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Universit degli Studi di Bologna Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione Esame di Comunicazione Giornalistica Prof.

Sarti Mauro

Commistione fra informazione corretta e informazione corrotta: la marchetta delle creme anticellulite.

Federica Dalmonte 00000256912 1

Sommario
Introduzione .........................................................................................................................................3 I. La marchetta giornalistica: una pratica illegale, una necessit o unabitudine consolidata? .......4 La marchetta e la deontologia professionale....................................................................................4 Lopinione di Franco Abruzzo.........................................................................................................5 II. Un caso emblematico: le creme anticellulite ...............................................................................8 Gioia, il supplemento Salute & Bellezza e la causa del 1996 ......................................................8 1996-2010 Quando il silenzio fa pi notizia delle parole ................................................................9 III. La marchetta si evolve: il web 2.0 .........................................................................................12

Le pressioni sui blogger: PayPerPost e Buzz Marketing ...............................................................12 IV. Conclusioni ............................................................................................................................14

Bibliografia ........................................................................................................................................15 Linkografia.........................................................................................................................................15

Introduzione
Venezia, 1760. Gaspare Gozzi deve sostenere il bilancio della Gazzetta Veneta in un momento economicamente difficile. I costi di carta, redazione, stampa e distribuzione sono molto elevati se paragonati al ricavato delle vendite, cos Gozzi decide di inserire spazi pubblicitari come fonte di sostentamento. Parigi, 1836. De Girardin, direttore de La Presse, sta ponderando una decisione molto simile a quella di Gozzi: dedicare come stabile nutrimento la quarta ed ultima pagina agli annunci economici. La scelta di mettere a stretto contatto la rclame con le notizie, decisamente innovativa per lepoca, non piace molto ai giornalisti, che la percepiscono come un vero e proprio dramma. Le critiche in particolare arrivano dal Armand Carrel. Lo scontro si inasprisce a tal punto che sfocia in una sfida alla pistola. A soccombere proprio Carrel che, spinto dallimprescindibile integrit di giornalista, viene considerato il primo martire dellinformazione pura. In un momento in cui il lettore viene costantemente confuso e raggirato da molteplici pubblicit camuffate da notizie e in cui gli inserzionisti contano pi dei direttori, parlare di integrit potrebbe quasi far sorridere. Il rapporto fra editori e inserzionisti diventato cruciale, ma parlarne sembra essere peccato. Ecco da dove nasce la volont di far luce sugli aspetti pi ombrosi di un fenomeno divenuto oramai consuetudine: la marchetta giornalistica.

I. La marchetta giornalistica: una pratica illegale, una necessit o unabitudine consolidata?


Definiamo la marchetta. Per marchette giornalistiche si intendono tutti quei servizi volti a pubblicizzare non esplicitamente un particolare prodotto commerciale, culturale, finanziario, tangibile o intangibile con lo scopo di apportare benefici economici, solitamente contratti inserzionistici, alla testata per cui il giornalista scrive. Conosciuta sotto svariate forme e nomi, fra i pi annoverati soffietto e articolesse, la marchetta una pratica ingannatoria che da almeno trentanni ha ridotto linformazione a ruolo di ancella della pubblicit. Ma cosa c di cos grave nel fare pubblicit? Nulla, finch dichiarata. Il problema della marchetta laspetto fraudolento nei confronti del lettore. Chi acquista un giornale lo fa per motivi di fidelizzazione e fiducia, riponendo piena credibilit in quel che considera un mezzo molto autorevole. Il lettore non innalza barriere dattenzione nei confronti delle notizie di cui fruisce, ma ne prende atto con scarso senso critico dettato dalla buona fede. Ecco allora che scatta un meschino meccanismo: indurre il proprio lettore a confondere un velato consiglio dacquisto per una necessit di consumo, suggerendogli subdolamente come orientare i propri desideri. Tutto ci legale? No, ma procediamo per gradi. Definiamo la pubblicit secondo il decreto legislativo n. 74 del gennaio 1972: qualunque forma di messaggio che sia diffuso, allo scopo di promuovere la vendita o il trasferimento di beni mobili o immobili, oppure la prestazione di opere e servizi. Fino a questo punto la marchetta sembrerebbe in regola, non fosse altro che lo stesso decreto aggiunge che deve essere palese, veritiera e corretta e inoltre chiaramente riconoscibile come tale; in particolare, la pubblicit a mezzo stampa deve essere distinguibile dalle altre forme di comunicazione al pubblico, con modalit grafiche di evidente percezione. Stesso principio contenuto nel Codice dellIstituto dellAutodisciplina pubblicitaria: la pubblicit deve essere sempre riconoscibile come tale. Nei mezzi in cui, oltre la pubblicit, vengono comunicati al pubblico informazioni e contenuti di altro genere, la pubblicit inserita deve essere nettamente distinta per mezzo di idonei accorgimenti. Ecco spiegato il punto focale su cui si basa lillegalit di questa pratica: la totale mancanza di trasparenza che spinge il lettore ad essere incoscientemente influenzato.

