti, ed e facile convertirle l’una nell’altra in tutte le
operazioni significative.
Si puo quindi definire la perturbazione/frontiera come il punto in cui lo stimolo colpisce la superficie
dell’inconscio, oppure come qualcosa che si trova tra l’ultima funzione che 10 stimolo colpisce e la prima
funzione che reagisce con l’operazione: «Questo io percepisco». Il primo atteggiamen to tende a mettere
l’accento sulla frontiera, il secondo sulla perturbazione. L’approccio in termini di «campo struttura to » ci
permette di definire la superficie dell’inconscio come una curva di Jordan — come la frontiera tra cio che, in
un dato momento, e «dentro» o «fuori». L’approccio che fa riferimento alla « serie di funzioni » ci fa definire
la fron tiera tra « dentro » e « fuori » come un « taglio » nel senso (dedekindiano) attribuito a questo termine
nel Capitolo 22. Ma se, come ho gia suggerito, il luogo della curva di Jordan e definito per mezzo dello
stesso « taglio », allora l’equiva lenza assoluta delle due definizioni, nello stretto senso di Poincare, diventa
evidente. Poiche non sembrano esistere ope razioni chiaramente specificabili che permettano di decidere se
la psiche « e » un campo strutturato o una serie di funzioni,
11 solo argomento valido che posso proporre per sostenere la mia tesi e di ordine pratico, il che non sarebbe
certamente dispiaciuto a Freud. Una concezione non geometrica della psiche rende vane molte speculazioni a
proposito della loca lizzazione cerebrale dell’Io, ecc. senza pero escludere legit time ricerche sulla
localizzazione cerebrale di funzioni speci fiche. La concezione della psiche come una serie di funzioni
facilita anche la comprensione dell’equivalenza degli enun
514
ciati: «Rubare e un male » e «Mio padre mi ha detto — e quindi credo — che rubare e un male ».
Infine, il fatto di concepire la psiche come una serie di funzioni (operazioni) ci aiuta molto a capire le ragioni
per cui un comportamento dato puo venire completamente spie gato sia in termini sociologici che in termini
psicologici e anche perche, malgrado siano convergenti, queste due spie gazioni non possano venire
utilizzate simultaneamente (Deve- reux 1945, 196lb) (28). In effetti, secondo questa concezione, cio che in
un dato contesto puo venire trattato come qualcosa situati nel « dentro », puo, in un altro contesto venir situa
to nel « fuori », e reciprocamente. La stessa cosa e possibile, per quanto sia piu difficile, se si considera la
psiche come composta di regioni.
Tutto cio riguarda soprattutto l’epistemologia e la meto dologia. Non riguarda invece, e non ho avuto
intenzione di attribuirglielo, nessun giudizio di valore sulla verita o l’esat- tezza di una qualsiasi teoria,
insieme di concetti o schema cancettuale. Per quel che mi concerne, trovo utile servirmi dei concetti di
Freud, che per me designano un insieme di fun zioni. Cio non implica pero che chi si serve di concetti
diversi, o raggruppa diversamente le funzioni, abbia necessariamente torto. Non cerco di difendere la teoria
psicoanalitica. Il mio
solo scopo e chiarire l’importanza che hanno, per la ricerca nell’insieme delle scienze del comportamento,
l’epistemologia e la metodologia implicite nel lavoro psicoanalitico.
La definizione operativa dell’inconscio e anche una ana lisi della natura della sperimentazione psicoanalitica.
I dati forniti da questa sperimentazione sono esclusivamente perti nenti alle scienze del comportamento.
Nessuna altra scienza non comportamentale si interessa a fenomeni di questo gene re, anche se qualche
scienziato che non si occupa di compor tamento, puo interessarvisi per ragioni soggettive. Puo anche darsi
che egli analizzi un fenomeno del genere, ma le conclu
515
sioni che ne trarra non saranno necessariamente tipiche delle scienze del comportamento.
Caso 435. - Kekule ha potuto elaborare la nozione del l’anello di benzene perche aveva sognato di un
serpente che si mordeva la coda (Capitolo 3). Il sogno era un prodotto del suo inconscio: facendo attenzione
a quel sogno e cer cando di capirne il significato, o almeno l’importanza, Kekule faceva scienza del
comportamento. La conclusione che ne trasse era pero di ordine esclusivamente chimico. Esempi analoghi
sono il sogno di Poincare (1913) .che gli permise di risolvere un difficile problema matematico, il sogno di
Descar tes, che fu il punto di partenza di tutta la filosofia cartesiana, il sogno di Agassiz sulla forma di un
pesce fossile, il sogno di Hilprecht, che indicava il modo di sovrapporre due rotoli babilonesi su cui
figuravano delle iscrizioni, ecc. (Freud 196le, Schomberger 1939, Lewin 1958, ecc.).
Anche uno studioso del comportamento puo risolvere in sogno un problema della sua disciplina. Il termine «
autocon nessione » (self-connectedness) mi venne in sogno, e mi fece scoprire che la sensazione della
coerenza nello spazio e della continuita nel tempo (persistenza): e la base del senso che si ha della propria
identita (Devereux 1966b). Dal punto di vista logico, cio non differisce dal fatto di trarre da un sogno
conclusioni che nulla hanno a che fare con la scienza del comportamento. Cio che da un punto di vista logico
e diverso e l’analisi effettuata dallo psicoanalista delle fantasie che gli vengono in mente mentre sta
analizzando un paziente. Le conclusioni che ho potuto trarre dalla parola «autoconnes sione » sono esterne al
sogno, qui definito come un esperi mento. Cio che ho invece potuto concludere dalla mia fanta sia sul
centauro era « dentro » 1’« esperimento » terapeutico.
