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MAURO UBERTI
Ho scoperto Girolamo Mercuriale nel corso delle mie ricerche sulla vocalità antica. La musica è una forma di
comunicazione artistica che ha bisogno di interpreti: se in un'esecuzione musicale il codice esecutivo non è coerente con il
codice compositivo la comunicazione diminuisce, diminuisce la comprensibilità della musica eseguita, subentra la noia e la
conseguenza è il rigetto di tutta una parte della nostra cultura. Il tipo di voce impiegato nel canto fa parte del codice
esecutivo e quindi il recupero delle musiche vocali antiche implica il recupero delle tecniche vocali opportune; ne consegue
la necessità di una ricostruzione fatta con un sistema d’indagini, che comprende lo studio dei testi di medicina antichi e fra
questi, ovviamente, anche il De arte gymnastica. In quest'occasione ne prenderò in esame i capitoli dedicati al respiro ed
alla vociferazione, che sono argomenti riguardanti appunto la vocalità.
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9/11/2020 Girolamo Mercuriale, De arte gymnastica
Mercuriale dimostra di essere molto attento all’uso del corpo e alle sue problematiche nelle diverse professioni, sia nella
lettura degli antichi che nell’osservazione della vita quotidiana. Quando, nel sesto libro17, giunge a parlare del pianto come
esercitazione vocale fa riferimento a Cicerone18: "Cicerone ha lasciato scritto che gli atleti nell’esercitarsi erano soliti
gemere come se cercassero solidità" e il pensiero va alle arti marziali orientali così come a discipline atletiche occidentali
quale, per esempio, il getto del peso, in cui l’emissione della voce ha il doppio significato di collaborazione allo sforzo da
parte dei muscoli respiratori e d’ammortizzamento dello sforzo stesso sfruttando la funzione sfinterica della laringe.
Quando poi passa a parlare degli effetti della coibizione del respiro e della vociferazione egli, sia pure dopo aver citato
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Avicenna, osserva che i trombettieri, i cantori e i sacerdoti del suo tempo sono categorie soggette all’ernia. Le ernie
conseguenti allo sforzo dei trombettieri, possono apparire ovvie; meno quelle delle altre due categorie professionali.
Un’indagine da me compiuta presso amici foniatri non ha dimostrato la consapevolezza da parte della medicina attuale
dell’associazione tra la professione di cantante e l’ernia; i direttori di coro — almeno quelli attenti - invece la conoscono
benissimo: il corista che si assenta per essere operato d’ernia lascia un posto vuoto nel coro e il direttore, che deve
rimediare alla sua assenza, acquisisce un’esperienza corrispondente a quella del Mercuriale. Meno evidente parrebbe il caso
dei sacerdoti, cioè dei predicatori. In tempi in cui non esistevano microfoni e altoparlanti i predicatori dovevano riuscire a
farsi sentire comunque da tutti i fedeli e pertanto si ponevano i pulpiti a metà delle navate delle chiese in modo che la voce
dovesse propagarsi soltanto per metà della loro lunghezza. Con tutto ciò i predicatori erano sottoposti ad un grande
impegno vocale e quando la loro meccanica respiratoria non era ottimale lo sforzo si risolveva in "ernie o altre crepature19".
La stessa osservazione sarà fatta ancora nel 1713 da Bernardino Ramazzini20, il quale, al capitolo "Le malattie dalle quali
sono solitamente travagliati i maestri di canto, i cantori e altri di questa categoria" del De morbis artificum, cita non solo il
Mercuriale, ma anche "il nostro Falloppio" e conferma con la sua esperienza che: "Non si può trovare alcun tipo d’esercizio
tanto salutare e tanto innocuo che, facendone un uso smodato, non produca gravi danni e questo lo provano a sufficienza di
persona i maestri di canto, i cantori, gli oratori sacri, i monaci e anche le monache, a causa dell’incessante cantar salmi
nelle chiese, gli avvocati abbaiatori, i banditori, i lettori, i filosofi che nelle scuole disputano fino alla raucedine e
quant’altri per i quali il canto e la pratica della voce hanno il ruolo di mestiere. Questi dunque solitamente diventano per lo
più sofferenti d’ernia…".
Non è stato agevole isolare dal testo e riunire organicamente — se pure ci sono riuscito - queste poche note. Il riferimento
scientifico del Mercuriale è la medicina antica e noi, che l’abbiamo rimossa dal nostro sapere relegandola al rango di alta
stregoneria, abbiamo difficoltà ad accettare che nel xvi secolo essa costituisca ancora il fondamento della scienza in uso.
Nel suo discorso il riferimento teorico agli antichi è intimamente connesso con la sua pratica di medico ed è difficile capire
se parli solo dei primi o se si riferisca anche alla seconda. Che le citazioni degli antichi coincidano o non coincidano con la
sua esperienza appare chiaramente soltanto quando lo dice esplicitamente o quando le confuta in base alla pratica. Nei casi
come quello della piastra di piombo di Nerone, per esempio, senza una testimonianza coeva sarebbe stato impossibile
capire che egli parlava di una pratica in uso.