La marchetta e la deontologia professionale


Parlando di marchette doveroso affrontare laspetto etico della professione giornalistica. Il 14 Aprile 1988 le principali categorie nellambito dellInformazione (Federazione della Stampa Italiana, Ordine dei Giornalisti e sette associazioni di agenzie pubblicitarie) redigono la Carta di 4

Informazione e Pubblicit: un protocollo dintesa sul principio universale del diritto-dovere ad uninformazione veritiera e libera. Nel 1986 infatti si era acceso un dibattito fra addetti ai lavori tra cui Giorgio Bocca, Giuliano Re (allora direttore della concessionaria di pubblicit Il Sole 24ORE) e i direttori della divisione pubblicit Rizzoli e Mondadori per uninchiesta svolta da Prima Comunicazione: si era giunti a conclusione che la pubblicit stesse prevaricando le notizie. La Carta del 1988 come soluzione pone lobbligo di rendere ben distinguibili e riconoscibili tutti i messaggi commerciali esplicitandone lemittente e il committente. Cruciale la responsabilit per il rispetto del cittadino in quanto titolare del diritto ad una corretta informazione: nei confronti del pubblico (lettore-ascoltatore) la responsabilit della correttezza dei messaggi - ciascuno per la sua parte delle categorie professionali delle comunicazioni di massa. Solo nel 1993 ci si mobilita per la stesura di alcuni principi a cui i giornalisti debbono attenersi nel formare unopinione pubblica democratica. Viene redatta la Carta dei Doveri dei Giornalisti Italiani che si apre con un assunto di cui il giornalista corrotto sicuramente non tiene conto: Il rapporto di fiducia tra gli organi dinformazione e i cittadini la base di lavoro di ogni giornalista. Si affronta chiaramente anche il nostro tema: la distinzione fra informazione e pubblicit, ampliando cos il Protocollo dintesa del 1988. In questo senso la Carta assume unimportanza specifica su due fronti: comportamento del giornalista e funzione dei giornali. In particolare: I cittadini hanno il diritto di ricevere uninformazione corretta, sempre distinta dal messaggio pubblicitario[] I messaggi pubblicitari devono essere sempre e comunque distinguibili dai testi giornalistici attraverso chiare indicazioni. E palese sottolineare che tutti i principi elencati fino a qui sono assolutamente incompatibili con la pratica dellarticolo concordato. Appurato il motivo per cui si discuteva di informazione veritiera, cerchiamo di capire meglio perch libera. Semplice: le linee editoriali delle testate sono dettate oramai quasi esclusivamente dagli inserzionisti, che sembrano aver soppiantato i direttori costantemente sotto ricatto. Sempre pi servizi sono stilati copiando parola per parola le veline provenienti dagli uffici stampa di aziende e agenzie pubblicitarie. Ecco il motivo di tanta giustificata indignazione: instillare nel lettore con tutti i mezzi possibili il bisogno di accumulare, possedere, uniformarsi e apparire secondo i comandamenti dellindustria del consumo. Nulla sembra pi essere guidato dallo spirito di informazione tradizionale, culturale e sociale, di ricerca critica e approfondimento: solo allineamento (spesso imposto) con le direttive dellufficio marketing nel quale risulta molto difficile scovare qualcosa di etico e libero.