Se si accetta la tesi secondo la quale il dato piu caratte ristico di una scienza e l’aspetto della realta che altre
scienze non studiano in quanto tale, si puo considerare dimostrata l’idea che i dati piu caratteristici delle
scienze del comporta
516
mento sono gli eventi che si verificano alFinterno della psiche dell’osservatore. E ovvio che i dati della
psicoanalisi non sono i soli dati che riguardano le scienze del comportamento. Una scienza del
comportamento che trascurasse qualsiasi altro tipo di dati e di metodi sarebbe assurda, almeno quanto una
scienza del comportamento incapace di riconoscere la natura diadica di ogni osservazione, che non tenesse
conto del fatto che una buona parte del comportamento totale del soggetto e prodotta dall’investigazione, e
che non volesse occuparsi del l’impatto dell’esperimento sull’osservatore.
Sarebbe arrogante e folle voler fare di tutte le scienze del comportamento delle branche della psicoanalisi.
Ma credo che sia equilibrato e ragionevole suggerire che tutte le altre scien ze del comportamento
dovrebbero tener conto delle scoperte epistemologiche e metodologiche della psicoanalisi. Non e ragionevole
chiedere allo specialista di psicologia (animale) di adagiare il ratto o la scimmia sul divano dell'analista, ma
neppure e sensato non tener conto della facolta di coscienza che quegli animali possiedono. Tutto quel che si
puo pro porre e che la demarcazione tra osservatore e osservato sia riconosciuta come il luogo di una
perturbazione, e la per turbazione come il luogo di una demarcazione, e che gli
enunciati (comportamenti, messaggi) siano distinti dagli enun ciati su enunciati. Se non si introducono questi
nuovi con cetti, la ricerca e la teoria in scienza del comportamento con tinueranno, come oggi, ad abolirsi da
se.
517
NOTE
(1) O di qualunque ampiezza, secondo l’opinione del Prof. La Barre.
(2) Tutti i gruppi assediati si preoccupano piu di salvare i loro dei domestici che delle necessita vitali.
(3) Uno schema concettuale e un insieme di concetti tra loro connessi per mezzo di una serie di postulati, le cui mplicazioni possono
venir presentate sotto forma di teoremi.
(4) Se A e B giocano a scacchi secondo uno schema di regole incom pleto, un pedone bianco puo ritrovarsi nella posizione prima
occupata dal re bianco ... il che non puo succedere in un gioco reale visto che i pedoni si possono muovere solo in avanti. (In questa
analogia tratto arbitrariamente il gioco degli scacchi non come un «linguaggio», ma come un fenomeno naturale).
(5) Quando ero ancora contrario alla psicoanalisi, dicevo che tutti i sostantivi (concetti) di Freud erano falsi, ma che tutti i suoi verbi
(mecca nismi) erano giusti.
(6) Io stesso utilizzo sistematicamente gli strumenti concettuali della psicoanalisi, ma li tratto come tali, e non come dei domestici. Li
utilizzo perche non conosco strumenti migliori, e perche mi sono serviti. Che so pravvivano o no non ha nessun interesse per me. Gli
strumenti devono difendersi da soli: devono meritarsi il diritto ad esistere giorno per giorno, e dobbiamo metterli da parte appena se
ne scoprono di migliori. Lo scien ziato deve invece curare in modo particolare le questioni di epistemologia, e cio nel suo stesso
interesse: per non diventare un semplice tecnico, e non piu un uomo di scienza, o, peggio ancora, un conservatore di antichita
concettuali.
(7) La distinzione psicologica tra la sensazione che qualcosa e «in viato » piuttosto che « ricevuto » (o viceversa) e importante dal
punto di vista epistemologico (Devereux 1953a).
(8) Quel che ho effettivamente osservato sara discusso piu tardi.
(9) L’autoanalisi continuata di una persona gia analizzata puo sol tanto impedire una nuova rimozione degli insights ottenuti nel
corso dell’analisi. A volte potra anche approfondire o estendere quegli insights, con un esame piu approfondito delle loro
implicazioni, e rafforzare di conseguenza le sublimazioni.
(10) Argomenti di questo genere possono anche rimbalzare nella con tro-accusa — non priva di fondamenti reali — che alcuni
psicoanalisti sono incapaci di comunicare in modo scientifico.
518
(11) Precauzioni del genere non conducono necessariamente alla timi dezza teorica. Ancora meno devono indurre lo psicoanalista a
scoraggiarsi quando si trova di fronte al genere di dati che ho criticato in questo libro, o a certe statistiche, che cercano di far entrare
un quadrato nel cerchio vuoto di un’ipotesi senza fondamento.
(12) Durante una seduta di controllo di gruppo, un analista candidato chiese: «Quanta aggressivita devo permettere al mio paziente di
manife stare? ». Gli risposi: « Quanta lei e capace di sopportarne: se gli permette di oltrepassare quel limite, lei non potra curarlo
affatto, perche sara troppo ansioso ».

(13) Salvo nei casi in cui preciso il contrario, nel corso della presente discussione l’analista e un « tipo ideale », da non confondere
con qualche concreto psicoanalista; anche il migliore analista ha limiti umani.
(14) Sottolineiamo ancora una volta chei fenomeni non elaborati non devono essere confusi con l’informazione. Se non vogliamo
prestar, fede al vescovo Berkeley (1901), tutti i fenomeni sono fonti potenziali di dati non elaborati, e esistono prima di venire
percepiti. In questo contesto, i ber- keleyani sono pienamente smentiti da Poincare (1913), che ha sottolineato che i due enunciati: « il
mondo esterno esiste » e « e piu comodo supporre che il mondo esterno esiste » sono equivalenti, visto che generano le stesse
inferenze. Elaborati parzialmente, i fenomeni diventano dati, perche ven gono assegnati a una disciplina (Capitolo 2). Quando li si
elabora piu
compiutamente, diventano informazione. (15) Un membro del comitato di lobotomia predisse, punto per punto
e per iscritto, un risultato sfavorevole di una lobotomia che ci si proponeva di fare. Il comitato voto contro di lui, e la lobotomia fu
fatta. I risultati coincisero, fino nei minimi dettagli, con le sue previsioni ... Si propose allora di fare una seconda lobotomia, ancora
piu radicale!
