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Il Djed e la Barca Neshmet ad Abidos

Umberto Capotummino

Tratto da: The Phoenix and The Eye Of Horus


https://www.amazon.com/Phoenix-Eye-Horus-Egyptian-numerical/dp/8890205415/ref=sr_1_1?
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Il Tempio Seti ad Abydos fu iniziato da Seti I e completato da suo figlio Ramses II nel 13 ° secolo
aC , risale quindi agli albori della civiltà egizia antica quando vi fu stabilito il centro di culto del dio
degli inferi Osiride unitamente a quello degli dei Ptha e Sokar.
Nel tempio di Abidos le immagini dei riti, rappresentate in diversi rilievi, rivelano i postulati
primigeni e i simboli esoterici connessi al culto del dio Osiride, in particolare vorremo soffermarci
sulla simbologia del Djed che connette la celebrazione dello stesso Osiride al circuito lunisolare
dell’anno misterico e al periplo delle barche sacre unitamente a una dottrina astronomica. In questi
rilievi il codice interpretativo del Djed è fissato ed è messo in relazione significante con il circuito
lunisolare e il periplo della barca sacra Neshmet che trasporta Osiride nel suo viaggio di rinascita,
coordinato alla stella di Orione e alle ore magiche di rilevanza astrologica.
Per dimostrare il nostro assunto faremo riferimento ad alcune Formule del libro dei Morti che si
riferiscono ai rituali di Abydos.

E’ appena il caso di rilevare che il titolo di Libro dei Morti non si ritrova nei reperti egizi, è una
denominazione creata da Carl Richard Lepsius per la sua edizione del papiro di Torino, Recensione
Saitica, cat.1791, appartenuto a Ieufank.
Titolo poi adottato da tutti gli egittologi per le diverse raccolte attinenti allo stesso testo rinvenuto
insieme alle mummie nelle sepolture, la traduzione esatta del titolo è: Libro per uscire al giorno, in
riferimento alla virtù rigeneratrice di Osiride. Questa viene attivata, mediante la recitazione delle
Formule, dal sacerdote lettore (Kheri-Heb) che evoca un percorso iniziatico come dimostreremo.

La dottrina del Libro dei Morti degli Antichi Egizi, all’epoca della tradizione saitica, XXVI
dinastia (663-525 a.C.), era già codificata, avvenne una catalogazione delle varie sequenze del mito
osiriaco tale da conseguire ordine e omogeneità al precedente apporto che giungeva dal Nuovo
Regno, XX dinastia (1200-1085 a.C.) (1).

Le Formule del testo, danno precise informazioni sulla tecnica operativa attuata
nell’attraversamento di ore, la cui partizione orientata dà origine al movimento della struttura
interna del Libro dei Morti e le cui ore, codificate nei rituali, sono preposte al cammino dell’
Osiride e della schiera degli dèi egizi.

Come specifica il testo, Osiride, inscrivendo alle sue spalle il sorgere della costellazione di Orione
(Sahu), enumera 24 ore magiche, Formula 64ª:
Io sono il Guardiano delle loro cose, lavorando nelle ore del giorno e aggiustando le spalle della costellazione Sahu:
sono ventiquattro (le ore) che passano tenendosi unite per mano, ad una ad una, ma è la sesta che è nella Duat è «l’Ora
notturna che rovescia i Sebau» (demoni)[...] Shu (il dio dell’aria) impone che io splenda come Signore di Vita, vero e
bello, e che io faccia uscire la settima [ora] e gli amuleti sono per i suoi glorificati (2).
Associata alla notazione astronomica del sorgere della costellazione di Orione, la sesta ora notturna,
annunciata nel Libro dei Morti egizio, governa la rotazione di 64 Formule su base ottonaria,
seguendo le indicazioni della Formula 8 del L.d.M.:

