Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa:
«Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava;
aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare. Il Vangelo che la Liturgia oggi ci propone è sicuramente tra i più ricchi e densi in assoluto, e si potrebbero approfondire moltissimi aspetti. Già che ci sono vi rimando ad un testo bellissimo che prende come riferimento la parte centrale, dell’emorroissa, la donna che tocca il mantello di Gesù e guarisce: l’arte di guarire, di don Fabio Rosini. Ma ecco…Noi stasera non parleremo di questo, sebbene sia un argomento stupendo da trattare. Vorrei invece sviluppare con voi una piccolissima parte del testo che abbiamo appena ascoltato (veramente poche parole) che tra l’altro ha citato fra Antonio questa mattina alla Messa delle 11: e mi riferisco proprio alle ultime 5 paroline del vangelo “Disse di darle da mangiare”. Fra Antonio ci diceva “Che bello no? Vedere come Dio si prende cura di noi sempre”. La domanda che ci vogliamo porre è: “in che modo Dio si prende cura di noi?” Quante volte nella nostra vita noi siamo o siamo stati quella bambina… Quante volte ci troviamo in uno stato di, oserei dire, “quasi morte”. In uno stato “dormiente”, disarmati o senza forze, stanchi, stufi. Ogni volta che facciamo fatica a ritrovare noi stessi, o quando siamo nella prova, quando veniamo delusi da certe persone o situazioni… Quando ci crollano i nostri ideali… O quando vorremmo essere qualcosa di diverso rispetto a ciò che siamo! Magari a causa del nostro carattere, o delle nostre fragilità che, a volte, sembrano insormontabili! In effetti è bello avere fede in un Dio che, in ognuna di queste situazioni ti dice “talità kum!”, insomma… alzati… rimettiti in piedi… svegliati… torna a vivere… torna a vivere! Ma non so se ne avete fatto esperienza, io si: queste parole così belle e confortanti a volte ci sembrano distanti… Sappiamo che Dio le ha dette a quella ragazzina 2000 anni fa, e anche se le ripete a noi oggi, quando SIAMO effettivamente in quella situazione, talvolta facciamo fatica a sentirle per noi, a sentirle vicine… o le sentiamo, ma… non basta… non basta.. rimaniamo lì: deboli, indifesi e disarmati… Se è così… Se ci è accaduto o ci accade così, allora oggi vi dico: “non vi preoccupate”, perché anche nel Vangelo di oggi c’è stato bisogno di qualcuno che desse da mangiare alla fanciulla. La ragazzina si è svegliata si: ma è debole! Non sa e non può camminare da sola… il talità kum non basta… ci vuole poi la “parola incarnata”, la parola che prende vita… delle mani che ti alzano, ti sostengono… e ti danno quel cibo che ti permette di ricominciare a vivere. Anche noi abbiamo bisogno di qualcuno che ci “dia da mangiare”. Ed ecco il punto: Dio si prende cura di noi anche, e soprattutto, attraverso gli altri. Non è Gesù che dà da mangiare alla fanciulla, ma esorta altri a darle da mangiare. Alle nozze di Cana viene a mancare il vino… è vero, Gesù, per intercessione di Maria, compie il miracolo ma… chi è che fisicamente, concretamente, lo prepara? Chi prende le giare? Chi le riempie d’acqua fino all’orlo? E non solo… il vangelo dice “Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono”. Non è Gesù che porta il vino al maestro di tavola… lo fa portare ad altri… sono le mani di altri uomini e donne… in questo caso, dei servi, dei semplicissimi servi… Sono i servi che agiscono, su spinta di Gesù… Le loro mani divengono le mani di Gesù… Sul monte dove avviene la moltiplicazione dei pani e dei pesci, chi dà a Gesù la “materia” su cui fare il miracolo? E soprattutto… dopo la moltiplicazione… chi sfama tutte quelle persone? “Date voi stessi da mangiare a loro”! Ancora una volta, Gesù usa delle altre mani, per stare vicino a chi soffre… Potremmo fare una serie infinita di questi esempi sia dall’Antico che dal Nuovo Testamento… perché questo è lo stile di Dio! Questo è la modalità con cui Dio agisce… Andiamo nella nostra vita… Crediamo fermamente che Dio non ci sta accanto semplicemente perché è nel nostro cuore, e nella nostra mente e la fede ci conforta? Ma che Dio è vivo, è dinamico, agisce, e compie miracoli attraverso le