Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
C
i sono momenti in cui ci troviamo costretti a camminare
per strade buie e siamo così stanchi da non riuscire a vedere
un orizzonte, un indizio, qualcosa che possa aiutarci.
La vita ci pone spesso davanti a difficoltà che paiono
insormontabili, a livello personale, familiare o collettivo, e quando si
presentano siamo principianti impacciati, mai preparati in modo
adeguato. La recente pandemia che abbiamo dovuto affrontare
rappresenta un esempio drammatico, ha infranto d’un colpo le nostre
certezze e ci ha fatto scoprire improvvisamente vulnerabili.
Eppure, come scrive don Luigi Maria Epicoco, “Assumerci la
responsabilità della nostra vita, anche quando essa non ci ha
domandato il permesso, è ciò che trasforma l’esperienza dell’essere
vittima in opportunità di tornare a essere protagonisti”. Ecco quindi
che le riflessioni semplici, chiare e di immediata lettura che
compongono questo volume ribaltano la prospettiva, aprono squarci,
ci consentono di mettere a fuoco il lascito positivo di ogni momento
doloroso. Perché se è vero che ogni passaggio ci consegna tante
domande e ci segna incisivamente, è anche vero che c’è sempre una
Verità in fondo per cui vale la pena vivere.
L’autore
LA LUCE IN FONDO
Attraversare i passaggi difficili della vita
La luce in fondo
A papa Francesco
per me la luce in fondo
Prologo
Non basta essere ascoltati, serve che l’ascolto sia senza giudizio,
sia innanzitutto gratuito. C’è sempre il tempo, poi, per catalogare,
giudicare, incasellare, ma la prima potenzialità dell’ascolto è
permettere la consegna di noi così come siamo e non così come
dovremmo essere.
Se, per sbaglio, qualcuno sedesse in un confessionale, si
accorgerebbe subito del crearsi di una lunga fila. Non è solo il
bisogno di liberarsi da una colpa, ma di poter scorgere sotto il
tappeto della colpa una storia che non si conosce, proprio perché la
colpa lo seppellisce. L’ascolto gratuito non serve a togliere la polvere
dai tappeti delle nostre colpe, ma a togliere direttamente i tappeti. È
la ricaduta esistenziale della misericordia raccontata nei Vangeli.
Gesù è insopportabile perché si rifiuta di agire attraverso una
religione fatta di colpe. Egli non tiene in pugno la gente con un
perdono che fa leva sui pesi dei peccati. Egli tocca e si lascia toccare
dalle persone così come sono, nella loro contraddizione, malattia,
errore, e per questo salva loro la vita, perché li fa incontrare con
qualcosa di più interessante di ciò in cui sono incappati.
«Che strana sensazione rimanere svegli di notte. Le poche volte che mi era
capitato avevo subito acceso la TV o guardato Internet. Ma, in queste notti
in cui non riesco a dormire, evito di accendere la TV perché sono stanco dei
bollettini di guerra della protezione civile e, francamente, mi innervosisce
anche leggere post saccenti o forzatamente simpatici che la gente sente il
dovere di scrivere in questo periodo.
Faccio una cosa strana, ma tanto tutto è strano di questi tempi: vado al
balcone e sento il silenzio della città. Per me è strano. Ho bisogno di avere
come sottofondo sempre il rumore di qualcosa che parla, per poter fare ogni
cosa. Non immaginavo che il silenzio avesse una sua bellezza. Mi sembra di
sentirmi capito. Mi è tornato alla mente quando mi dicevi che per pregare
non è importante usare le parole, ma che il silenzio era di gran lunga la via
migliore per accorgermi dell’essenziale.
Non avevo mai provato.»
Se la solitudine è la giusta distanza dalla realtà, che ci permette di
essere e di ritrovare noi stessi, il silenzio è la giusta distanza tra le
parole, che permette alle nostre parole di tornare a essere
significative.
Il silenzio è l’interpunzione del linguaggio. Senza di esso, noi
saremmo condannati a una cascata di parole che non assumerebbero
mai veramente la dignità di una storia. È quello che capita
esistenzialmente a ciascuno, quando percepisce la propria vita come
un insieme caotico di circostanze, di emozioni, di pensieri, di
sensazioni, senza ricavare da questo magma una storia che abbia un
significato.
