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Con “Rivoluzione scientifica” si intende un momento della storia dell’uomo (con più
precisione questo momento può essere circoscritto tra due date: 1543, anno della
pubblicazione del De revolutionibus orbium coelestium di Copernico, e 1687 in cui Isaac
Newton pubblica invece i Principia matematica) che ha completamente messo in
discussione e scardinato il modo di conoscere il mondo e la sua natura.
Il meccanicismo nel XVII secolo assume diverse forme, anche in relazione all'uso
diverso della matematica come strumento concettuale in grado di descrivere i fenomeni
naturali. Tuttavia, una caratteristica comune del meccanicismo è la distinzione tra qualità
secondarie (come colori, sapori, odori, suoni), che dipendono dalla nostra sensibilità e
sono soggettive, e qualità primarie o oggettive (come forma, dimensione, posizione,
movimento, numero), che sono proprietà geometrico-meccaniche proprie della materia e
che costituiscono l'ordine necessario e immutabile della natura.
Questa nuova comprensione della natura che, come scrive Galileo ne il Saggiatore, reca al
suo interno un ordine e una struttura armonica di tipo geometrico-matematico, non
determina però un abbandono assoluto del finalismo. Come dirà Freud ne L’avvenire di
un’illusione, una volta che non ci serve più Dio per spiegare i fenomeni naturali, egli
ritaglierà il suo spazio nell’abito della morale. Gli uomini, nonostante i grandi progressi
della scienza, non riescono a rinunciare a ciò che Dio rappresenta, cioè una verità ultima e
incontestabile, per questo rassicurante e consolatoria, alla quale ciecamente sottomettersi.
Galileo Galilei è il primo a separare il campo d’indagine delle scienze dal campo
d’indagine della religione. Egli afferma l'autonomia della scienza rispetto alle verità di
fede, limitando l'uso delle Sacre Scritture al campo morale, mentre nel campo scientifico
l'interrogazione avrebbe dovuto riguardare il "Libro della natura", anch'esso scritto da Dio
ma dotato di leggi autonome di natura fisica e matematica. Le scienze si occupano di
comprendere le leggi del cosmo, della fisica. Ambiscono a comprendere matematicamente
il mondo, il quale ha un ordine naturale di tipo meccanico: le cose accadono in base a dei
legami e a delle relazioni casual-consequenziali. Saranno proprio i rapporti fisici a
determinare il funzionamento dell’universo e lo scienziato deve cogliere e capire le leggi
della natura e della fisica. Dall’altra parte abbiamo l’ambito religioso dove invece abita il
finalismo. Galileo ritiene che in tutto ciò che riguarda l’etica, la morale, il senso ultimo
dell’universo, riemerge la prospettiva teleologica. Per Galileo c’è un creatore che ha dato
vita all’universo e compito dello scienziato è studiare le leggi meccaniche di questo
universo. Galileo sostiene ciò che Bernardo Telesio, un esponente del naturalismo
rinascimentale, aveva già affermato nella sua opera De rerum natura iuxta propria
principia. L'idea è quella di un universo che, pur essendo stato creato da Dio, non dipende
più da lui, ma ha in sé i principi e le leggi che lo governano.
La posizione di Cartesio è molto simile. Anche Cartesio separa l’ambito del metodo
matematico-scientifico, dall’ambito della morale e della fede. Il mondo della natura è un
mondo meccanico e razionale. Il metodo che elabora Cartesio è indispensabile per
comprendere le connessioni matematiche, geometriche che permeano e che
regolamentano tutta la natura. Cartesio estende questo meccanicismo a tutti i corpi,
compreso quello umano, considerato una macchina come gli altri animali. Nell’opera
pubblicata postuma L’uomo Cartesio parla proprio della sua concezione dell’essere umano
e del suo corpo vivente. È un testo dominato dalla metafora della macchina, ripetuta
ossessivamente al punto da essere richiamata in tutti i capitoli di questa opera. Il corpo
vivente è una macchina. Cosa vuol dire? Vuol dire che i movimenti del corpo sono tutti
spiegabili in termini di urti di materia, non c’è nient’altro che materia in movimento
nell’organismo vivente umano e animale. Il modello preferito da Cartesio è l’orologio, un
meccanismo che una volta caricato funziona da solo, senza l’intervento del costruttore, il
quale se ne disinteressa completamente. L’orologio va avanti autonomamente, così come
il corpo umano è composto di ingranaggi tali da consentire tutte le funzioni vitali e
motorie grazie ai soli meccanismi materiali di cui è dotato. Il corpo umano è un orologio
che una volta messo in funzione va avanti per il proprio meccanismo interno.
