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conosce ogni parola che gli equipaggi dicono,/ quando trainano la barca
dell'orizzonte./
Egli conosce la nascita di Ra/ e la sua trasformazione nei flutti./ Egli conosce ogni
porta segreta, attraverso la quale il grande dio esce,/ egli conosce colui che nella
barca del mattino,/ e la grande immagine nella barca della notte./ Egli conosce i
tuoi approdi all'orizzonte/ e i tuoi percorsi nella dea del cielo. (gyptische Hymnen
und Gebete, nr. 20)
Questo testo elenca tutto ci che il re deve sapere per un'unica, seppur decisiva
azione: l'adorazione mattutina del dio Sole. Egli conosce la natura del processo
cosmico, la sua articolazione in fasi, il modo in cui si presenta nello scenario delle
costellazioni e il suo significato salvifico di rinascita. Egli conosce le creature
partecipi, le loro azioni, i loro discorsi, le loro condizioni di vita. Infine, egli conosce
anche l'ambito spaziale degli eventi, le porte celesti, le barche, gli approdi, i
percorsi di marcia. Egli deve conoscere tutto ci per poter intervenire efficacemente
nel processo cosmico con il suo discorso di adorazione. Egli desidera contribuire
alla riuscita di questo processo, per portare armonia fra il mondo degli uomini e la
riuscita cosmica, e tutto ci gli possibile, in quanto conosce il senso di salvezza
del processo e lo esprime in forma rituale. E non poco quello che ottiene: "io ho
sconfitto Apofi per te e ho dato via libera alla tua barca, cos che essa non s'incagli
in uno dei banchi di sabbia di Apofi durante il grande viaggio", egli dice al dio Sole
(Apofi il nemico del dio Sole, che come serpente minaccia di far arrestare la
barca solare) (Kitchen 1975-90, VI, 24.9-10). Il sovrano il protettore di RaHarachti, che sconfigge il suo nemico attraverso la forza salvifica [w, in seguito
interpretato come akhu, "forza-akh"] del proprio discorso, colui che consente alla
barca di scivolare verso la lontananza del cuore (Assmann 1970, p. 68). Akhu
l'espressione egizia che indica l'efficacia di questo sapere. Essa deriva da una
parola, akh, che come verbo significa 'essere potenti, efficaci' e come nome 'spirito
trasfigurato': si tratta quindi di una concezione del potere strettamente connessa
con i defunti, in quanto in grado di oltrepassare il confine tra la vita terrena e
l'oltretomba. I defunti possiedono la capacit di agire al di fuori dell'oltretomba, sulle
cose terrene, mentre il re e i sacerdoti da lui incaricati hanno il potere di entrare in
relazione con i defunti e le divinit funerarie. Questo potere preferibilmente
esercitato per mezzo delle parole. Attraverso 'la forza-akh sulla sua bocca', ossia
grazie alla recitazione dei testi, il sovrano mantiene il mondo in movimento e in
ordine. Questo specifico sapere codificato nei testi, i quali descrivono il processo
cosmico e includono i brani che devono essere recitati durante il culto. Il sapere
rituale, che abilita all'esercizio della forza-akh, fa certamente riferimento a questo
mondo, anche se sempre suddiviso in terreno e ultraterreno.
Il sovrano e i suoi rappresentanti, i sacerdoti addetti al culto solare, non sono
spettatori passivi del cammino del Sole. Ventiquattro ore su ventiquattro viene
celebrata la 'liturgia oraria', che accompagna il Sole mediante recitazioni: un culto
del tempo, un calendario ritualizzato, che rendono evidente il carattere drammatico
della concezione egizia del mondo. Per gli Egizi il ksmos non statico, non si
tratta, infatti, di uno spazio ben ordinato, bens della riuscita di un processo, il quale
continuamente messo in discussione; per questo essi temevano non tanto la
possibilit che un giorno il Sole non sorgesse pi, quanto che andasse perduto il
senso sacrale del processo: si tratta quindi di un officium memoriae. Gli Egizi
devono appellarsi alla loro memoria per mantenere presente questo sapere nella
culto solare questa stessa parola usata otto volte per enumerare gli argomenti
che riguardano le fasi mattutine del percorso solare.
Nell'Amduat sono contenuti anche gli argomenti che riguardano le fasi notturne. Si
tratta comunque del medesimo sapere: siamo sempre di fronte alle codificazioni di
quelle conoscenze magiche che secondo gli Egizi erano necessarie a mantenere il
percorso del Sole. Dal modo in cui queste conoscenze sono annotate e ci sono
pervenute si potrebbe concludere che si doveva trattare di una conservazione del
sapere estremamente esclusiva e rigorosamente controllata. Per tal motivo nel
Nuovo Regno le cosmografie compaiono quasi esclusivamente nelle tombe regali e
al loro interno continuamente sottolineato il carattere ermetico del sapere occulto.
Amduat significa il testo segreto dell'oltretomba, che non conosciuto da nessun
uomo ma solo dagli eletti.
Nell'Amduat lo spazio degli Inferi diviso in 12 parti, corrispondenti alle 12 ore
notturne: una raffigurazione in cui al tempo e allo spazio data la stessa misura e
in cui il tempo risulta essere il principio di articolazione dominante. In questo si
manifesta il primato del tempo all'interno del concetto egizio del Cosmo, concepito
in primo luogo come 'processo', vale a dire come ente evolventesi nel tempo, e poi
come spazio. Il dio Sole attraversa l'oltretomba in barca. In ognuna delle 12
divisioni orarie presente la barca solare, e quindi non viene descritto un momento
particolare, ma l'intero corso. Ogni cerchia oraria tripartita in senso orizzontale;
nella fascia di mezzo viaggia la barca del dio Sole, di solito raffigurata su un corso
d'acqua ma in parte anche sulla sabbia, mentre in quella superiore e in quella
inferiore sono mostrate e descritte le creature incontrate dal dio Sole durante il suo
viaggio, delle quali sono presi in considerazione soprattutto i discorsi e le azioni.
Non si tratta tanto della cartografia di uno spazio, quanto piuttosto della coreografia
di un rituale e proprio per questo si tratta di una descrizione che corrisponde alla
concezione egizia del mondo. Il mondo per natura caos e il Cosmo sia per gli
uomini sia per gli di trae origine dalle celebrazioni collettive del rituale cosmico.
La raffigurazione si basa sull'idea che il corso del Sole sia simile a un viaggio in
barca attraverso il cielo e l'oltretomba, e tale idea elaborata in due direzioni.
La prima di queste due direzioni, che pu essere chiamata 'specificazione',
caratterizzata dalla meticolosit e dalla dovizia dei dettagli. La magia considerata
una scienza esatta ed questo aspetto del pensiero magico che per noi
particolarmente sorprendente. Non solo sono descritti spazi che si sottraggono a
ogni possibile osservazione ed esperienza, ma la cosa singolare che essi siano
descritti cos precisamente. A volte sono infatti indicate le misure esatte delle
dimensioni delle ore. La larghezza di 120 iteru (1 iteru [trw], detto anche 'miglio
egizio', equivale a 10,5 km ca.), la lunghezza di 309 iteru; di conseguenza il
percorso notturno del Sole lungo complessivamente 12309 iteru=3708 iteru
(38.934 km ca.). A questo punto risultano 120 iteru per la 'porta occidentale',
attraversata dal Sole prima di scendere nell'oltretomba e, presumibilmente, lo
stesso numero di iteru per la corrispondente 'porta orientale'. Secondo il calcolo di
J. Zeidler risultano 254 iteru (2667 km ca.) per questo mondo e 3708 iteru (38.934
km ca.) per l'oltretomba, che corrispondono a 3962 iteru (41.601 km ca.) per la loro
somma (Zeidler 1997). Ci si chiede come gli Egizi siano pervenuti a queste cifre, se
si tratti cio di speculazioni su numeri simbolici oppure su calcoli sofisticati e su
estrapolazioni eseguiti a partire da dati astronomici conosciuti e da misurazioni
geografiche. Notoriamente, nell'antichit l'arte del rilevamento topografico era
considerata la grande conquista degli Egizi, che erano stati in grado di stimare
l'intera lunghezza dell'Egitto in 106 iteru (1113 km ca.). In questo caso, tuttavia, non
tanto in questione la specificazione dello spazio, quanto quella degli avvenimenti.