Troppe volte le nostre vite assomigliano a una pagina piena di
lettere, una attaccata all’altra, che non permettono nessuna lettura. Il
silenzio è ciò che rende la musica un’arte, ciò che dà dignità al suono.
Se non ci fosse questo respiro, se non ci fossero le pause fra una nota
e l’altra, noi non avremmo l’esperienza di nessuna bellezza della
musica.
Il male usa molto spesso questa crepa, per far passare in noi l’unica
cosa che può bloccare la nostra vita: il sentirci giudicati. È proprio
qui che l’esperienza interiore può condurci a un grande
cambiamento.
Ancora una volta, non basta la propria forza di volontà, non basta
saper conoscere come ragiona e come si muove questo nemico
dentro ciascuno. Abbiamo bisogno, anche in questo caso, di un di
più che nessuno può darsi da solo. Ecco perché solo un senso di
appartenenza forte può aiutare a contrapporci alla logica del nemico.
Che cosa significa in termini concreti? Significa che il bene e la
visione giusta di ognuno di noi ci vengono dati sempre attraverso
g g g p
relazioni, e che si tratta di valorizzare questo bene fino a credergli,
fino a che queste esperienze di bene possano diventare dominanti
dentro ciascuno. Solo quando qualcuno ci guarda in maniera diversa
dal giudizio che ci abita, ci offre l’opportunità di una rivoluzione, di
un cambiamento, ma dobbiamo essere disposti a credere più al bene
che al male, essere disposti a guardarci non con giudizio, ma con
quella che, per esempio, l’esperienza cristiana chiama Misericordia.
Laicamente parlando, la misericordia è l’esperienza di scoprire la
nostra miseria e di trovare qualcuno disposto ad amarci nella nostra
miseria, a volerci bene per come siamo e non per come dovremmo
essere. Quando incontriamo un amore che ci ama nella nostra
miseria, così come siamo, abbiamo fatto un’esperienza di
misericordia che ha abilitato dentro di noi una rivoluzione, un
cambiamento. La minoranza di quel giudizio che fino al giorno
prima comandava, adesso è condannata a essere irrilevante,
nonostante i suoi ragionamenti, nonostante la sua violenza,
nonostante le sue urla in ognuno di noi.
Mangiare
L’uomo mangia fondamentalmente per vivere. Il gesto di prendere
del cibo è legato soprattutto alla funzione biologica della
sopravvivenza. Eppure, intuiamo da subito che il semplice nutrirsi è
cosa diversa dalla capacità di mangiare. L’uomo, infatti, ha intriso di
relazionalità anche la funzione primaria e biologica della nutrizione
come sopravvivenza. In questo senso, l’atto di mangiare non è mai
un atto ingenuo, innocente, ha sempre al suo interno una
motivazione altra. Esso è sempre il sintomo di un’interiorità. Questo
è il motivo per cui a volte i disturbi alimentari non sono
semplicemente riducibili a disfunzioni meccaniche della funzionalità
del nostro corpo, ma sono invece il campanello d’allarme che ci
racconta il groviglio complicato che ci portiamo dentro.
Mangiare troppo o non mangiare non sono mai semplicemente
sintomi di patologie legate alla sola corporeità, sono invece
sintomatologie legate alla nostra umanità – se per umanità
intendiamo ciò che siamo andati dicendo, cioè l’unità profonda di
anima e di corpo, di esperienza corporea ed esperienza interiore.
Basta fare un po’ di zapping in TV o navigare un po’ su Internet per
accorgersi come, negli ultimi anni, sia cresciuta potentemente
l’attenzione e la cura per il cibo, per la cucina, per il grande tema del
mangiare.
