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MUSICA ED EMIGRAZIONE

PREMESSA

Quando Eravamo Extracomunitari

Italiani, popolo migrante: un fenomeno certo antico, ma che negli ultimi decenni dell'ottocento ha
assunto caratteri di vero esodo. Un esodo biblico, che nell'arco di un secolo, dal 1876 al 1976 (cio
dal momento in cui si cominci a tenere i conti di quanti se ne andavano fino a quello in cui i rientri
e gli arrivi di immigrati stranieri diventarono superiori alle partenze) ha visto il nostro Paese perdere
quasi 27 milioni di persone. Pari agli abitanti della penisola al momento dell'unit d'Italia.

Spesso se ne attribuiscono superficialmente le cause al sovraffollamento del nostro meridione,


tuttavia ad un'attenta analisi statistica risulta che il tasso di crescita demografica del nostro paese nel
decennio 1870-80 fu dell'1 per cento, passando da 27 a 28 milioni di abitanti, percentuale in linea
con la media europea.

Le ragioni vanno ricercate altrove: la


principale fu il richiamo esercitato dal
continente americano, che col suo
dirompente sviluppo industriale
invocava braccia da lavoro, anche non
specializzate, che i proletari delle aree
pi depresse offrivano a profusione.
"Datemi i vostri poveri", tuonava il
paese dello zio Sam, ed i poveri dall'
Europa rispondevano in massa. Il
fenomeno dell'emigrazione che era stato
fino ad allora tutta altra cosa,
riguardando solo gli italiani del
settentrione, che stagionalmente si spostavano nei paesi frontalieri, coinvolse le masse meridionali,
ed assunse carattere definitivo. Attraverso la musica si pu leggere una storia dell'emigrazione
parallela che parla pi dei sentimenti, delle aspirazioni e delle motivazioni che portano a un
fenomeno migratorio che interesser moltissime persone.
La meta designata era l'America, quella America dove sembrava alla portata di chiunque
fare fortuna.
La grande occasione era l, bastavano cento lire per intraprendere un viaggio che sarebbe
durato mesi.
La canzone popolare ferma questo desiderio in una famosa composizione che ice: Mamma
mia dammi cento lire che in America voglio andar... Cento lire te le do, ma in America no
no, no.
Una canzone che tutti hanno sentito migliaia di volte e, magari anche canticchiato, ma, forse,
pochi hanno riflettuto sul suo significato: qua, infatti, troviamo tutti gli elementi che
caratterizzano l'emigrazione: la voglia di una nuova vita, il prezzo di questo sogno (le cento
lire), l'opposizione della madre che non vuole mandare il figlio in un posto cos lontano,
perdendolo per sempre.
Viaggi lunghi, spesso fatti in terza classe, disagi, paura: tutto questo non pu non fornire
materiale sia per chi parte, sia per chi resta.
E la musica l'espressione dell'anima e l'anima dei migranti cantava quello che aveva
lasciato alle spalle e cantava quello che pensava di trovare guardando avanti.
Oggi, come allora, la musica serve per tramandare i sogni e le speranze di coloro che,
legata la valigia con dentro abiti e sogni, prendevano un bastimento a vapore e tentavano di
trovare una strada diversa, lontana dalla terra d'origine.

Progetto Emigrazione 1 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino
Negli anni dal 1867 al 1901 partirono per le Americhe dal porto di Genova 1.922.968
persone. Moltissimi di loro forse la maggior parte non avevano mai visto il mare, molti vi
persero la vita o non lo rividero mai pi, perch non fecero mai ritorno a casa.
Ancora, molte di queste persone conoscevano il mare solo per averlo immaginato nei versi
di una canzone. Dobbiamo cercare di immaginare cosa potette significare per questi uomini di
montagna passare decine di giorni in mezzo al mare, al di l
delle condizioni di viaggio certo non confortevoli.
Possiamo essere certi che, nel corso di queste traversate,
questi uomini, trovandosi tra paesani o anche con emigranti
provenienti da altre zone, cantassero.
E che tra loro ci fosse qualcuno in grado di comporre versi,
adattandoli da canti gi noti, spesso antichi di secoli. Oppure
che, al termine della traversata, ritrovandosi tra paesani nelle
osterie, sorgesse spontaneo il desiderio di raccontare e
immortalare la propria avventura in un canto da tramandare.
Ed ecco affiorare i temi soliti della psicologia contadina,
quelli gi presenti negli antichi canti lirico - narrativi, ma ora
attualizzati nell'esperienza del viaggio oltremare.
La partenza, innanzitutto, e il conseguente abbandono di una persona cara, che in un
diffusissimo canto, forse composto da strofe nate in momenti distinti e quindi variamente
aggregate tra loro, suscita reazioni sentimentali opposte, ben esemplificative della molteplicit
di stati d'animo che dovette accompagnare la scelta della partenza per le terre d'oltremare.

In pochi anni nei decenni a cavallo tra la fine dell'800 e l'inizio del nostro secolo furono quattro
milioni i nostri connazionali che si diressero verso gli Stati Uniti, in particolare New York raccolse
circa un terzo dell'intera cifra. Paradossalmente, sar proprio questa gente povera, espulsa dal
mercato del lavoro del proprio paese, che con le loro rimesse dall'estero (pari al 50% attivo della
bilancia dei pagamenti) permetter l'importazione delle materie prime e i beni capitali che
necessitarono alla nascente industria italiana. L'emotivit del nostro popolo dette a questo fenomeno
un carattere melodrammatico, l'emigrante divent l'eroe di una saga popolare intrisa di pianto, che
enfatizzava la condizione del meridionale come di un popolo reietto.
Attraverso la musica si pu leggere una storia dell'emigrazione parallela che parla pi dei
sentimenti, delle aspirazioni e delle motivazioni che portano a un fenomeno migratorio che
interesser moltissime persone. Attraverso la musica si pu leggere una storia dell'emigrazione
parallela che parla pi dei sentimenti, delle aspirazioni e delle motivazioni che portano a un
fenomeno migratorio che interesser moltissime persone.
La meta designata era l'America, quella America dove sembrava alla portata di chiunque
fare fortuna.
La grande occasione era l, bastavano cento lire per intraprendere un viaggio che sarebbe
durato mesi.
La canzone popolare ferma questo desiderio in una famosa composizione che ice: Mamma
mia dammi cento lire che in America voglio andar... Cento lire te le do, ma in America no
no, no.
Una canzone che tutti hanno sentito migliaia di volte e, magari anche canticchiato, ma, forse,
pochi hanno riflettuto sul suo significato: qua, infatti, troviamo tutti gli elementi che
caratterizzano l'emigrazione: la voglia di una nuova vita, il prezzo di questo sogno (le cento
lire), l'opposizione della madre che non vuole mandare il figlio in un posto cos lontano,
perdendolo per sempre.
Viaggi lunghi, spesso fatti in terza classe, disagi, paura: tutto questo non pu non fornire
materiale sia per chi parte, sia per chi resta.
E la musica l'espressione dell'anima e l'anima dei migranti cantava quello che aveva
lasciato alle spalle e cantava quello che pensava di trovare guardando avanti.
Oggi, come allora, la musica serve per tramandare i sogni e le speranze di coloro che,
legata la vali_

Progetto Emigrazione 2 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino
gia con dentro abiti e sogni, prendevano un bastimento a vapore e tentavano di trovare
una strada
diversa, lontana dalla terra d'origine.

