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SOCIOLOGIA ECONOMICA E DEL LAVORO

CONTRIBUTO DIDATTICO N°5

LA SOCIETÀ SALARIALE
COME MODELLO DI REGOLAZIONE SOCIALE DEL FORDISMO MATURO

In proposito Robert Castel, seguendo le riflessioni della già citata scuola della regolazione, ci
invita a considerare cinque specifiche componenti della SOCIETÀ SALARIALE:

a) il formarsi di una netta separazione economica e sociale tra coloro che lavorano
regolarmente e coloro che invece sono inoccupati ed esclusi dal mercato del lavoro, infatti:
“La definizione moderna di salariato suppone la precisa identificazione di quella che gli
statistici chiamano la popolazione attiva” (Castel, 1995, p. 525, traduzione nostra);
b) la stabilizzazione delle carriere lavorative all’interno di un’occupazione “fissa” e la
razionalizzazione di quest’ultima all’interno di una gestione analiticamente precisata e
regolamentata dei modi e dei tempi d’esecuzione delle mansioni. Effetto non secondario di
tale situazione è che in questo modo il lavoratore viene “a perdere il potere di negoziazione che
gli procurava il possesso di un mestiere” (Ivi, p. 533); d’altro canto “è senza dubbio la
razionalizzazione scientifica della produzione che ha fortemente contribuito all’omogeneizzazione della
classe operaia” (Ivi, p.534) sgretolando l’incomunicabilità tra i lavoratori “artigiani” che si
riconoscevano direttamente nelle “corporazioni” di mestiere ed innescando la progressiva
fondazione del potere simbolico della classe operaia;
c) la fondamentale funzione, svolta dai salariati, nel “sostenere” il consumo della produzione di
massa. Quest’aspetto della società salariale realizza lo status sociale dell’operaio come status
di consumatore. Lo sviluppo della produzione viene così direttamente collegata all’espansione
del consumo di massa: i due aspetti congiunti - produzione e consumo - completano il ciclo
economico del capitale e ne permettono la crescita e dunque lo sviluppo;
d) l’accesso della popolazione attiva, grazie alla diretta partecipazione al lavoro, ai servizi
pubblici e alla proprietà sociale e cioè la possibilità anche per la classe dei “non-proprietari” di
disporre di una parte della ricchezza (attraverso una sua parziale trasformazione in beni comuni
come ad esempio l’assistenza sanitaria, l’istruzione, la copertura previdenziale, ecc..) creata con
i processi di produzione capitalistici;
e) il riconoscimento “pubblico”, attraverso il diritto del lavoro, della funzione sociale del
lavoratore salariato e quindi l’acquisizione di uno status collettivo e sociale posto al di là
della dimensione “atomistica” di ogni singolo rapporto di lavoro.

Castel R., Les Métamorphose de la question sociale. Une chronique du salariat, Fayard, Paris, 1995, pp. 525-547.
Castel R., L’insicurezza sociale. Che significa essere protetti?, Einaudi, Torino, 2004.
Inoltre sulla scuola della regolazione:
Harvey D., La crisi della modernità, Il Saggiatore, Milano, 1993; cap. 7.

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