Il viaggio notturno del Sole suddiviso in fasi, le quali sono illustrate sotto forma di
costellazioni e di scene, alle quali prende parte una grande quantit di esseri e di
divinit. Solo nell'evento del tramonto del Sole risultano coinvolti 124 esseri
identificati per nome. Queste creature, e i loro nomi, non sono altro che
personificazioni di quegli aspetti parziali in cui viene suddiviso il tramonto del Sole
da parte di una scienza della natura cosmoteistica. L'Amduat individua 908 esseri
coinvolti nel viaggio notturno, mentre la Litania di Ra, un altro di questi Testi
oltremondani, distingue 75 aspetti assunti dal dio Sole durante la notte. Il rituale
delle ore e gli affini riti solari scompongono la corsa del Sole in 24 fasi, alle quali
corrispondono 24 aspetti del dio Sole. L'ottica cosmoteistica opera come un
microscopio nell'intento di specificare; essa scompone il processo cosmico in una
fantastica e impressionante quantit di componenti differenziate.
La seconda direzione assunta dal sapere magico mira alla 'concentrazione', ossia a
ricondurre continuamente tutti gli eventi, nelle loro diverse scene e figure, a poche
e unitarie idee di salvazione. questo rapporto con l'efficienza salvifica dell'evento,
sotto forma di rituale, che in primo luogo attribuisce un significato al tutto in
generale e poi conferisce il carattere di un'interpretazione alla descrizione volta a
specificare. Al centro si trova l'idea di un doppio superamento che compiuto
attraverso il rituale del viaggio notturno del Sole: il superamento del male, che nella
forma del serpente Apofi minaccia di far arrestare la barca solare, e il superamento
della morte. Entrambi sono manifestazioni del caos: si tratta di due aspetti dello
stesso evento.
Il superamento del male l'aspetto attivo-transitivo orientato verso l'esterno. Qui il
dio Sole appare come il sovrano del mondo, che attraverso la propria parola
sovrana crea l'ordine, amministra la giustizia e protegge. Da questo punto di vista il
percorso solare un processo in senso giuridico, una contesa giudiziaria nella
quale sono regolati i conti con il male e il Sole scagionato. Attraverso questo
processo, il mondo diviso, divenuto ambivalente a causa della presenza del male,
viene continuamente unificato, ossia reso governabile, sicuro e abitabile.
Il superamento della morte l'aspetto passivo-intransitivo del viaggio notturno. Qui
il percorso assimilato a un processo biologico, che il dio Sole subisce di persona
invecchiando, morendo e rinascendo. Il mistero della rinascita solare posto al
centro di tutti questi Testi oltremondani e, pi in generale, rappresenta il dato
salvifico centrale della religione egizia. A partire da questo punto di vista, l'intero
Cosmo appare in una specie di prospettiva salvifica, come un accadimento
soteriologico; la preminenza del tempo rispetto allo spazio ancora evidente.
Mentre il Greco ammira l'armonia del tutto, l'Egizio affascinato dal continuo
processo di giustificazione e rinascita. Il significato del mondo gli viene dischiuso
nell'evento, nel processo, del movimento solare: un evento in cui il Cosmo gli
appare come la quintessenza della pienezza di vita in grado di superare la morte
e della potenza dell'ordine capace di esiliare il caos.
Attraverso questo rapporto con l'idea di salvezza, la visione discriminante diventa
un atto di comprensione identificativa. L'uomo si riconosce nel Cosmo; la sua
morte che qui viene superata, la sua ambivalenza tra bene e male che qui viene
annullata, il suo disordine che qui viene domato, il suo dominio che qui viene
un tale processo per poter prendere parte alla sua riuscita. Essi sono gi partecipi e
devono solo riconoscere con gratitudine questo fatto. Il senso del Cosmo dunque
chiaro e manifesto; non vi sono segreti, n misteri.
La coesistenza di questa rappresentazione del mondo con l'immagine propria dei
testi magico-cultuali si chiarisce bene attraverso la diversit delle trattazioni.
Insegnamento per Merikara rappresenta una tradizione essoterica del percorso
solare, che opposta a quella esoterica dei testi magico-cultuali e che ritroviamo
anche nel grande Inno ad Amon:
Sia salutato Ra, signore della Maat,/ colui che mantiene celato il suo scrigno,
signore degli di,/ Khepri al centro della sua barca,/ colui che ordina e grazie a ci
gli di nascono,/ Atum che crea l'umanit,/ che distingue la sua essenza e crea il
suo sostentamento,/ separa le sue qualit l'una dall'altra.
Colui che esaudisce la supplica di chi si trova nell'angustia,/ dal cuore premuroso
verso chi lo chiama,/ colui che salva il timoroso dalla mano della violenza/ e colui
che giudica tra povero e ricco;/ signore della conoscenza, sulle cui labbra la
parola creatrice./ Il Nilo scorre per compiacerlo,/ un signore della buona
inclinazione, grande nel favore./ Quando egli si manifesta l'umanit risorge./ D
libero corso ad ogni occhio/ ci che pu venire creato nelle acque primordiali./
Grazie al suo splendore permette la presenza della luce,/ essi gioiscono della
bellezza degli di,/ i loro cuori risorgono quando lo vedono. []
Colui che crea le erbe che mantengono in vita il bestiame/ e l' "albero della vita" per
gli uomini,/ colui che permette ai pesci di vivere nel fiume/ e agli uccelli di volare nel
cielo./ Colui che offre l'aria a chi nell'uovo;/ colui che mantiene in vita il piccolo del
serpente,/ colui che crea il luogo nel quale l'insetto vive,/ e allo stesso modo vermi
e pulci;/ colui che si preoccupa dei topi nelle loro tane/ e colui che mantiene in vita i
coleotteri in ogni bosco./ Sia salutato colui che tutto crea,/ l'unico con i suoi molti
rami [raggi];/ colui che trascorre la notte vegliando, quando l'intero mondo dorme/ e
crea ci che giova al suo gregge,/ Atum, colui che permane in tutte le cose,/ Atum
Harakhti. (papiro Cairo 58038, in gyptische Hymnen und Gebete, nr. 87)
Akhenaton si riallaccia a questa tradizione letteraria non magica, quando, alla met
del XIV sec., respinge l'immagine tradizionale del mondo e delle sue divinit
sostituendola con una priva di divinit, di miti e di riti magici. Anche per Akhenaton il
mondo deriva dall'agire pienamente consapevole di un dio, accanto al quale per
non vi sono pi altre divinit. Questo dio il Sole, che con la sua luce produce la
visibilit, il calore e le forme percettibili e, con il suo moto, crea il tempo, lo sviluppo,
la formazione e la cessazione, insieme a tutto ci che esiste.
Tu crei il Nilo nell'oltretomba/ e lo conduci quass verso i tuoi amati,/ affinch
l'umanit si mantenga in vita, come tu l'hai creata./ Tu sei signore di tutta quanta
[l'umanit], colui che per essa si affatica./ Anche per le terre lontane tu crei il
sostentamento di vita:/ tu hai collocato un Nilo in cielo, cos che esso scenda a loro/
e le onde battano contro le montagne come l'oceano,/ cos che i suoi campi siano
ebbri nelle loro localit./ Come sono saggiamente ordinati i tuoi progetti, tu signore
del tempo! (gyptische Hymnen und Gebete, nr. 92, 90-100)
Qui non vi pi alcun riflesso, alcuna analogia e alcun segreto, tutto una pura e
naturale evidenza, e le immagini mitiche vengono rifiutate. Invece
dell'antropomorfismo proprio della comprensione mitico-magica, ci troviamo di
fronte all'antropocentrismo di una spiegazione teleologica: il mondo in quanto
oggetto parte della creazione di dio. Non v' alcuno che esista al di fuori della
luce e del tempo; l'unica fonte di tutti gli esseri il Sole che tutto crea: "Tu trai da te
milioni di creazioni, dall'Uno:/ citt e paesi,/ terra, strada e fiume" (gyptische
Hymnen und Gebete, nr. 92, 115-117). Con ci il mondo non viene pi compreso,
ma spiegato.