Negli anni dal 1867 al 1901 partirono per le Americhe dal porto di Genova 1.922.968
persone. Moltissimi di loro forse la maggior parte non avevano mai visto il mare, molti vi
persero la vita o non lo rividero mai pi, perch non fecero mai ritorno a casa.
Ancora, molte di queste persone conoscevano il mare solo per averlo immaginato nei versi
di una canzone. Dobbiamo cercare di immaginare cosa potette significare per questi uomini di
montagna passare decine di giorni in mezzo al mare, al di l delle condizioni di viaggio certo
non confortevoli.
Possiamo essere certi che, nel corso di queste
traversate, questi uomini, trovandosi tra paesani o
anche con emigranti provenienti da altre zone,
cantassero.
E che tra loro ci fosse qualcuno in grado di
comporre versi, adattandoli da canti gi noti, spesso
antichi di secoli. Oppure che, al termine della
traversata, ritrovandosi tra paesani nelle osterie,
sorgesse spontaneo il desiderio di raccontare e
immortalare la propria avventura in un canto da
tramandare.
Ed ecco affiorare i temi soliti della psicologia
contadina, quelli gi presenti negli antichi canti lirico
- narrativi, ma ora attualizzati nell'esperienza del viaggio oltremare.
La partenza, innanzitutto, e il conseguente abbandono di una persona cara, che in un
diffusissimo canto, forse composto da strofe nate in momenti distinti e quindi variamente
aggregate tra loro, suscita reazioni sentimentali opposte, ben esemplificative della molteplicit
di stati d'animo che dovette accompagnare la scelta della partenza per le terre d'oltremare.

La meta designata era l'America, quella America dove sembrava alla portata di chiunque
fare fortuna.
La grande occasione era l, bastavano cento lire per intraprendere un viaggio che sarebbe
durato mesi.
La canzone popolare ferma questo desiderio in una famosa composizione che ice: Mamma
mia dammi cento lire che in America voglio andar... Cento lire te le do, ma in America no
no, no.
Una canzone che tutti hanno sentito migliaia di volte e, magari anche canticchiato, ma, forse,
pochi hanno riflettuto sul suo significato: qua, infatti, troviamo tutti gli elementi che
caratterizzano l'emigrazione: la voglia di una nuova vita, il prezzo di questo sogno (le cento
lire), l'opposizione della madre che non vuole mandare il figlio in un posto cos lontano,
perdendolo per sempre.
Viaggi lunghi, spesso fatti in terza classe, disagi, paura: tutto questo non pu non fornire
materiale sia per chi parte, sia per chi resta.
E la musica l'espressione dell'anima e l'anima dei migranti cantava quello che aveva
lasciato alle spalle e cantava quello che pensava di trovare guardando avanti.
Oggi, come allora, la musica serve per tramandare i sogni e le speranze di coloro che,
legata la vali_
gia con dentro abiti e sogni, prendevano un bastimento a vapore e tentavano di trovare
una strada
diversa, lontana dalla terra d'origine.

Negli anni dal 1867 al 1901 partirono per le Americhe dal porto di Genova 1.922.968
persone. Moltissimi di loro forse la maggior parte non avevano mai visto il mare, molti vi
persero la vita o non lo rividero mai pi, perch non fecero mai ritorno a casa.
Ancora, molte di queste persone conoscevano il mare solo per averlo immaginato nei versi
di una canzone. Dobbiamo cercare di immaginare cosa potette significare per questi uomini di

Progetto Emigrazione 3 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino
montagna passare decine di giorni in mezzo al mare, al di l delle condizioni di viaggio certo
non confortevoli.
Possiamo essere certi che, nel corso di queste traversate, questi uomini, trovandosi tra
paesani o anche con emigranti provenienti da altre zone, cantassero.
E che tra loro ci fosse qualcuno in grado di comporre versi, adattandoli da canti gi noti,
spesso antichi di secoli. Oppure che, al termine della traversata, ritrovandosi tra paesani nelle
osterie, sorgesse spontaneo il desiderio di raccontare e immortalare la propria avventura in un
canto da tramandare.
Ed ecco affiorare i temi soliti della psicologia contadina, quelli gi presenti negli antichi canti
lirico - narrativi, ma ora attualizzati nell'esperienza del viaggio oltremare.
La partenza, innanzitutto, e il conseguente abbandono di una persona cara, che in un
diffusissimo canto, forse composto da strofe nate in momenti distinti e quindi variamente
aggregate tra loro, suscita reazioni sentimentali opposte, ben esemplificative della molteplicit
di stati d'animo che dovette accompagnare la scelta della partenza per le terre d'oltremare.

Molti pezzi musicali simboleggiarono questo fenomeno storico sociale.


Vediamone qualcuno.

Mamma mia dammi cento lire


che in America voglio andar
cento lire te le do, ma l'America no no no...

oltre alle rimarchevoli "cento lire" che servivano allora per il viaggio, evidenzia l'angoscia della
mamma conscia che, partito il figlio, difficilmente l'avrebbe rivisto. Ma molte mamme non riescono
a fermare il proprio figlio, che di alternative alla fame nella sua terra ne trova ben poche.
Al 1868 si deve tuttavia "Addio a Napoli", in seguito nel repertorio di Caruso, Murolo, Dalla e De
Gregori, che s'impernia sul tema dell'addio dell'emigrante alla sua terra natia.
Il 6 agosto del 1906 dal porto di Genova partiva il vapore Sirio, una delle
navi pi moderne della flotta italiana, con a bordo circa 2.000 emigranti
che andavano in America. Il vapore viaggiava a 17 nodi l'ora, una
velocit ancor oggi considerevole, e, per abbreviare il viaggio, segu una
rotta molto vicina alle coste spagnole. Il 9 agosto urt contro uno scoglio
che si trovava alla profondit di circa 3 metri e incominci un lento
inabissamento. Il Sirio impieg venti giorni per affondare
definitivamente, ma la paura e la disorganizzazione presero il
sopravvento e finirono annegate o disperse circa 300 persone per la
compagnia assicurativa, oltre 700 per i giornali dell'epoca.La ballata
molto diffusa in tutto il nord Italia.

E da Genova il Sirio partivano


per l'America, varcare, varcare i confin
.
E da bordo cantar si sentivano
tutti allegri del suo, del suo destin. Urt il Sirio un orribile scoglio
di tanta gente la mise, la misera fin:

Rende molto bene l'idea di quello che fu un nostro Titanic, colpevolmente poco noto forse perch
non sfavillante come il pi celebre e maestoso transatlantico.
Il tema del Titanic, molto prima del film di James Cameron, era stato ripreso da De Gregori in un
suo celebre pezzo, che esula da questa monografia in quanto ricostruzione in chiave storiografica.

