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22/2/2020

Brescia
Lezione di Gregorio Mazzonis
“Genitorialità Adottiva”

Adozione→ Un modo diverso per diventare famiglia, senza genitorialità biologica.


La differenza principale da quest’ultima condizione è che, con l’adozione, non si può diventare
genitori per caso. Essa implica una progettualità pensata, analizzata. La coppia inoltre deve essere
valutata per poter adottare.

Mazzonis immagina la genitorialità così:

Come una casa, sul cui tetto piovono i


problemi della vita e dove le sue fondamenta
si chiamano: amore, accudimento ecc..
se le fondamenta sono fragili può essere che
le intemperie che si abbattono sulla casa la
possano far crollare.

È così che genitori che sono stati poco amati nella vita avranno competenze genitoriali più fragili,
tanto da crollare per il pianto del bambino oppure divenire in grado di reggere a eventuali
separazioni, divorzi, disoccupazione,ecc..
L’adozione di un bambino che è stato abbandonato è di fatto una riparazione ad una mancanza
d’amore sopperita dalla coppia, che si rende disponibile ad amare l’altro tramite l’adozione.

Alcuni dati…

La povertà non significa abbandono.


Infatti, confrontando la percentuale di abbandoni di minori tra Italia (ricca) ed India (povera),
l’Italia si attesta la maggior percentuale di abbandoni, anche in forme più mascherate.
Si pensi che in passato, nelle famiglie italiane anche abbienti era ritenuto di prassi non occuparsi dei
figli, i quali più spesso crescevano con tate, balie esterne alla famiglia.

Il desiderio di Genitorialità nella coppia che adotta

- attivazione del sistema motivazionale di ACCUDIMENTO nella coppia adottiva, che di fatto si
rende disponibile A DONARE AMORE PER COMPLETARSI.
- presenza di conflitti interni, bisogni individuali irrisolti possono essere soppressi nella percezione
di qualcuno disposto a donare amore a chi non l’ha, in modo totalmente gratuito.

Dunque… l’amore per quel bambino da dove deriva?

I genitori adottivi sono dotati di amore libero da donare. Quando iniziano ad occuparsi di un
bambino specifico finiscono per dichiarare di amare lui, soltanto lui e nessun altro minore.
Gli adottati spesso partono con il pensiero che i genitori adottivi lo ameranno SOLO nella misura in
cui È UN BRAVO BAMBINO.
L’essere stimato e ben voluto viene misurato con la facilità di stabilire legami e rapporti, avvicinare
l’altro a sé.
L’atto adottivo dunque non si basa sul “ fare del bene all’altro”, ma sul DONARE AMORE ad un’
essere, aiutarlo ad auto-realizzarsi per quello che è.
Perciò “NON SI ADOTTA PER DAR DA MANGIARE AD UN BAMBINO CHE HA FAME” (cit.
Mazzonis).
È chiaro poi che non possiamo sapere cosa ha vissuto il bambino prima dell’abbandono, tranne che
per quello che possiamo leggere da scritti biografici.
Possiamo venire a sapere che ha avuto un trascorso travagliato, ma ciò che più conta è che possiamo
arrivare davvero a cogliere il trascorso emotivo attraverso alcuni SEGNI: LA PAURA E LO
SPAVENTO. Paura che è già presente alla nascita.
Capita che ci siano genitori adottivi che si sentono disprezzati dall’adottato perché magari sono
portatori di valori diversi da perseguire ( esempio tra genitori musicisti che potrebbero veicolare
valori e importanza legata alla musica ad un adottato del kenya, nato in un contesto propulsore di
altri valori). Quello che si viene a creare alla base è una difficoltà a riconoscersi nella propria
diversità.
Naturalmente si è portati come genitori a trasmettere ai figli i valori e i modelli che sono stati
significativi per la propria crescita e, vedere che il figlio adottivo non è in grado di comprenderli o
accettarli è molto faticoso e doloroso da accettare. Al tempo stesso genera frustrazione. Può essere
che il danno ricevuto dal bambino impedisca di fargli comprendere certi stati interni del genitore
adottivo poiché mobilitato dalla paura dell’abbandono (che rimane sempre), anche nelle migliori
famiglie in cui possa capitare.
Questo spiega come mai a 20/25 anni l’adottato spesso faccia richiesta al tribunale del proprio
fascicolo.
Nel caso di un’adozione internazionale→ Il dossier è disponibile in tribunale e, dai 18 anni in poi
l’adottato può far richiesta di consultazione.
Nel caso di adozione nazionale→ Il dossier è disponibile all’adottato dopo il compimento dei 25
anni. La madre biologica anonima può valutare nuovamente se restare ignota oppure rendersi nota.
Se l’adottato fa richiesta in tribunale, quest’ultimo rintraccia la madre biologica e le formula la
richiesta, a cui liberamente può rispondere.