Akhenaton ha trovato il principio unico al quale poter ricondurre tutti i fenomeni,
l'unica causa in base alla quale tutto pu essere spiegato in quanto effetto; da ci
egli sviluppa un sapere che non soltanto diverso dal punto di vista contenutistico
ma anche da quello strutturale. Egli non si pone in modo complementare accanto al
sapere magico tradizionale, come fanno le tradizioni letterarie alle quali si ricollega,
bens ne prende il posto, soppiantandolo completamente. Non ci si deve lasciare
ingannare dalla forma innologica dei testi di Amarna, n dal fatto che questi testi
servissero indubitabilmente per il servizio divino: si tratta sempre di codificazioni di
un sapere il cui stile enumerativo non lascia alcun dubbio. Tuttavia questo sapere
ha un'altra forma: esso non n ermetico, n magico e respinge la copiosit delle
immagini e delle allegorie del cosmoteismo. Akhenaton si attiene strettamente alla
realt visibile e quando vi scopre qualcosa di oscuro, non attribuisce alcun
recondito significato simbolico, bens riconduce tutti i fenomeni al tempo e alla luce,
cosa possibile soltanto a uno sguardo penetrante e al pensiero teorico. Il suo
Grande inno ad Aton (gyptische Hymnen und Gebete, nr. 92) tratta in questa
nuova forma esplicativa tutta una serie di fenomeni, raggruppandoli in tre parti.
Una prima parte riguarda fenomeni che possono essere considerati effetti della luce
e del tempo meteorologico e quindi di immediata evidenza.
a) Il sorgere del Sole: la bellezza dei raggi, tutti i terreni inondati di luce.
b) Il mezzod: il Sole alto nel cielo riesce a illuminare ogni luogo e a circondare
l'intera Terra; l'accecante fulgore dei raggi di mezzogiorno.
c) La notte come morte, caos e lontananza di dio; il sonno come assenza di vita;
rapimento e furto come azione notturna delle belve e dei serpenti rappresentanti
del caos; tenebre e silenzio come sintomi di morte del mondo.
d) Al mattino, gli impulsi vitali delle creature sono una reazione alla luce che ritorna:
(1) gli uomini si alzano, si lavano, si vestono, pregano e vanno al lavoro; (2) il
bestiame si nutre; (3) gli alberi e le piante crescono; (4) gli uccelli prendono il volo;
(5) le belve del deserto danzano; (6) i pesci nel fiume guizzano.
e) La percorribilit del mondo: le navi risalgono i fiumi e li discendono, le strade
sono aperte.
Segue una seconda parte, riguardante fenomeni pi nascosti concernenti dapprima
l'ambito microcosmico e poi quello macroscosmico, e spiegati sempre in termini di
prodotti (prw) del Sole.
f) Un'elencazione di fenomeni biologici, costituente una sorta di trattato
embriologico sulla crescita dei bambini nel grembo materno e sullo sviluppo del
pulcino nell'uovo. Qui si parla del tempo necessario alla vita nascente per
svilupparsi e, secondo un modo di pensare tipicamente egizio, la vita viene
associata all'aria. Infatti anche nel politeismo tradizionale il dio Khnum, che forma il
bambino nel grembo materno, venerato come dio del respiro della vita.
g) La buona organizzazione del mondo: i paesi, le razze e le lingue sono ben
distinti; si provveduto a tutto. L'Egitto possiede il Nilo per l'irrigazione, mentre gli
altri paesi possiedono un Nilo celeste, che concede loro la pioggia. Tutto in
relazione con il Sole, che grazie ai suoi raggi permette a ogni cosa di crescere e
per merito del suo movimento stagionale permette a ogni cosa di evolversi; egli
uno straordinario periodo aureo. Questo quello che accade, da una parte, al
genere esoterico delle cosmografie, all'interno del quale l'Amduat e la Litania di Ra
sono ora affiancate da una serie di nuovi componimenti (il Libro delle porte, il Libro
delle cripte, il Libro della notte, il Libro di Aker), dall'altra al genere essoterico degli
inni i quali, sia nei loro tradizionali ambiti rappresentativi (le tombe private) sia nei
papiri letterari, si presentano con singolare abbondanza. Il problema centrale di
questi inni il rapporto tra dio e il mondo, sia come relazione della divinit con la
realt fenomenica dei fatti cosmici, politici e sociali, sia come rapporto dell'Uno, dio
primordiale e demiurgo che tutto crea, con le numerose divinit, con le quali
coopera per stabilire la vita interna del processo cosmico.
Questo problema non nuovo; esso ha una lunga storia che risale ai Testi delle
piramidi (ossia alla prima met del III millennio) e nel corso di questa storia stato
trattato parallelamente al tema dell'origine del mondo. La pi antica teoria della
creazione, che ha mantenuto una propria autorevolezza fino alla fine della storia
della religione egizia, fin dai tempi pi remoti legata al nome di Eliopoli. La
cosmogonia di Eliopoli descrive gli stadi dell'origine del mondo sotto forma di un
albero genealogico con 5 generazioni (tab. 1).
Due sono i punti che caratterizzano questa teoria dell'origine del mondo: il primo
lo stretto legame fra creazione e potere, il secondo l'incrocio complementare di
cosmogonia e cosmopoiesi. La dottrina di Eliopoli consente al dio creatore Atum ('il
tutto'), allo stesso tempo, di svilupparsi nel mondo e di creare il mondo. Inoltre,
parallelamente a questo processo di formazione del mondo, pensato
complementarmente sia come transitivo sia come intransitivo, tale teoria consente
la fondazione del potere passando da una generazione divina a un'altra, fino alla
quinta generazione, quando infine Horo eredita il potere e comincia a incarnarsi in
ogni faraone in carica, in quanto dio della regalit storica. Le cosmogonie egizie
sono anche delle cratogonie, in quanto collegano la nascita del mondo con la
nascita del potere, cio dello Stato.
a) La preesistenza. Secondo il pensiero egizio il mondo non sorge dal nulla, bens
dall'Uno; questo Uno originario si chiama Atum ed la personificazione della
preesistenza. Il nome significa contemporaneamente 'il tutto' e 'il niente', nel senso
di 'non ancora' o di 'non pi'. Il mistero della preesistenza un punto che occuper
in modo particolare i successivi commentari del testo principale. Presso Atum non
rimane niente: a questo dio, che si trova in uno stato di 'non ancora esistente',
viene assegnato un ambiente primitivo, un caos originario, che si presenta senza
luce, senza fine e senza forma.
b) Il momento cosmogonico: la nascita della luce (II generazione nella tab. 1). Il
passaggio dalla preesistenza all'esistenza interpretato come autocreazione del
dio originario. Il dio dell'unit preesistente, Atum, si consolida nella forma di dio del
Sole ed emerge per la prima volta dalle acque primordiali. Questo primo sorgere
del Sole inteso come atto di autogenerazione primordiale e contemporaneamente
come primo stadio della genesi: la creazione della luce. Mentre il dio nasce
(cosmogonia intransitiva) allo stesso tempo diviene attivo verso l'esterno
(cosmopoiesi transitiva) e pone due entit, Shu e Tefnet, al di fuori di s. Il mito
ricorre, per questo scopo, alle crude immagini delle escrezioni corporali: la
masturbazione, l'espettorazione di saliva e il vomito. Attraverso l'autogenerazione
del dio primordiale si verifica il passaggio repentino dalla preesistenza all'esistenza;
come nella Bibbia, questo cambiamento indicato sotto forma di creazione della
luce. Shu il dio dell'aria; Tefnet stata interpretata finora come 'umidit', anche se
non stato trovato alcun sostegno al riguardo e anzi, al contrario, tutto ci che le
concerne nei testi lascia pensare a una dea del fuoco. Aria e fuoco ossia la
nascita di un'estensione inondata di luce formano il primo stadio cosmogonico.