E' del 1919 "Santa Lucia lontana", che ben presto diventer l'inno degli emigranti:

Progetto Emigrazione 4 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino
Partono e' bastimenti
pe' terre assai luntane
cantano a buordo: so' napulitane

cantano pe' tramente


'o golfo gi scumpare
e 'a luna mmiezz 'o mare
nu poco 'e Napule
lle fa ved

Questo, appunto, assieme a "Trenta giorni di nave a vapore"


uno dei pezzi che meglio esprime l'angoscia dell'addio alla
propria terra. Arrivati laggi, la morsa della nostalgia stringe l'anima:

E ce ne costa 'e lacrime st'Ammerica


a nui napulitane
Pe' nui ca ce chiagnimme 'o cielo 'e Napule
comm' ammaro 'stu ppane

"Lacrime napuletane", appunto. Ma l'emigrante non solo napoletano, anche se la componente


partenopea o comunque meridionale ovviamente preponderante. Qualche contributo sul tema di
diversa provenienza regionale; una celeberrima

Ma se ghe penso
alloa mi vedo o ma,
veddo i mae monti
e a ciassa da Nonsi
rivedo o Righi
e me s'astrenze o cheu;

che, ripresa in epoche successive da Bruno Lauzi, Gino Paoli e da Mina, esprime la nostalgia per la
Genova lontana.

Un canto trentino

Vuoi tu venir Giulietta


vuoi tu venir con me
vuoi tu venir in Merica
a travagliare con me.

Mi s che vegniria
se 'l fus da chi a Milan,
ma per andare in Merica
l' massa via lontan.

sicuramente poco noti, ma significativi: dal bellunese

Trenta giorni di macchina a vapore,


nella Merica ghe semo arrivati,
ma nella Merica che semo arrivati,
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Prof. Rita Padalino
no' abbiamo trovato n paglia n fien.

E Merica, Merica, Merica, cossa sarla 'sta Merica?


Merica, Merica, Merica, in Merica voglio andar.
Abbiam dormito sul nudo terreno
come le bestie che va a riposar
E' la Merica l' lunga, l' larga,
circondata da fiumi e montagne,
e co' l'aiuto dei nostri italiani
abbiam formato paesi citt.

che esprime il disagio dell'emigrante misto all'orgoglio per il contributo dato allo sviluppo di quel
paese lontano.
Fermandoci in Veneto, uno incredibile, se
rapportato ai giorni nostri: chi direbbe oggi,
nell'opulento nord est, terra promessa di colf
e badanti d'oltrecortina che un tempo
l'emigrazione avveniva nell'esatta direttrice
opposta? Un canto del bellunese recita

Andiamo in Transilvania
a menar la carioleta
che l'Italia povereta
no' l'ha bezzi da pagar.

E gi, dal triVeneto si emigrava in Romania soprattutto nella zona di Craiova.....a quei tempi il ricco
nord est era molto piu' povero della Romania, c' da pensarci a fondo.
Del 1927 la tristemente profetica "Miniera", di Bixio-Cherubini, si veda appresso la nota su
Marcinelle, i cui versi

Va l'emigrante ognor con la sua chimera


lascia la vecchia mamma il suo casolare
e spesso la sua vita in una miniera!

richiamano temi che sarebbero divenuti di triste attualit


vent'anni dopo.
e' del 1931 una splendida canzone di Libero Bovio,
napoletana pur se scritta in lingua. Parliamo di
"Signorinella", che precorre i temi dell'emigrazione
interna, quella che porta i meridionali verso l'Alta Italia,
inequivocabili gli accenni "al mio paese nevica, il
campanile della Chiesa bianco" mentre il protagonista
sogna il sole e l'amore lasciato nella calda Napoli.

Toscana del 1938, chi non conosce

La porti un bacione a Firenze


che l' la mia citt
che in cuore ho sempre qui
la porti un bacione a Firenze
lavoro sol per rivederla un d
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Prof. Rita Padalino
son figlia d'emigrante
per questo son distante
lavoro perch un giorno a casa torner
la porti un bacione a Firenze
se la rivedo glielo render

l'emigrante fiorentino esprime qui per un'intenzione che trover seguito nei decenni successivi:
non pi emigrazione stanziale, definitiva, si delinea la tipologia cosiddetta dell'emigrante
"temporaneo": andare, lavorare e tornare un giorno in patria col gruzzoletto.
Tuttavia il bacione a Firenze rappresenta un'eccezione per il suo tempo: il regime fascista mal
tollera che si parli dell'italiano come di un disgraziato costretto ad andare a carcarsi il pane altrove,
magari in un paese straniero, culla di quelle ideologie sprezzantemente definite demo-pluto-
giudaiche, quindi l'emigrazione negli anni '30 diventa sostanzialmente tutt'altra cosa, diventa la
gioiosa missione civilizzatrice del nuovo italiano, il colonizzatore che va a prendersi il suo "posto al
sole" e contemporaneamente a portare la civilt romana a quei popoli selvaggi.
Nascono cos le "Faccette nere", "Carovana del Tigrai", "Ti saluto (vado in Abissinia")", tutti
pezzi pervasi di smanie di conquista di terre nuove e redenzione del selvaggio in nome
dell'ideologia nuova. Del resto c'era stato un precedente illustre col "Tripoli bel suol d'amore" che
aveva accompagnato la conquista della Tripolitania e
della Cirenaica del 1912.
Nonostante la fascistizzazione del ministero degli esteri
con tutta la sua rete consolare e l'enorme sforzo profuso
nel tentativo di trasformare gli italiani all'estero in una
quinta colonna (come teorizzato da Roberto Farinacci),
Mussolini and incontro a una disfatta planetaria. Numeri
alla mano, infatti, alla gran quantit di Fasci
fortissimamente voluti dai consolati perfino nel Siam,
corrispondeva un numero di membri cos piccolo da
essere ridicolo.
Le legnate della guerra fanno sparire presto tutte le ubbie
imperialistiche e quinto colonnare italiane, e di colpo si torna alla nostra condizione di popolo
errante. L'emigrante napoletano pensa con preoccupazione alla sua terra lontana,timoroso di
ritrovare la sua citt distrutta e trasformata dal conflitto mondiale, come traspare dalla celeberrima
"Munasterio 'e Santa Chiara", luogo martoriato dal bombardamento alleato e divenuto un
simbolo. Da quelle macerie Napoli e tutta la societ italiana usciranno profondamente cambiate.
Particolare, e dovuta proprio alla sconfitta bellica, la condizione di Trieste, terra di migranti e per
giunta divisa dalla madrepatria italiana. Teddy Reno, al secolo Ferruccio Ricordi, propone nel 1949
"Trieste mia" che recita

Trieste mia che nostalgia


mi go lontan de ti
son vagabondo
gir g il mondo
ma penso sempre a ti....

precorritrice della "Vola Colomba" di 3 anni dopo, inno dell'italianit triestina, ma questa
un'altra storia.
Perfino la celeberrima "Romagna mia", che sugella la consacrazione di Secondo Casadei nel 1955
anche al di fuori dei confini regionali, ha di fondo il nostro tema