Coppia adottiva versus coppia biologicamente generativa

La coppia che adotta va incontro a fatiche maggiori legate alla mancata possibilità di concepimento
naturale ( e quindi sofferenza); inoltre il tempo risulta più dilatato: da quando la coppia fa domanda
in tribunale, viene valutata idonea e riceve il minore.

Due valigie a confronto: quel minore adottato e del genitore adottivo

Minore adottato Coppia adottiva


-abbandono e adozione - fatica
- trauma della perdita - paura*
- scarsa tolleranza ( con tendente ricorso alla via - stanchezza
breve del cervello nelle risposte) - bisogno di diventare genitori ed essere
- infanzia probabilmente travagliata riconosciuti tali
- paura* ( dell’incontro, dell’accettazione, - desiderio di normalità
reiterazione abbandono, aspettative deluse) - scarso riconoscimento del dolore patito dal
- rabbia minore
- impotenza - senso di inadeguatezza
- speranza - paura di non essere accettati e/o non accettarlo
- accondiscendenza
- ricerca attiva delle origini
-bisogno di integrarsi

* LA paura/timore è simmetrico in entrambi.


Il bambino biologico, rispetto a quello adottivo, può essere il “principe d i casa” in modo molto più
naturale ed immediato, mentre l’adottivo deve fare uno sforzo identificativo e poi integrativo.
Accade spesso, che gli adottivi siano stati istituzionalizzati prima di approdare alla casa degli
adottivi e, come spesso accade, ricevano delle “raccomandazioni” sul comportamento da mantenere.

Spesso il timore di non essere accettato è più del genitore che non del minore. Non è in dubbio
l’amore del genitore verso il bambino quanto la percezione di adeguatezza del genitore verso il
figlio ( per questo motivo l’ adulto è spesso assalito da continui dubbi). Il genitore adottivo si
spaventa anche quando il figlio comincia a fare ricerche attive sulla propria storia d’origine, perché
l’adottivo teme che il minore preferisca tornare alle origini, preferendo Altri a sé.
I genitori biologici non condividono questo tipo di paura, poiché godono dell’“esclusività” da parte
dei loro figli.

Oltre alla paura, i genitori adottivi possono condividere vissuti di rabbia e impotenza rispetto alla
propria mancata generatività. Rabbia a partire dal processo di valutazione a cui sono stati sottoposti
per lungo tempo prima di essere giudicati idonei ( portando ad attivare il sistema motivazionale
agonista).
Bambini adottati che attivano il sistema motivazionale agonista appena percepiscono da parte
dell’adulto “un ordine” a cui loro dovrebbero “sottomettersi”, facilmente diventano oppositivi e
provocatori.

Es: L’adulto dice: “metti la felpa, fa freddo!” . Ci si attende che il bambino esegua il comando.
Invece, con più facilità il bambino reagirà con una scenata.
Lo stesso adulto sarebbe meglio che si accostasse al minore, dicendo: “ fa freddo fuori, non è forse
il caso di indossare il giubbino?”.

Il genitore adottivo con un figlio che attiva il sistema motivazionale agonista non dovrebbe
atteggiarsi in modo impositivo, per riuscire ad assecondare il bisogno di controllo e potere.
IL GENITORE ADOTTIVO NON DEVE TANTO EDUCARE IL MINORE QUANTO
PIUTTOSTO CURARLO (cit.)