Lopinione di Franco Abruzzo


In merito alla questione si spesso pronunciato Franco Abruzzo, giornalista dal 1959 e storico presidente dellOrdine dei Giornalisti della Lombardia. 5

Abruzzo non ha mai negato la presenza di articoli farciti di pubblicit occulte. Per cercare di arginare il problema di commistione fra pubblicit e informazione, da buon giornalista, ha accusato pubblicamente le aziende colpevoli di corruzione, esortando con numerosi comunicati stampa a non aderire alle iniziative pagate dagli inserzionisti e a non accettare i soprusi degli uffici marketing. Inoltre ha dato vita ad operazioni del calibro di Azimut, iniziativa di denuncia nei confronti di unagenzia finanziaria dedita a continui tentativi di imbonimento tramite viaggi spesati. Dallalto della sua esperienza Abruzzo non ha mai demonizzato gli enormi introiti pubblicitari, ben cosciente dellimpossibilit di sopravvivenza del mondo dellinformazione con i soli ricavi del costo di copertina: Io non mi metto in testa di fermare la pubblicit, sarei un pazzo. So che la pubblicit paga la met degli stipendi. Io voglio una pubblicit pulita. Nel 2006 scriveva indignato Continuo a ricevere segnalazioni di comportamenti anomali da parte di alcune case: a) Diverse giornaliste di moda sono state invitate a trascorrere dieci giorni fra Pechino, Shanghai e Hong Kong da Donatella Versace per visitare un solo nuovo negozio. Con la conseguenza che i pezzi sono usciti su due giornali. b) Max Mara organizza un viaggio a Berlino per i suoi 50 anni che si possono festeggiare solo all'estero. c) Lettera confidenziale di Power Emprise a diversi giornalisti per richiedere recapiti privati con la finalit di inviare un presente natalizio per l'attenzione che ci hai dimostrato nel corso dellanno. d) Coin ha invitato la stampa a una presentazione specificando Ai gentili ospiti verr offerto oggi e domani uno sconto del 25% su tutti i prodotti. Complimenti!. Da qui nasce il bisogno di Abruzzo di proporre una soluzione a questo malcostume sempre pi compromettente Propongo la lettura del Codice de Il Sole 24 Ore. Eun modello per il giornalismo italiano. Dovrebbe essere fatto proprio dal Consiglio nazionale dellOrdine! La categoria deve cominciare a discutere questi problemi. E il momento di rivendicare il nostro ruolo di professionisti, mediatori intellettuali tra i fatti e la gente. Il citato Codice contiene misure volte ad evitare nella maniera pi assoluta conflitti dinteresse: rifiuto categorico di viaggi e omaggi, restituzione dei prodotti prova entro due mesi, obbligo di dichiarazione preventiva su eventuali conflitti generati da attivit lavorative di conoscenti e parenti entro il secondo grado, divieto di strumentalizzazione delle informazioni finanziarie di cui si viene a conoscenza solo per citarne alcune. Si deve ammettere che Abruzzo nelle sue battaglie non ha mai amato i metodi drastici meglio recuperare gradualmente le persone che hanno sbagliato. La radiazione non serve a nulla. Bisogna puntare sulla persuasione morale. Lui ha fornito una serie di regole concrete a cui aderire per evitare di cadere in errore separazione tra pubblicit e informazione; pretendere che negli articoli non siano infilate citazioni o foto di comodo; tenere docchio le inserzioni dei quotidiani onde evitare che il committente sia ripagato con redazionali nei settimanali di propriet delleditore; impedire la pubblicazione dei redazionali che non abbiano una grafica diversa dal resto del

giornale e che siano prive della indicazione informazione commerciale; rifiuto di scrivere testi e di dare contributi grafici e fotografici per gli Uffici marketing; ma soprattutto rinuncia alla firma tutte le volte che un articolo viene ritoccato dal direttore o da chi per lui. Conclude rivolgendosi ai direttori: Siete dei professionisti, vi dovete comportare come tali. Se puntate i piedi nessuno vi dar ordini osceni. I direttori devono avere le palle per reagire. Qualche no lo devono dire.