Si chiude l’ora. Io sigillo la testa di Thoth che rende potente l’Occhio di Horo ed io ho riempito l’Occhio di Horo che
splende come un ornamento sulla fronte di Ra, padre degli dei. Io sono questo Osiride signore dell’Amenti. Osiride che
conosce la sua formula. (3)

infatti 64 x 6 = 384. Questo numero rivela un rapporto con il periodo lunare di 29,53 giorni posto in
relazione alle 13 lunazioni presenti in un anno solare che è 13 x 29, 53 = 383, 89 giorni. La metà di
384 è 192 numero di tutte le Formule del Libro dei Morti egizio (4). e si tenga presente che 24 x 8 fa
192. Alla settima ora, quindi, il ciclo si rinnova e trova un’espressione composita in dodici ore
doppie che ‘tenendosi per mano ad una ad una’ completano il ciclo delle 24 ore.
La similitudine fondamentale dei testi funerari, oltre ad essere quella della resurrezione di Osiride, è
anche quella dell’assunzione di un percorso virtuale all’interno delle virtù preesistenti in ogni
individuo, che vengono trainate nella nuova forma dal potere di dislocazione dato dagli dèi del
cielo. Le virtù personali vengono in tal modo trasformate in moduli operativi o archetipi,
visualizzati da geni che animano le ipostasi magiche. Matrici matematiche si rinvengono nel
linguaggio formalizzato dei riti e le gesta interpretate dagli dei stessi appaiono come dogmi.
Il duplice Occhio di Horo è uno di questi emblemi figurativi che riportano un proprio sistema di
significanti mediato da immagini e metafore celate nel linguaggio liturgico intenzionale.

E’ad Abydos che rintracciamo il primo deposito formale del cammino di rivelazione di Osiride, che
fa riferimento al simbolo del Duplice Occhio di Horo rappresentato all’interno della struttura del
Djed.

FOTO 1, Il Duplice Occhio di Horo rappresentato all’interno del Djed, Tempio di Seti I, Abydos. Paolo Renier

Nel segreto della numerazione matematica associata all’Occhio di Horo si visualizza la vitalità
dell’occhio sinistro di Osiride, il quale, una volta reintegrate le sue membra disperse da Seth,
grazie all’opera di Iside e Neftis, viene donato dallo stesso Osiride al figlio Horus. L’Osiride emerge
dal mondo della luce velata, la Duat, abbraccia il figlio Horo trasmettendogli il potere della
conoscenza, della consapevolezza e della trasformazione.
Horo assume la virtù solare rappresentata nell’occhio destro.

Nella rinascita l’Occhio di Horo vira su un piano superiore, anche nel dato numerico, lo
smembramento di Osiride e questo processo è registrato nella sua duplice rappresentazione, come
mostra il Duplice Occhio di Horo inscritto nel pilastro Djed del Tempio di Abydos.

Al Duplice Occhio di Horo è connessa una numerazione codificata in

sei valori governati dal genio matematico del dio Thoth. Un Testo dei sarcofagi riporta la seguente
affermazione:

Io sono Thoth che ha preso possesso della grande Dea [Nut]. Io sono andato  a cercare l’Occhio di
Horo: Io l’ho portato e l’ho numerato. Io l’ho trovato: completamente numerato e tutto intero. (5)

Unendo in modo complementare la serie dei sei valori dell’Occhio di Horo, sinistro e destro, si
avrà:

1/64 + 1/64 = 1/32; 1/32 + 1/32 =1/16; 1/16 + 1/16 = 1/8;

1/8 + 1/8 = 1/4; 1/4 + 1/4 = 1/2;

1/2 + 1/2 = 1

Il calcolo si presenta come individuazione della sommatoria delle prime 6 potenze di ½ nella
composizione dell’Occhio sinistro che con altre 6 potenze di ½ presenti nella composizione
dell’Occhio destro formano un insieme di 12 frazioni poste in relazione con il ciclo dell’anno solare
che in 12 mesi si rinnova nella sua unità.

Il simbolo dell’Occhio di Horo fu trovato nel dodicesimo strato delle bende nella mummia di
Tutankhamen.

A Seshat, dea della scrittura e delle scienze, sorella di Thoth, è affidata l’applicazione rituale della
dottrina del fratello. Nell’iconografia è rappresentata con una pelle sacerdotale di leopardo e con
sul capo uno stendardo sostenente una stella a sette punte inscritta originariamente in un
crescente lunare capovolto, poi mutatosi in un paio di corna rovesciate. La dea computa con uno
stiletto sulla nervatura di una foglia di palma, sin dalla seconda dinastia è ricordata come assistente
de Re Khasekhemwy, nel rituale di posa in tensione della corda cerimoniale in relazione ai punti
cardinali.