In tema di speranza, invece, l’adottivo non ne è generalmente portatore. “Lui, che ha sperimentato
l’inferno, non può prefigurarsi il paradiso!”.
Assimila tutto ciò che può ricevere, anche senza capire ciò che è buono rispetto a ciò che ha
ottenuto. Il sistema motivazionale agonista attivato gli impedisce di essere riconoscente al genitore
adottivo. Manifesta cioè basso livello di tolleranza alla fatica. Trattandosi poi di un bambino che ha
sofferto troppo, non vuole sacrificarsi ancora.

Conseguenze relazionali nell’adozione

- Senso di incompetenza genitoriale ed egosintonizzazione ( Il bisogno di essere capiti e/o ascoltati


come genitori impedisce la sintonizzazione sui bisogni del bambino);
- Sfiducia nelle relazioni;
- Attivazione del sistema motivazionale dell’accudimento anziché agonista;
- Bassa autostima.
- Attivazione di stili cognitivi basati sulla DIFESA DEL NON PENSIERO ( dissociazione e
mancanza di connessione causa-effetto) come risposta possibile all’abbandono.
- Quando oltre all’abbandono si sperimentano altre esperienze traumatiche, le possibili reazioni
sono FIGHT ( attivazione sistema simpatico attacco-fuga), FLY (dissociato) e FREEZING
ipervigilante (con corpo bloccato sino a quando è possibile scappare) collassato (con blocco fisico
ma testa pronta ad agire).
- Attivazione di modalità di risposta basata sull’attivazione della via breve di risposta a livello
cerebrale, nel minore adottato.
Il minore adottato risponde a stimoli percepiti come pericolosi attivando la VIA BREVE DEL
CERVELLO. Una via breve, veloce, finalizzata alla sopravvivenza.
Si attiva senza cognizione ed è istintiva; funziona per associazioni e sollecita la parte emotiva
dell’encefalo ( amigdala, ipotalamo…) .
Dunque è possibile dedurre che un soggetto che reagisce ad una situazione di pericolo in modo
aggressivo o con la fuga, sta attivando la via breve di risposta cerebrale, che appunto è immediata,
veloce, priva di cognizione e funzionale alla salvezza. In quella precisa circostanza è inutile
intervenire pensando di bloccare l’escalation adducendo argomentazioni logiche; piuttosto
contenere e calmare il soggetto, limitare l’esposizione a pericoli e poi riprendere il discorso.

• Visione video tratto dal film “particelle elementari”


Il video si concentra sul divenire genitore da parte di un adottato e sulla sua fatica a riconoscere e
soddisfare adeguatamente i bisogni del neonato, senza anteporre i propri.
Nello specifico della scena, in modo forte, si vede il padre mettere del sonnifero nel biberon del
minore perché non sopportava l’idea di sentirlo piangere.
Il padre, emotivamente, non riesce a sintonizzarsi con i bisogni del minore perché troppo impegnato
a difendersi dalle sue fatiche.

Nell’esperienza clinica di Mazzonis, analizzando la popolazione clinica di adottati, la percentuale


maggiore ha sviluppato un funzionamento evitante o disorganizzato.

L’adozione nel rapporto con i pari

Capita di frequente che bambini adottati siano quelli che faticano di più nel mettersi in gioco nella
relazione con i pari. Non invitano i compagni a casa, ma accettano con entusiasmo l’invito ad una
festa. Si tratta di bambini che giocano in difesa, anticipando eventuali futuri rifiuti.
Lo stesso bisogno di essere amato viene frustrato e a lungo termine l’auto-sabotazione della
relazione con l’altro (sia esso il genitore adottivo o un pari) diventa disfunzionale.
Spesso accade, nel giro di poco tempo, che si attivi un campanello d’allarme nell’adottato
affezionato, che lo invita a difendersi da un eventuale abbandono/ rifiuto, portandolo ad esibire una
maschera di distacco.
In questo modo producono attorno a sé un ambiente espulsivo.