(16) Nel caso di M.A. l’immagine del centauro mi fu suggerita anche dal fatto che sognava spesso di statue equestri e di montare in
sella a cavalli.
(17) L’eccellente analisi psicologica di Fenichel, a proposito del pro blema dell’«oracolo mal compreso», mi ha spinto a sottolineare
che lo scopo reale degli oracoli e di essere mal compresi.
(18) Forse anche una eco del ponte formato dalle scimmie nel Ramayana.
(19) La relazione tra verita soppressa e il contenuto della menzogna e stata analizzata da me in molte pubblicazioni anteriori
(Devereux 1953b, 1955a, 1966h).
(20) Un termometro in cui la colonna di mercurio e sostituita con una colonna di acqua colorata e un termometro « capriccioso »
visto che sia il volume d'acqua a temperatura di 0°C che il volume di ghiaccio a 0°C sono maggiori del volume della stessa
quantita d’acqua a 4°C.
519
(21) L’aneddoto tradizionale suona cosi: «Bianco come la neve», « Oh!, lei vuol dire qualcosa di freddo e bagnato! », « Bianco come
un cigno », « Oh, allora qualcosa di morbido e piumato! » ecc.
(22) Il fatto che ci occupiamo qui di fenomeni di un genere gia ana lizzato da Bohr non implica — come pretendeva un analista
candidato in un seminario di psicoanalisi — che «il movimento degli elettroni nel corpo del paziente e anch’esso un dato
psicoanalitico ». Senza contare il fatto che si tratta qui di infantili balbettamenti scientifici, questo « enunciato » non tiene conto del
fatto che solo una inimmaginabile « presa di coscienza » di queste particelle potrebbe costituire un fatto psicoanalitico.
(23) Avendo Ietto nell’autobiografia di un celebre scrittore che questi correggeva accuratamente le bozze dei suoi libri, questo
paziente si mise a leggere attentamente ogni parola di un suo libro, e si senti ricompensato quando trovo un certo numero di
insignificanti errori di stampa.
(24) Una analoga attenuazione dei microfenomeni (prodotti dall’ispe zione) si verifica quando un gran numero di microfenomeni «
indeterminati » simultanei produce un « macrofenomeno » determinato. Questa e pero, probabilmente, soltanto un’analogia. *
(25) Un paziente aveva la sensazione che la mia vasta biblioteca gli «rimproverava» di non essere abbastanza colto.
(26) Una analogia abbastanza buona e forse che, piu una ferita san guina, piu il sangue coagula, fino a smettere di sanguinare.
(7) Roheim (1932) ha pubblicato una illuminante analisi delle rea zioni differenziali dei Somali e degli Arabi all’insulto: «Vai a
fottere tuo padre! ».
(28) Questa doppia analisi della vita di una strega mohave e stata pubblicata altrove (Devereux 1961a).
520
24. - Demarcazione, struttura, spiegazione.
La definizione dei dati delle scienze del comportamento in funzione delle operazioni che le rendono
accessibili all’os- servazione ha finora sistematicamente evitato qualsiasi discus sione sulla natura della
psiche e dei concetti psicoanalitici che sottendono il modello concettuale utilizzato dallo psicoana lista.
Mostreremo ora che l’epistemologia che sta alla base di questa definizione ci permette anche di attribuire un
signifi cato operativo alla proposizione: «La psiche ha una strut tura », e che il punto di vista adottato non ci
obbliga a sce gliere a priori un particolare modello di struttura. Nei termini della definizione operativa del
concetto di struttura psichica che proponiamo, le stesse proposizioni possono venire deri vate da diversi
modelli della psiche, il che significa che tutti questi modelli sono equivalenti, nel senso che Poincare da a
questo termine. Inoltre, riconoscendo l’intrinseca differenza tra spiegazione psicologica e spiegazione
sociologica del com
portamento, questo modo di procedere ci permette anche di precisare il rapporto tra spiegazioni sociologiche
e spiegazioni psicologiche.
Nella discussione che segue, una curva di Jordan e un « taglio » nel senso definito sopra, e la determinazione
di « regioni » e di serie o gruppi di « funzioni » (che possono anche includere il « contenuto ») derivano tutti
da operazioni equivalenti.
Tutte le seguenti fondamentali definizioni sono operative: 1. si puo determinare, in qualsiasi dato momento,
alme
no un punto/istante in cui si verifichi una perturbazione; 521
2. la perturbazione produce la reazione: «Questo io percepisco »;
3. la perturbazione e i suoi effetti creano (= sono) una frontiera e determinano (= sono) il suo luogo
specifico; 4. alla perturbazione, ai suoi effetti e alla frontiera si puo attribuire l’etichetta « l’Io » (o anche
un’altra parola); 5. nella presente discussione, null’altro e detto dell’Io; 6. si possono dire anche altre cose a
proposito dell’Io. Quel che ne e detto, dipende dal contesto teorico che si
adotta. La sola cosa che non si puo dire dell’Io in modo opera
tivo e che esso possiede frontiere. Visto che e definito come una frontiera, non puo contemporaneamente
avere una fron tiera, e soprattutto non una frontiera che possa essere « vio lata ». Vedremo piu avanti che si
puo parlare di « rottura delle frontiere dell’Io » solo in senso metaforico e clinico.
