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1.

Nella contemporaneità, ogni professione si trova a dover fronteggiare sfide


evolutive rilevanti. Quali fattori e tendenze hanno inciso più in profondità negli ultimi
anni nel cambiamento delle biblioteche e nella professione bibliotecaria?

Purtroppo per l’opinione pubblica, la biblioteca viene ancora considerata come una struttura per la
consultazione e il prestito di libri e nulla più. Eppure, la varietà di lettori e di libri esistenti si riflette
nella diversità delle biblioteche stesse e delle loro funzioni. Non si tratta mica di una struttura dove
si recano gli scolari a studiare nel pomeriggio o gli universitari a stendere bibliografie, ma di una
risorsa territoriale di inestimabile valore. Secondo la definizione del manifesto UNESCO sulle
biblioteche, “la biblioteca pubblica è il centro informativo locale” (2013: 287). Nel corso degli anni
le biblioteche e i bibliotecari si sono ritrovati a rivestire ruoli sempre nuovi in una realtà in continua
evoluzione: da promotori dell’apprendimento continuo a sostenitori dell’inserimento lavorativo, da
facilitatori dell’integrazione a propugnatori dell’alfabetizzazione informatica. Riprendendo in
particolare le mie ultime parole, il fattore che maggiormente ha inciso sul mondo lavorativo è la
pervasività di internet nelle nostre vite, private e lavorative. Chiunque è in possesso di uno
smartphone o di un laptop, attraverso il quale svolge una miriade di operazioni. Che si tratti di
formazione scolastica o di ricerca lavorativa, di socializzazione o di intrattenimento, è sempre più
facile ricorrere alle risorse online. Effettivamente, le biblioteche si sono dovute adeguare: le
piattaforme online sono state inizialmente utilizzate per un’iniziale ricerca bibliografica e al
massimo per la prenotazione dei testi da ritirare in sede, ma si sono gradualmente evolute in vere e
proprie vetrine in grado di offrire informazioni relative alla biblioteca stessa e ai suoi servizi, alle
attività di lettura e formazione. Ma la vera innovazione è stata l’offerta di testi in digitale, la
formazione di un catalogo online immediatamente accessibile. A causa dell’emergenza Covid,
ritengo si sia colta l’importanza di poter accedere ai servizi della biblioteca anche a distanza, da
casa. E questa evoluzione precedentemente in corso non è solo funzionale alla situazione
emergenziale attuale, ma anche alla futura normalità. Rendere la biblioteca accessibile anche a
distanza potrebbe essere uno dei modi per aiutare le persone più anziane o quelle malate a “vivere”
la biblioteca nonostante i limiti fisici, a rendere la cultura ancora più inclusiva. Inoltre, essa deve
anche preoccuparsi di continuare ad offrire quelle attività culturali che servivano a coinvolgere la
comunità nelle operazioni di arricchimento culturale delle sue componenti. Così come ogni altra
azienda, ogni altra amministrazione ha spostato i propri eventi sulle piattaforme digitali, è
importante che gli incontri con gli scrittori, le letture pubbliche, i corsi di formazione e così via
continuino a svolgersi. Tuttavia, una simile implementazione è una sfida continua. Per quanto
riguarda il personale, l’organizzazione sia del repertorio digitale di documenti prontamente
consultabili che di eventi online richiede una maggiore competenza ai bibliotecari e una spiccata
predisposizione verso una forma di apprendimento continuo. Per quanto riguarda invece le
biblioteche vere e proprie, la difficoltà risiede nel fatto di avere un catalogo e una struttura sempre
adeguate alle richieste del lettore. Tutto questo necessita del riconoscimento da parte dell’opinione
pubblica e del governo del ruolo della biblioteca e dei bibliotecari per poter sperare di vedere
cambiamenti sempre più rilevanti. Tutto questo riprende una concezione della biblioteca pubblica
del terzo millennio come supporto alle persone non solo per “vivere meglio”, ma anche e soprattutto
per “aumentare il livello di benessere sociale offrendo ogni giorno gli strumenti per conoscere e
comprendere la società” (Faggiolani e Solimine 2013:18).
2.Le biblioteche pubbliche nel loro continuo tendere al facilitare l’arricchimento delle
persone e delle comunità e favorire la formazione lungo tutto l’arco della vita
realizzano od ospitano vari interventi di alfabetizzazione (literacy). Quali interventi di
alfabetizzazione ritieni più strategici oggi per una biblioteca di pubblica lettura?