Atum stesso, nel suo passaggio dalla preesistenza all'esistenza, si trasforma nel
Sole, i cui raggi sono interpretati dal mito come un vento caldo formato di fuoco e
aria. Il momento cosmogonico non altro che il primo levare del Sole. Shu e Tefnet
simbolizzano, al tempo stesso, l'aspetto cratogonico di questo primo evento
cosmogonico. Tefnet, la dea del fuoco dalle sembianze leonine, anche il simbolo
del potere regale, che il creatore si mette sulla fronte come diadema a forma di
serpente. Shu diventa, come figlio ed erede del dio creatore, l'archetipo del re, nel
ruolo di colui che possiede e dispensa l'aria e la vita.
c) La nascita dello spazio (III generazione nella tab. 1). I figli di Shu e Tefnet, o aria
e fuoco, sono Geb e Nut, di della Terra e del cielo. Dopo la nascita della luce, nella
forma di primo sorgere del Sole, nasce lo spazio cosmico che diventa visibile alla
luce.
d) La nascita delle istituzioni culturali (IV generazione nella tab. 1). La quarta
generazione formata dai figli di Nut: Osiride, Iside, Seth e Nefti. Questo stadio
connesso all'idea di una fondazione delle istituzioni culturali, in quanto con esso
che nascono il tempo e la storia. Anche Horo apparterrebbe a questa generazione,
sebbene di fatto, in quanto figlio di Osiride e Iside, formi la quinta generazione. Il
mito per parla di cinque figli di Nut e racconta che Iside e Osiride si sarebbero
accoppiati gi nel grembo materno, cos che essa avrebbe partorito anche il loro
figlio Horo. Naturalmente il senso di questa tradizione che con questa pentade
viene messa in opera una dinamica temporale che si estrinseca, in quanto storia,
nella serie infinita delle incarnazioni di Horo sotto forma di sovrano (V generazione
nella tab. 1).
Il Testo della teologia menfita risale alla fine dell'VIII secolo. Si tratta di un blocco di
basalto, la cui iscrizione si fa passare per la riproduzione di un antico papiro
manoscritto. Nel titolo, il sovrano Shabaka (716-702) chiarisce le circostanze della
redazione:
Sua Maest fa scrivere di nuovo questo libro nella casa di suo padre Ptah. Sua
Maest lo ha trovato, come opera dei predecessori, divorato dai vermi e non lo si
poteva [leggere] dall'inizio alla fine. Perci Sua Maest lo fa scrivere di nuovo, cos
che sia pi bello di come era prima.
Inizialmente ci si chiedeva se il testo fosse appartenuto alla I-II dinastia oppure alla
V-VI, poi sono state avanzate numerose motivazioni per far risalire quest'opera, se
non del tutto, almeno in parte, alla XXV dinastia. In questo testo, il motivo della
preesistenza interpretato come se gli aspetti del caos dal canto loro derivassero
dal dio Ptah, visto che la locuzione (pr m) significa sia 'nascere da' sia 'divenire'.
Tabella
In qualsiasi modo si voglia completare questo testo molto lacunoso, una cosa
chiara: lo stato originale della preesistenza ancora una volta trasceso in un dio, il
quale cos rappresentato come un'unit puramente trascendente, che precede ed
posta a fondamento della preesistenza stessa. In seguito si continua a dire di
Ptah:
Ptah mand la [vita a tutti gli di] e ai loro ka/ mediante questo cuore a Horo,/
mediante questa lingua a Thot originato da Ptah./ Cos accadde che il cuore e la
forma costante, raffigurata nei segni della scrittura ed eternamente riprodotta nella
nascita e nella morte degli oggetti e degli esseri viventi. Thot, il dio della 'lingua'
intesa come organo corporeo, qui anche il dio della scrittura geroglifica ed
capace di trasformare i pensieri del cuore in linguaggio parlato e scritto. La
creazione un atto di articolazione mentale, figurativa e fonetica. Insieme alle cose
e ai loro nomi nascono anche i loro segni grafici: "E cos Ptah fu felice, dopo che
ebbe creato tutte le cose/ e tutti i geroglifici".
La totalit della creazione riassunta nell'espressione "tutte le cose e tutti i
geroglifici". La teoria di Menfi mette in evidenza la forma grafica del mondo,
interpretandolo come un testo, che Ptah ha concepito nel cuore e ha pronunciato
per mezzo della lingua. Un testo nel quale Ptah si realizzato nella realt visibile
attraverso la forma delle cose, a sua volta corrispondente ai geroglifici. Questa
ardita ideazione viene esposta sempre in relazione con la teoria eliopolitana e
quindi la si pu ritenere un commentario, un atto di ricezione interpretativa.
La differenza decisiva tra il Testo della teologia menfita relativo alla creazione e la
precedente dottrina cosmogonica eliopolitana consiste nel diverso rilievo dato allo
spirito (ossia al 'cuore') e al linguaggio (alla 'lingua' come organo fisico), al piano e
all'ordine. Non si tratta per tanto di una delimitazione polemica quanto di
un'evoluzione successiva. Gi nei Testi dei sarcofagi del Medio Regno, la
cosmogonia eliopolitana aveva subito una sorta di interpretazione allegorica, che
ricordava l'interpretazione dei miti di Plutarco. Shu l'aria era descritto come
"vita" e Tefnet il fuoco o la luce come "verit".
"Io sto nuotando e sono molto stanco,/ le mie membra [?] sono pesanti./ Mio figlio
Vita ci che solleva il mio cuore [ossia 'desta la mia coscienza'] / Egli vivificher il
mio spirito, dopo aver raccolto queste/ mie membra, che sono molto stanche."/
Allora il Nun [le acque primordiali] parl ad Atum:/ "Bacia tua figlia Maat, dalla al tuo
naso !/ Il tuo cuore vive se ella non si allontana da te./ Maat tua figlia,/ insieme a
tuo figlio Shu,/ il cui nome Vita./ Tu mangerai da tua figlia Maat;/ tuo figlio Shu,
egli ti sollever. (de Buck 1935-61, vol. II, pp. 34g-35h [80]; cfr. Bickel 1994, pp. 4849)
Allora disse Atum "Tefnet la mia figlia viva,/ ella insieme a suo fratello Shu./ Vita
il suo [di Shu] nome,/ Maat il suo [di Tefnet] nome./ Io vivo insieme ai miei due
figli,/ insieme ai miei gemelli,/ tra i quali io sono,/ l'uno sulla sua schiena, l'altra sul
mio ventre./ Vita dorme con mia figlia Maat,/ una in me, uno attorno a me,/ io mi
sono sollevato tra di loro, poich le loro braccia mi avvolgevano". (de Buck 193561, vol. II, pp. 32b-33a [80]; cfr. Bickel 1994, pp. 49-51)
In un livello successivo dell'interpretazione, in uno stesso testo, Shu-Vita e TefnetMaat sono indicati anche come "Neheh-Eternit" e "Djet-Eternit": "Poich Shu
Neheh, Tefnet Djet" (de Buck 1935-61, vol. II, p. 28d [80]; cfr. Bickel 1994, p.
134); "Io sono Neheh, il padre degli di Heh, mia sorella Tefnet Djet" (de Buck
1935-61, vol. II, p. 22a; p. 23a,c [78]; cfr. Bickel 1994, pp. 134-135). Neheh e Djet
sono concetti che indicano la quantit e l'immensit del tempo. Perci Neheh indica
l'incessante movimento del tempo che ruota su s stesso, Djet l'infinita e costante
durata di ci che si realizzato e compiuto nel tempo. Secondo questa
interpretazione, dunque, il tempo ha origine contemporaneamente alla luce, nei
suoi due aspetti di ripetizione ciclica e di stabile durata. La preesistenza qui viene
interpretata come inconsapevole movimento del dio primordiale Atum nel flusso
primordiale, nel Nun, al quale sono associati, come ulteriori aspetti del caos
forma di Khepri,/ che sorto per la prima volta./ Io sono sorto nella forma di
Khepri./ La mia sortita significa che la creazione sorse,/ poich io ero l prima dei
tempi primordiali, che io ho creato []/ Io ho fatto tutto ci che volevo in questa
terra./ Io mi sono espanso in essa, ho stretto la mano quando ero solo,/ quando
essi non erano ancora nati, quando io non avevo ancora espettorato Shu/ e non
avevo ancora sputato Tefnet./ Io stesso ho prodotto la mia bocca/ magia il mio
nome./ Io sono colui che sorto nelle forme/ poich originai nella forma di Khepri./
Io sono sorto sotto i tempi remoti (io sono sorto contemporaneamente ai tempi
primordiali)/ cos che una folla di creature ebbe origine al principio,/ ancor prima
che una delle creature fosse originata su questa Terra./ Io ho formato ci che esiste
quando ero solo,/ quando niente altro era formato, che fosse con me creato in quel
luogo/ nel quale mi sono trasformato in questo mio ba,/ nel quale mi sono rinforzato
nel Nun e nell'inerzia,/ ancor prima che trovassi un luogo, nel quale poter stare./
Divenni akh-attivo con il mio cuore,/ pianificai con il mio volto./ Io ho creato un'altra
forma,/ affinch fossero numerose le forme di Khepri./ L ebbero origine i loro parti/
in forma dei loro figli. (ibidem)
Segue una versione ancora pi dettagliata degli stessi sei stadi della cosmogonia.