Assieme alla sessualità, il cibo è divenuto una fonte potente di
espressione delle energie che abitano le regioni profonde del nostro
inconscio. Si possono usare il cibo e il mangiare come modo e
tentativo di controllare la vita e il mondo. Si possono usare il cibo e il
mangiare come strumento sadico per farsi e fare del male. Si
possono usare il cibo e il mangiare come modo per esprimere e
comunicare l’amore. In questo senso, non dobbiamo mai dimenticare
che la vera competenza che deve accompagnare l’arte del mangiare,
la capacità di cucinare e di rapportarsi al cibo deve sempre
richiedere una profonda consapevolezza interiore che
inevitabilmente sfiora la spiritualità.
Sessualità
Un’altra componente fondamentale della corporeità è la sessualità.
Per quanto possiamo pensare che ormai il tema della sessualità sia
sdoganato, sono profondamente persuaso del suo contrario.
L’eccessiva ostentazione del corpo e del corpo sessuale può sfociare
in una sorta di pornografia diffusa che, invece di dire il superamento
di un tabù, lo manifesta proprio attraverso il suo contrario.
Infatti, proprio perché la sessualità non può essere ridotta
semplicemente a un esercizio biologico di trasmissione della vita, ha
bisogno di essere redenta dal rischio del dettaglio. Quando, infatti, la
sessualità coincide con la genitalità, cioè semplicemente con una
geografia precisa di una parte del corpo, essa viene meno alla sua
componente umana di fondo.
Noi possiamo definire la sessualità come pienamente umana,
quando è non soltanto trasmissione di vita biologica ma, ancora una
volta, espressione della relazionalità di fondo dell’essere umano. La
sessualità è un modo di rendere possibile una relazione; e lo è per
diversi motivi, come negli ultimi secoli molti hanno evidenziato
attraverso le loro intuizioni, le loro osservazioni, i loro studi.
Infatti, se la nostra vita proviene innanzitutto da un esercizio della
sessualità, tutti i nostri legami anche quelli più familiari, più intimi,
hanno sempre un’implicanza diretta o indiretta sulla nostra
sessualità. Essa infatti si aggancia a un territorio profondo, nascosto
in ognuno di noi e che ha più a che fare con il verbo essere che con il
verbo avere. La sessualità è l’espressione del nostro essere e non
semplicemente un modo di manifestare ciò che abbiamo, anche a
livello fisico. Quando la sessualità, nella vita di una persona, entra in
crisi, e quando non è pienamente integrata nella personalità, rischia
di diventare impedimento, muro, problema irrisolto.
«La mia bambina se n’è andata a vent’anni, per un virus che avrebbe dovuto
ammazzare noi e non lei. Non so, padre, come si può continuare a vivere
con il solo pensiero che lei non c’è più. Non mi perdono il fatto di non aver
potuto fare più di quello che abbiamo fatto. È morta sola, lontana da me,
senza che nessuno le accarezzasse la fronte come io facevo quando era poco
più che una bambina.
Francesca l’ho salutata da lontano, mentre la caricavano sull’ambulanza.
Non ho più sentito la sua voce. Mi ha solo guardata e ha aperto e chiuso la
mano. Aveva il respiro corto e faceva fatica anche solo a respirare.
Domando a lei perché tutto questo? Perché una simile ingiustizia? Cosa
può fare una madre quando sopravvive alla propria figlia? So che mi dirà
che devo pensare anche agli altri figli che ho, ma c’è una parte di me che è
morta con Francesca.
E poi la violenza inaudita di non aver potuto celebrare un funerale,
accompagnarla con un qualunque gesto. Spero che un giorno possa scorgere
qualcosa di diverso da questa sofferenza. Per ora è solo morte e rabbia.
Ma le ho scritto perché ha avuto ragione lei, quando qualche giorno fa ha
detto che “chi amiamo non possiamo mai farlo diventare il motivo della
nostra disperazione”. Mi insegni a non cadere in questa trappola. Cosa devo
fare affinché la morte smetta di fare così male? È una battaglia che devo
combattere in nome di Francesca, ma non so come si fa e dove si prende la
forza.»
Come dicevamo all’inizio di queste pagine, la pandemia del
Coronavirus ci ha costretto a incontrare e a scontrarci con parole che
sono diventate familiari in questo tempo difficile. Alcune di queste le
abbiamo scelte volutamente e approfondite, nel tentativo di
redimerle da una narrazione solamente negativa.
