PARACELSO
Chi vuole studiare il “Libro della Natura”
deve camminare a piedi sulle sue pagine
Visto da molti come il pensatore del Rinascimento cercò d'incarnare in sè la figura del medico perfetto,
“pansofico”, esperto in ogni ramo dello scibile in quanto iniziato al segreto ultimo dell'uomo e della natura.
Infatti per Paracelso: "Di ciascuna cosa si deve fare l'uso a cui è destinata e non dobbiamo averne timore;
Dio infatti è il vero medico e la medicina stessa".
Paracelso fu medico e chirurgo di grandi intuizioni, fondatore della iatrochimica, filosofo naturalista,
chimico abile e attento sperimentatore.
E’ facile immaginare l’indignazione che provocò alla sua prima lezione quando si fece portare un vaso in
ottone e, dopo averlo riempito di zolfo e salnitro, vi appiccò il fuoco bruciando i libri di Galeno e Avicenna.
“Lutherus medicorum”: il Lutero dei medici voleva essere altrettanto riformatore nel campo della medicina
quanto il monaco ribelle di Wittemberg lo era nel campo della religione. Egli era forse l’esponente più tipico
di quella rivoluzione anti-intellettualistica che portava alcuni uomini della scienza moderna a esaltare la
verità e l’efficacia dell’esperienza contro il sapere libresco.
«[…] Come attraverso uno specchio ci si può osservare con cura punto per punto, allo stesso modo il
medico deve conoscere l'uomo con precisione, ricavando la propria scienza dallo specchio dei quattro
elementi e rappresentandosi il microcosmo nella sua interezza […] l'uomo è dunque un'immagine in uno
specchio, un riflesso dei quattro elementi e la scomparsa dei quattro elementi comporta la scomparsa
dell'uomo. così l'uomo non è nulla in sé stesso e non contiene in sé nient'altro che ciò che gli deriva dalla
conoscenza esteriore e di cui egli è l'immagine nello specchio».
A causa del suo carattere focoso, le sue lezioni pian piano furono disertate dagli studenti e Paracelso iniziò a
bere, ma pur essendo ubriaco riusciva a compiere operazioni chirurgiche di incredibile precisione. Dopo tre
anni lasciò la cattedra per riprendere i suoi vagabondaggi, finché nel 1541 fu chiamato dal vescovo di
Salisburgo dove morì nell’Osteria del Cavallo Bianco il 24/9/1541 per un carcinoma al fegato.
Per meglio inquadrare storicamente il personaggio, basta dire che fu il rappresentante maggiore e più
caratteristico del naturalismo tedesco; ciò vale a dire che secondo Paracelso la natura causa e cura le
malattie, ed è quindi necessario che il medico conosca i processi della Natura.
A proposito dell'arte medica, egli era convinto che si dovessero derivare "le cose dalla natura, non
dall'autorità ma dall'esperienza propria"; in altri termini, Paracelso rifiutava l'approccio dogmatico allo
studio e alla pratica della medicina.
Egli era fermamente convinto che le forze del firmamento fluissero fisicamente e psicologicamente
sull'uomo e che l'uomo dovesse avvalersi di diverse scienze tra cui anche l'astronomia, intesa come la
conoscenza della relazione tra gli astri e gli esseri umani. L'uomo è il microcosmo che contiene in sé
qualcosa di tutte le creature che esistono nell'Universo (macrocosmo): "non vi è nulla in cielo né sulla Terra
che non esista anche nell'uomo, e Dio, che è in cielo, esiste anche nell'uomo, e i due sono Uno".
“Un uomo adirato non è adirato solo nella sua testa o nei suoi pugni, ma dappertutto; una persona che
ama non ama solo con l'occhio, ma con tutto il suo essere; in breve, tutti gli organi del corpo, e il corpo
stesso, sono solo forme-manifestazioni di stati mentali.”
