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PACCA, Bartolomeo
di David Armando - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)
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Compì i suoi studi presso i gesuiti al collegio dei Nobili di Napoli e, dopo
l’espulsione della Compagnia dal Regno (1767), al collegio Clementino di Roma,
retto dai somaschi, nella cui colonia d’Arcadia fu ascritto nel 1773 con il nome di
Abretano Perizio e dove nel 1777 difese delle Praelectiones mechanicae
practicae (Roma).
Avviato alla carriera ecclesiastica nell’ambito della strategia di ascesa sociale della
famiglia, ascritta al patriziato beneventano dal 1721, conseguì la laurea in utroque
iure alla Sapienza nell’aprile 1775. Dal 1778 al 1784 frequentò l’Accademia dei
nobili ecclesiastici, da poco riaperta da Pio VI, assieme ad altri giovani destinati al
servizio diplomatico fra cui Annibale della Genga, Antonio Gabriele Severoli ed
Ercole Consalvi; nella Pasqua 1782 pronunciò in Vaticano una De Jesu Christi
ascensione ad coelum oratio (Roma). Consalvi (1950, p. 11) probabilmente si riferiva
anche a lui nel ricordare i propri «compagni» che dovettero «la loro fortuna» alle
«relazioni favorevoli» presentate al papa da uno dei professori, l’intransigente
polemista ex gesuita Francesco Antonio Zaccaria.
La sua carriera fu rapidissima: cameriere segreto nel maggio 1785, subito dopo
prelato domestico e referendario, quando nell’agosto fu ordinato prete era già
stato designato nunzio a Colonia da Pio VI. Consacrato vescovo di Damiata in
partibus, ricevette la nomina il 24 aprile 1786 e arrivò in Germania agli inizi di
giugno.
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La nunziatura copriva gran parte della Germania e dei Paesi Bassi; Pacca si trovò a
operare in un contesto difficile per la diffusione del febronianesimo e dalla politica
regalista dell’imperatore Giuseppe II che il viaggio di Pio VI a Vienna (1782) non
aveva attenuato. Nel giugno 1784 l’erezione di una nuova nunziatura a Monaco
aveva suscitato la protesta degli arcivescovi elettori di Colonia, Treviri, Magonza e
dell’arcivescovo di Salisburgo, che sottoscrissero nell’agosto 1786 la puntuazione
di Ems in cui rivendicavano un’ampia autonomia dalla S. Sede.
Il Nuntiaturstreit investì direttamente Pacca: l’arcivescovo di Colonia Massimiliano
Francesco, fratello dell’imperatore, rifiutò di riceverlo se non avesse rinunciato a
esercitare la giurisdizione e gli contestò la concessione di una dispensa
matrimoniale al principe Ludwig Aloys von Hohenloe Bartenstein. Pacca rispose
con una circolare ai parroci in cui annullava alcune dispense concesse dai vescovi e
ribadiva le competenze del nunzio in materia, confermate nel gennaio 1787 da un
breve di Pio VI, il quale definì poi la controversia, di cui era stata investita anche la
dieta imperiale, nella Responsio ad metropolitanos Moguntinum, Trevirensem, Coloniensem
et Salisburgensem super Nunciaturis apostolicis (Roma 1790), redatta da Giuseppe
Garampi e da Zaccaria, che rigettava le tesi di Ems e difendeva l’operato di Pacca.
Su un’altra questione delicata, suscitata nel 1787 dal tentativo di introdurre il culto
protestante a Colonia con il beneplacito dell’imperatore, Pacca assunse un
atteggiamento più prudente lasciando che fossero le autorità cittadine a opporvisi.
Del tema della tolleranza, questa volta verso i cattolici, tornò a occuparsi in
occasione dell’udienza ricevuta il 9 giugno 1788 dal re di Prussia Federico
Guglielmo in visita in Westfalia, mentre una successiva missione presso Gustavo
di Svezia non ebbe luogo per la morte del monarca.
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Luigi XVI in fuga dalla Francia una lettera di felicitazioni del papa, ma la missione
fu vanificata dalla cattura del re a Varennes.
Promosso nel febbraio 1794 alla nunziatura di Lisbona, lasciò Colonia agli inizi di
ottobre poco prima dell’ingresso dei francesi. Giunse alla nuova destinazione
nell’aprile 1795, passando per Augusta – dove incontrò della Genga, suo
successore – e per Roma.
Già da febbraio, con la proclamazione della Repubblica romana, era iniziato l’esilio
di Pio VI, che si concluse l’anno seguente con la sua morte in Francia. Resasi
necessaria la concessione alle chiese locali delle facoltà necessarie a trattare le
materie riservate in assenza di comunicazioni con il papa, Pacca chiese che fossero
indirizzate ai nunzi e non ai vescovi, di cui temeva le tendenze autonomiste.