Questo testo una fuga sul tema pr, 'l'origine, l'assunzione di una forma'. Il mondo
nasce con l'autocreazione di un dio, che nel processo della sua creazione si
trasforma in questo mondo e poi gli d una forma nell'ambito del suo cosciente
tornare a s pianificante (sn) e creativo (r). In seguito il mondo continua a
svilupparsi ulteriormente in modo spontaneo attraverso l''altra forma' della
riproduzione sessuale (ms).
Le teorie tebane del periodo ramesside, che riguardano la creazione, sviluppano i
princip eliopolitani in un'altra direzione, che evidentemente si basa sulle concezioni
cosmogoniche del periodo di Amarna. Akhenaton aveva ricondotto l'intera realt
fenomenica all'operato del Sole, che con il suo irradiamento creava la luce e il
calore, e attraverso il suo movimento dava luogo al tempo e all'evoluzione. Tuttavia
questo modo di creare era indicato da Akhenaton con il concetto di pr,
ricollegandosi cos strettamente all'insegnamento cosmogonico eliopolitano. La
totalit del mondo percettibile designata come una metamorfosi o una
realizzazione del dio.
"Tu esegui milioni di trasformazioni, nelle quali sei l'Unit:/ citt, paesi, terreni,/
strada e fiume" (gyptische Hymnen und Gebete, nr. 92, 115-117).
In questo testo il rapporto tra dio e il mondo non dato n nella forma tradizionale
di una reciproca modellazione fra mondo divino e quello umano, n nella forma
biblica di una separazione rigorosa tra creatore e creazione, bens come una
compenetrazione cos stretta da apparire quasi panteistica. Il confronto tra 'milioni'
e 'unit' formula un concetto di unit-totalizzante che nell'epoca ramesside giocher
un ruolo centrale.
Creazione e manifestazione
I teologi tebani dell'epoca postamarniana hanno ulteriormente sviluppato, in due
direzioni, l'esigenza di Akhenaton di dare una spiegazione teologica del mondo: in
una direzione essi hanno sostituito il principio 'Sole' con un modello ternario di
elementi dispensatori di vita, ossia luce, aria e acqua, attraverso cui il dio Uno
anima il mondo, mentre nell'altra direzione essi hanno completato il paradigma
Quest'idea di un dio "segreto nella nascita", "il cui luogo di origine non si conosce",
la cui nascita non ha alcun testimone, il quale ha mantenuto segreta la sua stessa
natura (e questo punto decisivo) a tutti coloro che sono venuti dopo di lui e che
da lui sono discesi "colui che form s stesso e rimase nascosto agli di e agli
uomini" divenuto un tema centrale della teologia ramesside. La teologia del dio
Amon di Tebe antipodo della religione di Amarna e cui era rivolto tutto l'odio di
Akhenaton ha creato e favorito il paradigma della manifestazione e ha
trasformato in questo senso l'idea della segretezza e dell'unicit del dio originario. Il
rapporto temporale tra preesistenza ed esistenza stato trasformato in un rapporto
ontologico. Nel paradigma della manifestazione, l'Uno si celato in un aldil
ontologico e non temporale. Per questo opportuno citare, anche se in modo
parziale, un Inno ad Amon:
Uno Amon, che si mantiene loro [agli di] nascosto,/ che si cela agli di, nessuno
conosce la sua natura./ Egli pi lontano del cielo,/ e pi profondo dell'oltretomba./
Nessun dio conosce la sua vera forma,/ la sua immagine non viene mostrata nei
rotoli scritti./ Egli troppo misterioso, per essere scoperto,/ troppo grande per
essere esplorato,/ troppo potente per essere conosciuto./ Nessun dio lo pu
chiamare col suo nome,/ egli il garante del ba, il quale mantiene celato il suo
nome come il suo segreto. (gyptische Hymnen und Gebete, nr. 138)
L'Uno-Amon oltrepassa il cielo e l'oltretomba, le regioni del mondo pi sacre e
nascoste. Non possibile esprimere alcuna affermazione che lo riguardi. Le
scritture non lo mostrano. Nessuna teoria lo pu spiegare. Il suo nome
impronunciabile. L'ultimo verso unisce i due motivi centrali e mostra la loro affinit
intrinseca: "il garante del ba" "mantiene celato il suo nome". Ba la parola egizia
per 'anima', il concetto centrale del paradigma della manifestazione. Il garante del
ba si manifesta nel mondo animato, come l'anima invisibile si manifesta nel corpo
animato. Il dio viene chiamato ba perch non ha alcun nome. Amon soltanto uno
pseudonimo che si riferisce al dio nell'ambito della sua manifestazione visibile.
Quando ci si riferisce al nascosto, gli inni lo chiamano ba o "ba segreto".
Nel paradigma della manifestazione, il rapporto dell'Uno con il mondo
decronologizzato; mentre si manifesta come mondo, rimane dio e soltanto dio.
L'Uno non si pone come il dio primordiale che precede la creazione del mondo, la
cui unit nell'atto della cosmogonia d luogo alla molteplicit, ma piuttosto l'Uno
rimane nel molteplice, una forza nascosta, chiamata ba e che si manifesta nelle
figure degli di. Un inno del re Ramesse III inizia nel seguente modo: "Io voglio
iniziare a lodare la sua grandezza come Signore degli di,/ come ba dai volti
segreti, grande in maest,/ colui che nasconde i suoi nomi e cela la sua immagine,/
la cui forma non conosciuta dall'origine" (gyptische Hymnen und Gebete, nr.
196, 12-15).
Nei versi seguenti l'inno sviluppa l'idea diffusa secondo la quale il nascosto si
manifesta nel mondo sotto forma degli elementi che elargiscono la vita, come la
luce, l'aria e l'acqua. Il testo loda Atum come il "dio cosmico", il cui corpo il mondo
e che vive nella luce, nell'aria e nell'acqua come l'anima vive nel corpo. Un gruppo
di inni, particolarmente significativi da un punto di vista teologico, iscritto sulle
pareti di un tempio costruito dal sovrano persiano Dario I, nell'oasi di el-Kharga.
Tutti quanti lodano il Tutto-Uno nascosto. Uno dei testi intitolato Il grande inno
segreto ad Amon-Ra, pronunciato dagli otto di primordiali e inizia con questi versi:
"Sia salutato, tu l'Uno, che si fece in milioni,/ che si dilata in spazio e in tempo
senza confini,/ forza allestita, che origin da s,/ eruzione primordiale dall'enorme
fiamma,/ ricco incanto dalla forma segreta,/ il ba segreto, al quale viene mostrata
profonda riverenza!" (gyptische Hymnen und Gebete, nr. 129, 1-6)
L'"Uno che si fece in milioni" una locuzione egizia per esprimere il concetto del
Tutto-Uno. Poich egli va oltre gli di del politeismo tradizionale, conosciuti
nominalmente, non pu essere chiamato per nome. La sua perifrasi pi estesa il
"ba segreto", il potere nascosto che si manifesta nel mondo. Questo testo gi
presente in un papiro magico dell'epoca ramesside (quindi precedente di 700 anni)
e verr ancora citato nel tempio di File dell'epoca imperiale romana. Un inno della
XXI dinastia inizia cos:
Questo dio sublime, il signore di tutti gli di,/ Amon-Ra, signore di Karnak, Primo di
Tebe,/ l'illustrissimo ba, che origin in principio,/ il grande dio che vive di Maat./ Il
primo dio originario che cre gli altri di primordiali,/ dal quale ogni dio gener./ Il
dio Uno che si fece in milioni./ L'Uno unico che cre ci che esiste,/ che fond la
Terra in principio./ Segreto nella nascita, ricco nelle incarnazioni, la cui origine non
si conosce. (gyptische Hymnen und Gebete, nr. 131, 1-10)
In questi Inni, il concetto di ba indica l'Uno nascosto, che si manifesta nel mondo in
quanto mondo, mentre in altri testi, al contrario, serve a descrivere le numerose
manifestazioni, nelle quali l'Uno percepibile all'interno del mondo. Il concetto, cos
utilizzato, appare gi nel Medio Regno. Nei Testi dei sarcofagi il ba del dio viene
considerato la sua manifestazione cosmica esperibile attraverso i sensi. Cos, il
vento ritenuto il ba del dio dell'aria, Shu, in cui, grazie alle formule 75-82 dei Testi
dei sarcofagi, si vuole trasformare il defunto.