Prendiamo come punto di riferimento per tutta l’argomen tazione che segue la perturbazione/demarcazione.
Se per il momento parliamo in termini geometrici, il luogo di ogni
« regione » psichica (sempre che ve ne siano) e determinato tramite una demarcazione (curva di Jordan). In
senso meta forico, non si potra dire che la frontiera Franco-Tedesca e a X chilometri da Parigi, ne che Parigi
si trova a X chilometri dalla frontiera. Tutto quel che possiamo dire in questo conte sto e che Parigi si trova
in « uno » dei due lati della fron tiera. In linguaggio aritmetico, e in ogni istante possibile deci dere se una
funzione q o un gruppo di funzioni Q si trova a uno. oppure all’altro, dei lati di un « taglio » (di Dedekind,
n.d.T.). In questo contesto, il concetto di funzione, puo, se si vuole, includere anche « il contenuto ». E
precisato che la
composizione di un gruppo di funzioni Q = q1, q2, q3 ... a un istante t non e necessariamente identica alla
sua composizione all’istante t -f At. Analogamente, si riconosce che un Q o un q dati che si trovano, nel
tempo t, da « una parte » del «taglio», possono, al tempo t -f Ai, trovarsi dall’altro lato
522
del taglio. Per la chiarezza dell’esposizione, mi serviro d’ora in poi soprattutto dei due termini « dentro » e «
fuori », invece della terminologia, stilisticamente piu pesante, di «da que sta parte » o « dall’altra parte ».
Resta inteso che le due formulazioni sono comunque equivalenti (1).
Visto che una data funzione puo, in un dato momento, trovarsi « dentro » (da questa parte della frontiera) e,
in un altro momento, « fuori » (dall’altra parte della frontiera) l’enunciato secondo il quale la frontiera e «
mobile » e, in un certo senso, soltanto un modo di dire. In senso stretto, la frontiera non puo essere mobile,
visto che e continuamente creata de novo. La demarcazione si trova dove si produce una perturbazione, e cio
in qualsiasi momento. Senza pertur bazione non « vi e » demarcazione. Non vi e quindi demarca zione, nel
senso che ci inteiessa qui, in un cadavere. (La pertinenza di questa affermazione e evidente nei termini del-
YAbtotung Prinzip di Bohr). In questo contesto, la vita e uno stato della materia in cui possono verificarsi
perturbazioni
auto-amplificanti, e creatrici di demarcazioni.
Una metafora ci aiutera a chiarire questa definizione:
Caso 436. - La cristianita si e battuta contro l’Islam a Poitiers, a Hatin, a Costantinopoli, a Vienna e a
Gallipoli. In questo preciso contesto, e teoricamente permesso dire: « Poi tiers = Hatin = Costantinopoli =
Vienna = Gallipoli » per che, in questo contesto specifico sono considerati tutti come il luogo di una « stessa
» perturbazione, che a sua volta ha creato una demarcazione. Tutti questi luoghi sono stati «fron tiere », o
punti sulla curva di Jordan che separa l’Islam dal mondo cristiano.
Possiamo ulteriormente chiarire il problema cercando di determinare se bisogna considerare il concetto (o la
costru zione teorica) di « Super-Io » come situato « dentro » o
« fuori » il territorio limitato da questa frontiera. Ho definito il Super-Io come il residuo o il precipitato
irrazionale di tutte le esperienze precoci che il bambino non e riuscito a padro
neggiare nel momento in cui si sono verificate (Devereux 1956a). Per il momento, quindi, considereremo il
Super-Io
come un codice di proibizioni. Non attribuiremo nessuna par ticolare importanza al fatto che questa istanza e
arcaica, bru tale, stupida o venale e che il vocabolario cui ricorre si rias sume tutto in una sola parola: «No!
». Dal punto di vista storico, il Super-Io e evidentemente di origine esterna. Dal punto di vista funzionale, e
invece di origine interna. All’ori gine, e stato creato dagli avvenimenti; nel presente, si tratta di un gruppo di
funzioni che creano eventi. E un continuo creatore di perturbazioni.
Possiamo opporre il Super-Io (inteso come codice di proibizioni) a cio che potremmo chiamare Impulso
{impulse) che denota un insieme di bisogni e/o motivazioni positive. In questo senso, l’Es freudiano e un
insieme di motivazioni positive.
Se consideriamo l’obbedienza alla legge e, piu particolar mente, l’astensione dall’omicidio come un
paradigma possia mo dire che John Doe (equivalente al nostro Mario Rossi, n.d.T.) si trattiene dall’uccidere
sia perche ha un Super-Io molto forte, sia perche ha un Impulso debole. Tratteremo qui queste due
spiegazioni come inferenze puramente euristi che e di buon senso.
Ognuna delle due spiegazioni alternative puo generare due spiegazioni alternative secondarie.