Nominato cardinale dal nuovo pontefice, Pio VII, con il titolo di S. Vincenzo in
Capite (23 febbraio 1801), ricevette la berretta dal nipote Tiberio, che lo assisteva
nella nunziatura. Arrivò a Roma nel maggio 1802 e nei mesi successivi entrò a far
parte di diverse congregazioni.
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responsabili della Rivoluzione e della crisi della Chiesa, Pacca accompagnava forti
critiche alla condotta recente della corte di Roma, a suo avviso troppo cedevole, e
un’attenzione particolare per le vicende dei gesuiti.
Nella congregazione cardinalizia istituita nel gennaio 1803 per discutere il progetto
di concordato tedesco si oppose alla costituzione di una Chiesa unitaria proposta
dal vescovo di Ratisbona Karl Theodor Dalberg; sostenne invece, con Consalvi e
della Genga, una politica di mediazione con i singoli sovrani, inclusi i protestanti.
La ripresa del conflitto fra Pio VII e Napoleone – che, di fronte al rifiuto del papa
di aderire al blocco continentale e di conferire l’investitura canonica ai vescovi di
nomina imperiale, occupò nuovamente Roma nel febbraio 1808 – proiettò Pacca
al vertice della gerarchia ecclesiastica. Il 19 giugno Pio VII lo nominò
prosegretario di Stato in seguito all’arresto del cardinale Giulio Gabrielli, il quale
sostituiva il segretario Consalvi, costretto alle dimissioni. Considerato uno dei
fautori della resistenza del pontefice nei confronti della politica napoleonica e delle
iniziative delle autorità francesi a Roma, Pacca fu arrestato a sua volta il 6
settembre e solo l’intervento di Pio VII gli evitò l’esilio a Benevento. Rimase
confinato negli appartamenti pontifici, dove redasse, insieme a Michele Di Pietro,
la bolla Quam memorandum (10 giugno 1809) con cui Pio VII scomunicava, senza
nominarlo, Napoleone in risposta all’annessione degli Stati romani all’Impero
francese. Nella notte fra il 5 e il 6 luglio, quando il generale Étienne Radet occupò
il Quirinale, fu prelevato insieme al papa e lo seguì in esilio fino a Grenoble per
poi essere internato, su ordine di Napoleone, nella fortezza di Fenestrelle in
Piemonte, in un isolamento che non gli impedì, fra l’altro, di dettare le sue
memorie al nipote Tiberio.
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Nelle sue memorie descrisse i rimorsi di Pio VII per le concessioni fatte e – con
un rilievo apparso eccessivo alla luce della documentazione archivistica (Páztor,
1962) – il proprio ruolo nella stesura della ritrattazione inviata all’imperatore il 24
marzo, che provocò di nuovo l’isolamento del pontefice.
Sconfitti i francesi a Lipsia, nel gennaio 1814 Pio VII fu trasferito a Savona e
Pacca relegato a Uzès, in Provenza. Liberato in aprile, poco dopo l’abdicazione di
Napoleone, raggiunse a Senigallia, il papa che nel frattempo aveva restituito la
segreteria di Stato a Consalvi. Dovendo però questi partire in missione
diplomatica per Parigi, Pacca, che fra le cariche offertegli aveva optato per quella
di camerlengo, riassunse le funzioni di prosegretario e in questa veste entrò
trionfalmente a Roma accanto al pontefice il 24 maggio.
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della sua deposizione che «poteva e doveva [fare] impiccare» (La missione Consalvi,
I, 1970, p. 499). Suscitarono critiche anche il ristabilimento dei diritti feudali, la
condanna della massoneria e della carboneria, e soprattutto il ripristino della
Compagnia di Gesù (7 agosto), suggello simbolico della Restaurazione, di cui
Pacca si attribuì l’iniziativa.
In quella per la redazione del nuovo codice civile, istituita nel 1818, contribuì ad
affossare il progetto promosso da Vincenzo Bartolucci (il giurista già consigliere di
Stato di Napoleone di cui disapprovava la riabilitazione), ritenendolo un
cedimento alla moda della Rivoluzione che avrebbe indebolito il prestigio delle
leggi antiche. Più propositivo fu il suo contributo alla commissione per la riforma
del sistema universitario i cui lavori, iniziati nel 1816, condussero nel 1824 alla
promulgazione della bolla Quod divina sapientia.
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quali emanò, fra gli altri, gli editti che regolavano l’importazione e l’esportazione
dei cereali (1818, 1823) e quello che promuoveva con un sistema di premi le
manifatture tessili (1821).