II. Un caso emblematico: le creme anticellulite


Secondo Erich Fromm, psicoanalista e sociologo tedesco, le modalit esistenziali alla base della vita di ogni persona sarebbero due: lEssere e lAvere. Dato per assunto che purtroppo, con il passare degli anni, lAvere sembra avere nettamente prevaricato lEssere, ad oggi forse andrebbe aggiunta una terza modalit: lApparire. Apparire, un non valore a cui sembra che tutte le riviste femminili, dalla prima allultima, non possano rinunciare. Sembrano voler insegnare che chi non appare, o non appare al passo coi tempi, semplicemente non conti, non esista, non venga preso in considerazione. Forse per questo proprio la stampa femminile ad essere il miglior bacino dutenza per case di moda, case farmaceutiche e cosmetiche che costantemente impongono i propri diktat facendo sentire inadeguato chiunque non ci si allinei. Ecco allora lo spunto per affrontare uno dei casi pi emblematici di marchette nella storia del giornalismo italiano: il caso dei prodotti anticellulite. Ma proseguiamo per gradi. Abbiamo gi detto precedentemente che il solo prezzo di copertina non sufficiente per sostenere il bilancio di un giornale, e che circa il 70% dello stipendio dei giornalisti proviene dalle inserzioni. A rigor di logica, quindi, quanto pi un giornalista riesce ad orientare accuratamente i gusti dei propri lettori e quindi i suoi consumi, maggiori saranno le entrate per gli inserzionisti che a loro volta, soddisfatti dei risultati, saranno invogliati ad investire ancora pi risorse in quella testata. Appunto: inserzionisti. Non si tratta pi dinformazione, ma di marketing. Ne sono ben consapevoli tutti i direttori delle riviste femminili che negli ultimi quindici anni almeno, hanno ritenuto opportuno mettere in guardia con migliaia di articoli le lettrici da una dilagante piaga: la terribile e pericolosissima cellulite. Ma se tutte quegli articoli non si fossero esattamente attenuti ai principi di verit e libert richiesti dalla Carta del 1988? Sarebbe un inganno? Beh, in effetti s. Una mega presa in giro a spese di tutte le lettrici che riponevano fiducia e credibilit nelle proprie riviste. Nel corso degli anni sono stati tantissimi i provvedimenti presi nei confronti di testate, giornalisti, direttori, case cosmetiche e farmaceutiche, ma nulla di cos drastico da spingere qualcuno a mettere la parola fine a questo fenomeno.

Gioia, il supplemento Salute & Bellezza e la causa del 1996


Il 17 maggio 1996 il settimanale Gioia pubblica un dossier di 10 pagine a cura della giornalista Viola Venturi dal titolo Speciale Cellulite soluzioni su misura. L'articolo esprime apprezzamenti sulle caratteristiche e sulle propriet di una trentina di prodotti anticellulite. Nellarticolo sono inserite fotografie di alcuni cosmetici di cui si menzionano le propriet riportando le stesse parole delle pubblicit e dei foglietti illustrativi. Ecco i motivi che hanno spinto 8

l'Autorit Garante a vederci chiaro e prendere provvedimenti: l'impostazione grafica del servizio basata sull'isolamento dei prodotti senza alcune premesse introduttive o esplicative, i confronti e le analisi complessive sono inesistenti e linsieme sembra risultare un grande collage di redazionali. La Venturi utilizza toni esclusivamente enfatici e anche il Garante evidenzia la totale assenza di qualsiasi connotazione e valutazione critica da parte della stessa. Dunque, se non ci sono raffronti o critiche: che tipo di informazione ci stata fornita? Anche per questa risposta serve poco ingegno: raffigurazioni fotografiche dei cosmetici con relativi marchi e denominazione in chiara evidenza possono definirsi solo promozione commerciale. Inoltre, come se fosse un caso dettato dal destino, sulla stessa rivista compaiono in altre pagine pubblicit tabellari dei prodotti inseriti nel servizio. A peggiorare la situazione il fatto che alcuni dei prodotti in questione, precisamente quelli della Kelemata S.p.a., sono stati denunciati per pubblicit ingannevole con sentenza definitiva n. 7855 datata 08/10/05 dal TAR del Lazio. Il TAR ha ritenuto che gli effetti e i risultati promessi fossero assolutamente incompatibili col prodotto stesso, in quanto le creme anticellulite agiscono esclusivamente in superficie a differenza di ci che le pubblicit e il servizio della Venturi volevano far credere. Il dossier di Gioia va contro tutti i principi deontologici del caso: fondamentale per linganno del cittadino la difficolt totale nel distinguere le pagine del servizio giornalistico da quelle pubblicitarie per via dell impostazione grafica. Infatti il Garante, nel procedimento P1928, ritiene l'articolo un messaggio pubblicitario non riconoscibile in quanto mascherato sotto la forma apparente di servizio giornalistico informativo, vietandone la diffusione. Per dovere di cronaca bisogna sottolineare che questa censura stato lunico provvedimento preso nei confronti del servizio. Nessun periodico femminile ha mai sviluppato un articolo in cui si spiegasse che le creme erano delle bufale o redatto una rettifica che informasse le lettrici della sentenza. Lunica dichiarazione che una lettrice attenta poteva notare era In realt il messaggio pubblicitario vantava caratteristiche del prodotto inesistenti riferita quindi alle pubblicit ingannevole delle creme, non alla marchetta. Contrariamente Gioia sarebbe potuta incappare nel rischio di perdita di credibilit, ma soprattutto di ingenti contratti di inserzione! Giammai! Parimenti nessuno si fatto scrupoli nel mancare di rispetto al cittadino tradendone la fiducia.