Possiamo dire che John Doe non uccide perche suo padre gli ha detto che uccidere e un male; ma possiamo
affermare anche che si astiene dall’omicidio perche sente personalmente quel gesto come un male. La prima
spiegazione situa il Super-Io «fuori»; la seconda «dentro». Eppure, possiamo anche dire che John Doe non
uccide perche e possibile che il poliziotto Donovan faccia da un momento all’altro la sua apparizione sulla
scena.- Parafrasando, la definizione di Dirac della « posizione » dell’elettrone « non osservato », ho descritto
altrove questo stato di cose (Devereux 1940a) dicen
524
do che la posizione dell’agente Donovan e, nella maggior parte dei casi, « indeterminata » ... che cioe, in un
certo senso, egli e « distribuito lungo la linea della legge ». Si tratta in questo caso di un enunciato
sociologico. Possiamo pero dire anche che John Doe si astiene dall’omicidio perche il suo Super-Io glielo
proibisce. Quando enunciamo questa proposizione, non siamo obbligati a precisare se situiamo il Super-Io «
fuori » o
« dentro ». Quel che dobbiamo precisare e che, nel contesto che utilizziamo, possiamo attribuire al Super-Io
un significato operativo, cosi come dovremo farlo per ogni proposizione che 10 situi, a seconda dei casi, «
dentro » o « fuori » dalla regio ne delimitata dalla frontiera. Visto che si tratta di una propo sizione
psicologica, cio a cui non possiamo attribuire un signifi cato operativo e qui la posizione dell’agente
Donovan. Inver samente, quando l’agente Donovan e fisicamente presente (o
« determinato ») non possiamo attribuire significato operativo alla posizione del Super-Io, che, in una
situazione del genere, e « indeterminata ». Cio significa inoltre che, in una situa zione di questo tipo, anche
un enunciato che specificasse che 11 Super-Io si trova « dentro » o « fuori » e sprovvisto di senso.
In breve, quando l’agente Donovan e presente, possiamo attribuire a lui, ma non al Super-Io, un significato
operativo. Quando e assente, attribuiremo un significato operativo al Super-Io, e non potremo attribuirlo
all’agente Donovan. Tra
le due operazioni esiste dunque un rapporto di complemen tarita (Devereux 1940a).
Altri problemi possono sorgere a proposito dell’«Im pulso ». I Greci lo sapevano gia.
Caso 437. - Agamennone insulta impulsivamente Achil le. Appena si rende conto delle conseguenze del suo
gesto, e convinto che l’impulso proveniva dall’esterno: non lui ma ate ha insultato Achille (Dodds 1951;
Adkins 1960).
Caso 438. - La Medea di Euripide spiega lungamente il suo progetto di uccidere i suoi figli, per punire
l’infedelta
525
\
di Giasone, loro padre. In un certo senso persuade se stessa — con un lungo monologo — a prendere questa
orribile decisione. In un primo tempo, parla come se fosse consape vole delle origini interne del suo Impulso.
Dopo che, a forza di parlare a se stessa, si e messa in uno stato di collera dispe rata, Medea parla come se
all’origine del suo Impulso ci fosse « qualcosa » di esterno. Rivier (1960) crede che il monologo di Medea
getti luce sulle teorie psicologiche di Euripide ... o sulla sua mancanza di teorie praticabili. Secondo me, Euri
pide ha semplicemente fatto una precisa descrizione clinica di quel che il soggetto sente realmente in casi del
genere.
Caso 439. - Nelle Troiane di Euripide, Ecuba cerca di persuadere Menelao a punire Elena per la sua fuga con
Paride. Elena si difende sostenendo che e Afrodite la causa della sua fuga, e che la sua colpa e quindi di
origine ester na (2). Ecuba risponde: « E il tuo spirito che e diventato Afrodite! ». In altre parole attribuisce
un’origine interna a quel che, per Elena, ha origini esterne. Secondo Lesky (1960), questo passaggio spiega
le teorie psicologiche di Euripide. In realta Elena e Ecuba interpretano lo stesso comportamento in due modi
complementari; non si accordano sul lato della frontiera, o della curva di Jordan, dove l’Impulso deve venire
situato. Il problema e il seguente: « Da dove viene 1’“ im patto ” che si percepisce? » Questa scena e
fondamentalmente identica a quella di Medea. Medea parla dapprima come Ecuba, e termina parlando come
Elena. Cio che, nelle Troiane,
e un agon — un dibattito teorico, o di tribunale — e, in Medea, un fenomeno clinico.
La convergenza dei due modi soggettivi di sentire qual cosa con i due modi teorici di spiegare un
comportamento ha importanza teorica, e dimostra il carattere operativo della presente discussione. In effetti
il « dentro » e il « fuori » (questo lato, o l’opposto, della frontiera) possono venir defi niti operativamente
soltanto come modi di sentire qualcosa.
«Ho paura che l’agente Donovan arrivi da un momento al
l’altro » e « Credo che romicidio sia un peccato » sono due modi di sentire la stessa perturbazione. Il primo
enunciato implica che qualcosa preme sul lato « distante » (distai) della frontiera o della curva di Jordan; il
secondo implica che qualcosa preme sul lato « prossimo » (proximal). Medea sente prima che un Impulso
preme da questa parte della frontiera o della curva, poi che questo preme sull’altro lato della fron tiera o della
curva.
Nessuno di questi due Impulsi e percettibile prima di aver prodotto una perturbazione, che a sua volta crea
una demar cazione. Quest’ultima, come luogo del fenomeno: «Questo io percepisco » puo essere identificata
con l’Io, che altri po trebbero comunque chiamare con un termine diverso.
E necessario sottolineare ancora una volta che l’Io, se e definito in questo modo, non e semplicemente «
mobile ». E invece realmente creato in ogni momento. Non puo quindi avere a priori un luogo, ne autentiche
proprieta « metriche ». Non e quindi possibile attribuire un significato operativo alla nozione di « frontiere
dell’Io ».
E invece possibile, anche se molto difficile, attribuire un significato operativo al fenomeno mal designato
con l’espres sione «rottura delle frontiere dell’Io». La difficolta fonda- mentale risiede nel fatto che la
perturbazione/demarcazione non puo avere, a priori, nessuna posizione determinata. Que sto fenomeno si
realizza a volte in un luogo, a volte in un altro. Parlando per metafora, esso e situato a volte a Poitiers, a volte
a Hatin ecc. Non ha quindi, in un certo senso, ne posizione ne durata nel tempo, anche se tutte le posizioni
possono venir determinate riferendosi al fenomeno. Inoltre, la sua unica proprieta, in quanto coordinata, e di
avere due
« lati ». Non ha neppure senso dire che, in un qualsiasi mo mento dato, un gruppo di funzioni Q (o una
funzione q) si trova a una « maggiore » o « minore » distanza dalla per turbazione/demarcazione. Possiamo
attribuire soltanto un si-
527
gnincato molto indiretto alla « distanza » rispetto alla de marcazione.