Nel Libro della vacca celeste, dunque al pi tardi sotto Tutankhamon, si trova un
brano che contiene una teologia del ba pi elaborata:
Il ba di Shu il vento/ Il ba di Neheh la pioggia/ Il ba della tenebra la notte/ Il ba
delle acque primordiali Ra/ Il ba di Osiride l'ariete di Mendes/ Il ba di Sobek
sono i coccodrilli/ Il ba di ogni dio sono i serpenti/ Il ba di Apofi nella montagna
orientale/ Il ba di Ra in tutta la Terra. (Hornung 1982, pp. 26-27)
Le forze divine si manifestano nei fenomeni della sfera biocosmica, come il vento,
la pioggia, la notte, i coccodrilli o i serpenti. Nell'epoca ramesside diventa evidente
anche una teoria che si serve del concetto di ba per sviluppare una dottrina degli
elementi a partire dagli di delle quattro generazioni proprie dell'enneade
eliopolitana. I ba di Ra, di Shu, di Geb e di Osiride saranno collegati alla tetrade di
luce, aria, terra e acqua. Queste concezioni culminano nella dottrina dei dieci ba di
Amon, contenuta in un lungo inno, composto da dieci canti, ciascuno dedicato a un
ba, dei quali per si sono conservati solo i primi tre; per fortuna, in un inno
introduttivo, nella forma di canto mattutino, sono citati tutti i dieci ba, in modo che il
sistema di essi possa essere riconoscibile (tab. 2).
I primi cinque ba rappresentano gli elementi che governano il mondo, donandogli la
vita. La prima coppia di ba data dal Sole (Ra) e dalla Luna, i quali sono anche
definiti come gli occhi del dio cosmico; seguono poi il ba di Shu e quello di Osiride,
che indicano l'aria e l'acqua, mentre come quinto ba, per la Terra, non viene, come
ci si aspetterebbe, il ba di Geb ma quello di Tefnet. L'inno offre l'interpretazione
teologica: Sole e Luna non rappresentano la luce bens il tempo, che qui appare
come un'energia cosmica portatrice di vita. La luce assegnata al ba di Tefnet, la
dea dell'ureo fiammeggiante. Qui abbiamo il tempo, l'aria, l'acqua e la luce come
elementi che elargiscono la vita. Tutti e cinque i ba portano sul capo l'emblema
della loro manifestazione cosmica: il Sole, la Luna, l'aria rappresentata da una vela,
tre ciotole d'acqua (nw) e una fiaccola.
La seconda cinquina di ba rappresenta cinque classi di esseri viventi. Questa
teologia distingue la vita cosmica da quella animale: alle cinque energie cosmiche
che hanno elargito la vita, corrispondono le cinque classi di creature animate che
l'hanno ricevuta. Si tratta di uomini, quadrupedi, uccelli, animali acquatici e terrestri,
come serpenti, scarabei e defunti. Il ba degli uomini antropomorfo e si chiama 'ka
del re', il ba dei quadrupedi leoncefalo e si chiama 'Ariete degli arieti', il ba degli
uccelli antropomorfo e si chiama Harakhti, il ba degli animali acquatici
coccodrillocefalo e si chiama 'ba di coloro che sono in acqua', il ba degli abitanti
della Terra ha la testa di serpente e si chiama Nehebkau (v. tab. 2).
Qui il concetto non serve a indicare l'unit nascosta, ma al contrario a designare
l'immanenza divina differenziata. Nei testi magici dell'Epoca Tarda incontriamo i
sette ba di Amon fusi in un essere mostruoso a sette teste, ciascuna di un animale
diverso, e con la maschera di satiro propria del dio nano Bes:
Bes con sette teste,/ egli incarna i ba di Amon-Ra, []/ del dio del cielo, della terra,
dell'oltretomba, dell'acqua e delle montagne./ Colui che mantiene segreti i suoi
nomi agli di,/ del gigante dai milioni di cubiti,/ della forza, che fiss il cielo sul suo
capo,/ dal cui naso l'aria esce, per animare tutti i nasi,/ colui che come Sole sorge
per illuminare la terra,/ dagli emissari del suo corpo il Nilo scorre per vivificare ogni
bocca. (Sauneron 1970)
Questa figura chiamata 'Bes Pantheos' compare sulle stele magiche e sugli
amuleti, e diviene molto diffusa nell'Et Tarda. Tutti gli di sono riuniti nel mostruoso
dio Bes, che qui serve come maschera del dio-tutto, privo di nome, di immagine e
di raffigurazione. Questa immagine non descrive solo il dio nascosto, ma anche il
montaggio delle sue diverse manifestazioni terrene sotto forma di maschera. Nello
stesso papiro egli viene raffigurato ancora una volta, anche se con nove teste. Il
testo descrive l'immagine come "uomo con nove teste su un unico collo e
precisamente un volto di Bes, una testa d'ariete, di falco, di coccodrillo, di
ippopotamo, di leone, di toro, di scimmia e di gatto" (Sauneron 1970). Questo
Thes Pntheos compare nei papiri magici greci come Enneamorfo, 'dalle nove
forme' (Abrasax, p. 10). Per noi questa tradizione interessante soprattutto perch
descrive un anello di congiunzione tra la teologia dell'epoca ramesside (XIII-XII
sec.) e quella dell'Epoca Tarda greco-egizia, alla quale risalgono i testi ermetici. La
magia qui serve come un mezzo per garantire continuit nella trasmissione. Lo
scopo magico, per il quale questo abbozzo di dio teologicamente elevato stato
impiegato, esattamente cos generale e ampio come lo stesso dio. Da lui ci si
aspetta protezione contro tutti i pericoli immaginabili. Questa forma di 'panteismo',
come culto del Pntheos, nella magia si dimostrata un'idea estremamente
efficace. La figura del dio cosmico nascosto gioca un ruolo sia nei papiri magici
greco-egizi sia nel Corpus Hermeticum e nel corso dell'Ellenismo sar applicata
anche a Iside. Iside sar infatti venerata come la divinit che uno e tutto: una
quae es omnia verr chiamata in un'iscrizione di Capua, mentre in un inno di
Isidoro da Narmouthis sar esaltata come "unica che tutto sei" (mone s e
hpasai, Vanderlip 1972, p. 18 e segg.). Iside sar chiamata "dagli innumerevoli
nomi" (myrinyma), espressione con cui si vorr indicare che tutti i nomi divini in
ultimo si riferiscono a lei e che tutti gli altri di sono solo aspetti della sua natura
che abbraccia ogni cosa; si tratta della stessa idea che compare nel Corpus
dell'eziologia.
L'altra cosmogonia demotica stata scritta nel II sec. d.C. Essa proviene da
Tebtunis nel Fayyum, dove probabilmente era conservata nella biblioteca del
tempio. Nella sua forma attuale il papiro si compone di pi di quaranta frammenti di
diverse dimensioni, distribuiti nelle tre collezioni di Copenaghen, di Firenze e di
New Haven citate all'inizio.
Anche questa cosmogonia almeno per la parte conservata inizia al tempo in cui
tutto era sommerso dalle acque dell'oceano primordiale. Nelle sue profondit il dio
Pshai trov un luogo di sabbia su cui sostare e l si alz in piedi. Le acque
nascondevano anche una pianta che crebbe e divent un cespuglio, il quale
galleggiando and alla deriva finch si ferm in un luogo che deve essere
identificato probabilmente con Ermopoli, dove Pshai si stabil e sparse il suo seme.