1996-2010 Quando il silenzio fa pi notizia delle parole


Dopo il caso Gioia la situazione non cambiata. Le riviste femminili continuano a pubblicare articoli e servizi inerenti la cellulite sempre senza alcun fondamento scientifico. Ma c uno strano fenomeno in corso. A fare da contrappeso alla ridondanza di marchette sempre meno celate, c la totale assenza di dichiarazioni autorevoli che affrontino il dilagare di provvedimenti dellAntitrust inerenti i prodotti anticellulite. Ma perch? E questa omert non forse sul piano deontologico pari a quella di una menzogna? La verit che nessuno tratta questi argomenti perch non piacevole 9

spiegare ai lettori che la stampa oramai stracolma di pubblicit mascherata. Come in tutte le situazioni in cui si muovono accuse contro qualcuno queste devono essere documentate con nomi e cognomi: il rischio che si faccia di tutta lerba un fascio, gettando discredito sullintera categoria. Come si gi detto al massimo viene pubblicata la notizia di una condanna

emessa dall'autorit garante senza ulteriori approfondimenti. A questo punto sorge un dubbio: forse non si parla delle marchette perch le marchette in realt le fanno tutti? Per fronteggiare il problema Roberto La Pira, giornalista che per 12 anni ha operato nel Comitato Difesa Consumatori, ha creato una rubrica per Il Sole 24ORE dal nome Il Futuro Dei Consumi in cui denuncia tutti i procedimenti nei confronti delle aziende che si macchiano del peccato di pubblicit ingannevole e/o occulta. E proprio lui ad aprirci gli occhi con un servizio che per molti giornalisti risulta troppo scomodo: smascherare le menzogne degli inserzionisti. La stragrande maggioranza dei giornali probabilmente non si potrebbe permettere di rischiare i propri contratti pubblicitari per informare i lettori. Grazie a La Pira possiamo capire linutilit di tutti quei servizi sui cosmetici anticellulite. Leggendo i vari procedimenti si pu individuare un elemento comune: nessun prodotto per uso topico pu sortire alcun effetto concreto per prevenire o attenuare la comparsa della cellulite. In pratica le creme agiscono solo sulla famigerata buccia darancia. Recentemente tra i provvedimenti dellAntitrust ne troviamo uno esemplare: quello nei confronti della celeberrima Somatoline a cui stata notificata una multa di 490.000. Somatoline: quella dello slogan La Cellulite una malattia. Un medicinale pu combatterla. Ma perch i periodici femminili non rassicurano le proprie lettrici spiegando la verit? Si sono visti decine e decine di articoli con diversi approfondimenti sugli effetti della malattia, con accezione patologica, panniculopatia edemato fibro sclerotica: perch un nome scientifico incute pi timore, pi ridondante e autorevole. Invece no, la cellulite non ha nulla a che vedere con una patologia, una malattia quanto lo pu essere una ruga. E una semplice alterazione fisiologica che si manifesta in quasi il 90% delle donne, tanto che alcuni studiosi vorrebbero inserirla fra i caratteri sessuali secondari femminili. Di cellulite non si muore, se non associata ad altre gravi patologie non necessario curarla e soprattutto una condizione non risolvibile con creme cosmetiche. Nessuna rubrica specializzata si sofferma a spiegare alle ragazze delle nuove generazioni, per cui sta diventando un vero problema psicologico, che per combattere la cellulite basta modificare semplicemente lo stile di vita. Se le ragazze smettessero banalmente di indossare tacchi alti, vestiti aderenti, se riducessero il consumo di alcolici e di sale, alle case farmaceutiche e cosmetiche non converrebbe molto. Se si iniziasse a puntualizzare che le ragioni principali della sua comparsa sono fattori genetici: chi mai perderebbe pi tempo a leggere dossier e spalmarsi litri e litri di creme?! Nessuno. E allora continuiamo a creare complessi nelle persone, facendole sentire in difetto e insicure, incapaci di vivere serenamente la propria vita e il rapporto col proprio corpo. Ma una