Nel novembre 1820 stampò e minacciò di diffondere una lunga Difesa ... dei diritti
del Cardinal Camerlengo ... contro le pretensioni del Tesorierato (Arch. di Stato di
Roma, Camerale II, Camerlengato e tesorierato, b. 4, f. 31), ove denunciava la
prolungata violazione delle sue prerogative a opera in particolare dei tesorieri
generali e dei loro subalterni e lamentava di dover sottoscrivere provvedimenti che
non aveva formulato e disapprovava. Nel febbraio seguente fu sull’orlo della
destituzione per aver rifiutato di pubblicare un bando che liberalizzava la
coltivazione e il commercio del tabacco (Arch. segreto Vaticano, Segr. Stato, Spogli
Curia, B. Pacca, bb. 1D, 2A).
L’aspro scambio di lettere dell’agosto 1821 (Colapietra, 1963, pp. 50-52), in cui
Consalvi e Pacca si accusavano di intralciare i piani di riforma e, rispettivamente,
di essersi avvalsi della fiducia del pontefice per esautorare le altre autorità e porre
in atto una politica economica e finanziaria che avrebbe depauperato lo Stato e i
sudditi a vantaggio di pochi appaltatori, fu dunque il culmine di una lunga
controversia.
Alla morte di Pio VII (20 agosto 1823), nel fronte maggioritario ma disunito degli
avversari di Consalvi che si opponevano alla candidatura di Francesco Saverio
Castiglioni, Pacca ebbe i voti di alcuni cardinali conservatori più moderati, quali
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Entrato a far parte della Congregazione di Stato, composta dei principali avversari
di Consalvi e incaricata di consigliare il papa negli affari politici e religiosi, Pacca
non riuscì a influenzare come avrebbe sperato la politica di Leone XII che, pur
segnando una svolta in senso conservatore, evitò di allinearsi pienamente alle
richieste degli zelanti.
Sulla perdita di prestigio e sulla debolezza politica della Curia tornava più
ampiamente in un manoscritto di Considerazioni sullo Stato della Santa Sede, e della
Corte di Roma indirizzato allo stesso pontefice nel febbraio 1827 (Arch. segreto
Vaticano, Segr. Stato, Spogli Curia, B. Pacca, b. 1A, f. B), attribuendole ai mutamenti
nella composizione della prelatura e del collegio cardinalizio e alla condiscendenza
eccessiva verso le richieste dei sovrani. La prospettiva conservatrice alla base del
conflitto con Consalvi si fonda in queste pagine su una lettura articolata dei
mutamenti nei rapporti fra il papato e le potenze europee e delle loro ripercussioni
economiche e sociali.
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Malgrado l’età, nel conclave seguito alla morte di Leone XII (10 febbraio 1829)
raccolse una parte dei voti zelanti ed ebbe un ruolo di primo piano insieme a
Emanuele De Gregorio – sostenuto dal segretario di Stato uscente Tommaso
Bernetti e dal rappresentante francese René de Chateaubriand – e a Castiglioni,
appoggiato dall’Austria, che risultò eletto il 3 marzo 1829.
Nel breve pontificato di Pio VIII Pacca fu nominato segretario del S. Uffizio,
prefetto della Congregazione del cerimoniale e arciprete di S. Giovanni in
Laterano. Alla morte di Giulio Maria della Somaglia assunse la carica di cardinal
decano e il 5 luglio 1830 fu pertanto traslato alla sede di Ostia e Velletri, dove
abolì subito alcuni dazi e liberalizzò il commercio del vino. Con l’istituzione della
provincia di Marittima (1832) assunse il titolo di legato al posto di quello di
governatore di Velletri tradizionalmente appannaggio del decano pro tempore.
In tale veste promosse i restauri della cattedrale veliterna e nel 1833 inaugurò una
campagna di scavi a Ostia Antica, i cui reperti andarono ad arricchire la collezione
del suo casino di Bravetta, poi dispersa insieme alla ricca biblioteca.
Fra le due elezioni aveva iniziato la stampa delle sue memorie con le Notizie sul
ministero del card. Bartolomeo Pacca ... dalli 18 giugno 1808 alli 6 luglio
1809(Civitavecchia 1829) e la Relazione dei due viaggi fatti in Francia dal card. Bartolomeo
Pacca negli anni 1809, e 1813, e della sua prigionia nel forte di S. Carlo in Fenestrelle dal dì
6. agosto 1809 fino al 5 febrajo 1813 (I-II, ibid. 1829). I due testi, raccolti l’anno
successivo in un volume (Memorie storiche del ministero de’ due viaggi in Francia e della
prigionia nel forte di S. Carlo in Fenestrelle, Roma 1830), più volte riediti e tradotti in
tedesco e in francese come del resto gli scritti successivi, raggiunsero un’enorme
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Pacca, cui Lamennais era stato raccomandato dal vicario generale di Marsiglia
Charles-Joseph de Mazenod, fu il tramite principale fra i tre redattori de L’Avenir e
Gregorio XVI: trasmise al papa la loro memoria; espose a Lamennais la condanna
implicita nell’enciclica Mirari vos (15 agosto 1832); raccolse il suo atto di
sottomissione (11 dicembre 1833) e quello di Montalembert (8 dicembre 1834).