"...quando ti penso vorrei tornare


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Prof. Rita Padalino
dalla mia bella, al casolare..."

il romagnolo protagonista del canto, , quindi nostalgicamente lontano dalla sua terra.
E se Claudio Villa nel 1960 piangeva sul "Binario" quelle fredde parallele della vita che gli
portavano via l'amata, Nino d'Angelo gli far eco
oltre vent'anni dopo in "Maledetto treno" in cui
malediceva, appunto, il treno che gli aveva portato
via la bella per chiss dove.
Tragedie assurde come nel '56 la morte nelle
miniere di Marcinelle in Belgio o nell'agosto del
1965 quando un ghiacciaio delle Alpi Svizzere si
rovesci sui cantieri allestiti per la costruzione
della diga di Mattmark, facendo strage di uomini
ispir struggenti brani come

"Se vuoi veder l'inferno, amico mio,


vieni con me che ti ci porto io,
si chiama Mattmark e Marcinelle".

cos apriva la sua "Ballata di Attilio", una canzone cruda e scarna cantata da Franco Trincale quasi
quarant'anni fa. Raccontava la storia di uno dei tanti italiani che, lasciata la propria terra per un
futuro migliore all'estero, trovava invece la morte. Marcinelle, il cui toponimo diverr in Italia
simbolo stesso di tragedia, venne cantata anche da Otello Profazio, ne "Lu trenu de lu soli" del
1963.
Comincia per il cosiddetto boom economico, e l'emigrazione cambia faccia, assumendo
prevalentemente caratteri interni, dal mezzogiorno al nord Italia, o pi semplicemente dalla
campagna alla metropoli.
L'urbanesimo ed il difficile distacco dai campi nel "Ragazzo della via Gluck", pezzo
autobiografico di Celentano del '66 che racconta la sua storia attraverso l'artificio del colloquio con
se stesso nei panni dell'amico rimasto nei campi, a giocare a piedi nudi nei prati, mentre lui in
centro respirer il cemento. Tema ripreso vent'anni dopo da Ramazzotti in "Adesso tu", quando lui,
ormai cantante di successo ma "nato ai bordi di periferia" non dimentica tutti gli amici che sono
ancora la.
Il tragico commiato dal mondo di Tenco non sfugge al nostro tema

....La solita strada, bianca come il sale


il grano da crescere, i campi da arare.
Guardare ogni giorno
se piove o c'e' il sole,
per saper se domani
si vive o si muore
e un bel giorno dire basta e andare via.

E' "Ciao amore ciao", una canzone difficile, amara e


profonda come del resto tutto il repertorio del cantautore
genovese: in un'Italia che pur viveva il cosiddetto miracolo
economico, c'erano ancora sacche paurose di povert e di
indigenza, e non sempre il distacco dai campi e l'avventura
verso la citt venivano coronati dal successo, anzi spesso
l'impatto con un mondo tanto diverso dal proprio
produceva effetti devastanti.
Progetto Emigrazione 8 Ada Negri Belgioioso
Prof. Rita Padalino
L'esistenzialismo, il disagio, il male di vivere: come scrisse Enzo Forcella su "il Giorno" del 28
gennaio 1967, certo non ci si uccide per una canzone, ma forse ci si pu uccidere per tutto ci che
c' dietro un certo tipo di canzone.
Stesso sordo dolore, stessa cupa tristezza nell'Endrigo degli stessi anni ne "Il treno che viene dal
Sud", tra l'altro pare nata in risposta ad una canzone "buonista" sul tema dell'emigrazione, "La
donna del Sud" di Bruno Lauzi.

I1 treno che viene dal sud


non porta soltanto Marie
con le labbra di corallo
e gli occhi grandi cos.
Porta gente, gente nata fra gli ulivi,
porta gente che va a scordare il sole,
ma caldo il pane
lass nel nord.
.... ma in cuore sentono che
questa nuova, questa grande societ,
questa nuova, bella societ
non si far,
non si far.

1971 ed ancora l'Equipe '84 in "Casa mia" di Albertelli e Soffici,

Torno a casa
siamo in tanti sul treno
occhi stanchi
ma nel cuore il sereno
Dopo tanti mesi di lavoro
mi riposer
dietro quella porta
le mie cose io ritrover
la mia lingua sentir
quel che dico capir....

Struggente il canto dei Ricchi e Poveri e Jos Feliciano in "Che sar", nell'abbandonare il
celeberrimo "Paese mio che stai sulla collina....",
lasciato alla sua noia, abbandono, niente...per andare a
cercar fortuna lontano. Da rimarcare il fatto che "gli
amici miei son quasi tutti via...." E' chiaro che non si
tratta di una scelta ma di una necessit.
L'icona dell'emigrante in Mino Reitano col suo
manifesto "L'uomo e la valigia", il giovane e
speranzoso ragazzo del sud che parte in cerca di gloria
verso la "grande citt" e " giorni di nebbia" che ci
fanno inequivocabilmente capire dove si vada,
lasciando la bella al paese nato mentre il giovane Al
Bano nel 1968 aveva raccontato la sua esperienza ne "La siepe", malinconico addio del ragazzo
pugliese alla mamma che resta nel suo mondo delimitato, appunto, dalla siepe di casa.
Continua l'Epopea della migrazione interna con "Montagne verdi", pezzo del 1972 firmato da
Bigazzi e dal fratello Gianni per Marcella Bella, in un clima quasi da feuilletton in cui la ragazza
siciliana narra della sua tristezza nell'abbandonare la ridente terra natia per il freddo e nebbioso nord
Progetto Emigrazione 9 Ada Negri Belgioioso
Prof. Rita Padalino
Italia.
Nel repertorio di Giovanna Marini,c' una canzone del '73, "Gli stagionali", che parla
dell'emigrazione italiana in Svizzera, ripresa nel suo penultimo album, "Buongiorno e buonasera".
In una recente intervista Giovanna si rammaricata del fatto che la canzone popolare italiana non
abbia saputo contribuire a rendere eroi gli emigrati. Di canzoni sul tema dell'emigrazione, dice la
Marini, ce ne sono, basti pensare a quelle trovate da Roberto Leydi, alle numerosissime
sull'emigrazione in America o ancora a quelle sulle tragedie che hanno colpito gli emigrati italiani
in Europa, come Mattmark o Marcinelle. Ma questo non bastato a darci
una coscienza pi profonda del fenomeno. Sono convinta che se noi in
Italia abbiamo tanta difficolt come popolo ad accettare gli immigrati
extracomunitari perch nessun governo ha reso eroi gli emigrati italiani
che sono partiti per lavorare all'estero. Per noi gli emigranti per essere
degli eroi devono morire o farsi rapire. Ma se partono semplicemente in
cerca di lavoro perch nella loro terra non ne trovano, sono soltanto dei
poveri disgraziati, poco furbi, dei falliti in patria che pagano oltretutto le
tasse.
Un buon tema su cui riflettere.
Unico caso di emigrante non italiano nella nostra canzone il "Pablo"
di De Gregori, emigrante spagnolo in Svizzera, Pablo che tradisce la sua
patria d'origine per la svizzera verde. Qualcuno vide Neruda dietro il Pablo cantato da Francesco,
ma De Gregori stesso ha smentito tale accostamento dichiarando che proprio di un comune
emigrante intendeva cantare le gesta.
Non uno mai stata incisa su disco, ma anche Lucio Battisti nel 1980 ha dedicato, assieme a
Mogol, un pezzo sul tema. "Il paradiso non qui"; considerata da Mogol un brano validissimo
tanto da indurgli a dire "l'ho sempre considerato uno dei brani pi belli scritti in quel periodo:
non ho mai capito perch Lucio non ha voluto inciderlo". Il testo riporta frammenti della vita di un
italiano emigrato in Inghilterra per lavoro, una lettera scritta all'amico restato in Patria che
sottolinea come il Paese ospitante ha saputo offrire un lavoro, un diverso modo di campare, anche
se le donne sono diverse e si comportano in modo non conosciuto, il vino non molto buono e
costa caro, sicuramente vivere qui duro. Un misto di orgoglio per la propria capacit di
adattamento e di rimpianto per le cose lasciate.
L'emigrazione agli sgoccioli. E' del 1981 Pasquale Ametrano, l'operaio materano emigrato a
Monaco di Baviera magistralmente dipinto da Carlo Verdone in "Bianco Rosso e Verdone". Si pu
terminare con questa macchietta mica tanto lontana dalla realt, diverso ma integrato (Pasquale ha
una moglie tedesca e parla tedesco, mentre di italiano conosce solo il suo dialetto materano) il
fenomeno dell'emigrazione dall'Italia, quanto meno l'emigrazione da
"poveracci".