persone che ci stanno accanto? O ci sentiamo autosufficienti: siamo io e Dio, voi siete in sovrappiù… se ci siete bene, se non ci siete pace… Ma non è così! Perché tante volte è Dio stesso che quelle persone ce le mette accanto! E a volte guardate, Dio usa anche chi non ci sta simpatico! Dio può usare, per guarirci, o rialzarci, anche chi non ci aspetteremmo mai! Che sia l’inesperto o l’immaturo di turno, che sia il più piccolo o l’ultimo arrivato, che sia il nostro collega di lavoro insopportabile, che sia… tuo figlio o tua figlia! Dio sa… il suo agire è un mistero ma.. è il Suo agire! E noi dobbiamo fidarci… Quante volte nella tua vita sei rimasto in piedi grazie ad un angelo custode, umano, che non ti ha lasciato solo? Che è stato presente nel momento della sofferenza e della prova? Che ti ha sostenuto, come il cireneo con Gesù? Ecco: Dio è proprio lì. Le mani che ti sostengono e ti danno da mangiare in quel momento, sono in qualche modo le mani di Dio. È vero, Gesù non dà fisicamente da mangiare alla fanciulla appena tornata in vita, appena risvegliata… ma usa, come strumenti, altri che lo facciano per Lui. Lo fanno altri… ma lo fa Lui, per mezzo di altri. Da tutto questo mi piacerebbe trarre due insegnamenti fondamentali (come due facce della stessa medaglia): 1) Il primo: imparare a riconoscere l’importanza del fratello e della sorella che Dio ti mette accanto (non intendo fratello o sorella come frate e suora, ma in generale come persona). Imparare a vedere la Sua azione (di Dio), nelle sue azioni (della persona che ti è accanto) nel sostenerti. È vero: tutto passa e solo Dio resta, ma questo non deve portarci alla paura di dire ad un fratello o una sorella “ho bisogno di te”. Perché noi abbiamo bisogno gli uni degli altri… perché nessuno è autosufficiente… Perché come dice la prima lettura di oggi: anche noi siamo portatori di salvezza. E quindi qualche altro essere umano come me PUO’ essere si la mia salvezza! Perché la fanciulla del vangelo, se non avesse avuto qualcuno che la amava così tanto da andare a cercare Gesù, e se non avesse avuto qualcuno che le dava da mangiare, sarebbe rimasta morta, o morta nuovamente! Ma noi celebriamo il Dio della vita! Che agisce anche attraverso gli altri… 2) Il secondo: è più un quesito in prima persona… “Ma io… mi faccio prossimo agli altri? Io, sono capace di stare vicino a chi soffre? Oppure quando vedo l’altro soffrire mi allontano, perché la sua sofferenza mi spaventa o inquieta? Sono in grado di stare nelle ferite dell’altro? Sono in grado di ascoltare quella voce di Gesù che mi dice… dagli o dalle da mangiare… oppure, dai tu stesso da mangiare a lui o a lei… So essere strumento nelle mani di Dio… le mie mani divengono le sue mani?”. Ecco, il secondo punto ci mette tanto tanto in discussione… Perché è sempre facile dire: quello è così, quello cosà… Quello non è stato capace di starmi accanto quando stavo male! Altro che storie! Altro che preghiera semplice francescana! Ecc ecc… la domanda è: ed io? E tu? C’eravamo per caso? Cosa abbiamo fatto per quella persona accanto a noi, che magari ci sta pure antipatica? Pensate questo: se ciascuno lavorasse veramente e profondamente su questo secondo punto, probabilmente si risolverebbe anche il primo… Tutti ci staremmo vicini gli uni gli altri, e ognuno riconoscerebbe nell’altro l’azione di Dio. E ognuno riconsocerebbe di AVERE BISOGNO dell’altro. Utopia, ideale, certo… ma a cui dovremmo tendere… Ecco perché quando chiedono a Gesù chi è il mio prossimo, Lui spiega invece cosa significhi FARSI prossimi verso chi è in difficoltà o nella sofferenza, come fa il samaritano. E qui concludo… Chiediamo al Signore queste due grazie oggi: - Di imparare a riconoscere la sua Azione, e la sua presenza, nei fratelli e sorelle che ci mette accanto; - E di essere noi stessi suoi strumenti, come chi ha dato da mangiare alla fanciulla, e come i servi delle nozze di Cana, imparando in primis da ascoltare la sua voce, ma poi anche ad agire, mettere in pratica, affinché l’altro possa vedere nelle nostre azioni, la Sua azione salvifica e straordinaria che VERAMENTE cambia il mondo e fa nuove tutte le cose.