La biblioteca pubblica è “una condizione essenziale per l’apprendimento permanente” (Montecchi


2013: 287). Quest’ultimo consiste in “un atteggiamento culturale che deve essere acquisito e
accompagnato dall’adozione di un modo di pensare positivo” (Laura 2015: 16). Non è un caso il
fatto che in tutte quelle nazioni caratterizzate da maggiori livelli di istruzione e partecipazione alla
vita culturale l’importanza della biblioteca è molto più incisiva: non solo un paese istruito è
tendenzialmente più sviluppato da un punto di vista economico, ma è anche meno tormentato da
diseguaglianze sociali.
Secondo il manifesto dell’UNESCO, la biblioteca pubblica deve “creare e rafforzare nei ragazzi
l’abitudine alla lettura fin dalla tenera età” (Montecchi 2013: 288). Molte biblioteche hanno una
sezione specifica riservata ai bambini, ma alcune hanno avuto il coraggio di arricchire le proprie
collezioni con alcuni dei nuovi medium rivolti spesso e volentieri proprio ai bambini e ai ragazzi, i
fumetti e i romanzi grafici. La ricchezza del materiale messo a disposizione è in costante aumento: i
genitori sono pienamente consapevoli di queste risorse? Per promuovere una migliore fruizione
delle biblioteche, sarebbe interessante organizzare dei laboratori di orientamento formato famiglia,
ovvero un corso che permetta ai genitori di conoscere il catalogo di testi per bambini e le attività più
adatte alle specifiche fasce d’età e allo stesso tempo ai bambini di conoscere e comprendere i propri
interessi per indirizzare meglio i genitori nelle scelte da compiere per il loro bene. Sebbene il
manifesto si soffermi sull’abitudine della lettura, non bisogna tralasciare che tale abitudine non può
prescindere dalla conoscenza dell’ambiente in cui i giovani usufruiscono del servizio. I genitori
devono essere in grado di guidare i ragazzi anche nel momento in cui la presenza del bibliotecario
viene meno: essi sono i primi a dover apprendere come funziona una biblioteca in generale per
poter poi adattare e trasmettere le conoscenze acquisite alla propria prole. Bisogna fare in modo che
la famiglia sia coinvolta nell’accesso ai servizi della biblioteca e nelle attività culturali organizzate
dalla stessa, in modo tale da abituare i bambini e i ragazzi all’atmosfera stimolante di uno dei
principali centri della cultura territoriale. Se iniziano a frequentarla fin da piccoli, essi saranno
molto più propensi, e soprattutto autonomi, a farne uso nel corso della loro vita.
Sempre secondo il manifesto dell’UNESCO, la biblioteca pubblica deve “incoraggiare il dialogo
interculturale e proteggere la diversità culturale” (2013: 288). Bisogna fare in modo che le
minoranze linguistiche siano coinvolte in attività culturali presso le biblioteche, in modo da
sopperire alle difficoltà della vita quotidiana rifugiandosi in una realtà accogliente e familiare. Una
delle iniziative che ho ritenuto interessante è stato quello di inserire una sezione multiculturale
presso la biblioteca di Dergano-Bovisa. Sebbene sia un punto di riferimento per molti studenti del
Politecnico, ho scoperto che parte del bacino d’utenza è proprio quello interessato dall’intervento.
Essendo le periferie di Milano popolate da una significativa percentuale di persone di nazionalità
straniera, ho reputato quest’attenzione al lettore non solo uno sforzo verso una maggiore
integrazione, ma anche un’occasione per tutte le persone che hanno accesso alla biblioteca di
entrare in contatto con materiale in lingua originale. Oltretutto, questa stessa sezione multiculturale
presenta una vasta collezione di testi scritti da autori di origine straniera in lingua italiana. Da
laureata in lingue e culture straniere, questo intervento mi ha suggerito un’idea di intervento
interessante: perché non ideare dei corsi di lingua bilaterali? Per promuovere una maggiore
integrazione, sarebbe interessante organizzare dei corsi di lingua e dei gruppi di lettura italiani per i
parlanti di una lingua straniera (cinese, arabo e così via), ma allo stesso tempo coinvolgere gli
italiani madrelingua interessati a imparare o ad esercitarsi in una di queste lingue per indirizzare
entrambe le parti verso un obbiettivo comune: acquisire e rinforzare una nuova competenza.
L’attenzione non è rivolta solo ai cittadini stranieri impossibilitati dalla carenza di risorse e mezzi a
provvedere a tale processo di alfabetizzazione autonomamente, ma anche ai cittadini italiani
interessati all’integrazione o più specificamente all’apprendimento di una seconda o terza lingua.
Esistono indubbiamente istituti pubblici e privati che permettono di acquisire le medesime
competenze, ma è fondamentale che esista a livello locale la possibilità di mantenere in esercizio le
nozioni apprese in altra sede.
La conoscenza non può che essere “un bene necessario attraverso il quale tenere insieme le
aspirazioni individuali e gli interessi collettivi, e uno degli strumenti principali per coniugare il
desiderio di autopromozione alla volontà di uscire tutti insieme dalla crisi” (Faggiolani 2013:16).