Paracelso definì 4 pilastri sui quali doveva appoggiarsi l'arte del medico, in
essi si rispecchia tutta la sua grandezza e tutti i suoi limiti:
Filosofia, che per l'epoca era tutto il sapere sull'uomo e sulla natura,
dalla geografia fino all'anatomia
Astronomia, che nel '500 era essenzialmente astrologia
Alchimia, per lui la produzione il perfezionamento delle medicine
soprattutto da sostanze chimiche
Virtù, l'onestà del medico, la sua integralità morale
Egli considerava il corpo umano come un sistema chimico, in cui svolgevano un ruolo centrale i
due principi tradizionali degli alchimisti, il mercurio e lo zolfo, cui aggiunge anche il sale. Su queste
basi, rifiutava la dottrina secondo la quale la salute o la malattia dipendevano dall'equilibrio o dal
disordine dei quattro umori fondamentali, e sosteneva invece che la reale causa delle malattie fosse
da ricercare nello squilibrio dei tre principi chimici sopra enunciati: il mercurio, che è comune a
tutti i metalli, lo zolfo, che costituisce il principio della combustibilità, e il sale, che egli ritiene
principio di immutabilità e di resistenza al fuoco.
E’ qui che si entra nell’analisi astrologica, catene analogiche occulte che collegano animali e minerali ai
vari organi umani, considerazioni dei tre principi ipostatici di sale zolfo e mercurio, ai quali fra l’altro
riconduce la Trinità , dei quattro elementi aristotelici di terra, acqua, fuoco e aria, e degli arcana “prima
materia, pietra dei filosofi, mercurius vitae e tintura”.
L’astronomia paracelsiana inoltre era la “retta anatomia” che sostituiva l’anatomia sbagliata, quella
bolognese e padovana, che scrutava i malati quando erano già morti. Per capire il perché di un mal di ventre
ad esempio era meglio scrutare il pianeta Marte ( in simpatia cosmica con il fegato, talché chi “ha fegato” è
bellicoso e marziale) che scrutare il fegato dopo averlo eviscerato. Allo stesso modo al Sole corrispondeva il
cuore, a Saturno i polmoni, alla Luna il cervello, a Venere i reni. La diagnostica astronomica diversamente
da quella anatomica non era fine a se stessa ma si continuava nella pratica terapeutica, riallacciandosi
all’alchimia.
Fatto è che Paracelso era in grado di manipolare gli elementi senza avere la cognizione dei numeri atomici
che li accompagnano.
- antimonio e pastiglie di Laudanum ossia la sua medicina più lodevole ricavata dall’oppio come
antidolorifici
- etere come anestetico e pillole di mercurio, sebbene quest’ultimo fosse più nocivo che inefficace come gli
antidolorifici.
I brillanti e, allora, incomprensibili risultati che otteneva con metodi di guarigione assolutamente inusuali, a
cui si aggiungeva un forte carisma in grado di suggestionare positivamente i pazienti verso la guarigione, il
suo carattere irascibile e la sua vita sregolata, gli hanno valso l'inimicizia e lo screditamento da parte dei
medici dell'epoca.
Si narra inoltre che fosse riuscito a concepire la vita in vitro come si evince dai suoi appunti: “Se la fonte
di vita, chiusa in un’ampolla di vetro sigillata ermeticamente, viene seppellita per quaranta giorni in letame
di cavallo e opportunamente magnetizzata comincia a muoversi e a prendere vita. Dopo il tempo prescritto
assume forma e somiglianza di essere umano, ma sarà trasparente e senza corpo fisico. Nutrito
artificialmente con arcanum sanguinis hominis per quaranta settimane e mantenuto a temperatura costante
prenderà l’aspetto di un bambino umano. Chiameremo un tale essere Homunculus, e può essere istruito ed
allevato come ogni altro bambino fino all’età adulta,quando otterrà giudizio ed intelletto.”
«Il medico dovrebbe essere un Alchimista, ossia dovrebbe capire la Chimica della Vita. La Medicina non è
solo una scienza, ma un’arte; non consiste solo nel preparare pillole, impiastri e droghe di ogni genere; ma
ha a che fare con i processi della vita, che devono essere capiti prima di poter essere diretti. Inoltre, il
carattere del medico può agire con più forza sul paziente che non tutte le droghe impiegate».