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La Val Ceno è il punto di partenza delle mie radici. La persona che sono oggi la
devo a lei e a ciò che mi ha insegnato mio nonno, suscitando in me curiosità e amore per
la natura. È stato proprio mio nonno Mario a farmi conoscere il poeta Francesco Zanetti,
il poeta della montagna, nativo di Carpadasco che cantò le bellezze delle montagne della
Val Ceno e la operosa vita della sua gente.
Zanetti, oltre alla poetica, si specializzò in giornalismo e si trasferì nella capitale,
Roma, trasformandola nella sua seconda patria. Ma le sue origini e i suoi ricordi sono
sempre stati immagini impresse nei suoi occhi. La nostalgia della Val Ceno è stata la
fiamma ardente che ha sempre alimentato la sua ispirazione a comporre i versi. Ne sono
testimonianza le numerose poesie che narrano dai ricordi dell’infanzia alle note di persone
e luoghi, e in special modo, il poema ‘’La Canzone del Monte’’, rimasto sfortunatamente
incompiuto, canta le glorie e le storie dell’appennino parmense.1
‘’La Canzone del Monte’’ è un poema composto da dieci canti, scritti in versi
esametri. In questo componimento l’autore dedica la sua scrittura alla Val Ceno, ai monti
e fiumi che ne determinano la sua inimitabile bellezza. In questa relazione mi concentrerò
principalmente sul quinto canto dove il poeta ci racconta la leggenda dei due fiumi che
scorrono lungo la Val Ceno e la Val di Taro, i cosiddetti fiume Taro e fiume Ceno, anche
soprannominati i ‘Fiumi Gemelli’. Non è assolutamente un caso che questi due fiumi
vengano soprannominati gemelli.
Analizzando la canzone di Francesco Zanetti scopriremo una delle fiabe popolari
più divertenti della provincia parmense.
<< O leggenda fiorita dal cuore, singulti di sogno
nel racconto dei padri dischiuso, d’azzurro vestita –
apri o leggenda il manto e fa che l’azzurro risplenda
– de le sue luci d’oro, sì come mosaico stellato>> 2
1
Gazzetta di Parma, mensile del 15 febbraio 1938
2
Francesco Zanetti, La Canzone del Monte e altre liriche, Silva, 1984
pag. 1
Esiste infatti una leggenda popolare dell’Alto Appennino parmense tramandata
oralmente da generazioni arrivando fino ai giorni nostri. Essa viene spesso raccontata ai
bambini, come nel mio caso, ma anche ai turisti facendo intraprendere un viaggio
letterario alla scoperta delle origini dei due corsi d’acqua e della civiltà stanziata attorno
ad essi, incorporando così una spiegazione immaginaria e letteraria ai percorsi dei due
corsi d’acqua che delineano i paesaggi della Valle. Con il verso sopra citato vediamo
come questa leggenda popolare rimanga scritta e riviva nel tempo anche grazie al
componimento poetico di Zanetti. Il poeta, infatti, raccontando questa tradizione
accompagna all’immagine di questa valle, dei monti e dei due fiumi la poesia.
La leggenda narra:
“Tra le rupestri scoglie del monte Penna, come dentro a una cuna di sasso,
due polle argentine affiorarono, un giorno, improvvise.
E poi che del fresco gorgoglio tosto fu pieno la fonte decisero i due fratelli di
spartirsi e prendere ciascuno la sua via, giù per le valli segnate, per
incontrarsi a Fornovo.
Chi primo fosse giunto avrebbe dato nome al fiume, che da Fornovo, traverso
la pianura, doveva giungere al Po. Di notte, quando la luna fosse stata
imminente sul Penna, avrebbero i due fratelli dovuto lasciarsi e mettersi
ciascuno per la sua strada in cammino.
Mentre il Ceno dormiva tranquillo nella freschezza della sua cuna, il Taro
adunato nelle vene della terra tutta la forza delle acque frementi,
d’improvviso e tacito e furtivo, senza che il fratello se ne accorga, si mette a
correre giù per la sua valle scoscesa. Quando la luna brilla sul Penna il Ceno
si desta e cerca invano a sé vicino il Taro fratello, che già dilungava
rumoreggiando per le forre e giù dalle balze dei monti.
Invano il Ceno corre, corre e con fremiti di spume balza e rimbalza giù per
la valle, ché quando arriva a Fornovo, e appena l’alba rompeva a oriente,
già il Taro, disteso in grandi lame lucenti per il greto, correva alla foce del
Po.”3
3
Leggenda in prosa di Francesco Zanetti
pag. 2
Questi versi ci regalano una meravigliosa immagine del reale contesto geografico
dell’Alto Appennino in provincia di Parma associato ad elementi immaginari.
La personificazione della natura, del fiume Taro e del fiume Ceno, è la figura
retorica utilizzata per rafforzare il legame sentimentale tra la Valle del poeta e il suo
popolo: due Fratelli che nascono dallo stesso grembo materno lasciano il luogo di nascita
per iniziare il loro percorso vitale. È molto importante sottolineare l’utilizzo della
personificazione e come il suo impiego enfatizzi al meglio la figura del fiume e dell’acqua
associate al dono e al nutrimento della vita.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
- Francesco Zanetti, La Canzone del Monte e altre liriche, Silva, 1984
- http://www.valcenostoria.it/2022/05/08/francesco-zanetti-il-poeta-della-val-ceno-
vita-e-morte/
- F. Musarra e U. Musarra–Schrøder, Fiumi reali e immaginari nella letteratura italiana,
Franco Cesati Editore, 2018
- Topografie letterarie: paradigmi dell'immaginario da Shakespeare a Naipaul,
Mimesis, Milano, 2017
4
F. Musarra e U. Musarra–Schrøder, Fiumi reali e immaginari nella letteratura italiana, Franco Cesati
Editore, 2018
pag. 3