3.Oggi chi non usa internet è vittima di un'emarginazione culturale e sociale


profonda. Facilitare una cultura digitale diffusa e facilitare le persone nell’essere
cittadini a pieno titolo di internet è un obiettivo strategico per le biblioteche. Progetta
due o più interventi di sostegno in questo ambito suddivisi per target specifici di
utenti.

Durante il periodo Covid, l’accesso ad internet - dato quasi per scontato - si è rivelato alquanto
problematico. Invece l’idea di democratizzazione dell’informazione e della conoscenza ne è uscita
rinvigorita, visto i numerosi tentativi delle più svariate biblioteche nazionali e addirittura mondiali
di implementare il patrimonio digitale e di metterlo a disposizione di più persone possibili. Ma non
si può ancora dire che siamo dei cittadini di Internet a pieno titolo. Prima ancora di addentrarmi
nella riflessione sugli interventi più adatti, preferisco soffermarmi brevemente sulla questione della
digital divide. Esso consiste non solo nel “divario esistente tra chi ha accesso alle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione e chi ne è escluso”, ma anche “tra chi ha le risorse
culturali per accedere all’universo della conoscenza in rete e interagire criticamente con esso e chi
[…] non le possiede” (Santoro 2012:102). Diventa quindi una sfida irrinunciabile per le biblioteche
dedicarsi alla information literacy, ovvero alla “l’abilità di trovare e utilizzare l’informazione”
(Laura 2015: 11) in modo tale da “favorire la crescita individuale e collettiva delle persone,
garantendone i diritti di cittadinanza in una società realmente inclusiva e coesa” (Faggiolani 2013:
16). Per poter partecipare attivamente alla società dell'informazione, non si può prescindere da
questo processo di alfabetizzazione. Sebbene sia nato dai primi tentativi di educare l’utente all’uso
della biblioteca, in particolare di fornire indicazioni su come cercare e individuare i documenti
posseduti, il concetto di information literacy si è evoluto per fornire al cittadino di Internet tutti i
mezzi per migliorare le “strategie di ricerca dell’informazione” (Laura 2015: 12) e il loro impiego.
Nonostante l’Italia stessa abbia avviato la European Network on Information Literacy, essa rimane
particolarmente arretrata a livello di alfabetizzazione.
Un intervento di sostegno che ritengo indispensabile sarebbe quello di favorire l’alfabetizzazione di
tutte quelle persone che hanno assistito alla nascita del digitale senza però comprenderne appieno
l’evoluzione: la cosiddetta generazione dei boomers. Essa comprende tutte quelle persone nate tra il
periodo del dopoguerra e quello del boom economico. In un mondo sempre più incentrato sull’uso
delle tecnologie, è indispensabile un intervento che riesca a rendere l'uso degli smartphone, dei
tablet e dei computer così come l’impiego dei principali applicativi e programmi molto più efficace.
Tuttavia, gli interventi recenti sembrano essere sempre orientati alla sicurezza e solo rivolti ai
ragazzi. Sebbene questi tentativi di educare i post millenians restino fondamentali, non bisogna
trascurare le generazioni precedenti che hanno subito piuttosto che seguito l’avvento del digitale.
Eppure, un semplice corso di informatica non è sufficiente proprio perché i boomers sono in grado
di utilizzare gli strumenti, ma non di gestire altrettanto bene l’informazione. Sebbene essi siano in
grado di cercare e leggere le notizie del giorno o le ricette, di inviare e ricevere e-mail e persino di