L'ultimo accenno all'amore che si allontana che si allontana col treno "cattivo"
ci sovviene da una adolescente Laura Pausini del '93 che ne "La Solitudine" ha
ora il volto di Marco, il fidanzatino che andato via al seguito del padre che ha
cambiato lavoro, anche se da pi l'idea del figlio di funzionario di banca
trasferito piuttosto che del povero emigrante.

Progetto Emigrazione 10 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino
30 giorni di nave a vapore (popolare veneto)
30 giorni di nave a vapore America allegra e bella
che nell'America noi siamo arrivati Tutti la chiamano l'America sorella
e nell' America che siamo abbiam trovato Tutti la chiamano l'America sorella
n paglia e n fieno La la la la lallalal lalalalallalala
abbiam dormito sul piano terreno
e come bestie abbiamo ripos. E l'America l' longa e l' larga
abbiam dormito sul piano terreno L' circondata di monti e di piani
e come bestie abbiamo ripos. Ma con l'industria dei nostri italiani
Abbiam fondato paesi e citt
America allegra e bella Ma con l'industria dei nostri italiani
Tutti la chiamano l'America sorella Abbiam fondato paesi e citt
Tutti la chiamano l'America sorella
La la la la lallalal lalalalallalala America allegra e bella
Tutti la chiamano l'America sorella
Ci andaremo coi carri dei zingari Tutti la chiamano l'America sorella
Ci andaremo coi carri dei zingari La la la la lalalal lalalalallalala
Ci andaremo coi carri dei zingari
In America voglio andar

Progetto Emigrazione 11 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino
Mamma mia dammi cento lire

Canto di emigrazione della seconda met dell'ottocento molto diffuso in tutta l'area padana.
Narra una vicenda individuale, e in ci resta fedele ad uno dei caratteri distintivi del canto
lirico - narrativo dell'Italia settentrionale, la ballata del cantastorie un affresco collettivo,
ricco di immagini che potremmo gi definire "di massa", e in effetti quasi cinematografici.
La madre del canto originario ha lo spessore tragico di un'antica profetessa inascoltata,
propria della sensibilit contadina arcaica, la "Maledizione della madre", canto nel quale
risuona la cupezza di vincoli e tab ancestrali.

In questo canto antico l'impazienza del pretendente o della fanciulla stessa che,
precorrendo il tempo fatalmente determinato del distacco della figlia dal grembo materno,
suscita la maledizione della madre e la successiva disgrazia (giacch il confine tra profezia e
maledizione labile). E l'infrazione di una norma sociale, quella che sancisce l'unit del gruppo
famigliare e il suo legame con la terra d'appartenenza.

Mamma mia dammi cento lire che in America voglio andar


Mamma mia dammi cento lire che in America voglio andar
Mamma mia dammi cento lire che in America voglio andar

Cento lire te le dar ma in America no no no


Cento lire te le dar ma in America no no no
Cento lire te le dar ma in America no no no

Se in America non vuoi che vada vo lontano vo a fa il sold


Se in America non vuoi che vada vo lontano vo a fa il sold
Se in America non vuoi che vada vo lontano e far il sold

Vattene pure o figlio ingrato il bastimento si affonder


Vattene pure o figlio ingrato il bastimento si affonder
Vattene pure o figlio ingrato il bastimento si affonder

E quan fui stato in mezzo al mare il bastimento si rivolt


E quan fui stato in mezzo al mare il bastimento si rivolt
E quan fui stato in mezzo al mare il bastimento si rivolt

E le parole della miai mamma son venute la verit


E le parole della miai mamma son venute la verit
E le parole della miai mamma son venute la verit

E invece quelle dei miei fratelli son st quelle che m'han trad
E invece quelle dei miei fratelli son st quelle che m'han trad
E invece quelle dei miei fratelli son st quelle che m'han trad

Progetto Emigrazione 12 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino
I miei capelli ricci e belli in fondo al mare si marciran
I miei capelli ricci e belli in fondo al mare si marciran
I miei capelli ricci e belli in fondo al mare si marciran

E la mia carne tanto tenera i pesci del mare la mangeran


E la mia carne tanto tenera i pesci del mare la mangeran
E la mia carne tanto tenera i pesci del mare la mangeran

Ed il mio sangue tanto dolce la balena lo bever


Ed il mio sangue tanto dolce la balena lo bever
Ed il mio sangue tanto dolce la balena lo bever

Addio mamma addio fratelli addio tutti pi non vi vedr


E addio mamma addio fratelli addio tutti pi non vi vedr
Addio mamma addio fratelli addio tutti pi non vi vedr

Testo n. 2
Mamma mia dammi cento lire
Che in America voglio andar;
mamma mia dammi cento lire
che in America voglio andar.

Cento lire io te le do
Ma in America no,no,no
Cento lire io te le do
Ma in America no,no,no.

Suoi fratelli alla finestra


Mamma mia lassela and;
suoi fratelli alla finestra
Mamma mia lassela and.

Vai, vai pure o figlia ingrata


che qualcosa succeder.
Vai, vai pure o figlia ingrata
che qualcosa succeder.
Quan fu stata in mezzo al mare
Bastimento si l' fund;
Quan fu stata in mezzo al mare
Bastimento si l' fund.
Pescatore che peschi i pesci
la mia figlia vai tu a pescar.
Pescatore che peschi i pesci
la mia figlia vai tu a pescar.

Il mio sangue rosso e fino,


i pesci del mare lo beveran.
Il mio sangue rosso e fino,
i pesci del mare lo beveran.