Il riferimento all’autorità degli antichi, quasi che l’autore non sia in grado di affermare qualcosa soltanto in virtù della
propria, è un modo di procedere nelle trattazioni che si ritrova anche altrove. Sempre nelle mie ricerche sulla vocalità antica
mi sono imbattuto ne L’arte de’ cenni di Giovanni Bonifacio21, trattato di mimica il cui frontespizio, almeno in quel caso, è
molto chiaro: "Nella prima [parte] si tratta de i cenni, che da noi con le membra del nostro corpo sono fatti, scoprendo la
loro significatione, e quella con l’autorità di famosi Autori confirmando". Quando si va a leggere la mimica dei personaggi
dei quadri del suo tempo alla luce del trattato si scopre che i gesti con i quali i pittori hanno rappresentato l’espressione
delle emozioni corrisponde perfettamente alle sue descrizioni; però il Bonifacio sente il bisogno di attribuirsi una sorta di
marchio di garanzia "confirmando", appunto, ciò che dice "con l’autorità di famosi Autori". Il tono del Mercuriale è invece
quello di chi, citando gli antichi, cita conoscenze scientifiche sicure; tuttavia per noi l’incertezza sui suoi riferimenti
rimane.
Altro problema per la sua comprensione è che nel suo discorso osservazioni correttissime anche da un punto di vista
moderno sono intimamente legate con interpretazioni dei fenomeni, date secondo il grado di sviluppo della scienza del suo
secolo; di qui la difficoltà di estrarne quanto ci pare di più avanzato rispetto al tempo, evitando di fargli dire ciò che
vorremmo noi e che egli non ha mai pensato di dire. Non resta quindi che augurarci che questo "Colloquio in omaggio al
primo medico dello sport" sia soltanto il primo atto di una rivisitazione approfondita di tutta l’opera di Girolamo Mercuriale
con un sistema d’indagini che permetta di capirne il valore.
Note
1
. Il titolo della comunicazione corrisponde a quellodel capitolo del De arte gymnastica, relativo alla vociferazione, nella traduzione fatta dal sacerdote Rinaldo
da Forlì nel 1856.
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9. Op. cit., p. 156.
10. Girolamo Fabrizi d’Acquapendente, De locutione et ejus instrumentis, Pavia, 1601.
11. Denis Dodart, Sur la cause de la voix de l'homme et de ses différents tons, Paris, 1700.
12. Antoine Ferrein, Mémoire de l'Académie royale des Sciences, séance du 15 novembre 1741, Paris, 1754.
13. G. Mercuriale, op. cit., p.160.
14.Caio Plinio, Naturalis Historia, xxxiv, 50 (!): "Nero, quoniam ita placuit diis, princeps, lamna [plumbi] pectori inposita sub ea cantica exclamans alendis
vocibus demonstravit rationem".
15.
Giovanni Camillo Maffei, Delle lettere del S.or Camillo Maffei da Solofra libri due, lettera al conte d’Alta Villa, Napoli, 1562, ripubblicazione moderna in:
Nanie Bridgman, Giovanni Camillo Maffei et sa lettre sur le chant, "Revue de musicologie", xxxviii, Société Française de Musicologie, Paris, 1956, pp.3-34.
16.Svetonio Tranquillo, Vita Neronis, xx: "ipse meditari exercerique coepit neque eorum quicquam omittere, quae generis eius artifices vel conservandae vocis
causa vel augendae factitarent; sed et plumbeam chartam supinus pectore sustinere et clystere vomituque purgari et abstinere pomis cibisque officientibus."
17. G. Mercuriale, op. cit., p. 288.
18. Marco Tullio Cicerone, Tusculanae disputationes, II, 56. "Nec vero umquam ne ingemescit quidem vir fortis ac sapiens, nisi forte ut se intendat ad
firmitatem, ut in stadio cursores exclamant quam maxime possunt. Faciunt idem, cum exercentur, athletae, pugiles vero, etiam cum feriunt adversarium, in
iactandis caestibus ingemescunt, non quod doleant animove succumbant, sed quia profundenda voce omne corpus intenditur venitque plaga vehementior".
19. G. Mercuriale, op. cit., p. 284.
20. Bernardino Ramazzini, De morbis artificum, Pavia, 1713 (edizione moderna a cura di Giorgio Cosmacini: Bernardino Ramazzini, Le malattie dei lavoratori,
Teknos, Roma, 1995, p. 229).
21. Giovanni Bonifacio, L’arte de’ cenni con la quale formandosi favella visibile, si tratta della muta eloquenza, che non è altro che un facondo silenzio,
Vicenza, 1616.
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