Sebbene il testo che segue sia mal conservato, la conseguenza di questo atto
quasi certamente la procreazione del figlio di Pshai, Ptah, che subito dopo appare
per la prima volta nel testo.
Ptah cre gli otto membri dell'Ogdoade ermopolitana e diede loro i nomi.
Successivamente, queste divinit iniziarono a fondersi le une nelle altre: le quattro
componenti maschili in un unico dio e le quattro femminili in una sola dea. Alla fine
questa coppia si un in una singola divinit, identificata con Amon, che assunse la
forma di un toro nero con otto diversi aspetti (ipostasi), una per ciascun membro
dell'Ogdoade e ciascuna con i suoi poteri e attributi.
Il testo successivo descrive le attivit dei quattro venti del cielo, in cui si pu
riconoscere un'ulteriore manifestazione di Amon. I quattro venti, infatti, si uniscono
in uno solo, che separa il cielo dalla Terra e forma o fertilizza un uovo, dal quale si
dice che uscir il dio Sole Pshai. Questa la stessa divinit che figura nella
sezione di apertura della cosmogonia, dove fino a questo momento, tuttavia,
conduceva la sua esistenza nascosto all'interno dell'oceano primordiale. Il fatto che
Pshai esca dall'uovo rappresenta, dunque, non la sua creazione, ma piuttosto la
sua prima manifestazione nel Cosmo creato.
In seguito, il dio Sole chiam all'esistenza tutti gli altri di. Una sezione del testo
molto mal conservata potrebbe descrivere la ribellione contro la divinit solare che
si suppone essere avvenuta subito dopo la sua nascita, la sconfitta dei suoi nemici
con l'aiuto di Thot e della vacca divina, e la sua elevazione al cielo insieme a
questa dea. Dopo di ci i membri dell'Ogdoade morirono e furono sepolti a Tebe.
Thot, in veste di delegato del dio Sole in Terra, effettu i riti funerari in loro favore
prima di ascendere egli stesso al cielo come dio Luna.
Il testo prosegue raccontando la nascita di Horo e il suo nascondiglio nei papireti di
Chemmi. Successivamente sono trattate l'origine e la natura della vita e della
morte; si spiega come i mari, le montagne e le colline si siano formati, che cosa
provochi l'inondazione del Nilo, perch gli animali si riproducano e le piante
crescano, e come siano stati creati i minerali all'interno della Terra. Ci che colpisce
maggiormente dell'opera nel suo insieme l'importanza del ruolo assegnato
all'oceano primordiale nel funzionamento del Cosmo, dall'inizio dei tempi fino al
presente.
difficile accertare la data effettiva di composizione di queste cosmogonie.
Sebbene siano chiaramente basate su fonti egizie precedenti, esse incorporano
alcuni elementi nuovi. Nell'insieme non c' ragione di supporre che siano molto pi
antiche dei manoscritti che ce le hanno conservate. Entrambi i testi hanno una
primordiale, informe e senza struttura alcuna (le acque primordiali del Nun), da cui
nasce, attraverso un atto di autocreazione spontanea, il demiurgo; il rapporto di
successione cronologica manifestato esplicitamente mediante la metafora del
'padre Nun'. A partire dal XIII sec. si nota un mutamento in questa formulazione: la
successione temporale (e causale) di Nun e del demiurgo reinterpretata come
una compresenza temporale; viene cos a mancare la causazione diretta del
demiurgo da parte di una materia primordiale informe e il Nun diventa la forma
preesistente del demiurgo.
Nel I sec. a.C., nei grandi templi di Edfu e Dendera il processo di causazione
concepito al contrario: non pi il demiurgo a nascere dalla materia primordiale,
bens lui a creare tale materia come la propria personificazione preesistente, vale
a dire non ancora appartenente all'ordine cosmico successivo; con ci il demiurgo
posto al principio del mondo, il quale viene da lui creato ex nihilo.
Nelle teorie cosmogoniche precedenti permane dunque un elemento di
inesplicabilit non accessibile all'umanit, poich certamente nessuno pu sapere
qualcosa sul tempo che precede la propria nascita, nemmeno lo stesso demiurgo.
Neppure per il tramite della rivelazione divina (il sogno, l'oracolo, ecc.) possibile
conoscere il tempo delle origini. Con le grandi cosmogonie dei templi di Edfu e
Dendera il tempo che precede la creazione invece assoggettato alla capacit
intellettiva umana: il punto di partenza dato da un demiurgo il quale dispone di
tutto il sapere che riguarda la creazione. Queste cosmogonie rappresentano
pertanto il tentativo di razionalizzare ci che inizialmente era inesplicabile e di farne
un tema per la riflessione dell'uomo.
Di seguito si dar una descrizione delle principali cosmogonie dei templi grecoromani, seguita da un'analisi dei loro contenuti.
La cosmogonia del tempio di Horo a Edfu
Uno degli esempi pi importanti di cosmogonia si trova nel tempio di Horo a Edfu e
s'accompagna a una scena rituale. L'iscrizione, che si trova sul lato orientale
interno del muro di cinta, databile all'epoca di Tolomeo X (88-80 a.C.). Non si sa
con certezza quale sia l'origine del testo, anche se probabilmente stato redatto
per la prima volta in epoca tolemaica.
Il testo particolarmente lungo e complesso, e vi si possono riconoscere pi livelli
critici; esso comincia in modo repentino, cosicch i primi eventi della cosmogonia
possono essere ricostruiti soltanto approssimativamente. All'inizio esiste Horo, il
demiurgo, sotto forma di occhio preesistente. Come prima azione, il demiurgo crea
due specchi d'acqua chiamati Waret e Hebebet; d poi vita agli di Wai e Aa, i quali
appartengono al gruppo degli Shebtiu, che assistono il demiurgo nella cosmogonia.
Il testo vero e proprio inizia quando le acque entrano in conflitto e l'occhio di Horo
s'abbassa a separarle. Un fascio di canne viene 'visto' dalla fantasia creativa del
dio e in tal modo portato all'esistenza; le canne quindi si separano quando Aa,
che aveva nuotato qua e l, tocca la riva.
Il secondo livello ontologico si raggiunge attraverso la trasformazione del demiurgo
nel falco Heter-Her. Egli 'vede' un'ala in modo analogo al fascio di canne
precedente; in seguito emergono alcune strisce di sabbia a sostegno dei suoi piedi.
Il demiurgo diventa allora il falco Siau e, di conseguenza, appare anche l'altra ala.
Il dio, dispiegando le ali, dilata lo spazio del mondo creato; egli vola al terzo livello
della trasformazione ontologica divenendo Api, il disco solare alato. Sono poi creati
gli di superiori e inferiori, e il dio solare collocato nel cielo. Si passa quindi alla
creazione di un luogo di pena, dov' collocato il nemico degli di Sesi (Apofi). Il
demiurgo infatti il signore del terrore, colui che sconfigge gli avversari. Dopo ci
compare Tatenen (la Terra emersa) ed creato il collegio divino dell'Ogdoade
insieme con Thot.
Il quarto livello ontologico si costituisce attraverso la trasformazione del demiurgo in
Horo Sekhem-Her. Segue la fase del 'plasmare ci che destinato' attraverso
l'apparizione del dio Khnum; dato un nome alle sponde, sono create le piante
verdi ed creato il primo uomo, mentre le acque sono respinte. La cosmogonia
termina con una lode al demiurgo.
La cosmogonia sul secondo pilone di Karnak (portale di Evergete)
Un altro importante testo si trova nel tempio di Amon-Ra a Karnak, iscritto su due
lunghe linee orizzontali su entrambi i lati della porta centrale del secondo pilone
(portale di Evergete). La lingua si riallaccia al medioegizio classico del II millennio
(neo-medioegiziano). La datazione del testo originale incerta e dubbia appare
anche la possibilit che si tratti di una raccolta di diversi testi isolati. Questa
cosmogonia prevede la preesistenza dell'acqua primordiale Nun e l'implicito
stabilirsi del secondo livello ontologico, grazie alla creazione di Amon da parte del
padre Nun. Amon porta sin dall'inizio sulla fronte l'ureo, il serpente nero simbolo
regale. Con il fuoco (bsjt) dell'occhio dell'ureo 'cotta' Tebe, che diventa la collina
primordiale emergente dalle acque. Amon progetta quindi l'ulteriore sviluppo del
Cosmo, creando Tatenen (la parte emersa della Terra) e l'Ogdoade delle divinit,
cio i princip primordiali.