Consideriamo un lasso di tempo da t0 a ti, durante il quale n fenomeni (eventi) di
perturbazione/demarcazione si verificano. Se durante questo lasso di tempo Q (o q) non si trova implicato in
nessuno di questi fenomeni si puo dire, in modo grossolano, che Q e « distante » dalla demarcazione. Se,
durante quel lasso di tempo, Q (o q) si trova ripetuta- mente implicato in eventi di
perturbazione/demarcazione, si puo dire che Q e « vicino » ad essa ... cioe vicino a quasi qualunque
demarcazione « possibile » in quel lasso di tempo.
Ora, l’espressione «Q (o q) e implicato in un fenomeno di perturbazione/demarcazione » puo avere soltanto
un senso operativo. Come oggetto dell’enunciato: «Questo io perce pisco », Q « passa » da un lato della
frontiera (o della curva di Jordan) all’altro. Cosi, nella Medea di Euripide, l’Impulso passa dal «dentro» al
«fuori», dal «qui» al «la». Nel l’esperimento in cui si misura il calore, lo stimolo passa dall’esterno
all’interno quando l’osservatore esclama: « Que sto io percepisco ». Analogamente, i sentimenti, i pensieri, i
ricordi, possono derivare dall’interno o dall’esterno della co scienza, e viceversa. Questo passaggio e sempre
un « salto »;
<2 (o q) cessa semplicemente di trovarsi da « questa » parte della curva, e si trova « all’improvviso »
dall’altra. Buoni esempi di questo genere di fenomeni sono forniti dalle reazioni del tipo « Eureka » che sono
osservabili persino nei primati (Kohler 1927), o dal passaggio di un pensiero dall’inconscio alla coscienza ...
o viceversa.
In questo contesto, il solo significato che possiamo ope rativamente attribuire a una « rottura » delle frontiere
del l’Io e l’attenuazione della reazione: « Questo io percepisco ». Questa « rottura » implica la riduzione
della perturbazione che crea la demarcazione. In un certo senso, la perturbazione e in parte dovuta alla
distinzione tra 1’« io » e il « non-io ». Non bisogna confondere questo « io » con il concetto psico
528
analitico dell’Io; 1’« io » e qui definito come cio che si trova « all’interno », e il « non-io » e cio che si trova
« all’esterno ». L ’Io psicoanalitico e l’istanza che distingue tra « io » e « non io », che compie l'operazione
che consiste nel « distinguere ».
Minore e la distinzione tra « io » e « non-io », minore e l’am piezza della reazione: « Questo io percepisco »,
e viceversa. Se, senza che avvenga uno sconvolgimento realmente percet tibile, grandi quantita di Q (o di q)
derivano da « qui » fino a « la », o viceversa, cio implica un attenuarsi della distin zione tra 1’« io » e il «
non-io » nell’esperienza vissuta. Di conseguenza, avremo anche una attenuazione dell’Io-istanza, che e
precisamente una perturbazione, cioe una distinzione di tipo fondamentalmente percettivo. Naturalmente,
non mi riferisco qui alla differenza percettiva tra i dati cinestesici forniti dall’esperimento del bastone rigido,
e i dati tattili for niti da quello con il bastone «molle». In entrambi i casi, l’oggetto che si esplora resta «
esterno ». Si puo pero — entro certi limiti — pensare all’esempio dell’esplorazione del pro prio piede per
mezzo di un bastone (Capitolo 22): in questo caso la differenza di natura tra cio che percepisce il piede (=
oggetto) e cio che percepisce la mano e alla radice della reazione: « Questo io percepisco ». In un senso
molto limi tato, possiamo considerare questa differenza tra percezioni come una differenza di energie
potenziali in fisica, anche se questa analogia deve essere usata con molta precauzione. E un fatto che nessuna
analogia (anche parzialmente concreta) puo chiarire questo problema senza confonderlo da altri punti di
vista. In questo campo, piu che in ogni altro, tutti i para goni zoppicano ... esattamente quel che succede per
il feno meno dell’« indeterminazione » che puo venir descritto cor rettamente soltanto con una formulazione
astratta. Come suc
cede spesso, anche in questo campo la natura mostra di non preoccuparsi affatto delle difficolta che pone allo
scienziato (3). Qualsiasi modello praticabile della psiche che includa il concetto di coscienza puo spiegare
come e perche Q o q
529
analitico dell’Io; 1’« io » e qui definito come cio che si trova « all’interno », e il « non-io » e cio che si trova
« all’esterno ». L ’Io psicoanalitico e l’istanza che distingue tra « io » e « non io », che compie l'operazione
che consiste nel « distinguere ».