FOTO 2 - La Dea Seshat computa gli anni sulla nervatura di una foglia di palma. Tempio di Luxor. Foto di Umberto
Capotummino
Nel Nuovo Regno Seshat è preposta all’orientamento nel rituale di fondazione dei templi che
venivano orientati a Nord con Benetnasch, stella dell’Orsa Maggiore. Recentemente l’astronomo
Juan Antonio Belmonte Avilés ha suggerito che il dispositivo sulla testa di Seshat rappresenta lo
strumento di puntamento verso le stelle Phecda e Megrez, il cui allineamento verticale indica il
Nord, nella costellazione Meskhetyu (il Carro), formata da sette stelle. (6)

Il duplice Occhio di Horo rappresentato all’interno della struttura del Died ad Abydos coniuga la
rotazione della sesta ora notturna, riferita al ciclo lunare sopra esposto, all’asse del Djed associato al
potere del sole.
Nel Nuovo Regno ad Abydos si celebrava annualmente la sacra rappresentazione della morte,
resurrezione e trionfo di Osiride correlata alla rinascita del faraone celebrata con l’erezione del
Djed, le festività avevano scadenza trentennale e prendevano il nome di festa Sed, questo il testo
che accompagna il suo innalzamento ad Abydos:

Le parole di Osiride, il bel dio, a suo figlio il Signore delle Due terre Menmaatra Sethi -Ti ho Dato tutta la forza e tutta
la potenza in eterno, come il sole. (7)

Osserviamo altresì che il disco solare rappresentato sulla sommità del Djed con al suo interno due
serpi, una con la Corona Rossa l’altra con la Corona Bianca, è alloggiato davanti alla duplice piuma
del dio Amon, notiamo che ogni piuma è suddivisa in 14 sezioni, quindi entrambe le piume hanno
28 sezioni. Questi dati ci riconducono al ciclo lunare e alla metà di esso che, in relazione allo
smembramento del corpo di Osiride da parte di Seth, contempla il ritrovamento delle membra
sparse da parte di Iside e Neftis nei 14 giorni della luna crescente. Il compimento della loro
funzione, intesa come ipostasi sovratemporale, si rappresenta con le suddette serpi Nekhebet con
corona Bianca e Uadjet con corona rossa all’interno del disco solare.

FOTO 3 – Seti I offre incenso ad Amon che indossa la Corona Shuty e impugna lo scettro Was.
XIX dinastia Tempio di Seti I- Abidos, Foto di Paolo Renier.
Superato lo stadio della dispersione e attivato il controllo quaternario dei quattro venti ai punti
cardinali, sia il re sacro che l’Osiride, nella forma composita detta dei Due Occhi, si coniugano, in
una polivalenza di forme lunisolari, al dio Amon che significa: «Il dio nascosto» come attesta
Ermann che cita un passo dal Libro segreto di Amon:

Egli ha un’anima nel suo occhio destro, il sole; ne ha un’altra nel suo occhio sinistro, la luna; egli è Shu, il dio dell’aria,
con le forme splendide dei quattro venti. Egli è Osiride. Egli è colui che al suo stesso corpo presta tutte le forme che
vuole. (8)

Il pilastro Djed eretto viene successivamente rappresentato nel rituale della vestizione con stoffe
rosse e bianca. Il Faraone Seti offriva al Djed una stoffa bianca per Nekhebet e una stoffa rossa per
Uadjet nel rituale giornaliero officiato in accordo con le fasi lunari.
Stoffe che vengono poi sistemate dal principio vitale, ka, del faraone lungo l’asse del Djed, posto in
relazione all’integrità raggiunta da colui che cambia il suo stato energetico dopo il trapasso.