Se il tempo della pandemia è stato il tempo del distanziamento
sociale, esso ha fatto certamente rinascere la nostalgia delle relazioni.
Se il tempo del distanziamento sociale ha risvegliato in noi la paura
della solitudine, la forzatura di questa condizione ha costretto tutti
noi a fare i conti con l’opportunità che è nascosta nella solitudine
stessa. E se la solitudine si porta addosso la taglia del silenzio, esso
non è innanzitutto l’essere gettati nel buio, ma il varcare la porta
dell’interiorità e scoprire un mondo dentro, non solo da abitare, ma
da attraversare fino al suo fondo inedito.
L’interiorità, d’altronde, non può distrarci da quell’argomento
scandaloso che è la nostra corporeità. È infatti il corpo il principale
protagonista di questa pandemia. Il virus ha il potere di attaccarlo
fino a procurarne la morte. Ma il corpo è anche l’alfabeto base del
sentire della vita. Non è solo il luogo del dolore, ma anche il luogo
della gioia. È attraverso il corpo che ognuno di noi dà consistenza
alla propria esistenza.
Ora non possiamo concludere questo nostro percorso senza
sostare davanti a un’altra parola scomoda, la parola “morte”.
Questo tempo di crisi ha messo tutti noi non davanti al fatto della
resurrezione, ma davanti al fatto della morte. Una società che
costantemente cerca di nascondere, di occultare la morte, che ha
creato luoghi specifici in cui le persone possono concludere il
percorso della loro vita; in una società come la nostra che tende a
rendere invisibili i malati, gli ultimi, i sofferenti, trovarsi
scaraventata davanti agli occhi una cronaca di morte che ha riempito
non soltanto i nostri mezzi di comunicazione, ma ogni frammento
del nostro ultimo tempo, ha risvegliato tutti i sintomi dell’angoscia e
della paura di morire.
La verità è che non si può far nulla contro la paura e l’angoscia
della morte, se si pensa solo e soltanto alla morte. Si può fare
qualcosa soltanto mettendo mano alla vita. Solo una vita
degnamente vissuta può esorcizzare e tenere a bada l’angoscia e la
paura della morte. Come dicevamo prima, se la religione e l’apparato
simbolico servono ad addomesticare e a rassicurare, la fede risolve
invece quella paura e quella angoscia.
Credo che questa sia la “luce in fondo” che tutti noi dobbiamo
cercare. Cercare una benedizione nella prova, nell’esperienza della
fragilità che ci ha resi più autentici. Cercare un bene nascosto in ciò
che ci ha destabilizzati e che ha messo in discussione la nostra vita.
Essere benedetti in ciò che abbiamo vissuto come maledizione, come
contrapposizione, come sconfitta.
Tutti sappiamo che i periodi difficili passano, e che molto spesso
lasciano il segno. Ma la grande novità delle cose difficili e dei segni
che restano è contenuta nella pretesa di benedizione, nella pretesa di
bene che noi vogliamo trarre dall’attraversamento del buio. Molte
volte non abbiamo i mezzi per vincere le nostre guerre, per avere la
meglio nelle nostre battaglie, ma possiamo continuare a lottare anche
quando siamo a terra senza forze, anche quando non riusciamo a
reggerci più in piedi. C’è dentro di noi una forza che rimane in piedi,
una forza nascosta nel cuore, che va coltivata, che va esposta, che va
tirata fuori, che va usata, che va conosciuta. È la “luce in fondo” per
cui tutto continua a valere la pena.
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato,
riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico,
o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente
autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o
da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi
distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione
delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione
dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente
secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio,
prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo
consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere
alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni
incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.
www.rizzoli.eu
La luce in fondo
di Luigi Maria Epicoco
Proprietà letteraria riservata
© 2020 Mondadori Libri S.p.A.
Pubblicato per Rizzoli da Mondadori Libri S.p.A.
Ebook ISBN 9788831801546
Copertina
L’immagine
Il libro
L’autore
Frontespizio
La luce in fondo
Prologo
Relazioni
Solitudine
Silenzio
Corpo
Morte
Epilogo
Copyright