Minore e la distinzione tra « io » e « non-io », minore e l’am piezza della reazione: « Questo io percepisco »,
e viceversa. Se, senza che avvenga uno sconvolgimento realmente percet tibile, grandi quantita di Q (o di q)
derivano da « qui » fino a « la », o viceversa, cio implica un attenuarsi della distin zione tra 1’« io » e il «
non-io » nell’esperienza vissuta. Di conseguenza, avremo anche una attenuazione dell’Io-istanza, che e
precisamente una perturbazione, cioe una distinzione di tipo fondamentalmente percettivo. Naturalmente,
non mi riferisco qui alla differenza percettiva tra i dati cinestesici forniti dall’esperimento del bastone rigido,
e i dati tattili for niti da quello con il bastone «molle». In entrambi i casi, l’oggetto che si esplora resta «
esterno ». Si puo pero — entro certi limiti — pensare all’esempio dell’esplorazione del pro prio piede per
mezzo di un bastone (Capitolo 22): in questo caso la differenza di natura tra cio che percepisce il piede (=
oggetto) e cio che percepisce la mano e alla radice della reazione: « Questo io percepisco ». In un senso
molto limi tato, possiamo considerare questa differenza tra percezioni come una differenza di energie
potenziali in fisica, anche se questa analogia deve essere usata con molta precauzione. E un fatto che nessuna
analogia (anche parzialmente concreta) puo chiarire questo problema senza confonderlo da altri punti di
vista. In questo campo, piu che in ogni altro, tutti i para goni zoppicano ... esattamente quel che succede per
il feno meno dell’« indeterminazione » che puo venir descritto cor rettamente soltanto con una formulazione
astratta. Come suc
cede spesso, anche in questo campo la natura mostra di non preoccuparsi affatto delle difficolta che pone allo
scienziato (3). Qualsiasi modello praticabile della psiche che includa il concetto di coscienza puo spiegare
come e perche Q o q
529
« attraversa » la demarcazione; un modello della psiche che non includa questo concetto non e in grado di
farlo.
Il carattere essenzialmente induttivo e operativo dei mo delli generali della psiche contrasta con i modelli in
uso in psicopatologia, che sono invece necessariamente nomotetici (Devereux 1963a). Cio non implica,
naturalmente, che que sti modelli non siano operativi. La psicopatologia e in grado di stabilire norme
definibili in termini operativi, che permet tano di identificare anomalie nel modo in cui — e nelle cause che
ne sono all’origine — un Q o un q attraversano o non attraversano la frontiera, e/o riescono o no a intervenire
in una perturbazione.
In casi del genere, la cosa piu semplice e parlare di un deterioramento (« rottura » o « impermeabilita »)
dell’Io come frontiera: non pero di un deterioramento delle frontiere del l’Io, visto che e la perturbazione a
provocare (o ad « essere ») il « passaggio » di Q o di q.
Si puo definire in modo operativo il fenomeno chimato a torto « rottura delle frontiere dell’Io » come un
qualsiasi processo in cui il « passaggio » della linea (o il cambiamento di lato) non puo venir messo in
relazione con un « Questo io percepisco» suscettibile di essere comunicato, e/o in cui F« attribuzione di una
posizione » {positioning) dei Q e dei q e, dal punto di vista clinico, insolita. In quest’ultimo senso, possiamo
affermare che la psicopatologia e una scienza nomo- tetica (Devereux 1963a), che si occupa unicamente
delle sin golarita dell’Io. In questa prospettiva, in effetti, l’Io e rigo rosamente definito come una costruzione
che riguarda un fenomeno di' frontiera, e costituisce il fondamento di tutte le distinzioni tra « dentro » e «
fuori », o, meno precisamente, tra « io » e « non-io ».
Il non-io (il « cio ») e dal punto di vista logico distinto dall’Es psicoanalitico. A volte, e possibile
considerarli come intercambiabili, ma unicamente per quel che riguarda il « con tenuto ». Visto che c’e
continuo « scambio di Q e q » tra i due
530
lati della frontiera, la sola distinzione reale tra 1’« io » e il « non-io » e che sono situati sui due lati opposti
della fron tiera o della curva di Jordan. Inoltre, in certi stati eccezionali che non implicano scambio di «
materiale » tra i due lati, il lato che nell’istante t si trova « qui » puo benissimo tro varsi « altrove »
nell’istante t + At. L’« io » diventa allora il « non-io » e viceversa, seguendo il nostro modo di percepire (e/o
interpretare) il fenomeno ... questo modo di percepire (e/o interpretare) il fenomeno e infatti precisamente
quel che differenzia 1’« io » dal «non-io». Una analogia, certamente approssimativa, puo aiutarci a illustrare
questo processo: se un individuo « esplora » la propria collera, questa e, dal punto di vista dell’esperienza,
situata «fuori». Se invece conce pisce un pensiero seguito — forse in modo inesplicabile — da un sentimento
di collera, e il pensiero che si trova « fuori » e non «dentro». E in questo senso che la perturbazione
determina anche quel che si trova « qui » (« dentro ») o « la » (« fuori ») in un momento dato. La psiche
come esperienza e sempre « la » (come « cosa »). Questa e una ragione in piu per affermare che non e
conveniente concepire l’Io come una regione dotata di proprieta « spaziali », e come un luogo defi nibile e
predeterminabile dall’esterno.
Nel contesto cui ci riferiamo, il dossier relativo a un caso normale e patologico e costituito da:
1. una descrizione dell’ordine secondo il quale le di verse funzioni (Q o q) si trovano successivamente da un
lato o dall’altro della perturbazione/demarcazione;
2. una analisi delle perturbazioni durante le quali, e del modo in cui, Q o q passano da un lato all’altro della
frontiera;
3. una interpretazione dell’osservazione che, in linea generale, Q o q si trovano da un certo lato della
demarca zione (per esempio, una spiegazione causale del fatto che un’idea ossessiva e sempre cosciente, o
che un certo ricordo d’infanzia traumatizzante resta tenacemente inconscio).
531
Nel corso di questa discussione, non ho mai assegnato alla « demarcazione » un « luogo », che possa venir
deter minato rispetto a un qualsiasi sistema (esterno) di coordinate. In effetti, il fondamento ultimo di questa
prospettiva sta nel fatto che la perturbazione/demarcazione e, in se, Yunica coor dinata valida.