FOTO 4 - Vestizione del Djed, Tempio di Seti I, Abydos. Paolo Renier


A Karnak, nel rituale giornaliero di Osiride in onore di Amon-Ra, la dea Tait regge con le mani due
stoffe sacre, una bianca e una rossa, precedentemente offerte da Iside e Neftis per il rituale di
imbalsamazione. Rivela la dea Tait riguardo alle stoffe:

“Iside le ha tessute, Neftis le ha filate” (9)


In un simile rituale nel tempio di Hibis, periodo tardo, un iscrizione sulla facciata del della Cappella
I descrive la dea Tait a testa di serpente mentre offre stoffe di lino rosso evocando la radiante
unione di Ra con Amon:

Possa Amon ricevere la sua veste di lino rosso scuro! Le braccia di Tait sono sulla tua pelle così che il dio si unisca al
dio e gli dèi siano vestiti in questo nome di stoffa. (10)

Dall’Antico Regno ci giunge l’invocazione del Traghettatore divino rivolta al serpente del cielo,
mentre attraversa le porte dell’asse polare indossando una stoffa rituale verde e rossa:

O Hr’f-h3’f, serpente custode delle porte di Osiride, dì ad Osiride: -Lasciami condurre in porto per il Re questa tua
barca in cui i tuoi puri sono traghettati per ottenere per te l’acqua fredda nella regione delle Stelle Imperiture, cosicchè̀
io possa attraversarla con quella fascia di stoffa verde e rossa che è stata intessuta dall’Occhio di Horus. (11)

Nel Libro dei Morti, con simbologia correlata alle iniziazioni, è descritta una veste allacciata dalla
dea Tait intorno al corpo dell’Osiride per fissare e conferire al dio reintegrato la valenza luminosa e
radiante dalla sua testa, identificata con quella di Ra, alla Festa del dio Ptah:

Formula per compiere la trasformazione in Ptah


Che la mia veste sia allacciata su di me dalla dea Tait [...] La mia testa è quella di Ra e io sono connesso insieme con
Atum. (12)

Tait era la dea della tessitura e delle stoffe sacre che approntava per l’imbalsamazione, era quindi
preposta alla vestizione rituale del Faraone. Ptah era il dio custode dell’asse del mondo,
rappresentato da una palma sfrondata tenuta stretta nella sua mano, era preposto all’animazione del
Djed, significando il suo nome «modellare» dalla radice pth3, potere espresso dal dio nell’essere
«creatore della sua stessa immagine», nei riti di rinascita a Busiris per Osiride-Sokar e nei riti di
consacrazione del toro Apis, al sorgere della stella Sothis. Il toro sacro simbolo della forza
fecondatrice indica nella radice hep l’unità primigenia già nei Testi delle Piramidi.
Ne consegue l’indicazione che il rituale d’«Apertura della Bocca», messo in atto da Ptah,
allorquando rivolge un’ascia a forma della costellazione dell’Orsa verso la bocca dell’Osiride
mummificato, consacra il defunto innalzandone la mummia ad immagine del Djed. Posto in
relazione all’inizio dell’anno misterico.
Va rilevato che sulla sommità dell’asse del dio Ptah sono presenti quattro sezioni orizzontali
analoghe a quelle presenti nel Djed.

FOTO 5 – Il dio Ptah regge l’asse del mondo,Tempio di Seti I, Abydos. Paolo Renier
Nel Djed, le quattro sezioni circolari, che ne definiscono la parte superiore dell’asse, riferendosi
l’asse verticale al solstizio e l’asse orizzontale all’equinozio di un tempo primevo, possono
rappresentare cicli temporali della rinascita connessi alle funzioni matematiche dell’Occhio di Horo
inscritto sulla colonna vertebrale dell’Osiride, questa stessa è intrinsecamente associata al Djed,
come si evince dalla Formula 155 del L.d.M:

Formula per il Djed d’oro da porsi al collo del defunto. A dirsi dall’Osiride giustificato: Ecco la tua colonna vertebrale o
‘Essere dal cuore immobile’! Che sia posta presso di Te. Io ti do l’acqua, ti ho portato il Died perché tu possa rallegrarti
in esso” (13)

Nel rito la mummia è modellata, lungo le cesure della colonna vertebrale, secondo i ritmi delle
stelle, registrati al loro sorgere sull’eclittica.
L’«Apertura della Bocca» viene eseguita sulla mummia, affinchè risorgendo possa parlare con
«giusta voce» alle Porte dei passaggi nominati nella Duat.