Secondo una testimonianza di Emmanuel d’Alzon (Lamennais, VI [1977], p. 715),
accolta scetticamente dallo stesso Montalembert (ibid., p. 744), avrebbe criticato la
successiva enciclica Singulari nos (25 giugno 1834), che condannava le proposizioni
democratiche espresse da Lamennais nelle Paroles d’un croyant, osservando che la
religione non doveva intervenire nei conflitti fra i popoli e i sovrani. Lacordaire,
tornato a Roma nel 1839, sottopose a Pacca, in qualità di segretario del S. Uffizio,
il suo progetto di restaurazione dei domenicani in Francia del quale, nella sua
corrispondenza, lo descrisse entusiasta.
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Nel frattempo Pacca aveva proseguito la pubblicazione delle sue memorie con
quelle delle nunziature tedesca (Memorie storiche di monsignor Bartolomeo Pacca ... sul di
lui soggiorno in Germania dall’anno 1786 al 1794, in qualità di Nunzio Apostolico …,
Roma 1832, poi integrate da De’ grandi meriti verso la chiesa cattolica del clero,
dell’università e de’ magistrati di Colonia nel secolo XVI,Velletri 1839) e portoghese
(Notizie sul Portogallo con una breve relazione della nunziatura di Lisbona dall’anno 1795
fino all’anno 1802, Velletri 1835). Nel 1833 aveva anche pubblicato la Relazione del
viaggio di Pio papa VII a Genova nella primavera dell’anno 1815, e del suo ritorno in
Roma (Roma). Apparvero invece postume (in Quacquarelli, 1954) le memorie
relative al «secondo ministero» degli anni 1814-1815, cui il conflitto con Consalvi e
le alterne fortune al cospetto di Pio VII conferiscono un tono più amaro e
polemico.
Nel 1838, come già al tempo della Restaurazione, Pacca si oppose alle trattative
per la cessione di Benevento al Regno di Napoli. Contemporaneamente seguiva i
progressi del pronipote Bartolomeo al quale, dopo la caduta in disgrazia di
Tiberio, erano affidate le speranze della famiglia di mantenere un esponente al
vertice della Curia romana.
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romani e nelle congregazioni preposte al governo dello Stato che lo portò alla
nomina a maestro di camera (1853), maggiordomo e prefetto dei Palazzi apostolici
(1868) e infine a cardinale (1875).
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Benevento, Napoli 1999; R.T. Ridley, The Pope’s Archeologist. The life and times of Carlo
Fea, Roma 2000, ad ind.; H.-D. Lacordaire, Correspondance, I, Fribourg-Paris, 2001,
pp. 1038-1041, 1045; B. P. (1756-1844). Ruolo pubblico e privato di un Cardinale di
Santa Romana Chiesa, a cura di C. Zaccagnini, Velletri 2001; B. P., in Ph.
Boutry, Souverain et pontife. Recherches prosopographiques sur la Curie romaine à l’âge de la
Restauration (1814-1846), Roma 2002, ad vocem (con bibl.); V. Curzi, Bene culturale e
pubblica utilità. Politiche di tutela a Roma tra Ancien Régime e Restaurazione, Roma
2004, pp. 127-135; Prosopographie von Römischer Inquisition und Indexkongregation. 1814-
1917, a cura di H. Wolf, Padeborn-München-Wien-Zürich 2005, ad vocem (con bibl.); J. Le
Blanc, Dictionnaire biographique des cardinaux du XIXe siècle, Montréal 2007, ad
vocem (con bibl.); V. Curzi, Il patrimonio artistico e monumentale nello Stato pontificio negli
anni dell’editto Pacca, in Municipalia. Storia della tutela, a cura di D. La Monica - F.
Nanni, Pisa 2010, pp. 207-215; R. Regoli, Ercole Consalvi. Le scelte per la Chiesa,
Roma 2006, ad ind. Su Bartolomeo Pacca jr.: F. Frezza di San Felice, Cenni biografici
del cardinale Bartolomeo Pacca giuniore, Roma 1880; Ph. Boutry, Souverain et pontife, cit.,
p. 607; J. Le Blanc, Dictionnaire biographique des cardinaux du XIXe siècle, cit., pp. 707 s.
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