La mia carne bianca e pura


la balena la mangier.
La mia carne bianca e pura
la balena la mangier.

Il consiglio della mia mamma


l'era tutta verit.

Progetto Emigrazione 13 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino
Il consiglio della mia mamma
l'era tutta verit.
Le parole dei miei fratelli
son quelle che m'han tradi;
Le parole dei miei fratelli
son quelle che m'han tradi.

Progetto Emigrazione 14 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino
Ma se ghe penso (Se ghe pensu) - 1925

"Se ghe pensu" si diffuse in tutto il mondo e fin per simboleggiare il sentimento autentico
dell'emigrante della seconda generazione, che anela al ritorno a casa dopo una vita di lavoro in
terre lontane.
Trionfa quel melenso nazional-popolare che forse, con il crollo della civilt contadina,
divenuto veramente il sentimento pi rappresentativo del mondo popolare modernizzato ed
urbanizzato, almeno fino ai grandi rivolgimenti sociali e di costume degli anni Settanta.
Il testo semplice, la melodia malinconica e struggente, siamo ben lontani dalle asperit
simboliche, dagli squarci sulle profondit psicologiche offerte dai vecchi canti contadini.
Il canto di emigrazione cambiato, non sar pi il riflesso spontaneo ed immediato di
un'esperienza collettiva, ma il prodotto pianificato di un'industria del sentimento che vedr il
popolo passare dal ruolo di creatore del proprio discorso a quello di fruitore passivo, soggetto
al quale sar precluso di riadattare ad una propria, ormai smarrita, misura esistenziale
autonoma.
"Se ghe pensu", far piangere intere famiglie di emigranti, quelli rimasti, quelli ritornati e
quelli che solamente hanno visto partire i loro cari.
La vera tragedia, quella dei corpi inghiottiti dalle acque e dei molti di cui si persero le
tracce, era ormai lontana, e con essa la verit di canti troppo aderenti al reale e alle sue
contraddizioni, troppo interni alle dinamiche proprie di una declinante cultura popolare di
tradizione.
Il nuovo sentimentalismo che aveva conquistato il mondo popolare serv forse, soprattutto,
a rimuovere quei dolori di tanto pi grandi.

La paternit della canzone sicuramente attribuibile a Mario Cappello (tanto per i versi
quanto per la musica) mentre Attilio Margutti collabor soltanto alla stesura musicale.
L'anno di nascita del brano il 1925. La prima interpretazione del brano fu quella del
soprano Luisa Rondolotti, che lo cant al Teatro Orfeo, una sala genovese che oggi non esiste
pi.
La canzone narra la storia di un genovese costretto a emigrare in America Latina in cerca di
fortuna, ma ripensando alla bellezza della sua citt e sopraffatto dalla nostalgia per essa,
decide di ritornare.
La canzone apre e chiude con il riferimento alla povert del protagonista, che dopo essere
partito senza un soldo (sensa n-a palanca), torna trent'anni dopo a Genova lasciando tutto
quello che aveva guadagnato in America pur di rivedere la sua terra (E sensa tante cse o l'
parto)
Non gli importa che il figlio preferisca rimanere: lui partir in un viaggio a ritroso (nel tempo e
nello spazio) per formare di nuovo il suo nido a Genova. Questa canzone testimone
dell'attaccamento dei genovesi verso la loro citt e (finalmente) sfata il mito della loro avarizia,
Progetto Emigrazione 15 Ada Negri Belgioioso
Prof. Rita Padalino
riconoscendo loro valori pi alti di quelli materiali: ad un'iniziale bramosia di benessere (Aveva
lottato per risparmiare e farsi la palazzina e il giardinetto), pian piano la nostalgia gli attanaglia il
cuore.
o figgio o l'inscisteiva: "Stemmo ben,
O l'a parto sensa 'na palanca, dove ti vu an, pap?.. pensiemmo dppo;
l'a z trent'anni, forse anche ci. o viaggio, o m, t' vgio, no conven!"
l'aiva lottu pe mette i din a-a banca "Oh no, oh no! mi me sento ancon in
e poisene ancon n giorno turn in z gamba,
e fse a palassinn-a e o giardinetto, son stffo e no ne psso prppio ci,
co-o rampicante, co-a cantinn-a e o vin, son stanco de sent: seor, caramba,
a branda attacca a-i rboi, a so letto, mi vuggio ritornmene ancon in z...
pe dghe 'na schena seja e mattin. Ti t' nascio e t'h parlu spagnllo,
Ma o figgio ghe dixeiva: "No ghe pens mi son nascio zeneise e... no ghe mllo!"
a Zena cse ti ghe vu torn?!"
Ma se ghe penso alla mi veddo o m,
Ma se ghe penso alla mi veddo o m, veddo i m monti e a ciassa da Nnsi,
veddo i m monti e a ciassa da Nnsi, riveddo o Righi e me s'astrenze o chu,
riveddo o Righi e me s'astrenze o chu, veddo a lanterna, a cava, laz o mu...
veddo a lanterna, a cava, laz o mu... Riveddo a-a seja Zena inlmina,
Riveddo a-a seja Zena inlmina, veddo l a Fxe e sento franze o m
veddo l a Fxe e sento franze o m e alla mi penso ancon de ritorn
e alla mi penso ancon de ritorn a ps e osse dove'h m madonna.
a ps e sse dove'h m madonna.
E sensa tante cse o l' parto
O l'a passu do tempo, forse trppo, e a Zena o g'ha formu torna o su no.

Testo in italiano

Era partito senza un soldo, rivedo il Righi e mi si stringe il cuore,


erano gi trent'anni, forse anche pi. vedo la Lanterna, la cava, laggi il molo...
Aveva lottato per mettere i soldi in banca Rivedo la sera Genova illuminata,
e potersene un giorno tornare ancora gi vedo l la Foce e sento frangere il mare
e farsi la palazzina e il giardinetto, e allora io penso ancora di ritornare
con il rampicante, con la cantina e il vino, a posare le ossa dove sono i miei avi.
la branda attaccata agli alberi a uso letto, Ed era passato del tempo, forse troppo,
per coricarcisi sera e mattina. il figlio insisteva: "Stiamo bene,
Ma il figlio gli diceva: "Non ci pensare dove vuoi andare, pap?..[ci] penseremo
a Genova cosa [perch] ci vuoi tornare?!" dopo;
il viaggio, il mare, sei vecchio, non
Ma se ci penso allora io vedo il mare, conviene!"
vedo i miei monti e piazza della Nunziata, "Oh no, oh no! mi sento ancora in gamba,
Progetto Emigrazione 16 Ada Negri Belgioioso
Prof. Rita Padalino
sono stufo e non ne posso proprio pi, rivedo Righi e mi si stringe il cuore,
sono stanco di sentire: seor, carramba, vedo la Lanterna, la cava, laggi il molo...
io voglio ritornarmene ancora in gi... Rivedo la sera Genova illuminata,
Tu sei nato [qui] e hai parlato spagnolo, vedo l la Foce e sento frangere il mare,
io sono nato genovese e... non ci mollo!" e allora io penso ancora di ritornare
a posare le ossa dove sono i miei avi.
Ma se ci penso allora io vedo il mare,
vedo i miei monti e piazza della Nunziata,

E senza tante cose partito


e a Genova ha formato di nuovo il suo nido.