Alcune indicazioni utili al trattamento

Eventuali consigli educativi e pedagogici sull’adozione possono valere solo per quelli orientati alla
promozione dell’autonomia e crescita-sviluppo.
l’adottivo da una parte desidera l’autonomia, dall’altra è terrorizzato dall’autonomia e paura
dell’abbandono associato.

Es: Ragazzo di 13 anni che da un pugno sul naso al padre adottivo e poi gli chiede di essere portato
a letto in braccio.
L’adottato deve essere aiutato a sviluppare il seguente pensiero: “ Grazie mio sistema d’allarme, ti
ringrazio, ma adesso non mi servi più”.

➢ L’adottato deve essere aiutato a capire le buone ragioni del perché si comporta in modo
sabotante. Il genitore che adotta deve invece essere aiutato a cogliere la differenza tra
educare e amare qualcuno; fargli capire che si può amare anche nella diversità e che non
necessariamente si ama ciò che è uguale a noi.

➢ L’adottato deve essere guidato a capire che c’è una differenza tra figli biologici e adottivi e
che sta nella disponibilità gratuita e disinteressata ad amare quest’ultimi e non tanto per
motivi legati alla povertà (da parte dei biologici di occuparsi della propria prole) o per
un’altra ricompensa.
➢ Alla domanda sull’abbandono subito il bambino va sempre deresponsabilizzato.
➢ Al bambino adottato che rinuncia ad amare non lo si può convincere del contrario, ma
dirgli che “più che la meta conta il viaggio” (cit. Mazzonis).
➢ Non è possibile garantire storie d’amore infinite, ciò che conta è trovare qualcuno che ci
ami, ci stimi, ci sostenga nella crescita.

• Visione video del film “ La guerra di Mario”

IL focus del video è sull’importanza di assumere un atteggiamento di dipendenza intermedia nei


confronti dell’adottato, quando in stato di allerta; ossia vicino a te, ma in sicurezza.
Controproducente in termini di frustrazione e in termini di ricadute dell’autostima sarebbe quella di
permettere all’adottivo di operare continui rifiuti ed espulsioni senza provare ad intervenire.

Adozione e fratria

La genitorialità nel caso di adozione può risentirne lavvode la coppia concepisce un figlio in un
secondo tempo, oppure intende adottare dopo aver avuto figli naturali.
l’invito dell’esperto è quello di valutare attentamente ogni singola richiesta.
Alla luce di tutte queste considerazioni è intuibile come nelle famiglie adottive non basti donare
amore, ma essere equipaggiati per affrontare situazioni complesse che ruotano attorno al tema
adozione.

Es. bambino adottato assieme alla sorella minore. Origini colombiane


-Seguito in un servizio di neuropsichiatria dell’infanzia per ritiro sociale (poi scoperto legato a
motivi di bullismo).
-Lui stesso fa richiesta al medico di essere inserito in una comunità.
-Riceve dalla npia diagnosi di disturno borderline di personalità ( 12 anni !!!)
-La sorella minore in colombia veniva venduta a uomini adulti per soldi
-Prescrizione farmacologica (adottata dai traumatizzati) basata su stabilizzatori dell’umore
-Linea guida per l’intervento:
• evitare banalizzazioni
• evitare di stabilire accordi/ patti comportamentali prima di stabilire la relazione
• amare prima di educare
• accettare prima di insegnare
• curare prima di tutto il legame di attaccamento poi insegnargli competenze/abilità
• saper “cedere” quando c’è un escalation per poi riprendere la questione
• evitare atteggiamenti aggressivi che possono reiterare il trauma
• comunicare per rispecchiare e favorire l’integrazione del passato del bambino adottato nella
situazione presente
- Da un punto di vista educativo:
• potenziare l’autostima bassa poi lavorare sullo sviluppo di competenze/abilità
• saper dare dei “ NO” fermi, ma saper anche fare un passo in dietro laddove si sta
insinuando l’escalation, poi riproporre la regola.
• Ricorsdarsi che la genitorialità nell’adozione non sempre si traduce in iper-gratificazione,
bisogna per tanto saper leggere il comportamento del bambino con le giuste lenti.
• Trattasi di un percorso che procede per tentativi, fatto di salite, riparazioni e successi che
subentrano con gradualità.

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