Esplicito è il passo del Libro dei Morti egizio, Formula 23:

Che la mia bocca sia aperta da Ptah e che Amon, dio della mia città, disserri le pastoie della mia bocca, da quando sono
uscito dal ventre di mia madre». [...] Che la mia bocca possa venire aperta da Ptah con questo strumento di ferro del
quale si serve per aprire la bocca agli dèi [...] La mia bocca è quella di Osiride, Capo dell’Amenti, io sono Orione
grande in mezzo alle Anime di Heliopolis. (14)

Da ciò si evince che i sacerdoti templari correlavano il ciclo dell’anno solare ai percorsi dell’Osiride
nella Duat; ne consegue che le membra della mummia sulla terra, vivificate dalle potenze delle
stelle, coincidono virtualmente con il corpo di rinascita dell’Osiride cui la «giusta voce» è
necessaria per l’assunzione dell’ipostasi del cielo primevo. Il corpo del defunto è in tal modo reso
Sahu ovvero «stabile» (15), in riferimento alla posizione della colonna vertebrale così vivificata.
Si noti che Sahu, “colui che è risorto”, è anche il nome egizio della costellazione di Orione il cui
sorgere eliaco è datato a partire da 4000 anni fa.

All’inizio delle Formule del Libro dei Morti egizio è il dio Thoth che, identificandosi con il pilastro
stesso, irradia il potere di trasformazione del circuito lunisolare, innestando sull’ottonario degli dèi
di Ermopoli, cui egli è preposto, il ciclo novenario degli dèi di Eliopoli, Formula 1ª:

Il sono Thoth che opera la giustificazione di Horo contro i suoi avversari, in quel giorno del pesare le parole, nella
dimora del Capo che è in On (Heliopolis). Io sono Djed figlio di Died concepito e nato in Diedu. (16)

È la nascita del periplo. Ivi dirà l’iniziato al suo esordio:

Io sono con Horo mentre afferro questo braccio sinistro di Osiride che si trova in Kem… Io sono con Horo nel giorno
della festività giubilare di Osiride Unnofre (reso integro) giustificato e faccio offerte a Ra nella Festa del Sesto Giorno
di Denit in Heliopoli. Io sono sacerdote in Djedu, facendo le unzioni ad Abydos. (17)
La Festa Denit si celebrava allo scadere del sesto e del settimo giorno di ogni quarto di luna. (18)

Il braccio sinistro di Osiride è collegato alla rotazione del cielo verso oriente. Il Budge riferisce che
nelle mummie la mano sinistra di Osiride afferra sempre il Djed, simbolo solare, mentre la destra
stringe la fibbia in cornalina, simbolo lunare (19). Entrambi i simboli sono correlati, nella Formula
citata, alla città di Kem dai Greci chiamata Letopolis, nella quale si adorava Horo Khenti-en-irty,
cioè Horo che presiede ai Due Occhi del cielo.

Infine il periplo delle Barche di Osiride in relazione ai simboli citati, avrà esito finale nel celebrare
il dio pervenuto in Djedu, la città del Djed, come dichiarato nel testo, Formula 1ª:

Possa io vedere la Barca Nesektet del sacro Sahu (Orione) che attraversa il Nu [...] Possa io
avanzare nella Barca Neshmet [...] Che io possa seguire Horo nel Ro-stau (le Porte dei passaggi) e
Osiride in Djedu. (20)

Il circuito della Barca Nesektet nell’ambito dell’oceano celeste Nu, viene inteso come ipostasi di
base nel periplo riferito ad Orione; il circuito della Barca Neshmet è invece pertinente il moto
d’avanzamento di Osiride dal volto visibile che fuoriesce dal suo feticcio rituale mentre incede
lungo la sequenza delle Formule del Libro dei Morti egizio.

FOTO 6 - Barca Neshmet, Tempio di Seti I, Abydos. Paolo Renier.