Progetto Emigrazione 17 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino
Lacrime Napulitane - 1923
di Libero Bovio - Bongiovanni

Mia cara madre,


sta pe' tras Natale,
e a st luntano cchi mme sape amaro....
Comme vurra allumm duje o tre biangale...
comme vurra sent nu zampugnaro!...

A 'e ninne mieje facitele 'o presebbio


e a tavula mettite 'o piatto mio...
facite, quann' 'a sera d''a Vigilia,
comme si 'mmiez'a vuje stesse pur'io...

E nce ne costa lacreme st'America


a nuje Napulitane!...
Pe' nuje ca ce chiagnimmo 'o cielo 'e Napule,
comm' amaro stu ppane!

Mia cara madre,


che s', che s' 'e denare?
Pe' chi se chiagne 'a Patria, nun s' niente!
Mo tengo quacche dollaro, e mme pare
ca nun s' stato maje tanto pezzente!

Mme sonno tutt''e nnotte 'a casa mia


e d''e ccriature meje ne sento 'a voce...
ma a vuje ve sonno comm'a na "Maria"...
cu 'e spade 'mpietto, 'nnanz' figlio 'ncroce!

E nce ne costa lacreme st'America


a nuje Napulitane!...
Pe' nuje ca ce chiagnimmo 'o cielo 'e Napule,
comm' amaro stu ppane!

Mm'avite scritto
ch'Assuntulella chiamma
chi ll'ha lassata e sta luntana ancora...
Che v'aggi''a d? Si 'e figlie vnno 'a mamma,
factela turn chella "signora".

Io no, nun torno...mme ne resto fore


e resto a fatic pe' tuttuquante.
I', ch'aggio perzo patria, casa e onore,
i' s' carne 'e maciello: S' emigrante!

E nce ne costa lacreme st'America


a nuje Napulitane!...
Pe' nuje ca ce chiagnimmo 'o cielo 'e Napule,
comm' amaro stu ppane!

Traduzione

Mia cara madre,


si avvicina il Natale,
e stare lontano ha un gusto pi amaro
Come vorrei accendere due o tre biancali
come vorrei sentire uno zampognaro!
Progetto Emigrazione 18 Ada Negri Belgioioso
Prof. Rita Padalino
Ai miei bambini fate il presepe
ed a tavola mettete anche il mio piatto
fate, le sera della Vigilia,
come se tra voi ci fossi anch'io

E ci costa lacrime questa America


a noi Napoletani!
Per noi rimpiangiamo il cielo di Napoli,
come amaro questo pane!

Mia cara madre,


cosa sono, cosa sono i soldi?
Per chi piange per la propriala Patria, non sono niente!
Ora ho qualche dollaro, e mi sembra
che non sono mai stato cos povero!

Mi sogno tutte le notti la casa mia


e sento la voce dei miei figli
ma a voi, vi sogno come una Maria
con le spade nel petto, davanti al figlio in croce!

E ci costa lacrime questa America


a noi Napoletani!
Per noi piangiamo il cielo di Napoli,
come amaro questo pane!

Mi avete scritto
che la piccola Assunta chiama
chi l'ha lasciata ed ancora lontana
Cosa devo dirvi? Se le figlie vogliono la mamma,
fatela tornare quella signora.

Io no, non torno resto fuori


e resto a lavorare per tutti.
Io che ho perduto Patria, casa, onore,
io sono carne da macello*: Sono emigrante!

E ci costa lacrime questa America


a noi Napoletani!
Per noi piangiamo il cielo di Napoli,
come amaro questo pane!

* Il fenomeno dell'italofobia riferito soprattutto ai paesi


del Nordamerica , si pensa che la causa fu l'emigrazione
italiana di massa giunta a coprire settori occupazionali considerati disagevoli, che gli abitanti
locali rifiutavano di svolgere per ragioni sanitarie o di convenienza sociale (come ad esempio il
settore minerario.

Nel linciaggio di New Orleans accaduto nel 1891 furono linciati 9 italiani, tutti siciliani,
accusati ingiustamente di aver ucciso il capo della polizia urbana.
In un tribunale dell'Alabama, nel 1922 (processo Rollins versus Alabama), una donna
italiana venne dichiarata "non appartenente alla razza bianca" criterio sul quale si
fondava il giudizio della corte.
Durante il processo agli anarchici italiani Sacco e Vanzetti, avvenuto a Boston nel 1927, il
pregiudizio contro gli immigrati italiani emerse con chiarezza e contribu, pur non essendo
l'elemento decisivo, alla loro condanna a morte.

Progetto Emigrazione 19 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino
In Australia, gli italiani dal 1891 agli anni sessanta del XX secolo erano schedati dagli uffici
dell'immigrazione come Coloured, Semi-White oppure Olive per via della pelle olivastra.
A Kalgoorlie, in Australia Occidentale, nel 1934 le case abitate da italiani vennero
incendiate, e gli italiani dovettero scappare dalla citt.
Il presidente statunitense Richard Nixon, durante la sua visita in Italia all'inizio degli anni
settanta, dichiar che non soltanto gli italiani si comportavano in un modo diverso dagli
altri europei, ma avevano anche un "odore" diverso.
Nel 1990 all'appassionato di golf John A. Segalla, ricco imprenditore dello Stato del
Connecticut, venne negata l'iscrizione ad un prestigioso ed esclusivo circolo del golf a causa
del cognome italiano. Egli rispose all'oltraggio costruendo un proprio golf nel 1993.
Nel 2004, Daniel Mongiardo, medico e politico democratico italo-americano, concorse
contro il Repubblicano Jim Bunning per il seggio senatoriale del Kentucky. Visto l'aspetto
fisico e la carnagione scura del concorrente, Bunning dichiar che "assomigliava ad uno dei
figli di Saddam Hussein"[ e, in seguito, rifer che gli scagnozzi di Mongiardo avevano
assalito sua moglie.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