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spiegazione concreta c. Una persona sicura sarebbe infatti meno influenzabile e quindi le leggi dellindustria attecchirebbero molto pi difficilmente, in maniera del tutto controproducente al meccanismo delliperconsumo. Dato che si sta affrontando una tematica che riguarda il benessere psicofisico della persona, sembra adeguato fare riferimento ad alcune norme di buona condotta promosse da Comunicare il coma, un comitato composto dalla Onlus "Gli amici di Luca", dall'Universit degli Studi di Bologna e con il sostegno dell'Ordine dei Giornalisti. Queste norme si prefiggono lobiettivo di comunicare in maniera ottimale il coma e pi in generale la malattia e il dolore. Eccone alcuni stralci significativi Il giornalista, nella narrazione dei fatti () deve assumere un approccio che promuova uninformazione ampia in materia () Da parte loro, le associazioni professionali coinvolte sollecitano lo sviluppo e la formazione di una cultura specifica. Inoltre prevede una netta distinzione tra pubblicit e informazione, ovvero Il giornalista, nella redazione degli articoli in materia, ha il dovere di distinguere, attraverso chiare indicazioni, linformazione dalla pubblicit sanitaria o farmaceutica. Tutto ci non sembra allinearsi con la trattazione della cellulite come malattia, al contrario, pare che ci si accanisca nel convincere le persone di essere ammalate e di necessitare di cure. Sullargomento nessuno sta provvedendo a fornire uninformazione ampia e completa, ma bens una specifica cultura commerciale.

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III. La marchetta si evolve: il web 2.0


Levoluzione delle tecnologie ha cambiato il modo di fare informazione. Il 1994 considerato un anno di svolta per la stampa internazionale: vengono pubblicate sulla rete le prime versioni di 35 tra quotidiani e riviste e soprattutto nasce la prima testata online News&Observer. Negli anni Novanta le versioni informatizzate di tutte le maggiori testate mondiali invadono internet. Con lavvento del nuovo millennio la situazione si evolve ulteriormente, dando vita ad una nuova forma di fruizione dellinformazione: il Web 2.0. La differenza sostanziale della seconda generazione la possibilit di interagire. Mentre nel passato si producevano siti statici la cui comunicazione era univoca, il web 2.0 dei social network, wiki, forum, chat e blog permette una condivisione di opinioni, informazioni, aggiornamenti ed esperienze attraverso una maggior interazione sito- utente. Il mondo della pubblicit non poteva rimanere indietro coi tempi: rapido nellintuizione delle immense potenzialit di questo strumento, non ha tardato molto a sfruttarlo a proprio vantaggio. Gradualmente si passati da migliaia di banner commerciali sui siti delle migliori testate giornalistiche a strategie ben pi raffinate quanto truffaldine.

Le pressioni sui blogger: PayPerPost e Buzz Marketing


Lindustria del marketing ha velocemente inuito che le classiche pubblicit tabellari non godevano di grande efficacia: lutente non ne veniva incuriosito, bens infastidito, soprattutto nelle pi recenti versioni a chiusura temporizzata. Come aggirare questo ostacolo? Coinvolgendo linformazione ufficiosa. Il blog, strumento di estrema semplicit, viene utilizzato dai propri gestori o meglio blogger come fosse un diario, inserendo link ad articoli interessanti, opinioni personali, esperienze il tutto in costante aggiornamento. I temi affrontati sono quelli ritenuti pi appetibili dagli utenti. La caratteristica fondamentale del blog che, come tutti i servizi di seconda generazione, consente lo scambio di pareri a favore del passaparola. Il passaparola, o word of mouth, proprio il perno su cui ha fatto leva lindustria pubblicitaria. Il nome della nuova marchetta? Sono due: Buzz Marketing e PayPerPost (PPP). Per prima cosa cerchiamo di capire in cosa consistono: le aziende contattano i blogger pi influenti per numero di accessi quotidiani, richiedendo di recensire i propri prodotti attraverso la pubblicazione di articoli. Fino qui tutto regolare. Il problema sorge quando queste aziende richiedono che sia fatto in modo non esplicito, senza palesarne la commissione. Al contrario larticolo perderebbe notevolmente, se non totalmente, di credibilit. La differenza sostanziale fra il PPP e il buzz marketing che il primo sicuramente retribuito, il secondo no.