Nel Nuovo Regno ad Abido, durante le feste annuali del culto di Osiride che si celebrano
nell’ultimo mese dell’inondazione, quando calavano le acque del Nilo, le celebrazioni di Osiride
che attraversava il Cielo sulla Barca iniziavano con l’uscita di Upuat dal tempio che iniziava la
processione e si invocava il dio lunare Min-Hor-Nakht. Nella stele di Khnemes, XIII dinastia, al
Museo di Torino, l’orante invoca i benefici degli dei di Abydos:

“Rendere lode a Osiride, dio grande signore di Abido a Upuat dell’Alto e del Basso Egitto, a Min-
Hor-Nakht e agli altri dei che risiedono in Abydo”(21) .

Seguivano tre giorni e tre notti di veglia da parte di Iside e Neftis, sul simulacro di Osiride,
successivamente al processo di Seth dinanzi al tribunale divino, all’ottavo giorno l’Osiride risorto
navigava in pace sulla barca Neshmet dopo avere vinto Seth in un combattimento rituale.

Della Barca Neshmet nel L.d.M si registra l’approdo della Barca Neshmet alla Formula 160, che
contempla un simbolo di orientamento:

Formula della Colonnetta che Thoth dona ai suoi adoratori. (22).

In essa viene descritto Thoth, governatore dell’ottonario, mentre annuncia, nel campo di Pu, l’arrivo
dell’Osiride:

Benvenuto in pace o Grande a Pu. Avanza Shu verso di lui nel suo nome di Neshem (23).

Le Anime di Pu, una città nel Basso Egitto, sono rappresentate con testa di falco in altre scene dei
rilievi di Abydos evocano i re ancestrali, protettori dell'Egitto nel periodo predinastico.

Il nesso del nome di Neshem rimanda alla Formula 1 del L.d.M, nella quale per la prima volta il
sacerdote, nell’unzione celebrativa di Osiride ad Abidos, invoca la barca Neshemet che, sotto il
controllo di Thoth, si inoltra da Oriente verso Occidente trasportando l’Osiride. Con l’ultimo
annuncio della barca Neshemet, alla Formula 160ª il dio Shu chiude il periplo sancito da Thoth che
dona all’Osiride una colonnetta a forma di papiro in feldspato verde. 

La barca Neshmet è associata con esito quaternario alla rinascita dell’Osiride nel corpo del Cielo,
come risulta dalla Formula 142 del L.d.M:

Invocazione alla Barca Neshmet, Signora dell’Eternità… e alle quattro Meskhenet in Abidos. La grande Meshkenet, la
Meskhenet di purificazione, la Meskhenet di raffreddamento, la Meskenet perfetta. Mesti, Hapi, Duamutef e Kebsennuf.
(24).

La Mesknet era una dea preposta alle nascite e rappresentata da un simbolo raffigurante l’utero di
una bovina. Il termine Meska, la pelle sacrificale posta innanzi al trono di Osiride è costituito da
mes , nascita e Ka, corpo astrale, nel rito iniziatico del passaggio per la pelle, nella quale
l’iniziando, assistito dal sacerdote Sem, indossando una pelle di pantera, assumeva una posizione
fetale preposta alla seconda nascita governata ai punti cardinali dai quattro figli di Horo.
Per quanto esposto, nel contesto operativo del Libro dei Morti, le due Barche sacre assumeranno
nomi-funzione differenti quando descrivono le facoltà che Horo attua nel circuito lunisolare
alloggiato in una sua propria barca chiamata Mesektet per ricongiungersi al padre Osiride, che a sua
volta sta procedendo sulla Barca Neshmet. Questo è il senso delle “parole di potenza” che Horo
rivolge alle due Merty, le dee serpenti Uadjet e Nekhbet, identificate con Iside e Neftis in vesti di
incantatrici quando appaiono durante la navigazione della barca del dio sul Nilo, come si evince dal
L.d.M, papiro di Jeufank, Formula 37:

Salute a voi o due Rehehit, sorelle Merty! Io vi annuncio i miei incantesimi. Io sorgo nella barca Mesektet. Io sono
Horo figlio di Osiride e sono giunto per vedere mio padre Osiride. (25)

FOTO 7 - Sorelle Merty, Tempio diSeti I, Abydos, Foto Paolo Renier

Le due dee Merty stendono le loro braccia davanti al santuario di Ramsess I. Esse battono le mani durante le litanie
solari. In primo piano una delle due sorelle indossa un copricapo con fiori di loto. Cappella delle litanie di Ra.XIX
dinastia Tempio di Ramsess II Abidos.
Il L.d.M, papiro di Ani la Formula 151 specifica:

Il tuo occhio destro è la barca Sektet

il tuo occhio sinistro è la barca Mandjet. (26)


La Barca Mandjet è la Barca del Mattino, con direzione da Oriente a Occidente, la sua funzione è
quella di trainare l’astro solare nel visibile giorno, e si associa alla manifestazione di Horo in luna
crescente e all’occhio sinistro del Signore del cielo.