Libero Bovio (Napoli, 8 giugno 1883 Napoli, 26 maggio 1942) stato un poeta, scrittore,
drammaturgo, giornalista italiano, autore di testi di molte celebri canzoni in lingua napoletana.
Insieme a Salvatore Di Giacomo, Ernesto Murolo ed E. A. Mario stato un artefice della
cosiddetta epoca d'oro della canzone napoletana.
Figlio di Giovanni, originario di Trani, professore di filosofia di idee
repubblicane e di Bianca Nicosia, maestra di pianoforte, si
appassion sin da giovane alla musica ed al teatro dialettale.
Inizi a frequentare senza troppa convinzione scuole tecniche che
dovette abbandonare alla morte del padre, per cercare un impiego.
Fu assunto prima in un giornale locale Don Marzio e poi al Museo
Archeologico Nazionale di Napoli, presso l'Ufficio Esportazioni, dove
ebbe l'opportunit di scrivere molto, anche se non smise mai di
dedicarsi alle sue vere passioni che rimasero la musica ed il teatro.
Il suo talento di scrittore di testi di canzoni napoletane malinconiche
e ricche di disinganno si espresse ai massimi livelli quando divenne
direttore di case editrici musicali, come La Canzonetta, dal 1917 al
1923 e dall'anno seguente alla Santa Lucia.
Il successo
Riscosse il suo primo successo nel 1910 con Surdate, musicata da
Evemero Nardella, nella quale esalto le virt terapeutiche delle
canzoni, e grazie alle sue proficue collaborazioni con i musicisti pi
in voga del momento, intorno al 1915 confezion canzoni come
Tu ca nun chiagne (musica di Ernesto De Curtis), Reginella (musica di Gaetano
Lama), Cara piccina, Chiove, 'O Paese d' 'o sole e Lacreme napulitane, queste ultime
due composte intorno al 1925 e legate al tema dell'emigrazione. Il pessimismo
sentimentale di Bovio si espresse anche con due importanti canzoni d'amore, quali L'addio
(musica di Nicola Valente) e Chiove (musica di Evemero Nardella). Tra i testi in italiano deve
essere ricordato quello della famosa canzone Signorinella, musicata da Valente.
Terminato il periodo bellico, spos, nel 1919, Maria Di Furia
che gli dar due figli.
Il Teatro
Fu anche autore di opere teatrali, tra cui Gente nosta, 'O
prufessore, 'O Macchiettista e anche di canzoni dai toni pi
drammatici di quelle che gli avevano dato la fama, come
Lacreme napulitane, Carcere, 'E figlie, Zappatore,
Guapparia.
Nel 1934 fond una nuova casa editrice musicale, La
Bottega dei 4, assieme a Nicola Valente, Ernesto Tagliaferri
e Gaetano Lama.

Progetto Emigrazione 20 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino
Nel 1941 si ammal e il 26 maggio 1942 mor nella sua casa di Via Duomo, nel centro storico
di quella Napoli che tanto am dando lustro al suo dialetto ed alla sua tradizione musicale.

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Trama del film Catene:


Pietro e Rosa sono sposati da alcuni anni e si vogliono bene: la loro casa allietata dalla
presenza di due figlioletti. Pietro ha una piccola officina da meccanico e sogna di poterla
ingrandire.
Un giorno Rosa incontra un ex fidanzato, che, molti anni prima, l'aveva lasciata senza pi dar
notizie di s. Costui, che un mascalzone, sente riardere in cuore l'antica passione e fa alla
donna una corte assidua. Ella gli resiste ma questultimo tenta perfino di mettersi in societ
d'affari col marito, per veder Rosa pi spesso.
Riuscito vano il tentativo, decide d'andarsene ed impone a Rosa di fuggire con lui,
minacciandola di rivelare a Pietro i loro precedenti rapporti sentimentali. Rosa, spaventata, si
reca da lui al suo albergo per tentare di dissuaderlo.
Pietro, che, per caso, ha avuto notizia dell'appuntamento, li sorprende, uccide il presunto
rivale, poi fugge in America*, dopo aver lasciato i figli a sua madre.
Dopo qualche tempo viene arrestato e processato.
Al processo Rosa, istigata dall'avvocato difensore del marito, si confessa contro ogni verit,
adultera. Pietro viene assolto. Quando l'avvocato gli rivela la verit corre dalla moglie che,
disperata, nel frattempo ha tentato di uccidersi e le chiede perdono.
* E memorabile il grande cantautore partenopeo Roberto Murolo nella sua breve apparizione
nel film Catene di Matarazzo, dove canta una leggendaria versione della malinconica
Lacrime napulitane, che rievoca il dramma dellemigrazione e della lontananza dalla propria
terra.
Il famoso critico cinematografico Giovanni Vento in un intervento sul quotidiano lUnit del
1956 ricorda come la scena pi applaudita e pi pianta di Catene fosse il momento in cui
Murolo canta Lacreme Napulitane, un momento di commozione, tra laltro, trasversale dal
punto di vista gender.

GENERE: Drammatico
REGIA: Raffaello Matarazzo
SCENEGGIATURA: Aldo De Benedetti, Nicola Manzari
ATTORI:
Amedeo Nazzari, Yvonne Sanson, Aldo Silvani, Rosalia Randazzo, Teresa Franchini, Nino
Marchesini, Roberto Murolo, Aldo Nicodemi, Gianfranco Magalotti, Lilly Marchi, Amelia
Pellegrini, Giulio Tommassoni

Progetto Emigrazione 21 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino
Che sar

E una canzone scritta da Jimmy Fontana, Franco Migliacci e Carlo Pes ed interpretata da Jos
Feliciano e i Ricchi e Poveri, presentata al Festival di Sanremo del 1971 dove si classific al
secondo posto

La canzone Che sar fu ispirata dal paese di Cortona di Franco Migliacci, ma curioso come la
storia raccontata "del paese sulla collina lasciato" corrisponda molto alla storia personale di
Jos Feliciano, nativo del paese collinare di Lares della allora povera isola caraibica di Porto
Rico e che lasci per New York come tanti altri latino americani e portoricani a cercare fortuna
per gli USA.

La canzone infatti, specie nella versione spagnola di grande successo in quei paesi,
considerata come un "inno alla immigrazione" delle popolazione latine. Ed proprio a causa di
Che sar che dal 1971 la musica di Jos Feliciano fu ufficialmente bandita dal governo dell'isola
di Cuba, paese dove precedentemente aveva ottenuto una grandissima popolarit per i suoi
dischi di storici bolero latino americani, proprio perch con questo successo avrebbe
incentivato la fuga dall'isola. In verit poi per la musica di Jos Feliciano rimasta comunque
molto popolare e suonata nei locale e nelle case dell'isola anche se mai pi ufficialmente
distribuita e suonata dalla radio.

Analizziamo solo alcuni versi del brano, nell'abbandonare il celeberrimo "Paese mio che stai
sulla collina...." lasciato alla sua noia, abbandono, niente...per andare a cercar fortuna lontano,
una terra del rimorso pi che del rimpianto, a rimarcare il fatto "gli amici miei son quasi tutti
via...." E' chiaro che non si tratta di una scelta ma di una necessit.

Montagne verdi

La canzone parla del fenomeno migratorio italiano (migrazione interna) con Montagne verdi,
pezzo del 1972 firmato da Bigazzi e dal fratello Gianni per Marcella Bella, in un clima quasi da
feuilletton in cui la ragazza siciliana narra della sua tristezza nell'abbandonare la ridente terra
natia per il freddo e nebbioso nord Italia.

Con capelli lunghissimi e ricci (i giornali dell'epoca la ribattezzarono "Cespuglio") e un


giubbotto di finto pelo un po' hippy, Marcella present a Sanremo un brano che parlava di
emigrazione e nostalgia con toni tutto sommato nuovi, pi ottimisti ed adeguati ai tempi
rispetto al "Paese mio che stai sulla collina" descritto l'anno prima da Jos Feliciano e i Ricchi e
Poveri (Che sar).

Progetto Emigrazione 22 Ada Negri Belgioioso


Prof. Rita Padalino

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