Il terzo livello ontologico si realizza mediante la trasformazione di Amon in un
bambino sublime (i psy), che sorge da un fiore di loto nel mezzo delle acque
primordiali. Poich in Egitto (come anche in India) esiste un legame culturaleassociativo fior di loto-Sole, cio occhio-Sole, ne segue, come evento successivo,
l'illuminazione della Terra attraverso i due occhi di Amon: il Sole e la Luna.
Dall'occhio (Sole) escono lacrime (rmyt), che danno origine agli uomini (rm),
mentre dalla saliva (ntt) della sua bocca nascono gli di (nrw).
La cosmogonia nel tempio di Khonsu nell'area templare di Karnak
I testi cosmologici del tempio di Khonsu a Karnak sono raccolti in due scene rituali
che hanno per oggetto la consegna di una statua raffigurante la Maat a diverse
divinit. Il testo principale si trova nel registro inferiore della parete occidentale della
sala V (direttamente dietro al santuario). Poich i cartigli regali sono vuoti non
possibile datare esattamente l'iscrizione. Le altre pareti erano gi state decorate nel
1153-1146 e intorno al 150 a.C.; assai probabile che anche i testi cosmogonici
siano stati incisi tra la met del II sec. a.C. e il I sec. d.C. L'epoca d'origine dei testi
databile nell'intervallo tra il 1200 a.C. e il I sec. d.C.; la lingua, ispirata al
medioegizio classico, non indica a priori una redazione in quell'epoca.
All'inizio della cosmogonia sono gi presenti Ptah (cio Tatenen) e l'acqua (mw,
cio Nun). Non pu essere stabilito a chi dei due spetti la precedenza temporale. Il
secondo livello ontologico si costituisce grazie alla trasformazione del demiurgo
Ptah nel primo serpente; sotto questa forma egli crea il cielo e la Terra. Il cielo
sputa un uovo, che, fecondato dal demiurgo, si trasforma in un secondo serpente;
questo, identificato con Amon, ingoia l'uovo (mitica gravidanza nella gola), al cui
interno si forma il gruppo divino dell'Ogdoade. Attraverso ulteriori trasformazioni e
accoppiamenti nascono poi la Terra e il Sole. Qui il testo s'interrompe.
La cosmogonia di Neith nel tempio di Esna
Nel tempio di Esna, a sud di Tebe, sono venerate due divinit, Khnum criocefalo,
cio con testa d'ariete, e Neith antropomorfa o in forma di vacca, che sono le figure
principali del racconto della creazione. Il testo della cosmogonia di Neith nella
zona centrale della seconda colonna del primo colonnato nella parte destra
dell'ipostilo; l'incisione risale all'epoca dell'imperatore romano Traiano (98-117). Non
stato possibile finora datare l'origine del testo utilizzando criteri linguistici.
Nella cosmogonia di Esna, il primo livello ontologico presuppone la preesistenza
dell'acqua primordiale Nun, che il corpo della creatrice androgina Neith. Il
secondo livello costituito dalla mutazione di Neith in una vacca; segue
immediatamente il terzo livello ontologico, nel momento in cui la creatrice si
trasforma in un pesce (Lates niloticus), per potersi muovere nel Nun. Con i suoi
sguardi la dea rischiara, e cos nasce la luce; per il suo bisogno di quiete essa
trasforma una zona del Nun in terraferma e risplende sopra il luogo. In conformit
ai nomi pronunciati sorgono le citt di Esna e il suo corrispondente nel Basso
Egitto, Sais, e poi il resto dei luoghi e l'intero Egitto. Sia i nomi enunciati che i luoghi
sono riferiti etimologicamente gli uni agli altri: per esempio "splendere" (bq) ed
"Egitto" (bqt). Per alleviare la sua solitudine, Neith crea trenta di e insieme ad
essi si dirige a Esna-Sais, dove crea una collina. La dea procede quindi a una serie
di creazioni: dalle lacrime nascono gli uomini, dalla saliva gli di e da
un'espettorazione della sua bocca Apofi e con esso la ribellione contro l'ordine
cosmico; infine, dalla sua afflizione nasce Thot, attraverso la cui intelligenza si pone
termine alla ribellione. Il terzo livello ontologico si conclude con le sette parole della
creazione, pronunciate da Neith. Il livello successivo si realizza tramite la sua
trasformazione nella Vacca-Ahet che, recatasi a Sais, si trasforma nella VaccaWereret, cio nella forma cultuale propria di quella citt. Il racconto della creazione
termina con la descrizione dell'immagine di culto e dell'organizzazione delle sue
feste.
La teologia della luce
Confrontando fra loro le varie cosmogonie si nota che, mentre nel II millennio la
nascita della luce coincide con la creazione del Sole, nel I millennio, al contrario, si
parla di due differenti tipi di luce, che sono indicati con parole diverse: per esempio,
a Esna sono usati i termini spw e wt. Nei testi successivi la prima luce a
essere creata appartiene al terzo livello ontologico e la seconda, che quella
solare, al quarto. In questo modo la luce primaria una creatura del mondo divino,
che non pu essere vista dagli uomini normali, mentre pu essere percepita dagli
di e dalle anime defunte (akh). L'idea di una duplice creazione della luce era
probabilmente la conseguenza di un'intensa discussione sulla questione della
presenza della luce nell'aldil. Secondo il punto di vista tradizionale, la risposta a
tale questione era affermativa, poich sembrava che nel regno dei morti si
provvedesse anche ad altre necessit umane, come la nutrizione e l'alloggio: "La
tua [del demiurgo] anima (ba) in cielo, lontana sopra l'umanit; i suoi raggi
toccano le caverne dell'oltretomba" (tomba di Tjai, in Assmann 1983, p. 19). Questa
descrizione contribuisce di certo all'immagine serena dell'aldil egizio,
differentemente da quello mesopotamico o greco. Contro quest'idea tradizionale
prese per corpo, a partire dall'epoca di Amarna (1350 ca.), una lenta opposizione
e spiegazioni sempre pi naturalistiche iniziarono a confluire nelle cosmologie. Gi
nell'Inno ad Aton di Akhenaton troviamo scritto: "tu tramonti nell'orizzonte
occidentale, cos il mondo nella tenebra, nella condizione di morte. I dormienti [i
morti] sono nella camera, con il capo coperto, nessun occhio vede l'altro". Dubbi
circa la presenza della luce nell'aldil si trovano specialmente in Tjanefer, il terzo
sommo sacerdote di Amon (1184-1153 ca.):
La presa degli spiriti luminosi e dei defunti non ti pu raggiungere. Tu sei molto
lontano da loro; essi non ti possono vedere, poich tu sei in cielo e ti allontani
velocemente verso le zone 'superne'. [Per ci che riguarda] i tuoi raggi, essi
vengono visti da coloro che sono sulla Terra, [ma] non sono visti da coloro che
stanno sotto il suolo. Tu vieni [?] verso di loro, mentre sei molto chiaro e grande,
[ma] [per loro] molto scuro e coperto [macchiato e sporco]. [Allora:] la luce per
loro un 'tab'; tu non puoi destinare loro niente di ci che in te. (Assmann 1983, p.
203)
La doppia creazione della luce, presente nell'Et Tarda, si colloca su questo sfondo
e si profila come una soluzione del conflitto; qualora nel mondo divino, prima della
creazione del Sole, fosse stato presente un tipo di luce, allora questa avrebbe
potuto operare anche laddove la luce solare non poteva inoltrarsi, attraverso la
Terra sino all'oltretomba. Soltanto la luce solare terrena confinata alla superficie
terrestre. La rappresentazione, propria della cosmologia egizia, della luce del
mondo divino concorda con quella tardoantica della luce come forza ordinatrice
dell'Universo.
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