L’uomo si presenta come una completa descrizione della macchina umana. Il meccanismo
corporeo assicura tutte le funzioni della vita, a partire dalla circolazione del sangue, la
respirazione, il nutrimento, la digestione, l’espulsione. Il centro di questa macchina è il
cuore che ha un calore innato che serve alle sue contrazioni e dilatazioni che portano il
sangue in tutte le parti del corpo. Cartesio, insieme al medico più celebre del momento di
nome Harvey, è a favore della circolazione continua del sangue. Inoltre, il cuore grazie a
questo suo calore porta verso l’alto la parte più sottile del sangue, una materia eterea e
mobilissima che Cartesio chiama “gli spiriti animali”. Questi spiriti animali sono
importantissimi per la macchina del corpo perché dal cuore vengono spinti al cervello e
dal cervello poi irradiano nel sistema nervoso assicurando il movimento del corpo stesso.
Ciò significa che gli spiriti animali assicurano tutti i movimenti involontari e tutte le
sensazioni ed emozioni. È così che avviene il movimento e la sensazione a livello
puramente fisiologico.
Tuttavia, presto Cartesio si rende conto di aver generato un dualismo che richiede
integrazioni e chiarimenti. Infatti, se il mio corpo è una macchina, perché ho la sensazione
che il mio pensiero, la "res cogitans", sia in grado di comandare il mio corpo e che alcune
attività corporee siano volontarie e frutto della libertà? Come può il regno della pura
libertà, la "res cogitans", influenzare il regno della pura necessità, la "res extensa"?
Secondo Cartesio, il corpo e l’anima immateriale, principio del pensiero e della volontà,
sono sostanze separate. Per spiegare in che modo esista un’interazione tra di esse e in che
modo l’anima, tramite la volontà, possa guidare il corpo, egli ricorre a una ghiandola, che
nel trattato sull’Uomo chiama ghiandola H: si tratta dell’epifisi, in greco konàrion, in
latino conarium, o «ghiandola pineale», secondo la traduzione abituale utilizzata da
Cartesio, per la sua forma simile ad una pigna. A partire da alcune lettere del 1640
Cartesio la definisce come «la sede dell’anima e il luogo dove si fanno tutti i nostri
pensieri». Come abbiamo visto, nell’Uomo Cartesio la presenta collegata al cervello da
alcune piccole arterie, da cui entrano gli spiriti animali, i quali poi fuoriescono e tramite i
nervi vanno ai muscoli e alle altre membra per dirigerne il movimento. Nel trattato Le
passioni dell’anima, invece, essa non è più collegata al cervello da arterie: galleggia nella
sostanza cerebrale, e reagisce al contatto con gli spiriti animali (che la muovono),
riflettendoli verso i nervi. È tramite l’agitazione di questa ghiandola che i movimenti del
corpo si incontrano con l’anima, generando quelle particolari percezioni che sono le
passioni.
“…mi limitai a supporre che Dio formasse il corpo di un uomo in tutto simile al nostro,
tanto nell’aspetto esteriore delle membra, quanto nella conformazione interna dei suoi
organi, non adoperando altra materia che quella dianzi descritta: e perciò non vi mettesse
dapprima nessun’anima ragionevole…”.
La ghiandola pineale, quindi, assume una funzione intermedia tra pensiero e corpo, tra
"res cogitans" e "res extensa", consentendo al pensiero di comandare sul corpo e
preservando così la libertà dell'uomo. Questo salva il concetto di libertà e rende necessaria
un'etica che orienti le nostre azioni. Nasce così l'idea di un'etica provvisoria, necessaria
per guidare le azioni umane mentre si lavora a una morale definitiva. Tuttavia, in campo
morale, Cartesio non può permettersi di sospendere il giudizio come aveva fatto nel
campo della conoscenza. Come egli stesso scrive, "e infine, così come non è sufficiente,
prima di iniziare a ricostruire la casa in cui si vive, demolirla e procurarsi materiali e
architetti, o esercitarsi nell'architettura e avere accuratamente tracciato il disegno; ma è
anche necessario aver trovato un'altra casa in cui poter vivere comodamente durante i
lavori; allo stesso modo, per non rimanere completamente indeciso nelle mie azioni
mentre la ragione mi avrebbe obbligato a esserlo nei miei giudizi, e per non impedirmi di
vivere il più felicemente possibile da quel momento, ho formulato una morale provvisoria,
costituita solo da tre o quattro massime, che desidero enunciare qui".