La Barca Mesektet è la Barca della Sera, con direzione da Occidente a Oriente, la sua funzione è
quella di trainare l’astro solare nell’invisibile notte, si associa al potenziale di Horo in luna calante e
all’occhio destro del Signore del cielo.

FOTO 8 - Barca di Horo, Tempio di Sethi I , Abydos . Paolo Renier

Ad Abidos c’era, e c’è ancora, una fonte sotterranea la cui acqua veniva convogliata intorno al
tumulo della collina originaria nella quale si rappresentavano i misteri di Osiride, questo luogo è
chiamato Osireon, lì si radunavano i fedeli per l’ultimo saluto all’Osiride, su quest’isola di terra
emersa dall’inondazione annuale veniva ricomposto il corpo di Osiride per le veglie notturne nelle
quali le sacerdotesse impersonavano Iside e Neftis. Si accedeva a questo particolare santuario
circondato dall’acqua attraverso un corridoio discendente istoriato con le scene del Libro delle
Porte, che assumeva per i fedeli la valenza del mondo infero da attraversare in dodici ore
sorvegliate dai guardiani astrali. Attraversato questo corridoio Horo andava a raggiungere il padre.
Così recita la Formula 117 del L.d.M.:

Io attraverso le Porte dei Passaggi. Io sono munito di Stola, il Potente che esce fuori trionfalmente. Sono venuto per
rendere stabilire l’ordine ad Abydos…Sono io che faccio scaturire l’acqua che tiene in equilibrio il trono dell’Occhio di
Horo e che fa la sua strada nella valle del Grande Lago, l’Occhio di Horo, la sua immagine sono io. (27)

La celebrazione del potere del Faraone-Horo, figlio di Osiride, avviene con l’assunzione della virtù
dell’Occhio sacro, nella festa della luna piena accede all’Osireon circondato dall’acqua sacra, la cui
scaturigine assume una funzione catartica e rivelatrice del trono, nell’esercizio del potere acquisito,
successivamente la formula del L.d.M la 138 contempla l’entrata del Faraone-Horo in Abydos:
O voi dei residenti in Abydos, divini Giudici riuniti insieme che giungete con acclamazioni per incontrarmi,
concedetemi di vedere mio padre Osiride e che io sia considerato come un iniziato che proviene dal suo naos. Io sono
Horo di Kemet (la terra nera) erede di Deshert (la terra rossa) che ho conquistato. Horo dalla Treccia possente Reggente
delle moltitudini. (28)

Infine la Formula 169 del L.d.M celebra il culto del Faraone nell’Osireon con queste suggestive
parole:

Tu impugni la frusta ad Abydos, e porti le offerte ai grandi dèi e i vasi delle libazioni a coloro che sono al di sopra delle
nuvole (le anime disincarnate) nel festival di Osiride, la mattina del festival di Uak (il giorno della luna piena); il
sacerdote ti veste d’oro, il tuo abbigliamento è realizzato in bisso; il Nilo si solleva sul tuo corpo; sei in gloria… bevi
sulla riva del lago; tu sei il benvenuto dagli dei che ci sono, tu esci in cielo con gli dei che portano Maat a Ra, sei
portato davanti al cielo degli dèi, sei come uno di loro. Tu sei il sacro papero di Geb tra le oche che vengono offerte a
Ptah Anebefres. (29)
La Camera Centrale dell’Osireon ad Abidos. Foto di Paolo Renier.

NOTE

1) Gloria Rosati, Libro Dei Morti, p.10, Paideia Editrice 1001.