giocare online, essi hanno molta più difficoltà ad effettuare operazioni bancarie e acquisti online
oppure a pagano bollette. Inoltre, essi hanno ancor più problemi a discernere una notizia attendibile
da una fake news, ovvero “un’informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero divulgata
intenzionalmente o inintenzionalmente attraverso il Web, e caratterizzata da un’apparente
plausibilità” (Treccani). Per questa categoria sarebbe meglio concentrarsi sull’apprendimento delle
“abilità informative, ovvero dell’abilità nel reperimento e nell’uso dell’informazione”, e sullo
“sviluppo delle abilità informative, ovvero il processo di facilitazione nell’acquisizione di tutte le
abilità informative” (Laura 2015:12).
Un altro intervento di sostegno che ritengo imprescindibile sarebbe quello di promuovere
l’alfabetizzazione digitale delle categorie più vulnerabili. L’accesso all’informazione e alla cultura è
strettamente connesso con lo sviluppo complessivo, anche economico, della società. Eppure, le
minoranze sono quelle che sono maggiormente soggette all’emarginazione: esse non hanno spesso
né le conoscenze né i mezzi per diventare cittadini di internet. In un mondo fin troppo iniquo, è
indispensabile non solo un corso mirato all’apprendimento dell'uso di hardware e software, ma
anche un investimento significativo destinato alla modernizzazione delle strutture per garantire una
maggiore disponibilità di dispositivi aggiornati e un accesso ad Internet adeguato. Sebbene
l’organizzazione di corsi di informatica siano diventati ormai una costante per le biblioteche,
sarebbe probabilmente il caso di adattare questi stessi corsi a una vasta gamma di problematiche: il
problema non consiste tanto nel creare dei corsi specifici per le persone diversamente abili o per le
minoranze linguistiche, ma perlomeno affiancare ai docenti alcuni tutor specializzati nei linguaggi
speciali e nelle lingue straniere per seguire più nel dettaglio la formazione di queste persone.
Purtroppo, molte famiglie con persone diversamente abili non possono permettersi degli strumenti e
dei corsi di formazione adeguati alle necessità dei propri cari, per questo le biblioteche dovrebbero
sopperire a tali mancanze: essi hanno bisogno di apprende determinate competenze per utilizzare
software specifici. Simile è la situazione delle famiglie di origine straniera: essi non hanno solo
bisogno di acquisire le competenze base per utilizzare hardware e software, ma anche le abilità più
avanzate per poter gestire autonomamente la burocrazia online, o meglio per poter effettuare
l’iscrizione a scuola, la ricerca di un lavoro e così via.
La biblioteca pubblica è un servizio pubblico e, in quanto tale, deve occupare una posizione di
rilievo tra i servizi essenziali per i cittadini: essa deve diventare “agente attivo nel ridurre le
disuguaglianze tra gli stessi” aiutando “le persone a vivere meglio e aumentare il livello di
benessere sociale offrendo ogni giorno gli strumenti per conoscere e comprendere la società.”
(Faggiolani 2013: 18).

Bibliografia

Solimine, Giovanni, and Chiara Faggiolani. "Biblioteche moltiplicatrici di welfare." Biblioteche


oggi 31.3 (2015): 15.
Laura, Ballestra et al. “Information Literacy per l’apprendimento permanente. Linee Guida.”
(2015): 1-52.
Montecchi, Giorgio, and Fabio Venuda. Manuale di biblioteconomia. Bibliografica, 2013.
Crupi, Gianfranco, and Marco Santoro. "Lezioni di bibliografia." Lezioni di bibliografia (2012): 1-
293.

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