Metaforicamente, in questo contesto, Poitiers, Hatin, Costantinopoli e Gallipoli non sono affatto «luoghi»,
ma costituiscono una sola coordinata (4).
Questa affermazione implica che piu si esplorano accu ratamente le diverse funzioni (Q-s o q-s), piu la
frontiera di venta indeterminata. In effetti, come nel caso di Medea, cio che si trova « dentro » all’istante t
puo trovarsi « fuori » all’istante t + At. Ma se fissiamo la nostra attenzione sulla frontiera, e Q (o q) che
tende a diventare indeterminato, in particolare rispetto al « contenuto » (1’« oggetto » vissuto).
Non soltanto lo scienziato ma anche l’uomo come essere sociale opera in larga misura in termini di « dentro
» e « fuo ri ». Per il teologo, la « tentazione » e, per cosi dire, « fuori ». Per il giurista, e soprattutto «dentro».
Nel discorso delle scienze del comportamento, e possibile differenziare il « dentro » dal « fuori » in termini
strettamente operativi. Cio che, in un discorso dato, e trattato come un motivo « operante » viene per questo
situato « dentro »; cio che e trattato come motivo strumentale e per questo consi derato « fuori ». Cio che in
un discorso psicologico e trattato come un motivo operante, viene in un discorso sociologico trattato come un
motivo strumentale (Devereux 196lb).
Possiamo giungere alle stesse conclusioni partendo da ognuno di questi due tipi di discorso che, pur essendo
com plementari, sono, allo stesso tempo, anche « completi » (De vereux 1945). Ogni volta che l’analisi del
comportamento e condotta in modo coerente in ognuno dei due diversi con testi, le conseguenze
comportamentali della spiegazione A sono le stesse che quelle della spiegazione B.
532
Caso 440. - Dal punto di vista psicologico, la strega mohave Sahaykwisa era autodistruttiva. Dal punto di
vista culturale, come strega mohave prestigiosa, era costretta a inci tare qualcuno a ucciderla. Dal punto di
vista psicologico, era sufficientemente autodistruttrice (motivo operante) per inci tare qualcuno a ucciderla,
anche in assenza di un imperativo culturale (motivo strumentale). Dal punto di vista sociolo gico, era una
strega mohave abbastanza efficace (motivo ope rante) per incitare qualcuno a ucciderla, anche se non fosse
stata una personalita autodistruttiva (motivo strumentale). Per lo psicologo, l’imperativo culturale ha
determinato il modo in cui essa provoco la sua uccisione. Per il sociologo e l’autodistruttivita che ha
determinato il modo in cui essa ha eseguito l’imperativo culturale che imponeva che fosse uccisa (Devereux
196lb).
Questo e il solo modo di stabilire una relazione, opera tivamente precisabile, tra spiegazioni psicologiche e
spiega zioni sociologiche (Devereux 196lb).
Una completa esplorazione della metodologia e della teo ria delle scienze del comportamento che si situano
nella zona intermedia tra fenomeni individuali e fenomeni socio-culturali va al di la degli scopi di questo
libro (5).
E possibile che l’unica cosa che conta in questo libro e che vi si traggono inevitabili conclusioni dalla
massima di Eraclito: « Gli occhi e le orecchie sono cattivi testimoni per gli uomini, se questi non hanno
anime capaci di intenderne il linguaggio ».
Amo credere che l’antico saggio Ionico non ripudierebbe interamente le mie conclusioni.
533
NOTE
(1) Per il « fuori », opposto al « dentro » in biologia, cfr. La Barre (1954); in medicina psicosomatica, cfr. Devereux (1966a).
(2) Per quanto ne so, nessuno ha finora notato che l’argomento di Elena fu anticipato dalla Penelope di Omero, nella sua
sorprendente difesa di Elena (Odissea, 23, 218 sgg.) (questo passaggio e discusso in Devereux 1957d). Argomenti analoghi
appaiono in due pezzi di bravura di Gorgia e Isocrate.
(3) Nessuno meglio di me puo essere cosciente delle difficolta che implica questo punto di vista. Il modello dell’Io che analizzo qui
fu pre sentato per la prima volta nel 1938, in forma estremamente rudimentale, a un gruppo di psicologi dell’Universita di California,
presieduto dal Pro fessor E.C. Tolman. Ho messo ventisette anni per formulare questo con cetto dell’Io — che in un primo tempo ho
chiamato «zona di frizione » e situato tra la «zona delle abitudini» e il «nucleo della personalita». Mi resta soltanto da sperare che la
pazienza di chi cerchera di comprendere ve ramente il mio concetto dell’Io sara grande almeno quanto l’umilta con cui 10 presento.
So comunque che non si tratta di una risposta, ma soltanto dell’enunciazione di un problema in forma operativamente verificabile, e
suscettibile di una soluzione logica.
(4) Gran parte di queste idee sono state formulate completamente, anche se ancora in modo abbastanza maldestro, prima del 1940,
data in cui ho avuto un primo contatto con l’importante opera di Kurt Lewin. 11 mio debito intellettuale verso Lewin, per le idee che
ho presentato, e quindi nullo. Il mio debito morale verso di lui e invece grande, perche certe analogie tra alcune delle nostre rispettive
conclusioni mi hanno in coraggiato a cercare le soluzioni di questo problema. L’importanza delle convergenze tra alcune idee di
Lewin e le mie sembra particolarmente grande se si considera che il ragionamento di Lewin e essenzialmente geometrico (topologia,
odologia) mentre io ragiono soprattutto nei termini della meccanica quantistica e della teoria dei numeri.
(5) I punti essenziali di questo problema sono stati esaminati in una serie di articoli precedenti (Devereux I937e, 1938a, b, 1940a,
1945, 1952b, 1955a, 1957a, 1958a,b, 1960b, 1961a,b, 1965a).
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