2) B. de Rachewiltz, Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi, Formula LXIV, linea 12, Copyright 1958,
Boris De Rachewiltz
3) B.de Rachewiltz, Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi, Formula VIII, op.cit.
4) T.G. Allen, The Book of The Dead or Going Forth By Day, The University Chicago Press, Chicago
1974.
5) A. de Book, The Egyptian Coffin Texts, III, 343 b-h Chicago,1935-1961. L’immagine con la
numerazione delle sei parti del Duplice Occhio di Horo è pubblicata nel libro L’Occhio della Fenice,
Umberto Capotummino, p.186, Sekhem, Bagheria - (Palermo), 2005.
6) Juan Antonio Belmonte Avilés, Le porte delle stelle, in STORICA- National Geografic n.75, pag.
22-35, Marzo 2015
7) Mario Attombi (testo), Paolo Renier (foto), Abydos Origini Riflesse, p.48, Ed. Art&, 1999.
8) A.Erman, La Religione Degli Egizi, p.98. Istituto Italiano Arti Grafiche,1908
9) A. Moret, Le rituel du culte divin journalier, p. 189-190, Slatkine Reprints Geneve, 1988 - Cfr.
S.Mayassis, Mysteres et initiations de l’Egipte ancienne, p. 350, Archè, Milano 1988.
10)
David Klotz, Hibis Varia, Diverse liturgical Texts from Hiobis Temple, pag. 190-200. Studien Zur
Altagyptishenkultur, Band 43 - Hamburg, 2014

11) R.O. Faulkner, Testi delle Piramidi, Formula 519, p. 192-194, 1998.

12) B. de Rachewiltz, Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi, Formula LXXXII, op.cit.

13) B. de Rachewiltz, Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi, Formula CLV, op.cit.

14) B. de Rachewiltz, Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi, Formula XXIII

15) Il concetto di “stabilità” in egiziano antico è dato fondamentalmente dalla parola gen. femm. “ dd.t.”
Ciò premesso un altro lemma che si avvicini è “schc” verbo caus. 3ae-lit esprimente il concetto di
“sorgere”, “installare”, “stabilire” che in una presumibile forma di participio imperfettivo passivo singolare
(la cui peculiarità è data dal segno Wachtelküken w in coda alla radice) diventa “ scḥc w ” - leggasi
convenzionalmente ‘sahau’ e esignifica “chi è installato” ”colui che è sorto”. Appare evidente la stretta
colleganza con il sostantivo “s3ḥ” stante ad indicare la Costellazione di Orione. Infatti “scḥcw” significa
proprio, come accennato, “colui che è sorto”. Un verbo affine a questo è anche il causativo “2ae-lit s3ḥ”
“glorificare” o ancor meglio “spiritualizzare ” Nota di Mario Menichetti, membro dell’Oriental Institut di
Chicago, dell’ARF (The Amarna Research Foundation) dell’IICE (Istituto Italiano per la Cultura dell’Antico
Egitto).

16) B. de Rachewiltz, Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi, Formula I, op.cit.

17) ibidem

18) Gloria Rosati, Libro dei Morti p. 43 nota 13, Paideia 1991.

19) E.A. Wallis Budge, La Magia Egizia, cap. 2m p. 40 Newton Compon, Roma, stamapato
per la Casa del Libro, F.lli Melita, La Spezia, 1980.

20) B. de Rachewiltz, Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi, Formula I, op.cit

21) G. Rosati, Le stele del Medio Regno, in Civiltà degli Egizi, Le credenze religiose, p. 113
Electa, Milano1988

22) B. de Rachewiltz, Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi, Formula CLX, op.cit.

23) ibidem.

24) B. de Rachewiltz, Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi, Formula CXLII, linee 19-26.
25) B. de Rachewiltz, Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi, Formula XXXVII, op.cit.26)

26) G. Kolpaktchy, Il libro dei Morti degli Antichi Egiziani, Formula CLI, Editrice Atanòr, Roma
1984.

27) B. de Rachewiltz, Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi, Formula CXVII, op. cit.

28) B. de Rachewiltz, Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi, Formula CXXXVIII, op.cit

29) Sir P. Le Page Renouf,- E. Naville,The Egyptian Book of The Dead, p. 344 The Society of Biblical
Archeology, London 1904.

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