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Nel caso del PPP le aziende pur non chiedendo espressamente marchette ai blogger, pagano solo le recensioni positive ed entrambe le strategie non impongono ai collaboratori di distinguere graficamente o meglio con linserimento di puntuale disclaimer, i post (o articoli) pagati da quelli spontanei. La storia ci insegna che alla fine PayPerPost ha dovuto capitolare inserendo nella pagina di descrizione del servizio richiesto lespressione disclosure required (in realt quasi mai citata). Questo nuovo modo di operare oramai sistematico, soprattutto da quando iniziata la crisi economica, estremamente pericoloso perch tende a portare sul web la filosofia che gira su parecchie riviste cartacee: in modo pi o meno subdolo il contenuto si mescola con ladvertising, abbattendo il muro che separa larticolo di informazione dalla pubblicit. Eccola qua, la cara e vecchia marchetta che non passa mai di moda.

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IV. Conclusioni
Alla luce di quanto detto finora una domanda sorge spontanea: cosa farebbe oggi il famigerato Armand Carrel martire? Forse, invece della spada, sceglierebbe unarma diversa, pi efficace. Magari un bellarticolo di denuncia basato sullomert della categoria dei giornalisti, oppure sulle pressioni dei direttori e degli uffici marketing. Ma quale strumento possiamo utilizzare per non cadere nella trappola della pubblicit occulta? Quello pi semplice: il nostro senso critico. Mai abbassare la guardia, diffidare sempre degli articoli esclusivamente elogiativi, dei tormentoni e delle notizie ossessive, attenzione alle immagine e alle impostazioni grafiche. State alla larga da chi vi vuole insegnare a vivere la vostra vita: le marchette sono sempre in agguato. Vogliamo concludere con una speranza: la fiducia nelle nuove generazioni di giornalisti, che stanchi di questo scempio decidano di dedicare anima e cuore allinformazione onesta e veritiera, finalizzata ad apportare conoscenze e opinioni pure. Vogliamo credere in un futuro di giornalisti e direttori non corrotti, ma corretti.

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Bibliografia
Papuzzi A., Professione Giornalista, Le tecniche, i media, le regole, Donzelli, 2010 Bianchi P., Giannini S., La repubblica delle marchette, Chi e come della pubblicit occulta, Stampa alternativa, 2004

Linkografia
La Pira R., (1997) Casi di pubblicit mascherata nelle decisioni dell'Antitrust, in Ordine dei Giornalisti Consiglio regionale della Lombardia, http://www.odg.mi.it/node/31255 Abruzzo F., (2006) Le regole Della Carta dei doveri dellinformazione economica, in Ordine dei Giornalisti, http://www.odg.mi.it/node/31702 La Pira R., (2010) Il futuro dei consumi, blog Nva100, in Il Sole 24ORE, http://robertolapira.nova100.ilsole24ore.com/ Carta Informazione e Pubblicit, in Ordine dei Giornalisti Consiglio Nazionale, http://www.odg.it/node/3212/pdf Comitato Promotore Comunicare il Coma, (2005) La Carta di Impegni, in Comunicare il Coma, http://www.comunicareilcoma.it/le-regole_408576.html (2010) Somatoline contro la cellulite: un farmaco, Salute in Famiglia, in ALTROCONSUMO Il tuo punto di forza, http://www.altroconsumo.it/cura-personale/somatoline-contro-la-cellulite-e-unfarmaco-s276063.htm Camisasca R., (2009) Cellulite: identikit di una malattia, Sanihelp.it Salute & Benessere, http://www.sanihelp.it/malattia/cellulite/8961/cellulite-identikit-malattia/1.html (2005) Pubblicit ingannevole. I prodotti anticellulite agiscono solo in superficie, Litis.it Informazione Giuridica, http://www.litis.it/2005/10/26/pubblicita-ingannevoe-i-prodottianticellulite-agiscono-solo-in-superficie-tar-lazio-sezione-i-sentenza-n-7855-del-08102005 Tagliaerbe, (2009) Il Buzz marketing sta uccidendo leconomia del web, TagliaBLOG, http://blog.tagliaerbe.com/2009/03/il-buzz-marketing-sta-uccidendo-l-economia-del-web.html Fernandez R. L., (2009) Post a pagamento e pay per post il nuovo tab dei blog?, Liquida Magazine, http://magazine.liquida.it/2009/01/30/post-a-pagamento-e-pay-per-post-il-nuovo-tabudei-blog

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